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./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1501 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1501
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GUSMEROLI, MOLINARI, CENTEMERO, CAVANDOLI, COVOLO, FERRARI, GERARDI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER, TARANTINO, ANDREUZZA, BAZZARO, BELLACHIOMA, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BONIARDI, BUBISUTTI, CANTALAMESSA, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, COIN, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FOGLIANI, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LOCATELLI, LOLINI, LUCCHINI, MARCHETTI, MORELLI, MURELLI, PANIZZUT, PAOLINI, PATASSINI, PATELLI, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RIBOLLA, STEFANI, TATEO, TONELLI, TURRI, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZÓFFILI, ZORDAN
Istituzione di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali per gli incrementi di reddito realizzati rispetto all'anno precedente
Presentata il 15 gennaio 2019
Onorevoli Colleghi ! – Da diversi anni si discute di lotta all'evasione e si cerca di contrastarla con una serie di interventi, tra i quali:
il sistema delle deduzioni fiscali, che cerca di creare un conflitto di interessi tra chi deduce il costo e chi deve emettere il documento giustificativo del costo stesso;
i controlli incrociati, come lo spesometro e la fattura elettronica;
la cosiddetta legge «manette agli evasori» ( decreto-legge n. 429 del 1982 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 516 del 1982 ), approvata negli anni ottanta per incentivare la dichiarazione dei redditi posseduti.
Nel corso degli anni, per finanziare le continue necessità del sistema della spesa corrente pubblica statale, è aumentata anche la tassazione, raggiungendo aliquote che scoraggiano l'emersione del sommerso e anzi lo alimentano.
Il progetto di riduzione delle imposte della Lega, denominato « flat tax » e previsto dal contratto di Governo tra la Lega e il Movimento 5 Stelle è stato avviato, per il momento, solo in favore delle piccole imprese individuali e dei professionisti e nel corso del quinquennio di Governo dovrà essere esteso a tutti i contribuenti. Lo scopo della presente proposta di legge è far emergere il reddito imponibile per consentire, al termine di un triennio, l'applicazione della flat tax a tutti i contribuenti.
Si parte da un assunto: il reddito sommerso, al di là delle stime, è altissimo e lo si evince da come sono distribuiti i redditi degli italiani:
da zero a 26.000 euro di reddito: circa il 75 per cento degli italiani (redditi 2016);
da zero a 50.000 euro di reddito: circa il 95 per cento degli italiani (redditi 2016).
La presente proposta di legge prevede che sul maggior reddito rispetto al reddito dell'anno precedente (si considerano i redditi prodotti a partire dal 2019), rivalutato in base agli indici dell'ISTAT sul costo della vita, si applica l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali, di seguito denominata «IrpefIresPlus», del 15 per cento.
Per il primo anno la condizione necessaria per applicare l'imposta sostitutiva sull'incremento di reddito è che il reddito del 2019, rivalutato dall'ISTAT, debba essere superiore a quello del 2018, al fine di evitare che nel 2019, nelle more dell'approvazione della presente proposta di legge, i contribuenti si adoperino per ridurre il loro reddito incrementale al fine di garantirsi l'applicazione dell'IrpefIresPlus.
Per gli anni successivi al 2019 il riferimento base per determinare l'incremento del reddito su cui applicare l'imposta sostitutiva è il reddito dell'anno precedente rivalutato dall'ISTAT.
Per stimolare l'emersione del reddito sommerso relativo all'IRPEF e all'IRES è fissato un limite di conformità del reddito dichiarato pari al 10 per cento di incremento rispetto al reddito dichiarato nell'anno precedente. Qualora sia raggiunto tale limite, non si farà luogo ad accertamenti fiscali se non nel caso di frodi fiscali o di altre condizioni che determinino l'esistenza di reati penali.
La presente proposta di legge, quindi, si prefigge i seguenti obiettivi:
1) garantire l'attuale gettito dell'IRPEF e dell'IRES senza incidere in modo negativo sul bilancio dello Stato e sulla progressività di tali imposte;
2) garantire la naturale crescita del gettito almeno per ciò che riguarda l'adeguamento delle entrate agli indici dell'ISTAT;
3) spingere all'aumento dei redditi dichiarati in quanto, oltre un determinato livello di reddito, l'aliquota massima dell'IRPEF (43 per cento), sommata a quella dell'IRAP e ai contributi all'INPS, spinge all'evasione;
4) prevedere un periodo sperimentale di tre anni in cui far emergere il reddito sommerso stimato da molti centri di studio in oltre 100 miliardi di euro per la sola IRPEF e permettere il passaggio graduale dalle attuali aliquote progressive dell'IRPEF alla flat tax del 15 per cento;
5) contribuire alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia relative all'IVA per il biennio 2020-2021 in attesa della crescita economica che comporterebbe un aumento del gettito dell'IVA;
6) non prevedere alcun «disequilibrio» per quanto concerne il sistema delle deduzioni e delle detrazioni fiscali dell'IRPEF;
7) non determinare alcuna perdita di gettito per gli enti locali perché solo l'incremento del reddito è esente da addizionali;
8) non determinare alcuna perdita per l'INPS perché i redditi soggetti alla contribuzione in favore dell'Istituto sono stabilizzati e i contributi sono rivalutati;
9) intervenire su uno dei difetti del sistema forfetario (mini flat tax ) di determinazione del reddito delle piccole imprese individuali e dei professionisti, cioè la tendenza di non far crescere il fatturato in prossimità della soglia massima di 65.000 euro o 100.000 euro affinché tale fatturato non debba essere tassato con aliquote superiori al 15 per cento;
10) prevedere un doppio sistema premiale per chi incrementa il proprio reddito dichiarato: drastica riduzione della tassazione (pari al 15 per cento) e fissazione di un limite (+10 per cento annuo) che permetta di evitare i controlli, ad esclusione di eventuali reati fiscali o penali.
La presente proposta di legge non comporta oneri per lo Stato.
La tabella seguente fornisce un esempio dei vantaggi derivanti dall'attuazione della presente proposta di legge: sull'incremento del reddito la tassazione è pari esclusivamente al 15 per cento, esente da contributi all'INPS e da addizionali regionali e comunali all'IRPEF.
2018
2019
2020
2021
2022
Reddito
dichiarato
101,1
101,1
105
110
120
ISTAT
1,5%
1,5%
1,6%
1,5%
Base imponibile tassata ad aliquote progressive
101,1
102,61
104,15
105,82
107,40
Incremento
reddito
2,39
5,85
14,18
Incremento reddito che permette la tax compliance
10,26
10,41
10,58
Irpef Plus su incremento reddito
0,36
0,88
2,12
Irpef Plus su tax compliance
1,54
1,56
1,59
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1 .
(Istituzione dell'imposta sostitutiva)
1. È istituita l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali per gli incrementi di reddito realizzati rispetto all'anno precedente, di seguito denominata «imposta IrpefIresPlus», disciplinata dalla presente legge, che integra l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l'imposta sul reddito delle società (IRES) previste dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 .
2. L'imposta IrpefIresPlus si applica a tutti i redditi e soggetti già sottoposti all'IRPEF e all'IRES.
Art. 2.
(Aliquota dell'imposta)
1. L'aliquota dell'imposta IrpefIresPlus è pari al 15 per cento ed è sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRES e delle relative addizionali regionali e comunali.
Art. 3 .
(Base imponibile per il primo anno)
1. L'imposta IrpefIresPlus si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2020, sui redditi conseguiti nell'anno 2019.
2. La base imponibile dell'imposta IrpefIresPlus è costituita dall'incremento di reddito conseguito rispetto al reddito dichiarato nell'anno 2019, rivalutato in base agli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sul costo della vita per lo stesso anno 2019, ai fini della dichiarazione dei redditi relativi all'IRPEF o all'IRES presentata nell'anno 2020.
3. Per il primo anno di applicazione, l'imposta IrpefIresPlus con aliquota pari al 15 per cento si applica ai contribuenti il cui reddito relativo all'anno 2019 sia superiore a quello dichiarato relativo all'anno 2018.
Art. 4 .
(Base imponibile per i successivi due anni)
1. Per gli anni 2021 e 2022 la base imponibile dell'imposta IrpefIresPlus è costituita dall'incremento di reddito conseguito rispetto al reddito dichiarato, rispettivamente, negli anni 2020 e 2021, rivalutato in base agli indici dell'ISTAT sul costo della vita per i medesimi anni.
Art. 5 .
(Oneri deducibili e detrazioni)
1. Gli oneri deducibili e le detrazioni previsti dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , per l'incremento del reddito possono essere applicati all'imposta IrpefIresPlus o utilizzati ai fini della compensazione o del rimborso, se il loro ammontare complessivo è superiore a quello dell'imposta IrpefIresPlus dovuta.
Art. 6 .
(Versamenti)
1. I versamenti dell'imposta IrpefIresPlus sono effettuati con le stesse modalità ed entro gli stessi termini previsti per l'IRPEF e per l'IRES in sede di dichiarazione dei redditi mediante presentazione del modello unico o del modello 730.
Art. 7 .
(Contributi previdenziali)
1. Sull'incremento di reddito soggetto all'imposta IrpefIresPlus, calcolato ai sensi degli articoli 3 e 4, non sono dovuti, in deroga alla normativa vigente, i contributi previdenziali e assistenziali, ferma restando la possibilità di optare per il versamento dei contributi previdenziali in forma volontaria al fine di aumentare la propria quota pensionistica di accantonamento.
Art. 8 .
(Reddito conforme)
1. Qualora la base imponibile di cui all'articolo 3 per il primo anno e all'articolo 4 per i successivi due anni superi il reddito lordo dichiarato, comprensivo degli oneri deducibili, dell'anno 2019, rivalutato in base agli indici dell'ISTAT sul costo della vita per il medesimo anno, di una percentuale pari al 10 per cento, il reddito è considerato conforme e non accertabile, fatti salvi i casi in cui l'evasione o il mancato reddito dichiarato determinino l'esistenza di reati penali di natura fiscale, di mancata dichiarazione di redditi esteri o di altri reati penali previsti dalla normativa fiscale e dalla legislazione vigente.
Art. 9 .
(Disposizioni finali)
1. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , in quanto compatibili.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sono emanate le disposizioni per l'applicazione dell'imposta IrpefIresPlus. | Imposta sostitutiva per gli incrementi di reddito realizzati rispetto all'anno precedente
Premessa
Le proposte di legge in esame ( A.C.1501) istituisce una imposta sostitutiva , cd. flat tax , con un'aliquota unica pari al 15 per cento da applicare al reddito incrementale, ovvero sulla parte aggiuntiva di reddito prodotto, rispetto all'anno precedente.
La flat tax (letteralmente, tassa piatta, vale a dire calcolata come percentuale costante) è un sistema fiscale non progressivo, basato su una aliquota fissa, al netto di eventuali deduzioni fiscali o detrazioni.
In sintesi, la proposta introduce una nuova tassa agevolata con aliquota al 15% ( IrpefIresPlus ) - sperimentale per tre anni – da applicarsi sul maggior reddito conseguito rispetto al reddito dell'anno precedente rivalutato in base agli indici dell'ISTAT sul costo della vita .
Per il primo anno di applicazione la condizione necessaria per utilizzare l'imposta sostitutiva è che il reddito rispetto al quale viene calcolato l'incremento di redditi conseguiti risulti già superiore a quello dell'anno precedente, al fine di evitare che nelle more dell'approvazione della proposta di legge i contribuenti si adoperino per ridurre il loro reddito incrementale e garantirsi una maggiore applicazione dell'IrpefIresPlus.
L'aliquota agevolata sostituisce tutte le tasse (Irpef o Ires e addizionali) applicandosi esclusivamente alla parte incrementale del reddito.
Gli oneri deducibili e le detrazioni per l'incremento del reddito possono essere applicati all'imposta o utilizzati ai fini della compensazione o del rimborso se il loro ammontare complessivo è superiore a quello dell'imposta dovuta.
Inoltre, se per i due anni successivi la base imponibile supera il reddito dichiarato al lordo degli oneri deducibili dell'anno precedente (maggiorato della percentuale Istat dell'anno) di una percentuale del 10% , il reddito viene considerato conforme , comportando la non accertabilità fiscale, fatti salvi eventuali reati tributari per i quali scatta il procedimento penale.
L' introduzione dell'imposta , secondo quanto indicato dai firmatari nella relazione che accompagna il testo della proposta di legge, si prefigge come obiettivo, tra gli altri, la correzione del possibile effetto distorsivo dell'attuale regime forfettario : in particolare, essa contrasterebbe l'occultamento intenzionale di ricavi da parte di chi intende rimanere nel regime agevolato non superando la soglia dei 65.000.
Si ricorda che il regime forfettario è un regime fiscale agevolato (al reddito imponibile si applica un'unica imposta, nella misura del 15%, sostitutiva di quelle ordinariamente previste) destinato alle persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni che nell'anno precedente hanno, contemporaneamente:
conseguito ricavi o percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro (se si esercitano più attività, contraddistinte da codici Ateco differenti, occorre considerare la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate)
sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori, anche a progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati con apporto costituito da solo lavoro e quelle corrisposte per le prestazioni di lavoro rese dall'imprenditore o dai suoi familiari.
Per una panoramica dettagliata sulle norme che disciplinano il regime forfettario si rinvia al Portale della documentazione della Camera dei deputati: Il regime forfetario agevolato (ex "minimi").
Il contenuto del provvedimento
Articolo 1 – Istituzione dell'imposta sostitutiva
L' articolo 1, comma 1, istituisce l'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali per gli incrementi di reddito realizzati rispetto all'anno precedente (denominata: imposta IrpefIresPlus) che integra l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l'imposta sul reddito delle società (IRES) previste dal Testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).
Il comma 2 stabilisce che l'IrpefIresPlus si applica a tutti i redditi e ai soggetti già sottoposti all'IRPEF e all'IRES.
Articolo 2 – Aliquota dell'imposta
L' articolo 2 stabilisce l'aliquota dell'imposta: l'IrpefIresPlus è pari al 15 per cento ed è sostitutiva dell'IRPEF, dell'IRES e delle relative addizionali regionali e comunali.
Secondo la relazione che accompagna il testo, l'introduzione dell'imposta non determinerebbe perdita di gettito per gli enti locali, in quanto solo l'incremento del reddito sarebbe esente da addizionali; verrebbe così garantito l'attuale gettito dell'IRPEF e dell'IRES senza incidere in modo negativo sul bilancio dello Stato e sulla progressività di tali imposte.
Si ricorda che l'articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi stabilisce che l'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:
fino a 15.000 euro, 23 per cento;
oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 27 per cento;
oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, 38 per cento;
oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro, 41 per cento;
oltre 75.000 euro, 43 per cento.
L'articolo 77 del medesimo Testo unico dispone che l'imposta sul reddito delle società è commisurata al reddito complessivo netto con l'aliquota del 24 per cento.
Articolo 3 – Base imponibile per il primo anno
L' articolo 3, comma 1, prevede che l'imposta IrpefIresPlus si applica, a decorrere dal 1° gennaio 2020, sui redditi conseguiti nell'anno 2019.
Si segnala che il periodo d'imposta a decorrere dal quale si applica l'aliquota agevolata (2020), così come gli anni di riferimento rispetto ai quali calcolare gli incrementi di redditi conseguiti, indicati nel testo della proposta di legge, dovrebbero essere aggiornati.
Il comma 2 stabilisce che la base imponibile dell'imposta è costituita dall' incremento di reddito conseguito rispetto al reddito dichiarato nell'anno precedente, rivalutato in base agli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sul costo della vita per lo stesso anno, ai fini della dichiarazione dei redditi relativi all'IRPEF o all'IRES.
Il comma 3 dispone che per il primo anno di applicazione, l'imposta con aliquota pari al 15 per cento si applica ai contribuenti il cui reddito relativo all'anno 2019 sia superiore a quello dichiarato relativo all'anno precedente (2018).
Articolo 4 – Base imponibile per i successivi due anni
L' articolo 4 chiarisce che per gli anni 2021 e 2022 la base imponibile dell'imposta IrpefIresPlus è costituita dall'incremento di reddito conseguito rispetto al reddito dichiarato rispettivamente nei due anni precedenti ( 2020 e 2021) rivalutato in base agli indici dell'ISTAT sul costo della vita per i medesimi anni.
Articolo 5 – Oneri deducibili e detrazioni
L' articolo 5 stabilisce che gli oneri deducibili e le detrazioni previsti dal Testo unico delle imposte sui redditi possono essere utilizzati ai fini del calcolo dell'imposta IrpefIresPlus o utilizzati ai fini della compensazione o del rimborso , se il loro ammontare complessivo è superiore a quello dell'imposta IrpefIresPlus dovuta.
Si ricorda che l'articolo 80 del Testo unico delle imposte sui redditi stabilisce che se l' ammontare complessivo dei crediti per le imposte pagate all'estero, delle ritenute d'acconto e dei versamenti in acconto, previsti dagli articoli del medesimo Testo unico, è superiore a quello dell'imposta dovuta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l'eccedenza in diminuzione dell'imposta relativa al periodo di imposta successivo, di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi ovvero di utilizzare la stessa in compensazione.
Articolo 6 – Versamenti
L' articolo 6 dispone che i versamenti dell'imposta IrpefIresPlus sono effettuati con le stesse modalità ed entro gli stessi termini previsti per l'IRPEF e per l'IRES in sede di dichiarazione dei redditi mediante presentazione del modello unico o del modello 730.
Articolo 7 – Contributi previdenziali
L' articolo 7 stabilisce che sull'incremento di reddito soggetto all'imposta, calcolato ai sensi degli articoli 3 e 4 , non sono dovuti , in deroga alla normativa vigente, i contributi previdenziali e assistenziali.
Rimane ferma , tuttavia, la possibilità di optare per il versamento dei contributi previdenziali in forma volontaria al fine di aumentare la propria quota pensionistica di accantonamento.
Articolo 8 – Reddito conforme
L' articolo 8 stabilisce un limite di conformità presunto del reddito dichiarato pari al 10 per cento di incremento rispetto al reddito dichiarato nell'anno precedente. Qualora sia raggiunto tale limite, non si fa luogo ad accertamenti fiscali.
In particolare, la norma dispone che qualora la base imponibile di cui all'articolo 3 per il primo anno, e all'articolo 4 per i successivi due anni, superi il reddito lordo dichiarato , comprensivo degli oneri deducibili, dell'anno 2019, rivalutato in base agli indici dell'ISTAT sul costo della vita per il medesimo anno, di una percentuale pari al 10 per cento , il reddito è considerato conforme e non accertabile.
La norma fa salvi , comunque, i casi in cui l'evasione o il mancato reddito dichiarato determinino l'esistenza di reati penali di natura fiscale , di mancata dichiarazione di redditi esteri o di altri reati penali previsti dalla normativa fiscale e dalla legislazione vigente.
Articolo 9 – Disposizioni finali
L' articolo 9 (comma 1) prevede che per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano le disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi in quanto compatibili.
Il comma 2 stabilisce che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sono emanate le disposizioni per l'applicazione dell'imposta IrpefIresPlus. | 7,049 | 12 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1823 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1823
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SERRACCHIANI, VISCOMI
Modifica all' articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 , in materia di obbligo contributivo dei liberi professionisti appartenenti a categorie dotate di una propria cassa di previdenza
Presentata il 3 maggio 2019
Onorevoli Colleghi! — Il presente progetto di legge si rende necessario per risolvere un problema che si è verificato a seguito di un'interpretazione del tutto arbitraria delle vigenti disposizioni in materia di obblighi contributivi dei liberi professionisti già iscritti a casse previdenziali di categoria, che l'INPS ha voluto imporre nonostante la soccombenza in tutti gli innumerevoli e conformi pronunciamenti giurisprudenziali.
Come noto, le vigenti disposizioni statutarie e regolamentari di alcuni enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, approvate a suo tempo dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale nell'esercizio delle sue funzioni di vigilanza, hanno previsto la possibilità di esercitare l'attività professionale senza essere tenuti al versamento della contribuzione ordinaria (nel solo caso degli avvocati del libero foro, fino all'entrata in vigore della legge n. 247 del 2012 ).
Tali previsioni si sono rivelate non coerenti con il principio di carattere generale in base al quale tutti i redditi prodotti devono essere assoggettati a contribuzione previdenziale, per cui l'INPS, nell'ambito di una vasta operazione finalizzata a contrastare l'evasione ed elusione contributiva, ha ritenuto di contestare in tali ipotesi il mancato versamento della contribuzione alla gestione separata di cui all' articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 .
Tuttavia, l'analisi dell'originaria formulazione della citata disposizione della legge n. 335 del 1995 , rafforzata dalla successiva norma di interpretazione autentica introdotta con l' articolo 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 , dovrebbero pacificamente portare ad affermare che la gestione separata dell'INPS fu istituita, in via generale, per tutte le categorie di lavoratori autonomi, di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e per i venditori a domicilio e, soltanto in via residuale, per le categorie di liberi professionisti ancora prive di una propria cassa di previdenza.
L'INPS, pertanto, non ha il potere di iscrivere d'ufficio nella propria gestione separata singoli soggetti liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della legge n. 335 del 1995 , potendo agire in questo senso soltanto nei confronti delle categorie di liberi professionisti che, alla medesima data di entrata in vigore, erano ancora prive di una propria forma di tutela previdenziale e che, nel frattempo, non hanno deliberato in favore di una delle quattro opzioni indicate dall' articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 103 del 1996 .
Ne consegue l'illegittimità dell'iscrizione d'ufficio dei liberi professionisti, appartenenti ad albi dotati (in base ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996) di un proprio ente previdenziale di diritto privato, nella gestione separata dell'INPS per difetto assoluto dei presupposti soggettivi impositivi; una conclusione rafforzata dalla uniformità dei giudizi dei diversi tribunali che in questi anni si sono pronunciati in merito.
Non essendo, quindi, stata sufficiente la formulazione attuale dell' articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011 , si ritiene di dover integrare quest'ultimo, non stravolgendone affatto né il senso né l'interpretazione, ma chiarendone ancora di più la portata, perché la norma in esame possa finalmente offrire una soluzione alla questione, precisando ancora una volta, e in maniera inequivocabile, che, nei rapporti privatistici, già sottoposti al vaglio dei competenti organi, vige la cosiddetta «libertà di contrarre» e che dunque sono soggetti all'iscrizione presso la gestione separata dell'INPS coloro che svolgono attività il cui esercizio non è subordinato all'iscrizione ad appositi albi o elenchi, salva diversa previsione legislativa.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al comma 12 dell'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 , dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Non possono, quindi, essere iscritti presso la gestione separata dell'INPS i liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della citata legge n. 335 del 1995 , con riferimento ai redditi percepiti a seguito dell'esercizio dell'attività prevista dal rispettivo albo professionale». | Modifica all'articolo 18 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, in materia di obbligo contributivo dei liberi professionisti appartenenti a categorie dotate di una propria cassa di previdenza
Contenuto
QUADRO NORMATIVO
La proposta di legge in esame consta di un solo articolo che integra la disposizione dell'articolo 18, comma 12 della L. 111/2011, norma interpretativa dell'articolo 2, comma 26 L. 335/1995, in materia di obbligo di iscrizione per alcune categorie di lavoratori alla gestione separata dell'Inps.
L'art. 2, comma 26 della Legge n. 335/95 , prevede, in particolare, che,a decorrere dal 1° gennaio 1996, il soggetto che produce reddito da lavoro autonomo e che non è tenuto al versamento presso altra cassa professionale obbligatoria è tenuto ad iscriversi alla Gestione separata dell'INPS, ai fini della estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti.
Si tratta, in particolare, dei soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell' articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a), dell' articolo 49 del medesimo testo unico e gli incaricati alla vendita a domicilio di cui all' articolo 36 della legge 11 giugno 1971, n. 426.
A seguito del contenzioso amministrativo e giurisdizionale suscitato dalla predetta disposizione (si veda oltre, per approfondimenti), la norma di interpretazione autentica di cui all'art. 18 comma 12 legge 111/2011 ,ha interpretato l'articolo 2 nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, con riguardo a soggetti già pensionati.
Per tali soggetti, che esercitano un'attività professionale e in relazione allo svolgimento di tale attività percepiscono un reddito, gli enti previdenziali di diritto privato di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, dovevano adeguare entro sei mesi i propri statuti e regolamenti, prevedendo l'obbligatorietà dell'iscrizione e della contribuzione a carico di tutti coloro che risultino aver percepito un reddito, derivante dallo svolgimento della relativa attività professionale.
Il comma 12 ha, inoltre, fatta salva la disposizione di cui all' articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103, che facoltizza gli enti esponenziali a livello nazionale degli enti abilitati alla tenuta di albi od elenchi a deliberare con la maggioranza dei componenti dell'organo statutario competente la scelta della forma gestoria più appropriata, tra cui, in particolare, ai sensi della lettera d) l'inclusione della categoria nella forma di previdenza obbligatoria di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, cioè della gestione separata INPS.
Le forme gestorie previste dal predetto art. 3 possono essere, alternativamente : a) la partecipazione ad un ente pluricategoriale, avente configurazione di diritto privato secondo il modello di ente privatizzato delineato dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 (che ha trasformato in associazioni e fondazioni taluni enti senza scopo di lucro, assumendo la personalità giuridica di diritto privato, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del codice civile e continuando a svolgere le attività previdenziali e assistenziali in atto riconosciute a favore delle categorie di lavoratori e professionisti per le quali sono stati originariamente istituiti, ferma restando la obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione e in cui convergano anche altre categorie di lavoratori); b ) la costituzione di un ente di categoria, avente la medesima configurazione di diritto privato di cui alla lettera a ), alla condizione che lo stesso sia destinato ad operare per un numero di soggetti non inferiore a 8.000 iscritti; c ) l'inclusione della categoria professionale per la quale essi sono istituiti, in una delle forme di previdenza obbligatorie già esistenti per altra categoria professionale similare, per analogia delle prestazioni e del settore professionale, compresa fra quelle di cui all'elenco allegato al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 , a condizione che abbia conseguito la natura di persona giuridica privata;
d ) l'inclusione della categoria nella forma di previdenza obbligatoria di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Nel caso di mancata adozione delle delibere di cui sopra, i soggetti appartenenti alle categorie professionali interessate sono inseriti nella gestione di cui al comma 1, lettera d ).
CONTENUTO DELLA PROPOSTA DI LEGGE
La proposta di legge interviene su un diffuso contenzioso amministrativo e giurisprudenziale che ha interessato pressoché tutte le categorie di liberi professionisti non iscritti alla cassa previdenziale di riferimento, derivante dalla nota "Operazione Poseidone", con la quale l'INPS, a partire dal 2010, ha posto in essere attività di accertamento di crediti contributivi per contestare, all'esito dell'incrocio delle banche dati Inps con le informazioni in possesso dell'Agenzia delle Entrate, la mancata contribuzione alla Gestione separata da parte dei soggetti che hanno dichiarato redditi provenienti da attività di arti e professioni: verificata la natura del reddito e la mancata contribuzione presso altre casse previdenziali autonome (quali ad esempio Cassa forense o Inarcassa) si è proceduto all'invio degli avvisi di accertamento per diversi anni di imposta, a partire dal 2005.
A fronte del suesposto quadro normativo, la posizione dell'INPS si delinea, dunque, nel senso che se un soggetto esercita, per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo che non richiede l'iscrizione a un albo professionale oppure attività di lavoro autonomo il cui esercizio è subordinato all'iscrizione a un albo professionale, ma che non è soggetta al «versamento contributivo» all'ente di categoria (in base alle fattispecie di esclusione previste dall'ordinamento pensionistico di quest'ultimo), sorge l'obbligo di iscrizione presso l'apposita gestione separata. Più in particolare, sin dalla prima circolare successiva all'entrata in scena della norma di interpretazione autentica di cui all'art. 18, co. 12, d.l. n. 98/2011 (ritenuta confermativa dell'orientamento amministrativo espresso dall'Istituto, secondo quanto espressamente affermato nella circolare n. 72/2015: "Il legislatore, all'articolo 18, comma 12, del d.l. 98/2011, con norma di interpretazone autentica, ha confermato quanto disciplinato nelle norme del 1995 e l'orientamento espresso da questo Istituto con circolare n. 9/2011 e messaggio n. 709/2012") l'INPS sostiene che debbano rientrare nell'ambito della gestione separata «tutti coloro che, pur svolgendo attività iscrivibili ad appositi albi professionali, non siano tenuti al versamento del contributo soggettivo presso le Casse di appartenenza, ovvero abbiano esercitato eventuali facoltà di non versamento/iscrizione, in base alle previsioni dei rispettivi Statuti o regolamenti», ribadendo che «tali soggetti continueranno ad essere destinatari dell'obbligo contributivo alla gestione separata INPS, in considerazione del fatto che i redditi percepiti non risultano assoggettati ad altro titolo a contribuzione previdenziale obbligatoria».
I flussi informativi pervenuti dagli uffici finanziari hanno messo in evidenza che un numero significativo di contribuenti, pur avendo prodotto un reddito derivante da attività professionale non assoggettata ad altra contribuzione obbligatoria, ha omesso la compilazione del quadro fiscale relativo alla determinazione del contributo dovuto alla Gestione Separata e, conseguentemente, il pagamento dell'onere previdenziale dovuto.
La capillare attività di accertamento posta in essere dall'INPS ha prodotto, a sua volta, un significativo contenzioso giurisdizionale che ha peraltro portato la prevalente giurisprudenza delle Corti di merito su posizioni opposte rispetto a quelle propugnate dai giudici della Suprema Corte di Cassazione, pressoché integralmente adesive alle posizioni dell'INPS.
Con riferimento alle più rilevanti pronunce della Corte di Cassazione intervenute nel tempo, si segnalano le sentenze n. 30344 e n. 30345 del 2017, con le quali si afferma l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata di coloro che svolgono attività di ingegnere, contemporaneamente all'attività di lavoro subordinato privato o pubblico per la quale esiste altro rapporto previdenziale. CIò sulla base della ratio dell'introduzione della gestione separata, là dove si sostiene che «con la creazione di questa nuova gestione si è inteso estendere la copertura assicurativa, nell'ambito della cd. "politica di universalizzazione delle tutele", non solo a coloro che ne erano completamente privi, ma anche a coloro che ne fruivano solo in parte, a coloro cioè che svolgevano due diversi tipi di attività e che erano "coperti" dal punto di vista previdenziale, solo per una delle due, facendo quindi in modo che a ciascuna corrispondesse una forma di assicurazione».
E' stato precisato, al riguardo, che il versamento del solo contributo integrativo alla propria Cassa professionale da parte del professionista, anche lavoratore dipendente, non esonera dall'iscrizione e dal versamento dei contributi alla Gestione separata dell'Inps in quanto la tutela previdenziale copre quelle attività lavorative che restano scoperte in base allo statuto delle Casse. Tali obblighi contributivi vengono, infatti, considerati "infruttiferi" dll'Inps, cioè "a fondo perduto", perché non destinati ad alimentare alcuna posizione assicurativa suscettibile di sfociare nell'erogazione di prestazioni previdenziali, essendo agganciati a mere finalità solidaristiche, sia pure endocategoriali ed essendo ripetibile nei confronti del debitore, avendo funzione di finanziare altre prestazioni erogate dalla Cassa. La contribuzione integrativa, secondo questa prospettazione, non potrebbe, dunque, ritenersi sostitutiva di quella obbligatoria istituita presso l'INPS: il contributo soggettivo minimo obbligatorio da versare all'Inps non è una maggiorazione percentuale sui corrispettivi prodotti, che deve essere versato da tutti gli iscritti all'Albo, ma deve essere versato dai soli iscritti alla Cassa predetta.
Si chiarisce, infatti, che il pagamento alla cassa professionale di un contributo forfettario di importo non direttamente proporzionale al reddito, ma determinato in misura fissa, integra le condizioni per l'esclusione dal pagamento del contributo alla gestione separata INPS se, in relazione al contributo versato alla cassa, è prevista l'erogazione di un trattamento pensionistico. Qualora il versamento forfettario fisso sia invece effettuato a titolo di solidarietà e non comporti la valutazione del periodo ai fini pensionistici a carico della cassa professionale – si cita a titolo di esempio, il caso dell'ENPAM – il reddito dovrà essere assoggettato a contribuzione INPS
Ancora più recentemente, con la sentenza n. 32167 del 12 dicembre 2018, la Suprema Corte ha deciso la questione inerente all'obbligo di iscrizione alla Gestione separata presso l'Inps per gli avvocati non iscritti obbligatoriamente alla Cassa di previdenza forense alla quale hanno versato esclusivamente un contributo integrativo in quanto iscritti agli albi.
Anche in questo caso, la Corte, ha confermato il precedente orientamento (nn. 30344/17; 30345/17; 1172/18; 2282/18; 1643/18; e, per ultima, la n. 32166), già espresso per la categoria degli ingegneri ed architetti, estendendolo, da ultimo, ai dottori commercialisti.
Analogamente, i numerosi ricorsi presentati, in via amministrativa , innanzi al competente Comitato Amministratore del Fondo per la gestione speciale dei lavoratori autonomi di cui all'Art. 2, Comma 26, della Legge 8 agosto 1995, n.335 avverso i provvedimenti di iscrizione legati alla citata campagna di accertamento, vengono proposti per la delibera di reiezione.
Con riferimento all'indirizzo prevalente presso le Corti di merito , invece, il contenzioso è stato risolto in massima parte nel senso dell'esclusione dell'obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS di «tutti i soggetti comunque tenuti a corrispondere a casse ed enti previdenziali privati dei contributi, quale che ne sia la tipologia e natura» e ciò essenzialmente sulla base di due argomenti: l'uno, di carattere sistematico, diretto a ravvisare la ratio della previsione di cui all'art. 2 della legge n. 335/1995 nell'esigenza di assicurare copertura assicurativa e tutela previdenziale"esclusivamente" a soggetti che, in mancanza di iscrizione alla gestione separata, ne sarebbero privi (ciò che – si argomenta ulteriormente – non potrebbe dirsi nel caso in cui il professionista sia iscritto a una cassa previdenziale o, comunque, a una forma obbligatoria di previdenza, solitamente l'INPS o, in passato, l'INPDAP); l'altro, di carattere testuale, volto a valorizzare l'ampiezza e la genericità del riferimento al «versamento contributivo», senza ulteriori specificazioni, contenuto nell'art. 18, co. 12, d.l. n. 98/2011.
L'articolo 1 della proposta di legge in esame, intendendo specificare e chiarire ulteriormente il contenuto interpretativo del comma 12 dell'articolo 18 della legge 111/2011, inserisce un secondo periodo al comma, prevedendo che "non possono, quindi, essere iscritti presso la gestione separata dell'INPS i liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della citata legge n. 335 del 1995, con riferimento ai redditi percepiti a seguito dell'esercizio dell'attività prevista dal rispettivo albo professionale».
Nella relazione di accompagnamento al testo normativo, si evidenzia che esso "si rende necessario per risolvere un problema che si è verificato a seguito di un'interpretazione del tutto arbitraria delle vigenti disposizioni in materia di obblighi contributivi dei liberi professionisti già iscritti a casse previdenziali di categoria, che l'INPS ha voluto imporre nonostante la soccombenza in tutti gli innumerevoli e conformi pronunciamenti giurisprudenziali". A conforto di tale assunto, si richiama la ratio originaria della citata disposizione della legge n. 335 del 1995, rafforzata dalla successiva norma di interpretazione autentica, che istituì la gestione separata dell'INPS, in via generale, per tutte le categorie di lavoratori autonomi, di lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa e per i venditori a domicilio e, soltanto in via residuale, per le categorie di liberi professionisti ancora prive di una propria cassa di previdenza, escludendo, pertanto, dalla gestione separata singoli soggetti liberi professionisti appartenenti a categorie già dotate di una propria cassa di previdenza alla data di entrata in vigore della predetta legge del 1995 (e purché, come si è visto nella ricognizione normativa sopra svolta, non fosse nel frattempo intervenuta hanno una delle quattro opzioni indicate dall'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n. 103 del 1996).
In conclusione, la proposta di legge in esame, attraverso la ridefinizione ulteriore della interpretazione autentica operata con l'articolo 18 della legge 111/2011, si configura essa stessa come legge di interpretazione autentica, valida per il futuro ma anche con effetti retroattivi sui rapporti pregressi, in base alle regole generali .
Al riguardo, si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti retroattivi della proposta di legge in esame, valutandone anche gli eventuali effetti finanziari alla luce delle possibili restituzioni di somme incassate dall'Inps a titolo di contributi previdenziali.
La giurisprudenza della Corte Costituzionale in tema di leggi di > interpretazione autentica >
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di > leggi di interpretazione autentica, «il divieto di retroattività della legge > – pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica e principio > generale dell'ordinamento, cui il legislatore ordinario deve in principio > attenersi – non è stato elevato a dignità costituzionale, salva per la > materia penale la previsione dell'art. 25 della Costituzione. Quindi il > legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare sia disposizioni > di "interpretazione autentica", che determinano – chiarendola – la portata > precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto > plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia > retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul > piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi > costituzionalmente protetti. >
Ed è, quindi, proprio sotto l'aspetto del controllo di ragionevolezza che > rilevano, simmetricamente, la funzione di "interpretazione autentica", che > una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, ovvero l'idoneità di > una disposizione innovativa a disciplinare con efficacia retroattiva anche > situazioni pregresse in deroga al principio per cui la legge non dispone che > per l'avvenire (sentenza n. 274/2006; nello stesso senso, ex multis , > sentenze n. 234/2007 e n. 374/2002). >
La Corte costituzionale ha quindi evidenziato (sentenza n. 78 del 2012) come > la norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica possa dirsi > costituzionalmente legittima qualora si limiti ad assegnare alla > disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, > riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (ex > plurimis: sentenze n. 271 e n. 257 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 24 del > 2009). In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire > «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo», in ragione di «un > dibattito giurisprudenziale irrisolto» (sentenza n. 311 del 2009), o di > «ristabilire un'interpretazione più aderente alla originaria volontà del > legislatore» (ancora sentenza n. 311 del 2009), a tutela della certezza del > diritto e dell'eguaglianza dei cittadini, cioè di principi di preminente > interesse costituzionale. Accanto a tale caratteristica, la Corte ha > individuato una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle > leggi, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, > di altri fondamentali valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei > destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno > ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si > riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; > la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio > connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza > dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente > riservate al potere giudiziario (sentenza n. 209 del 2010). | 7,644 | 15 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2293 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2293
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ANGIOLA, ARESTA, FRATE, MELICCHIO, NITTI
Modifiche all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , in materia di detrazione delle spese per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale dei conducenti e dei passeggeri di motocicli e ciclomotori
Presentata il 10 dicembre 2019
Onorevoli Colleghi ! – La presente proposta di legge nasce dall'esigenza di tutelare l'incolumità dei conducenti e dei passeggeri di motocicli e ciclomotori, utenti della strada ritenuti vulnerabili in quanto più esposti al rischio rispetto ad altre tipologie di utenti, soprattutto per la mancanza di protezioni esterne, come l'abitacolo del veicolo. Tali utenti vulnerabili rappresentano nel complesso circa il 24 per cento dei morti sulle strade (793 su un totale di 3.325 morti) secondo i dati raccolti dall'ISTAT per l'anno 2018; un numero complessivo di 793 morti, di cui 685 motociclisti e 108 ciclomotoristi, 208 dei quali di età compresa tra 15 e 30 anni. Inoltre, se si considera il dato statistico relativo ai decessi dei soli conducenti di motocicli e ciclomotori, il predetto rapporto percentuale sale a circa il 34 per cento, considerato che i conducenti di motocicli e ciclomotori deceduti sono 758 su un totale complessivo di 2.253 conducenti morti alla guida di tutte le categorie di veicoli. Sono oltre 54.000, invece, i feriti a seguito di sinistri sulle due ruote.
È necessario, quindi, sollecitare i conducenti e i passeggeri dei mezzi a due ruote all'uso degli strumenti di protezione di ultima generazione, quali i dispositivi di protezione individuale airbag , i cui costi, non proprio contenuti, ne disincentivano l'acquisto, che potrebbe invece essere indubbiamente favorito dalla previsione di una detraibilità della spesa sostenuta.
Si ritiene che le disposizioni della presente proposta di legge siano meritevoli di interesse e di esame non soltanto per il fine intrinseco delle stesse, di evidente rilievo sociale, ma anche e soprattutto perché l'utilizzo dei citati strumenti di protezione, in caso di sinistro, ridurrebbe enormemente i rischi di lesioni gravi o gravissime, nonché di decesso dei motociclisti, e ciò si tradurrebbe, inevitabilmente, in un risparmio della spesa pubblica in termini di costi sociali, tra i quali rientrano quelli sanitari e le provvidenze economiche a sostegno dell'invalidità o inabilità, con innegabili benefiche ripercussioni sull'intera comunità.
Secondo i dati sui «costi sociali» dell'incidentalità stradale elaborati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno 2017, così come previsto dal decreto legislativo 15 marzo 2011, n. 35 , il costo medio umano per decesso è di euro 1.503.990, mentre il costo medio umano per ferito è di euro 42.219. I costi sociali degli incidenti stradali costituiscono una stima del danno economico subìto dalla società a causa di tali eventi. Il danno economico non è rappresentato da una spesa diretta sostenuta dalla collettività, ma dalla quantificazione economica degli oneri che, a diverso titolo, gravano sulla stessa a seguito delle conseguenze causate da un incidente stradale. Dal dato statistico emerge l'enorme incisività sociale dei costi sostenuti dalla collettività in conseguenza di un incidente con morti o feriti, costi che in generale sono quelli derivati dai danni al veicolo, dalle spese per il rilievo degli incidenti da parte delle Forze di polizia e dei servizi di emergenza, dai costi legali e amministrativi di gestione e dai danni causati all'infrastruttura stradale e agli edifici. A questi si aggiunge la componente dei costi umani riferiti alle vittime di incidente stradale e derivanti dalla perdita di produttività per la società, dalla perdita affettiva, dal dolore e dalla sofferenza delle persone coinvolte e dei parenti delle vittime, nonché dai costi delle cure mediche alle quali sono sottoposte le vittime stesse.
In ordine alla previsione di spesa necessaria per il riconoscimento dell'incentivo fiscale, occorre considerare le immatricolazioni dei nuovi motocicli avvenute in Italia nel 2018, pari a 219.235 secondo i dati forniti dall'ISTAT, nonché il parco circolante dei veicoli a due ruote con età inferiore a venti anni, pari a 4.932.591 secondo fonti dell'Automobile club d'Italia (ACI). La copertura di tali costi, anche in considerazione dell'attuale situazione del bilancio statale, potrà essere posta a carico delle compagnie assicurative. Queste ultime, infatti, otterranno sicuri benefìci dall'incentivazione all'utilizzo dei moto airbag , considerato che i dati statistici riferiti agli indennizzi liquidati per ciclomotori e motocicli per l'anno 2017 sono i seguenti: gli indennizzi per sinistri di ciclomotori sono stati pari a euro 129.791.519 e quelli per sinistri di motocicli sono stati pari a euro 824.652.000, con la previsione, per questi ultimi, di un margine tecnico lordo negativo (fonte: Bollettino statistico dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – dicembre 2018).
Questi ultimi dati, che quantificano una spesa sostenuta per indennizzi pari a euro 954.443.519, potrebbero essere suscettibili di un netto miglioramento in caso di utilizzo dei dispositivi di protezione che si intende incentivare, con un conseguente miglioramento della marginalità generale delle compagnie assicurative e una sensibile riduzione del menzionato margine tecnico passivo derivante dagli indennizzi erogati nel ramo assicurativo relativo ai motoveicoli. Un'ulteriore considerazione positiva sulla presente proposta di legge deriva dalla concreta possibilità che la diffusione e l'utilizzo dei moto airbag incentivino i produttori dei medesimi dispositivi a ridurre i relativi prezzi di vendita, oltre a investire su tali tecnologie.
Con la presente proposta di legge si concede il beneficio indistintamente a chiunque decida di comprare un dispositivo moto airbag , a prescindere dal possesso di un ciclomotore o di un motociclo.
La detrazione si applica anche ai contribuenti che acquistino tali dispositivi per soggetti fiscalmente a carico (è il caso, ad esempio, dei genitori che li acquistino per i figli minori).
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione per oneri, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 1- quater è inserito il seguente:
« 1-quinquies . A decorrere dall'anno 2020, dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 50 per cento delle spese documentate, fino a un ammontare massimo delle spese pari a euro 500, sostenute per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale dei conducenti e dei passeggeri di motocicli e ciclomotori ( motoairbag ), anche se integrati in capi di abbigliamento. Tali dispositivi possono essere ad attivazione meccanica, certificati secondo la normativa europea EN 1621-4, o ad attivazione elettronica, certificati secondo la citata normativa europea nella sola parte applicabile ai dispositivi elettronici»;
b) al comma 2, dopo le parole: « i-decies) del comma 1» sono inserite le seguenti: «e al comma 1- quinquies » e dopo le parole: «alle lettere f) e i-decies) » sono inserite le seguenti: «del comma 1 e al comma 1- quinquies ».
2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, valutati in 26 milioni di euro per l'anno 2021 e in 13,9 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022, si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del comma 3.
3. L'aliquota delle imposte previste dagli articoli 4 e 19 della tariffa di cui all'allegato A annesso alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216 , è stabilita nella misura del 12,7 per cento nell'anno 2021 e nella misura del 12,6 per cento a decorrere dall'anno 2022. | Detrazioni per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale per conducenti e passeggeri di motocicli e ciclomotori
Contenuto
La proposta di legge in esame (A.C. 2293) stabilisce la facoltà di detrarre dall'imposta lorda , a decorrere dall'anno 2020, un importo pari al 50 per cento delle spese documentate, fino a un ammontare massimo delle stesse pari a euro 500, sostenute per l' acquisto di dispositivi di protezione individuale dei conducenti e dei passeggeri di motocicli e ciclomotori (moto airbag ), anche se integrati in capi di abbigliamento, ad attivazione meccanica o elettronica.
In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 15 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi, Tuir) aggiungendo il comma 1- quinquies con il quale si consente al contribuente di detrarre dall'imposta lorda , a decorrere dall'anno 2020, un importo pari al 50 per cento delle spese documentate, fino a un ammontare massimo delle stesse pari a euro 500, sostenute per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale moto airbag , anche se integrati in capi di abbigliamento, ad attivazione meccanica, certificati secondo la normativa di omologazione europea EN1621/4, o elettronica, certificati secondo la citata normativa di omologazione europea, nella sola parte applicabile per i dispositivi elettronici.
Viene di conseguenza modificato il comma 2 dell'articolo 15 del Tuir, in materia di detrazioni per carichi di famiglia, inserendo il rinvio al nuovo comma 1- quinquies citato. A seguito di tale modifica, pertanto, la detrazione in esame spetta anche per le spese sostenute per l'acquisto di tali dispositivi a vantaggio delle persone fiscalmente a carico.
Il comma 2 dell'articolo in esame reca la quantificazione degli oneri del comma 1, pari a 26 milioni di euro per l'anno 2021 e a 13,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 , individuando la copertura nella quota parte delle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al comma 3.
Il comma 3 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione in esame mediante l' innalzamento dal 12,5 al 12,7 per cento nell'anno 2021 e al 12,6 per cento dal 2022 dell' imposta dei premi sulle assicurazioni in materia di responsabilità civile e delle assicurazioni globali dei veicoli a motore (articoli 4 e 19 della tariffa di cui all'allegato A annesso alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216).
Si ricorda che a decorrere dall'anno 2011, l'aliquota dell'imposta RCA, pari al 12,5% può essere aumentata o diminuita in misura non superiore a 3,5 punti percentuali e che a decorrere dall'anno 2012 l'imposta RCA costituisce tributo proprio derivato delle province (articolo 17 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 in materia di tributi propri connessi al trasporto su gomma).
Occorrerebbe pertanto valutare la possibilità di chiarire che resta ferma la destinazione dell'attuale prelievo del 12,5 alle province in quanto tributo proprio derivato, mentre l'incremento proposto, pari allo 0,2 per l'anno 2021 e allo 0,1 a decorrere dal 2022, viene attribuito allo Stato e destinato a coprire gli oneri della norma proposta. Resta inoltre ferma la manovrabilità dell'imposta da parte delle province già prevista dalla norma vigente.
Gli incidenti stradali relativi a ciclomotori e motocicli nel Rapporto 2019 - statistiche sull'incidentalità nei trasporti stradali, anche con riferimento alla tipologia di strada.
Secondo il rapporto 2019 curato dalla Direzione Generale per i Sistemi Informativi e Statistici (DGSIS) gli incidenti che hanno coinvolto ciclomotori nell'anno 2018 sono stati 9.883 (di cui 8.845 nei centri abitati e 1.038 fuori dai centri abitati). Si tratta di un dato in calo rispetto agli anni precedenti (942 incidenti in meno rispetto al 2017) e la cui dimensione si è notevolmente ridotta nel corso degli anni. Basti pensare che nel 2001 si erano verificati ben 57.857 incidenti stradali (54.043 nei centri abitati e 3.814 fuori dai centri abitati). Anche con riferimento alla mortalità per i ciclomotori si è avuta una decisa riduzione. Se nel 2001 erano stati registrati 578 morti (375 dentro il centro abitato e 203 fuori dal centro abitato) nel 2018 i morti sono stati 108 (55 nei centri abitati e 53 fuori dai centri abitati). Tale dato è tuttavia leggermente superiore a quanto registrato nel 2017 (96 mori, 64 nei centri abitati e 32 fuori dai centri abitati).
Con riferimento ai motocicli senza passeggeri a bordo nell'anno 2018 si sono registrati in totale 37.698 incidenti (31.712 incidenti entro i centri abitati e 5.986 fuori dai centri abitati). Pur risultando in calo rispetto all'anno 2017, in cui si erano registrati 33.580 incidenti, l'andamento dell'incidentalità concernente i motocicli è meno positiva rispetto a quella registrata con riferimento ai ciclomotori. Infatti, in valore assoluto nell'anno 2001 si erano registrati 26.319 incidenti mentre nel 2010 si era raggiunta la cifra di ben 39.335 incidenti.
Anche con riguardo alla mortalità, in valori assoluti, si è registrato un peggioramento dei dati nel confronto tra le vittime nel 2001 (523 in totale) e nel 2018 (653), pur rilevandosi una leggera riduzione delle vittime rispetto al 2017 (686) e una ben più significativa riduzione rispetto all'anno 2010 (in cui si erano registrate 884 vittime).
Con riguardo agli incidenti relativi a motocicli con passeggeri a bordo nell'anno 2018 risultano 5.153 incidenti, meno della metà di quelli verificatisi nel 2001 (10.896) ed in leggero calo anche rispetto a quelli registrati nell'anno 2017 (5.371). Anche la mortalità si è notevolmente ridotta: dai 437 morti dell'anno 2001 si è passati a 90 morti nell'anno 2018, in calo anche rispetto ai decessi riscontrati nel 2017 (103 morti).
Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Rapporto 2019 - statistiche sull'incidentalità nei trasporti stradali, anche con riferimento alla tipologia di strada e alle relative tabelle, pubblicate sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. | 4,693 | 69 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1963
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa delle deputate
MURONI, PAITA
Istituzione del Parco nazionale del fiume Magra
Presentata l'8 luglio 2019
Onorevoli Colleghi ! – Il fiume Magra ha caratterizzato da sempre l'unità ecologica, sociale ed economica della Lunigiana storica, identificata con il suo bacino idrografico. Il bacino oggi è diviso tra due regioni, la Toscana e la Liguria, una separazione amministrativa che ha portato con sé necessariamente anche strumenti e modelli di gestione non unitaria del territorio e degli ecosistemi. Il fiume e il suo ecosistema possono diventare l'elemento unificante dove applicare politiche di gestione ambientale coordinate e unitarie.
Il 21 giugno scorso si è svolto a Sarzana (La Spezia) il Forum dedicato al Parco del fiume Magra organizzato da Legambiente per fare il punto sul futuro dell'area insieme agli amministratori regionali e locali e alle associazioni del bacino idrografico.
Quello che è emerso dal Forum è l'utilità di andare oltre la richiesta di un Parco del fiume Magra di interesse regionale in quanto il contesto geografico, il bacino idrografico, la biodiversità e la qualità ecologica del territorio rendono propedeutica l'istituzione di un percorso affinché il fiume Magra venga riconosciuto come Parco nazionale.
Per queste ragioni Legambiente ha chiesto alle regioni Toscana e Liguria di lavorare congiuntamente per la valorizzazione integrata del fiume Magra e, in questo contesto, lo strumento più adeguato è l'istituzione del Parco nazionale del fiume Magra che comprenda l'attuale territorio del Parco regionale di Montemarcello-Magra-Vara in provincia della Spezia, le aree naturali protette di interesse locale (ANPIL) situate lungo il fiume Magra in provincia di Massa-Carrara, oltre ai siti della rete Natura 2000 compresi nel bacino idrografico interregionale del fiume Magra.
Il Manifesto proposto da Legambiente mette in evidenza che l'ecosistema fluviale del Magra ha sempre rappresentato un elemento unificante di integrazione delle politiche di tutela della biodiversità, di gestione ambientale e di difesa del suolo. È un importante corridoio ecologico, un territorio di frontiera tra le zone geobotaniche-bioclimatiche mediterranea e medioeuropea con un'eccezionale diversità biologica che interessa, in un'area di soli 50 chilometri, ben sei bioclimi, appartenenti a tre delle quattro regioni bioclimatiche italiane, xeroterica, mesoxerica e axerica fredda, confermando la sua strategicità per garantire servizi ecosistemici e per attuare le strategie della Convenzione degli Appennini del 24 febbraio 2006 e del progetto APE- Appennino Parco d'Europa.
Il fiume Magra è infatti in una posizione cruciale di collegamento e di cerniera tra gli habitat d'importanza internazionale già protetti dell'Appennino tosco-ligure-emiliano, quali il Parco nazionale delle Cinque Terre, riconosciuto patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, il Parco nazionale dell'Appennino tosco-emiliano, riconosciuto riserva della biosfera dall'UNESCO, e, infine, il Parco regionale delle Alpi Apuane, riconosciuto Global Geopark dall'UNESCO.
Per i motivi esposti si presenta questa proposta di legge, nella convinzione che essa riceverà il sostegno di tutti i parlamentari, in particolare di quelli toscani e liguri, ai fini di una sua celere approvazione.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 34, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 , dopo la lettera f-ter) è aggiunta la seguente:
« f-quater) fiume Magra».
2. Il Parco nazionale del fiume Magra interessa l'omonimo bacino idrografico nei territori di significativo o rilevante interesse naturalistico e ambientale delle province della Spezia e di Massa-Carrara. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, con proprio decreto, alla delimitazione provvisoria del Parco nazionale e, d'intesa con le regioni Liguria e Toscana, adotta le misure di salvaguardia per garantire la conservazione dello stato dei luoghi. Con la medesima procedura si provvede all'eventuale estensione del territorio del Parco nazionale e delle aree contermini.
3. Per l'istituzione e il funzionamento del Parco nazionale del fiume Magra è autorizzata la spesa di euro 300.000 per l'anno 2020 e di euro 1.500.000 annui a decorrere dall'anno 2021.
4. Agli oneri di cui al comma 3 del presente articolo, pari a euro 300.000 per l'anno 2020 e a euro 1.500.000 annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all' articolo 1, comma 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 , mediante corrispondente riduzione delle somme già destinate al funzionamento degli Enti parco. | Istituzione del Parco nazionale del fiume Magra
Premessa
Le aree protette e la loro classificazione
La conservazione dei territori naturali che ancora mantengono inalterate le matrici ecosistemiche rappresenta il principale obiettivo dell'istituzione di aree naturali protette. La legge 6 dicembre 1991, n. 394 ("Legge quadro sulle aree protette") ha provveduto alla classificazione delle aree naturali protette ed ha istituito, altresì, l'Elenco ufficiale delle aree protette (attualmente è in vigore il 6° aggiornamento, approvato con Delibera della Conferenza Stato-Regioni del 17 dicembre 2009 e recepito con il D.M. 27 aprile 2010 (G.U. n. 125 del 31 maggio 2010).
L'ultima relazione del Ministero dell'ambiente sullo stato di attuazione della legge quadro sulle aree protette (Doc. CXXXVIII, n. 5, presentato alla Camera nel gennaio 2018) sottolinea che dal citato elenco si "rileva che la superficie protetta nazionale riconosciuta si è incrementata fino a raggiungere il 10,50% del territorio nazionale e che il numero delle aree protette è di 871, per un totale circa di 3.163.590,71 ettari a terra, 2.853.033,93 ettari a mare e 658,02 chilometri di coste. Così ripartito: 24 parchi nazionali, 147 riserve naturali statali, 27 aree marine protette (più due parchi sommersi e il santuario internazionale dei mammiferi marini), 134 parchi naturali regionali, 365 riserve naturali regionali, 171 altre aree protette di diversa classificazione e denominazione".
Alle succitate aree protette vanno aggiunte le zone di protezione facenti parte della rete europea "Natura 2000" (istituita con la c.d. direttiva habitat n. 92/43/CEE, recepita in Italia con il D.P.R. 357/1997, a sua volta integrato con il D.P.R. 120/2003), concepita ai fini della tutela della biodiversità europea attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse europeo.
Della "rete Natura 2000", istituita dalla c.d. direttiva Habitat (che ha previsto l'individuazione di Siti di importanza Comunitaria e la loro successiva designazione in Zone Speciali di Conservazione), fanno parte anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS) classificate dagli Stati membri a norma della c.d. direttiva uccelli (direttiva n. 79/409/CEE, sostituita dalla direttiva 2009/147/CE).
Nella citata relazione del Ministero dell'ambiente viene sottolineato che il sistema delle aree protette nazionali ha un'ampia sovrapposizione con il sistema dei siti della rete "Natura 2000". Tale sovrapposizione, in riferimento alla superficie totale delle aree protette nazionali (parchi nazionali, aree marine protette e riserve statali), raggiunge quasi il 79%.
I parchi nazionali
L'art. 2 della legge quadro sulle aree protette (L. 394/1991), nel classificare le aree protette, dispone che "i parchi nazionali sono costituiti da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l'intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future" (comma 1) e che "la classificazione e l'istituzione dei parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali, sono effettuate d'intesa con le regioni" (comma 7).
Il successivo articolo 8 dispone, al comma 1, che i parchi nazionali "sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la regione ".
Il Parco e il bacino del fiume Magra
La relazione illustrativa della proposta di legge in esame ricorda che il 21 giugno 2019 "si è svolto a Sarzana (La Spezia) il Forum dedicato al Parco del fiume Magra organizzato da Legambiente per fare il punto sul futuro dell'area insieme agli amministratori regionali e locali e alle associazioni del bacino idrografico. Quello che è emerso dal Forum è l'utilità di andare oltre la richiesta di un Parco del fiume Magra di interesse regionale in quanto il contesto geografico, il bacino idrografico, la biodiversità e la qualità ecologica del territorio rendono propedeutica l'istituzione di un percorso affinché il fiume Magra venga riconosciuto come Parco nazionale".
Nella stessa relazione viene sottolineato che il Parco nazionale del fiume Magra dovrebbe comprendere "l'attuale territorio del Parco regionale di Montemarcello-Magra-Vara in provincia della Spezia, le aree naturali protette di interesse locale (ANPIL) situate lungo il fiume Magra in provincia di Massa-Carrara, oltre ai siti della rete Natura 2000 compresi nel bacino idrografico interregionale del fiume Magra".
Nel Manifesto approvato nel Forum del giugno 2019 succitato viene evidenziato che "il fiume Magra in Toscana è stato tutelato negli ultimi 15 anni, per un tratto di circa 13 chilometri, da due ANPIL (Aree Naturali Protette d'Interesse Locale) che la recente legge regionale ha abrogato, lasciando quegli habitat senza una chiara destinazione futura", mentre il tratto ligure del Magra e del suo principale affluente, il Vara, invece, è interessato dal Parco Regionale di Montemarcello-Magra-Vara". Nello stesso Manifesto viene evidenziato che il fiume Magra rappresenta inoltre un importante corridoio ecologico che svolge un rilevante ruolo di collegamento tra aree ed ecosistemi continentali e mediterranei, trovandosi in una posizione cruciale di collegamento e di cerniera tra habitat protetti dell'appennino tosco-ligure d'importanza internazionale, quali il Parco Nazionale delle Cinque Terre, il Parco Nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano e il Parco Regionale delle Alpi Apuane.
Relativamente al Parco Naturale Regionale di Montemarcello-Magra- Vara, si ricorda che esso è stato istituito dalla legge regionale della Liguria n. 12/1995 e ha una superficie a terra di 4.320 ettari e interessa il territorio di 16 comuni della provincia della Spezia.
Come ricordato nel sito internet del Parco regionale, "all'interno del territorio del Parco di Montemarcello-Magra-Vara ricadono quattro ZSC di cui l'Ente Parco è stato nominato gestore: IT343502 Parco Magra-Vara, IT1345109 Montemarcello, IT1345101 Piana della Magra e IT1345114 Costa di Maralunga. In particolare la prima di queste identifica quasi la totalità del territorio del Parco e comprende oltre il 60% delle foreste alluvionali residue della Liguria con caratteristiche di buona naturalità ed estensione, considerate habitat di interesse comunitario prioritario".
Come viene ricordato nel sito web dell'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino settentrionale, il 17 febbraio 2017 è entrato in vigore il decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 2016 che, ai sensi dell'art. 63, comma 3, del d.lgs. 152/2006 (Codice dell'ambiente), ha dato effettivo avvio alla riforma distrettuale dei bacini idrografici, disciplinando le modalità e i criteri per il trasferimento del personale e delle risorse strumentali e finanziarie dalle vecchie Autorità di bacino previste dalla legge 183/1989, che risultano soppresse, alle nuove Autorità distrettuali previste dal Codice dell'ambiente.
Per espressa previsione dell'art. 64 del Codice, il territorio di riferimento del Distretto idrografico dell'Appennino settentrionale comprende i bacini liguri e toscani (già bacini regionali ai sensi della L. 183/1989), il bacino dell'Arno (già bacino nazionale ai sensi della L. 183/1989), il bacino del Serchio (già bacino pilota ai sensi della L. 183/1989) e il bacino del Magra (già bacino interregionale ai sensi della L. 183/1989).
In attuazione delle previsioni del Codice e del citato D.M. 25 ottobre 2016, con il D.P.C.M. 4 aprile 2018 si è provveduto all'individuazione e al trasferimento delle unità di personale, delle risorse strumentali e finanziarie delle Autorità di bacino, di cui alla legge n. 183/1989, all'Autorità di bacino distrettuale dell'Appennino Settentrionale e alla determinazione della dotazione organica di tale nuova Autorità distrettuale.
Contenuto
La proposta di legge in esame è composta da un unico articolo.
Il comma 1 dell'art. 1 prevede l' istituzione - mediante l'aggiunta della lettera f -quater ) all'art. 34, comma 1, della L. 394/91 (legge quadro sulle aree protette) - del Parco nazionale del fiume Magra.
Il comma 2 indica in via generale il territorio interessato dal Parco del fiume Magra (facendo riferimento all'omonimo bacino idrografico nei territori di significativo o rilevante interesse naturalistico e ambientale delle province della Spezia e di Massa-Carrara) e ne demanda la delimitazione provvisoria ad un apposito decreto del Ministro dell'ambiente da emanare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Lo stesso comma dispone che il Ministero provvede inoltre, d'intesa con le regioni Liguria e Toscana , all' adozione delle misure di salvaguardia per garantire la conservazione dello stato dei luoghi.
Con la medesima procedura si provvede all' eventuale estensione del territorio del Parco nazionale e delle aree contermini.
Si fa notare che le disposizioni in esame sembrano ricalcare quelle recate dall'art. 34, comma 3, della legge quadro, secondo cui "il Ministro dell'ambiente provvede alla delimitazione provvisoria dei parchi nazionali" (istituiti dal medesimo articolo) e "sentiti le regioni e gli enti locali interessati, adotta le misure di salvaguardia, necessarie per garantire la conservazione dello stato dei luoghi".
Si ricorda altresì che l'art. 8, comma 1, della L. 394/1991, dispone che i parchi nazionali "sono istituiti e delimitati in via definitiva con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'ambiente, sentita la regione".
Il comma 3 , per l'istituzione e il funzionamento del Parco nazionale del fiume Magra, autorizza la spesa di 300.000 euro per l'anno 2020 e di 1,5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021. Il comma 4 disciplina la copertura degli oneri previsti dal comma 3, disponendo che vi si provvede a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'art. 1, comma 43, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, mediante corrispondente riduzione delle somme già destinate al funzionamento degli Enti parco.
Tale autorizzazione di spesa prevede che la dotazione dei capitoli di cui al comma 40 è quantificata annualmente ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362. Si tratta degli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, di cui alla tabella A allegata alla legge medesima, che sono iscritti in un unico capitolo nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Il relativo riparto è annualmente effettuato da ciascun Ministro, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, alle quali vengono altresì inviati i rendiconti annuali dell'attività svolta dai suddetti enti.
Come evidenziato nella relazione illustrativa allo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per l'anno 2019, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi ( A.G. 129), su cui l'VIII Commissione ha espresso il proprio parere nella seduta del 20 novembre 2019, "il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha assegnato i fondi stanziati per le spese di natura obbligatoria nella tabella ordinaria, sul capitolo 1551 (del bilancio del Ministero dell'ambiente, n.d.r. ) prevedendo due piani gestionali: piano gestionale 1 - spese di personale; piano gestionale 2 - spese di funzionamento; includendo, in quest'ultimo, le somme da erogare in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi da ripartire con decreto interministeriale (MATTM-MEF), previa acquisizione del parere favorevole da parte delle competenti Commissioni Parlamentari".
Nello relazione illustrativa allo schema di riparto relativo al 2020 ( A.G. 218) - sul quale l'VIII Commissione ha espresso parere favorevole nella seduta del 9 dicembre 2020 - si ricorda invece che "i fondi stanziati da dedicare al decreto di riparto per l'anno in corso sono di euro 4.102.413" a fronte di uno stanziamento complessivo, nel capitolo 1551, pari a 70,6 milioni per l'esercizio 2020.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge in esame reca una disciplina riconducibile alla materia " tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. | 5,666 | 54 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2005
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 18 luglio 2019 (v. stampato Senato n. 763)
d'iniziativa dei senatori
GRANATO, PATUANELLI, MONTEVECCHI, CORRADO, VANIN, ABATE, ANGRISANI, BOTTICI, CASTELLONE, DONNO, L'ABBATE, LANZI, LEONE, LUCIDI, PACIFICO, PIARULLI, ROMANO, TRENTACOSTE, VONO, FLORIDIA, AUDDINO, PUGLIA
Modifiche alla legge 13 luglio 2015, n. 107 , in materia di ambiti territoriali e chiamata diretta dei docenti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 18 luglio 2019
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 18, 80, 81 e 82 sono abrogati;
b) il comma 66 è sostituito dal seguente:
« 66 . A decorrere dall'anno scolastico 2019/2020 i ruoli del personale docente sono regionali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto»;
c) al comma 68, il primo periodo è sostituito dal seguente: «A decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, con decreto del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale, l'organico dell'autonomia è ripartito tra le istituzioni scolastiche ed educative statali, ferma restando la possibile assegnazione alle attività di cui al secondo periodo, nel limite massimo di cui al terzo periodo»;
d) al comma 70:
1) al primo periodo, le parole: «del medesimo ambito territoriale» sono soppresse;
2) al secondo periodo, le parole: «di un medesimo ambito territoriale» sono soppresse;
e) al comma 73, l'ultimo periodo è soppresso;
f) dopo il comma 73 è inserito il seguente:
« 73-bis. Il personale docente titolare su ambito territoriale alla data del 1° settembre 2018 assume la titolarità presso l'istituzione scolastica che gli ha conferito l'incarico triennale»;
g) il comma 74 è sostituito dal seguente:
« 74. Le reti di scuole sono definite assicurando il rispetto dell'organico dell'autonomia e nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;
h ) il comma 79 è sostituito dal seguente:
« 79. A decorrere dall'anno scolastico 2019/2020, per la copertura dei posti dell'istituzione scolastica, i docenti di ruolo sono assegnati prioritariamente sui posti comuni e di sostegno, vacanti e disponibili, al fine di garantire il regolare avvio delle lezioni. Il dirigente scolastico può utilizzare i docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purché posseggano titoli di studio validi per l'insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti con gli insegnamenti da impartire e purché non siano disponibili docenti abilitati in quelle classi di concorso»;
i) al comma 109, lettera a) , il terzo periodo è sostituito dal seguente: «I soggetti utilmente collocati nelle graduatorie di merito dei concorsi pubblici per titoli ed esami del personale docente sono assunti, nei limiti dei posti messi a concorso e ai sensi delle ordinarie facoltà assunzionali, nei ruoli di cui al comma 66 ed esprimono, secondo l'ordine di graduatoria, la preferenza per l'istituzione scolastica di assunzione, all'interno della regione per cui hanno concorso»;
l) al comma 109, lettera c) , le parole: «, sono destinatari della proposta di incarico di cui ai commi da 79 a 82» sono soppresse e le parole: «per l'ambito territoriale di assunzione, ricompreso fra quelli» sono sostituite dalle seguenti: «per l'istituzione scolastica ricompresa fra quelle». | Modifiche alla legge 13 luglio 2015, n. 107, in materia di ambiti territoriali e chiamata diretta dei docenti
Premessa
La proposta di legge, già approvata dal Senato (A.S. 763), elimina , anzitutto, dall'ordinamento la disciplina per l'affidamento degli incarichi di insegnamento da parte del dirigente scolastico ( c.d. chiamata diretta ), introdotta dalla L. 107/2015, ma di fatto già disapplicata in virtù di accordi sindacali.
Inoltre, elimina dall'ordinamento l'istituto degli ambiti territoriali , anch'esso introdotto dalla L. 107/2015 e al quale già, in base alla legge di bilancio 2019, non si fa più riferimento, per le procedure di reclutamento e di mobilità dei docenti, dall'a.s. 2019/2020.
La relazione illustrativa all'A.S. 763, evidenziando che si tratta di modifiche correlate tra loro, sottolineava, in particolare, che si intendono abrogare quelle parti della L. 107/2015 che hanno permesso un accentramento di potere eccessivo in favore dei dirigenti scolastici, nonché l'istituto della titolarità dei docenti su ambito territoriale, che ha costretto molti docenti a faticosi spostamenti sul territorio provinciale.
Il quadro normativo
La L. 107/2015 ha introdotto nell'ordinamento l' organico dell'autonomia , costituito, in base all' art. 1 , co. 63 , da posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa.
L' art. 1, co. 66 , della medesima legge ha disposto che, a decorrere dall'a.s. 2016/2017, i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti territoriali , suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto. Ha, altresì, previsto che, entro il 30 giugno 2016, gli Uffici scolastici regionali, su indicazione del MIUR, sentiti le regioni e gli enti locali, dovevano definire l'ampiezza degli ambiti territoriali, inferiore alla provincia o alla città metropolitana, considerando: la popolazione scolastica; la prossimità delle istituzioni scolastiche; le caratteristiche del territorio, tenendo anche conto della specificità delle aree interne, montane e delle piccole isole, della presenza di scuole nelle carceri, nonché di ulteriori situazioni o esperienze territoriali già in atto.
Il MIUR ha emanato le linee guida per la costituzione degli ambiti > territoriali con nota 726 del 26 gennaio > 2016.
Il co. 68 ha previsto che, dallo stesso a.s. 2016/2017, con decreto del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale, l' organico dell'autonomia è ripartito tra gli ambiti territoriali.
Il co. 73 ha disposto, per quanto qui più interessa, che, dal medesimo a.s., la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra i medesimi ambiti territoriali.
In seguito, però, l' art. 1, co. 796 , della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha disposto che, a decorrere dall'anno scolastico 2019/2020 , le procedure di reclutamento del personale docente e quelle di mobilità territoriale e professionale del medesimo personale non possono comportare che ai docenti sia attribuita la titolarità su ambito territoriale.
In base ai co. 79 - 82 della L. 107/2015 – ai quali fa rinvio il co. 18 della medesima legge, introducendo la nuova disciplina relativa all'affidamento degli incarichi di insegnamento (c.d. chiamata diretta ) – a decorrere dall'a.s. 2016/2017, l'attribuzione dell'incarico di docente era stata rimessa al dirigente scolastico. In particolare, era stato previsto che il dirigente scolastico proponeva il conferimento di incarichi triennali ai docenti assegnati all'ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dagli stessi e valorizzando il curriculum, le esperienze e le competenze professionali. Potevano essere svolti colloqui. La proposta si perfezionava con l'accettazione del docente che, nel caso di ricevimento di più proposte di incarico, doveva optare tra quelle ricevute. I criteri adottati per il conferimento degli incarichi, gli incarichi conferiti e il curriculum dei docenti dovevano essere pubblicati sul sito internet delle scuole. In ogni caso, nel conferire gli incarichi, il dirigente scolastico doveva dichiarare l'assenza di rapporti di parentela o affinità, entro il secondo grado, con i docenti stessi. Gli incarichi riguardavano prioritariamente posti comuni e posti di sostegno vacanti e disponibili e dovevano essere rinnovati , purché in coerenza con il piano triennale dell'offerta formativa.
Per i docenti che non avevano ricevuto o accettato proposte, o in caso di inerzia del dirigente scolastico, doveva provvedere l'ufficio scolastico regionale.
Con nota 2609 del 22 luglio > 2016 il MIUR > aveva fornito prime indicazioni operative per il conferimento degli > incarichi.
Successivamente, peraltro, erano intervenute variazioni a seguito della sigla, l'11 aprile 2017, del contratto collettivo nazionale integrativo sul passaggio da ambito territoriale a scuola per l'a.s. 2017/2018. In particolare, il CCNI aveva introdotto la necessità di una deliberazione del Collegio dei docenti , su proposta del dirigente scolastico, sul numero e la specifica dei requisiti da considerare utili ai fini dell'esame comparativo delle candidature dei docenti titolari su ambito territoriale, disponendo anche che i requisiti erano individuati da ciascun dirigente scolastico in numero non superiore a sei tra quelli indicati nell'allegato A.
Da ultimo, il 26 giugno 2018 è stata siglata un' ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo sul passaggio da ambito territoriale a scuola per l'a.s. 2018/2019, in base alla quale la competenza ad assegnare alle scuole i docenti è stata attribuita nuovamente all' Ufficio scolastico competente per territorio.
Con comunicato stampa emanato in pari data, il MIUR ha riportato quanto fatto presente dall'allora Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Marco Bussetti, in quell'occasione: "Con l'accordo sindacale, siglato oggi presso gli Uffici del MIUR, già dal prossimo anno scolastico si elimina, così come preannunciato in questi giorni, l'istituto della cosiddetta chiamata diretta dei docenti. In attesa dell'intervento legislativo di definitiva abrogazione, che è mia intenzione proporre nel primo provvedimento utile, con l'accordo sindacale di oggi si dà attuazione a una precisa previsione del contratto del governo del cambiamento, sostituendo la chiamata diretta, connotata da eccessiva discrezionalità e da profili di inefficienza, con criteri trasparenti e obiettivi di mobilità ed assegnazione dei docenti dagli uffici territoriali agli istituti scolastici".
Con nota n. 29748 del 27 giugno 2018, il MIUR ha poi fornito istruzioni per il passaggio da ambito a scuola.
Contenuto
La proposta di legge modifica in più punti l'art. 1 della L. 107/2015.
Anzitutto, abroga i co. 18, 80, 81 e 82 e modifica il co. 79 dell'art. 1, che disciplinano la procedura di affidamento degli incarichi di insegnamento ai docenti da parte del dirigente scolastico.
Inoltre, sopprime – con effetto dall'a.s. 2019/2020 – la previsione relativa all' articolazione dei ruoli regionali del personale docente in ambiti territoriali. A tal fine, novella l'art. 1, co. 66.
Prevede, poi, che, a decorrere dal medesimo a.s. 2019-2020 , l' organico dell'autonomia è ripartito , sempre con decreto del dirigente preposto all'Ufficio scolastico regionale, fra le istituzioni scolastiche ed educative statali (e non più fra gli ambiti territoriali). A tal fine, novella l'art. 1, co. 68, primo periodo.
Al contempo, dispone che il personale docente titolare su ambito territoriale alla data del 1° settembre 2018 assume la titolarità presso l'istituzione scolastica che gli ha conferito l'incarico triennale. A tal fine, inserisce nell'art. 1 il co. 73- bis.
Si valuti innanzitutto l'opportunità di aggiornare i riferimenti temporali.
Inoltre, si valuti l'opportunità di mantenere nei co. 66 e 68, primo periodo, il riferimento all'articolazione dei ruoli regionali del personale docente in ambiti territoriali operante nel periodo tra l'a.s. 2016-2017 e l'entrata in vigore della nuova disciplina.
Conseguentemente, sopprime la previsione che la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali. A tal fine, sopprime l'art. 1, co. 73, ultimo periodo.
Ulteriori, conseguenziali, modifiche riguardano le reti fra istituzioni scolastiche , per le quali, in particolare, il testo sopprime la previsione che debbano essere costituite fra istituzioni scolastiche del medesimo ambito territoriale. A tal fine, novella l'art. 1, co. 70.
Si stabilisce, inoltre, che le reti (e non più anche gli ambiti territoriali) sono definite assicurando il rispetto dell'organico dell'autonomia e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, il testo novella il co. 74.
Si ricorda che il co. 70 ha finalizzato la costituzione delle reti alla valorizzazione delle risorse professionali, alla gestione comune di funzioni e di attività amministrative, alla realizzazione di progetti o iniziative didattiche, educative, sportive o culturali di interesse territoriale, da definire sulla base di accordi di rete , raggiunti fra le istituzioni scolastiche autonome.
In base al co. 71, gli accordi di rete individuano:
a) i criteri e le modalità per l'utilizzo dei docenti nella rete, anche per insegnamenti opzionali, specialistici, di coordinamento e di progettazione funzionali ai piani triennali dell'offerta formativa di più istituzioni scolastiche inserite nella rete;
b) i piani di formazione del personale scolastico;
c) le risorse da destinare alla rete per il perseguimento delle proprie finalità;
d) le forme e le modalità per la trasparenza e la pubblicità delle decisioni e dei rendiconti delle attività svolte.
Il MIUR ha emanato le linee guida per la costituzione delle reti di scuole con nota 2151 del 7 giugno 2016.
Da ultimo, sempre conseguentemente, si modifica la disciplina relativa all' accesso ai ruoli a tempo indeterminato del personale docente ed educativo.
A tal fine, il testo novella l'art. 1, co. 109 che, a seguito di quanto disposto dall'art. 21, co. 1, lett. a) , del d.lgs. 59/2017, si applica solo ai concorsi per il reclutamento del personale docente della scuola dell'infanzia e primaria.
In particolare, con riguardo alla procedura di assunzione dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie dei concorsi pubblici e di quelli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE), si sopprime innanzitutto il riferimento alla proposta di incarico da parte del dirigente scolastico. Inoltre, si stabilisce che gli stessi esprimono, secondo l'ordine di graduatoria, la preferenza per l'istituzione scolastica della regione in cui i medesimi hanno concorso o della provincia nelle cui GAE sono iscritti, eliminando, dunque, il riferimento all'ambito territoriale.
Relazioni allegate
L'A.S. 763 era corredato di relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
La proposta di legge modifica disposizioni normative primarie.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge riguarda la disciplina del personale scolastico.
Al riguardo, si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 76/2013 - nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 della L. 7/2012 della regione Lombardia, che disponeva in merito all'assunzione, seppure a tempo determinato, di personale docente alle dipendenze dello Stato - ha evidenziato che "ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della competenza legislativa esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera g) , Cost., trattandosi di norme che attengono alla materia dell' ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato ".
Incidenza sull'ordinamento giuridico
Collegamento con lavori legislativi in corso
Non risultano lavori legislativi in corso sulla materia. | 5,167 | 165 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3144 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3144
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 26 maggio 2021 (v. stampato Senato n. 1196)
d'iniziativa del senatore AUGUSSORI
Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 , al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 , e alla legge 25 marzo 1993, n. 81 , concernenti il computo dei votanti per la validità delle elezioni comunali e il numero delle sottoscrizioni per la presentazione dei candidati alle medesime elezioni
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 27 maggio 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
(Modifica all'articolo 71 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 )
1. All'articolo 71 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 , il comma 10 è sostituito dal seguente:
« 10 . Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista ed il candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato inferiore al 40 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, l'elezione è nulla. Ai fini del presente comma non si tiene conto degli elettori iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero che non hanno votato».
2. L'articolo 60 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 , è abrogato.
Art . 2.
( Modifiche all'articolo 3 della legge
25 marzo 1993, n. 81)
1. All' articolo 3 della legge 25 marzo 1993, n. 81 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
« 1. La dichiarazione di presentazione delle liste di candidati al consiglio comunale e delle collegate candidature alla carica di sindaco per ogni comune deve essere sottoscritta:
a) da non meno di 1.000 e da non più di 1.500 elettori nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;
b) da non meno di 500 e da non più di 1.000 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e un milione di abitanti;
c) da non meno di 350 e da non più di 700 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 500.000 abitanti;
d) da non meno di 200 e da non più di 400 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 40.001 e 100.000 abitanti;
e) da non meno di 175 e da non più di 350 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 20.001 e 40.000 abitanti;
f) da non meno di 100 e da non più di 200 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 20.000 abitanti;
g) da non meno di 60 e da non più di 120 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 10.000 abitanti;
h) da non meno di 30 e da non più di 60 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 5.000 abitanti;
i) da non meno di 25 e da non più di 50 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 2.000 abitanti;
l) da non meno di 15 e da non più di 30 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 751 e 1.000 abitanti;
m) da non meno di 10 e da non più di 20 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 501 e 750 abitanti;
n) da non meno di 5 e da non più di 10 elettori nei comuni con popolazione fino a 500 abitanti»;
b) il comma 2 è abrogato. | Computo dei votanti per la validità delle elezioni comunali e numero delle sottoscrizioni per la presentazione dei candidati
Contenuto
La proposta di legge A.C. 3144, approvata dal Senato il 26 maggio 2021 ed ora all'esame della Camera, riduce dal 50% al 40% il numero dei votanti ( quorum strutturale) richiesto per la validità delle elezioni amministrative nei comuni con meno di 15.000 abitanti nei casi in cui sia stata ammessa e votata una sola lista (articolo 1) e introduce l'obbligo di sottoscrizione delle liste per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale anche nei comuni con meno di 1.000 abitanti (articolo 2).
Quorum di validità delle elezioni nei comuni fino a 15.000 abitanti (articolo 1)
L' articolo 1, comma 1, novella l'articolo 71, comma 10, del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo n.267/2000, riducendo il quorum strutturale necessario per la validità dell'elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti nel caso in cui sia stata ammessa e votata una sola lista.
Il comma 2 sopprime l'art. 60 del Testo unico delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, di cui al D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, al fine di abrogare una disciplina che presenta elementi di sovrapposizione con il citato art.71 del TUEL.
In particolare, il comma 1 interviene sul richiamato comma 10 dell'art. 71 del TUEL che, nel testo vigente, stabilisce che nei comuni con meno di 15.000 abitanti, qualora sia stata ammessa e votata una sola lista, risultino eletti "tutti i candidati compresi nella lista, e il candidato a sindaco collegato" nel caso in cui siano rispettate le seguenti condizioni:
i) che abbia partecipato alla votazione almeno il 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune ( quorum strutturale);
ii) che l'unica lista presentata o ammessa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento del numero dei votanti ( quorum funzionale). Nel caso in cui tali condizioni non si verifichino, l'elezione è nulla.
Il riferimento alla circostanza che "tutti i candidati compresi nella lista" risultano eletti va inteso nel senso che all'unica lista presentata o ammessa vengono attribuiti tanti seggi quanti sono i suoi candidati fino al massimo del numero dei seggi previsti per il consiglio comunale (Cfr. Consiglio di Stato, Sezione quinta, decisione 20 maggio 1994, n.1118).
L'articolo 1 della proposta di legge incide sulla disciplina vigente confermandone l'impianto ma modificando una delle richiamate condizioni al ricorrere delle quali, come detto, l'elezione nei comuni con meno di 15.000 abitanti, in cui sia stata ammessa e votata una sola lista, è considerata valida.
Nello specifico, per un verso, viene confermato il quorum funzionale, ribadendo la condizione secondo cui l'unica lista eletta deve aver riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti; per l'altro, viene diminuito il quorum strutturale, stabilendo:
che il numero dei votanti debba essere almeno pari al 40 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune ;
che "ai fini del presente comma", cioè ai fini della determinazione del numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune, non si tiene conto degli elettori iscritti all'Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero (A.I.R.E.) "che non hanno votato". Al riguardo, il riferimento agli elettori iscritti all'A.I.R.E. "che non hanno votato" appare riferita agli elettori che non hanno preso parte alla medesima procedura elettorale di cui occorre verificare il quorum strutturale. La disposizione mira dunque a scomputare gli elettori iscritti all'A.I.R.E. ai fini della determinazione del quorum strutturale cui è subordinata la validità delle elezioni nei comuni con meno di 15.000 elettori in cui sia stata ammessa e votata una sola lista.
L'A.I.R.E. è stata istituita con legge 27 ottobre 1988, n. 470 (recante "Anagrafe e censimento degli italiani all'estero") e contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono all'estero per un periodo superiore ai dodici mesi o quelli che già vi risiedano, sia perché nati all'estero che per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo. Essa è gestita dai comuni, che ne curano l'aggiornamento, sulla base delle comunicazioni (iscrizione, variazione e cancellazione) da parte delle Rappresentanze consolari all'estero. L'iscrizione (così come l'aggiornamento della posizione) è rimessa all'interessato con dichiarazione all'Ufficio consolare competente per territorio.
Per completezza di informazione, si segnala che sebbene il testo vigente dell'articolo 71, comma 10 (v. supra), del TUEL non imponga esplicitamene di tener conto degli elettori iscritti all'Aire ai fini della determinazione del numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune, limitandosi a richiedere che il numero dei votanti debba essere almeno pari al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune, tale effetto inclusivo deriva da altre fonti giuridiche. In proposito, viene in rilievo in particolare il combinato disposto fra l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960 n. 570, ai sensi del quale "[s]ono elettori i cittadini italiani iscritti nelle liste elettorali compilate a termini della legge 7 ottobre 1947, n. 1058, e successive modificazioni" e l'art.11, secondo comma, della legge 7 ottobre 1947, ai sensi del quale "[i] cittadini italiani residenti all'estero, purché in possesso dei requisiti [..], possono chiedere di essere iscritti nelle liste elettorali o di esservi reiscritti se già cancellati o di conservare la iscrizione nelle liste, anche quando non risultino compresi nel registro della popolazione stabile del Comune".
In relazione alla disposizione in titolo, nel corso delle audizioni svolte sul provvedimento in esame durante l 'iter al Senato sono state in particolare ricordate le difficoltà in molti Comuni "per le note problematiche legate allo spopolamento ed al voto degli elettori aventi diritto, sia dei residenti ma anche di quelli iscritti all'AIRE", ricordando che i residenti all'estero "generalmente non esercitano più questo diritto da tempo e contribuiscono al mancato raggiungimento del quorum previsto per la validità delle elezioni". Nello specifico, è stata evidenziata la necessità di procedere ad una revisione della normativa, perché altrimenti "[s]i rischia la nullità delle elezioni con il commissariamento dell'Ente fino alle elezioni successive con tutto ciò che ne consegue", nonostante il frequentemente ricorso, per evitare tale situazione, alle cosiddette liste satellite (memoria depositata dai rappresentanti dell'ANCI in occasione della audizione del 18 marzo 2021).
Sull'art. 71, comma 10, del TUEL si era espressa anche la Corte costituzionale con la sentenza n. 242 del 2012 , che era stata adita dal Consiglio di Stato. Il Giudice rimettente, in sintesi, partendo dalla considerazione che i residenti all'estero non partecipano alla vita locale e non subiscono direttamente gli effetti delle scelte amministrative e normative compiute dagli organi elettivi, dubitava della legittimità costituzionale dell'art.71, comma 10, del TUEL che condiziona invece la validità delle elezioni al raggiungimento di un quorum dei votanti rapportato anche ai residenti all'estero iscritti nelle liste elettorali, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno esercitato il diritto di voto. Nelle parole del Consiglio di Stato, la norma avrebbe finito col determinare un'eccessiva compromissione del voto degli abitanti, in quanto condizionato da quello dei residenti all'estero avulso dalla partecipazione responsabile alla vita democratica. L'estromissione dal quorum degli iscritti all'AIRE avrebbe di contro assicurato il giusto equilibrio tra le due categorie di elettori, senza peraltro incidere sulla capacità elettorale dei residenti all'estero e sul loro diritto elettorale.
Pur rigettando la questione di legittimità prospettata dal giudice remittente, in quanto la disposizione è giudicata frutto del legittimo (in quanto non manifestamente irragionevole) esercizio del potere spettante al Parlamento, la Corte non manca di "ritenere opportuna, da parte del legislatore, una rimeditazione del bilanciamento di interessi attuato in detta norma". La Corte ha evidenziato che: "[l]e considerazioni del rimettente sugli inconvenienti derivanti dalla assenza (cui è auspicabile che il legislatore ponga rimedio) di una normativa agevolativa del voto dei residenti all'estero con riguardo alle elezioni amministrative, e i rilievi dello stesso giudice diretti ad una «diversa formulazione» della norma in esame, anche in ragione dei segnalati suoi profili di non piena coerenza, nel testo attuale, con la disciplina di settore, [..] inducono a ritenere opportuna, da parte del legislatore, una rimeditazione del bilanciamento di interessi attuato in detta norma" sebbene "non ne evidenziano un tasso di irragionevolezza manifesta, tale da comportarne la caducazione da parte di questa Corte". (Considerato in diritto n.5, secondo capoverso).
Si ricorda inoltre che una disposizione simile a quella in esame è prevista dalla legge elettorale comunale della regione a statuto speciale Friuli Venezia Giulia che ha competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali. L'art. 71 della Legge regionale 5 dicembre 2013, n. 19 prevede infatti che nel caso in cui sia stato ammesso un unico candidato alla carica di sindaco, l'elezione è valida se il candidato ha riportato un numero di voti validi non inferiore al cinquanta per cento dei votanti e il numero dei votanti non è stato inferiore al cinquanta per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Per determinare il quorum dei votanti non sono computati tra gli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune quelli iscritti nell'anagrafe degli elettori residenti all'estero.
Il Governo aveva impugnato la disposizione (che era contenuta in precedenza nella L.R. 21/2003) innanzi alla Corte costituzionale. La Corte costituzionale ha rigettato il ricorso in quanto "la determinazione del quorum partecipativo previsto dalla norma censurata non incide, concernendo una condizione di validità del voto, sull'espressione dello stesso, ma attiene a un momento precedente e non rientra quindi nella previsione dell'art. 48 secondo comma" della costituzione che reca tra l'altro il principio dell'uguaglianza del voto. Inoltre, la Corte ha affermato che "l'introduzione di un regime speciale per gli elettori residenti all'estero, ai fini del calcolo del quorum di partecipazione alle elezioni in oggetto, lungi dal costituire una lesione del principio di eguaglianza del voto, persegue una logica di favore verso il puntuale rinnovo elettorale degli organi degli enti locale. Ed infatti questo regime trova la sua giustificazione nell'alto tasso di emigrazione che caratterizza alcune aree della Regione Friuli-Venezia Giulia, il quale potrebbe determinare il mancato raggiungimento del quorum richiesto, con conseguente annullamento delle elezioni e successivo commissariamento del Comune in attesa dell'indizione di nuove elezioni" ( sent. 73/2005).
Gli effetti della norma in esame sono peraltro già stati anticipati, limitatamente all'anno 2021, dall'articolo 2, commi 1-bis e 1-ter del decreto-legge 5 marzo 2021, n. 25, in materia di disposizioni urgenti per il differimento di consultazioni elettorali.
Tali disposizioni, che recano deroghe puntuali all'art.71, comma 10, del TUEL, sono state introdotte in considerazione del permanere del quadro epidemiologico da Covid-19 complessivamente e diffusa-mente grave su tutto il territorio nazionale e a causa delle oggettive "difficoltà di movimento all'interno dei singoli Stati e fra diversi Stati".
Nello specifico, il comma 1- bis dell'art. 2 del citato decreto-legge 25/2021 dispone che per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti, ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista ed il candidato a sindaco collegato, a due condizioni: 1) che la stessa lista abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti (come già prevede l'art.71, comma 10, del TUEL in via ordinaria); 2) che il numero dei votanti non sia stato inferiore al 40 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune (la citata disposizione del TUEL, oggetto dunque di deroga puntuale per l'anno 2021, prescrive invece che il numero di votanti non debba essere inferiore al 50 per cento degli elettori). Il comma 1-ter prevede che per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti, "in deroga a quanto previsto dall'articolo 71, comma 10 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267", per la determinazione del numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune non si tiene conto degli elettori iscritti all'A.I.R.E. che non esercitano il diritto di voto. Qualora non siano rispettate tali percentuali l'elezione è nulla.
La proposta di legge (art. 1, comma 2 ) sopprime inoltre l'articolo 60 del Testo unico delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle amministrazioni comunali, di cui al DPR n. 570 del 1960. L'intervento è volto in particolare a ragioni di coordinamento normativo , tenuto conto che l'art. 60, in ogni caso antecedente temporalmente al TUEL, reca una disciplina in parte sovrapponibile a quella dell'art .71 del TUEL, su cui interviene il comma 1 della proposta di legge in titolo. Nello specifico, ai sensi del primo periodo del comma primo dell'art. 60, qualora nei Comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti (l'art. 71 del TUEL riguarda i comuni con più di 15.000 abitanti), sia stata ammessa e votata una sola lista, si intendono eletti i candidati al verificarsi delle seguenti condizioni: i) che gli stessi abbiano riportato un numero di voti validi non inferiore al 20 per cento dei votanti: ii) che il numero dei votanti non sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune. La disposizione, al secondo periodo, anch'esso oggetto di abrogazione, reca anche la fattispecie dell'unica lista ammessa e votata nei Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti. In tal caso le condizioni previste per la validità delle elezioni sono le seguenti: i) i candidati compresi nella lista devono aver riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti; ii) il numero dei votanti non deve essere stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del Comune. Qualora il numero dei votanti non abbia raggiunto la percentuale richiesta - ai sensi del secondo comma - la elezione è nulla. Inoltre si stabilisce che sia parimenti nulla la elezione nei Comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti, qualora non sia risultata eletta più della metà dei consiglieri assegnati.
Obbligo di sottoscrizione delle liste per le elezioni nei comuni con meno di 1.000 abitanti (articolo 2).
L' articolo 2 modifica la legge n. 81 del 1993 che disciplina, in particolare, l'elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale.
L'unico comma di cui si compone l'articolo 2 novella in particolare l'art. 3 della legge 25 marzo 1993, n. 81, riguardante il numero di sottoscrizioni per la presentazione delle liste per l'elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale. La disposizione in esame introduce l'obbligo di sottoscrizione delle liste anche per i comuni con meno di 1.000 abitanti. In dettaglio, il comma 2, novella interamente il comma 1 dell'art. 3 della legge 25 marzo 1993, n. 81 confermandone l'impianto di fondo - che prevede che la dichiarazione di presentazione delle liste sia sottoscritta da un numero di firme che si riduce al ridursi della dimensione del comune interessato - salvo modificare la formulazione vigente del comma 1, lettera i), e introdurre , a seguire, le lettere l), m) e n) , con conseguente soppressione del comma 2 della legge n. 81 del 1983.
La lettera i) del comma 1 e il comma 2 della legge 25 marzo 1993, n. 81, nel testo vigente , prevedono, rispettivamente, che la dichiarazione di presentazione delle liste di candidati al consiglio comunale e delle collegate candidature alla carica di sindaco per ogni comune debba essere sottoscritta da non meno di 25 e da non più di 50 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 1.000 e 2.000 abitanti e che non sia necessaria alcuna sottoscrizione per le liste nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.
A seguito delle modifiche apportate dalla proposta di legge in esame, le lettere dalla i) alla n) del comma 1 dell'art. 3 della legge n. 81 del 1983, come modificate e integrate, richiedono che la richiamata dichiarazione di presentazione delle liste e delle collegate candidature sia sottoscritta : i) da non meno di 25 e da non più di 50 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 1001 e 2000 abitanti; l) da non meno di 15 e da non più di 30 elettori nei comuni con popolazione tra 751 e 1000 abitanti; m) da non meno di 10 e da non più di 20 elettori nei comuni con popolazione tra 501 e 750 abitanti; n) da non meno di 5 e da non più di 10 elettori nei comuni con popolazione sino a 500 abitanti.
Le modifiche previste sono dunque volte, come detto, a rendere obbligatoria la sottoscrizione delle candidature e delle liste anche in comuni con meno di 1000 abitanti , a differenza di quanto è previsto dalla legislazione vigente. Conseguentemente l'articolo in esame sopprime il comma 2 del citato articolo 3 della legge n. 81 del 1983 , ai sensi del quale nessuna sottoscrizione è richiesta per la dichiarazione di presentazione delle liste nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.
Resta ferma la restante parte dell'art. 3, comma 1, che richiede che siano sottoscritte:
a ) da non meno di 1.000 e da non più di 1.500 elettori nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;
b ) da non meno di 500 e da non più di 1.000 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e un milione di abitanti;
c ) da non meno di 350 e da non più di 700 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 500.000 abitanti;
d ) da non meno di 200 e da non più di 400 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 40.001 e 100.000 abitanti;
e ) da non meno di 175 e da non più di 350 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 20.001 e 40.000 abitanti;
f ) da non meno di 100 e da non più di 200 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 20.000 abitanti;
g ) da non meno di 60 e da non più di 120 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 10.000 abitanti;
h ) da non meno di 30 e da non più di 60 elettori nei comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 5.000 abitanti.
In base al comma 4 per la raccolta delle sottoscrizioni si applicano, in quanto compatibili, anche le disposizioni del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati (approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 , articolo 20, quinto comm) e sono competenti ad eseguire le autenticazioni delle firme di sottoscrizione delle liste, oltre ai soggetti di cui all'articolo 14 della legge 21 marzo 1990, n. 53 , i giudici di pace e i segretari giudiziari.
Il richiamato articolo 14, come da ultimo modificato dal DL 76/2020, fa riferimento ai seguenti soggetti: i notai, i giudici di pace, i cancellieri e i collaboratori delle cancellerie delle Corti di appello, dei tribunali e delle preture, i segretari delle procure della Repubblica, gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza, i consiglieri regionali, i membri del Parlamento, i presidenti delle province, i sindaci metropolitani, i sindaci, gli assessori comunali e provinciali, i componenti della conferenza metropolitana, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti e i vice presidenti dei consigli circoscrizionali, i segretari comunali e provinciali e i funzionari incaricati dal sindaco e dal presidente della provincia. Sono altresì competenti ad eseguire le pedette autenticazioni i consiglieri provinciali, i consiglieri metropolitani e i consiglieri comunali che comunichino la propria disponibilità, rispettivamente, al presidente della provincia e al sindaco.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge interviene sulla materia " legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane" ricompresa nell'ambito della competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, comma secondo, lettera p) della Costituzione. | 7,913 | 184 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 503
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato RIZZETTO
Abrogazione della legge 11 giugno 1974, n. 252 , recante regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione
Presentata l'11 aprile 2018
Onorevoli Colleghi! – È fatto notorio che la legge 11 giugno 1974, n. 252 – cosiddetta legge Mosca – ha concesso il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a persone che hanno prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo e ha rappresentato un palese caso di conflitto di interessi poiché è stata proposta dall'onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della CGIL, per favorire partiti e sindacati. E invero, la legge Mosca, a causa degli inadeguati criteri ivi previsti per l'attribuzione del contributo previdenziale, ha determinato una moltitudine di procedimenti giudiziari poiché ha permesso il riconoscimento di anni di «falsa» attività lavorativa a molti di coloro che ne hanno beneficiato. Tali contenziosi hanno coinvolto un centinaio di procure della Repubblica – tra le quali quella presso il tribunale di Grosseto interessata da un procedimento con novantasette indagati – e si sono conclusi con la condanna per truffa e falso ideologico di soggetti che hanno avuto accesso al trattamento pensionistico disposto dalla legge Mosca. Il caso più clamoroso è il processo istruito contro centoundici lavoratori fittizi di PCI, DC, CISL e Lega Coop, accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai prestato attività lavorativa, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative. Nel tempo prorogata, fino al marzo del 1980, la legge ha consentito a 35.564 persone (dati dell'Istituto nazionale di statistica – INPS) di beneficiare di pensioni agevolate e di godere del riscatto a basso costo degli anni trascorsi nel partito politico o nel sindacato, prevedendo, irragionevolmente, quale requisito sufficiente per l'attribuzione dei contributi, la mera dichiarazione del rappresentante del partito o del sindacato per attestare l'avvenuta prestazione lavorativa. È stato stimato che il costo di questi benefìci previdenziali per l'erario dello Stato ha superato i 25.000 miliardi di lire, ossia 12,5 miliardi di euro, sottraendo dunque all'INPS i contributi versati ai fini pensionistici da coloro che realmente avevano prestato attività lavorativa. È ormai un fatto acquisito alle conoscenze della collettività, tale da apparire incontestabile, che pur essendo nota l'illegittimità di molti dei diritti previdenziali conseguiti attraverso la legge Mosca, nel tempo la classe politica si è resa, immotivatamente, passiva dinanzi ad ogni proposta volta a fare chiarezza sulla vicenda e a riparare i danni causati al patrimonio pubblico. Infatti, i vari Governi che si sono succeduti non hanno mai fornito il dovuto riscontro ai numerosi atti di sindacato ispettivo presentati sulla questione, né è stato dato seguito ai progetti di legge per istituire una Commissione parlamentare di inchiesta al fine di valutare l'effettiva esistenza dei requisiti di quanti sono riusciti, con irragionevole facilità, a ottenere importanti riconoscimenti previdenziali. Ad oggi, la legge Mosca non risulta abrogata e appare idonea a produrre tuttora effetti nei confronti dei lavoratori che abbiano fatto domanda di regolarizzazione entro il termine fissato da ultimo dalla legge n. 648 del 1979 e non abbiano ancora avuto accesso al pensionamento; è chiaro che si tratterebbe, verosimilmente, di una platea molto limitata, considerando che dall'entrata in vigore della legge sono trascorsi oltre quaranta anni e che i soggetti in attività all'epoca hanno potuto accedere al pensionamento con requisiti contributivi e anagrafici ben inferiori a quelli attualmente vigenti. Ebbene, la presente proposta di legge si prefigge l'obiettivo di ottenere la formale abrogazione della legge Mosca, al di là degli effetti che potrebbe continuare ad avere laddove vi fossero soggetti che non abbiano ancora avuto accesso al pensionamento ivi previsto. La legge Mosca, a causa dei criteri irragionevoli adottati per l'accesso ai benefìci previdenziali, si è rivelata uno strumento che ha privilegiato ingiustamente e in assenza di un fondamento costituzionale una determinata classe di persone. Pertanto, si ribadisce, a prescindere dalla cogenza o no della legge Mosca, ovvie ragioni di opportunità richiedono che si proceda alla sua abrogazione, poiché una legge che nel tempo si riveli illegittima non può e non deve restare vigente nel nostro ordinamento. Ciò anche considerando che il grave danno provocato all'erario dello Stato dalla moltitudine di illegittime pensioni ottenute in base alla stessa è un fatto acquisito e consolidato dall'opinione pubblica, tanto da rendere tristemente nota tale legge come «legge truffa». L'indubbia sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni che caratterizza i nostri tempi è anche conseguenza di vicende come quella determinata dalla legge Mosca, che hanno messo in rilievo come il potere legislativo, che dovrebbe garantire l'imparzialità delle leggi e della loro applicazione, possa emettere dei provvedimenti utilizzati per ottenere ingiusti privilegi che contribuiscono a determinare la disuguaglianza sociale in danno del bene comune. Va da sé che la formale abrogazione della legge rappresenterebbe un giusto e opportuno provvedimento che attribuirebbe agli occhi dei cittadini maggiore credibilità alla classe politica, che ha il dovere di prefiggersi quale unico obiettivo la cura del bene comune, anche in conformità all'articolo 54 della Carta costituzionale che sancisce al secondo comma che «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle, con disciplina ed onore (...)».
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La legge 11 giugno 1974, n. 252 , in materia di regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione, è abrogata. | Abrogazione della legge 11 giugno 1974, n. 252, in materia di posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione
Contenuto
L'articolo unico della proposta di legge in esame abroga interamente lalegge 11 giugno 1974, n. 252, in materia di regolarizzazione della posizione assicurativa dei dipendenti dei partiti politici, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela e rappresentanza della cooperazione
La legge 252 del 1974 (cd legge Mosca, dal nome del suo proponente), ha previsto il riconoscimento di un regime contributivo agevolato a soggetti che hanno prestato attività lavorativa alle dipendenze di partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo.
La relazione illustrativa nell'evidenziare l'ampio contenzioso generato dalla legge, rileva anche che essa "appare idonea a produrre tuttora effetti nei confronti dei lavoratori che abbiano fatto domanda di regolarizzazione entro il termine fissato da ultimo dalla legge 19 dicembre 1979, n. 648 (con scadenza nei 90 giorni successivi all'entrata in vigore della stessa) e non abbiano ancora avuto accesso al pensionamento; è chiaro che si tratterebbe, verosimilmente, di una platea molto limitata, considerando che dall'entrata in vigore della legge sono trascorsi oltre quaranta anni e che i soggetti in attività all'epoca hanno potuto accedere al pensionamento con requisiti contributivi e anagrafici ben inferiori a quelli attualmente vigenti".
In effetti, come mette in evidenza l'articolo 1, comma 3 della legge 252 del 1974, la regolarizzazione dei periodi di lavoro presi in considerazione decorre a partire dall'8 settembre 1943 e, in generale, dai periodi legati alla fase storica della liberazione (si veda, infra , la ricostruzione del contenuto della l. 252 del 1974).
Non risultano, peraltro, ulteriori normative volte a consentire regolarizzazioni di periodi lavorativi in favore dei dipendenti dei partiti politici o dei sindacati, cui si applicano le regole generali previste dall'ordinamento giuridico per l'accesso al pensionamento.
Lalegge 252 del 1974
L'articolo 1 , in particolare, dispone che "i periodi di lavoro o di attività politico-sindacale antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge, prestati alle dipendenze dei partiti politici rappresentati in Parlamento, delle organizzazioni sindacali, degli istituti di patronato e di assistenza sociale e delle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo riconosciute con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, possono essere regolarizzati nella assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e superstiti e nell'assicurazione contro la disoccupazione involontaria e nell'assicurazione contro la tubercolosi, secondo le norme stabilite dalla presente legge. A detta regolarizzazione si procede, sempreché trattisi di attività lavorativa retribuita e prestata con carattere di continuità e prevalenza, e i periodi interessati non risultino già coperti da contribuzione obbligatoria, figurativa o volontaria nella medesima assicurazione generale ovvero in forme di previdenza sostitutive o che abbiano dato luogo ad esclusione od esonero dall'assicurazione medesima o in altro trattamento obbligatorio di previdenza in virtù della stessa o di altra contemporanea attività lavorativa".
Con riferimento ai periodi arretrati da regolarizzare, la disposizione ha modo di precisare che il versamento dei contributi "è possibile, a seconda dei casi, a partire dalla data dell'8 settembre 1943, o, se successiva, dalla data di liberazione delle singole province, o dalla data della ricostituzione nelle stesse dei partiti politici suddetti, delle organizzazioni sindacali e delle associazioni nazionali in rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, o dalla data dei decreti ministeriali di riconoscimento giuridico degli istituti di patronato e di assistenza sociale, sino alla data di entrata in vigore della presente legge".
In ordine alla domanda di regolarizzazione, interviene l'articolo 2 , secondo cui essa "deve essere presentata dagli organi centrali di partiti, organizzazioni sindacali, patronati e associazioni del movimento cooperativo di cui al precedente articolo 1 alla direzione generale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, entro il termine perentorio di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. La domanda deve essere corredata da una dichiarazione rilasciata dagli stessi organi sotto la loro responsabilità, attestante il periodo di servizio o di incarico di lavoro o di attività politico-sindacale cui la regolarizzazione si riferisce, nonché la qualifica lavorativa rivestita dall'interessato nel periodo stesso e la retribuzione percepita, indicando il contratto collettivo di lavoro cui si sia fatto riferimento o le tabelle retributive in vigore nei singoli periodi presso le rispettive organizzazioni".
La domanda può altresì essere presentata nel medesimo termine direttamente dall'interessato e deve essere corredata da idonea documentazione comprovante la esistenza e la durata del rapporto di lavoro nonché la qualifica e la misura della retribuzione percepita nei singoli periodi.
Spetta ad una commissione centrale istituita presso il Ministero del lavoro, presieduta dal Ministro per il lavoro e la previdenza sociale o da un suo rappresentante[1], il compito di esaminare le dichiarazioni di cui sopra e di esprimere parere vincolante all'Istituto nazionale della previdenza sociale sull'idoneità delle medesime ai fini della regolarizzazione assicurativa di cui alla presente legge ( articolo 3 ).
L'articolo 4 distingue: "la regolarizzazione assicurativa, per i periodi anteriori al 1° maggio 1964, è effettuata mediante il versamento all'INPS dei contributi base delle assicurazioni generali obbligatorie per l'invalidità, la vecchiaia e superstiti. Per i periodi successivi al 30 aprile 1964, ancorché prescritti, sono dovuti i contributi base e a percentuale per le assicurazioni generali obbligatorie per l'invalidità, vecchiaia e superstiti.... Per i periodi successivi al 1° maggio 1964, ove la retribuzione dichiarata ai sensi del precedente articolo 2 risulti comunque superiore ai livelli indicati dai contratti collettivi di riferimento o dalle tabelle retributive di cui allo stesso articolo 2, la regolarizzazione per la parte eccedente tali livelli retributivi è effettuata secondo le ordinarie norme di legge".
L'articolo 5 dispone che i contributi versati ai sensi della presente legge sono validi a tutti gli effetti e si considerano versati alla data della domanda di regolarizzazione, sempreché il relativo versamento intervenga entro il termine di novanta giorni dalla richiesta dell'Istituto nazionale della previdenza sociale.
[1] Della stessa commissione centrale fanno parte due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, uno del Ministero del tesoro ed uno dell'Istituto nazione della previdenza sociale ed un rappresentante per ogni confederazione sindacale a carattere nazionale dei lavoratori dipendenti, designato dalle organizzazioni sindacali rappresentate nel CNEL. I componenti della commissione sono nominati con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. | 3,971 | 70 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3074
PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE
Norme contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti
Presentata il 29 aprile 2021
Onorevoli Deputati! – Da anni assistiamo impassibili al proliferare dell'esposizione ovunque di simboli che si richiamano al fascismo e al nazismo, frutto di anni di sottovalutazione del fenomeno del ritorno di queste ideologie che mai come oggi sono pericolose. Il «Rapporto Italia 2020» dell'Eurispes ci dice che dal 2004 ad oggi è aumentato il numero di coloro che pensano che la Shoah non sia mai avvenuta: erano solo il 2,7 per cento, oggi sono il 15,6 per cento, mentre sono in aumento, sebbene in misura meno eclatante, anche coloro che ridimensionano la portata della Shoah , dall'1,1 per cento al 16,1 per cento. Inoltre, secondo l'indagine, riscuote nel campione un «discreto consenso» l'affermazione che sostiene che «Mussolini sia stato un grande leader che ha solo commesso qualche sbaglio» (19,8 per cento). Con percentuali di accordo vicine tra loro seguono: «gli italiani non sono fascisti ma amano le personalità forti» (14,3 per cento), «siamo un popolo prevalentemente di destra» (14,1 per cento), «molti italiani sono fascisti» (12,8 per cento) e, infine: «ordine e disciplina sono valori molto amati dagli italiani» (12,7 per cento). In compenso secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7 per cento).
Per meno della metà del campione (47,5 per cento) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2 per cento, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.
Nella scorsa legislatura solo un ramo del Parlamento aveva approvato una proposta di legge che sanzionava coloro che propagandavano le immagini o i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco.
La presente proposta di legge riprende quelle finalità e aggiunge alcune ulteriori aggravanti per l'esposizione di simboli fascisti e nazisti nel corso di eventi pubblici.
Qualcosa sta accadendo: i media trasudano da anni di notizie che era giusto considerare allarmanti, vi era e persiste una crescente diffusione di razzismi e di appelli a trovare soluzioni autoritarie. Oggi riteniamo fondamentale che dal basso si riparta per riparlare dei valori della nostra Costituzione e attualizzarli: la Costituzione, con la sua XII disposizione transitoria, vieta la ricostituzione, sotto ogni forma, del disciolto partito fascista. È necessario, di fronte all'esposizione e alla vendita di oggetti o di simboli che si richiamano a quella ideologia, che la normativa non lasci spazi di tolleranza verso chi si cela dietro le libertà democratiche per diffondere, attraverso la propaganda, l'esposizione o la vendita di oggetti, di nuovo i simboli di quel passato tragico.
Ripartiamo da un'iniziativa popolare dal basso per difendere la nostra Costituzione e i suoi valori.
PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE
Art. 1.
1. Al capo II del titolo I del libro secondo del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente articolo:
«Art. 293- bis . — (Propaganda del regime fascista e nazifascista) — Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi eversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, la distribuzione, la diffusione o la vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti, ovvero ne fa comunque propaganda richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
La pena di cui al primo comma è aumentata di un terzo se il fatto è commesso attraverso strumenti telematici o informatici.
La pena di cui al primo comma è altresì aumentata di un terzo se il fatto è commesso con modalità e atti espressivi dell'odio etnico o razziale».
Art. 2.
1. All' articolo 5, primo comma, della legge 20 giugno 1952, n. 645 , le parole: «sino a» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a».
Art. 3.
1. Dopo il comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122 , convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 , è inserito il seguente:
« 1-bis . Qualora, nelle pubbliche riunioni di cui al comma 1, l'esposizione riguardi emblemi o simboli riconducibili al partito fascista o al partito nazionalsocialista tedesco, la pena di cui al medesimo comma 1 è aumentata del doppio». | Norme contro la propaganda e la diffusione di messaggi inneggianti a fascismo e nazismo e la vendita e produzione di oggetti con simboli fascisti e nazisti
Contenuto
La proposta di legge C. 3074 , di iniziativa popolare, si compone di 3 articoli ed è volta ad introdurre nel codice penale la nuova fattispecie delittuosa della propaganda del regime fascista e nazifascista. La proposta inoltre interviene sulla normativa vigente con riguardo al compimento, in pubbliche riunioni, di "manifestazioni esteriori" o ostentazione di simboli ed emblemi riconducibili ai contenuti e metodi dei partiti fascisti e nazifascisti.
Si segnala che la proposta in esame riproduce in parte il contenuto la proposta di legge AC 3433 (Fiano) presentata nella XVII legislatura, e approvata dall'Assemblea della Camera il 12 settembre 2017. L'iter della proposta di legge si è interrotto in Senato ( AS 2900).
In particolare, l'a rticolo 1, introduce nel codice penale il delitto di propaganda del regime fascista e nazifascista.
Il nuovo articolo 293- bis del codice penale, inserito dalla proposta di legge tra i delitti contro la personalità interna dello Stato (Libro II, Titolo I, Capo II), punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque:
propaganda i contenuti propri del partito fascista o del partito nazionalsocialista tedesco, ovvero dei relativi metodi eversivi del sistema democratico, anche attraverso la produzione, la distribuzione, la diffusione o la vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli chiaramente riferiti a tali partiti;
fa comunque propaganda dei suddetti contenuti, richiamandone pubblicamente la simbologia o la gestualità.
Tali condotte sono punite ai sensi dell'articolo 293- bis , salvo che il fatto costituisca più grave reato.
Al riguardo, si ricorda che la legge 20 giugno 1952, n. 645, recante "norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale, comma primo, della Costituzione" ( c.d. legge Scelba ) ha vietato la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista e previsto i reati di apologia di fascismo, di istigazione e reiterazione delle pratiche tipiche e proprie del partito e del regime.
Costituisce in particolare apologia del fascismo (art. 4) la propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità proprie del partito fascista; la pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 2 anni e la multa da euro 206 a euro 516. La stessa pena è inflitta a chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Aggravanti sono previste: se il fatto riguarda idee o metodi razzisti (reclusione da 1 a 3 anni e multa da euro 516 a euro 1.032) o se alcuno dei fatti che costituiscono apologia sono commessi col mezzo della stampa (reclusione da 2 a 5 anni e multa da euro 516 a euro 2.065).
Analogamente, la legge n. 645 punisce le manifestazioni fasciste (art. 5) cioè il reato di chi, partecipando a pubbliche riunioni , compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste; la pena è quella della reclusione fino a tre anni e la multa da euro 206 a euro 516. Sia per l'apologia che per le manifestazioni fasciste è prevista, in sede di condanna, la pena accessoria dell'interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, dall'elettorato attivo e passivo e da ogni altro diritto politico; tuttavia, mentre per l'apologia l'interdizione è obbligatoria, per le manifestazioni fasciste è rimessa alla discrezionalità del giudice.
La c.d. legge Mancino ( decreto-legge n. 122 del 1993, convertito dalla legge n. 205 del 1993) ha introdotto inoltre specifiche ipotesi di delitto per la repressione delle condotte di propaganda delle idee fondate sulla superiorità della razza e di istigazione a commettere violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, anche se non legate alla dottrina fascista. In particolare, l'articolo 2, comma 1, della citata legge punisce con la r eclusione fino a 3 anni e con la multa da 103 a 258 euro chiunque, in p ubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (di cui all' art. 604-bis del codice penale). Il comma 2 vieta l'accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con i predetti emblemi o simboli, specificando che il contravventore è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno.
Si ricorda inoltre che l'art. 604-bis del codice penale (già art. 3 della legge 654/1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966) punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato:
chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (primo comma, lett. a): reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro);
chiunque, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (primo comma, lett. b): reclusione da 6 mesi a 4 anni);
chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (secondo comma: reclusione da 6 mesi a 4 anni);
chiunque promuove o dirige organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (secondo comma: reclusione da 1 a 6 anni).
Il terzo comma dell'art. 604-bis, infine, prevede un'aggravante speciale (reclusione da 2 a 6 anni) quando la propaganda, l'istigazione e l'incitamento alla discriminazione o all'odio razziale, etnico o religioso siano commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione e si fondino "in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra" come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale (art. 6, crimine di genocidio; art. 7, crimini contro l'umanità; art. 8, crimini di guerra), ratificato dall'Italia con la legge n. 232 del 1989.
La Corte costituzionale si è pronunciata in merito alla costituzionalità della legge 645/1952 (legge Scelba) con riguardo all'apologia del fascismo (art.4) e alle manifestazioni fasciste (art. 5). In particolare, la sanzionabilità dell'apologia del fascismo ha da tempo sollevato discussioni in relazione ai limiti posti alla libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'art. 21 della Costituzione. La Corte si è espressa sulla questione con la nota sentenza n. 1 del 1957, originata da più di un ricorso in cui si sollevava il dubbio di l egittimità costituzionale dell'apologia proprio con riferimento alla asserita violazione dell'art. 21 Cost. La sentenza – dichiarando la manifesta infondatezza e non ravvisando alcuna violazione delle disposizioni contenute nell'art. 21 della Costituzione - ha, tuttavia, precisato che l'apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una semplice difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista cioè in una «istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente». Dunque, soltanto il collegamento con il tentativo di riorganizzare l'abolito partito fascista può realizzare il reato di "apologia del fascismo". Secondo la Corte: "Ciò significa che (l'apologia, n.d.r.) deve essere considerata non già in sé e per sé, ma in rapporto a quella riorganizzazione, che è vietata dalla XII disposizione. Trattasi non di una istigazione diretta, perché questa è configurata nell'art. 2 della legge 1952, bensì di una istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente".
Successivamente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 74 del 1958, confermando la legittimità dell'art. 5 della legge Scelba che vieta le manifestazioni fasciste (nel caso specifico, si valutava la legittimità del saluto romano), ha chiarito i presupposti per la sanzionabilità dell'illecito, chiarendone il perimetro di applicazione. In particolare, ha affermato che "la denominazione di "manifestazioni fasciste" adottata dalla legge del 1952 e l'uso dell'avverbio "pubblicamente" fanno chiaramente intendere che, seppure il fatto può essere commesso da una sola persona, esso deve trovare nel momento e nell'ambiente in cui é compiuto circostanze tali, da renderlo idoneo a provocare adesioni e consensi ed a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste.
Anche la giurisprudenza di legittimità si è più volte pronunciata sulle leggi Scelba (L. 645/1952) e Mancino (L. 205/1993). In relazione al rapporto tra le disposizioni delle due leggi - che sanzionano fattispecie sostanzialmente sovrapponibili - la Cassazione (sentenza n. 1475 del 1999) ha affermato che la norma di cui all'art. 1 della legge Mancino ha carattere di sussidiarietà rispetto a quella dell'art. 1 della legge Scelba (che punisce la ricostituzione del partito fascista), per cui la prima trova applicazione solo ove la legge Scelba non sia applicabile per insussistenza nella fattispecie concreta di elementi specializzanti rispetto a quelli contemplati nella norma sussidiaria. Ne deriva - prosegue la Cassazione - che "se si ritiene di non poter riconoscere, attraverso la propaganda razzista, la ricostituzione del disciolto partito fascista, la propaganda può acquistare rilevanza, sul piano penale, solo come forma di incitamento punibile ai sensi della legge n. 205 del 1993" ( si veda anche infra ).
Il nuovo articolo 293- bis c.p. prevede inoltre due aggravanti specifiche che consistono.
nella commissione del fatto attraverso strumenti telematici o informatici;
nella commissione del fatto con modalità e atti espressivi dell' odio etnico o razziale.
In entrambi i casi la pena è aumentata di un terzo.
Gli articoli 2 e 3 della proposta intervengono sulla normativa vigente con riguardo al compimento, in pubbliche riunioni, di "manifestazioni esteriori" o ostentazione di simboli ed emblemi riconducibili ai contenuti e metodi dei partiti fascisti e nazifascisti.
Come sopra ricordato, nel quadro normativo vigente, tali condotte sono riconducibili:
all'articolo 5 della legge Scelba (legge 20 giugno 1952, n. 645) che punisce con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da 206 a 516 euro, chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compia manifestazioni usuali o esponga simboli riconducibili al disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste;
alla c.d. legge Mancino (decreto legge n. 122 del 1993 recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa) con riguardo alla fattispecie di cui all'articolo 2, comma 1, che punisce c on la reclusione fino a 3 anni e con la multa da euro 103 a euro 258 il compimento, in pubbliche riunioni, di "manifestazioni esteriori" tipiche di organizzazioni aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Per quanto le due fattispecie incriminatrici siano sostanzialmente equiparate sul piano del trattamento sanzionatorio, la giurisprudenza di legittimità ha interpretato le due fattispecie in maniera diversa in relazione al requisito del pericolo per il bene giuridico tutelato. In particolare la Corte di cassazione, seguendo le indicazioni della Corte Costituzionale ( vedi sopra), interpreta la fattispecie di cui all'art. 5 in termini di r eato di pericolo concreto , che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell'ideologia fascista in sé, in ragione delle libertà garantite dall'art. 21 Cost., ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, da verificarsi in concreto con riguardo al momento ed all'ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi (Cass., Sez. 1, 2 marzo 2016, n. 11038; Cass. pen. Sez. I, 14/12/2017, n. 8108; Cass. pen. Sez. V Sent., 18/04/2019, n. 36162). La stessa Corte ha invece interpretato la fattispecie di cui all'art. 2, comma 1 della c.d. legge Mancino, sottolineandone la funzione di tutela preventiva, che è quella propria dei reati di pericolo astratto. In particolare la Cassazione ha sottolineato come "la natura del reato inoltre, impone, per la sua configurazione, che sia accertata la idoneità della condotta a offendere il bene giuridico, contestualizzando il comportamento dell'agente attraverso un giudizio ex ante. Tale contestualizzazione presuppone un accertamento finalizzato a verificare se la condotta dell'imputato è astrattamente idonea a essere percepita come manifestazione esteriore o come ostentazione simbolica ed emblematica delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3 della legge n. 654 del 1975" (Cass.pen. Sez. I, sentenza n. 21409 del 2019).
Per ciò che rileva in relazione al provvedimento in esame, l e "manifestazioni esteriori" consistenti nel c.d. "saluto fascista" secondo un orientamento consolidato della Corte di cassazione integrano la fattispecie dell'art. 2 del decreto-legge n. 122 del 1993, , per la connotazione di pubblicità che qualifica tale espressione gestuale, evocativa del disciolto partito fascista, in quanto pregiudizievole dell'ordinamento democratico e dei valori che vi sono sottesi. Sul punto, la corte, con la citata sentenza n. 21409 del 2019, richiama il "principio di diritto", secondo cui: "Il cosiddetto "saluto romano" o "saluto fascista" è una manifestazione esteriore propria o usuale di organizzazioni o gruppi indicati nel D.L. 26 aprile 1993, n. 22, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205".
In particolare, l'articolo 2 modifica la c.d. legge Scelba (legge 20 giugno 1952, n. 645), con riguardo al delitto di manifestazioni fasciste in pubbliche riunioni (di cui all'articolo 5 della citata legge) che punisce attualmente con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da 206 a 516 euro, chiunque partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste. Con la novella si inasprisce la suddetta pena, individuandone il minimo in sei mesi di reclusione.
L'articolo 3 interviene sulla c.d. legge Mancino (decreto legge n. 122 del 1993), con riguardo alla fattispecie di cui all'articolo 2, comma 1, che punisce con la reclusione fino a 3 anni e con la multa da euro 103 a euro 258 il compimento, in pubbliche riunioni, di "manifestazioni esteriori" tipiche di organizzazioni aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. La novella è volta a prevedere un'aggravante consistente nell'aumento del doppio della suddetta pena qualora tali manifestazioni riguardino emblemi o simboli riconducibili al partito fascista o al partito nazionalsocialista tedesco. Dalla formulazione letterale della disposizione sembra che con l'applicazione dell'aggravante la pena debba essere non raddoppiata ma "aumentata del doppio"; dunque, per le fattispecie incriminate, potrebbe essere comminata una pena fino a 9 anni di reclusione (3 anni più il doppio di 3). Si valuti l'opportunità di coordinare tale previsione con la disciplina sanzionatoria del compimento di manifestazioni esteriori di carattere fascista o nazista in pubbliche runioni di cui all'articolo 5 della legge n. 645 del 1952 che, per fattispecie sostanzialmente analoghe, prevede la pena della reclusione fino a 3 anni.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa popolare, è corredata della relazione illustrativa. | 6,800 | 71 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 104
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata BRAGA
Istituzione della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge è volta a istituire la Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, da celebrare il 16 febbraio di ogni anno. La data ricorda l'entrata in vigore, nel 2005, del Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale che pone al centro delle politiche ambientali la questione del cambiamento climatico.
Dalla stessa data Caterpillar , un programma di Radio2 della RAI-Radiotelevisione italiana Spa, organizza la manifestazione «M'illumino di meno – Giornata del risparmio energetico», con l'invito a spegnere simbolicamente le luci non indispensabili per promuovere l'utilizzo più razionale dell'energia.
La manifestazione si è ripetuta ininterrottamente dal febbraio 2005 e intorno ad essa si è sviluppato un repertorio di buone pratiche ambientali e scientifiche, di divulgazione delle medesime, di iniziative pedagogiche e di efficiente amministrazione. Hanno da subito aderito fattivamente alla manifestazione molte istituzioni, la Camera dei deputati è tra queste, amministrazioni pubbliche, privati cittadini, scuole e università, aziende, musei, società sportive e associazioni del terzo settore. Nelle varie edizioni della manifestazione si sono spente simultaneamente le maggiori piazze d'Italia e d'Europa. Vi hanno partecipato negli anni, in diverse modalità, decine di migliaia di persone, con iniziative diffuse su tutto il territorio nazionale volte a divulgare l'utilizzo più razionale delle risorse energetiche, a promuovere modalità e approcci alle politiche di riduzione degli sprechi, nonché a condividere innovazioni e progetti messi in atto dai diversi aderenti. La manifestazione ha catalizzato la sensibilità ambientale presente nei cittadini e nelle diverse articolazioni della nostra società, fornendole un'occasione pubblica in cui rappresentarsi, contribuendo così negli anni a generare una consapevolezza diffusa sui temi del risparmio energetico, dell'uso sostenibile delle risorse e degli stili di vita sostenibili.
La presente proposta di legge si configura quindi come doveroso riconoscimento istituzionale a una Giornata di fatto già in atto, attivata da una radio del servizio pubblico e celebrata da istituzioni, comuni, aziende, associazioni e singoli cittadini.
L'Italia si è impegnata in sede di Unione europea con gli obiettivi al 2030 del pacchetto clima-energia a raggiungere l'obiettivo del 30 per cento di efficienza energetica, avendo già raggiunto gli obiettivi al 2020. A livello globale, l'Accordo dell'Organizzazione delle Nazioni Unite concluso alla 21° Conferenza sui cambiamenti climatici, tenutasi a Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre 2015, ha segnato un risultato storico sul tema del contrasto ai cambiamenti climatici. L'Unione europea ha inoltre emanato un importante Piano d'azione per l'economia circolare, basato sull'uso efficiente delle risorse e sulla riduzione degli sprechi di materia ed energia.
L'Italia ha fatto negli anni dei grandi passi in avanti nel campo dell'efficienza energetica, sia nel settore dei consumi delle famiglie, con dispositivi di controllo e di riduzione dei consumi, sia nel settore delle costruzioni, grazie anche agli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici ( ecobonus ), a misure come il conto termico, recentemente semplificato e ampliato, nonché agli investimenti sull'efficienza energetica di edifici pubblici, in primis nelle scuole. Il sistema produttivo italiano è tra i più efficienti in campo ambientale, a partire dai consumi energetici e dalle emissioni inquinanti.
Tuttavia i margini di miglioramento sono ancora enormi, in tutti questi campi; un sistema più efficiente porta con sé benefìci ambientali ma anche economici e contribuisce a creare nuove opportunità di lavoro in settori innovativi e competitivi, come dimostrano i dati nazionali sulla green economy .
In Italia i consumi finali di energia si suddividono in quote quasi uguali fra il settore industriale (27,7 per cento), dei trasporti (31,4 per cento) e quello civile (30,3 per cento). Questo dimostra quanto le scelte di economia energetica non siano solamente responsabilità dei grandi gruppi industriali ma anche dei semplici cittadini, che attraverso una razionalizzazione dei consumi possono contribuire in maniera sostanziale alla diminuzione del fabbisogno energetico nazionale e di conseguenza alla riduzione dei gas serra.
È infatti l'insieme dei comportamenti dei cittadini, delle imprese e delle istituzioni che può permetterci di ridurre sensibilmente sprechi di energia e di risorse necessarie allo svolgimento delle nostre attività. Questo obiettivo può essere ottenuto modificando anche le più semplici abitudini: mettere una coperta in più invece di alzare il termostato, usare il ventilatore anziché il condizionatore, preferire una doccia al bagno, spegnere le luci se non servono, andare a piedi tutte le volte che è possibile rinunciare all'automobile, condividere spazi, mezzi di trasporto, strumenti tecnologici per ridurre il consumo di risorse e per creare occasioni di socialità.
L'istituzione della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili risponde all'obiettivo di dare riconoscimento e visibilità al valore di tanti semplici gesti individuali, promuovendo la conoscenza di buone pratiche, la diffusione di una cultura del risparmio energetico e della riduzione degli sprechi attraverso forme innovative di condivisione. La Giornata, inoltre, coinvolge direttamente le istituzioni pubbliche in azioni di risparmio energetico, a partire da quella più rappresentativa della citata «M'Illumino di meno – Giornata del risparmio energetico» che prevede lo «spegnimento» per un arco temporale simbolico di edifici, monumenti e piazze alimentati da illuminazione pubblica; più in generale la Giornata intende richiamare le istituzioni pubbliche all'importanza di compiere scelte orientate al risparmio di energia e di risorse e alla riduzione degli sprechi, in tutti i settori di loro competenza.
La proposta di legge si compone di tre articoli: con l'articolo 1 si riconosce il 16 febbraio quale Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, finalizzata a promuovere la cultura del risparmio energetico e di risorse, mediante la riduzione degli sprechi e la messa in atto di azioni di condivisione, nonché la diffusione di stili di vita sostenibili; con l'articolo 2 si indicano, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le modalità di svolgimento della Giornata e i relativi obiettivi; con l'articolo 3 si individua nel Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'organo di coordinamento nazionale della Giornata, in collaborazione con altri Ministeri coinvolti, con l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, con le regioni e con gli enti locali.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili).
1. La Repubblica riconosce il 16 febbraio quale Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, di seguito denominata «Giornata», al fine di promuovere la cultura del risparmio energetico e di risorse mediante la riduzione degli sprechi, la messa in atto di azioni di condivisione e la diffusione di stili di vita sostenibili.
Art. 2.
(Celebrazi one della Giornata).
1. In occasione della Giornata, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le istituzioni pubbliche, negli edifici e negli spazi aperti di loro competenza, adottano iniziative di risparmio energetico e azioni di risparmio nell'uso delle risorse, anche attraverso pratiche di condivisione; promuovono, altresì, incontri, convegni e interventi concreti dedicati alla promozione del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili.
Art. 3.
(Competenze).
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il coinvolgimento di altri Ministeri interessati e dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile, costituisce l'organo competente per il coordinamento della Giornata, in collaborazione con le regioni e con gli enti locali. | Istituzione della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili
Contenuto
L' A.C. 104 , composto di tre articoli, è volto ad istituire la Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili.
L' art. 1 stabilisce che la Repubblica riconosce il 16 febbraio quale Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili , di seguito denominata "Giornata", al fine di promuovere la cultura del risparmio energetico e di risorse mediante la riduzione degli sprechi, la messa in atto di azioni di condivisione e la diffusione di stili di vita sostenibili.
L' art. 2 disciplina la celebrazione della Giornata, prevedendo che in occasione della medesima, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le istituzioni pubbliche adottano, negli edifici e negli spazi aperti di loro competenza, iniziative di risparmio energetico e azioni di risparmio nell'uso delle risorse, anche attraverso pratiche di condivisione.
La norma in esame prevede altresì la promozione di incontri, convegni e interventi concreti, dedicati alla promozione del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili.
L' art. 3 prevede che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (oggi Ministero della transizione ecologica), con il coinvolgimento di altri Ministeri interessati e dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), sia l'organo competente per il coordinamento della Giornata, in collaborazione con le regioni e con gli enti locali.
La relazione illustrativa specifica che la data del 16 febbraio ricorda l'entrata in vigore, nel 2005, del Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale che ha posto al centro delle politiche ambientali la questione del cambiamento climatico. Dalla stessa data Caterpillar, un programma di Radio2 della RAI- Radiotelevisione italiana Spa, organizza la manifestazione " M'illumino di meno – Giornata del risparmio energetico", con l'invito a spegnere simbolicamente le luci non indispensabili per promuovere l'utilizzo più razionale dell'energia.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Le previsioni recate dall'articolo 1, istitutivo della Giornata nazionale del risparmio energetico e degli stili di vita sostenibili, sono riconducibili alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di "ordinamento civile" (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.). Le previsioni recate dagli articoli 2 e 3 sono, invece, riconducibili in linea generale alla materia "tutela dell'ambiente", attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.) nonché alla materia "promozione e organizzazione di attività culturali", attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost). | 3,382 | 13 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-665 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 665
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VERSACE, GELMINI, CARFAGNA, PELLA, APREA, ASCANI, BAGNASCO, ANNA LISA BARONI, BATTILOCCHIO, BENIGNI, BERGAMINI, BIANCOFIORE, BIGNAMI, BOND, BRAMBILLA, CALABRIA, CANNIZZARO, CARRARA, CASCIELLO, CASSINELLI, CATTANEO, CORTELAZZO, D'ATTIS, DE MARTINI, DELLA FRERA, D'ETTORE, DONZELLI, FASCINA, FATUZZO, FIORINI, FITZGERALD NISSOLI, FOSCOLO, GAGLIARDI, GIACOMETTO, GIACOMONI, LABRIOLA, LAZZARINI, LOCATELLI, MANDELLI, MARIN, MARROCCO, MAZZETTI, MILANATO, MINARDO, MUGNAI, MULÈ, MUSELLA, NEVI, NOJA, NOVELLI, OCCHIUTO, PALMIERI, PANIZZUT, PEDRAZZINI, PENTANGELO, PEREGO DI CREMNAGO, PETTARIN, POLVERINI, PORCHIETTO, RIPANI, ROSSELLO, ROSSO, ROTONDI, RUFFINO, SACCANI JOTTI, SANDRA SAVINO, SCOMA, SEGNANA, SILLI, SORTE, SOZZANI, TIRAMANI, MARIA TRIPODI, VIETINA, ZANELLA, ZANGRILLO, ZIELLO, ZOFFILI
Introduzione degli ausili e delle protesi destinati a persone disabili per lo svolgimento dell'attività sportiva tra i dispositivi erogati dal Servizio sanitario nazionale
Presentata il 24 maggio 2018
Onorevoli Colleghi ! — Il legame tra disabilità, sport e salute ha origini antiche.
Una prima tappa nella promozione delle attività sportive dei soggetti disabili è stata l'organizzazione dei Giochi internazionali per sordi di Parigi del 1924, evento al quale hanno partecipato atleti provenienti da undici nazioni.
Ma è stato soprattutto grazie alla felice intuizione di Ludwig Guttman, neurochirurgo tedesco, direttore di un centro per lesioni spinali a Stoke Mandeville, nel sud- est dell'Inghilterra, che si è valorizzato il ruolo dello sport come formidabile strumento di cura e di integrazione delle persone disabili. Guttman, negli anni quaranta, ha introdotto un'innovativa tecnica di sport-terapia, che inizialmente aveva il solo scopo di agevolare la partecipazione dei suoi pazienti alla riabilitazione, ma che è divenuta, successivamente, una vera e propria metodologia di lavoro, funzionale a garantire una vita più lunga e qualitativamente migliore alle persone ricoverate. Egli ha compreso che il movimento e lo sport assicurano miglioramenti sul piano muscolare e respiratorio, conferiscono maggior equilibrio e abilità motorie e ha rilevato che i soggetti paraplegici dimostrano una più elevata competenza e velocità nell'uso della carrozzina, utile non soltanto nell'esercizio sportivo ma anche nella vita quotidiana.
Nel 1948 Guttman ha colto l'occasione dei Giochi olimpici di Londra per organizzare i primi giochi sportivi per disabili. Ha avvicinato, in tal modo, allo sport i pazienti britannici reduci dal secondo conflitto mondiale che avevano riportato traumi e lesioni midollari, proprio al fine di aiutarli a sviluppare le loro capacità residue. A tale evento hanno assistito medici e tecnici provenienti da ogni parte del mondo, che hanno quindi avuto modo di osservare ed apprendere le metodologie di riabilitazione utilizzate da Guttman.
Nel 1952 è stato organizzato il primo evento sportivo internazionale per persone disabili ed è stato chiaro sin da subito che, attraverso lo sport, gli atleti paraplegici non solo migliorano dal punto di vista fisico ma, soprattutto, aumentano la possibilità di instaurare relazioni sociali, riuscendo a integrarsi meglio nella collettività.
I Giochi sportivi di Stoke Mandeville costituiscono l'antecedente storico dei Giochi paralimpici ufficiali che, come le Olimpiadi, si svolgono ancora oggi con cadenza quadriennale.
Solo con l'edizione di Roma nel 1960 si è data vita alle Paralimpiadi moderne e, per la prima volta nella storia, i Giochi olimpici e paralimpici si sono svolti nella stessa città. L'8 settembre 1960, nello stadio dell'Acquacetosa a Roma, davanti a cinquemila spettatori, si sono esibiti quattrocento atleti in carrozzina, in rappresentanza di ventitré Paesi.
Questo breve excursus storico evidenzia quanto, nel corso degli anni, sia cresciuta la consapevolezza del legame indissolubile esistente tra sport e salute. La salute è un diritto primario e un bene irrinunciabile per la vita quotidiana, che deve essere costantemente promosso, tutelato e garantito.
Anche l'Organizzazione mondiale della sanità rileva che la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto la semplice assenza dello stato di malattia o infermità. Tale nozione deve tradursi in politiche idonee ad affermarne il suo reale significato.
Il ruolo di primazia dell'attività sportiva, quale coelemento fondamentale per garantire un adeguato livello di salute, emerge anche da numerosi atti ufficiali delle istituzioni dell'Unione europea. Tali atti promuovono l'attività fisica come fattore essenziale nella vita di milioni di cittadini europei, condividendo e favorendo le buone pratiche tra i Paesi membri.
In Italia vivono più di quattro milioni di persone disabili, una percentuale rilevante della popolazione che versa in condizioni di particolare vulnerabilità e alla quale occorre garantire una tutela adeguata, sia mediante l'assistenza medico-sanitaria sia, al contempo, mediante il riconoscimento di pari opportunità e diritti.
La Convenzione dell'ONU del 2006 sui diritti delle persone con disabilità, nella promozione della quale l'Italia ha svolto un ruolo fondamentale, sancisce la necessità di fornire a tutte le persone disabili una maggiore tutela e di migliorare le loro condizioni di vita in qualunque parte del mondo. Essa traccia il percorso che gli Stati devono porre in essere al fine di garantire i diritti di uguaglianza e di inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità. In particolare, l'articolo 30 della Convenzione, rubricato «Partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo libero e allo sport», al paragrafo 5, dispone che: «Al fine di permettere alle persone con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreative, del tempo libero e sportive, gli Stati Parti prenderanno misure appropriate per:
a) Incoraggiare e promuovere la partecipazione, più estesa possibile, delle persone con disabilità alle attività sportive ordinarie a tutti i livelli;
b) Assicurare che le persone con disabilità abbiano l'opportunità di organizzare, sviluppare e partecipare ad attività sportive e ricreative specifiche per le persone con disabilità e, a questo scopo, incoraggiare la messa a disposizione, sulla base di eguaglianza con gli altri, di adeguati mezzi di istruzione, formazione e risorse;
c) Assicurare che le persone con disabilità abbiano accesso a luoghi sportivi, ricreativi e turistici;
d) Assicurare che i bambini con disabilità abbiano eguale accesso rispetto agli altri bambini alla partecipazione ad attività ludiche, ricreative, di tempo libero e sportive, incluse le attività comprese nel sistema scolastico;
e) Assicurare che le persone con disabilità abbiano accesso ai servizi da parte di coloro che sono coinvolti nell'organizzazione di attività ricreative, turistiche, di tempo libero e sportive».
Appare evidente come lo sport, nonché il miglioramento del livello di salute conseguente alla sua pratica abituale, sia riconosciuto, tanto in un contesto globale quanto in ambito europeo, quale elemento funzionale al superamento delle barriere sociali; di espressione delle capacità delle persone con disabilità; di ausilio nello sviluppo delle capacità di leadership ; di formazione dei giovani, anche dal punto di vista educativo.
Nell'ambito nazionale è opportuno richiamare, altresì, due norme della Costituzione:
l'articolo 32 che dispone: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
l'articolo 3, inserito tra i princìpi fondamentali, che prevede: «Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
Dunque, anche sulla base del dettato costituzionale e in applicazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui al citato articolo 3, secondo comma, della Costituzione , emerge l'obbligo dello Stato di agevolare la persona disabile nell'accesso al mondo dello sport, garantendole il diritto a sviluppare pienamente le proprie capacità fisico-motorie, intellettuali e sociali.
Nonostante il diritto alla pratica sportiva sia proclamato e riconosciuto tanto a livello globale quanto in ambito europeo, occorre evidenziare l'esistenza di lacune sistemiche che ne impediscono l'accesso in maniera effettiva e incondizionata.
Infatti, la pratica sportiva impone, per le diverse forme di disabilità, la dotazione indispensabile di ausili e protesi appositamente studiati e realizzati, i cui costi proibitivi o comunque notevoli ne impediscono, di fatto, l'accesso. Ne consegue che una percentuale rilevante di persone disabili, nonché la collettività nel suo insieme, sono private di tutte le ricadute positive che la pratica abituale di uno sport assicura o quanto meno agevola.
Infine, sul piano economico, l'intervento normativo proposto va letto come un investimento a lungo termine per il Servizio sanitario nazionale: infatti il cittadino che pratica uno sport è innegabilmente un cittadino più sano. È evidente, pertanto, che garantire oggi una maggiore qualità di vita ai numerosi cittadini disabili comporterà domani un minor impegno di spesa da parte del Servizio sanitario nazionale.
Nel 2000 a Monaco, durante la cerimonia di consegna dei Laureus World Sports Awards , Nelson Mandela si è così espresso: «Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c'era solo disperazione».
Per molti, soprattutto per chi convive con una disabilità, la pratica sportiva equivale a una rinascita, aumenta l'autostima, conferisce un'opportunità di nuova vita, assicura una migliore e più spedita integrazione sociale, abbatte le barriere mentali e non conosce la discriminazione.
Proprio in considerazione di quanto dichiarato dal Presidente Mandela e del legame evidente tra sport e condizioni generali di salute, desideriamo sottoporre alla vostra attenzione la presente proposta di legge, volta a garantire alle persone disabili il diritto allo sport in maniera concreta ed effettiva, prevedendo che il Servizio sanitario nazionale assicuri la copertura per l'acquisto degli ausili e delle protesi di tecnologia avanzata.
Conseguentemente, si prevede che il Governo provveda alla modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 , recante i livelli essenziali di assistenza, al fine di aggiungere all'elenco delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi erogabili dal Servizio sanitario nazionale anche gli ausili e le protesi di ultima generazione, a tecnologia avanzata e con caratteristiche funzionali allo svolgimento della pratica sportiva, destinati a persone con disabilità fisiche.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
(Introduzione nei livelli essenziali di assistenza degli ausili e delle protesi destinati a persone disabili per lo svolgimento dell'attività sportiva).
1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale, di cui all' articolo 1, comma 556, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 , si provvede a modificare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 , pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, al fine di individuare e di inserire nel nomenclatore di cui all'allegato 5 al medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, relativo all'elenco delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi erogabili dal Servizio sanitario nazionale, gli ausili e le protesi degli arti inferiori e superiori, a tecnologia avanzata e con caratteristiche funzionali allo svolgimento di attività sportive, destinati a persone con disabilità fisiche.
Art . 2.
(Copertura finanziaria).
1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1, pari a 40 milioni di euro annui a decorrere dal 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i medesimi anni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. | Introduzione degli ausili e delle protesi destinati a persone disabili per lo svolgimento dell'attività sportiva tra i dispositivi erogati dal Servizio sanitario nazionale
Contenuto
La presente proposta di legge è volta a introdurre una modifica al DPCM 12 gennaio 2017 che ha aggiornato i livelli essenziali di assistenza (LEA) inserendo, nell'elenco delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi erogabili dal Servizio sanitario nazionale, anche gli ausili e le protesi degli arti inferiori e superiori, a tecnologia avanzata e con caratteristiche funzionali allo svolgimento di attività sportive , destinati a persone con disabilità fisiche, con lo scopo di incentivare lo svolgimento dell'attività sportiva.
Pertanto, l'art. 1 prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e previa intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, sentita la Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA e la promozione dell'appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale, si provvede a modificare il citato DPCM 12 gennaio 2017 per individuare ed inserire nel nomenclatore di cui all'allegato 5 anche i predetti dispositivi medici.
Va osservato che nel caso in esame, conformemente alla procedura delineata dal comma 554 della legge n. 208/2015 (legge di stabiità per il 2016), sembrerebbe opportuno prevedere il parere delle commissioni parlamentari competenti.
Si ricorda che l'allegato 5 contiene un elenco degli ausili su misura , dispositivi fabbricati appositamente in base alla prescrizione redatta da un medico specialista, e un elenco riguardante gli ausili di serie , diviso in una prima parte degli ausili che richiedono la messa in opera da parte di un tecnico abilitato e in una seconda parte degli ausili pronti all'uso (v. qui il documento).
E' compito della Commissione nazionale per l'aggiornamento dei LEA e la promozione della appropriatezza nel Servizio sanitario nazionale, prevista all' articolo 1, comma 556, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (qui il decreto attuativo DM 19 gennaio 2017), monitorare il livello di attuazione e implementazione dei nuovi LEA in tutte le regioni ed eventualmente intervenire, mediante apposite verifiche effettuate in collaborazione con il Nucleo speciale di Antisofisticazione - NAS,nelle ipotesi di mancata, incompleta o scorretta erogazione dei livelli.
L'art. 2 dispone la copertura finanziaria, quantificando un onere di 40 milioni di euro annui a partire dal 2019 , cui si provvede con lo stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, nell'ambito della programmazione 2018-2020, allo stato di previsione del MEF, per l'anno 2018. Si autorizza conseguentemente il Ministero ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Relazioni allegate o richieste
Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, corredata, pertanto, della sola relazione lllustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
La proposta di legge in esame è diretta ad introdurre una modifica al D.P.C.M. del 12 gennaio 2017, recante Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. Sulla modifica e sull'aggiornameno del citato D.P.C.M. dispone il comma 554 dell'articolo 1 della legge n. 208/2015 ( Legge di stabilità 2016 ), che prevede una particolare procedura: decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Nel caso in esame sembrerebbe quindi opportuno prevedere il parere delle commissioni parlamentari competenti.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge in esame riguarda l'introduzione di una modifica al D.P.C. M. del 12 gennaio 2017, concernente la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza: la materia trattata, pertanto, sembra potersi ricondurre alla potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m). Come sopra già ricordato, sulla modifica e sull'aggiornameno del citato D.P.C.M. dispone il comma 554 dell'articolo 1 della legge n. 208/2015 ( Legge di stabilità 2016 ), che prevede una particolare procedura: decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Il comma citato tuttavia non dà indicazioni specifiche di contenuto sul D.P.C.M. e sulle sue modifiche. | 5,797 | 30 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1161
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato FERRI
Modifica all' articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 , in materia di armonizzazione del trattamento economico del personale di magistratura nei casi di congedo straordinario e di aspettativa per malattia
Presentata il 13 settembre 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge intende porre rimedio alla disparità di trattamento esistente tra i magistrati della Repubblica e le altre categorie del pubblico impiego in caso di congedo straordinario o di malattia.
La Costituzione tutela la salute sia come diritto fondamentale della persona (articolo 32), sia stabilendo il diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di inabilità al lavoro e mancanza dei mezzi necessari per vivere (articolo 38).
L' articolo 3 della legge n. 27 del 1981 («Provvidenze per il personale di magistratura») ha istituito a favore dei magistrati ordinari, «in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività», un'indennità non pensionabile da corrispondersi in rate mensili, «con esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di assenza obbligatoria o facoltativa prevista negli articoli 4 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 , e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa» (testo originario).
Salvo qualche limitato intervento successivo l'impianto normativo è rimasto quello originario e, dopo oltre trentasette anni, persistono anacronismi non più tollerabili.
L'assenza per malattia del magistrato configura – a legislazione vigente – un'ipotesi di congedo straordinario o di aspettativa (si vedano gli articoli 37, 66 e 68 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 ), tanto che la cosiddetta «indennità giudiziaria» non è in tali casi computata nel trattamento economico, sulla base di una ritenuta correlazione tra la corresponsione dell'indennità e il concreto esercizio delle funzioni.
Lo studio dei lavori parlamentari dell'epoca porta invece a comprendere che l'introduzione dell'indennità aveva lo scopo di incrementare lo stipendio dei magistrati in quanto ritenuto inadeguato rispetto al trattamento riservato ad altri pubblici dipendenti. Il pericolo del terrorismo metteva a dura prova le istituzioni e tuttavia l'indennità non era considerata una remunerazione per i rischi connessi alla funzione svolta (si confronti il resoconto stenografico dei lavori che riportava: «Non si concretizza certamente l'abominevole disegno, temuto o peggio denunciato da alcuni con pessimo gusto e deprecabile atteggiamento, di barattare il sangue dei giudici assassinati dai terroristi con una manciata di soldi»).
Vi era stata la presa d'atto che i carichi di lavoro erano tanto ingenti da imporre di dedicarsi ad essi anche nelle ore serali e spesso nei giorni festivi (si confrontino le dichiarazioni del senatore Filetti nel corso della discussione del 29 gennaio 1981 sull'approvazione del disegno di legge atto Senato n. 1261 dell'VIII legislatura). Si trattava dunque di «un recupero, almeno parziale, del perduto potere d'acquisto delle retribuzioni dei magistrati(...) alle prese con incombenze a dir poco sempre meno gratificanti e sempre più stressanti» (così si esprimeva l'allora Ministro di grazia e giustizia onorevole Sarti).
La giurisprudenza amministrativa, fin dall'inizio, attribuì all'indennità una natura retributiva, sganciandola dagli oneri inerenti allo svolgimento della funzione, e sulla base di questo principio l'indennità è stata estesa anche alle altre magistrature. In particolare, con la legge 6 agosto 1984, n. 425 , tale indennità è stata attribuita, con decorrenza dal 1° gennaio 1983, ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali amministrativi regionali e della giustizia militare, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato. Successivamente, la legge 22 giugno 1988, n. 221 , ha esteso la suddetta indennità, a decorrere dal 1° gennaio 1988, al personale dirigente (e qualifiche equiparate) delle cancellerie e segreterie giudiziarie.
La Corte costituzionale, nel rigettare la questione di legittimità dell' articolo 3 della legge n. 27 del 1981 , non ha proposto, invero, l'argomento secondo cui la corresponsione dell'indennità sarebbe certamente collegata all'effettivo esercizio delle funzioni, laddove, per altro verso, è palese la contraddizione del testo normativo che, contemporaneamente, da un lato esclude la pensionabilità dell'indennità in esame e dall'altro la sottopone a un adeguamento periodico contestuale a quello dello stipendio.
Appare quindi del tutto ragionevole riconoscere che l'indennità giudiziaria, istituita in via precaria e pertanto con l'intento dichiarato di predisporre in seguito una disciplina organica («Fino all'approvazione di una nuova disciplina(...)», così recita l’ incipit dell'articolo 3), si è stratificata – nei decenni a seguire – come un elemento costitutivo della retribuzione del magistrato.
L'indennità in questione è infatti identica per tutti, a prescindere dalle concrete funzioni svolte, e incide in modo assolutamente non trascurabile sul risultato mensile finale.
È poi accaduto che in occasione della legge finanziaria del 2005 ( legge 30 dicembre 2004, n. 311 ) il Ministro per le pari opportunità (onorevole Prestigiacomo) ha chiesto di inserire un emendamento con il quale – finalmente – si riconosceva l'indennità alle madri magistrato in astensione obbligatoria. Nella relazione della legge finanziaria si indica espressamente, nel commento all'articolo 1, che la disposizione di cui al comma 325 «è intesa a riconoscere la speciale indennità prevista per il personale in magistratura dall' articolo 3 legge n. 27 del 1981 anche durante il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro per maternità, e ciò per eliminare una ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla generalità delle lavoratrici madri delle pubbliche amministrazioni con riferimento al trattamento accessorio fisso e continuativo».
Con la legge n. 311 del 2004 è stata dunque riconosciuta la corresponsione dell'indennità giudiziaria alle donne magistrato in astensione obbligatoria per maternità. Adesso è giunto il momento, non più rinviabile, di compiere il successivo passo di armonizzazione attraverso il riconoscimento dell'indennità giudiziaria anche durante i periodi di malattia, rientrando nella discrezionalità del legislatore stabilire la concreta misura del trattamento spettante per ognuna delle ipotesi giustificate di assenza dal lavoro.
Allo stato risulta discriminatorio attribuire l'indennità giudiziaria in caso di interdizione per un ritenuto pregiudizio alla salute del magistrato in gravidanza e non pagarla, invece, nel caso di una grave malattia.
Anche nel caso di gravidanza a rischio l'indennità giudiziaria viene regolarmente percepita (articoli 16 e 17 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001 ), mentre ciò non accade nel caso in cui l'assenza sia dovuta a patologie gravi come, ad esempio, quelle oncologiche, non sussistendo neppure alcuna graduazione in base all'invasività del male sofferto.
L'attuale assetto normativo deve essere pertanto modificato poiché esso è estremamente penalizzante laddove determina un'assai rilevante decurtazione economica come conseguenza di un evento sicuramente non imputabile al magistrato e che reca pregiudizio a un bene costituzionalmente tutelato come la salute.
L' articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008 («Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni»), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 , limita inoltre ai soli primi dieci giorni di assenza la decurtazione della retribuzione per le indennità «accessorie». Si tratta di una norma valida per tutti i dipendenti delle pubbliche amministrazioni che non viene applicata ai magistrati.
Il CCNL del comparto Ministeri prevede, poi, che per le malattie superiori a quindici giorni lavorativi al dipendente compete anche il trattamento economico accessorio e in particolare l'indennità di amministrazione (nella quale è stata compresa l'indennità giudiziaria).
Ne deriva una grave disparità di trattamento tra i magistrati e il personale appartenente ai ruoli delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie, i quali conservano l'emolumento qualora la malattia si protragga per un periodo superiore a quindici giorni lavorativi.
È evidente che se la decurtazione del trattamento per i soli primi dieci o quindici giorni di malattia può risultare inidonea a determinare una perdita della retribuzione tale da pregiudicarne la sufficienza ai fini delle esigenze di vita, non altrettanto può dirsi nel caso in cui la trattenuta sia permanente e per di più in una percentuale niente affatto esigua.
Quella dei magistrati è una categoria che per sua natura non può essere sottoposta a contrattazione collettiva. È quindi unicamente al legislatore e alla politica che compete prevedere non già un beneficio ma un atto di giustizia e di civiltà giuridica, riparametrando il sistema normativo delle tutele con una disciplina generale e senza discriminazioni di ruoli.
Il personale di magistratura è una categoria che subisce, nel caso di malattie, anche gravi e prolungate, significative e ingiustificate riduzioni del trattamento economico consistenti nella mancata corresponsione dell'indennità giudiziaria.
Ovviare a una tale sperequazione sarebbe la prova tangibile che ciò che è stato omesso in questi lunghi decenni non può più essere ascrivibile, nemmeno in minima parte, alla storia dei tormentati rapporti tra politica e magistratura.
Per i periodi di malattia l'indennità deve essere quindi concessa con la sola esclusione nei primi dieci giorni di assenza, in cui opererà inderogabilmente anche per i magistrati la decurtazione prevista dal citato articolo 71 del decreto-legge n. 112 del 2008 .
Per quanto concerne la durata massima dell'assenza per infermità, trovano attuazione le disposizioni del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 , la cui applicabilità discende dalla norma di rinvio prevista dall'articolo 276 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto n. 12 del 1941 .
Anche dal punto di vista dell'impegno finanziario occorre sgombrare il campo da un possibile errore di valutazione (contenuto nell'articolo 2 del disegno di legge n. 2881, presentato al Senato della Repubblica nella scorsa legislatura, primo firmatario il senatore Falanga, poi ritirato).
La presente proposta di legge non comporta alcuna necessità di reperire fondi di copertura. Le somme occorrenti, infatti, sono già esistenti nei capitoli di bilancio di relativa competenza. Il numero dei magistrati nel nostro ordinamento è fissato per legge e pertanto il trattamento retributivo già fa parte della previsione di spesa di ogni Ministero.
Nella situazione attuale la malattia del magistrato si traduce non certo in un aggravio di spesa quanto, paradossalmente, in un risparmio legato a circostanze del tutto imprevedibili: infatti la parte datoriale non interrompe mai con immediatezza la corresponsione dell'indennità, a conferma del fatto che le somme sono già stanziate e disponibili, salvo poi procedere in un secondo momento al conguaglio attraverso l'istituto dell'addebito a rimborso.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al primo comma dell'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 , le parole: «con esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa,» sono sostituite dalle seguenti: «con esclusione dei periodi di aspettativa o di congedo straordinario per causa diversa da infermità o dalla fruizione di permessi ai sensi dell' articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 , nonché dei periodi». | Trattamento economico del personale di magistratura nei casi di congedo straordinario e di aspettativa per malattia
Contenuto
La proposta di legge, A.C.1161, è volta ad estendere la corresponsione della c.d. indennità giudiziaria – ossia l'indennità istituita in favore dei magistrati in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività – anche ai periodi di aspettativa o congedo straordinario per causa di infermità e ai periodi di fruizione dei permessi previsti dalla legge n. 104 del 1992.
L' indennità giudiziaria costituisce una speciale indennità non pensionabile, istituita dall' articolo 3 della legge n. 27 del 1981 a favore dei magistrati ordinari, che è stata estesa da interventi normativi successivi alle magistrature speciali e, ancorché con diversa disciplina, al personale amministrativo che partecipa della funzione giudiziaria.
L'art. 3 della legge n. 27/1981 prevede che l'indennità sia corrisposta «con esclusione dei periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa». Dal gennaio 2005 l'indennità giudiziaria viene corrisposta nei periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli a. 16 e 17 del medesimo DL 151/2001 ossia nei cinque mesi di assenza per gravidanza e puerperio e nei periodi antecedenti in cui vi sia interdizione dal lavoro disposta dal competente ispettorato del lavoro.
La trattenuta dell'indennità per le ipotesi di assenza dal servizio necessitate da situazioni oggetto di specifica tutela costituzionale, come la malattia , ha fatto dubitare della legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge n. 27 del 1981. Tali dubbi sono stati fugati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale , la quale, da un lato, ha ribadito che la legge pone una " correlazione necessaria tra la corresponsione dell'indennità e il concreto esercizio delle funzioni ", ritenendo dunque legittimo che l'indennità non sia dovuta in ogni ipotesi di assenza dal servizio, poiché "l'insieme degli oneri, in relazione ai quali tale indennità è stata istituita, viene meno quando il servizio, per qualsiasi causa, non è concretamente prestato" (C. cost., sent. n. 407/1996; nello stesso senso, cfr. C. cost., ord. n. 106/1997; sent. n. 287/2006; ord. n. 290/2006; ord. n. 302/2006; ord. n. 137/2008; ord. n. 346/2008). Dall'altro lato, la Corte ha affermato che l'indennità giudiziaria costituisce solo una parte del complessivo trattamento economico del magistrato, onde la sua esclusione in caso di assenza dal servizio per malattia o maternità non viola i precetti costituzionali posti a tutela di tali situazioni, i quali impongono soltanto che in tali situazioni il lavoratore conservi il posto di lavoro ed abbia mezzi adeguati alle esigenze di vita, che nel caso dei magistrati sono pienamente assicurati dal riconoscimento della retribuzione "di base" (C. cost., sentenza n. 287 del 14 luglio 2006; cfr. anche C. cost., ord. n. 290/2006; ord. n. 302/2006; ord. n. 137/2008 e ord. n. 346/2008). Sempre secondo la Consulta, una volta assicurato il rispetto dei precetti costituzionali attraverso il riconoscimento di un trattamento "di base", rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire la concreta misura del trattamento spettante per ognuna delle ipotesi "protette" di assenza dal servizio. Tanto è vero che, al fine di riconoscere l'indennità giudiziaria al magistrato in caso di congedo obbligatorio di maternità, si è reso necessario uno specifico intervento legislativo che ha novellato in tal senso, con effetto non retroattivo, l'art. 3 della legge n. 27 del 1981 (art. 1, comma 325, della legge 30 dicembre 2004, n. 311). Dunque l'indennità giudiziaria non è dovuta nei periodi in cui la prestazione lavorativa è sospesa salvo che l'eccezione al principio predetto sia prevista dallo stesso legislatore. Derogano alla regola generale di stretta correlazione con l'effettiva prestazione del servizio l'ipotesi del congedo ordinario e quella dell'astensione obbligatoria per maternità.
A tal fine, la proposta di legge modifica l'articolo 3 della legge n. 27 del 1981 che prevede espressamente che l'indennità giudiziaria non è dovuta, tra l'altro, nei periodi di "congedo straordinario" e di "aspettativa per qualsiasi causa". In particolare la proposta estende la corresponsione dell'indennità:
ai periodi di aspettativa o congedo straordinario per causa di infermità;
L'assenza per malattia del magistrato configura un'ipotesi di congedo straordinario o di aspettativa (in base a quanto previsto dagli artt. 37, 66 e 68 del D.P.R. n. 3 del 1957). In particolare l'articolo 37del D.P.R. n. 3 del 1957 ( Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato ) prevede l'istituto del congedo straordinario che può essere concesso "per gravi motivi". Il congedo straordinario compete di diritto quando l'impiegato debba contrarre matrimonio o sostenere esami o, qualora trattisi di mutilato o invalido di guerra o per servizio, debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità. Nel caso di matrimonio l'impiegato ha diritto a 15 giorni di congedo straordinario. In ogni caso il congedo straordinario non può superare complessivamente nel corso dell'anno la durata di quarantacinque giorni. Il congedo straordinario è concesso, in base a motivato rapporto del capo dell'ufficio, dall'organo competente secondo gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni (Nel caso della magistratura, per espressa delibera del CSM - Circolare n. 19641 del 14 novembre 1994 - tale facoltà è attribuita ai Capi di corte.Durante la fruizione del congedo straordinario, per il primo giorno (di ogni periodo ininterrotto) al magistrato spettano tutti gli assegni ridotti di 1/3, per i giorni successivi spettano gli assegni interi. Per tutto il periodo è attualmente esclusa la corresponsione della speciale indennità prevista dall'art. 3 della legge 27/81.
L'aspettativa, ai sensi dell'art. 66 del citato D.P.R. 3/57 può essere concessa per servizio militare, per infermità o per motivi di famiglia. L'art. 68 che disciplina l'aspettativa per infermità prevede che essa sia disposta, d'ufficio o a domanda, quando sia accertata, in base al giudizio di un medico scelto dall'amministrazione, l'esistenza di una malattia che impedisca temporaneamente la regolare prestazione del servizio.L'aspettativa per infermità se è continuativa non può superare i 18 mesi; il magistrato dopo due mesi viene collocato fuori del ruolo organico con contestuale richiamo in ruolo se l'aspettativa non supera i 6 mesi continuativi. Nel caso in cui il periodo di aspettativa superi i sei mesi e quindi un periodo di 4 mesi di fuori ruolo (sempre continuativi) viene data comunicazione al CSM perché proponga il richiamo in ruolo e l'assegnazione della sede al predetto magistrato. Con riguardo al trattamento economico, il tempo trascorso in aspettativa per infermità è computato per intero ai fini della progressione in carriera, delle ferie, della retribuzione, degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza. Il dipendente ha diritto all'intero stipendio per i primi dodici mesi ed alla metà di esso per il restante periodo (per le patologie riconosciute come causa di servizio non viene operata la riduzione stipendiale del 50%), conservando integralmente gli assegni per carichi di famiglia. Il magistrato perde il diritto, per l'intero periodo, alla corresponsione della speciale indennità di cui all'art. 3 L. 27/81.
ai periodi di fruizione dei permessi previsti dalla legge n. 104 del 1992 .
In base a quanto previsto dall'art. 33 della legge n. 104 del 1992, i permessi retribuiti spettano ai lavoratori dipendenti: disabili in situazione di gravità; genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili in situazione di gravità; coniuge, parenti o affini entro il 2° grado di familiari disabili in situazione di gravità. Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona con disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.Il permesso è retribuito, salva l'esclusione della speciale indennità prevista dall'art. 3 della legge 27/81.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è accompagnata dalla relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il contenuto della proposta di legge è riconducibile alla materia di potestà esclusiva statale "ordinamento civile", ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l) , della Costituzione. | 6,661 | 177 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 86
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa della deputata BRAMBILLA
Disposizioni concernenti l'indicazione degli animali di affezione nelle certificazioni anagrafiche
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — Secondo il rapporto Eurispes 2018, circa 3 italiani su 10 (32,4 per cento) convivono con un animale domestico. Si tratta nella maggior parte dei casi di cani (63,3 per cento) e gatti (38,7 per cento). Ancora, l'indagine mette in luce l'abitudine diffusa (53,5 per cento del campione) di dormire con il proprio pet e il fatto che la stessa quota di intervistati sacrifica una buona parte del proprio tempo libero per il benessere e le necessità del suo amico animale (passeggiate, gioco, attività all'aperto eccetera). Il 46,2 per cento di chi ha un animale domestico rinuncia in alcune occasioni a uscire o a fare un viaggio per non lasciarlo solo.
Questi dati mostrano con evidenza una mutata sensibilità nei confronti degli animali che da circa un terzo della popolazione sono considerati parte integrante della famiglia.
Di qui deve partire il legislatore, anche tenendo conto di alcuni recenti pronunciamenti della magistratura, per adeguare le norme a questa mutata sensibilità sociale Significativo è il caso, registratosi di recente, di una lavoratrice single dell'università La Sapienza di Roma che aveva richiesto di assentarsi dal lavoro per due giorni poiché il proprio animale di affezione necessitava di un intervento medico veterinario urgente e indifferibile e conseguentemente aveva bisogno di essere accudito, senza interruzioni del piano terapeutico prescritto dal medico veterinario indispensabile per la pronta guarigione in un decorso post -chirurgico di particolare delicatezza. Dopo una prima risposta informale negativa il datore ha riconosciuto alla donna il permesso retribuito a norma di contratto collettivo dei dipendenti pubblici per «grave motivo famigliare e personale» per curare il suo cane malato. Tale riconoscimento ha tenuto in debita considerazione la consolidata giurisprudenza della Cassazione (sentenze III sezione penale n. 21805 del 18 aprile 2007 e n. 5979 del 13 dicembre 2012) che riconosce che la non cura di un animale di proprietà integra i reati di maltrattamento di animali e di abbandono di animale di cui all'articolo 544- ter e all' articolo 727, primo comma, del codice penale .
Ebbene, il caso, che ha evidenziato come la malattia dell'animale, se non esistono alternative per l'assistenza e per la cura, debba essere effettivamente valutata quale grave motivo personale e di famiglia dai datori di lavoro, mostra il ritardo della legge nella definizione delle tutele normative in alcune situazioni che sottendono il riconoscimento implicito dell'animale quale membro della famiglia, che oggi è possibile ottenere solo in via di prassi o facendo ricorso al giudice.
Questa è la ragione per cui la presente proposta di legge in oggetto muove verso la giusta considerazione degli animali di affezione prevedendo il loro inserimento nella famiglia anagrafica.
Il regolamento anagrafico della popolazione residente, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989 n. 223 , definisce il concetto di «famiglia anagrafica» quale formazione costituita da persone che coabitino e siano legate da vincoli di matrimonio, unione civile, parentela, affinità, adozione, tutela e anche solo da «vincoli affettivi», nonché quello di «convivenza anagrafica» quale insieme di persone normalmente e abitualmente coabitanti nello stesso comune per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili.
All'articolo 1 della proposta di legge è previsto che della famiglia anagrafica possono fare parte gli animali registrati alle anagrafi territoriali degli animali di affezione. Il medesimo articolo 1 prevede, di conseguenza, che il responsabile delle dichiarazioni anagrafiche, che può essere ciascun componente della famiglia, presenti la dichiarazione anagrafica per comunicare l'intestazione dell'animale registrato nell'anagrafe degli animali di affezione da parte di uno dei componenti del nucleo familiare. La stessa dichiarazione dovrà essere presentata nel caso di decesso dell'animale di affezione inserito nella scheda di famiglia mediante una modulistica conforme a quella predisposta dal Ministero dell'interno, d'intesa con l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
L'articolo 2 dispone, in fine, che nel censimento della popolazione e delle abitazioni di cui all'articolo 15, comma 1, lettera b) , del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 , realizzato dall'ISTAT con cadenza annuale, sono rilevati i dati relativi agli animali di affezione registrati nella famiglia anagrafica.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Inserimento degli animali di affezione nella famiglia anagrafica).
1. Nella famiglia anagrafica definita ai sensi dell'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 , possono essere inseriti gli animali iscritti nelle anagrafi territoriali degli animali di affezione.
2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, le dichiarazioni anagrafiche previste dall'articolo 13 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 , prevedono l'intestazione dell'animale iscritto nell'anagrafe degli animali di affezione da parte di uno dei componenti della famiglia ovvero la comunicazione del decesso dell'animale di affezione indicato nella scheda di famiglia compilata ai sensi dell'articolo 21 del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989 .
3. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede a modificare il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 , al fine di adeguarlo a quanto disposto dal presente articolo.
Art. 2.
(Censimento degli animali di affezione).
1. Nel censimento della popolazione e delle abitazioni di cui all'articolo 15, comma 1, lettera b) , del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 , realizzato dall'Istituto nazionale di statistica con cadenza annuale, sono rilevati i dati relativi agli animali di affezione inseriti nella famiglia anagrafica ai sensi dell'articolo 1 della presente legge. | Disposizioni concernenti l'indicazione degli animali di affezione nelle certificazioni anagrafiche
Contenuto
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è composta da due articoli.
L'articolo 1, comma 1, prevede il possibile inserimento, nella famiglia cd. anagrafica, di animali iscritti all'anagrafe territoriale degli animali di affezione.
La definizione di animali d'affezione o da compagnia è contenuta nel testo del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm) del 28/02/2003, recante Recepimento dell'accordo recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy. Più in particolare l'articolo 1, comma 2 del citato Accordo del 6 febbraio 2003 tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, relativo al benessere degli animali da compagnia e la pet-therapy,dispone che "Ai fini del presente accordo, si intende per "animale da compagnia": ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi o alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet-therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità." L'Anagrafe degli Animali d'Affezione è stata istituita con la legge 281 del 14 agosto 1991 e rappresenta il registro nazionale dei cani, gatti e furetti identificati con microchip in Italia.
L'art. 727 c.p. disciplina il reato di abbandono di animali, prevedendo che chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze. In relazione alla mancata cura dell'animale domestico la Cassazione ha affermato che il reato di abbandono non punisce solo chi abbandona il proprio animale o compie atti crudeli contro esso, bensì anche chi per incuria o inerzia non gli presta le cure necessarie (s i vedano le sentenze n. 15076 del 2018. n. 18892 del 2012 e 3290 del 2018). Recentemente, la Cassazione penale. Sez. III, con sentenza 30/01/2017, n. 46365 ha precisato che il bene giuridico protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 727 c.p., è costituito non dalla integrità fisica dell'animale, bensì dalla sua stessa condizione di essere vivente perciò meritevole di tutela in relazione a tutte quelle attività dell'uomo che possano comportare, anche soltanto per indifferenza o negligenza od incuria, l'inflizione di inutili sofferenze. Dunque è stata ritenuta di rilevanza penale la detenzione di un uccello all'interno di una gabbia dalle dimensioni particolarmente ridotte rispetto alla sua stazza, tale da non consentirgli neppure la piena apertura delle ali, né una sia pur modesta possibilità di movimento, del tutto irrilevante risultando l'assenza di lesioni o l'integrità delle sue condizioni di salute. Nel medesimo senso anche la sentenza n. 15076/2018, in cui la Cassazione ha precisato che: "il reato di cui all'art. 727 c.p.. non sanziona esclusivamente gli atti di crudeltà, caratterizzati dal dolo, ma anche comportamenti colposi di incuria e abbandono nei confronti degli animali". Come sottolinea la Relazione illustrativa della proposta di legge in esame, sulla base di tale consolidato orientamento giurisprudenziale è stata riconosciuta, da un'amministrazione pubblica (Università la Sapienza di Roma), la possibilità di ottenere un permesso di lavoro retribuito per assistere il proprio animale domestico al lavoratore richiedente, che viveva da solo e non poteva delegare a terze persone l'assistenza dell'animale domestico.
A tal fine, il comma 2 dell'art. 1 prevede che uno dei membri della famiglia anagrafica, in conformità di quanto previsto dall'art. 13 del citato regolamento del 1989 - sottoscritta di fronte all'ufficiale d'anagrafe ovvero inviate al comune competente, con la necessaria documentazione - provveda alla dichiarazione anagrafica , volta ad intestarsi l'animale registrato nella indicata anagrafe territoriale.
La famiglia anagrafica è definita dall'art. 4 del DPR 223 del 1989 ( Nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente) come un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, unione civile, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.
Per aversi famiglia anagrafica, che può essere formata anche da una sola persona, devono sussistere i seguenti elementi costitutivi:
la presenza tra i membri di un vincolo familiare o affettivo;
la coabitazione e dimora abituale nello stesso comune.
L'ufficiale dell'anagrafe compila per ciascuna famiglia residente una scheda di famiglia, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono (art. 21 del D.P.R. 223/1989). Analogamente viene compilata una scheda di convivenza (art. 22 del D.P.R. 223/1989).
Il citato art. 13 stabilisce, infatti, che mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza vadano segnalati entro 20 gg. con la dichiarazione anagrafica.
Analoga dichiarazione andrà fatta in caso di morte dell'animale, inserito nella scheda di famiglia di cui all'art. 13 del regolamento mediante una modulistica conforme a quella predisposta dal Ministero dell'interno, d'intesa con l'Istituto nazionale di statistica.
La scheda di famiglia indica le posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono; in essa devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della famiglia, cancellate le persone che cessino di farne parte e tempestivamente annotate altresì le mutazioni relative alle posizioni anagrafiche.
L'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente è regolato dalla L. 1228/1954 e dal relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 223/1989). La gestione dell'anagrafe è organizzata su base territoriale: la legge stabilisce che ogni comune deve tenere l'anagrafe della popolazione residente.
Nell'anagrafe della popolazione sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio (art. 1 della L. 1228/1954).
Ogni cittadino è obbligato a chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, l'iscrizione nell'anagrafe del comune di dimora abituale e a dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche (art. 2 della L. 1228/1954); le dichiarazioni anagrafiche che egli è tenuto a rendere concernono i seguenti fatti (artt. 6 e 13 del D.P.R. 223/1989):
trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero trasferimento di residenza all'estero;
costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza;
cambiamento di abitazione;
cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della convivenza;
cambiamento della qualifica professionale;
cambiamento del titolo di studio.
Infine, il comma 3 , prevede, entro un mese dell'entrata in vigore del provvedimento in esame, l' adeguamento da parte del Governo del regolamento anagrafico del 1989 conseguente all'inserimento degli animali di affezione nella famiglia anagrafica.
L' articolo 2 dispone che i dati relativi agli animali di affezione inseriti nella famiglia anagrafica siano rilevati nel censimento annuale della popolazione e delle abitazioni realizzato dall'Istituto nazionale di statistica.
Tra i compiti istituzionale dell'ISTAT è compresa l'esecuzione dei censimenti e delle altre rilevazioni statistiche previste dal programma statistico nazionale ed affidate alla esecuzione dell'Istituto medesimo (art. 15, comma 1, lett. b) , del D.Lgs. 322/1989). Il censimento della popolazione e delle abitazioni consente di misurare le principali caratteristiche socio-economiche della popolazione dimorante abitualmente in Italia. Dall'ottobre 2018 è stato attivato il censimento permanente con cadenza annuale e non più decennale. A differenza del censimento decennale, il censi mento permanente non coinvolge tutte le famiglie nello stesso momento, ma solo un campione di esse: circa un milione e quattrocentomila. Il primo censimento permanente è stato chiuso nel dicembre 2018.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è corredata della sola relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge incide sulla materia "stato civile e anagrafi" che l'articolo 117, comma secondo, lett. i) della Costituzione, attribuisce all'esclusiva competenza statale. | 4,658 | 14 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3218 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3218
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VERINI, ENRICO BORGHI, ANNIBALI, CENNI, FORNARO, IANARO, BOLDRINI, BRAGA, BURATTI, CARNEVALI, CIAMPI, DE LUCA, DI GIORGI, MARCO DI MAIO, FIANO, FRAGOMELI, LA MARCA, MORASSUT, MURA, NOJA, PELLICANI, PEZZOPANE, QUARTAPELLE PROCOPIO, ROSSI, SENSI, SIANI, SOVERINI, UNGARO, ZARDINI
Disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d'armi
Presentata il 22 luglio 2021
Onorevoli Colleghi! – La cronaca, purtroppo, ci riporta sempre, brutalmente, a una consapevolezza già da tempo radicata: servono regole stringenti per evitare una diffusione incontrollata delle armi nel nostro Paese; le tragedie a cui siamo costretti ad assistere testimoniano di come troppo spesso le armi si trovino in mani «sbagliate» o che, magari, sono diventate «sbagliate» nel corso del tempo. Negli anni si è cercato di trasmettere e di legittimare l'implicito messaggio imperniato sulla «difesa fai da te», quasi incentivando i cittadini a farsi giustizia da sé, acquistando e utilizzando armi sulla base dell'esperienza di altri Paesi nei quali la diffusione delle armi ha rappresentato, oltre che un mercato, anche distorsioni dello stesso e un intreccio di affari con la politica.
Pensiamo innanzitutto alla situazione negli Stati Uniti d'America. Gli omicidi, le stragi nelle scuole e i fatti di sangue sono aumentati in maniera esponenziale e sta crescendo nell'opinione pubblica e nella stessa nuova amministrazione americana l'impegno per limitare la diffusione delle armi da fuoco. Nel nostro Paese le armi «legittimamente detenute» sono anche gli strumenti più comuni con i quali sono commessi i femminicidi e i delitti relazionali, come riportato anche da un documento sugli omicidi volontari predisposto dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, riguardante il quadriennio 2017-2020, con particolare riferimento a quelli riconducibili alla violenza di genere. Nel documento elaborato dal Servizio analisi criminale si evidenzia come vi sia stata una costante diminuzione degli omicidi volontari. Approfondendo l'analisi, però, si osserva un aumento delle vittime di sesso femminile e di quelle uccise in ambito familiare-affettivo. A febbraio, maggio, ottobre e novembre 2020, il 100 per cento delle donne vittime di omicidio sono state uccise in ambito familiare-affettivo e, anche se manca una rilevazione ufficiale, è certo che moltissimi di questi delitti sono stati compiuti con armi legalmente detenute.
Anche il numero di suicidi legati al possesso «regolare» di armi è in deciso aumento.
È necessario, dunque, rendere più stringenti i controlli per il rilascio della licenza di porto d'armi in favore dei privati e per rendere effettive e permanenti le verifiche sull'integrità psico-fisica e comportamentale di chi è in possesso di armi. È necessario, poi, verificare che ogni arma sia regolarmente denunciata da chi è a conoscenza della sua esistenza in casa e non solo, nonché potenziarne il sistema di tracciamento e di controllo. Non può essere infatti sufficiente, ad esempio, avere «ereditato» un'arma da un parente che la deteneva in modo regolare per motivi di lavoro o per altri motivi. La tracciabilità delle armi in Italia è garantita attraverso il Centro elaborazione dati e la Ministra dell'interno Lamorgese ha comunicato la prossima approvazione di un regolamento che disciplina il sistema informatico per la messa in rete di questi dati, al fine di supportare le Forze dell'ordine e le autorità competenti nelle operazioni di tracciamento degli armamenti. Con la presente proposta di legge, che non riguarda la detenzione e l'uso di armi per finalità venatorie o sportive, si prevede, dunque, che alla richiesta per il porto d'armi e per il suo rinnovo debba essere allegato un apposito certificato medico di idoneità psico-fisica, rilasciato da una commissione medica; nel caso in cui vengano riscontrati segni di disturbi psico-comportamentali, la licenza è revocata. La presente proposta di legge stabilisce, poi, una serie di forme di monitoraggio e di controllo della vendita e della detenzione delle armi: si rafforza l'obbligo di comunicazione delle compravendite di armi all'ufficio di pubblica sicurezza prevedendone l'esecuzione contestuale e non mensile, com'è invece attualmente disposto. Si prevede, inoltre, una tempestiva ed efficace comunicazione della vendita e della detenzione delle armi ai familiari, ai conviventi maggiorenni, anche diversi dai familiari, all'altra parte dell'unione civile, anche cessata, nonché a chi sia o sia stato legato da convivenza o da stabile relazione affettiva, anche se cessata, e, proprio per garantire, anche ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104 , di attuazione della direttiva (UE) 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, l'effettiva tracciabilità delle armi presenti nel territorio e permettere un sempre più efficiente scambio di dati tra i soggetti, le istituzioni e le amministrazioni coinvolti, si prevede che il Ministro dell'interno adotti, con proprio decreto, linee guida in materia di formazione del personale per la gestione delle banche dati nell'ambito del sistema informatico dedicato per la tracciabilità delle armi e delle munizioni, istituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno dall' articolo 11 del citato decreto legislativo n. 104 del 2018 .
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifiche alla legge 6 marzo 1987, n. 89 , in materia di porto d'armi)
1. Alla legge 6 marzo 1987, n. 89 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 dell'articolo 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, rilasciato ai sensi dell'articolo 1- bis »;
b) dopo l'articolo 1 è inserito il seguente:
«Art. 1- bis . – 1. Ai fini del rilascio del certificato di cui al comma 1 dell'articolo 1 della presente legge, l'accertamento dei requisiti psichici previsti dagli articoli 1, numero 5), e 2, numero 5), del decreto del Ministro della sanità 28 aprile 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 22 giugno 1998, è effettuato da un collegio medico costituito presso ciascuna azienda sanitaria locale, composto da tre medici del Servizio sanitario nazionale, di cui almeno uno specialista in neurologia e psichiatria.
2. Nel caso in cui vengano riscontrati segni, anche iniziali, di disturbi psico-comportamentali, il certificato di cui al comma 1 dell'articolo 1 non può essere rilasciato. Il mancato rilascio è immediatamente comunicato all'autorità di pubblica sicurezza competente per territorio in base alla residenza dell'interessato, che rifiuta il rilascio o il rinnovo della licenza di porto d'armi e che, ove già rilasciata, ne dispone la revoca».
Art. 2.
(Modifiche al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , in materia di acquisto di armi)
1. Al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 35:
1) al comma 4, la parola: «mensilmente» è sostituita dalle seguenti: «contestualmente alla vendita o all'acquisto»;
2) il comma 7 è sostituito dal seguente:
« 7. Il questore subordina il rilascio del nulla osta alla presentazione di una certificazione medica di idoneità psico-fisica rilasciata dal collegio medico costituito presso l'azienda sanitaria locale competente, ai sensi del comma 1 dell'articolo 1- bis della legge 6 marzo 1987, n. 89 »;
3) al comma 10, dopo le parole: «compreso il convivente more uxorio» sono inserite le seguenti: «, all'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, nonché a chi sia o sia stato legato da convivenza o da stabile relazione affettiva»;
b) all'articolo 42, secondo comma, dopo le parole: «compreso il convivente more uxorio» sono inserite le seguenti: «, all'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, nonché a chi sia o sia stato legato da convivenza o da stabile relazione affettiva».
Art. 3.
(Disposizioni in materia di tracciabilità delle armi)
1. Al fine di garantire, anche ai sensi di quanto disposto dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 104 , la tracciabilità delle armi presenti nel territorio e di permettere un sempre più efficiente scambio di dati tra i soggetti, le istituzioni e le amministrazioni coinvolti, il Ministro dell'interno, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta, con proprio decreto, linee guida in materia di formazione del personale per la gestione delle banche dati nell'ambito del sistema informatico dedicato per la tracciabilità delle armi e delle munizioni, istituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno dall' articolo 11 del citato decreto legislativo n. 104 del 2018 .
Art. 4.
(Ambito di applicazione)
1. Fatte salve le disposizioni relative agli obblighi di comunicazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a) , numero 3), sono escluse dall'applicazione delle disposizioni di cui alla presente legge le seguenti categorie, alle quali continua ad applicarsi la normativa vigente prima della data di entrata in vigore della medesima legge:
a) i titolari di licenza di porto di fucile per uso caccia;
b) i titolari di licenza per uso sportivo iscritti a una delle federazioni o a una delle associazioni con esse convenzionate che svolgono attività sportiva con l'utilizzo delle armi;
c) i corpi armati, le società di tiro a segno e le altre istituzioni autorizzate, per gli oggetti detenuti nei luoghi espressamente destinati allo scopo;
d) i possessori di raccolte autorizzate di armi artistiche, rare o antiche;
e) le persone che per la loro attività professionale, disciplinata dalla normativa vigente, hanno diritto ad andare armate, limitatamente al numero e alle specie delle armi loro consentite. | Disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d'armi
Premessa
La proposta di legge in esame (A.C. 3218), presentata alla Camera dei Deputati il 22 luglio 2021 e assegnata alla I Commissione Affari Costituzionali in sede referente l'11 novembre 2021, reca disposizioni in materia di controlli sulla detenzione di armi da fuoco e per il rilascio e il rinnovo della licenza di porto d'armi.
La proposta si compone di 4 articoli e mira a rendere più stringenti i controlli per il rilascio della licenza di porto d'armi in favore dei privati, nonché a rendere effettive e permanenti le verifiche sull'integrità psico- fisica e comportamentale dei possessori. Si prevede inoltre, un incremento degli obblighi di comunicazione posti a carico dell'interessato e il generale potenziamento del sistema di tracciamento e controllo delle armi.
Si ricorda che la disciplina dell'acquisto e detenzione di armi da fuoco e della licenza di porto d'armi è contenuta principalmente nel regio decreto n. 773/1931, in materia di acquisto di armi, e nella legge n. 89/1987, in materia di porto d'armi.
Tra gli ultimi interventi rilevanti, si segnala il D.Lgs. n. 104/2018, recante disposizioni per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/853 relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.
La direttiva si proponeva di migliorare alcuni aspetti della direttiva 91/477/CEE – che intendeva raggiungere un punto di equilibrio tra l'impegno a garantire una certa libertà di circolazione all'interno dell'Unione per alcune armi da fuoco e loro componenti essenziali e la necessità di inquadrare tale libertà mediante opportune garanzie di sicurezza – al fine di contrastare l'uso improprio di dette armi per scopi criminali, anche alla luce dei recenti atti terroristici.
La revisione europea, preannunciata nella comunicazione della Commissione del 28 aprile 2015 "Programma europeo sulla sicurezza", prevedeva tra l'altro:
- l'introduzione di norme comuni dell'Unione in materia di marcatura applicabili esclusivamente alle armi da fuoco e loro componenti essenziali fabbricati o importati dopo l'entrata in vigore della direttiva;
- la conservazione di dati relativi ad armi e componenti nell'apposito archivio per 30 anni dopo la distruzione;
- uno strumento di collegamento elettronico accessibile agli armaioli e agli intermediari per trasmettere le informazioni alle autorità nazionali via e-mail o inserendole direttamente in una banca dati o altro registro;
- norme più rigorose per le armi da fuoco più pericolose, onde non autorizzarne l'acquisizione, detenzione e scambi, salve deroghe limitate e debitamente motivate;
- la proibizione dell'uso civile di armi da fuoco progettate per uso militare (ad es. AK-47 e M16), dotate di selettore di fuoco e per le quali è possibile impostare manualmente la modalità di fuoco tra semiautomatica e automatica, nonché le semiautomatiche dotate di caricatore fisso o amovibile ad alta capacità di colpi.
Il decreto legislativo di attuazione, in particolare, interviene sulle definizioni, a partire dalla nozione di "parte d'arma", prevedendosi che essa coincida con quella di "componente essenziale" dettata dalla direttiva; dispone l'aggiornamento del regime di alcune tipologie di armi che la direttiva ricomprende fra quelle proibite o il cui porto o detenzione sono soggetti a speciali sistemi di autorizzazione; ridefinisce le modalità di marcatura delle armi da fuoco e le loro parti essenziali; prevede l'adeguamento ai nuovi parametri recati dalla direttiva della disciplina dei sistemi informativi, dedicati ad assicurare la tracciabilità delle armi e delle munizioni; prevede l'obbligo, per i detentori di armi comuni da sparo (ad eccezione dei collezionisti di armi antiche), di presentare, a cadenza quinquennale, la certificazione medica; dispone la riduzione da 6 a 5 anni della durata della licenza di porto d'armi per uso venatorio o sportivo (tiro a volo). Si prevede inoltre l'istituzione, presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, di un sistema informatico che consenta, attraverso una piattaforma informatica centralizzata, di realizzare lo scambio di dati con gli altri Stati membri dell'Unione Europea, richiesto dalla direttiva.
Contenuto
L' articolo 1 della proposta di legge reca alcune modifiche alla legge n. 89 del 1987 in materia di porto d'armi. In particolare, all'art. 1 comma 1, disciplinante il certificato medico di idoneità da allegarsi alla richiesta per ottenere la licenza di porto d'armi , viene aggiunto il riferimento ad un nuovo articolo 1-bis.
Quest'ultimo prevede, con riferimento all'accertamento dei requisiti psichici di cui al decreto del Ministro della sanità 28 aprile 1998 per il rilascio di tale certificato, la costituzione di un apposito collegio medico presso ciascuna azienda sanitaria locale, composto da tre medici del Servizio sanitario nazionale di cui almeno uno specialista in neurologia e psichiatria. Qualora nell'accertamento si riscontrino segni (anche ad uno stadio iniziale) di disturbi psico-comportamentali, è fatto divieto di rilasciare il certificato ed è data immediata comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza competente che, a seconda dei casi, rifiuta il rilascio o il rinnovo della licenza di porto d'armi, o ne dispone la revoca.
Si ricorda, in merito, che secondo la vigente normativa per ottenere il porto d'armi (per difesa personale, attività sportiva, licenza di caccia) va richiesto il certificato medico di idoneità psico-fisica. L'articolo 12, comma 3, del D.Lgs. n. 104 del 2018 ha ampliato la platea dei sanitari abilitati al rilascio del citato certificato, che oggi ricomprende - oltreché i settori medico-legali delle ASL e le strutture sanitarie militari e della Polizia di Stato - anche i singoli medici della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, nonché i medici militari in servizio permanente ed in attività di servizio.
La certificazione medica è richiesta anche per la detenzione di armi comuni da sparo ai sensi dell'art. 38 TULPS: a tale proposito si ricorda che l'art. 3, comma 2 del D.Lgs. n. 104 detta una disciplina transitoria relativa alla modalità di rilascio dei certificati medici che a norma dell'art. 38 i detentori di armi devono presentare ogni 5 anni. Inoltre, il D.Lgs. n. 104 del 2018, modificando l'art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 204 del 2010, ha fatto rinvio ad un nuovo decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell'interno (non ancora adottato) per disciplinare:
- le modalità di accertamento dei requisiti psico-fisici per l'idoneità all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi , nonché al rilascio del nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore (di cui all'art. 35, comma 7, del TULPS);
- una specifica disciplina transitoria per coloro che alla data di entrata in vigore del decreto stesso già detengono armi;
- definire, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, le modalità dello scambio protetto dei dati informatizzati tra il Servizio sanitario nazionale e gli uffici (delle Forze dell'ordine nei procedimenti finalizzati all'acquisizione, alla detenzione ed al conseguimento di qualunque licenza di porto delle armi.
L' articolo 2 della proposta reca alcune modifiche agli articoli 35 e 42 del regio decreto 773/1931 (c.d. Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).
In particolare, l' obbligo di comunicazione all'ufficio di polizia territorialmente competente delle generalità dei privati che hanno acquistato o venduto armi, della specie e quantità delle stesse nonché dei relativi titoli abilitativi, già posto dal comma 2 dell'art. 35 TULPS a carico dell'armaiolo con cadenza mensile, è reso non più periodico, bensì contestuale ad ogni operazione di vendita o acquisto (lettera a) , n. 1).
In secondo luogo, sempre all'art. 35, il comma 7 è radicalmente riscritto, in collegamento con le modifiche apportate alla legge n. 89/1987 di cui supra ( lettera a) , n. 2).
La disposizione attualmente in vigore subordina il rilascio del nulla osta per l'acquisto di armi (di competenza del questore) alla presentazione di un apposito certificato, prodotto dal settore medico legale dell'ASL o da un medico militare, della Polizia di Stato e del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco; in alternativa, è possibile presentare qualsiasi certificazione sanitaria prevista dalla normativa vigente. Nel progetto di legge in esame il comma è sostituito da una nuova formulazione che, per il rilascio del nulla osta, fa espresso rinvio alla certificazione di idoneità psicofisica di cui al nuovo art. 1-bis della l. 89/1987, come novellato all'art. 1 della presente proposta, unificando in tal modo in senso restrittivo la disciplina degli accertamenti di natura medica con riferimento tanto all'acquisto quanto alla detenzione di armi da fuoco.
Infine, ( lettera a) , n. 3 e lettera b ) ) l' obbligo di comunicazione (di cui al comma 10 dell'art. 35 e al comma 2 dell'art. 42 TULPS) attualmente previsto nei confronti dei conviventi maggiorenni anche diversi dai familiari, compreso il convivente more uxorio , a cura del diretto interessato , nel caso rispettivamente di rilascio del nulla osta all'acquisto delle armi o di una licenza di porto d'armi , viene esteso con l'espresso richiamo "all'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, nonché a chi sia o sia stato legato da convivenza o stabile relazione affettiva". In tal modo la comunicazione è imposta anche rispetto a relazioni da ritenersi cessate al momento del rilascio.
Riguardo all'obbligo di comunicazione, la proposta di legge introduce categorie ampie e onnicomprensive che rendono non facilmente individuabile la platea dei destinatari della comunicazione con possibili incertezze in sede applicativa. Andrebbe pertanto valutata l'opportunità di una puntuale determinazione dei soggetti richiamati, anche riguardo all'estensione temporale delle stabili relazioni affettive cessate.
L' a rticolo 3, ai fini di una migliore tracciabilità delle armi detenute sul territorio e di uno scambio più efficiente di dati tra soggetti e amministrazioni, prevede l'adozione, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro dell'Interno recante linee guida in materia di formazione del personale per la gestione delle banche dati afferenti al sistema informatico dedicato alla tracciabilità di armi e munizioni, già istituito dal D.Lgs. 104/2018 e incardinato presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero.
Si ricorda in proposito che, in attuazione dell'articolo 1, par. 14, della direttiva 2017/853, il decreto legislativo n. 104 del 2018 (articolo 11) ha previsto l'istituzione di un sistema informatico dedicato per la tracciabilità delle armi e delle munizioni. Esso è istituito presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza. È inteso quale strumento per assicurare standard uniformi circa il controllo delle armi da fuoco e delle munizioni nonché per garantire lo scambio di dati tra Stati membri dell'Unione europea. Le informazioni che il sistema deve contenere sono specificate dal comma 2, a seconda che si tratti di armi da fuoco, di munizioni, di armi diverse da quelle da fuoco. Il comma 3 individua i soggetti tenuti ad immettere i dati relativi alle operazioni eseguite nel sistema informatico i dati. Sono i soggetti di cui all'articolo 35 (armaioli) e - limitatamente alle munizioni - all'articolo 55 (gli esercenti fabbriche, depositi o rivendite) del Testo unico di pubblica sicurezza. L'inserimento dei dati nel sistema costituisce per questi soggetti assolvimento degli obblighi informativi loro imposti dai medesimi articoli 35 e 55 del Testo unico. Ne dovrebbe conseguire una informatizzazione dei registri, previsti da quegli articoli del Testo unico. In caso di operazioni relative ad armi che siano state compiute da acquirenti e detentori diversi dai soggetti sopra ricordati, l'inserimento dei dati spetta all'Ufficio locale di pubblica sicurezza o, quando questo manchi, il locale comando dell'Arma dei Carabinieri ovvero la Questura competente per territorio. Questo, in caso di trasmissione della denuncia per via telematica. Così prevede il comma 4. Il comma 5 individua il personale abilitato alla consultazione del sistema informatico. Si tratta del personale delle Forze di polizia nonché del personale dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio presso le Prefetture-Unità territoriali del Governo, le Questure e gli uffici locali di pubblica sicurezza. Le finalità della consultazione sono il controllo della circolazione delle armi e delle munizioni nonché la prevenzione e repressione dei reati commessi per loro mezzo. Il comma 6 demanda a regolamento ministeriale la disciplina attuativa di alcuni profili.
Infine, l' articolo 4 circoscrive l' ambito di applicazione della disciplina dalla stessa recata, prevedendo l'espressa esclusione di alcune rilevanti categorie di soggetti, alle quali continuerà ad applicarsi la normativa attualmente vigente. Si tratta, in particolare, dei titolari di licenza di fucile per uso caccia, dei titolari per uso sportivo i quali siano iscritti alle federazioni o associazioni convenzionate e svolgano la relativa attività con armi da fuoco, delle istituzioni autorizzate (tra cui corpi armati e società di tiro) con detenzione nei luoghi destinati, dei possessori di raccolte autorizzate di armi di valore artistico, antiche o rare, nonché di coloro che vadano armati per ragioni professionali, limitatamente alla specie e numero di armi a ciò consentite.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La disciplina della proposta di legge è riconducibile alla regolamentazione di armi, munizioni ed esplosivi , materia che l'art. 117, secondo comma, lett. d) Cost. attribuisce espressamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Compatibilità con la normativa dell'Unione europea
La disciplina proposta tiene conto delle disposizioni dell'Unione europea in tema di controllo delle armi di cui alla direttiva 91/477/CEE e alla direttiva (UE) 2017/853. In particolare, l'articolo 2 della proposta di legge, che rende contestuale ad ogni operazione di compravendita l'obbligo di comunicazione all'ufficio di polizia competente, si inserisce in chiave attuativa dell'articolo 3 della direttiva 853, laddove quest'ultimo prescrive che gli Stati provvedano affinché gli armaioli e gli intermediari stabiliti nel proprio territorio segnalino "senza indebito ritardo" alle autorità nazionali competenti le operazioni riguardanti le armi da fuoco o i componenti essenziali, così da permettere alle suddette autorità un aggiornamento immediato dei relativi archivi. | 7,827 | 145 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1891 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1891
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SPADONI, DAVIDE AIELLO, ALAIMO, ASCANI, BOLOGNA, BRUNO, BUOMPANE, CASA, CATALDI, CIPRINI, COSTANZO, DADONE, D'ARRANDO, SABRINA DE CARLO, DE GIROLAMO, DEIANA, DEL MONACO, ERMELLINO, FICARA, GALIZIA, GIORDANO, GRIMALDI, GRIPPA, IANARO, IOVINO, LAPIA, LATTANZIO, LOMBARDO, MACINA, MAMMÌ, ALBERTO MANCA, MANZO, MARIANI, MARINO, NAPPI, NESCI, NITTI, PARENTELA, PENNA, PERANTONI, PIGNATONE, ROMANIELLO, ROBERTO ROSSINI, SCANU, SCERRA, SERRITELLA, SIRAGUSA, SUT, TERMINI, ELISA TRIPODI, VILLANI, LEDA VOLPI, ZENNARO, ZOLEZZI
Modifica all' articolo 18 della legge 12 marzo 1999, n. 68 , in materia di inserimento delle donne vittime di violenza nelle categorie protette ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro
Presentata il 5 giugno 2019
Onorevoli Colleghi ! – In Italia, purtroppo, i casi di femminicidio e di donne maltrattate continuano ad aumentare, rendendo la situazione sempre più grave e allarmante. Secondi i dati EURES, nei primi dieci mesi del 2018 sono state 106 le vittime di femminicidio in Italia, con un aumento percentuale del 30 per cento rispetto al 2017. Nel 2016 in Italia sono state uccise 115 donne, 120 nel 2015, 117 nel 2014 e ben 138 nel 2013.
Secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica, nel 2017, 49.152 donne si sono rivolte a un centro anti violenza, il 59 per cento delle quali ha iniziato un percorso di uscita dalla violenza (29.227 donne).
Il 28 maggio 2013, la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità il disegno di legge di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2013 e per ciò detta «Convenzione di Istanbul», e, sempre all'unanimità, il Senato ne ha approvato in via definitiva la ratifica il 19 giugno 2013 ( legge 27 giugno 2013, n. 77 ). Tale Convenzione, all'articolo 8 (Risorse finanziarie) stabilisce che: «La Parti stanziano le risorse finanziarie e umane appropriate per un'adeguata attuazione di politiche integrate, di misure e di programmi destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente Convenzione, ivi compresi quelli realizzati dalle ONG e dalla società civile».
All'articolo 18 (Obblighi generali), comma 3, viene disposto, inoltre, che le Parti si accertano che le misure adottate mirino ad accrescere l'autonomia e l'indipendenza economica delle donne vittime di violenze. All'articolo 20 (Servizi di supporto generali) si prevede che: «Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che le vittime abbiano accesso ai servizi destinati a facilitare il loro recupero. Tali misure includeranno, se necessario, dei servizi quali le consulenze legali e un sostegno psicologico, un'assistenza finanziaria, alloggio, istruzione, formazione e assistenza nella ricerca di un lavoro».
La presente proposta di legge si colloca in tale drammatico contesto, in cui urgono interventi specifici per agevolare l'inserimento nel mondo del lavoro delle donne maltrattate. L' articolo 18, comma 2, della legge n. 68 del 1999 , garantisce che una quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di 50 dipendenti sia attribuita in favore di determinati soggetti: orfani, coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché coniugi e figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati. La predetta quota è pari a un'unità di personale per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da 51 a 150 dipendenti, mentre per i datori di lavoro che occupano più di 150 dipendenti la quota di riserva si applica nella misura dell'1 per cento.
Per completezza, si ricorda che con la legge n. 4 del 2018 , all'articolo 6, è stata introdotta la quota di riserva «anche ai figli orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno del genitore medesimo dal coniuge, anche se legalmente separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, o dalla persona legata da relazione affettiva e stabile convivenza, condannati ai sensi dell'articolo 577, primo comma, numero 1), ovvero secondo comma, del codice penale ».
Con la presente proposta di legge, quindi, si modifica l' articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68 , inserendo fra le categorie protette anche le donne vittime di violenza domestica inserite nei percorsi di protezione attivati dai servizi sociali.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68 , dopo le parole: «per tali cause,» sono inserite le seguenti: «delle donne vittime di violenza domestica inserite nei percorsi di protezione attivati dai servizi sociali,». | Disposizioni per l'inserimento lavorativo per le donne vittime di violenze di genere
Contenuto
Le proposte di legge C. 1458 Frassinetti, C. 1791 Fragomeli e C. 1891 Spadoni recano disposizioni per l' inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere.
Le proposte intendono assicurare tale obiettivo, da un lato, con il riconoscimento di agevolazioni contributive per le assunzioni delle vittime di violenza e, dall'altro, attraverso l' inserimento delle donne vittime di violenza nelle categorie protette ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro.
Un quadro complessivo sulla violenza contro le donne è stato ricostruito per una prima volta con l'indagine sulla violenza, denominata "Indagine sulla sicurezza delle donne", condotta dall'ISTAT nel 2006 e poi rinnovata nel 2014. Dai dati dell'indagine condotta nel 2014 il 31,5 per cento delle donne con età compresa tra 16 e 70 anni, pari a 6 milioni 788 mila unità, ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. In particolare, il 20,2 per cento ha subìto una violenza fisica, il 21 per cento ha subito una violenza sessuale, il 5,4 per cento ha subito forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro e il tentato stupro. Oltre alla violenza fisica o sessuale le donne con un partner subiscono anche forme di violenza psicologica ed economica, cioè comportamenti di umiliazione, svalorizzazione, controllo ed intimidazione, nonché di privazione o limitazione nell'accesso alle proprie disponibilità economiche o della famiglia.
Come segnalato nella relazione illustrativa della proposta di legge C. 1891 Spadoni, le proposte si muovono nel solco di quanto previsto dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011 e ratificata dal nostro Paese con la legge 27 giugno 2013, n. 77. In particolare, assumono rilievo in tale contesto le disposizioni dell'articolo 18, comma 3, della Convenzione, che richiamano l'esigenza che gli Stati adottino misure volte ad accrescere l'autonomia e l'indipendenza economica delle donne vittime di violenze, nonché le previsioni dell'articolo 20, comma 1, della medesima Convenzione, che richiedono alle Parti contraenti di adottare misure legislative o di altro genere per garantire che le vittime abbiano accesso, tra l'altro, alla formazione e all'assistenza nella ricerca di un lavoro.
Al riguardo, si ricorda che, al fine di definire una strategia complessiva di intervento per il contrasto della violenza di genere, in attuazione della citata Convenzione di Istanbul, il decreto-legge n. 93/2013 (conv. legge n. 119 del 2013) ha previsto, all'art. 5, l'adozione di un Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, attualmente denominato, ai sensi dell'art. 1, commi 149-150, della legge di bilancio 2022 ( L. n. 234/2021), Piano strategico nazionale contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica , del quale è prevista l'adozione, previo parere in sede di Conferenza unificata, con cadenza almeno triennale e con l'esplicito richiamo alla Convenzione di Istanbul. Inoltre, al fine di definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo, sono istituiti presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri una Cabina di regia interistituzionale e un Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica.
Per quanto riguarda le risorse finanziarie a sostegno degli interventi previsti dal Piano, occorre fare riferimento alle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità , che sono appostate - unitamente agli altri eventuali ulteriori interventi a carico del Fondo - nel cap. 2108 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), per essere successivamente trasferite al bilancio della Presidenza del Consiglio. Si segnala, inoltre, che i citati commi 149-150 dell'art. 1 della legge di bilancio 2022 ( L. n. 234/2021) hanno disposto l'incremento di 5 milioni di euro annui della dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità per il finanziamento del Piano, a decorrere dall'anno 2022 (con la contestuale soppressione dell'art. 1, comma 353, della legge di bilancio 2020, che aveva incrementato di 4 milioni di euro il medesimo Fondo, sempre con la finalità di finanziamento del Piano); le risorse sono destinate alla copertura tanto delle azioni a titolarità nazionale quanto di quelle a titolarità regionale previste dal Piano. Tali risorse sono destinate dal Presidente del Consiglio o dall'Autorità politica delegata per le pari opportunità, alle azioni a titolarità nazionale e regionale previste dal Piano, fatte salve quelle necessarie al potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza
Si evidenzia, inoltre, che l'esame delle proposte di legge è stato avviato alla vigilia dello scorso 25 novembre , data designata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 54/134 come giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, nella quale i governi, le organizzazioni internazionali e non governative sono invitati a svolgere attività tese a sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne.
Con riferimento più specifico al contenuto delle proposte di legge in esame, la proposta di legge C. 1458 Frassinetti , composta di un solo articolo, dispone l 'estensione a tutte le imprese della possibilità di accedere al contributo a titolo di sgravio previsto dall'articolo 1, comma 220, della legge di bilancio per il 2018.
In particolare, la norma, al comma 1, aggiunge il comma 220-bis all'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018).
Il nuovo comma 220- bis estende i benefìci di cui al comma 220 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 anche alle imprese di qualunque dimensione, per le assunzioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2019, nel limite di spesa massimo di 3 milioni di euro annui. Inoltre, si affida a una decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno, il compito di stabilire i criteri di assegnazione e di ripartizione delle risorse in questione .
La disposizione richiamata (art. 1, comma 220, della L. n. 205/2017) ha previsto il riconoscimento alle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, di un contributo a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute relativamente alle assunzioni di donne vittime di violenza di genere, certificate dai servizi sociali del comune di residenza o dei centri anti- violenza o dalle case rifugio. Lo sgravio è riconosciuto per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel corso dell'anno 2018 per un periodo massimo di trentasei mesi entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020. Il contributo è riconosciuto anche per le assunzioni effettuate nel 2021 per un periodo non superiore a dodici mesi ed entro il limite di spesa di un milione di euro per l'anno 2021. I criteri di assegnazione e di ripartizione delle risorse sono stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'interno.
Il comma 2 prevede che agli oneri derivanti dalla norma, pari, appunto, a 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
La p roposta di legge C. 1791 Fragomeli si compone invece di tre articoli.
In particolare, l' articolo 1 indica le finalità del provvedimento, che intende a favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere , beneficiarie di interventi di protezione, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza ovvero dai centri anti-violenza o dalle case-rifugio. di cui all'articolo 5- bis del D.L. 14 agosto 2013, n. 93
Sul punto, si ricorda che il richiamato del D.L. n. 93/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province. In particolare, all'articolo 5- bis si disciplinano le a zioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio, ai quali la norma garantisce l'anonimato, prevedendo, tra l'altro, che essi siano sono promossi da: a) enti locali, in forma singola o associata; b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato; i soggetti prima menzionati, di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
Gli strumenti volti al raggiungimento di tale obiettivo sono individuati dagli articoli 2 e 3 della proposta. In particolare, l' articolo 2 prevede l'estensione alle donne vittime di violenza di genere come definite dall'articolo 1 del beneficio della quota di riserva di posti di lavoro di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Al riguardo, la L. n. 68/1999 reca norme per l'avviamento al lavoro delle persone con disabilità e, all'articolo 18, comma 2, prevede, in favore di determinate categorie di lavoratori, la riserva di una quota sul numero di dipendenti dei datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano più di 50 dipendenti. La quota è pari a un punto percentuale e, per i datori di lavoro pubblici e privati che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti, la quota è pari a una unità. La L. n. 68/1999 individua come beneficiari della misura gli orfani e i coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché i coniugi e i figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati. Con la legge 11 gennaio 2018, n. 4, sono stati inseriti nella quota di riserva anche i figli orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno del genitore medesimo dal coniuge, anche se separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, o dalla persona legata da relazione affettiva e stabile convivenza, condannati ai sensi dell'articolo 577, primo comma, numero 1), ovvero secondo comma del codice penale. Con l'articolo 67- bis , comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, sono inseriti nella quota anche coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria. Nella relazione illustrativa della proposta si ricorda che in occasione dell'esame del disegno di legge C. 1455, recante modifiche al codice di procedura penale e disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, il Governo aveva accolto l'ordine del giorno Fragomeli 9/01455-A/002 con il quale si chiedeva l'estensione della riserva anche alle donne vittime di violenza di genere.
Si ricorda, inoltre che la Direttiva del Dipartimento della funzione pubblica n. 1/2019 ha fornito chiarimenti e linee guida in materia di collocamento obbligatorio delle categorie protette.
L' articolo 3 , analogamente a quanto previsto dalla proposta C. 1458 Frassinetti, prevede il riconoscimento a regime del contributo triennale riconosciuto a titolo di sgravio contributivo per l'assunzione delle donne vittime di violenza, previsto dall'articolo 1, comma 220, della legge di bilancio per il 2018, estendendone l'applicazione alle imprese di qualunque dimensione. È previsto un limite di spesa annuale di 5 milioni di euro (comma 1). Inoltre – come nella norma vigente – si affida a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno, il compito di stabilire i criteri di assegnazione e di ripartizione delle risorse (comma 2). Infine, si dispone che agli oneri derivanti dall'attuazione della norma, pari, come detto, a 5 milioni di euro annui, a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
La norma richiamata ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
Infine, la proposta di legge C. 1891 Spadoni, interviene con una novella all'articolo 18 della legge n. 68 del 1999 e consta di di un articolo unico. Essa, come la proposta C. 1791 Fragomeli, è volta a comprendere nel novero delle categorie a cui è riservata la quota di riserva di posti di lavoro le donne vittime di violenza domestica.
In particolare, le donne vittime di violenza domestica inserite nei percorsi di protezione attivati dai servizi sociali sono inserite tra i soggetti ai quali l'art. 18, comma 2, della L. n. 68/1999 è attribuita una quota di riserva di posti di lavoro.
A tal proposito, si ricorda che la norma richiamata attribuisce una quota di riserva a varie categorie di soggetti una quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale ( cfr. più diffusamente supra ).
Analisi di impatto di genere
Secondo le statistiche del Dipartimento della pubblica sicurezza presso il Ministero dell'interno, il fenomeno della violenza contro le donne ha assunto negli ultimi anni proporzioni assai rilevanti. Nel 2020, seppur in diminuzione rispetto all'anno precedente per effetto del lockdown , si sono registrati 39.166 casi ascrivibili ai c.d. reati spia - ovvero quei delitti che, essendo espressione di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica diretta contro una donna in quanto tale, sono indicatori di violenza di genere (si tratta dei delitti di atti persecutori, di cui all'art. 612- bis c.p., maltrattamenti contro familiari e conviventi, di cui all'art art. 572 c.p., e violenze sessuali, di cui agli artt. 609- bis, 609- ter e 609- octies c.p.). Per quanto riguarda gli omicidi, a fronte della diminuzione del totale degli omicidi volontari (da 315 del 2019 a 275 del 2020), quelli con vittime di sesso femminile sono aumentati, passando dai 111 del 2019 ai 113 del 2020, e tra questi la maggior parte sono avvenuti per mano di partner o ex partner. Tra le misure volte a contrastare il fenomeno della violenza di genere, il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, adottato dal Governo in attuazione del decreto-legge n. 93 del 2013, si pone come un importante strumento operativo non solo dal punto della prevenzione e della repressione dei reati, ma anche dal punto di vista della protezione e del sostegno alle vittime. Su tale ultimo versante, il Piano prevede l'attivazione di specifici percorsi volti all' empowerment economico, finanziario, lavorativo e all'autonomia abitativa delle donne che hanno subito violenza.
In particolare, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 , recentemente presentato in Consiglio dei ministri dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, individua una serie di aree di intervento prioritarie quali: l'adozione di protocolli per il reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza e, in particolare, di forme di collaborazione tra istituzioni, imprenditoria e centri antiviolenza; l'attivazione di percorsi di formazione di eccellenza, con la previsione di tirocini retribuiti vincolati all'inserimento lavorativo; il rafforzamento degli incentivi all'occupazione, dei "redditi di libertà", del microcredito di libertà e degli strumenti volti al mantenimento dell'occupazione, come il congedo per le donne vittime di violenza; l'estensione fino a 6 mesi della possibilità di utilizzare il congedo per le donne vittime di violenza previsto dal D.L. n. 8/2015; la previsione di contributi per il supporto al lavoro autonomo femminile, in particolare negli anni successivi all'avviamento dell'impresa; l'avvio di percorsi di autonomia abitativa, con la possibilità di inserimento delle donne vittime di violenza nelle graduatorie per gli accessi al patrimonio immobiliare pubblico.
Infine, si segnalano i dati forniti dall'ISTAT in relazione all'aumento del rischio di violenza sulle donne come accresciuto dall'emergenza generata dall'epidemia di coronavirus. | 7,333 | 259 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-534 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 534
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BERRUTO, ASCANI, BAKKALI, BRAGA, CASU, FASSINO, FORATTINI, GIRELLI, GNASSI, GRIBAUDO, LAI, MALAVASI, UBALDO PAGANO, TONI RICCIARDI, ANDREA ROSSI, SCHLEIN, SERRACCHIANI
Incremento delle aliquote dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse relativamente ad alcuni giochi e destinazione del gettito alla promozione dell'attività sportiva
Presentata il 9 novembre 2022
Onorevoli Colleghi! – Il mondo dello sport in Italia, secondo i dati che emergono dal lavoro svolto dall'Osservatorio sullo sport system italiano della Banca IFiS, genera un giro d'affari imponente, importante da analizzare per l'economia da indotto e le positive ricadute sociali che genera. Nel 2021 il fatturato delle oltre 74.000 società sportive (per l'88 per cento), professionistiche (10 per cento) e dilettantesche (2 per cento) in Italia ammonta a circa 37,5 miliardi. Considerando anche l'indotto, il giro d'affari della sport industry in Italia nel 2021 è stato pari a 78,8 miliardi, pari al 3 per cento del PIL nazionale.
Il valore indiretto generato dallo sport per l'economia e la società italiana è stato di quasi 8,2 miliardi di euro nel 2021, di cui la maggior parte in risparmi per il sistema sanitario nazionale. Infatti, basandosi sui dati riguardanti le principali cause di morte in Italia, si può affermare che se anche solo una piccola percentuale dei pazienti affetti da malattie cardiovascolari sedentari iniziasse ad effettuare esercizio fisico si risparmierebbero centinaia di milioni di euro spesi per l'assistenza sanitaria. Secondo l'Istituto superiore di sanità i costi diretti sanitari correlati alle quattro patologie principali associate all'inattività fisica (tumore della mammella e del colon-retto, diabete di tipo 2, coronaropatia) ammontano a oltre 1,6 miliardi di euro annui.
Gli investimenti pubblici nello sport e nella cultura del movimento hanno dunque una forza propulsiva particolarmente elevata. Nel 2019, l'Italia ha registrato una spesa pubblica di 4,7 miliardi di euro che ha messo in moto risorse private, finalizzate a produrre attività sportiva, per quasi 42 miliardi di euro. Il fatturato annuo generato pari a 96 miliardi di euro è stato infine pari a oltre venti volte l'investimento pubblico iniziale e 2,3 volte le risorse investite dagli operatori economici. Sostanzialmente, nel 2019, 1 milione di euro d'investimento pubblico ha attivato quasi 9 milioni di euro di risorse private che hanno generato un fatturato annuo di 20 milioni di euro, senza contare il risparmio per il Servizio sanitario nazionale, più difficilmente quantificabile, come dimostrato dalla letteratura scientifica, almeno quattro volte superiore all'investimento in attività motoria. Il « Global status report on physical activity 2022 » dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che analizza le modalità di attuazione – adottate dai governi – delle raccomandazioni fornite nel Global action plan on physical activity 2018-2030 (GAPPA), con l'obiettivo di garantire l'aumento dei livelli di partecipazione all'attività fisico-sportiva, dimostra che i progressi sono lenti e che i Paesi devono accelerare lo sviluppo e l'attuazione di politiche per aumentare i livelli di attività fisica e ridurre il carico sui sistemi sanitari. In particolare, dal rapporto emerge che, attualmente, oltre l'80 per cento degli adolescenti e il 27 per cento degli adulti non soddisfa i livelli di attività fisica raccomandati dall'OMS, con conseguente generazione di costi sui sistemi sanitari e sulla società. Per quanto riguarda in particolare l'Italia, la scheda evidenzia subito che le malattie non trasmissibili (diabete, malattie cardiovascolari, tumori, malattie dell'apparato respiratorio e altro) rappresentano un tasso di mortalità del 91 per cento. In questo quadro, appaiono rilevanti i dati dei sedentari divisi per fasce d'età, che vedono tra gli adolescenti (11-17 anni) il 92 per cento delle ragazze rispetto all'86 per cento dei ragazzi e nella fascia adulta (+18 anni) il 46 per cento delle donne rispetto al 36 per cento degli uomini. Il costo economico dell'inattività fisica è significativo: se i governi non adotteranno misure urgenti per incoraggiare una maggiore attività fisica tra le loro popolazioni, tra il 2020 e il 2030, quasi cinquecento milioni di persone svilupperanno malattie cardiache, obesità, diabete o altre malattie non trasmissibili (NCD), per un costo di 27 miliardi di dollari all'anno. Per l'Italia in particolare il report stima costi diretti per il sistema sanitario legati alle malattie NCDs pari a circa 1 miliardo di dollari l'anno e corrispondenti a 11,7 miliardi di dollari fino al 2030.
Nella scorsa legislatura è stata discussa la riforma costituzionale volta a introdurre all'interno della Carta fondamentale il riconoscimento del valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme, sia esso professionistico, dilettantistico, amatoriale, organizzato o non organizzato; riforma, tuttavia, non approvata definitivamente a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.
La riforma intendeva in particolare dare risalto al valore educativo dello sport, legato allo sviluppo e alla formazione della persona, al quale si affianca il valore sociale del medesimo: lo sport, infatti, rappresenta spesso un fattore di aggregazione e uno strumento d'inclusione per individui o cerchie di soggetti in condizioni di svantaggio o marginalità del più vario genere, quali quelle di tipo socio-economico, etnico-culturale o fisico-cognitivo. Da ultimo, lo sport ha una innegabile correlazione, come precedentemente dimostrato, con la salute, intesa nella sua più moderna concezione di benessere psico-fisico integrale della persona, anziché come mera assenza di malattia.
La presente proposta di legge è volta a promuovere l'attività sportiva giovanile dilettantistica e professionale nonché l'attività del Comitato italiano paralimpico, in particolare destinando parte dei proventi derivanti dalle scommesse sportive a tali scopi. Il presupposto si basa proprio sul fatto che il settore delle scommesse deve molta parte dei propri guadagni proprio al comparto delle scommesse sportive, rispetto al totale degli eventi su cui scommettere.
Tutto ciò porta a un giro di affari di miliardi di euro in cui i principali artefici, che sono gli atleti e le federazioni, non vengono coinvolti a danno in particolare dei settori giovanili e senza una visione di lungo periodo che permetterebbe di puntare sui nuovi campioni delle generazioni future o semplicemente cittadini più sani e consapevoli.
Ogni giorno sono sempre di più i giocatori che scelgono di tentare la fortuna utilizzando i propri smartphone e tablet , grazie ai quali possono scommettere rapidamente ed in totale sicurezza utilizzando le App sviluppate dagli operatori del settore.
Nel 2019, secondo il libro Blu pubblicato dall'Agenzia dei Monopoli, il canale telematico del gioco legale in Italia ha raccolto circa 36,4 miliardi di euro (che rappresentata il totale della raccolta realizzata attraverso i canali di gioco a distanza autorizzati) di cui 7,72 miliardi di euro per le scommesse sportive a quota fissa. Per quanto riguarda il canale di vendita fisico, sempre nell'anno 2019, secondo i dati dell'Agenzia, la raccolta totale è stata di 74,1 miliardi di euro (che rappresenta il totale della raccolta realizzata presso i punti fisici) di cui 4,80 miliardi di euro relativi alle scommesse sportive.
Nel corso del triennio 2017-2019 il valore della raccolta complessiva delle scommesse sportive a quota fissa è cresciuto del 26 per cento passando da circa 10 miliardi di euro a 12,5 miliardi di euro.
Nel tempo la raccolta a distanza è cresciuta di più rispetto a quella fisica; mentre nel 2017 la raccolta fisica contribuiva al valore complessivo della raccolta per il 43 per cento, nel 2019 tale percentuale è scesa al 38 per cento; ciò anche se in termini assoluti ha registrato un apprezzamento del 10,85 per cento, passando da 4,33 a 4,80 miliardi di euro. Poiché gran parte del gioco pubblico verte proprio sulle scommesse sportive che senza lo sport, evidentemente, non potrebbero esistere, riteniamo necessario istituire un principio di redistribuzione di parte di quegli utili in maniera diretta ed esplicita al mondo dello sport stesso che, appunto, ne garantisce l'esistenza e la possibilità di business .
Pertanto la presente proposta di legge, che si compone di un unico articolo, è volta a destinare una quota delle risorse del gioco pubblico derivante dalle scommesse, sia su rete fisica, sia a distanza, alla promozione dello sport in tutte le sue forme.
In particolare, il comma 1 prevede l'istituzione di un fondo destinato alla promozione dell'attività sportiva con una dotazione di 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, destinata a progetti di promozione dello sport, nonché alla promozione di investimenti nei settori sportivi giovanili e nella promozione dell'attività del Comitato italiano paralimpico. Il successivo comma 4 prevede la ripartizione del citato fondo tra le varie destinazioni, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'istruzione, con il Ministro della cultura e con il Ministro per lo sport e i giovani.
Il comma 2 individua le risorse da destinare alla copertura degli oneri ai sensi del comma 3. In particolare il comma 2 modifica, a decorrere dal 1° gennaio 2023, le aliquote dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse nei termini seguenti: l'imposta unica per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro passa dal 25 per cento al 30 per cento; l'imposta unica per il gioco del bingo a distanza passa dal 25 per cento al 30 per cento; l'imposta unica per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, passa dal 20 per cento al 22 per cento, se la raccolta avviene su rete fisica, e dal 24 per cento al 26 per cento, se la raccolta avviene a distanza; l'imposta unica per le scommesse a quota fissa su eventi simulati («scommesse simulate» o «scommesse virtuali») passa dal 22 per cento al 24 per cento.
Poiché, in conclusione, il mondo dello sport ha urgente necessità di investire sul futuro e sui giovani talenti, si auspica un rapido esame della proposta di legge e la sua approvazione da parte del Parlamento.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Destinazione di quota delle risorse del gioco pubblico alla promozione dello sport )
1. A decorrere dal 1° gennaio 2023 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo denominato «Fondo per la promozione dello sport» con una dotazione di 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. Le risorse del fondo sono destinate al finanziamento di progetti di promozione dello sport, alla promozione di investimenti nei settori sportivi giovanili e alla promozione delle attività del Comitato italiano paralimpico.
2. A decorrere dal 1° gennaio 2023, l'aliquota dell'imposta unica di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 , è stabilita:
a) per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e per il gioco del bingo a distanza, nella misura del 30 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite in vincite al giocatore;
b) per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 22 per cento, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 26 per cento, se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;
c) per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all' articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 , nella misura del 24 per cento della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.
3. Agli oneri di cui al comma 1, pari a 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023, si provvede a valere, fino a concorrenza dei relativi oneri, su quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del comma 2.
4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'istruzione, con il Ministro della cultura e con il Ministro per lo sport e i giovani, sono stabilite annualmente entro il 30 giugno le modalità e i criteri di ripartizione delle risorse del fondo di cui al comma 1. | Incremento delle aliquote dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse relativamente ad alcuni giochi e destinazione del gettito alla promozione dell'attività sportiva
Premessa
La proposta di legge in esame (A.C. 534) – che consta di un solo articolo – istituisce un Fondo per la promozione dello sport , con una dotazione di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2023 , destinati al finanziamento di progetti di promozione dello sport, alla promozione di investimenti nei settori sportivi giovanili e alla promozione delle attività del Comitato italiano paralimpico.
Alla copertura si provvede, fino a concorrenza dei relativi oneri, con le risorse rinvenienti dall' incremento , disposto dalla medesima proposta di legge, delle aliquote dell'imposta unica connessa a giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e al gioco del bingo a distanza, alle scommesse a quota fissa diverse da quelle ippiche (sia quelle per cui la raccolta avviene su rete fisica, sia quelle per cui la raccolta avviene a distanza) nonché alle scommesse a quota fissa su eventi simulati.
Contenuto
Il comma 1 dell' unico articolo , a decorrere dal 1° gennaio 2023 , istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il trasferimento al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, un fondo denominato " Fondo per la promozione dello sport " con una dotazione di 80 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023. Le risorse del fondo sono destinate al finanziamento di progetti di promozione dello sport, alla promozione di investimenti nei settori sportivi giovanili e alla promozione delle attività del Comitato italiano paralimpico.
Si valuti l'opportunità di aggiornare la decorrenza temporale della disposizione, essendo il 1° gennaio 2023 già trascorso.
Il comma 2 incrementa, a decorrere dal 1° gennaio 2023, le aliquote dell'imposta unica previste per alcuni concorsi pronostici e scommesse, come da ultimo modificate dall'art. 1, comma 1052 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).
Si valuti l'opportunità di aggiornare la decorrenza temporale della disposizione, essendo il 1° gennaio 2023 già trascorso.
Si tratta delle aliquote applicate ai giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e al gioco del bingo a distanza, alle scommesse a quota fissa diverse da quelle ippiche (sia quelle per cui la raccolta avviene su rete fisica, sia quelle per cui la raccolta avviene a distanza) nonché alle scommesse a quota fissa su eventi simulati.
A tale proposito, si ricorda che l 'imposta unica , istituita dal decreto legislativo del 23 dicembre 1998, n. 504, si applica ai concorsi pronostici e alle scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all'estero. Le aliquote sono variabili fra i vari tipi di gioco; la base imponibile per i concorsi pronostici è costituita dall'ammontare della somma corrisposta dal concorrente per il gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori, mentre per le scommesse è costituita dall'ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa. I soggetti passivi dell'imposta sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse.
In merito ai richiamati soggetti passivi, si segnala che in base al disposto della sentenza della Corte di giustizia europea (Prima Sezione) del 26 febbraio 2020 nonché della sentenza 23 gennaio 2018, n. 27 Corte costituzionale l'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti. In particolare la Corte di giustizia rileva che nulla osta "ad una normativa di uno Stato membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i Centri di Trasmissione di Dati stabiliti in tale Stato membro e, in solido e in via eventuale, gli operatori di scommesse, loro mandanti, stabiliti in un altro Stato membro, indipendentemente dall'ubicazione della sede di tali operatori e dall'assenza di concessione per l'organizzazione delle scommesse".
La disposizione in commento, nello specifico, stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2023, l'aliquota dell'imposta unica di cui al citato decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, è stabilita nei seguenti valori:
per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e per il gioco del bingo a distanza , nella misura del 30 per cento ( rispetto al vigente 25 per cento ) delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite in vincite al giocatore;
per le scommesse a quota fissa , escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 22 per cento ( rispetto al 20 per cento ), se la raccolta avviene su rete fisica, e del 26 per cento ( rispetto al 24 per cento ), se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;
per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all'articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura del 24 per cento ( rispetto al 22 per cento ) della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.
Il comma 3 provvede alla copertura finanziaria, stabilendo che a copertura degli oneri derivanti dall'applicazione della misura introdotta al comma 1, pari a 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023, si provvede a valere, fino a concorrenza dei relativi oneri, su quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'applicazione degli incrementi previsti al precedente comma 2.
Il comma 4 , infine, stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'istruzione, con il Ministro della cultura e con il Ministro per lo sport e i giovani, sono stabilite annualmente entro il 30 giugno le modalità e i criteri di ripartizione delle risorse del fondo.
Focus: l'andamento dei risultati finanziari del gioco legale in Italia
È utile ricordare, in questa sede, che il risultato del comparto del gioco legale in Italia viene misurato attraverso le seguenti dimensioni:
Raccolta : l'ammontare complessivo delle puntate effettuate dalla collettività dei giocatori;
Vincite: è il totale delle somme vinte dai giocatori;
Spesa : corrisponde all'effettiva perdita dei giocatori. È data dalla differenza tra Raccolta e Vincite. Corrisponde, inoltre, al ricavo della filiera (al lordo delle somme destinate all'Erario);
Erario : costituisce l'ammontare derivante dall'imposizione fiscale e dal differenziale tra Raccolta, Aggi e Vincite dei giochi che entra nelle casse pubbliche.
La proposta di legge, nella Relazione illustrativa, evidenzia alcuni dati relativi al settore delle scommesse sportive.
Riferendo quanto riportato nel Libro Blu pubblicato dall'Agenzia dei Monopoli con riferimento al 2019, la Relazione suddetta evidenzia che nell'anno medesimo il canale telematico del gioco legale in Italia aveva raccolto circa 36,4 miliardi di euro , di cui 7,72 miliardi di euro per le scommesse sportive a quota fissa. Per quanto riguarda il canale di vendita fisico, sempre nell'anno 2019, secondo i dati dell'Agenzia, la raccolta totale era stata di 74,1 miliardi di euro (che rappresenta il totale della raccolta realizzata presso i punti fisici) di cui 4,80 miliardi di euro relativi alle scommesse sportive. Nel triennio 2017-2019 il valore della raccolta complessiva delle scommesse sportive a quota fissa è cresciuto del 26 per cento, passando da circa 10 miliardi di euro a 12,5 miliardi di euro, con una crescita maggiore della raccolta a distanza rispetto a quella fisica.
Il più recente Libro Blu per l'anno 2021 evidenzia – in via di estrema sintesi – quanto segue.
A differenza dell'anno precedente, nel 2021 si registra un incremento di tutte le dimensioni del gioco : 25,98 per cento per la Raccolta, 27,06 per cento per le Vincite, 19,60 per cento per la Spesa e 16,20 per cento per l'Erario. L'ultimo libro blu sottolinea come il rapporto fra Vincite e Raccolta è aumentato fra il 2020 e il 2021 passando dall'85,3 per cento all'86,06 per cento, nonostante nello stesso periodo il pay-out (tasso di remunerazione per i giocatori) degli apparecchi da intrattenimento si sia, viceversa, abbassato passando dal 74,2 per cento al 73,9 per cento, a testimonianza di un lento e graduale cambiamento delle abitudini dei giocatori che si spostano su altre tipologie di gioco con pay-out più remunerativi rispetto agli apparecchi da intrattenimento.
A questo fenomeno corrisponde un rapporto inverso fra Erario e Raccolta; nel 2019, infatti, il rapporto era pari al 10,28 per cento; mentre, nel 2021, tale rapporto si è notevolmente abbassato, facendo segnare un valore del 7,56 per cento.
Tale dato evidenzia il passaggio dei giocatori su giochi con imposizione più bassa e, quindi, consolida la precedente osservazione su un graduale abbandono del gioco tramite apparecchi da intrattenimento, oggetto, invece, di un prelievo erariale maggiore.
Analizzando il contributo all'Erario delle diverse tipologie di gioco fisico e a distanza, nel 2021, si evidenzia come il contributo all'Erario di seguito illustrato alla voce "Altro" registri un aumento dal 13,51 per cento nel 2020 ad un contributo del 14,62 per cento nel 2021.
Le Scommesse sportive a quota fissa, ricomprese nella categoria "Altro", rappresentano il 38,73 per cento delle entrate erariali registrate nel 2021 (423,13 milioni di euro su 1.092,57 milioni di euro). Come gli scorsi anni, anche nel 2021 si è continuato a registrare un aumento del contributo erariale del " Betting exchange ", una particolare tipologia di gioco, offerto da pochi concessionari per una categoria specifica di giocatori appassionati a questo tipo di scommessa. I valori del " Poker cash " mostrano una diminuzione nel 2021 rispetto al 2020, da un contributo pari a 20,67 milioni di euro nel 2020, a 17,81 milioni di euro nel 2021.
Le seguenti tabelle riepilogano il trend del gioco fisico e del gioco a distanza, evidenziando – in continuità con il triennio 2016-2019 – una crescita del gioco a distanza anche nel settore sportivo e un decremento del gioco fisico.
Il Libro Blu 2021, come evidenziato supra, ipotizza – sebbene si riferisca agli apparecchi da intrattenimento – che il prelievo fiscale possa influenzare il comportamento e le scelte dei contribuenti , i quali tendono a spostarsi verso forme di gioco il cui payout è maggiore.
D'altro canto, si conferma anche nel triennio 2019-2021 un trend di crescita del settore dei giochi a distanza, con particolare riferimento a quelli sportivi.
Per ulteriori dati, cfr. anche il focus "La fiscalità nel settore dei giochi", predisposto dall'Ufficio parlamentare di bilancio nel 2018. | 7,487 | 116 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2514 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2514
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato COSTA
Modifica all' articolo 315 del codice di procedura penale , in materia di trasmissione del provvedimento che accoglie la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della valutazione disciplinare dei magistrati
Presentata il 26 maggio 2020
Onorevoli Colleghi ! – Lo scorso 2 luglio 2019 la Camera dei deputati ha respinto una proposta di legge (atto Camera n. 1206, presentato il 27 settembre 2018 dallo stesso firmatario della presente proposta di legge), iscritta nel calendario dei lavori nell'ambito della quota riservata all'opposizione, che affrontava il tema – troppo spesso trascurato – dell'ingiusta detenzione.
Partiamo dai numeri: dal 1992 ad oggi, circa 28.000 persone hanno ottenuto la riparazione per ingiusta detenzione, moltissime non l'hanno ottenuta e molte altre non l'hanno neanche richiesta. Questi sono numeri che fanno riflettere, così come deve far riflettere la somma che lo Stato italiano ha speso dal 1992 ad oggi per il risarcimento in caso di ingiusta detenzione: oltre 800 milioni di euro.
L'istituto della riparazione per ingiusta detenzione trova il suo fondamento costituzionale nei princìpi di inviolabilità della libertà personale ( articolo 13 della Costituzione ) e di non colpevolezza fino alla condanna definitiva ( articolo 27 della Costituzione ), oltre che nella previsione dell' articolo 24 della Costituzione , che – al quarto comma – attribuisce al legislatore il compito di determinare «le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari». Inoltre, l'articolo 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848 , afferma che ogni persona vittima di un arresto o di una detenzione eseguiti in violazione della stessa Convenzione ha diritto a un indennizzo.
In armonia con questi princìpi, il codice di procedura penale , nel disciplinare le misure cautelari, agli articoli 314 e 315 prevede uno specifico procedimento per «compensare», in chiave solidaristica ( articolo 2 della Costituzione ), gli effetti pregiudizievoli che la vittima dell'indebita restrizione della libertà personale patisce, ovvero la riparazione per l'ingiusta detenzione subita a titolo di custodia cautelare.
All'origine di questo fenomeno gravemente e colpevolmente sottovalutato c'è soprattutto una custodia cautelare applicata anche per lunghi periodi, spesso con eccessiva leggerezza e con scarso senso di responsabilità, salvo poi risolversi il processo in un'assoluzione o in un proscioglimento.
Come dimostra la ricca casistica di errori giudiziari contenuta nell'archivio del sito errorigiudiziari.com , a cura di Benedetto Lattanzi e di Valentino Maimone, la maggior parte di queste persone viene arrestata in piena notte, condotta in carcere senza troppe spiegazioni, proiettata in prima pagina o sui titoli dei giornali, per poi vedersi dichiarare «ingiusta» la privazione della libertà. La riparazione per ingiusta detenzione non basta, non può bastare. Prima che la vicenda processuale sia conclusa, dopo diversi anni, la vittima spesso ha perso il lavoro, gli amici, qualche volta perfino la famiglia, sempre la credibilità e la fiducia altrui.
Quale somma potrebbe mai risarcire un'esperienza capace di incidere così pesantemente nella mente e nel corpo, fino a causare conseguenze difficilmente eliminabili? Chi è stato in carcere da innocente racconta di essere stato soggetto a crisi di panico, notti insonni e difficoltà relazionali anche a distanza di anni.
Il citato provvedimento che Forza Italia aveva portato all'esame dell'Assemblea della Camera dei deputati nel 2019 – e che oggi, nei termini regolamentari, ripropone attraverso la presente proposta di legge – pone una domanda e una riflessione: di fronte a tali situazioni che colpiscono le famiglie, l'attività lavorativa, la credibilità di soggetti che entrano nel sistema carcerario o la cui libertà personale viene ingiustamente limitata, può essere ammissibile che a pagare per gli errori del magistrato, in sede di valutazione dei presupposti per l'applicazione delle misure detentive, sia sempre e soltanto lo Stato (cioè, in ultima analisi, i cittadini stessi)?
Se lo Stato riconosce che c'è stata un'ingiustizia, è corretto che affronti e valuti che cosa non ha funzionato: se qualcuno ha sbagliato, se l'errore è stato inevitabile, se c'è stata negligenza o superficialità, se chi ha sbagliato deve essere chiamato a una valutazione disciplinare.
Pertanto, con l'articolo 1 della presente proposta di legge, si chiede di modificare l' articolo 315 del codice di procedura penale , prevedendo che la sentenza di accoglimento della domanda di riparazione per ingiusta detenzione sia trasmessa agli organi titolari dell'azione disciplinare nei riguardi dei magistrati, per le valutazioni di loro competenza. Troppo spesso, infatti, accade che le ragioni che hanno determinato errori, anche gravi, non siano rilevate, come occorrerebbe, sul piano disciplinare o restino prive di conseguenze in sede di decisione sugli avanzamenti di carriera.
La novella, per ovviare a questa mancanza, introduce l'obbligo dell'immediata trasmissione della sentenza che accoglie la domanda di riparazione, cosicché gli organi titolari dell'azione disciplinare non possano sottrarsi all'accertamento e alla valutazione della vicenda che ha condotto all'indennizzo per ingiusta detenzione.
Quella che si propone appare una norma di civiltà che, purtroppo, è stata respinta dall'Assemblea e che Forza Italia intende riproporre all'attenzione della Camera dei deputati, sperando in un supplemento di riflessione, per affrontare con la dovuta serietà un tema, lo si ribadisce, gravemente e colpevolmente sottovalutato, abbandonando la cultura della comoda deresponsabilizzazione a favore di un più diretto e penetrante controllo sull'operato del magistrato, che – non va dimenticato – in questa materia applica misure che incidono sui più importanti diritti costituzionali delle persone.
L'articolo 2 interviene poi sul decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 , recante disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, inserendo tra gli illeciti disciplinari il fatto di aver concorso, con negligenza o superficialità, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare, all'adozione dei provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione ai sensi degli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale .
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 315 del codice di procedura penale , dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
« 3-bis . La sentenza che accoglie la domanda di riparazione è trasmessa agli organi titolari dell'azione disciplinare nei riguardi dei magistrati, per le valutazioni di loro competenza».
Art. 2.
1. All'articolo 2, comma 1, lettera gg) , del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 , dopo le parole: «grave ed inescusabile» sono aggiunte le seguenti: «; l'aver concorso, con negligenza o superficialità, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare, all'adozione dei provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione ai sensi degli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale ». | Ingiusta detenzione e responsabilità disciplinare dei magistrati
La proposta di legge AC 2514, all'esame della Commissione, concernente l'obbligo di trasmissione agli organi titolari dell'azione disciplinare nei riguardi dei magistrati, delle sentenze che accolgono le domande di r iparazione per ingiusta detenzione . Introduce inoltre un nuovo illecito disciplinare dei magistrati nell'esercizio delle funzioni.
Il provvedimento in esame riproduce - aggiungendovi tuttavia la disposizione concernente l'illecito disciplinare - il testo della proposta di legge AC 1206 (Costa), respinta dall'Assemblea della Camera il 2 luglio 2019.
Si ricorda che l'AC 1206, dopo essere stata esaminata dalla Commissione giustizia della Camera, è stata iscritta nel caldendario dei lavori dell'Assemblea nell'ambito della quota riservata all'opposizione ed esaminata dalla stessa Assemblea in data 2 luglio 2019. In seguito all'approvazione di un emendamento sul quale il relatore e il Governo avevano espresso parere contrario, l'Assemblea ha respinto la proposta di legge.Si ricorda inoltre che il Regolamento della Camera prevede che non possono essere assegnati alle Commissioni progetti di legge che riproducano sostanzialmente il contenuto di progetti precedentemente respinti, se non siano trascorsi sei mesi dalla data della reiezione. (art. 72, comma 2).
Contenuto della proposta di legge
L'articolo 1 della proposta di legge modifica il codice di procedura penale per prevedere la trasmissione , al Ministro della Giustizia e al Procuratore generale presso la Cassazione, delle sentenze di accoglimento della domanda di riparazione per ingiusta detenzione. Il fine è dunque quello di agevolare la conoscenza delle stesse sentenze da parte di tali soggetti. Questi infatti, in base a quanto già previsto dalla normativa vigente, devono valutare se l'applicazione della custodia cautelare sia avvenuta contra legem e sia stata determinata da una n egligenza grave e inescusabile , tale da consentire l'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato.
Come è noto infatti, l' azione disciplinare nei confronti dei magistrati è promossa dal Ministro della giustizia (art. 107 Cost.) e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, per essere decisa dal Consiglio superiore della magistratura (art. 105 Cost.).
In particolare, in base all' art 14 del d.lgs. n. 109 del 2003, la titolarità dell'azione disciplinare è affidata disgiuntamente al Ministro della giustizia (art. 107 Cost.) ed al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Mentre il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione e contestuale comunicazione al C.S.M., con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede, il Procuratore generale ha l'obbligo di esercitare l'azione medesima, dandone comunicazione - nelle stesse forme - al Ministro ed al C.S.M.. In questo caso il Ministro, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini al Procuratore generale. Allo stesso modo, il Procuratore generale, nel corso delle sue indagini, può contestare fatti nuovi, anche se l'azione sia stata promossa dal Ministro. Chiunque ha la facoltà di segnalare ai titolari dell'azione fatti di rilevanza disciplinare. Alcuni organi però hanno un obbligo di comunicazione di "ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare" al Procuratore generale presso la Corte di cassazione (art. 14, quarto comma). Essi sono il C.S.M., i consigli giudiziari e i dirigenti degli uffici. A loro volta i presidenti di sezione e i presidenti di collegio, nonché i procuratori aggiunti hanno l'obbligo di comunicare ai dirigenti degli uffici "i fatti concernenti l'attività dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare".
In base all' art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2003, costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni del magistrato , tra gli altri, «l' emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge , determinata da negligenza grave ed inescusabile » (lett. gg). La disposizione precisa che l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.
La disposizione dunque, nel solco della norma che qualifica come illecito disciplinare l'applicazione di una misura di custodia cautelare contra legem determinata da grave e inescusabile negligenza , inserisce, il comma 3-bis nell'art. 315 c.p.p. per disporre che la sentenza che accoglie la domanda di riparazione sia trasmessa agli organi titolari dell'azione disciplinare nei confronti dei magistrati (Ministro della giustizia e Procuratore generale presso la Corte di cassazione), « per le valutazioni di loro competenza ».
L'istituto della riparazione per ingiusta detenzione trova fondamento nei principi di inviolabilità della libertà personale (art. 13 Cost.) e di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (art. 27 Cost.), oltre che nella previsione dell'art. 24 Cost., che - al quarto comma - attribuisce al legislatore il compito di «determinare le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari». Più esplicitamente, l'art. 5 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo afferma che ogni persona vittima di un arresto o di una detenzione eseguiti in violazione della Convenzione ha diritto a un indennizzo.
In armonia con questi principi, il codice di procedura penale, nel disciplinare le misure cautelari, introduce uno specifico rimedio idoneo a "compensare", in chiave solidaristica (art. 2 Cost.), gli effetti pregiudizievoli che la vittima dell'indebita restrizione della libertà personale patisce, prevedendo agli articoli 314 e 315 c.p.p. una riparazione per l'ingiusta detenzione subita a titolo di custodia cautelare.
Tali disposizioni prevedono infatti un indennizzo per:
chi è stato sottoposto a custodia cautelare e, successivamente, è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, se non ha concorso a darvi causa per dolo o colpa grave;
chi è stato sottoposto a custodia cautelare e, successivamente, è stato prosciolto per qualsiasi causa quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.;
chi è stato condannato e nel corso del processo è stato sottoposto a custodia cautelare quando, con decisione irrevocabile, risulti accertato che il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p.;
chi è stato sottoposto a custodia cautelare e, successivamente, a suo favore è stato pronunciato un provvedimento di archiviazione o una sentenza di non luogo a procedere;
chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, per la detenzione subita a causa di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto;
chi è stato prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto ad arresto in flagranza o a fermo di indiziato di delitto quando, con decisione irrevocabile, siano risultate insussistenti le condizioni per la convalida.
La riparazione non ha carattere risarcitorio, ma di indennizzo, e viene quindi determinata dal giudice in via equitativa, in una somma che non può eccedere l'importo di 516.456 euro; per gli aspetti procedurali il codice rinvia, ove compatibile, alla disciplina per la riparazione dell'errore giudiziario (artt.. 643-647 c.p.p.).
Recentemente il legislatore, con la legge n. 103 del 2017, ha modificato l' art. 15, comma 1, della legge n. 47 del 2015, di riforma delle misure cautelari, prevedendo che nella relazione che il Governo deve presentare annualmente al Parlamento sull'applicazione delle misure cautelari personali, debba altresì dare conto dei dati relativi alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione pronunciate nell'anno precedente, «con specificazione delle ragioni di accoglimento delle domande e dell'entità delle riparazioni, nonché i dati relativi al numero di procedimenti disciplinari iniziati nei riguardi dei magistrati per le accertate ingiuste detenzioni , con indicazione dell'esito, ove conclusi».
L'articolo 2 inserisce una nuova ipotesi di illecito disciplinare dei magistrati nell'esercizio delle fuzioni, ampliando il contenuto della lettera gg) dell'art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006, secondo la quale attualmente costituisce illecito disciplinare, tra gli altri, «l' emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge , determinata da negligenza grave ed inescusabile ».
Come già ricordato, l'art. 2 del d.lgs. n. 109 del 2006,individua gli illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni dei magistrati. In base alla lettera gg) dell'articolo 2, costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni del magistrato, tra gli altri, «l' emissione di un provvedimento restrittivo della libertà personale fuori dei casi consentiti dalla legge , determinata da negligenza grave ed inescusabile » (lett. gg). La disposizione precisa che l'attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.
.La giurisprudenza formatasi in relazione alle fattispecie tipiche, ha ribadito che il giudizio disciplinare non è la sede della disamina processuale di un provvedimento giudiziario, ma la garanzia dell'art. 101 Cost. non significa che il magistrato non possa essere giudicato per violazioni deontologiche comunque connesse all'esercizio delle funzioni giurisdizionali.Si è anche ribadito che, ai fini della sussistenza della responsabilità disciplinare a carico di magistrati che sia riferibile ad addebiti riconducibili alla loro attività giurisdizionale deve valutarsi la condotta complessivamente tenuta dal magistrato nella vicenda, cioè il suo impegno intellettuale e morale congiuntamente alla sua dedizione alla funzione giudicante svolta, che deve essere sempre esercitata rispettando i doveri d'ufficio e, quindi, nel rispetto dei diritti delle parti. L'insindacabilità in ambito disciplinare dei provvedimenti giurisdizionali e delle interpretazioni adottate esclude, infatti, che la loro inesattezza tecnico- giuridica possa di per sé sola configurare l'illecito disciplinare del magistrato, ma non quando essa sia la conseguenza di una grave negligenza e di una mancanza di ponderazione degli effetti del provvedimento, estranei alle logiche ed alle finalità della giurisdizione (che sono quelle di valutare adeguatamente ed autonomamente la fattispecie prospettata e dare conseguentemente una risposta conforme alle regole processuali e sostanziali) e sia indice di un comportamento arbitrario, con conseguente rischio di compromissione del prestigio dell'Ordine giudiziario (Cfr. Cass., sez. un. civ., 27 luglio 2007 n. 16626; 24 febbraio 2007 n. 1670; 5 luglio 2004 n. 12268; 19 luglio 2001 n. 9775; 18 ottobre 2000 n. 1119; 4 agosto 2000 n. 538; 23 luglio 1999 n. 504; 14 giugno 1999 n. 338; 7 agosto 1996 n. 7226; 23 luglio 1993; n. 8241; 5 gennaio 1993 n. 55; 22 giugno 1990 n. 6320; 1° aprile 1987 n. 3116; 24 luglio 1986 n. 4754; CSM, sez. disc., 4 febbraio 2009 n. 11, ord.; 18 gennaio 2008 n. 3. Per stabilire allora se ricorra la responsabilità disciplinare dell'incolpato è necessario e sufficiente accertare se il provvedimento costituisca un sintomo di grave negligenza e di inammissibile imperizia del magistrato, come tale suscettibile anche di quella negativa incidenza sull'indicato prestigio dell'Ordine giudiziario.
Con riguardo alla negligenza inescusabile la Cassazione l'ha definita come tale da determinare una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma applicata, ovvero una lettura di essa in contrasto con ogni criterio logico, oppure l'adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, o, ancora, la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo o, infine, lo sconfinamento dell'interpretazione nel diritto libero (Cass. civ. n. 6791 del 2016).
Il nuovo illecito si sostanzia nel concorso, anche attraverso la richiesta di applicazione della misura cautelare , all'adozione di provvedimenti di restrizione della libertà personale per i quali sia stata disposta la riparazione per ingiusta detenzione ai sensi degli articoli 314 e 315 c.p .. Viene così potenzialmente esteso anche al pubblico ministero, che abbia richiesto l'applicazione della misura restrittiva, il campo di applicazione di tale illecito disciplinare.
Il concorso deve essere determinato da negligenza o superficialità. A differenza che per altri illeciti tipizzati si fa quindi riferimento alla semplice negligenza (e non alla negligenza grave e/o inescusabile che ricorre nelle altte fattispecie) e alternativamente alla superficialità che devono connotare il concorso del magistrato all'adozione del provvedimento restrittivo affinchè si sostanzi l'illecito.
Mentre il concetto di negligenza, che ricorre più volte - peraltro con la specificazione che deve essere grave e/o inescusabile - nella tipizzazione degli illeciti disciplinari dei magistrati, e trova specificazione nella giurisprudenza, il concetto di superficialità non trova alcuna definizione normativa. Con riguardo alla giurisprudenza della sezione disciplinare del CSM, il termine "superficialità" è utilizzato in rare corcostanze, accompagnato dall'attributo "macroscopica", ed è utilizzato al fine di specificare se si tratti o meno di condotta negligente. Al riguardo il CSM ha specificato che non integra l'illecito disciplinare nell'esercizio delle funzioni per la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile la condotta del giudice, qualora la normativa da applicarsi possa - in ragione della sua novità, complessità e carenza di specificità prestarsi a diverse interpretazioni e la decisione assunta non possa, quindi, ritenersi inescusabile o affetta da leggerezza, macroscopica superficialità e negligenza ( sentenza n. 84 del 2017; nello stesso senso l'ordinanza n. 163 del 2017 e la sentenza n.55 del 2018 la quale specifica che " allorquando le determinazioni derivano da scelte interpretative della normativa applicabile la questione prescinde da profili valutabili in termini di leggerezza, macroscopica superficialità e negligenza nello studio della causa").
Andrebbe valutata l'opportunità di specificare l'ambito applicativo del concetto di superficialità, anche in rapporto a quello di negligenza, che dalla formulazione del testo appare alternativo al primo.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è accompagnata dalla sola relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
La proposta modifica il codice di procedura penale; ciò rende necessario l'uso della fonte primaria.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento interviene sulla materia "giurisdizione e norme processuali", di esclusiva competenza legislativa statale in base all'art. 117, secondo comma, Cost. | 7,196 | 132 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-968 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 968
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 19 luglio 2018 (v. stampato Senato n. 604)
d'iniziativa dei senatori
ROMEO, PATUANELLI
Proroga del termine per l'esercizio della delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, di cui alla legge 6 giugno 2016, n. 106
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 19 luglio 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Proroga del termine per l'esercizio della delega per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale, di cui alla legge 6 giugno 2016, n. 106 ).
1. All' articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106 , le parole: «Entro dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «Entro sedici mesi».
Art. 2.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Proroga della delega per la riforma del Terzo settore
Contenuto
Il progetto di legge C. 968 è stato approvato dal Senato il 19 luglio 2018 e reca una proroga del termine – da 12 a 16 mesi - per l'adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi nell'ambito della riforma del Terzo settore.
La legge 6 giugno 2016, n. 106 ha infatti delegato il Governo alla riforma del Terzo settore investendo in particolare i seguenti ambiti:
a) la revisione della disciplina del titolo II del libro primo del codice civile in materia di associazioni, fondazioni e altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, riconosciute come persone giuridiche o non riconosciute;
b) il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito codice del Terzo settore, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui all'articolo 20, commi 3 e 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;
c) la revisione della disciplina in materia di impresa sociale;
d) la revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale.
Tutti gli schemi di decreto legislativo sono trasmessi per il parere parlamentare entro il quarantacinquesimo giorno antecedente il termine per l'esercizio della delega, affinchè siano espressi, entro 30 giorni, i pareri delle rispettive Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari. Decorso il termine previsto per l'espressione dei pareri, i decreti possono essere comunque adottati.
Inoltre, la legge n. 106 del 2016 prevede che, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi , nel rispetto degli stessi princìpi e criteri direttivi, il Governo possa adottare, attraverso la medesima procedura, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, tenuto conto delle evidenze attuative nel frattempo emerse.
Diversamente da altre disposizioni di delega (quali la legge n. 234/2012 che disciplina l'adeguamento del diritto interno a quello dell'Unione europea) non è prevista la norma sul c.d. "scorrimento" in base alla quale qualora il termine previsto per il parere parlamentare cade nei 30 giorni che precedono la scadenza del termine di delega o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di un certo numero di giorni (di norma 90 giorni).
In attuazione della delega sono stati adottati, in particolare, i decreti legislativi n. 111 del 2017 (5 per mille, entrato in vigore il 19 luglio 2017), n. 112 del 2017 (impresa sociale, entrato in vigore il 20 luglio 2017), n. 117 del 2017 (codice del Terzo settore, entrato in vigore il 3 agosto 2017 ).
E' stato inoltre adottato il decreto legislativo n. 40 del 2017 (servizio civile universale), cui è seguito il decreto integrativo e correttivo n. 43 del 2018.
Tipologia del provvedimento
Il disegno di legge è di iniziativa parlamentare ed è stato approvato in prima lettura dal Senato; l'esame in Commissione Affari costituzionali al Senato è iniziato il 17 luglio 2018 e l'Assemblea del Senato lo ha approvato il 19 luglio 2018, modificato rispetto al testo del proponente.
È sottoposto all'esame del Comitato per la legislazione a norma dell'articolo 16- bis , comma 6- bis, del regolamento della Camera, in quanto formulato in termini di delega al Governo, poiché proroga i termini per l'esercizio di una delega integrativa e correttiva.
Collegamento con lavori legislativi in corso
È all'esame della Commissione XII, Affari sociali, e della Commissione V, Bilancio, l' Atto n.033 - Schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante codice del Terzo settore, emanato dal Governo Gentiloni.
Per effetto dell'eventuale approvazione definitiva del provvedimento il termine verrebbe pertanto prorogato al 3 dicembre 2018.
Si ricorda che, sempre in forza dell'eventuale approvazione definitiva del provvedimento, risulterebbe altresì riaperto – e in tal senso si verificherebbe un "differimento" e non una "proroga" - il termine per l'adozione di eventuali decreti legislativi integrativi e correttivi ai seguenti decreti legislativi:
1) decreto legislativo n. 111 del 2017 in materia di 5 per mille, entrato in vigore il 19 luglio 2017; in questo caso, il termine per l'adozione dei decreti legislativi integrativi e correttivi, scaduto il 19 luglio 2018 verrebbe differito al 19 novembre 2018;
2) decreto legislativo n. 112 del 2017 in materia di impresa sociale, entrato in vigore il 20 luglio 2017; in questo caso, il termine per l'adozione dei decreti legislativi integrativi e correttivi, scaduto il 20 luglio 2018 verrebbe differito al 20 novembre 2018. | 1,939 | 151 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2755 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2755
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DELMASTRO DELLE VEDOVE, ANNIBALI, BAZOLI, BISA, CASSINELLI, CATALDI, COVOLO, DI SARNO, GAGLIARDI, GIULIANO, PETTAZZI, PITTALIS, SAITTA, SARRO, SCUTELLÀ, VINCI, VITIELLO
Modifica all' articolo 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140 , concernente la ripartizione tra le Camere della competenza in materia di autorizzazioni ai sensi dell' articolo 68, terzo comma, della Costituzione
Presentata il 28 ottobre 2020
O norevoli C olleghi ! – La presente proposta di legge intende risolvere il tema del riparto di competenze tra i due rami del Parlamento in ordine a richieste di autorizzazione ai sensi dell' articolo 68, terzo comma, della Costituzione . Si tratta cioè della competenza a esaminare le richieste relative a senatori in carica per intercettazioni effettuate allorquando ricoprivano la carica di deputato e viceversa.
Dopo l'approvazione della legge 20 giugno 2003, n. 140 , recante «Disposizioni per l'attuazione dell' articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato» – che, in merito alla ripartizione della competenza relativa alle deliberazioni parlamentari riferite al citato articolo 68, terzo comma, prevede che la competenza ad autorizzare l'utilizzo di comunicazioni già captate spetta alla Camera alla quale il parlamentare appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate – si è più volte proposta la questione dell'interpretazione dell'articolo 6 della stessa legge.
In particolare, dopo che le incertezze interpretative erano già emerse precedentemente, la problematica è stata oggetto di un'ampia discussione nella XVII legislatura che ha portato all'applicazione di una prassi interpretativa, condivisa dalle Giunte dei due rami del Parlamento competenti in materia di autorizzazioni (Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati e Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica), volta ad affermare la competenza della Camera di attuale appartenenza del parlamentare.
La questione si è posta nuovamente, nella corrente legislatura, in relazione a due diverse richieste di autorizzazione, formulate dall'autorità giudiziaria, all'utilizzo di intercettazioni telefoniche, relative a senatori in carica, avvenute quando essi ricoprivano la carica di deputato. Si tratta di due fattispecie identiche (un senatore che era deputato all'epoca dei fatti) con riferimento alle quali i competenti giudici per le indagini preliminari, rispettivamente del tribunale di Napoli e del tribunale di Lecce, hanno indirizzato la richiesta di autorizzazione in un caso al Senato della Repubblica e nell'altro alla Camera dei deputati.
Le Giunte parlamentari competenti si sono inizialmente espresse in senso opposto: quella della Camera dei deputati si è espressa in senso conforme ai precedenti della scorsa legislatura, dichiarandosi, quindi, incompetente perché la richiesta era relativa a un senatore attualmente in carica; quella del Senato della Repubblica si è espressa in senso difforme, dichiarandosi incompetente perché la richiesta era relativa a un'epoca nella quale il parlamentare ricopriva la carica di deputato. Si segnala che la decisione della Giunta del Senato della Repubblica si fondava, tra l'altro, sull'unico precedente in tal senso, risalente a una pronuncia della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati della XV legislatura, a fronte di molti precedenti conformi alla decisione della stessa Giunta della Camera.
Anche alla luce di tali precedenti, i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati hanno invitato i Presidenti delle rispettive Giunte, sia pure nel rispetto dell'autonomia delle due Camere, a concordare quanto prima indirizzi interpretativi dell' articolo 6 della legge n. 140 del 2003 che definiscano in modo condiviso la ripartizione della competenza tra la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica, allo scopo di prevenire conflitti e di assicurare l'economia e la speditezza non solo delle procedure parlamentari ma anche dei procedimenti giurisdizionali che riguardano tali procedure.
Pertanto, in data 13 giugno 2019 si è svolta una riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati e della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica, sul tema della ripartizione della competenza in materia di richieste ai sensi dell' articolo 68, terzo comma, della Costituzione . In tale occasione, le incertezze interpretative relative all' articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 sono state illustrate e ampiamente discusse dai rappresentanti di tutti i gruppi presenti nelle omologhe Giunte, i quali hanno convenuto sul fatto che occorra adoperarsi affinché la questione sia concordemente definita nelle sedi parlamentari in via legislativa.
A tale fine, il primo firmatario della presente proposta di legge, quale Presidente della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati, ritiene opportuno intervenire, facendo inoltre osservare che questa iniziativa legislativa riprende quanto già previsto nella proposta di legge atto Camera n. 2261 presentata dall'onorevole La Russa nella XIV legislatura, assorbita dalla proposta di legge atto Camera n. 185 approvata in via definitiva e diventata la legge n. 140 del 2003 . Nella proposta di legge atto Camera n. 2261 si prevedeva, infatti, che il giudice per le indagini preliminari richiedesse «l'autorizzazione alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene, ovvero, qualora non rivesta attualmente la carica di parlamentare, a quella cui apparteneva al momento in cui le comunicazioni o le conversazioni sono state intercettate». Tale previsione non confluì nel testo definitivamente approvato; l'esperienza ha dimostrato che, invece, sarebbe stato utile introdurla.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al comma 2 dell'articolo 6 della legge 20 giugno 2003, n. 140 , le parole: «o apparteneva» sono sostituite dalle seguenti: «ovvero, qualora non rivesta attualmente la carica di parlamentare, a quella cui apparteneva». | Ripartizione tra le Camere della competenza in materia di autorizzazioni a sottoporre ad intercettazione i membri del Parlamento
Contenuto
La proposta di legge A.C. 2755 (on. Delmastro delle Vedove ed altri) interviene sul tema del riparto di competenze tra i due rami del Parlamento in ordine a richieste di autorizzazione ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione, e più precisamente sulla competenza a esaminare le richieste relative a deputati e senatori in carica per intercettazioni effettuate allorquando ricoprivano la carica parlamentare nell'altro ramo del Palramento. La proposta di legge modifica, in particolare, l'articolo 6, comma 2, della legge 20 giugno 2003, n. 140, recante «Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato», in merito alla ripartizione della competenza relativa alle deliberazioni parlamentari riferite al citato articolo 68, terzo comma, che attualmente prevede che la competenza ad autorizzare l'utilizzo di comunicazioni già effettuate spetta alla Camera alla quale il parlamentare appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate.
Viene in proposito specificato che il giudice per le indagini preliminari richiede l'autorizzazione alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene , ovvero, qualora non rivesta attualmente la carica di parlamentare, a quella cui apparteneva al momento in cui le comunicazioni o le conversazioni sono state intercettate (art. 6, comma 2).
Come ricordato nella relazione illustrativa alla proposta di legge, la questione dell'interpretazione dell'articolo 6 della stessa legge si è più volte presentata nel corso del tempo.
In particolare, la problematica è stata oggetto di un'ampia discussione nella XVII legislatura che ha portato all'applicazione di una prassi interpretativa, condivisa dalle Giunte dei due rami del Parlamento competenti in materia di autorizzazioni (Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati e Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica), volta ad affermare la competenza della Camera di attuale appartenenza del parlamentare (si veda la seduta della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati del 23 ottobre 2013 e la seduta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato del 30 ottobre 2013). La questione - prosegue la relazione illustrativa - si è posta nuovamente, nella corrente legislatura, in relazione a due diverse richieste di autorizzazione, formulate dall'autorità giudiziaria, all'utilizzo di intercettazioni telefoniche, relative a senatori in carica, avvenute quando essi ricoprivano la carica di deputato. Si tratta di due fattispecie identiche (un senatore che era deputato all'epoca dei fatti) con riferimento alle quali i competenti giudici per le indagini preliminari, rispettivamente del tribunale di Napoli e del tribunale di Lecce, hanno indirizzato la richiesta di autorizzazione in un caso al Senato della Repubblica e nell'altro alla Camera dei deputati. Le Giunte parlamentari competenti si sono inizialmente espresse in senso opposto: quella della Camera dei deputati si è espressa in senso conforme ai precedenti della scorsa legislatura, dichiarandosi, quindi, incompetente perché la richiesta era relativa a un senatore attualmente in carica; quella del Senato della Repubblica si è espressa in senso difforme, dichiarandosi incompetente perché la richiesta era relativa a un'epoca nella quale il parlamentare ricopriva la carica di deputato. Anche alla luce di tali precedenti, i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati hanno invitato i Presidenti delle rispettive Giunte, nel rispetto dell'autonomia delle due Camere, a concordare indirizzi interpretativi dell'articolo 6 della legge n. 140 del 2003 che definiscano in modo condiviso la ripartizione della competenza tra le Camere, allo scopo di prevenire conflitti e di assicurare l'economia e la speditezza non solo delle procedure parlamentari ma anche dei procedimenti giurisdizionali che riguardano tali procedure. Pertanto, in data 13 giugno 2019 si è svolta una riunione congiunta degli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, della Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati e della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato della Repubblica, sul tema della ripartizione della competenza in materia di richieste ai sensi dell'articolo 68, terzo comma, della Costituzione. In tale occasione, le incertezze interpretative relative all'articolo 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 sono state illustrate e discusse dai rappresentanti di tutti i gruppi presenti nelle omologhe Giunte, i quali - secondo quanto riportato nella relazione illustrativa - hanno convenuto sul fatto che occorra adoperarsi affinché la questione sia concordemente definita nelle sedi parlamentari in via legislativa.
Nel primo dei due casi riportati sopra (Gip Lecce, Doc. IV, n. 3, relativo al sen. Marti), la Camera dei deputati si è dichiarata incompetente perché la richiesta era relativa a un senatore in carica che era deputato al momento dei fatti. Nella seduta del 5 novembre 2019 l'Assemblea della Camera si è espressa su questa richiesta nel senso della restituzione degli atti per incompetenza. Il Giudice per le indagini preliminari di Lecce, pertanto, ha inoltrato la richiesta al Senato (Doc, IV, n. 8) e la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ne ha iniziato l'esame il 15 ottobre 2020.
Nell'altro caso (Gip Napoli, Doc. IV, n. 1, nei confronti del sen. Cesaro, deputato al momento dei fatti) la Giunta del Senato nella seduta del 23 gennaio 2019 ha deliberato, a maggioranza, di proporre all'Assemblea di dichiarare l'incompetenza del Senato rispetto al caso in esame, con conseguente restituzione degli atti all'autorità giudiziaria per l'eventuale trasmissione della richiesta di autorizzazione in questione alla Camera dei deputati. L'Assemblea del Senato, nella seduta del 31 ottobre 2019, ha deliberato il rinvio in Giunta del documento in questione. La Giunta ha riesaminato la domanda a partire dal 13 novembre 2019.
Si ricorda infine che il testo della pdl in esame riprende quanto già previsto nella proposta di legge (A.C. 2261) presentata nella XIV legislatura, assorbita dalla proposta di legge (A.C. 185) approvata in via definitiva e diventata la legge n. 140 del 2003. Nella proposta di legge A.C. 2261 si prevedeva che il giudice per le indagini preliminari richiedesse «l'autorizzazione alla Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene, ovvero, qualora non rivesta attualmente la carica di parlamentare, a quella cui apparteneva al momento in cui le comunicazioni o le conversazioni sono state intercettate». Tale previsione non confluì nel testo definitivamente approvato.
Relazioni allegate o richieste
Alla proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è allegata la relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
L' articolo 68 della Costituzione prevede che "i membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza".
La legge 20 giugno 2003, n. 140, che si compone di 9 articoli e su cui interviene la proposta di legge, reca le disposizioni attuative dell'articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato.
L'articolo 4 prevede, in particolare, che quando occorre eseguire nei confronti di un membro del Parlamento perquisizioni personali o domiciliari, ispezioni personali, intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni, sequestri di corrispondenza, o acquisire tabulati di comunicazioni, ovvero, quando occorre procedere al fermo, all'esecuzione di una misura cautelare personale coercitiva o interdittiva ovvero all'esecuzione dell'accompagnamento coattivo, nonché di misure di sicurezza o di prevenzione aventi natura personale e di ogni altro provvedimento privativo della libertà personale, l'autorità competente richiede direttamente l'autorizzazione della Camera alla quale il soggetto appartiene.
L'autorizzazione è richiesta dall'autorità che ha emesso il provvedimento da eseguire; in attesa dell'autorizzazione l'esecuzione del provvedimento rimane sospesa. L'autorizzazione non è richiesta se il membro del Parlamento è colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza ovvero si tratta di eseguire una sentenza irrevocabile di condanna. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta di autorizzazione perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura stessa.
L'articolo 6 dispone a sua volta che, fuori dalle ipotesi previste dal suddetto articolo 4, il giudice per le indagini preliminari, anche su istanza delle parti ovvero del parlamentare interessato, qualora ritenga irrilevanti, in tutto o in parte, ai fini del procedimento i verbali e le registrazioni delle conversazioni o comunicazioni intercettate in qualsiasi forma nel corso di procedimenti riguardanti terzi, alle quali hanno preso parte membri del Parlamento, ovvero i tabulati di comunicazioni acquisiti nel corso dei medesimi procedimenti, sentite le parti, a tutela della riservatezza, ne decide, in camera di consiglio, la distruzione integrale ovvero delle parti ritenute irrilevanti. Qualora, su istanza di una parte processuale, sentite le altre parti nei termini e nei modi di legge, ritenga necessario utilizzare le suddette intercettazioni o i predetti tabulati , il giudice per le indagini preliminari decide con ordinanza e richiede, entro i dieci giorni successivi, l'autorizzazione della Camera alla quale il membro del Parlamento appartiene o apparteneva al momento in cui le conversazioni o le comunicazioni sono state intercettate.
La richiesta di autorizzazione è trasmessa direttamente alla Camera competente. In essa il giudice per le indagini preliminari enuncia il fatto per il quale è in corso il procedimento, indica le norme di legge che si assumono violate e gli elementi sui quali la richiesta si fonda, allegando altresì copia integrale dei verbali, delle registrazioni e dei tabulati di comunicazioni. In caso di scioglimento della Camera alla quale il parlamentare appartiene, la richiesta perde efficacia a decorrere dall'inizio della successiva legislatura e può essere rinnovata e presentata alla Camera competente all'inizio della legislatura stessa. Se l'autorizzazione viene negata, la documentazione delle intercettazioni è distrutta immediatamente, e comunque non oltre i dieci giorni dalla comunicazione del diniego. Tutti i verbali, le registrazioni e i tabulati di comunicazioni acquisiti in violazione di tali previsioni devono essere dichiarati inutilizzabili dal giudice in ogni stato e grado del procedimento. | 5,250 | 33 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-977 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 977
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GERMANÀ, PRESTIGIACOMO, BARTOLOZZI,
MINARDO, SCOMA, SIRACUSANO
Disposizioni per il recupero di mancati trasferimenti
erariali agli enti locali della Regione siciliana
Presentata il 24 luglio 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge persegue l'obiettivo di rimuovere il cosiddetto «prelievo forzoso» operato nei confronti delle ex province regionali, oggi liberi consorzi comunali e città metropolitane, istituite con la legge della Regione siciliana 4 agosto 2015, n. 15 .
Tale legge disciplina dettagliatamente le funzioni e i compiti attribuiti ai suddetti enti (articoli 27 e 28), definiti dal legislatore regionale «enti di area vasta», valorizzandone il ruolo e ampliandone le competenze rispetto a quelle già spettanti e attribuite con la legge della Regione siciliana 6 marzo 1986, n. 9 .
Basti pensare che rispetto alle precedenti competenze attribuite alle ex province regionali, ai liberi consorzi sono state attribuite nuove e complesse funzioni in materia di:
a) pianificazione territoriale e urbanistica;
b) approvazione degli strumenti urbanistici dei comuni;
c) pianificazione dei servizi di trasporto nel territorio del libero consorzio comunale;
d) autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato.
La città metropolitana, quale ente di area vasta, oltre che delle funzioni attribuite ai liberi consorzi comunali, risulta titolare di nuove funzioni, tra le più rilevanti delle quali si ricordano le seguenti:
a) adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano;
b) pianificazione territoriale generale e urbanistica del territorio provinciale;
c) individuazione delle aree da destinare all'edilizia residenziale pubblica convenzionata;
d) mobilità e viabilità, compresi i collegamenti delle aree portuali e aeroportuali con le infrastrutture autostradali.
Queste sono solo alcune delle nuove e complesse funzioni che il legislatore regionale ha voluto assegnare agli enti di area vasta con l'intento di attuare un ampio decentramento amministrativo, in attuazione dei princìpi contenuti nell' articolo 118 della Costituzione in materia di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza.
Questo importante e storico processo di riforma, che disegna un nuovo sistema di governo degli enti locali, non ha ricevuto alcun sostegno finanziario da parte del Governo nazionale, né tanto meno da parte del governo regionale, anzi è stato caratterizzato negli anni da un crescente prelievo forzoso che di fatto ha cancellato ogni autonomia finanziaria, assorbendo lo Stato ogni entrata tributaria delle ex province nel proprio bilancio, in palese violazione dell' articolo 119 della Costituzione con il quale si prevede che «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».
Il prelievo forzoso operato dallo Stato, in violazione dei princìpi costituzionali enunciati, ha reso impossibile in questi ultimi anni l'erogazione di servizi essenziali in materie già nelle competenze delle ex province regionali, in particolare in materia di servizi sociali, di edilizia scolastica e di viabilità provinciale.
Malgrado gli sforzi notevoli per contenere e razionalizzare la spesa pubblica, gli enti di area vasta nella Regione siciliana sono ormai prossimi a dichiarare il dissesto finanziario e comunque sono nell'impossibilità di assicurare la redazione di un bilancio di previsione rispettoso degli equilibri finanziari. Si tratta, in altre parole, di un «dissesto indotto» dalla normativa statale, che ha reso impossibile il completamento del processo di riforma avviato prima dal legislatore nazionale e completato successivamente dalla Regione siciliana.
È, infatti, da considerarsi grave che lo Stato, con i decreti dipartimentali del Ministero dell'interno 17 ottobre 2016, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 2016, abbia effettuato un riparto a favore delle province delle regioni a statuto ordinario di risorse, pari complessivamente a 48 milioni di euro, per l'anno 2016, per l'esercizio delle funzioni fondamentali di cui all' articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56 , e il riparto a favore delle province delle regioni a statuto ordinario delle risorse, pari complessivamente a 100 milioni di euro, per l'anno 2016, per l'attività di manutenzione straordinaria della rete viaria. Dal suddetto riparto sono stati esclusi i liberi consorzi e le città metropolitane della Regione siciliana, tra l'altro dotati di maggiori competenze, rendendo di fatto ancora più grave la situazione dei servizi locali, per l'impossibilità di effettuare la manutenzione delle strade provinciali e degli edifici scolastici di competenza provinciale e l'assistenza dei disabili, i cui interventi sono sempre stati garantiti, attraverso le entrate provenienti dai versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dai versamenti dell'imposta provinciale di trascrizione, che invece sono venute meno per effetto e a causa dei suddetti prelievi forzosi da parte dello Stato.
La recente sentenza della Consulta n. 137 del 27 giugno 2018, evidenzia l'insipienza assoluta di chi ha promosso e gestito una riforma dettata solo da compulsioni giornalistiche a buon mercato, senza capire che le funzioni pubbliche hanno un costo qualsiasi sia l'ente che le gestisce.
Nella sentenza della Consulta n. 137 del 2018 è stato evidenziato che, nel momento in cui lo Stato avvia un processo di riordino delle funzioni delle province, alle quali erano state assegnate risorse per svolgerle, in attuazione dell' articolo 119 della Costituzione , non è consentito che lo stesso si appropri di quelle risorse, costringendo gli enti subentranti (regioni o enti locali) a rinvenire i fondi necessari nell'ambito del proprio bilancio per lo svolgimento di funzioni rimaste nelle competenze delle ex province. In particolare si legge: «L'omissione del legislatore statale lede l'autonomia di spesa degli enti in questione ( articolo 119, primo comma, della Costituzione ), perché la necessità di trovare risorse per le nuove funzioni comprime inevitabilmente le scelte di spesa relative alle funzioni preesistenti, e si pone altresì in contrasto con il principio di corrispondenza tra funzioni e risorse, ricavabile dall' articolo 119, quarto comma, della Costituzione (sentenze n. 10 del 2016, n. 188 del 2015, n. 17 del 2015, n. 22 del 2012, n. 206 del 2001, n. 138 del 1999, n. 381 del 1990), perché all'assegnazione delle funzioni non corrisponde l'attribuzione delle relative risorse, nonostante quanto richiesto dalla L. n. 56 del 2014 e dalla sentenza n. 205 del 2016 di questa Corte. La necessità del finanziamento degli enti destinatari delle funzioni amministrative, del resto, si fonda sulla “logica stessa del processo di riordino delle funzioni” (sentenza n. 84 del 2018), come è confermato dai diversi provvedimenti legislativi che hanno disciplinato conferimenti di funzioni: si vedano gli articoli 3, comma 1, lettera b) , e 7, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa); gli articoli 3, comma 3, e 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 ); l' articolo 149, comma 12, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali); l' articolo 2, comma 5, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 ); gli articoli 2, comma 2, lettera ll) , 8, comma 1, lettera i) , e 10 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell' articolo 119 della Costituzione ); l' articolo 19, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica)».
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Per gli anni 2018, 2019 e 2020 sono sospesi gli effetti dell' articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 , per quanto concerne la Regione siciliana e gli enti locali ad essa appartenenti.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede ad effettuare, con proprio decreto, il rimborso delle somme già incassate attraverso il prelievo forzoso attuato nei confronti delle ex province siciliane, attuali liberi consorzi di comuni e città metropolitane, ai sensi dell' articolo 16, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 , convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 , dell' articolo 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 , convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 , e dell' articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 .
3. Con il decreto di cui al comma 2 le somme sono ridistribuite, proporzionalmente ai prelievi effettuati, alle stesse ex province regionali e in parte agli enti riformati a seguito della legge della Regione siciliana 4 agosto 2015, n. 15 . | Informazioni sul provvedimento
A.C.
977
Titolo:
Disposizioni per il recupero di mancati trasferimenti erariali agli enti locali della Regione siciliana
Iniziativa:
parlamentare
Iter al Senato:
no
Relazione tecnica
Assente
Relatrice per la Commissione di merito:
Comaroli
Gruppo:
Lega
Commissione competente:
V (Bilancio)
PREMESSA
La proposta di legge in esame, di iniziativa parlamentare, reca “Disposizioni per il recupero dei mancati trasferimenti erariali agli enti locali della regione siciliana”.
Il testo non è corredato di relazione tecnica.
Si esaminano di seguito le disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
Per indicazioni di dettaglio riguardo alla normativa richiamata dalla proposta in esame, si rinvia alla prima parte del presente dossier , a cura del Servizio Studi.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLO 1
Sospensione di disposizioni concernenti il contributo alla finanza pubblica di enti locali della regione siciliana
La norma sospende - per gli anni 2018, 2019 e 2020 - gli effetti dell’articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, per quanto concerne la Regione siciliana e gli enti locali ad essa appartenenti (comma 1).
Si rammenta che il predetto comma 418 prevede, fra l’altro, che le province e le città metropolitane concorrano al contenimento della spesa pubblica attraverso una riduzione complessiva della spesa corrente di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. La relazione tecnica stimava quindi gli effetti finanziari della disposizione in 3 miliardi annui sui tre saldi di finanza pubblica.
In base alla norma richiamata, una quota del 10 per cento di tale importo, ossia 300 milioni è posta a carico degli enti delle regioni Sardegna e Sicilia. Una tabella allegata all’articolo 16, comma 2, del decreto legge 50/2017 ha poi specificato l’importo del contributo richiesto a ciascuna provincia e città metropolitana. Per quanto riguarda le province della Sicilia la tabella che segue indica il contributo dovuto da ciascuna provincia a decorrere dal 2017.
Provincia
Dal 2017
Agrigento
17.639.241,18
Caltanissetta
12.201.844,83
Catania
40.136.786,91
Enna
10.006.174,74
Messina
25.686.339,33
Palermo
43.734.184,02
Ragusa
13.721.912,40
Siracusa
17.665.47192
Trapani
16.665.991,35
Totale
197.457.946,68
Si segnala che, con la sentenza n. 137 del 2018 , la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 16, comma 1, del D.L. n. 50 del 2017 nella parte in cui non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentrati nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato per effetto dell'art. 1, commi 418 e 419, della L. n. 190 del 2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali; in base alla sentenza resta riservata al legislatore statale l'individuazione del quantum da trasferire. La Corte ha infatti osservato, fra l’altro, che “Nel momento in cui lo Stato avvia un processo di riordino delle funzioni non fondamentali delle province, alle quali erano state assegnate risorse per svolgerle, in attuazione dell'art. 119 Cost., questa stessa norma costituzionale impedisce che lo Stato si appropri di quelle risorse, costringendo gli enti subentranti (regioni o enti locali) a rinvenire i fondi necessari nell'ambito del proprio bilancio, adeguato alle funzioni preesistenti. [...] Resta riservata al legislatore statale l'individuazione, nel contesto delle valutazioni attinenti alle scelte generali di bilancio, del quantum da trasferire, con l'onere tuttavia di rendere trasparenti, in sede di approvazione dell'atto legislativo di riassegnazione delle risorse, i criteri seguiti per la quantificazione [...]” (punto 2.3 del Considerato in diritto ).
Si dispone altresì (comma 2) che il Ministro dell’economia e delle finanze effettui, con proprio decreto, il rimborso delle somme già incassate attraverso il prelievo forzoso attuato nei confronti delle ex province siciliane (che la norma stesa qualifica come liberi consorzi di comuni e città metropolitane), ai sensi:
· dell’articolo 16, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.
L’articolo 16, comma 7 del decreto legge n. 95/2012 prevede che il fondo sperimentale di riequilibrio [1] , il fondo perequativo [2] ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna siano ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012, di 1.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e di 1.250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Anche in questo caso l’effetto della norma era identico sui tre saldi di finanza pubblica e corrispondente al valore indicato nella medesima;
· dell’articolo 47 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66.
Il citato articolo prevede che le province e le città metropolitane assicurino un contributo alla finanza pubblica pari a 444,5 milioni di euro per l'anno 2014, a 576,7 milioni di euro per l'anno 2015 e a 585,7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018. Anche in questo caso l’effetto della norma era identico sui tre saldi di finanza pubblica e corrispondente al valore indicato nella medesima;
· dell’articolo 1, comma 418, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prima illustrato.
Con il medesimo decreto ministeriale le somme sono ridistribuite, proporzionalmente ai prelievi effettuati, alle stesse ex province regionali e in parte agli enti riformati a seguito della legge della Regione siciliana 4 agosto 2015, n. 15 (comma 3).
Al riguardo , con riferimento al comma 1, si rileva che la norma sospende, per gli anni 2018, 2019 e 2020, l’efficacia di disposizioni alle quali sono ascritti effetti positivi sui saldi, quale contributo alla finanza pubblica di enti della Regione siciliana.
Come peraltro segnalato, sulla materia in esame è da ultimo intervenuta anche la sentenza della Corte costituzionale n. 137 del 2018; la pronuncia affronta in particolare il profilo della corrispondenza tra le funzioni attribuite agli enti subentranti nell’esercizio delle funzioni non fondamentali delle province e le risorse necessarie per il loro esercizio, riservando al legislatore statale l'individuazione, nel contesto delle valutazioni attinenti alle scelte generali di bilancio, del quantum da trasferire a tali fini.
Tanto premesso, appare quindi necessario acquisire dati ed elementi di valutazione dal Governo in merito agli effetti ascrivibili al comma 1 alla luce sia dei risparmi scontati ai fini dei tendenziali, in relazione alle norme contenute nella legge n. 190 del 2014, sia della più recente giurisprudenza costituzionale.
Con specifico riferimento al comma 2, che prevede la restituzione di risorse già acquisite dallo Stato nei confronti delle ex province siciliane, andrebbero acquisiti i dati necessari per la quantificazione dei relativi oneri. Andrebbe inoltre chiarito il profilo temporale degli stessi, tenuto conto che la norma non disciplina tale aspetto, rimettendolo implicitamente al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con il quale dovrà essere effettuato il rimborso delle somme. [1] Come determinato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.
[2] Come determinato ai sensi dell'articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011. | 5,634 | 178 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 802
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato LONGO
Istituzione della Commissione parlamentare di indirizzo
e controllo sull'emigrazione italiana nel mondo
Presentata il 27 giugno 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge è finalizzata all'istituzione di una Commissione parlamentare bicamerale di indirizzo e controllo sull'emigrazione italiana nel mondo, avente il compito di conoscere, approfondire e avanzare proposte sui diversi aspetti della condizione degli italiani all'estero, in gran parte giovani diplomati e laureati, e sui flussi di emigrazione che si sono riavviati sotto la spinta delle difficoltà occupazionali derivanti dalla crisi economica in atto. La consistenza e il peso non solo sociali dell'insediamento storico dell'emigrazione italiana giustificherebbero di per sé l'istituzione di una Commissione parlamentare bicamerale. Gli iscritti nell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) sono in continua ascesa e hanno ormai superato la soglia dei 5 milioni; il retroterra emigratorio del nostro Paese – circa 60 milioni di oriundi – rappresenta un unicum nel panorama mondiale e una straordinaria possibilità di rapporti e di sostegno all'internazionalizzazione, spesso retoricamente evocata, ma mai seriamente attualizzata con interventi sistematici e stabili nel tempo. L'accelerazione che in pochi anni hanno avuto alcune dinamiche relative agli emigrati italiani inducono a istituire un'apposita Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sugli interventi riguardanti i nostri emigrati, aprendo un'inedita visuale sui fenomeni di «nuova mobilità» e di «nuova emigrazione». Quello della fruizione dei «diritti» degli italiani residenti all'estero in confronto agli altri residenti in Italia è, infatti, solo uno dei possibili nuclei di riferimento al mondo della nostra emigrazione. Anche se ci si limita agli emigrati partiti nella seconda metà del novecento, si è ormai al cospetto delle terze generazioni e quindi di fronte a problematiche qualitativamente diverse rispetto al pur recente passato. Gli italiani espatriati nel corso della seconda grande ondata emigratoria e ancor più i loro discendenti sono ormai in larga misura cittadini di altri Paesi verso i quali la lente dell'Unione europea, attraverso la quale si è tradizionalmente guardato alle loro problematiche, solo in parte consente di cogliere le situazioni e le esigenze che oggi si manifestano. La possibilità di realizzare una rete di rapporti con i discendenti dei nostri emigrati deve tener conto di valenze di natura soprattutto culturale, formativa, professionale e imprenditoriale, rispetto a quelle assistenziali e partecipative del passato. In particolare, diventa decisivo il rapporto con le generazioni d'origine che, sollecitate dalle pratiche interculturali diffuse nelle realtà in cui svolgono la loro vita, si rivolgono ai luoghi di partenza dei loro ascendenti alla ricerca di radici e di motivi identitari. Il quadro dei possibili interventi in questa direzione, peraltro, si è notevolmente modificato, non solo per i fattori evolutivi accennati, ma anche per la forte riduzione delle risorse che le istituzioni a livello centrale e locale destinano alle cosiddette «politiche emigratorie». Si è fatto molto concreto il rischio che in settori strategici, come quelli della cultura e dell'informazione, oltre che in quello della doverosa solidarietà verso i nostri connazionali in situazioni di bisogno, la presenza dell'Italia diventi più debole e meno significativa, con conseguenze critiche che già in un prossimo futuro interesseranno la nostra collocazione globale. A fronte dell'impellente esigenza di ridefinire le coordinate delle relazioni con la nostra diffusa e rinnovata diaspora, uno strumento specifico e diretto, come l'istituenda Commissione parlamentare, potrebbe essere di grande utilità per dare continuità e concretezza all'impegno delle forze parlamentari in questo settore, per ricercare soluzioni inedite ai problemi aperti, per offrire un riferimento stabile e autorevole alle rappresentanze legittime degli italiani all'estero, quali i comitati degli italiani residenti all'estero (COMITES) e il Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE). A queste considerazioni, poi, si aggiungono quelle ancor più stringenti derivanti dal progressivo accentuarsi dei movimenti migratori in entrata e in uscita dall'Italia negli ultimi lustri. Il numero degli stranieri residenti in Italia ha eguagliato quello degli italiani residenti all'estero ed è destinato a crescere costantemente, fino a diventare, secondo fondate previsioni, un quinto della popolazione residente. Si susseguono, inoltre, sconvolgenti tragedie di emigranti diretti verso il nostro Paese, di fronte alle quali ogni persona dotata di un elementare senso di solidarietà umana non può restare inerte, tanto più ove si tratti di vicende che coinvolgono un popolo di consolidata storia emigratoria come il nostro. Solo la diversità delle situazioni e delle normative relative ai fenomeni migratori in entrata rispetto a quelli riguardanti gli italiani che espatriano ha indotto a non estendere le competenze della Commissione parlamentare bicamerale, di cui si chiede l'istituzione, alle complesse e acute problematiche legate all'immigrazione in Italia. Tuttavia, tornando all'emigrazione degli italiani, anche in questo settore le novità sono rilevanti e richiedono analisi e sensibilità diverse dal passato. Gli italiani coinvolti negli ultimi venti anni in processi di mobilità, che sempre più decisamente assumono il carattere di una vera e propria emigrazione, superano il milione. Spesso questa forma di mobilità di lungo raggio non assume rilevanza anagrafica e tende dunque a sfuggire a valutazioni statistiche. Ciò non suscita grave preoccupazione, qualora si tratti di mobilità internazionale di formazione o di ricerca, frutto di una libera scelta: in questo caso, occorre soltanto stabilire una rete di collegamento che consenta di non perdere i contatti con queste importanti professionalità. Oggi la mobilità interna e internazionale è dettata da ragioni di necessità occupazionale e quindi si conforma ai tempi e ai modi delle concrete opportunità esistenti, che sfuggono in genere a qualsiasi possibilità di condizionamento e controllo. Oltre all'espatrio di figure dotate di un qualificato bagaglio culturale, negli ultimi tempi si accentuano le partenze anche di più tradizionali figure sociali, alla ricerca di un qualsiasi lavoro. Il nostro Paese, insomma, è nel pieno di una transizione che incide su assetti sociali consolidati e tende a proiettare condizionamenti critici sulle sue prospettive di sviluppo. Rispetto a questi fenomeni finora si è fatto troppo poco in termini di conoscenza, di intervento e di elaborazione normativa. L'iniziativa di una Commissione parlamentare bicamerale che si faccia anche osservatorio e luogo di confronto su questi processi sembra rispondere, pertanto, a un interesse di natura generale, non ristretto a particolari gruppi sociali. La Commissione, della quale si richiede l'istituzione con l'articolo 1 della presente proposta di legge, dovrebbe considerare entrambi i versanti migratori di cui si è parlato. Essa dovrà rivolgere la sua attenzione, come è previsto nell'articolo 2, alla valutazione dei processi di integrazione degli italiani residenti all'estero nei Paesi di rispettivo insediamento, al perfezionamento degli strumenti di partecipazione dei cittadini italiani alla vita democratica del nostro Paese e alla valutazione quantitativa e qualitativa dei nuovi flussi in uscita dall'Italia. Nelle sue attività, la Commissione dovrà privilegiare (articolo 3) lo sviluppo e il coordinamento delle normative nazionali e regionali, con particolare riguardo ad alcune direttrici strategiche, come quelle della lingua e della cultura italiane, dell'informazione, della ricognizione degli imprenditori italiani operanti all'estero e di quelli di origine italiana residenti in Stati stranieri, dei contatti con i parlamentari di origine italiana presenti nelle assemblee legislative di altri Stati, nonché della promozione di accordi internazionali in materia sociale e tributaria. L'articolo 4 disciplina la composizione della Commissione, formata da senatori e da deputati in numero eguale, della quale faranno parte i parlamentari eletti nella circoscrizione Estero che, per conoscenza dei problemi e rappresentatività, costituiscono un valore aggiunto nel Parlamento nazionale, e altri parlamentari in numero adeguato ad assicurare che la sua composizione rispecchi la proporzione esistente tra i gruppi parlamentari costituiti nelle due Assemblee. La presidenza della Commissione dovrà essere affidata a un parlamentare di alto profilo politico-istituzionale scelto d'intesa tra il Presidente del Senato e quello della Camera. L'articolo 5, tra le modalità di funzionamento previste, consente anche la possibilità di audizioni e di ricerca di documentazione presso diversi rami della pubblica amministrazione. L'articolo 6 prescrive la pubblicità delle sedute e l'articolo 7 ammette la possibilità di svolgere missioni all'estero presso le realtà in cui maggiore è la presenza dei nostri connazionali, al fine di acquisire direttamente elementi conoscitivi di rilievo e di sviluppare forme di dialogo istituzionale con gli istituti di rappresentanza dei cittadini italiani all'estero e con le autorità dei Paesi di residenza. La misura delle spese di funzionamento, stabilite dall'articolo 8 e poste a carico dei bilanci interni dei due rami del Parlamento, tiene conto delle esigenze di sobrietà dettate dall'attuale momento. Si confida nella disponibilità di ciascun eletto a dotare il Parlamento di un utile strumento di analisi e di iniziativa in un campo di grande sensibilità sociale, politica e culturale, cioè dell'emigrazione italiana.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione della Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sull'emigrazione italiana nel mondo)
1. È istituita la Commissione parlamentare di indirizzo e controllo sull'emigrazione italiana nel mondo, di seguito denominata «Commissione», con compiti di indirizzo e controllo circa gli interventi riguardanti i cittadini italiani residenti all'estero, nonché di ricognizione e proposta nelle materie attinenti ai fenomeni di mobilità degli emigranti italiani in ambito nazionale e internazionale, con particolare riferimento ai giovani diplomati e laureati che lasciano il territorio nazionale per ragioni di lavoro, di studio e di ricerca.
Art. 2.
(Finalità)
1. L'attività della Commissione è volta a verificare il percorso di integrazione compiuto dagli italiani presenti nei Paesi di rispettivo insediamento e l'assenza di situazioni di emarginazione e discriminazione nei loro confronti, nonché la parità di godimento dei diritti sociali, civili e politici da parte dei cittadini residenti all'estero rispetto a quelli residenti in Italia, a rilevare la dimensione della ripresa dei flussi di mobilità e di espatrio, soprattutto dalle aree del Mezzogiorno d'Italia, e a individuare le condizioni per realizzare una rete di rapporti permanenti con i nuovi migranti.
Art. 3.
(Funzioni)
1. La Commissione:
a) valuta la coerenza della legislazione vigente con il rispetto e con il sostegno dei fondamentali diritti sociali, civili e politici dei migranti italiani e promuove un aggiornamento e un miglioramento del sistema normativo, anche segnalando con relazioni alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica le principali esigenze e le iniziative più opportune per perseguire tale risultato; un impegno particolare è rivolto a rendere efficaci e sicure le modalità di voto dei cittadini italiani residenti all'estero e a promuovere la loro partecipazione alle consultazioni locali nei Paesi di insediamento;
b) adotta iniziative per favorire l'integrazione della legislazione nazionale in materia di emigrazione con quella delle regioni e avanza proposte per il coordinamento delle politiche e delle azioni delle amministrazioni pubbliche nei confronti degli emigrati e degli emigranti;
c) sostiene la diffusione della lingua e della cultura italiane nel mondo proponendo indirizzi di coordinamento ai soggetti pubblici e privati che operano nel campo, realizzando periodiche azioni di monitoraggio sulla situazione esistente nelle diverse aree del mondo nelle quali si manifesti un interesse per la cultura italiana, favorendo l'integrazione delle proposte formative italiane nei sistemi scolastici e universitari di altri Paesi, nonché verificando il legame tra le attività di promozione culturale e le norme e le politiche volte all'internazionalizzazione del Paese;
d) persegue il rafforzamento dei media di lingua italiana all'estero; vigila sull'adeguatezza dei livelli, delle forme e della qualità dell'informazione rivolta alle comunità italiane all'estero e ai nuovi migranti, anche per consentire un più consapevole sviluppo della partecipazione dei cittadini all'estero alla vita democratica italiana; sollecita l'attenzione del sistema d'informazione nazionale per la condizione e la storia degli emigrati italiani, al fine di sostenere una più diffusa ed efficace informazione di ritorno;
e) promuove una ricognizione dell'imprenditoria italiana all'estero e degli imprenditori di origine italiana e la realizzazione di una banca di dati, da utilizzare anche per favorire forme associative tra le imprese;
f) può assumere contatti con i parlamentari di origine italiana presenti in altri Paesi allo scopo di comparare le rispettive legislazioni relativamente ai diritti dei migranti, ai loro percorsi di integrazione, alla diffusione della cultura, dei modelli di vita e dei prodotti che gli italiani hanno saputo valorizzare in ogni parte del mondo;
g) può segnalare al Governo l'opportunità di promuovere accordi e convenzioni internazionali nelle materie della tutela del lavoro, sociale, previdenziale e tributaria che siano di particolare interesse delle comunità italiane all'estero e delle comunità straniere in Italia; sostiene le politiche di cooperazione allo sviluppo con riferimento al contributo che ad esse possono dare gli italiani che lavorano e vivono all'estero.
Art. 4.
(Composizione)
1. La Commissione è composta da diciotto senatori e diciotto deputati. Ne fanno parte di diritto i senatori e i deputati eletti nella circoscrizione Estero. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati nominano gli altri componenti della Commissione in numero adeguato ad assicurare che la sua composizione rispecchi la proporzione esistente tra i gruppi parlamentari costituiti nelle due Camere.
2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche per le sostituzioni che si rendano necessarie in caso di dimissioni dei componenti, di morte o di cessazione dei medesimi dal mandato parlamentare.
3. Il presidente della Commissione è nominato, al di fuori dei componenti della medesima, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, d'intesa tra loro.
4. La Commissione elegge al suo interno, con voto limitato, due vicepresidenti e due segretari. Di essi, un vicepresidente e un segretario sono scelti tra i parlamentari eletti nella circoscrizione Estero.
Art. 5.
(Funzionamento)
1. La Commissione può articolarsi in gruppi di lavoro negli ambiti di cui agli articoli 1 e 2.
2. Per lo svolgimento delle proprie attività, la Commissione può effettuare audizioni e acquisire informazioni, dati e documenti dalle amministrazioni pubbliche e da qualunque altro soggetto che si occupa delle questioni attinenti all'emigrazione. La Commissione, tramite il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, può chiedere la trasmissione di informazioni e documenti relativi alla condizione delle comunità italiane all'estero da parte di Stati esteri e organizzazioni internazionali. Il Consiglio generale degli italiani all'estero trasmette annualmente alla Commissione una relazione sullo stato delle comunità italiane all'estero. La Commissione può chiedere informazioni e ricevere comunicazioni e segnalazioni da tutti gli organi di rappresentanza degli italiani all'estero istituiti dalla legge.
3. La Commissione dura in carica tre anni e presenta annualmente alle Camere una relazione sul suo funzionamento e sulle risultanze della sua attività.
4. La Commissione può trasmettere relazioni e segnalazioni alle Camere e al Governo nelle materie attribuite alla sua competenza.
Art. 6.
(Pubblicità delle sedute)
1. Le sedute della Commissione sono pubbliche; tuttavia, la Commissione può deliberare di riunirsi in seduta segreta.
Art. 7.
(Missioni)
1. La Commissione, per l'esercizio delle sue funzioni, può effettuare, avvalendosi della collaborazione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, missioni negli Stati esteri in cui ravvisi l'esigenza di approfondire l'esame di aspetti relativi alla condizione degli italiani ivi residenti.
Art. 8.
(Copertura finanziaria)
1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite annuo massimo di 80.000 euro e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. | Istituzione di una Commissione parlamentare per le questioni degli italiani all'estero
Contenuto
L' art. 1 , comma 1, istituisce la Commissione parlamentare bicamerale per gli italiani nel mondo, identificandone i seguenti compiti:
indirizzo e controllo sulle politiche e sugli interventi riguardanti i cittadini italiani residenti all'estero, tenendo conto dell'evoluzione sociale, culturale, civile e generazionale avvenuta nei diversi contesti geopolitici, sia per rilevarne e risolverne i problemi, sia per individuare le modalità più idonee a promuoverne la partecipazione al perseguimento del progresso economico, scientifico e culturale e degli interessi nazionali della Repubblica;
promozione delle politiche di sostegno agli italiani all'estero;
studio, monitoraggio e approfondimento delle questioni riguardanti gli italiani all'estero;
ricognizione e proposta nelle materie attinenti ai fenomeni di mobilità degli emigranti italiani, con particolare riferimento ai giovani diplomati e laureati che lasciano il territorio nazionale per ragioni di lavoro, di studio e di ricerca.
Secondo quanto previsto dal comma 2 la Commissione stabilisce un programma di attività avvalendosi del contributo delle comunità italiane all'estero, delle Regioni, delle Amministrazioni pubbliche, del Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE), dei comitati degli italiani all'estero, delle principali associazioni degli italiani all'estero.
L' art 2, al comma 1, definisce i principali ambiti d'attività della Commissione, riguardanti:
la valutazione della coerenza della legislazione vigente con il rispetto e con il sostegno dei fondamentali diritti sociali, civili e politici dei migranti italiani;
la verifica del percorso d'integrazione compiuto dagli italiani presenti nei rispettivi Paesi di residenza e l'eventuale esistenza di situazioni di emarginazione e discriminazione nei loro confronti, indicando gli interventi per la tutela dei loro diritti e proponendo misure di orientamento e di accompagnamento, in Italia e all'estero, che integrino il criterio dello ius sanguinis con la comprovata conoscenza della lingua e della Costituzione italiane quali presupposti per una effettiva appartenenza alla comunità civile e culturale del nostro Paese;
la promozione integrata del sistema Italia , attraverso la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo in un quadro interculturale e multilinguistico, valorizzando le espressioni storico-culturali delle comunità italiane;
la valorizzazione delle espressioni storico-culturali delle comunità italiane nel mondo e dei suoi esponenti più significativi, nell'ambito di una concezione bidirezionale delle relazioni culturali che superi forme ormai inattuali di mera trasmissione di modelli elaborati in ambito nazionale;
il contrasto – sulla base di studi sul fenomeno migratorio italiano - dei fenomeni migratori nocivi per il pieno sviluppo del Paese.
Sotto il profilo istituzionale e normativo , ai sensi del comma 2 , l'attività della Commissione si estrinseca:
nell'adeguamento degli istituti della rappresentanza degli italiani all'estero all'evoluzione delle comunità italiane nel mondo;
nel monitoraggio sulla legge elettorale per la circoscrizione Estero al fine di rendere efficaci e sicure le modalità di voto dei cittadini italiani residenti all'estero e sostenerne la partecipazione alle consultazioni locali nei Paesi di insediamento;
nella definizione di nuove regole per il recupero e per il mantenimento della cittadinanza degli italiani residenti all'estero;
nell'adeguamento della rete e dei servizi consolari e diplomatici italiani nel mondo per rispondere in modo efficace aiPag. 53bisogni degli italiani residenti all'estero e per tutelare gli interessi dell'Italia sul piano economico, politico e culturale;
nell'adozione d'iniziative per il rafforzamento dei media di lingua italiana all'estero;
nella formulazione d'indirizzi sull'assistenza nei riguardi degli italiani residenti all'estero sostenendo e nella riforma dei patronati italiani all'estero;
nell'aggiornamento della regolamentazione dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE);
nella promozione di accordi internazionali in materia di tutela del lavoro, sociale, previdenziale e tributaria nonché per facilitare scambi tra università o altri istituti di alta formazione italiani e stranieri per la realizzazione di studi, ricerche e programmi di formazione riguardanti gli italiani residenti all'estero:
nel dialogo con i parlamentari di origine italiana eletti negli Stati esteri allo scopo di comparare le rispettive legislazioni in materia di diritti dei migranti e di misure di integrazione;
nell'approfondimento delle tematiche attinenti la situazione degli italiani residenti all'estero, di quelli rimpatriati e di coloro che intendano trasferire all'estero la propria residenza.
La Commissione è formata (art. 3) da diciotto senatori e diciotto deputati , nominati pariteticamente, dai Presidenti delle Camere su designazione dei gruppi, in modo da assicurare la presenza di almeno un rappresentante per ciascun gruppo costituito in almeno uno dei due rami del Parlamento, nonché in modo proporzionale alla consistenza dei gruppi, garantendo l'equilibrata rappresentanza dei sessi e la partecipazione come membri della Commissione a tutti gli eletti all'estero.
I Presidenti delle Camere convocano la Commissione entro novanta giorni dall'inizio della legislatura per la propria costituzione, la quale ha luogo mediante la elezione dell'ufficio di presidenza composto di un presidente, di due vicepresidenti e di due segretari. In sede di prima attuazione, la Commissione si riunisce per la prima seduta entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima (art. 4, comma 1) . Il Presidente è eletto al primo turno a maggioranza assoluta dei componenti. Se nessuno riporta tale maggioranza, si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. È eletto il candidato che riporta il maggior numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età (art. 4, comma 2).
La Commissione .- che approva un proprio regolamento interno ( art. 5, comma 1 ) - può ascoltare rappresentanti del Governo , delle regioni e degli altri enti pubblici, nonché esponenti della comunità degli italiani all'estero, acquisire dati e informazioni e documenti dalle Amministrazioni pubbliche e da organismi europei e internazionali ( commi 2 e 3 ); può compiere missioni , anche all'estero qualora ravvisi l'esigenza di approfondire l'esame di aspetti relativi alla condizione degli italiani ivi residenti, anche al fine di verificare l'esistenza di eventuali criticità così come presso le istituzioni dell'Unione europea o presso organizzazioni internazionali ( comma 4).
L' art. 6 dispone che la Commissione elabori annualmente una relazione da presentare alle Camere sull'attività svolta (comma 1), e possa trasmettere relazioni e segnalazioni alle Camere e al Governo quando lo ritenga necessario (comma 2). E' altresì previsto per il CGIE l'obbligo di trasmettere annualmente alla Commissione una relazione sullo stato delle comunità italiane all'estero ( comma 3 ).
L'art. 7 stabilisce infine che per l'esercizio delle sue funzioni la Commissione fruisca di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e regioni
Il provvedimento appare riconducibile alla materia "organi dello Stato", attribuita dall'articolo 117, secondo comma, lettera f), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. | 7,071 | 159 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2715 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2715
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
RIZZO, ARESTA, MAURIZIO CATTOI, CORDA, DEL MONACO, DORI, D'UVA, FANTINATI, FRUSONE, GIARRIZZO, GUBITOSA, IOVINO, MISITI, PENNA, ROBERTO ROSSINI, GIOVANNI RUSSO, SAITTA
Modifiche agli articoli 1058 e 1462 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , in materia di documentazione dei giudizi di idoneità all'avanzamento e di attribuzione del punteggio di merito nonché di conferimento di encomi ed elogi
Presentata il 13 ottobre 2020
Onorevoli Colleghi! – Nel mondo militare l'attività premiale costituisce una delle più significative espressioni dell'azione di comando poiché la gratificazione morale dei militari, che si distinguono per condotta e risultati ottenuti, è uno strumento necessario per sostenerne il morale e la motivazione. Tale funzione assume un'altissima rilevanza e responsabilità per i comandanti, avendo anche considerevoli conseguenze ai fini della redazione della documentazione caratteristica e, soprattutto, dell'avanzamento di carriera del militare, da cui discende anche una progressione di tipo economico. Ne consegue che questa debba essere esercitata, nei differenti livelli, con grandi sensibilità, trasparenza, senso di responsabilità ed equilibrio.
Tra le ricompense che possono essere concesse per particolari meriti da parte della linea gerarchica superiore vi sono l'encomio solenne, l'encomio semplice e l'elogio. In particolare, l'encomio solenne può essere tributato esclusivamente da autorità di grado non inferiore a generale di corpo d'armata o equivalente ai sensi dell'articolo 1462 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , di seguito «codice», e deve essere inequivocabilmente riconducibile al compimento di un atto eccezionale e chiaramente rinvenibile nel testo in cui si dà atto della motivazione.
Allo stesso modo, anche l'encomio semplice deve essere sostenuto da una motivazione dal cui testo sia chiaramente individuabile l'atto speciale o i meriti particolari che esaltino il prestigio del corpo o dell'ente di appartenenza, che hanno indotto un generale o un ammiraglio della linea gerarchica a concederlo.
Appare, dunque, evidente che l'aver dimostrato una particolare e spiccata diligenza nell'assolvimento dei propri incarichi, compiti o mansioni, non può costituire un elemento di per sé sufficiente a giustificare l'attribuzione di una delle citate ricompense che, pertanto, deve premiare attività che superano il solo rendimento meritorio e nelle quali sia rinvenibile un comportamento caratterizzabile per rilevanza e per straordinarietà.
La Direzione generale per il personale militare (PERSOMIL) del Ministero della difesa ha più volte richiamato l'attenzione sulle modalità con le quali le attività premiali debbano essere concesse, evitando che queste siano attribuite nell'approssimarsi delle valutazioni o all'atto del trasferimento, limitandosi a esaltare le qualità e l'impegno nello svolgimento degli incarichi o nell'assolvimento delle mansioni, per fatti, quindi, nei quali non sono riscontrabili quei caratteri di straordinarietà ed eccezionalità richiesti dalla normativa.
Alla luce di quanto esposto, al fine di perseguire princìpi ispirati alla meritocrazia, alla giustizia e all'uguaglianza, la presente proposta di legge prevede, all'articolo 1, una modifica all'articolo 1058 del codice in materia di giudizio di idoneità e di attribuzione del punteggio di merito per il personale in avanzamento. Si prevede la redazione, in aggiunta al verbale, di uno statino allegato contenente, oltre al punteggio, le motivazioni del giudizio di idoneità e le valutazioni di merito conferite da ciascun membro della commissione. Tale provvedimento consentirà di rendere trasparenti i giudizi di merito che hanno determinato o no l'idoneità dell'ufficiale (o del sottoufficiale) all'avanzamento al grado superiore.
L'articolo 2 modifica l'articolo 1462 del codice al fine di giungere a una maggiore trasparenza, specificando nella norma di legge che gli atti di «attestata eccezionalità» devono essere dettagliatamente trascritti nel testo della motivazione. Inoltre, affinché siano di monito per l'intera comunità, si prevede che ne siano date conoscenza e pubblicità attraverso una sezione dedicata del sito internet istituzionale del Ministero della difesa. Si prevede, altresì, che la pubblicazione on line avvenga in forma anonima, al fine di impedire un'identificazione indiretta dei soggetti interessati, incrociando dati comuni con gli altri dati sensibili. Infine, si prevede che la PERSOMIL istituisca un adeguato archivio digitalizzato per il monitoraggio delle attività premiali.
L'articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifica all'articolo 1058 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , in materia di attribuzione del punteggio di merito)
1. Dopo il comma 7 dell'articolo 1058 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , è inserito il seguente:
« 7-bis . La commissione redige il processo verbale del procedimento di attribuzione del punteggio di merito. Al processo verbale è allegato uno statino contenente gli elementi e le motivazioni del giudizio di idoneità, di cui ai commi 1 e 2, per ciascun ufficiale risultato idoneo, nonché i punti di merito attribuiti e la valutazione di sintesi espressa da ciascun componente della commissione con riferimento al complesso degli elementi di cui al comma 5, lettere a) , b) , c) e d) ».
Art. 2.
(Modifiche all'articolo 1462 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , in materia di encomi ed elogi)
1. All'articolo 1462 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è sostituito dai seguenti:
« 2. L'encomio solenne consiste in una lode particolare per atti di attestata eccezionalità, descritti in dettaglio nella motivazione. Esso è pubblicato nell'ordine del giorno del corpo, dell'unità e dei comandi superiori e deve essere, altresì, pubblicato in un'apposita sezione del sito internet istituzionale del Ministero della difesa, affinché tutti ne traggano esempio; esso è tributato da autorità di grado non inferiore a generale di corpo d'armata o equivalente.
2-bis. Al fine di impedire l'identificazione indiretta del militare, nonché per finalità relative alla sicurezza nazionale e alla difesa, l'encomio solenne, pubblicato nell'apposita sezione del sito internet istituzionale del Ministero della difesa di cui al comma 2, deve riportare i soli dati personali dei soggetti interessati in forma anonima»;
b) dopo il comma 7 è inserito il seguente:
« 7-bis . L'encomio solenne e l'encomio semplice non possono essere conferiti all'atto delle valutazioni o del trasferimento del soggetto valutato o del soggetto che li conferisce»;
c) dopo il comma 9 è aggiunto il seguente:
« 9-bis . Al fine di assicurare il monitoraggio delle attività premiali, la Direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa istituisce un archivio digitalizzato e aggiornato contenente i dati relativi agli encomi, agli elogi e alle altre ricompense».
Art. 3.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. All'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. | Disposizioni concernenti i giudizi di idoneità all'avanzamento degli ufficiali e il conferimento di encomi ed elogi
Contenuto
L'articolo 1 della proposta di legge inserisce un nuovo comma all'articolo 1058 del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 (di seguito denominato "Codice"), concernente il giudizio di idoneità all'avanzamento degli ufficiali e l'attribuzione del punteggio di merito.
Per avanzamento del personale si intende la progressione nei gradi della carriera militare.
Le forme di avanzamento hanno caratteristiche particolari per ciascuna categoria di militari. Per gli Ufficiali corrispondono a criteri di anzianità, di scelta e per meriti eccezionali (il personale dell'Arma dei Carabinieri anche per benemerenze d'istituto); per i Sottufficiali ad anzianità, a scelta, per concorso per titoli di servizio ed esami e per meriti eccezionali (il personale dell'Arma dei Carabinieri anche per benemerenze d'istituto).
Per poter essere promosso il personale viene inserito in apposite aliquote di valutazione in cui sono iscritti tutti coloro che alla data di formazione delle stesse soddisfino i requisiti richiesti (tra i quali l'assolvimento dei periodi di comando/attribuzioni specifici che e i periodi minimi di servizio).
In relazione all' avanzamento a scelta degli ufficiali il procedimento definito dall'articolo 1058 del Codice si articola in due fasi. In via preliminare la commissione è tenuta ad accertare l'idoneità di ciascun ufficiale all'avanzamento al grado superiore (commi da 1 a 4). Successivamente , la commissione attribuisce al personale valutato un punteggio di merito e, quindi, procede alla formazione della graduatoria di merito.
Ai sensi del comma 2 dell'articolo 1058 affinché un ufficiale sia valutato idoneo è necessario che riporti un numero di voti favorevoli superiore ai due terzi dei votanti.
I punti di merito vanno da uno a trenta e sono attribuiti valutando, oltre all'attitudine dell'ufficiale ad assumere incarichi nel grado superiore, con specifico riferimento ai settori di impiego di particolare interesse per l'amministrazione (lettera d ) del comma 5 dell'articolo 1058), anche le qualità morali , di carattere e fisiche dell'ufficiale (lettera a ) del comma 5 dell'articolo 1058); eventuali benemerenze di guerra e comportamento in guerra e qualità professionali dimostrate durante la carriera, specialmente nel grado rivestito, con particolare riguardo all'esercizio del comando o delle attribuzioni specifiche, se richiesti dal Codice ai fini dell'avanzamento, al servizio prestato presso reparti o in imbarco (lettera b ) del comma 5 dell'articolo 1058); le doti intellettuali e di cultura con particolare riguardo ai risultati di corsi, esami, esperimenti (lettera c ) del comma 5 dell'articolo 1058).
Ai fini dell'attribuzione del punteggio di merito , l'articolo 1058 distingue a seconda che l'ufficiale da valutare sia un militare avente grado non superiore a colonnello (o grado corrispondente) o sia un ufficiale avente grado di generale di divisione o di brigata (o ufficiale di grado corrispondente).
Nella prima ipotesi il punteggio si otterrà sommando i punti assegnati per ciascun complesso degli elementi sopra richiamati, tale somma sarà poi divisa per il numero dei votanti e i relativi quozienti, calcolati al centesimo, saranno sommati fra di loro. Il totale sarà diviso per quattro, calcolando il quoziente, al centesimo, che costituisce il punto di merito attribuito all'ufficiale dalla commissione.
Nella seconda ipotesi, la somma dei punti assegnati è divisa per il numero dei votanti. Il quoziente , al centesimo, costituisce il punto di merito attribuito all'ufficiale dalla commissione.
Formata la graduatoria, l'avanzamento si effettuerà promuovendo gli ufficiali nell'ordine risultante dalla graduatoria medesima o nell'ordine di iscrizione in ruolo.
Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell'articolo 1034 del Codice dell'ordinamento militare esprimono giudizi sull'avanzamento degli ufficiali le Commissioni di vertice nei riguardi degli ufficiali aventi grado di generale di divisione e corrispondenti; le Commissioni superiori di avanzamento nei riguardi degli ufficiali aventi grado da tenente colonnello a generale di brigata e corrispondenti; le Commissioni ordinarie di avanzamento nei riguardi degli ufficiali in servizio permanente aventi grado da sottotenente a maggiore e corrispondenti; i superiori gerarchici per gli ufficiali di complemento. Le Commissioni di vertice e le Commissioni superiori di avanzamento sono costituite presso ciascuna Forza armata. Per quanto riguarda l'Esercito la disciplina delle Commissioni superiore e ordinaria di avanzamento sono regolate, rispettivamente, dagli articoli 1037 e 1042 del Codice dell'ordinamento militare. Per la valutazione del personale appartenente a ciascuno dei ruoli marescialli , sergenti e volontari in servizio permanente, sono istituite presso l'Esercito italiano , la Marina militare e l'Aeronautica militare apposite Commissioni permanenti (artt. 1047 e ss. del Codice dell'ordinamento militare).
Nello specifico, il nuovo comma 7- bis dell'articolo 1058 del Codice fissa il principio generale in forza del quale la Commissione esaminatrice è tenuta a redigere il processo verbale del procedimento di attribuzione del punteggio di merito dell'ufficiale.
Al processo verbale dovrà essere allegato uno statino contenente sia gli elementi e le motivazioni del giudizio di idoneità di ciascun ufficiale all'adempimento delle funzioni del grado superiore (fase preliminare del procedimento di valutazione), sia i punti di merito attribuiti e la valutazione di sintesi espressa da ciascun componente della commissione con riferimento al complesso degli elementi posti alla base del giudizio (cfr. sopra).
Come precisato nella relazione allegata alla proposta di legge in esame la modifica normativa "consentirà di rendere trasparenti i giudizi di merito" che hanno determinato o no l'idoneità dell'ufficiale all'avanzamento al grado superiore.
Alla medesima finalità di trasparenza amministrativa sono volte le modifiche che l' articolo 2 della proposta di legge intende apportare alla disciplina degli encomi ed elogi prevista dall'articolo 1462 del Codice.
Si prevede, infatti, che gli atti di "attestata eccezionalità" posti alla base del conferimento di un "encomio solenne" vengano dettagliatamente trascritti nel testo della motivazione (nuovo comma 2). Inoltre, affinché siano di esempio per l'intera comunità, si prevede che ne sia data conoscenza e pubblicità in una apposita sezione del sito internet istituzionale del Ministero della Difesa. Si prevede, altresì, che la pubblicazione on line avvenga in forma anonima, al fine di impedire un'identificazione indiretta dei soggetti interessati (nuovo comma 2- bis ).
La disciplina relativa all'attribuzione delle ricompense in esame è dettata dall'articolo 1462 del Codice (cfr. infra testo a fronte). Su questa materia si ricorda, inoltre, la circolare del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, del 19 febbraio 2014 recante "Attività premiale; attribuzione di encomi semplici ed encomi solenni" laddove si precisa che "l'encomio solenne, ai sensi dell' art. 1462 del Codice, deve essere riconducibile al compimento di un atto eccezionale , che deve essere chiaramente rinvenibile nel testo della motivazione e può essere tributato, esclusivamente, da autorità di grado non inferiore a Generale di Corpo d'Armata o equivalente. Anche l'encomio semplice deve essere sostenuto da una motivazione dal cui testo sia chiaramente individuabile l'atto speciale o i meriti particolari che esaltino il prestigio del Corpo o dell'Ente di appartenenza, che hanno indotto un Generale o Ammiraglio della linea gerarchica a concederlo".
Nella medesima circolare si precisa che " l'aver impiegato particolare e spiccata diligenza nell'assolvimento dei propri incarichi, compiti o mansioni, non può costituire elemento di per sé sufficiente a giustificare l'attribuzione di una di tali ricompense che, pertanto, deve premiare attività che travalichino il rendimento meritorio e in cui sia rinvenibile un comportamento caratterizzabile per rilevanza e straordinarietà".
Ai sensi del nuovo comma 7- bis dall'articolo 1462 del Codice l'encomio solenne e l'encomio semplice non possono essere conferiti all'atto delle valutazioni o del trasferimento del soggetto valutato o del soggetto che li conferisce.
Al riguardo, nella richiamata circolare la Direzione Generale per il Personale Militare (PERSOMIL) fa presente che "non di rado i Superiori, nell'approssimarsi delle valutazioni o all'atto del trasferimento, sono soliti tributare ricompense ai collaboratori, limitandosi a esaltarne le qualità e l'impegno nello svolgimento dei propri incarichi e nell'assolvimento delle mansioni a essi devolute, per fatti, quindi, nei quali non appaiono riscontrabili quei caratteri di straordinarietà ed eccezionalità richiesti dalla normativa sopra richiamata". La Direzione Generale per il Personale Militare nel rilevare che l'insussistenza dei requisiti richiesti e l'inosservanza dei criteri di attribuzione costituiscono elementi di impedimento per l'annotazione di tali ricompense sulla documentazione matricolare, ricorda, altresì, come rientri nel "proprio potere di controllo di legittimità" lo stralcio di alcuni encomi solenni e semplici, non sorretti da motivazioni idonee nel senso sopra indicato.
Sul tema della pubblicità della concessione degli encomi si veda anche la circolare del Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, del 30 ottobre 2020 .
Infine, si prevede che la PERSOMIL istituisca un archivio digitalizzato per il monitoraggio delle attività premiali (nuovo comma 9- bis ).
Testo a fronte
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge in esame, di iniziativa parlamentare, è corredata dalla relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
L'intervento con fonte di rango primario si giustifica in considerazione del fatto che la proposta di legge apporta modifiche ed integrazioni a taluni articoli del decreto legislativo n. 66 del 2010.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento in esame, novellando alcune disposizioni del Codice dell'ordinamento militare concernenti il giudizio di avanzamento degli ufficiali e il riconoscimento di encomi ed elogi, è riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2 lettere d ) della Costituzione che attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di difesa e Forze armate.
Analisi di impatto di genere
In relazione alla proposta di legge in esame si ricorda che ai sensi dell'articolo 1033 del Codice, "L'avanzamento del personale militare femminile è disciplinato dalle disposizioni vigenti per il personale militare maschile" .
A tal proposito si osserva che la proposta di legge in esame, all'articolo 1, lascia immutata l'attuale disciplina sostanziale che regola i giudizi di avanzamento degli ufficiali, prescrivendo unicamente taluni adempimenti di carattere amministrativo volti a garantire maggiore trasparenza ai procedimenti che regolano la progressione di carriera degli ufficiali, a garanzia di tutto il personale militare, femminile e maschile , sottoposto ai giudizi di valutazione di cui all'articolo 1462 del Codice.
Analoghe considerazioni con riferimento all'articolo 2 della proposta di legge che interviene sull'articolo 1462 del Codice in materia di "Encomi ed elogi" allo scopo di assicurare maggiore pubblicità, trasparenza ed equità alle procedure che regolano la concessione di tali ricompense, vietandone al contempo il loro riconoscimento all'atto delle valutazioni o del trasferimento del soggetto valutato o del soggetto che le conferisce.
In relazione a tali finalità si osserva che la trasparenza amministrativa contribuisce a garantire il rispetto del principio delle pari opportunità come stabilito anche dal Codice per le pari opportunità (cfr. art. 48 del d. lgs n. 198 del 2006).
Giova a questo proposito ricordare che secondo quanto riportato nell'ultima Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze armate (anno 2019 – Doc. XXXVI n. 4, pagg. 45-48), alla data del 31 dicembre 2019 , le Forze Armate e l'Arma dei Carabinieri, incluse le capitanerie di porto, hanno registrato la presenza di 17.707 unità di personale femminile (rispetto alle 15.995 unità presenti alla fine del 2018), così ripartite:
1.863 Ufficiali;
2.562 Sottufficiali;
12.170 Graduati e Militari di truppa;
1.112 Allievi di accademie e scuole militari.
Relativamente alla progressione di carriera nella richiamata Relazione si evidenzia che, secondo una proiezione teorica, il primo Ufficiale donna sarà valutato per l'avanzamento al grado di Colonnello tra circa 4 anni. L'Arma dei Carabinieri ha già Ufficiali donna nei gradi di Generale di Brigata e Colonnello provenienti dal Corpo Forestale e dalla Polizia di Stato.
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Tabella 1 – Personale femminile al 31 dicembre 2019
C.E.M.M.= Corpo degli equipaggi militari marittimi
Fonte: Rielaborazione Servizio Studi – Dipartimento Difesa – su dati tratti dalla Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze armate (anno 2019) – Doc. XXXVI n. 4.
Grafico 1 – Composizione del personale femminile per grado (anno 2019)
Fonte: Elaborazione Servizio Studi – Dipartimento Difesa – su dati tratti dalla Relazione sullo stato della disciplina militare e sullo stato dell'organizzazione delle Forze armate (anno 2019) – Doc. XXXVI n. 4. | 6,608 | 118 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-678 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 678
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
AMORESE, FOTI, LA PORTA, ZUCCONI
Abolizione del limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche
Presentata il 5 dicembre 2022
Onorevoli Colleghi! — Il contrasto dello spopolamento delle aree interne, delle piccole isole nonché delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, contestualmente ad un impegno deciso per la tutela e la valorizzazione delle stesse, rappresenta un complesso di finalità prioritarie per una politica pubblica che intenda investire – in termini di sensibilità verso il territorio, nonché di cura, attenzione e propensione al dialogo con le comunità ivi presenti – risorse per realizzare un ampio progetto pubblico di salvaguardia del nostro patrimonio paesaggistico, ambientale e culturale, secondo un metodo che potremmo definire «di trasformazione» degli elementi critici in vere opportunità di sviluppo e rilancio del nostro variegato territorio.
Investire in queste aree significa, anzitutto, ascoltare le esigenze che promanano da questi territori e da queste comunità, ponendo le istituzioni centrali in una posizione di apertura al confronto e al dialogo costante, al fine di garantire il corretto recepimento di istanze e osservazioni, anche di carattere pratico, logistico o di semplice buon senso e, in ogni caso, idonee a fornire elementi utili ad assicurare alle politiche pubbliche gli elementi informativi e conoscitivi necessari a regolare in modo utile e adeguato tali realtà, basando l'attività normativa su elementi conoscitivi concreti, reali e idonei a consolidare una relazione integrata e virtuosa tra le istituzioni di tutti i livelli, senza dimenticare né lasciare indietro alcuno e, anzi, partendo proprio dalle più piccole entità costitutive del nostro territorio e del nostro apparato amministrativo e istituzionale, secondo il tradizionale ma sempre attuale canone e parametro del buon governo, efficacemente rappresentato nella formula: «conoscere per deliberare». È dalla conoscenza autentica e più profonda di queste aree – che solamente una relazione di rappresentanza politica di qualità può essere in grado di incanalare verso le istituzioni e di veicolare verso un'attività di produzione di atti normativi – che derivano proposte di intervento e di modifica e rifinitura delle politiche nazionali nonché di adattamento delle norme generali di legge applicate alla maggior parte del territorio nazionale, in modo tale da prevedere un quadro normativo che non si riveli opprimente o inadeguato ma che, al contrario, sia in grado di rispettare l'integrità dell'identità culturale, paesaggistica e ambientale di popolazioni e di territori il cui legame «genetico» e la cui integrazione reciproca devono essere tutelati.
La presente proposta di legge nasce da tali osservazioni e interviene prevedendo nuove disposizioni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche. Si ricorda che, attualmente, la materia è disciplinata da regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 , recante «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell' articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ».
Il regolamento, pur stabilendo una disciplina specifica per la determinazione del numero minimo di alunni necessario alla formazione delle classi nelle scuole situate nelle aree oggetto della presente proposta di legge, ossia le aree interne, le piccole isole e le aree geografiche abitate da minoranze linguistiche, non tiene però conto in modo adeguato delle situazioni determinate dal progressivo spopolamento di tali aree.
Partendo dalla consapevolezza del ruolo centrale rivestito dalle scuole nelle comunità più piccole, sia per la loro vita culturale e socio-educativa, sia per la loro economia locale, la presente proposta di legge prevede che le classi della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e di secondo grado possano essere formate senza rispettare un numero minimo di alunni, adottando criteri più flessibili di quelli vigenti e, comunque, in grado di garantire l'esistenza delle scuole e lo svolgimento delle attività didattiche e formative anche in tali comunità.
Si prevede, infine, che dall'attuazione della legge non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Abolizione del limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche)
1. A decorrere dall'anno scolastico 2020/2021, per la formazione delle classi nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche si applicano le seguenti disposizioni:
a) nelle scuole primarie e nelle relative sezioni staccate possono essere costituite, per ciascun anno di corso, classi con un numero di alunni inferiore a quindici e pluriclassi con un numero di alunni inferiore a otto;
b) nelle scuole secondarie di primo grado e nelle relative sezioni staccate possono essere costituite classi, per ciascun anno di corso, con un numero di alunni inferiore a diciotto;
c) negli istituti e nelle scuole di istruzione secondaria di secondo grado possono essere costituite classi, per ciascun anno di corso, con numero di alunni inferiore a venticinque.
2. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede a modificare gli articoli 10, 11 e 16 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 , al fine di adeguarli a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo.
Art. 2.
(Clausola di neutralità finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. | Abolizione del limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie dei comuni montani, delle piccole isole e delle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche
Contenuto
1. Premessa
La presente proposta di legge reca misure per l'abolizione del limite numerico minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole primarie e secondarie , previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, con riferimento ai comuni montani, alle piccole isole e alle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche.
Il testo riproduce il contenuto di un'analoga proposta depositata nella XVIII Legislatura presso la Camera dei deputati sub A.C. 2613, il cui esame, in abbinamento con gli atti C. 877, C. 2511, C. 3460, non è stato concluso prima dello scioglimento delle Camere.
Nell'ambito del dibattito parlamentare e istituzionale, il tema del numero di alunni per classe è venuto in considerazione sotto due principali profili: i) quello, qui oggetto di attenzione, della garanzia del diritto all'istruzione degli studenti residenti in aree c.d. disagiate o caratterizzate da specifiche peculiarità, tramite l'implementazione dei servizi scolastici, la continuità didattica e la deroga al numero di alunni per consentire comunque la formazione delle classi; ii) quello delle c.d. " classi pollaio ", cioè delle classi formate con alunni in sovrannumero, che pongono a repentaglio la effettiva realizzazione del diritto all'istruzione (cfr., per approfondimenti, il dossier predisposto dal Servizio Studi, al paragrafo «Cenni sul contenzioso in materia»).
2. Il quadro normativo
La disciplina del numero di alunni per classe è oggi stabilita, in via generale, dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81 (Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133).
Il DPR in questione ha natura giuridica di regolamento di delegificazione, ex art. 17, comma 2, della L. 400/1988 , ai sensi del quale con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.
Il DPR è stato adottato, in sede attuativa, sulla base dell'autorizzazione disposta, a suo tempo, dall' art. 64, comma 4, del D.L. 112/2008.
Si ricorda che l'art. 64, comma 1, del D.L. 112/2008 ha disposto il ridimensionamento delle dotazioni organiche dei docenti attraverso l'incremento graduale, fino al raggiungimento di un punto, a partire dall'a.s. 2009-2010 ed entro l'a.s. 2011-2012, del rapporto alunni/docente, per un accostamento di tale rapporto ai relativi standard europei, tenendo anche conto delle esigenze degli alunni diversamente abili. Per la realizzazione, tra l'altro, di tale finalità, i commi 3 e 4 dello stesso articolo hanno previsto la predisposizione di un piano programmatico di interventi e misure e la conseguente adozione, a fini attuativi, di regolamenti recanti, per quanto qui interessa, la revisione dei criteri vigenti in materia di formazione delle classi, nonché di quelli relativi alla determinazione della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA . In base al comma 6 dello stesso art. 64, quanto disposto dal comma 1 concorre, a decorrere dal 2009, alla realizzazione di economie di spesa per il bilancio dello Stato.
Per ciò che qui rileva, il DPR 81/2009 individua come segue il numero di alunni per classe:
Già nella disciplina del DPR 81/2009 – come si vede – il limite di alunni per classe trova dei congegni di flessibilità :
• in via generale, l'art. 4 stabilisce che al fine di dare stabilità alla previsione delle classi, riducendo al massimo gli scostamenti tra il numero delle classi previsto ai fini della determinazione dell'organico di diritto e quello delle classi effettivamente costituite all'inizio di ciascun anno scolastico , è consentito derogare, in misura non superiore al 10 per cento, al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto, per ciascun tipo e grado di scuola, dal presente regolamento. I dirigenti scolastici possono disporre incrementi del numero delle classi dell'istruzione primaria e dell'istruzione secondaria solo in caso di inderogabili necessità legate all'aumento effettivo del numero degli alunni rispetto alle previsioni, previa autorizzazione del dirigente preposto all'Ufficio scolastico regionale, secondo i criteri ed i parametri di cui al presente regolamento;
• con specifico riferimento (anche) alle fattispecie considerate nella proposta di legge in esame, l'art. 8 , in relazione a scuole «in situazioni disagiate» , dispone che nelle scuole funzionanti nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle zone abitate da minoranze linguistiche, nelle aree a rischio di devianza minorile o caratterizzate dalla rilevante presenza di alunni con particolari difficolta' di apprendimento e di scolarizzazione , possono essere costituite classi uniche per anno di corso e indirizzo di studi con numero di alunni inferiore a quello minimo e massimo stabilito dagli articoli 10, 11 e 16. In tali casi le regioni e gli enti locali interessati stipulano, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, convenzioni con il Ministero dell'istruzione, e del merito per consentire, in situazioni particolarmente svantaggiate, l'istituzione di centri scolastici digitali collegati funzionalmente alle istituzioni scolastiche di riferimento, mediante l'utilizzo di nuove tecnologie al fine di migliorare la qualità dei servizi agli studenti e di garantire una maggiore socializzazione delle comunità di scuole.
Interventi normativi successivi hanno poi configurato ulteriori casi e forme di deroga ai limiti in parola. Si ricordano fra l'altro:
- la previsione di cui all' art. 1, comma 84, della L. 107/2015 , a tenore della quale il dirigente scolastico, nell'ambito dell'organico dell'autonomia assegnato e delle risorse, anche logistiche, disponibili, riduce il numero di alunni e di studenti per classe rispetto a quanto previsto dal regolamento di cui al DPR 81/2009, allo scopo di migliorare la qualità didattica anche in rapporto alle esigenze formative degli alunni con disabilità (cfr. il relativo dossier per approfondimenti);
- la facoltà per i dirigenti degli Uffici scolastici regionali ( prevista dall'art. 18- bis del D.L. 189/2016 sin dall'anno scolastico 2016/2017 e in ultimo estesa all'anno scolastico 2023/2024 dall'art. 5, comma 9, del D.L. 198/2022: cfr. il relativo dossier per approfondimenti) di derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe previsto, per ciascun tipo e grado di scuola, dal DPR 81/2009, con riferimento alle istituzioni scolastiche ed educative situate nelle aree colpite dagli eventi sismici verificatisi nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, nonché nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno dell'Isola di Ischia;
- la previsione di cui all' art. 1, commi 344-347 della L. 234/2021 (legge di bilancio 2022: cfr. il relativo dossier per approfondimenti) che, al fine di favorire l'efficace fruizione del diritto all'istruzione anche da parte dei soggetti svantaggiati collocati in classi con numerosità prossima o superiore ai limiti previsti a normativa vigente, autorizza il Ministero dell'istruzione [e oggi, del merito] a istituire classi in deroga alle dimensioni previste dal DPR 81/2009. La predetta deroga opera nelle scuole caratterizzate da valori degli indici di status sociale, economico e culturale e di dispersione scolastica individuati con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il mese di febbraio precedente all'anno scolastico di riferimento, e nel limite delle risorse strumentali e finanziarie e della dotazione organica di personale scolastico disponibili a legislazione vigente. Si ricorda che, in sede attuativa, sono stati adottati, anzitutto, il decreto interministeriale 90 del 2022, che ha stabilito per il 2022/2023 in 8.741 unità la quota massima dell'organico del personale docente da destinare alle classi costituite in deroga alle dimensioni individuate DPR 81/2009; poi, il decreto del Ministero dell'istruzione 220/2022 che ha stabilito gli indici di status sociale, economico e culturale e di dispersione scolastica.
3. Analisi dell'articolato
L'articolo 1, al comma 1 , dispone che a decorrere dall'anno scolastico 2020/ 2021, per la formazione delle classi nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche si applicano le seguenti disposizioni: a) nelle scuole primarie e nelle relative sezioni staccate possono essere costituite, per ciascun anno di corso, classi con un numero di alunni inferiore a quindici e pluriclassi con un numero di alunni inferiore a otto; b) nelle scuole secondarie di primo grado e nelle relative sezioni staccate possono essere costituite classi, per ciascun anno di corso, con un numero di alunni inferiore a diciotto; c) negli istituti e nelle scuole di istruzione secondaria di secondo grado possono essere costituite classi, per ciascun anno di corso, con numero di alunni inferiore a venticinque.
Si valuti l'opportunità di adeguare l'anno scolastico di decorrenza della disposizione, essendo quello 2020/2021 già concluso.
Il comma 2 prevede che entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo provvede a modificare gli articoli 10, 11 e 16 del DPR 81/2009 al fine di adeguarli a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo.
Sotto il profilo della formulazione normativa, poiché il DPR 81/2009 ha natura di regolamento di delegificazione, si valuti l'opportunità di rimodulare la previsione del comma 2 in termini di autorizzazione al Governo a modificare il DPR 81/2009 mediante il procedimento di cui all'art. 17, comma 2, della L. 400/1988, attenendosi alle indicazioni di cui al comma 1 come norme generali regolatrici della materia.
L'articolo 2 stabilisce che dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge è riconducibile alle norme generali sull'istruzione, rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato dall'art. 117, secondo comma, lett. n), della Costituzione. Al riguardo si ricorda, infatti, che la Corte costituzionale, con la sentenza 200/2009 – chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale proprio di talune disposizioni dell'art. 64 del D.L. 112/2008 – ha qualificato come «norme generali sull'istruzione» quelle recate dal comma 4, lett. da a) ad f), dello stesso art. 64, riguardanti, per quanto qui interessa, la revisione dei criteri di formazione delle classi e dei criteri per la definizione degli organici, sulla base delle quali è stato adottato il DPR 81/2009. | 5,511 | 89 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-746 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 746
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CARLONI, MOLINARI, DAVIDE BERGAMINI, PIERRO, BRUZZONE, BARABOTTI, CAPARVI, FURGIUELE, MARCHETTI, MORRONE
Disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali
Presentata il 29 dicembre 2022
Onorevoli Colleghi! – Il mercato agroalimentare in questi ultimi anni ha visto il proliferare di alimenti a base vegetale posti in commercio con l'uso distorto di nomi riferiti alla carne e ai prodotti a base di carne.
La diffusione di denominazioni come «bresaola di seitan», «bistecca di tofu» o «prosciutto veg» rende evidente un fenomeno tanto disdicevole quanto diffuso: usare denominazioni di vendita tradizionalmente associate alla carne per sfruttarne la notorietà e le analogie che questa suscita nella mente del consumatore.
Si rende così necessario adottare regole chiare che impediscano agli operatori del settore alimentare che producono alimenti a base vegetale di poter utilizzare, approfittando della notorietà, denominazioni di vendita che richiamano la carne o i prodotti a base di carne.
È, anzitutto, un'iniziativa per tutelare le produzioni zootecniche del nostro Paese da coloro che vogliono offrire alternative di consumo, sfruttando i nomi normalmente riferiti a carne e prodotti a base di carne con la propria notorietà.
Usare tali denominazioni significa evocare, nell'immaginario del consumatore, alcuni concetti strettamente legati alla produzione zootecnica, quali: la metodologia di produzione fatta di impegno personale, manodopera e passione per l'allevamento animale, la tutela degli stessi e la salvaguardia di ambiente e paesaggio, oltre che le capacità e le conoscenze specialistiche richieste per la stagionatura dei salumi o la corretta lavorazione delle carni.
Ma c'è di più: questi prodotti ottenuti mediante la lavorazione di vegetali che vengono macinati, mischiati, arricchiti con aromi e addensanti non hanno nulla a che fare, dal punto di vista nutrizionale, con i veri prodotti della zootecnia: vitamine, proteine, sali minerali (e spesso anche apporto calorico complessivo) sono sideralmente distanti da quelli dei prodotti della zootecnia. Ci si trova così a proporre al consumatore delle alternative di consumo che non hanno tuttavia lo stesso apporto, ricchezza e valore nutrizionale. Gli alimenti di origine zootecnica, è bene ricordarlo, sono gli unici a riuscire ad apportare nelle giuste quantità determinati nutrienti essenziali come le proteine e gli amminoacidi e, nelle giuste proporzioni, si inseriscono correttamente in un regime nutrizionale bilanciato.
La stessa lista degli ingredienti di questi prodotti surrogati presenta l'impiego di numerosi additivi, aromatizzanti e coadiuvanti indispensabili per conferire consistenza e sapore ai ricostituiti vegetali; sostanze impiegate legittimamente, ma che non vanno assunte in misura eccessiva.
Si tratta, pertanto, di un appello al giusto riconoscimento e al rispetto del lavoro delle nostre aziende. La commercializzazione di questi prodotti a base vegetale, con denominazioni che richiamano nel nome quelli a base di carne, può chiaramente indurre i consumatori a pensare erroneamente che questi prodotti a base vegetale siano sostituti equivalenti dei prodotti a base di carne.
L'obiettivo è, dunque, quello di ripristinare le corrette condizioni di mercato tra tutti gli operatori del settore alimentare: prodotti completamente diversi dovrebbero essere indicati con nomi del tutto differenti. La questione non riguarda la semplice informazione ai consumatori, i quali sono perfettamente consapevoli che non c'è, ad esempio, carne in una «mortadella vegana», ma il pericolo che possano essere indotti a credere che il prodotto a base vegetale abbia un esatto equivalente nutrizionale (e magari che lo stesso sia stato lavorato con le medesime tecniche e cure tradizionali dell'arte salumiera) del prodotto a base di carne.
In tale contesto, stabilire l'esclusivo uso dei nomi propri della carne e delle sue preparazioni con riferimento ai soli prodotti contenenti proteine di derivazione animale è un'operazione di giustizia sociale e di tutela delle corrette condizioni di mercato e di competitività.
Il cibo sintetico rappresenta un mezzo pericoloso per distruggere ogni legame con il cibo naturale e con i diversi territori, cancellando ogni distinzione culturale, spesso millenaria.
Da più parti sono stati denunciati, anche attraverso la promozione di petizioni, i rischi per la salute e l'ambiente legati alla diffusione del cibo sintetico, frutto di modelli produttivi omologanti assolutamente distanti dalle specificità territoriali locali, che sono alla base di un sistema alimentare che si fonda sulla storia, sul rispetto della terra, sulla tutela del territorio e del lavoro, che rendono unici i prodotti agroalimentari italiani.
La proposta di legge si compone di sette articoli ed è mirata a vietare l'uso delle denominazioni legali riferite alla carne di prodotti costituiti interamente, o in via prevalente, da alimenti vegetali, salvaguardando comunque i casi particolari legati alla preparazione di prodotti composti che possono contenere sia proteine vegetali che animali.
L'articolo 1 individua l'ambito di applicazione della legge. L'articolo 2 definisce gli alimenti contenenti proteine vegetali e stabilisce le definizioni base. L'articolo 3 introduce il divieto di utilizzo dei nomi riferiti alla carne, o ai prodotti a base di carne, per gli alimenti che contengono proteine vegetali. L'articolo 4 introduce eccezioni per i prodotti a prevalente origine animale in cui vengono introdotte proteine vegetali. L'articolo 5 introduce una salvaguardia per i prodotti composti da proteine animali e vegetali con la finalità di arricchire il prodotto a base di carne senza sostituire le proteine animali con quelle vegetali. L'articolo 6 richiama il mutuo riconoscimento a garanzia della libera circolazione delle merci nel mercato unico. L'articolo 7 introduce il divieto di vendita e di distribuzione a titolo gratuito dei prodotti che non rispettano le disposizioni della legge.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Ambito di applicazione)
1. La presente legge ha la finalità di tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori e il loro diritto all'informazione.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano ai prodotti alimentari contenenti proteine vegetali legalmente realizzati e commercializzati nel territorio nazionale.
Art. 2.
(Definizioni)
1. Ai fini della presente legge si applicano le seguenti definizioni:
a) «proteine vegetali»: proteine prodotte o derivanti da organismi appartenenti a tutti i regni diversi dal regno animale;
b) «alimenti di origine animale»: prodotti di origine animale e prodotti alimentari da essi derivati;
c) «denominazione legale»: il nome di un alimento prescritto dalle disposizioni dell'Unione europea a esso applicabili o, in mancanza di tali disposizioni, la denominazione prevista dalla legislazione nazionale dello Stato membro in cui l'alimento è venduto;
d) «nome descrittivo»: una denominazione dell'alimento, accompagnata, se necessario, dall'indicazione del suo utilizzo, per consentire ai consumatori di individuarne la vera natura e di distinguerlo dagli altri prodotti con i quali potrebbe essere confuso;
e) «prodotti trasformati»: ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera o) , del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, i prodotti alimentari ottenuti dalla trasformazione di prodotti non trasformati;
f) «ingrediente»: qualsiasi sostanza o prodotto, compresi gli aromi, gli additivi alimentari e gli enzimi alimentari, o qualsiasi componente di un ingrediente composto, utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare e ancora presente nel prodotto finito, eventualmente in forma modificata. I residui non sono considerati ingredienti.
Art. 3.
(Corretta designazione dei prodotti contenenti proteine vegetali e uso dei termini che si riferiscono agli alimenti di origine animale)
1. Al fine di non indurre il consumatore in errore circa le caratteristiche dell'alimento, i suoi effetti o le sue proprietà, per denominare un prodotto trasformato contenente proteine vegetali è vietato l'uso di:
a) denominazioni legali riferite alla carne, a una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
b) riferimenti a specie animali o a gruppi di specie animali o a una morfologia o a un'anatomia animale;
c) terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
d) nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
Art. 4.
(Aggiunte, aromi e ingredienti aromatizzanti autorizzati)
1. Le disposizioni dell'articolo 3 non precludono l'aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale.
2. In deroga a quanto previsto dall'articolo 3 è sempre ammesso l'uso del nome riferito alla carne, ai prodotti a base di carne o alla preparazione di carne, quando le proteine animali sono effettivamente presenti nel prodotto alimentare contenente proteine vegetali e purché non induca in errore il consumatore quanto all'effettiva natura dell'alimento.
Art. 5.
(Pietanze pronte)
1. Le denominazioni e gli altri elementi di cui all'articolo 3 possono essere utilizzate nella descrizione di combinazioni di prodotti alimentari di origine animale con altri tipi di prodotti alimentari che non sostituiscono né sono alternativi a quelli di origine animale, ma sono aggiunti a essi nell'ambito di tali combinazioni.
Art. 6.
(Mutuo riconoscimento)
1. I prodotti legalmente realizzati o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea, in un altro Stato che è parte dell'accordo sullo Spazio economico europeo o in Turchia non sono soggetti ai requisiti previsti dalla presente legge, a condizione che gli obiettivi generali di sostenibilità finalizzati alla tutela dell'ambiente e della salute umana, animale e vegetale e agli interessi dei consumatori, di cui all'articolo 1, siano riconosciuti dalle disposizioni dello Stato di origine.
Art. 7.
(Divieti e sanzioni)
1. È vietato detenere per la vendita o la distribuzione a titolo gratuito nonché vendere o distribuire gratuitamente prodotti alimentari non conformi alle disposizioni della presente legge.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di violazione del comma 1 nell'ambito dell'attività di impresa e in relazione alla quantità di prodotto venduta o distribuita a titolo gratuito, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 7.500 euro. | Disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali
Contenuto
La proposta di legge in esame (AC 746), che si compone di 7 articoli, ha ad oggetto disposizioni in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali.
L' art. 1 indica la finalità e delimita l' ambito di applicazione della proposta di legge in esame . Il comma 1 individua la finalità nella tutela del patrimonio zootecnico nazionale , riconoscendo il suo valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, considerando anche la tutela della salute umana, degli interessi dei consumatori e del loro diritto all'informazione.
Il comma 2 stabilisce che le disposizioni della presente proposta di legge si applicano ai prodotti alimentari contenenti proteine vegetali legalmente realizzati e commercializzati nel territorio nazionale.
Come si legge nella Relazione Illustrativa allegata alla proposta di legge in commento, essa è finalizzata ad introdurre nel nostro ordinamento giuridico delle regole chiare che impediscano agli operatori del settore alimentare che producono alimenti a base vegetale di poter utilizzare, approfittando della notorietà, denominazioni di vendita che richiamano la carne o i prodotti a base di carne. Essa ha l'obiettivo di tutelare le produzioni zootecniche del nostro Paese da coloro che vogliono offrire alternative di consumo, sfruttando i nomi normalmente riferiti a carne e prodotti a base di carne con la propria notorietà. Usare tali denominazioni significa evocare alcuni concetti strettamente legati alla produzione zootecnica, quali: la metodologia di produzione fatta di impegno personale, manodopera e passione per l'allevamento animale, la tutela degli stessi e la salvaguardia di ambiente e paesaggio.
I prodotti ottenuti mediante la lavorazione di vegetali che vengono macinati, mischiati, arricchiti con aromi e addensanti non presentano inoltre le stesse caratteristiche nutrizionali dei veri prodotti della zootecnia. L'obiettivo è, dunque, quello di ripristinare le corrette condizioni di mercato tra tutti gli operatori del settore alimentare: e quindi la necesstà di indicare prodotti completamente diversi con denominazioni differenti.
Secondo quanto riportato nel Rapporto Coop 2021 " Consumi e stili di vita degli italiani " la spesa "green" degli italiani si è attestata, nel 2020, su un valore di 10 miliardi e circa un quarto delle proteine assunte in Italia è di origine vegetale per un valore di 800 milioni di euro. La richiesta di fonti proteiche alternative alla carne è legata, secondo il predetto rapporto, da un lato all'attenzione all'impatto ambientale della produzione delle tradizionali fonte proteiche (carne e suoi derivati) dall'altra ad una maggiore attenzione alla salute. Nel 34° Rapporto Italia recentemente pubblicato da Eurispes si osserva poi che se è vero che l'OMS sottolinea l'impatto positivo che le diete basate su frutta e verdura e legumi hanno sulla salute umana, al contempo la stessa OMS mette in guardia i consumatori dall'uitlizzo di prodotti sostitutivi della carne ultralavorati: tali prodotti sono spesso ricchi di grassi saturi, sodio e zuccheri e offrono valori nutrizionali insufficienti. Lo stesso rapporto sottolinea inoltre che si tratta di alimenti giudicati dai consumatori buoni e salutari ma, nella maggior parte dei casi, essi risultano privi di proteine, sali minerali e fibre. Inoltre si tratta di alimenti che richiedono molta lavorazione industriale e che quindi, almeno in fase di trasformazione, hanno un notevole impatto ambientale.
L' art. 2, contiene le definizioni , prevedendo che ai fini della presente proposta di legge si intendono per:
1 ) proteine vegetali : le proteine prodotte o derivanti da organismi appartenenti a tutti i regni diversi dal regno animale;
2 ) alimenti di origine animale : prodotti di origine animale e prodotti alimentari da essi derivati;
3 ) denominazione legale : il nome di un alimento prescritto dalle disposizioni dell'Unione europea a esso applicabili o, in mancanza di tali disposizioni, la denominazione prevista dalla legislazione nazionale dello Stato membro in cui l'alimento è venduto;
4 ) nome descrittivo : una denominazione dell'alimento, accompagnata, se necessario, dall'indicazione del suo utilizzo, per consentire ai consumatori di individuarne la vera natura e di distinguerlo dagli altri prodotti con i quali potrebbe essere confuso;
5 ) prodotti trasformati : ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera o) , del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, i prodotti alimentari ottenuti dalla trasformazione di prodotti non trasformati;
6 ) ingrediente : qualsiasi sostanza o prodotto (compresi gli aromi, gli additivi alimentari e gli enzimi alimentari), o qualsiasi componente di un ingrediente composto, utilizzato nella fabbricazione o nella preparazione di un prodotto alimentare e ancora presente nel prodotto finito, eventualmente in forma modificata.
L' art. 2 paragrafo 1, lett. o) del citato Regolamento n. 852 del 2004 sull'igiene dei prodotti alimentari definisce prodotti trasformati quei prodotti alimentari ottenuti dalla trasformazione di prodotti non trasformati. Tali prodotti possono ontenere ingredienti necessari alla loro lavorazione o per conferire loro caratteristiche specifiche.
L' art. 3 reca disposizioni in materia di c orretta designazione dei prodotti contenenti proteine vegetali ed uso dei termini che si riferiscono agli alimenti di origine animale. Il comma 1 i ntroduce alcuni divieti circa la denominazione di un prodotto trasformato avente proteine vegetali volti ad evitare che i consumatori possano essere tratti in errore dalle caratteristiche dell'alimento, i suoi effetti o le sue proprietà, per denominare un prodotto trasformato contenente proteine vegetali. In particolare, è vietato l'uso di:
a) denominazioni legali riferite alla carne, a una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne;
b) riferimenti a specie animali o a gruppi di specie animali o a una morfologia o a un'anatomia animale;
c) terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria;
d) nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali.
Con riferimento alla corretta denominazione degli alimenti si ricorda quanto sostenuto dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza 14 giugno 2017 causa C-422/16 con la quale la Corte ha ritenuto che la possibilità di utilizzare nella commercializzazione e nella pubblicità, la denominazione "latte"- e le altre denominazioni riservate ai prodotti lattiero-caseari come ad esempio "burro" e "formaggio"- non possono essere legittimamente impiegate per indicare prodotti puramente vegetali in quanto tali denominazioni sono riservate ai prodotti di origine animale. Ciò garantisce, ai produttori di detti prodotti condizioni di concorrenza non falsate e, ai consumatori, la garanzia che tali prodotti designati dalle suddette denominazioni corrispondano tutti alle stesse norme di qualità, proteggendoli al contempo dal rischio di confusione rispetto alla composizione dei prodotti che acquistano. Tale principio si applica anche nei casi in cui le denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive che indichino l'origine vegetale del prodotto in questione, salvo che tale prodotto sia inserito nell'elenco delle eccezioni previste dall'allegato I della decisione 2010/791/UE della Commissione.
L' art. 4 introduce disposizioni concernenti aggiunte, aromi e ingredienti aromatizzanti autorizzati . In particolare, il comma 1 statuisce che le disposizioni del precedente art. 3 non precludono l'aggiunta di proteine vegetali, aromi o ingredienti ai prodotti di origine animale. Il comma 2 chiarisce che in deroga ai divieti previsti dall'art. 3 è sempre ammesso l'uso del nome riferito alla carne, ai prodotti a base di carne o alla preparazione di carne, quando le proteine animali sono effettivamente presenti nel prodotto alimentare contenente proteine vegetali e purché non induca in errore il consumatore quanto all'effettiva natura dell'alimento.
Un aspetto fondamentale della tutela della qualità di un alimento è costituito dalla disciplina dell' etichettatura dello stesso prodotto alimentare e dalle conseguenti informazioni ai consumatori; essa è regolamentata da diverse fonti di derivazione europea e nazionale.A livello europeo una delle principali fonti normative è costituita dal Regolamento (UE) n. 1169/2011 , relativo alle informazioni sugli alimenti ai consumatori. L'art. 9 del suddetto regolamento contiene l'elenco delle indicazioni obbligatorie da riportare negli alimenti tra i quali si ricordano, in particolare, la denominazione dell'alimento (art. 17) e l' elenco degli ingredienti (art. 18). Quanto alla denominazione l'art. 17 stabilisce che la denominazione di un alimento è la sua denominazione legale o, in mancanza di essa, quella usuale. L'Allegato IV al suddetto Regolamento indica poi le indicazioni obbligatorie che devono accompagnare la denominazione dell'alimento. E' previsto, in particolare che per i prodotti e le preparazioni a base di carne contenenti proteine aggiunte la denominazione degli alimenti reca la presenza di tali proteine nonchè la loro origine. Quanto agli ingredienti l'art. 17 prescrive che l'elenco di essi deve comprendere tutti gli ingredienti dell'alimento in ordine decrescente di peso cosi come registrati al momento del loro uso nella fabbricazione dell'alimento. Specifiche indicazioni sono contenute nell'Allegato VII del sopraindicato Regolamento n. 1169 del 2011.
Con il successivo Regolamento di esecuzione UE n. 2018/775 della Commissione, in vigore a decorrere dal 1° aprile 2020, sono state dettate specifiche disposizioni applicative dell'art. 26, paragrafo 3, del suddetto Regolamento UE n. 1169 del 2011 relative all'indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza dell'ingrediente primario di un alimento, quando non sia lo stesso di quello indicato per l'alimento per il quale risulta obbligatoria l'indicazione di origine.
A livello nazionale, la legge n. 4 del 3 febbraio 2011 , recante " Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari ", poi modificata dall'art. 3- bis del decreto legge n. 135 del 2018, convertito, con modificazioni, dalla legge di 11 febbraio 2019 n. 12, ha disposto l'obbligo agli art. 4 e 5 per i prodotti alimentari commercializzati, trasformati parzialmente trasformati o non trasformati di riportare nell'etichetta anche l'indicazione del luogo di origine o di provenienza.
L' art. 5 relativo alle pietanze pronte, stabilisce, al comma 1, che le denominazioni e gli altri elementi descritti dall'art. 3 possono essere utilizzati nella descrizione di combinazioni di prodotti alimentari di origine animale con altri tipi di prodotti alimentari che non sostituiscono né sono alternativi a quelli di origine animale, ma sono aggiunti a essi nell'ambito di tali combinazioni.
L' art. 6 introduce disposizioni in materia di mutuo riconoscimento. Il comma 1 stabilisce che i prodotti legalmente realizzati o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea, in un altro Stato che è parte dell'accordo sullo Spazio economico europeo o in Turchia non sono soggetti ai requisiti previsti dalla presente proposta di legge, a condizione che gli obiettivi generali di sostenibilità finalizzati alla tutela dell'ambiente e della salute umana, animale e vegetale e agli interessi dei consumatori, di cui all'articolo 1, siano riconosciuti dalle disposizioni dello Stato di origine.
L' art. 7 , infine, in materia di divieti e sanzioni, statuisce al comma 1, il divieto di detenere per la vendita o la distribuzione o di vendere e distruire in modo gratuito prodotti alimentari non conformi alle disposizioni della presente legge. Il comma 2 , prevede che salvo che il fatto costituisca reato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 7.500 euro in caso di violazione del comma 1 nell'ambito dell'attività di impresa e in relazione alla quantità di prodotto venduta o distribuita a titolo gratuito.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge in esame ha ad oggetto la denominazione di prodotti alimentari contenenti proteine vegetali.
Il provvedimento in esame appare in prevalenza riconducibile alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni in materia di alimentazione e di tutela della salute umana (art. 117 Cost., terzo comma) e alla competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e ordinamento civile e penale (articolo 117, secondo comma, lettere e) ed l) Cost.) .
Relazione allegata
La proposta di legge in esame è corredata da una Relazione illustrativa. | 6,914 | 48 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3409 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3409
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 14 dicembre 2021 (v. stampato Senato n. 2086)
d'iniziativa dei senatori
PILLON, RAUTI, RONZULLI, BINETTI, SAPONARA, MARIN, BERGESIO, DORIA, ALESSANDRINI, ZULIANI, PIANASSO, MONTANI, RUFA, PUCCIARELLI, PIETRO PISANI, RIVOLTA, FREGOLENT, FERRERO, RICCARDI, LUCIDI
Modifiche al codice penale in materia di istigazione
alla violenza, all'autolesionismo e al suicidio
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 15 dicembre 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
( Introduzione dell'articolo 414- ter
del codice penale )
1. Dopo l'articolo 414- bis del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 414- ter. – (Istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori) – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compia l'istigazione o l'apologia, diretta o diffusa attraverso strumenti informatici o telematici o con qualsiasi altro mezzo di comunicazione, riguardo alla commissione di atti di violenza o di autolesionismo da parte di minorenni, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da cinque a dodici anni se l'atto di violenza o di autolesionismo da parte di minorenni si verifica.
Nei casi di cui al primo comma, chiunque, pur non essendo l'autore dell'istigazione o dell'apologia, intenzionalmente la diffonde o ne agevola in qualsiasi modo la diffusione è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
Art. 2.
(Modifica all'articolo 580
del codice penale )
1. All' articolo 580 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Le pene sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso mediante strumenti informatici o telematici».
Art. 3.
(Obblighi in capo ai titolari del trattamento e ai gestori di piattaforme digitali)
1. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici offeso da taluna delle condotte di cui agli articoli 414- ter , poste in essere mediante strumenti informatici o telematici, o 580, terzo comma, del codice penale , introdotti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, nonché il genitore o tutore o curatore del medesimo minore, può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore della piattaforma digitale un'istanza per l'oscuramento, la rimozione o il blocco delle immagini, dei video o delle registrazioni audio, previa conservazione dei dati originali per nove mesi a fini probatori, e per l'adozione di idonee misure tecniche volte a impedire l'identificazione diretta dell'offeso.
2. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell'istanza di cui al comma 1, il titolare del trattamento o il gestore della piattaforma digitale non abbia comunicato di avere assunto l'incarico di provvedere all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto ed entro le quarantotto ore successive non vi abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore della piattaforma digitale, l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, e degli articoli 143 e 144 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 .
Art. 4.
(Modifica all' articolo 7 del codice penale )
1. All' articolo 7 del codice penale , dopo il numero 5 sono aggiunti i seguenti:
«5- bis . delitti di istigazione alla violenza o all'autolesionismo ai danni di minorenni;
5- ter . delitti di istigazione, eccitazione o aiuto al suicidio mediante strumenti informatici o telematici».
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Modifiche al codice penale in materia di istigazione alla violenza, all'autolesionismo e al suicidio
La proposta di legge in esame, approvata dal Senato nella seduta del 14 dicembre 2021, prevede l'introduzione nel codice penale di un nuovo reato , rubricato " Istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori " (art. 414- ter ), ed apporta alcune ulteriori modifiche al codice penale, conseguenti alla suddetta introduzione.
Il provvedimento, che si compone di 5 articoli, introduce inoltre un'aggravante al delitto di istigazione al suicidio (art. 580) se il fatto è commesso mediante strumenti informatici o telematici; dispone alcuni obblighi in capo ai titolari del trattamento e ai gestori di piattaforme digitali, prevedendo infine la punibilità delle suddette fattispecie anche se commesse all'estero da cittadini italiani o stranieri (art. 7).
Contenuto
L 'articolo 1 introduce nel codice penale il nuovo articolo 414- ter, che reca il reato di istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori. Fatta salva la possibilità che il fatto costituisca un più grave reato, il nuovo reato comprende due distinte fattispecie:
l' istigazione alla commissione di atti di violenza o di autolesionismo in danno di minori , come indicato nella rubrica dell'articolo,
l' apologia di tali atti.
Si tratta di condotte che possono essere commesse direttamente ovvero attraverso l'utilizzo di strumenti informatici , telematici o con qualsiasi altro mezzo di comunicazione.
Entrambe le fattispecie soggiacciono alla medesime pene, ovvero:
reclusione da 1 a 5 anni;
reclusione da 5 a 12 anni nel caso in cui l'atto di violenza o di autolesionismo da parte di minorenni si verifichi.
Ai sensi del secondo comma dell'art. 414- ter, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni anche chi, pur non essendo l'autore dell'istigazione o dell'apologia, la diffonde in maniera intenzionale o ne agevola in qualunque modo la diffusione.
Si valuti l'opportunità di chiarire l'ambito di applicazione della disposizione, precisando cosa si intenda per "atti di violenza". Si rileva inoltre che la rubrica dell'art. 414-ter (istigazione alla violenza (...) in danno di minori) non sembra corrispondere esattamente con la fattispecie descritta nell'articolo ("commissione di atti di violenza (...) da parte di minorenni").
In mancanza di una definizione precisa degli "atti di violenza", si valuti peraltro l'opportunità di coordinare la nuova disposizione con quanto previsto dall'articolo 580 c.p. con riguardo all'ipotesi del tentativo di suicidio da cui derivi una lesione grave o gravissima (v. infra).
Il nuovo reato di cui all'art. 414- ter, secondo quanto riportato nella relazione della 2a Commissione all'Assemblea del Senato, "si pone in rapporto di specialità rispetto al reato di istigazione a delinquere previsto dall'art. 414 del codice penale", del quale peraltro ricalca sostanzialmente la struttura (anche l'art. 414 c.p. punisce le due diverse ipotesi di istigazione e di apologia) e la pena (reclusione da 1 a 5 anni). I due reati si differenziano invece per quanto riguarda la commissione del fatto attraverso l' uso di strumenti informatici o telematici , che rappresenta un elemento costitutivo del nuovo reato di cui all'art. 414- ter , mentre costituisce un'autonoma circostanza aggravante, che comporta un aumento di pena non quantificato, nel caso del reato di istigazione a delinquere di cui all'art. 414 (l'aumento è invece fino a due terzi della pena se il fatto commesso attraverso strumenti informatici o telematici riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità, per i quali la pena di base è già aumentata della metà).
Il reato di cui all'art. 414 è stato oggetto in passato di una pronuncia della Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di precisare che la norma de qua non comprime la libertà di manifestazione del pensiero, essendo preposta soltanto alla repressione di quelle attività che si rivelano concretamente idonee a provocare la commissione dei delitti (sent. n. 65 del 1970). Sulla stessa linea, la giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione qualifica il reato ex art. 414 come reato di pericolo concreto e non presunto che richiede per la sua configurazione un comportamento ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio " ex ante ", a provocare la commissione di delitti (Cass. pen. Sez. V Sent., 12/09/2019, n. 48247; sulla qualificazione come reato di pericolo concreto e non presunto v. anche Cass. pen. Sez. I, 05/06/2001, n. 26907). Tale impostazione è stata recentemente ribadita anche con riguardo al delitto di cui all'art. 414- bis ( Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia), che la stessa Corte afferma integrare un'ipotesi speciale di istigazione a delinquere e pertanto la materialità della condotta non può essere diversa per le due fattispecie (Cass. pen. Sez. III, 04/05/2021, n. 23943).
Relativamente alla condotta dell'apologia diretta alla commissione di atti di autolesionismo si valuti l'opportunità di coordinarne il quadro sanzionatorio con quanto stabilito dagli articoli 414 e 414-bis del codice penale in relazione alle condotte di apologia punite in ciascuna delle due disposizioni.
L 'articolo 2 aggiunge un ulteriore comma (il terzo) all'articolo 580 del codice penale, il quale introduce una circostanza aggravante al delitto di istigazione al suicidio quando questa è commessa mediante strumenti informatici o telematici. Le pene sono in tal caso aumentate da un terzo alla metà.
L'art. 580 c.p. punisce la condotta di chiunque determini altri al suicidio, ne rafforzi il proposito di suicidio o ne agevoli in qualsiasi modo l'esecuzione. Le pene previste sono le seguenti:
se il suicidio avviene, reclusione da cinque a dodici anni ;
se il suicidio non avviene, e sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima, la reclusione da uno a cinque anni.
Quanto alle circostanze del reato è opportuno rilevare che:
se la persona che è stata istigata è maggiore degli anni 14 ma minore degli anni 18, oppure si trova in stato di infermità mentale o in condizioni di deficienza psichica, il reato è aggravato, con pena aumentata fino a un terzo;
se la persona istigata è minore degli anni 14 o è incapace di intendere e di volere, si ricade nell'ipotesi di omicidio volontario (art. 575 c.p.).
Con specifico riguardo ai casi di contrasto alle forme di istigazione alla violenza o all'autolesionismo in danno dei minori, in particolare in relazione al fenomeno della c.d. Blue Whale Challenge, è intervenuta la Corte di Cassazione (Cass. pen. Sez. V, 23/11/2017, n. 57503), la quale ha sottolineato come il fenomeno possa configurare il reato di istigazione al suicidio «a condizione che la stessa (istigazione) venga accolta e il suicidio si verifichi o quantomeno il suicida, fallendo nel suo intento, si procuri una lesione grave o gravissima. L' ambito di tipicità disegnato del legislatore esclude, dunque, non solo la rilevanza penale dell'istigazione in quanto tale - contrariamente a quanto previsto in altre fattispecie, come ad esempio quelle previste dagli artt. 266, 302, 414, 414-bis o 415 c.p. - ma altresì dell'istigazione accolta cui non consegue la realizzazione di alcun tentativo di suicidio ed addirittura di quella seguita dall'esecuzione da parte della vittima del proposito suicida da cui derivino, però, solo delle lesioni lievi o lievissime. La soglia di rilevanza penale individuata dalla legge in corrispondenza della consumazione dell'evento meno grave impone quindi di escludere la punibilità del tentativo, dato che, per l'appunto, non è punibile neppure il più grave fatto dell'istigazione seguita da suicidio mancato da cui deriva una lesione lieve o lievissima".
In una diversa pronuncia, la Cassazione ha inoltre precisato che l'istigazione al suicidio costituisce reato commesso con violenza morale contro la persona , giacché l'istigazione rappresenta una forma subdola di coartazione della volontà, idonea a sopraffare - o comunque a condizionare - l'istinto di conservazione della persona (Cass. pen. Sez. V Sent., 17/09/2018, n. 48360).
Più recentemente, il Tribunale di Milano, Ufficio indagini preliminari, con decreto (di archiviazione) del G.I.P. del 21 marzo 2021, ha ritenuto non configurabile il reato di istigazione al suicidio nel caso della pubblicazione in internet di video finalizzati a mettere in guardia sulla pericolosità di talune video-sfide (cd. challenge ), in quanto ha escluso che in tale condotta "possa individuarsi riprova dell'elemento soggettivo consistente nel dolo, anche solo generico, di far sorgere, rafforzare o agevolare il proposito suicidario nella indistinta platea degli utenti della rete internet, potenziali destinatari del video".
L' articolo 3 istituisce degli obblighi per i titolari del trattamento dei dati o per i gestori di piattaforme digitali, prevedendo la possibilità che venga loro presentata un'istanza per ottenere l'oscuramento, la rimozione o il blocco delle immagini, dei video o delle registrazioni audio , e per l'adozione di idonee misure tecniche volte a impedire l'identificazione diretta dell'offeso , facendo tuttavia salve le esigenze di conservazione dei dati a fini probatori.
Ai sensi del comma 1, tale istanza può essere inoltrata:
dal minore ultraquattordicenne, offeso da taluna delle condotte di istigazione o apologia previste dall'articolo 414- ter, poste in essere mediante strumenti informatici o telematici, o di istigazione al suicidio di cui all'art. 580, terzo comma, del codice penale;
dal genitore del minore offeso;
dal tutore o curatore del minore offeso.
Ai sensi del comma 2, il titolare del trattamento o il gestore della piattaforma digitale:
entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell'istanza di cui al comma 1, devono comunicare di avere assunto l'incarico di provvedere all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto;
entro le quarantotto ore successive devono aver provveduto all'oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto.
In caso contrario, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore della piattaforma digitale, l'interessato può rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali , il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvederà ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (UE) 2016/679 e degli articoli 143 e 144 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
L'art. 58 del regolamento (UE) 2016/679 (c.d. GDPR - General data protection regulation ) disciplina i poteri di indagine, correttivi ed autorizzativi delle autorità di controllo incaricate di sorvegliare l'applicazione del medesimo regolamento. In base a tali poteri, il Garante per la protezione dei dati personali può agire a tutela dei diritti protetti dal regolamento; in particolare, gli articoli 143 e 144 del d.lgs. 196/2003 regolano, rispettivamente, la decisione del reclamo proposto al Garante e l'adozione di provvedimenti a seguito di segnalazione (ovvero anche d'ufficio).
La disposizione in commento, sotto alcuni profili, ricalca sostanzialmente quanto già previsto con riguardo alle condotte di cyberbullismo dall'articolo 2 della legge n. 71 del 2017, anche se quest'ultima disposizione fa riferimento ai titolari del trattamento e ai gestori del sito internet o del social media. E' opportuno ricordare che secondo l'art. 4. par. 1, n. 7 GDPR "titolare del trattamento ( data controller ) è "la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali".
L 'articolo 4 inserisce i delitti introdotti dagli articoli 1 (istigazione alla violenza o all'autolesionismo ai danni di minorenni) e 2 (istigazione, eccitazione o aiuto al suicidio mediante strumenti informatici o telematici) della proposta di legge in esame tra quelli per i quali l'art. 7 del codice penale consente la punizione secondo la legge italiana anche per le condotte commesse all'estero , tanto da cittadini italiani, quanto da cittadini stranieri , tra gli altri, per ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana (art. 7, n. 5 c.p.).
Si noti che l'articolo 7 del codice penale non reca espressa menzione di singoli reati , quanto piuttosto di tipologie di reati individuati in via generale. Il n. 5, invece, contiene una norma di chiusura.
Il regime della punibilità incondizionata per i reati riconducibili al n. 5 generalmente si fonda o sul principio di universalità (è l'ipotesi dei c.d. delicta juris gentium : genocidio, discriminazione razziale, dirottamento aereo, traffico di stupefacenti, ecc.), ovvero sul principio di difesa (ad es. aggiotaggio ex art. 501 c.p.) ovvero ancora su ragioni di opportunità (è il caso ad esempio dell'art. 22 Trattato tra l'Italia e la Santa Sede, in virtù del quale lo Stato italiano, su richiesta della Santa Sede, provvederà a punire nel proprio territorio i delitti commessi nella Città del Vaticano).
L'art. 7, n. 5 fa inoltre riferimento ai reati puniti secondo la legge penale italiana quando sono commessi all'estero ed individuati mediante rinvio alle convenzioni internazionali.
Per la Corte di Cassazione, in tema di giurisdizione su reati commessi all'estero, in assenza di un fondamento normativo, anche di diritto internazionale, idoneo a derogare al principio di territorialità, non sussiste la giurisdizione del giudice italiano su reati commessi dallo straniero in danno di straniero e interamente consumati nel territorio di uno Stato estero, seppure connessi con reati commessi in Italia (Cass. pen. Sez. V Sent., 12/09/2019, n. 48250).
L' articolo 5 stabilisce infine l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale , eliminando il periodo di vacatio legis. | 5,864 | 134 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2827
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 2 a COMMISSIONE PERMANENTE (GIUSTIZIA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 10 dicembre 2020 (v. stampato Senato n. 1961)
d'iniziativa dei senatori
PIARULLI, FEDELI, BOTTICI, NENCINI, RUOTOLO, UNTERBERGER, BITI, MODENA, VESCOVI, BOTTO, FERRARA, BINETTI, RIZZOTTI, NISINI, RICCARDI, CRUCIOLI, D'ANGELO, DI NICOLA, FENU, GALLICCHIO, GARRUTI, LANNUTTI, LEONE, LICHERI, LOMUTI, LOREFICE, MININNO, MONTEVECCHI, MARCO PELLEGRINI, PIRRO, PRESUTTO, ROMANO, SANTILLO, CALDEROLI
Proroga del termine previsto dall' articolo 8, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 21 , per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto»
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 15 dicembre 2020
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Il termine previsto dall' articolo 8, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 21 , entro il quale la Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto» deve concludere i propri lavori, è prorogato fino alla data del 31 dicembre 2021.
2. Le spese per il funzionamento della Commissione di cui al comma 1 sono stabilite nel limite massimo di 50.000 euro per l'anno 2021 e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.
Art. 2.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Proroga dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità 'Il Forteto'
Contenuto della proposta di legge
La proposta di legge C. 2827, approvata dal Senato il 10 dicembre 2020, proroga fino al 31 dicembre 2021 il termine entro il quale la Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la Comunità "Il Forteto" deve concludere i propri lavori.
Attualmente, in base all'art. 8 della legge istitutiva della Commissione (legge n. 21 del 2019), essa deve concludere i propri lavori entro 12 mesi dalla costituzione, avvenuta il 6 febbraio 2020.
In base alla Relazione illustrativa dell'originaria proposta di legge al Senato (S. 1961), "difficoltà operative, scadenze istituzionali e politiche, ma soprattutto l'emergenza da COVID-19 intervenuta nel periodo di avvio dei lavori, che ha provocato la paralisi di molte attività rendendo impossibile lo svolgimento di audizioni ed eventuali missioni ispettive extra moenia, hanno in qualche misura contribuito a rendere meno serrato il procedere dell'inchiesta che, peraltro, si è subito rivelata particolarmente complessa ed ha, nel prosieguo dei lavori, impegnato la Commissione in un'intensa attività, concretatasi nello svolgimento di numerose audizioni e nell'acquisizione di importanti elementi conoscitivi".
La proposta, inoltre, quantifica nel limite massimo di 50 mila euro per l'anno 2021 le spese per il funzionamento della Commissione, che sono equamente ripartite tra Camera e Senato.
La Commissione parlamentare di inchiesta su "Il Forteto" nella legge n. 21 del 2019
La legge n. 21 del 2019 ha istituito una Commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti verificatisi presso la comunità «Il Forteto» con il compito di svolgere accertamenti sulle eventuali responsabilità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti dei minori, anche al fine di prospettare l'adozione di misure organizzative e strumentali per il corretto funzionamento della struttura.
La cooperativa agricola "Il Forteto", comunità di recupero per minori disagiati, sita nel Comune di Barberino di Mugello (Firenze), è stata al centro di una lunga vicenda giudiziaria per abusi sessuali, maltrattamenti e pedofilia, iniziata già alla fine degli anni settanta, culminata nel 1985 con una prima condanna (per maltrattamenti aggravati e atti di libidine) dei co- fondatori, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, e conclusasi nel 2015 con un'ulteriore condanna (in primo grado) a diciassette anni di reclusione del sig. Fiesoli, condanna ridotta a 15 anni e 10 mesi in appello e in relazione alla quale è intervenuta anche la Cassazione nel 2017.
La Commissione è chiamata a completare i propri lavori entro dodici mesi dalla sua costituzione e a presentare, nei trenta giorni successivi alla fine dei lavori, alle Camere la relazione conclusiva della sua attività di indagine.
La Commissione è stata costituita il 6 febbraio 2020. Essa è composta da 20 senatori e 20 deputati, nominati dai Presidenti della Camera di appartenenza (in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento).
In particolare, in base alla legge n. 21 del 2019 la Commissione - procedendo alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria - è chiamata ad esaminare la gestione della comunità dalla sua istituzione ad oggi con particolare riguardo:
all'accertamento dei fatti e delle ragioni per cui le pubbliche amministrazioni e le autorità competenti interessate, comprese quelle investite di poteri di vigilanza, abbiano proseguito ad accreditare come interlocutore istituzionale «Il Forteto», anche a seguito di provvedimenti giudiziari riguardanti abusi sessuali e maltrattamenti riferiti a condotte perpetrate all'interno della comunità;
alla verifica dei presupposti per la nomina di un commissario per la parte produttiva della struttura «Il Forteto» inerente alla cooperativa agricola, ai fini di una gestione dissociata dalla comunità di recupero dei minori in affidamento nonché allo scopo di pervenire al più presto al pagamento delle provvisionali in favore delle vittime.
La Commissione ha, inoltre, il compito di formulare proposte in ordine:
all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale;
al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori.
Relativamente alle spese per il funzionamento della Commissione, la legge istitutiva fissa il limite dei 50.000 euro annui per il 2020. Tali spese sono poste a carico dei bilanci di Camera e Senato in parti uguali. | 2,112 | 91 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3367
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
l'11 novembre 2021 (v. stampato Senato n. 2326)
d'iniziativa dei senatori
PIARULLI, VESCOVI, MODENA, BOTTICI, BINETTI, BOTTO, CORTI, FERRARA, LA PIETRA, PIRRO, RICCARDI, RIZZOTTI, RUOTOLO, SBRANA, UNTERBERGER, DONNO, GAUDIANO, LOMUTI, MAIORINO, RICCIARDI, TRENTACOSTE
Proroga del termine previsto dall' articolo 8, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 21 , per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto»
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 12 novembre 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Il termine previsto dall' articolo 8, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 21 , entro il quale la Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità «Il Forteto» deve concludere i propri lavori, già prorogato al 31 dicembre 2021 dall' articolo 1, comma 4, della legge 26 febbraio 2021, n. 21 , è ulteriormente prorogato fino al 1° ottobre 2022.
Art. 2.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Proroga dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità 'Il Forteto'
Contenuto della proposta di legge
La proposta di legge C. 3367, approvata dal Senato l'11 novembre 2021 (cfr. A.S. 2326), proroga fino al 1° ottobre 2022 il termine - attualmente fissato al 31 dicembre 2021 - entro il quale la Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la Comunità "Il Forteto" deve concludere i propri lavori.
Si ricorda che la Commissione di inchiesta è stata istituita con la legge n. 21 del 2019 e si è costituita il 6 febbraio 2020. Il termine originariamente previsto per la conclusione dei lavori della Commissione era fissato in 12 mesi dalla data di costituzione della Commissione stessa (dunque 6 febbraio 2021). Tale termine è stato poi prorogato fino al 31 dicembre 2021 dall'art. 1, comma 4, della legge n. 21 del 2021 .
In base alla Relazione illustrativa della proposta di legge approvata dal Senato (S. 2326), "difficoltà operative, scadenze istituzionali e politiche, ma soprattutto l'emergenza da COVID-19 intervenuta nel periodo di avvio dei lavori, che ha provocato la paralisi di molte attività rendendo impossibile lo svolgimento di audizioni ed eventuali missioni ispettive extra moenia " sono gli elementi che "hanno in qualche misura contribuito a rendere meno serrato il procedere dell'inchiesta che, peraltro, si è subito rivelata particolarmente complessa ed ha, nel prosieguo dei lavori, impegnato la Commissione in un'intensa attività, concretatasi nello svolgimento di numerose audizioni e nell'acquisizione di importanti elementi conoscitivi".
La proposta di legge, diversamente da quanto previsto nella legge istitutiva e nella proroga, non reca una quantificazione degli oneri e la corrispondente copertura a valere sui bilanci di Camera e Senato.
L'originario disegno di legge A.S. 2326 quantificava le spese massime annuali della Commissione e le poneva a carico dei bilanci delle Camere; tale previsione è stata soppressa dalla Commissione Giustizia del Senato. In merito, peraltro, la Presidente della Commissione di inchiesta ha inviato una relazione alla Commissione Giustizia del Senato, relativamente alle attività già svolte ed in corso, nella quale si afferma che «A fronte di uno stanziamento annuo di euro 50.000, le spese sostenute nel 2020 sono pari a euro 1.905,24 per rimborso spese a consulenti, a euro 115,00 per acquisto libri, a euro 302,50 per missioni. Per quanto riguarda l'anno 2021, sono state ugualmente sostenute spese in misura molto limitata e sono ancora disponibili la gran parte delle risorse assegnate alla Commissione».
La Commissione parlamentare di inchiesta su "Il Forteto" nella legge n. 21 del 2019
La Commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti verificatisi presso la comunità «Il Forteto», istituita dalla legge n. 21 del 2019, ha il compito di svolgere accertamenti sulle eventuali responsabilità istituzionali in merito alla gestione della comunità medesima e degli affidamenti dei minori, anche al fine di prospettare l'adozione di misure organizzative e strumentali per il corretto funzionamento della struttura.
La cooperativa agricola "Il Forteto", comunità di recupero per minori disagiati, sita nel Comune di Barberino di Mugello (Firenze), è stata al centro di una lunga vicenda giudiziaria per abusi sessuali, maltrattamenti e pedofilia, iniziata già alla fine degli anni settanta, culminata nel 1985 con una prima condanna (per maltrattamenti aggravati e atti di libidine) dei co- fondatori, Rodolfo Fiesoli e Luigi Goffredi, e conclusasi nel 2015 con un'ulteriore condanna (in primo grado) a diciassette anni di reclusione del sig. Fiesoli, condanna ridotta a 15 anni e 10 mesi in appello e in relazione alla quale è intervenuta anche la Cassazione nel 2017.
In particolare, la Commissione - procedendo alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e limitazioni dell'autorità giudiziaria - è chiamata ad esaminare la gestione della comunità dalla sua istituzione ad oggi con riguardo:
all'accertamento dei fatti e delle ragioni per cui le pubbliche amministrazioni e le autorità competenti interessate, comprese quelle investite di poteri di vigilanza, abbiano proseguito ad accreditare come interlocutore istituzionale «Il Forteto», anche a seguito di provvedimenti giudiziari riguardanti abusi sessuali e maltrattamenti riferiti a condotte perpetrate all'interno della comunità;
alla verifica dei presupposti per la nomina di un commissario per la parte produttiva della struttura «Il Forteto» inerente alla cooperativa agricola, ai fini di una gestione dissociata dalla comunità di recupero dei minori in affidamento nonché allo scopo di pervenire al più presto al pagamento delle provvisionali in favore delle vittime.
La Commissione ha, inoltre, il compito di formulare proposte in ordine:
all'adozione di nuovi strumenti di controllo delle comunità alloggio presenti sul territorio nazionale;
al potenziamento del sistema dei controlli sui soggetti responsabili dell'affidamento familiare e, laddove siano emerse responsabilità e negligenze in capo ad essi, alle modalità con cui applicare gli opportuni provvedimenti sanzionatori.
La Commissione è stata costituita il 6 febbraio 2020. Essa è composta da 20 senatori e 20 deputati, nominati dai Presidenti della Camera di appartenenza (in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento). | 2,213 | 122 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2138 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2138
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CARETTA, BUTTI, CIABURRO, DEIDDA, ROTELLI
Modifica all' articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 , in materia di controllo della fauna selvatica
Presentata il 3 ottobre 2019
Onorevoli Colleghi ! – Come riportano recenti notizie di cronaca, cinghiali e altri ungulati, sempre più numerosi, attraversano le strade causando incidenti gravi e purtroppo in molti casi anche mortali, invadono i centri abitati mettendo in pericolo l'incolumità dei residenti ed entrano nei fondi agricoli provocando danni rilevanti ai raccolti. I dati sono preoccupanti e devono far riflettere. Nel 2017 sono stati 155 gli incidenti che hanno visto il coinvolgimento di animali (in 138 casi di animali selvatici e in 18 casi di animali domestici) con persone gravemente ferite (205 persone, delle quali 14 decedute). Nei primi dieci mesi del 2018 sono stati registrati 118 eventi gravi (10 morti e 155 feriti).
Ai rischi stradali vanno aggiunti anche i danni all'agricoltura in termini di raccolti distrutti, di cedimenti delle infrastrutture e di perdita di biodiversità dovuta alla scomparsa di specie alloctone e soprattutto i rischi sanitari. Stime ufficiali parlano di 100 milioni di euro di danni all'anno, nel 2017 solo la regione Lazio ha subìto 7 milioni di euro di danni. Questo a dimostrazione di quanto l'eccessiva presenza di fauna selvatica sia un danno e un rischio per l'incolumità dei cittadini e per la redditività degli agricoltori: gli operatori cercano di correre ai ripari, con misure spesso non efficaci, o addirittura rinunciano a coltivare i terreni.
La prevenzione deve essere attuata attraverso un'attività di controllo della popolazione degli ungulati, soprattutto dei cinghiali, che per la loro mole causano sempre danni gravi in caso di collisione con un veicolo o possono mettere in pericolo le persone nel caso di incontri ravvicinati, sempre più frequenti, anche nei centri urbani delle nostre regioni. L'aumento degli ungulati nelle nostre montagne e pianure, negli ultimi anni, è stato esponenziale. Anche gli studi scientifici di settore spiegano che il principale metodo di contenimento delle popolazioni di cinghiale è rappresentato dai piani di gestione della fauna selvatica. L'introduzione di nuove misure di contenimento, possibili soltanto intervenendo sulla normativa nazionale in materia di caccia, non è più procrastinabile.
La legge 11 febbraio 1992, n. 157 , non è più adeguata a rispondere con efficacia alle attuali esigenze gestionali del patrimonio faunistico del Paese, profondamente mutato nel corso degli anni. È necessario adattarla alla nuova realtà, non ponendo più l'attenzione soprattutto sulla protezione della fauna selvatica, ma sulla gestione di quest'ultima. La problematica maggiore riguarda i piani di controllo. È infatti urgente inserire la figura del cacciatore abilitato e volontario nell'effettuazione dei piani di controllo, poiché la polizia provinciale, considerati gli organici ridotti e gli impegni derivanti dall'adempimento delle altre attività d'istituto, non riesce a fronteggiare a pieno questo problema senza il supporto di altre figure qualificate e volontarie.
Si evidenzia, inoltre, che l' articolo 11, comma 4, della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette), prevede che i prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi possono essere attuati anche da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso. Nella quasi totalità dei casi si tratta di cacciatori che quindi paradossalmente, secondo la normativa vigente, possono svolgere questa attività di controllo all'interno di parchi nazionali e regionali ma non all'interno di istituti faunistici di minore valenza ambientale o in territori dove è consentita la caccia.
L'obiettivo della presente proposta di legge è quello di prevedere che i piani di gestione della fauna selvatica tengano conto della necessità di reperire personale preparato che possa far fronte a questa problematica. Per questo motivo si intende stabilire che i medesimi piani siano attuati prevedendo il coordinamento della polizia provinciale e la partecipazione dei cacciatori autorizzati all'accesso negli ambiti territoriali di caccia e nei comprensori alpini, i quali, visto il loro grado di conoscenza della fauna selvatica e del territorio, possono fornire un valido aiuto. La polizia provinciale potrà avvalersi anche del personale del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri e dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di abilitazione all'esercizio venatorio.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Il comma 2 dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 , è sostituito dal seguente:
« 2. Le regioni, per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali e ittiche, per la conservazione della biodiversità o per la tutela della pubblica incolumità e della sicurezza stradale, provvedono al controllo delle specie di fauna selvatica ritenute dannose o invasive, anche nelle zone vietate alla caccia, nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto. Le regioni possono autorizzare, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, piani di controllo numerico mediante abbattimento o cattura. Tali piani sono attuati dai cacciatori autorizzati all'accesso negli ambiti territoriali di caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate, previa frequenza di corsi di formazione ovvero riconoscimento di percorsi formativi o di attestati acquisiti, coordinati dalla polizia provinciale. La polizia provinciale può avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di abilitazione all'esercizio venatorio, nonché del personale del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri». | Modifica all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di controllo della fauna selvatica
Contenuto
La proposta di legge in esame si compone di un unico articolo e interviene sostituendo la normativa contenuta al comma 2 dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n.157.
La legge 11 febbraio 1992, n.157 ha disciplinato la protezione della fauna selvatica omeoterma e il prelievo venatorio in attuazione della direttiva 79/409/CEE (c.d. direttiva uccelli)
L' articolo 19 richiamato prevede le modalità attraverso le quali è possibile esercitare il controllo della fauna selvatica.
Gli strumenti previsti per tale finalità sono i seguenti:
- divieto o riduzione, per determinati periodi, della caccia per le specie di fauna selvatica elencate all'articolo 18, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità;
- controllo della specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia per ragioni connesse alla migliore gestione del patrimonio zootecnico, alla tutela del suolo, a motivi sanitari, alla selezione biologica, alla tutela del patrimonio storico-artistico, nonché alla tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche.
Tale controllo, esercitato selettivamente , viene praticato.
- di norma, mediante l'utilizzo di metodi ecologici su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica;
- solo qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento.
Tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali. Queste ultime potranno avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di licenza per l'esercizio venatorio, nonché delle guardie forestali e delle guardie comunali munite di licenza per l'esercizio venatorio. Le province autonome di Trento e di Bolzano possono attuare i piani di abbattimento anche avvalendosi di altre persone, purché munite di licenza per l'esercizio venatorio.
.La modifica proposta con il provvedimento in esame interessa i seguenti aspetti:
aggiunge, come nuove finalità che legittimano il controllo della specie di fauna selvatica, "la conservazione della biodiversità", "la tutela della pubblica incolumità" e "la sicurezza stradale";
specifica che il controllo della fauna selvatica debba riguardare solo le specie ritenute dannose o invasive;
prevede che il controllo possa avvenire anche nei giorni di silenzio venatorio e nei periodi di divieto;
non riporta più la possibilità di utilizzare metodi ecologici per il controllo della fauna;
specifica che i piani di controllo numerico debbano prevedere l'abbattimento o la cattura;
prevede che i piani siano attuati, al posto delle guardie venatorie, dai cacciatori autorizzati all'accesso negli ambiti territoriali di caccia o nei comprensori alpini delle aree interessate, previa frequenza di corsi di formazione ovvero riconoscimento di percorsi formativi o di attestati acquisiti, coordinati dalla polizia provinciale;
conferma, in un testo pressoché equivalente a quello attualmente in vigore, che la polizia provinciale può avvalersi dei proprietari o conduttori dei fondi sui quali si attuano i piani medesimi, purché muniti di abilitazione all'esercizio venatorio, nonché del personale del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dell'Arma dei carabinieri
Ritornando a quanto disposto in generale dalla legge 11 febbraio 1992, n.157 , si ricorda che l'articolo 1 ha definito la fauna selvatica patrimonio indisponibile dello Stato , tutelato nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. Lo Stato, le regioni e le province autonome sono stati chiamati ad adottare tutte le misure necessarie per mantenere o adeguare le popolazioni delle specie di uccelli indicate nella "direttiva uccelli" ad un livello corrispondente alle esigenze ecologiche, scientifiche, turistiche, culturali, economiche e ricreative. Le misure adottate non dovranno, comunque, provocare un deterioramento dello stato di conservazione degli uccelli e dei loro habitat.
L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole.
Secondo l'art. 2 , fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela della legge, le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale.
Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le seguenti specie:
a) mammiferi : lupo, sciacallo dorato, orso, martora, puzzola, lontra, gatto selvatico, lince, foca monaca, tutte le specie di cetacei, cervo sardo, camoscio d'Abruzzo;
b ) uccelli : marangone minore, marangone dal ciuffo, tutte le specie di pellicani, tarabuso, tutte le specie di cicogne, spatola, mignattaio, fenicottero, cigno reale, cigno selvatico, volpoca, fistione turco, gobbo rugginoso, tutte le specie di rapaci diurni, pollo sultano, otarda, gallina prataiola, gru , piviere tortolino, avocetta, cavaliere d'Italia, occhione, pernice di mare, gabbiano corso, gabbiano corallino, gabbiano roseo, sterna zampenere, sterna maggiore, tutte le specie di rapaci notturni, ghiandaia marina , tutte le specie di picchi, gracchio corallino;
c) tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri indicano come minacciate di estinzione.
Le norme di tutela non si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi, alle nutrie, alle arvicole, le cui specie alloctone devono essere gestite in modo da eradicare o comunque almeno controllare le relative popolazioni.
E' fatto divieto di cattura di animali e uccelli vivi con trappole, reti e altri mezzi, salvo l'attività di cattura temporanea a scopo scientifico autorizzata dall'Istituto per la fauna selvatica, oggi ISPRA.
E' stato, quindi, disciplinato l'esercizio venatorio da appostamento fisso e richiami vivi e la tassidermia.
Il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria, di competenza delle regioni e delle province, finalizzata:
- per quanto attiene alle specie carnivore, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie;
- per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.
Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato:
- per una quota dal 20 al 30 per cento a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione dove la percentuale va dal 10 al 20 per cento;
- nella percentuale massima globale del 15 per cento, a caccia riservata a gestione privata e a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale.
Sul rimanente territorio, le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia.
Per la pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province sono chiamate a predisporre:
- piani faunistico-venatori;
- piani di miglioramento ambientale;
- piani di immissione di fauna selvatica
Si ricorda, inoltre, come del resto richiamato nella relazione illustrativa al provvedimento, che la legge quadro sulle aree protette – legge 6 dicembre 1991, n.394 - prevede, all'articolo 11, comma 4, che il regolamento del parco stabilisca le eventuali deroghe ai divieti relativi alla cattura,al l'uccisione, al danneggiamento, al disturbo delle specie animali, alla raccolta e al danneggiamento delle specie vegetali. A tal fine è prevista la possibilità di eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco. I Prelievi e gli abbattimenti devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone all'uopo espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso.
Relazioni allegate o richieste
Al provvedimento risulta allegata la prescritta relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Sulla tematica relativa ai piani di abbattimento e alla competenza a legiferare in materia tra lo Stato e la Regione è intervenuta numerose volte la Corte costituzionale , da ultimo con la sentenza n.217 del 2018.
In tale occasione ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 44 della legge della Regione Abruzzo n. 10 del 2004, nella parte in cui stabiliva che le guardie venatorie, nel dare attuazione ai piani di abbattimento delle specie selvatiche, potessero avvalersi, tra l'altro, anche dei cacciatori iscritti o ammessi agli ATC interessati, nominativamente segnalati dai comitati di gestione, indipendentemente dall'essere proprietari o conduttori dei fondi, come richiesto dalla legge nazionale.
In tal modo la Corte ha confermato la sua giurisprudenza, ricordando che:
a) l'elenco di cui all'art. 19, comma 2, della legge n. 157 del 1992, riguardante le persone abilitate all'attività di abbattimento della fauna selvatica, è da considerarsi tassativo ed "una sua integrazione da parte della legge regionale riduce il livello minimo e uniforme di tutela dell'ambiente" (sentt. n. 139 e 174 del 2017, sent. n. 107 del 2014 );
b) la norma statale in esame non interessa l'ambito della caccia ma un'attività, l'abbattimento di fauna nociva, che è svolta "a fini di tutela dell'ecosistema" (sentenza n. 392 del 2005), considerata dalla norma statale come extrema ratio , dopo che i metodi ecologici non siano risultati efficaci e l'elenco tassativo dei soggetti autorizzati mira ad "evitare che la tutela degli interessi (sanitari, di selezione biologica, di protezione delle produzioni zootecniche, ecc.) tutelati con i piani di abbattimento comprometta la sopravvivenza di alcune specie faunistiche, ancorché nocive (sent. n. 392 del 2005, cit.), in linea, peraltro, con la più rigorosa normativa europea in tema di protezione delle specie selvatiche (direttiva 79/409/CEE);
c) vi è, quindi, un contemperamento di interessi perseguito dal legislatore statale, che realizza uno standard minimo uniforme di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, sul quale le Regioni non possono intervenire, pena altrimenti una violazione della relativa sfera di competenza statale. II.
Più in generale, si segnala che la giurisprudenza della Corte costituzionale è sempre stata particolarmente stringente nell'interpretazione delle leggi regionali che intervengono a disciplinare l'attività venatoria nel quadro della disciplina di cui alla legge statale n. 157 del 1992, avendo, da sempre, ritenuto la materia espressione della potestà legislativa esclusiva che lo Stato vanta, ai sensi dell'art. 117, comma 1, lett. s), Cost., nella materia "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema" (cfr., ex plurimis , sentt. n. 391 del 2005, n. 311 del 2003 e n. 536 del 2002).
Il fondamento di tale competenza esclusiva statale, secondo la Corte, "si rinviene nell'esigenza insopprimibile di garantire su tutto il territorio nazionale soglie di protezione della fauna che si qualificano come ‘minime', nel senso che costituiscono un vincolo rigido sia per lo Stato sia per le regioni — ordinarie e speciali — a non diminuire l'intensità della tutela". Quest'ultima può variare, in considerazione delle specifiche condizioni e necessità dei singoli territori, solo in direzione di un incremento, mentre resta esclusa ogni attenuazione, comunque motivata".
Compatibilità con la normativa dell'Unione europea
In ambito europeo, sono state adottate la direttiva 79/409/CEE, oggi sostituita dalla direttiva 2009/147/CE - nota come direttiva uccelli - e la direttiva 92/43/CEE - nota come Direttiva "Habitat".
La prima - avente ad oggetto la tutela delle specie di uccelli ivi elencati - ha imposto agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire una varietà e una superficie sufficienti di habitat. A tal fine sono stati previsti: l'istituzione di zone di protezione; il mantenimento e la sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all'interno e all'esterno delle zone di protezione; il ripristino dei biotopi distrutti; la creazione di biotopi. Vige un divieto generale, salvo nei casi espressamente stabiliti, di uccisione o di cattura deliberata delle specie di uccelli tutelate, dei loro nidi e uova, di disturbo durante il periodo di riproduzione e di detenzione degli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura.
La seconda ha come fine la salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri; a tal fine la Direttiva stabilisce misure volte ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat e delle specie di interesse comunitario elencati nei suoi allegati. Si basa su due misure di intervento principale: la rete ecologica Natura 2000, costituita da siti mirati alla conservazione di habitat e specie elencati rispettivamente negli allegati I e II, e il regime di tutela delle specie elencate negli allegati IV e V.
Il recepimento della Direttiva è avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 (pdf, 53 KB) modificato ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003 | 6,178 | 119 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1258
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CILLIS, CADEDDU, CASSESE, CIMINO, DAGA, DEL SESTO, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LOMBARDO, MAGLIONE, ALBERTO MANCA, MARAIA, PARENTELA, PIGNATONE, ROMANIELLO
Delega al Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica
Presentata l'11 ottobre 2018
Onorevoli Colleghi ! – Con la presente proposta di legge si delega il Governo a disciplinare e a valorizzare le pratiche colturali cosiddette «fuori suolo» applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica.
Con il termine «fuori suolo» si intendono tutte quelle tecniche che non prevedono l'utilizzo del terreno per una o più fasi dello sviluppo fenologico della pianta, la più nota delle quali è la fertirrigazione, cioè l'uso dell'acqua irrigua come veicolo per le sostanze nutritive necessarie allo sviluppo del vegetale. Tecnicamente le piante sono organismi autotrofi in grado di trasformare l'energia radiante del sole in energia chimica attraverso la fotosintesi clorofilliana. Per riuscire ad assicurare tale attività le piante necessitano di acqua e di circa diciassette minerali essenziali. Se questi tre fattori vengono gestiti in maniera controllata in ambienti monitorati (serre), assicurando alle radici l'approvvigionamento ideale dell'acqua e dei nutrienti, si possono raggiungere obiettivi straordinari di produzione su superfici minime e con risparmi idrici e di inquinanti residui notevoli.
La coltivazione dei vegetali in un ambiente controllato permette, infatti, di non utilizzare i fitofarmaci e gli insetticidi necessari nella coltivazione tradizionale, senza andare a inficiare la qualità del prodotto finale e, anzi, aumentando i livelli qualitativi.
La coltivazione e la fertirrigazione in fuori suolo richiedono una maggiore professionalità da parte dei tecnici e degli operatori perché è necessario e fondamentale conoscere e saper gestire i principali parametri da misurare in serra. Il sistema si presenta di notevolissimo interesse poiché consente, attraverso un uso razionale di spazi limitati, l'allevamento di svariate specie ittiche e la produzione di specie vegetali dall'alto valore qualitativo e nutrizionale. La coltura idroponica è un sistema ancora poco utilizzato, rispetto al quantitativo di suolo utilizzato per le colture protette, ma si pensa che nel breve periodo troverà sempre più spazio nel panorama agricolo in quanto permetterà di risolvere alcune problematiche quali: la necessità di ridurre i costi di produzione, la necessità di migliorare la produzione, l'aumento dell'inquinamento ambientale legato all'agricoltura intensiva e ai vincoli legislativi derivanti da esso, la carenza di risorse quali l'acqua, il lavoro, l'energia e una domanda di cibo sempre più crescente con l'aumento della popolazione mondiale.
Infine, agli aspetti puramente tecnici si somma il forte impatto sociale derivante da questo tipo di colture, che non vanno più a sfruttare indiscriminatamente i terreni sui quali sono collocate, ma anzi sono in grado di ridare valore a luoghi abbandonati o dismessi, proprio grazie alla grande versatilità del tipo di coltivazione, che può essere applicata in terreni inospitali, deserti, aree urbane, tetti dei palazzi e capannoni abbandonati.
La coltivazione idroponica e quella acquaponica sono oggi le più diffuse e considerato il vuoto normativo esistente la presente proposta di legge intende introdurre dei princìpi generali entro i quali dovrà svilupparsi la disciplina di dettaglio. Con l'articolo 1 si introducono alcune definizioni, mentre con l'articolo 2 si definiscono i princìpi e criteri direttivi di delega in base ai quali il Governo dovrà adottare la disciplina di dettaglio.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità e definizioni)
1. La presente legge reca una delega al Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica.
2. Ai fini della presente legge si definisce:
a) pratica colturale fuori suolo: la pratica colturale realizzata in un ambiente controllato, basata su supporti di ordine tecnologico alternativi o integrativi rispetto alle tradizionali prassi di coltivazione e di allevamento e che non prevede l'utilizzo del terreno per una o più fasi dello sviluppo fenologico della pianta;
b) coltivazione idroponica: la coltivazione fuori suolo di specie vegetali realizzata in un ambiente controllato mediante l'impiego di un substrato inerte e di adeguate soluzioni nutritive;
c) coltivazione acquaponica: la coltivazione fuori suolo di specie vegetali realizzata in un ambiente controllato derivante dall'integrazione tra la coltivazione idroponica di cui alla lettera b) e l'acquacoltura.
3. Ai fini di cui alla lettera a) del comma 2, per supporti di ordine tecnologico si intendono:
a) sistemi automatizzati per il controllo della ventilazione e dell'aerazione funzionali alla creazione dell’ habitat più idoneo allo sviluppo delle piante;
b) sistemi computerizzati finalizzati alla gestione del ciclo della produzione anche da remoto.
Art. 2.
(Delega la Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica )
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) definire le tipologie di substrato e di soluzioni nutritive, dei metodi irrigui e delle specie ittiche che meglio si adattano alla coltivazione acquaponica;
b) prevedere che, nel rispetto della normativa vigente in materia di produzione agricola con metodo biologico, le specie ittiche allevate nella coltivazione acquaponica siano equiparate a quelle allevate con metodo biologico;
c) prevedere azioni finalizzate alla valorizzazione e all'incentivazione delle coltivazioni idroponica e acquaponica anche attraverso il sostegno a progetti sperimentali promossi o patrocinati dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo in collaborazione con aziende e con operatori del settore, anche utilizzando parte delle risorse a valere sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale relativo alla programmazione 2021-2027;
d) valorizzare e promuovere le produzioni ortofrutticole e ittiche ottenute dalle coltivazioni idroponica e acquaponica anche mediante la predisposizione di specifiche indicazioni in etichetta recanti informazioni sui metodi di coltivazione innovativi impiegati e sui benefìci derivanti dal mancato utilizzo di fitofarmaci e di insetticidi;
e) disciplinare l'apparato sanzionatorio per le violazioni delle disposizioni contenute nel decreto legislativo o nei decreti legislativi e individuare l'autorità competente all'irrogazione di sanzioni nell'ambito delle strutture esistenti presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;
f) definire gli adempimenti richiesti alle aziende che realizzano le coltivazioni idroponica e acquaponica ai fini del riconoscimento e della successiva verifica da parte degli organi di controllo, con particolare riferimento all'obbligo della predisposizione di uno schema denominato «bilancio di massa» necessario a identificare i materiali necessari per il ciclo in ingresso, il processo di trasformazione delle materie, i prodotti terminali e gli scarti di produzione, anche al fine del rispetto delle norme in materia di gestione dei rifiuti;
g) prevedere specifiche norme finalizzate alla conservazione in buono stato dei terreni dove insistono le coltivazioni idroponica e acquaponica;
h) prevedere una specifica classificazione merceologica delle attività di coltivazione idroponica e acquaponica ai fini dell'attribuzione del codice ATECO.
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell' articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 . Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro sessanta giorni dall'assegnazione alle Commissioni medesime.
3. Decorso il termine per l'espressione dei pareri di cui al comma 2, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. | Delega al Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica
Contenuto
La proposta di legge si compone di due articoli.
L' articolo 1 prevede:
al comma 1, una delega al Governo per la disciplina e la promozione delle pratiche culturali fuori suolo applicate alla coltivazione idroponica e acquaponica.
Si valuti, al riguardo, se non sia più corretto formulare la previsione di cui al comma 1 in riferimento alla delega contenuta nell'articolo 2.
al comma 2, le definizioni di pratica culturale fuori suolo , di coltivazione idroponica e di coltivazione acquaponica;
Si intende per pratica culturale fuori suolo la cultura sviluppata in ambiente controllato, basata su supporti di ordine tecnologico alternativi o integrativi rispetto alle tradizionali prassi di coltivazione e di allevamento e che non prevede l'utilizzo del terreno in una o più fasi dello sviluppo della pianta.
Si intende per coltivazione idroponica la coltivazione fuori suolo di specie vegetali svolta in un ambiente controllato mediante l'impiego di un substrato inerte e di adeguate sostanze nutritive.
Per coltivazione acquaponica si intende la coltivazione fuori suolo di specie vegetali realizzata in un ambiente controllato derivante dall'integrazione tra coltivazione idroponica e acquacoltura.
al comma 3, la definizione di supporti di ordine tecnologico, richiamati dalla definizione di pratica colturale fuori suolo.
Sono tali: a) i sistemi automatizzati per il controllo della ventilazione e dell'aerazione funzionali alla creazione dell' habitat più consono allo sviluppo delle piante; b) i sistemi computerizzati finalizzati alla gestione del ciclo della produzione anche da remoto.
L' articolo 2 prevede una delega al Governo per la disciplina delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica ed acquaponica.
I principi e criteri direttivi (comma 1) cui il Governo dovrà attenersi sono i seguenti:
a) definizione delle tipologie di substrato e di soluzioni nutritive, dei metodi irrigui e delle specie ittiche più adattabili alla coltivazione acquaponica;
b) equiparazione del metodo di allevamento acquaponico a quello della produzione agricola con metodo biologico;
c) incentivazione delle coltivazioni in esame, anche attraverso il sostegno a progetti sperimentali promossi dal Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo;
d) promozione delle produzioni ortofrutticole ed ittiche ottenute con metodo di coltivazione idroponica e acquaponica, anche attraverso indicazioni specifiche in etichetta che diano conto del metodo di coltivazione seguito e dei benefici in relazione al mancato utilizzo di fitofarmaci e insetticidi;
e) previsione di apposite sanzioni e individuazione dell'Autorità competente all'irrogazione delle stesse;
f) individuazione degli adempimenti cui sono tenute le aziende, con riguardo, in particolare, al c.d. "bilancio di massa" necessario a identificare i materiali che connotano il ciclo di produzione in ingresso e in uscita;
g) previsione di specifiche norme per la conservazione del buono stato dei terreni dove si svolgono le coltivazioni in esame;
h) inserimento di una specifica classe merceologica delle attività di coltivazione idroponica e acquaponica per l'attribuzione del codice ATECO.
L'iniziativa in ordine alla proposta è affidata al Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, che dovrà agire di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento. Gli schemi dei decreti legislativi saranno poi trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario.
La coltivazione idroponica fa parte della categoria più ampia della coltivazione senza suolo , che può essere:
a) con substrato (in particolare, con l'uso di vasi contenenti varie tipologie di substrati, come la torba, dove - ad esempio - possono essere coltivati pomodori o altri ortaggi), oppure,
b) senza substrato , dove l'acqua e i nutrienti vengono dati al prodotto agricolo direttamente, ad esempio per immersione delle radici delle piante in contenitori privi di terra e di concime:
in quest'ultimo caso, si parla di coltivazione idroponica che, di regola, avviene in serra, in particolare per ortaggi e fiori.
La coltivazione acquaponica (attualmente di limitata applicazione) coniuga l'acquacolltura (ossia l'allevamento di specie acquatiche quali pesci e crostacei) con la coltivazione idroponica (ovvero la coltura di vegetali senza l'utilizzo di terra) riutilizzando , con un procedimento biologico di ricircolo, l'acqua delle vasche all'interno della quali vengono allevati i pesci per irrigare i letti di crescita, privi di terra e di concime. Gli scarti organici dell'acquacoltura (ad esempio dei pesci o dei crostacei) sono quindi utilizzati per la realizzazione della coltivazione idroponica di piante e ortaggi (senza l'utilizzo della terra).
Relazioni allegate o richieste
Al provvedimento risulta allegata la prescritta relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
L'agricoltura, considerata come attività di produzione di beni, è, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, materia di competenza residuale regionale. Numerosi ambiti sono stati attratti dalla giurisprudenza costituzionale nell'alveo della competenza statale, siano essi relativi alla tutela dell'ambiente, alle regole della concorrenza, alla tutela e sicurezza del lavoro, all'alimentazione, alla ricerca, alla tutela della salute e all'organizzazione amministrativa dello Stato.
Il provvedimento in esame, disciplinando una specifica tecnica di produzione, sembrerebbe rientrare nella competenza esclusiva regionale, salvo non si vogliano considerare prevalenti gli aspetti civilistici e amministrativi delle attività in questione che richiedono l'individuazione di principi generali valevoli per l'intero territorio nazionale. | 4,506 | 272 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2839 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2839
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SCUTELLÀ, BILOTTI, BRUNO BOSSIO, BUBISUTTI, D'ARRANDO, DI MURO, DI SARNO, FERRO, GIULIANO, GRIPPA, LOREFICE, LOVECCHIO, TONDO
Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione territoriale degli uffici giudiziari
Presentata il 22 dicembre 2020
Onorevoli Colleghi ! – La riforma della geografia giudiziaria attuata con i decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e n. 156, è consistita in un «taglio» dei tribunali minori e nella soppressione delle sedi distaccate, a favore nell'accentramento dell'amministrazione della giustizia.
Tale scelta, senza timore di poter essere smentiti, è stata avversata sotto tutti i profili e da più punti di vista attraverso ricorsi alla Corte costituzionale da parte delle regioni e dei tribunali di ogni dimensione, che hanno loro malgrado subìto la riforma della geografia giudiziaria, affiancati in questa «missione» da varie associazioni sorte in questi anni nei diversi territori.
La questione deve essere affrontata necessariamente dal punto di vista dei criteri assunti per procedere alla soppressione e all'accorpamento degli uffici giudiziari.
Con la finalità di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza, l' articolo 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148 , ha delegato il Governo a rivedere la geografia giudiziaria in modo da realizzare una riduzione complessiva degli uffici giudiziari nel territorio e il Governo ha provveduto adottando i citati decreti legislativi del 2012.
I princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega hanno riguardato la ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari, eventualmente trasferendo territori di un circondario a circondari limitrofi.
A tale fine il Governo doveva tenere conto di «criteri oggettivi e omogenei» che comprendessero alcuni parametri: estensione del territorio, numero degli abitanti, carichi di lavoro, indice delle sopravvenienze, specificità territoriale del bacino di utenza, anche con riguardo alla situazione infrastrutturale, presenza di criminalità organizzata.
La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di incrementare i criteri di selezione e di rivalutare quelli preesistenti al fine di ridefinire, attraverso una nuova delega al Governo, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari nel rispetto delle esigenze oggettive dei territori e di princìpi e criteri direttivi finora non presi in considerazione, ma da ritenere necessari e imprescindibili.
Tra i criteri direttivi alla base della vigente riforma della geografia giudiziaria non rileva la distanza tra l'ufficio giudiziario accorpante e quello accorpato, ma la sola «situazione infrastrutturale». Tale ultimo criterio – a parere della prima firmataria di questa proposta di legge – non può in alcun modo prescindere dalla misurazione chilometrica della distanza tra i due uffici, tenendo ulteriormente presente la percorribilità del tragitto in termini di servizi infrastrutturali e viari e di collegamento pubblico.
In alcuni territori della penisola tale problematica è stata poi notevolmente acuita a causa delle difficoltà per i professionisti della giustizia di raggiungere le sedi accorpanti, talvolta molto distanti e raggiungibili unicamente attraverso mezzi privati e strade inadeguate, senza alcuna possibilità di ricorrere al trasporto pubblico stante l'assoluta assenza di servizi e di collegamenti, disattendendo clamorosamente il criterio concernente il «riguardo alla situazione infrastrutturale».
È ipotizzabile, inoltre, una riorganizzazione che guardi prioritariamente ai comuni che ospitano istituti penitenziari di massima sicurezza e per i quali sarebbe d'uopo un presidio di giustizia prossimo e facilmente raggiungibile per agevolare soprattutto le traduzioni dei detenuti stessi.
Un ulteriore principio che si propone di inserire nella formulazione della delega è il numero di abitanti residenti nel comune «spogliato» dell'ufficio in quanto, seppure il dato numerico in riferimento al bacino di utenza risulti essere comprensibile, è altrettanto indispensabile che enti locali con un alto tasso di popolazione possano contare su un presidio di giustizia al loro interno.
Ad oggi, alla luce della riforma oggetto della presente proposta di legge, il tutto si è tradotto in un aumento dei costi per i cittadini, in un'accentuata assenza dello Stato, in particolare in territori fortemente contaminati dalla criminalità organizzata, e in una notevole concentrazione dei carichi giudiziari nei nuovi poli competenti, accresciuta in particolar modo dal periodo di sospensione dettato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.
L' articolo 24, primo comma, della Costituzione , come noto, è la fonte costituzionale del diritto di azione: nel nostro sistema l'azione è, infatti, un diritto soggettivo, il cui contenuto consiste nell'attivare un giudizio al fine di far valere in quel contesto altri diritti o interessi.
Da questo diritto, che è un principio fondamentale dell'ordinamento, si può trarre il dovere, per il legislatore, di far accedere ciascuno a un giudice e a un giudizio: un tribunale «lontano», non facilmente raggiungibile, in ragione anche della sua burocratizzazione, non rende efficace il diritto di azione.
Non è tollerabile che lo Stato articoli una delle proprie funzioni – quella giurisdizionale – e uno dei propri elementi costitutivi – il territorio – senza tenere conto, in molti casi, delle specificità di questi, ma ponendosi al servizio di altre esigenze, quali l'uniformità, il risparmio o l'efficientismo.
Da queste argomentazioni si deduce che deve ritenersi in contrasto con lo spirito della Costituzione qualsiasi riforma legislativa che allontani il giudice dal cittadino oltre la misura che gli consente di essere agevolmente e personalmente interpellato.
La Costituzione richiede che la giustizia sia amministrata «a misura d'uomo», abbastanza vicino ai cittadini perché questi possano raggiungere la sede del tribunale dalla loro abitazione con «limitati sacrifici » (si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 59 del 23 marzo 2016).
È d'uopo rilevare, inoltre, che la Commissione europea per l'efficienza della giustizia (CEPEJ) ha in più occasioni affermato che le riforme della geografia giudiziaria realizzate nei vari Stati membri devono tenere conto di tutti gli elementi di criticità che possano limitare l'accesso dei cittadini a un sistema giudiziario di qualità.
La Commissione, in particolare, riconosce il valore della vicinanza degli uffici giudiziari ai cittadini come elemento utile a favorirne l'accesso alla giustizia e sottolinea che «dover presenziare a un'udienza fissata la mattina presto per una persona anziana, o per una persona che non guida o non è dotata di mezzo proprio, in assenza di adeguati mezzi di trasporto pubblico, rappresenta una situazione problematica che può influire sul diritto di equo accesso alla giustizia» (CEPEJ, Linee guida sulla revisione della geografia giudiziaria per favorire le condizioni di accesso a un sistema giudiziario di qualità, adottate nella riunione plenaria del 6 dicembre 2013, paragrafo 2.3.4).
Benché obiettivo precipuo della riforma fossero i risparmi di spesa e il miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario, si ritiene, ove mai tali risparmi si siano effettivamente concretizzati, che ogni possibile intervento non possa prescindere dall'esigenza di tenere in considerazione il diritto di accedere alla giustizia, quale diritto fondamentale di ogni individuo, insopprimibile in uno Stato democratico: qualsiasi riforma del settore non può essere fatta a discapito dei diritti costituzionalmente garantiti, per la stessa permanenza dello Stato di diritto, dagli articoli 2, 3, 4, 5, 13, 16, 24, 25, 111, 112 e 113 della Costituzione.
Pertanto i criteri di riordino devono sì essere funzionali all'immediato risparmio di spesa per il bilancio dello Stato, senza tuttavia arrecare allo stesso danni nel medio e lungo periodo.
La presente proposta di legge si prefigge l'obiettivo di delegare il Governo a rivedere la distribuzione degli uffici giudiziari nel territorio nazionale individuando ulteriori specifici princìpi e criteri direttivi che operino una riconsiderazione delle scelte operate dal legislatore in materia di geografia giudiziaria e che guardino con la massima attenzione alle particolarità e alle peculiarità dei distretti territoriali, in linea con la superiore esigenza di consentire ai cittadini un accesso alla giustizia pieno ed effettivo.
In particolare, si propone di valutare la riorganizzazione prendendo in considerazione la specificità territoriale del bacino d'utenza, caso per caso, analizzando precipuamente le caratteristiche geomorfologiche del territorio, la carenza di collegamenti stradali e ferroviari all'interno delle circoscrizioni di riferimento alla luce del percorso e della distanza da intraprendere tra il tribunale accorpato e quello accorpante. Si propone, inoltre, di valutare, oltre al bacino di utenza servito, anche il numero di residenti nel comune oggetto di rideterminazione.
Si suggerisce, poi, di prestare una maggior attenzione, nell'attività discrezionale, alle zone del territorio in cui siano presenti istituti penitenziari di alta sicurezza, valutando anche il numero dei detenuti ospitati.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al fine di procedere a una riorganizzazione della distribuzione nel territorio degli uffici giudiziari volta a garantire pienamente il diritto di accedere alla giustizia, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la ridefinizione degli assetti territoriali degli uffici giudiziari con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a) , c) , d) , e) , g) , h) , i) , l) , m) , n) , o) , p) e q) , della legge 14 settembre 2011, n. 148 , nonché dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) valutare la riorganizzazione degli uffici giudiziari di primo grado prendendo in considerazione la specificità territoriale del bacino di utenza, le caratteristiche geomorfologiche del territorio e la sua estensione, la distanza e il tempo di percorrenza tra il tribunale accorpato e quello accorpante, considerando la carenza di collegamenti stradali e ferroviari, la situazione infrastrutturale e la vetustà della rete viaria all'interno delle circoscrizioni di riferimento;
b) assicurare che tra i tribunali soppressi oggetto di rivalutazione siano preferiti quelli situati in comuni con un'alta densità abitativa, garantendo la presenza di un presidio di giustizia nel territorio dell'ente locale stesso;
c) ridefinire l'assetto territoriale tenendo conto della presenza di istituti penitenziari di alta sicurezza e del numero di detenuti ospitati nel circondario interessato;
d) nei contesti provinciali particolarmente estesi e maggiormente colpiti da emergenze di carattere criminale, anche al fine di assicurare la presenza dello Stato nel territorio tramite presìdi di giustizia, valutare, in luogo della riattivazione di sedi di tribunali soppresse, l'opportunità di riattivare una o più sezioni distaccate tra quelle soppresse, tenendo conto, nella selezione delle stesse, dei criteri di collocazione geografica rispetto alle aree di utenza che devono essere coperte anche in relazione alla popolazione complessiva.
2. I decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155, e 7 settembre 2012, n. 156, conservano la loro efficacia relativamente agli atti e alle pronunce giurisdizionali emanati prima della data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , e previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, da rendere nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Gli schemi di decreto legislativo sono successivamente trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. | Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione territoriale degli uffici giudiziari
La proposta di legge C. 2839 interviene sulla riforma della c.d. "geografia giudiziaria" attuata dalla legge delega per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari (legge n. 148 del 2011), introducendo ulteriori principi e criteri direttivi volti ad aumentare l'accessibilità degli uffici giudiziari da parte dei cittadini, non solo in termini di distanza chilometrica ma anche di presenza di effettivi collegamenti stradali e ferroviari, e ad assicurare la presenza di un presidio di giustizia in territori ad alta densità di popolazione, a forte presenza criminale ed in cui sono ubicati istituti penitenziari ad alta sicurezza.
Contenuto
La proposta si compone di un unico articolo che consta di 3 commi.
Il comma 1 contiene una delega al Governo , da esercitare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge stessa attraverso l'emanazione di appositi decreti legislativi, al fine di procedere ad una revisione della dislocazione degli uffici giudiziari sul territorio italiano compiuta a seguito della riforma della geografia giudiziaria, realizzata dalla legge delega n. 148 del 2011 e dai relativi decreti legislativi attuativi nn. 155 e 156 del 2012.
La riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici > giudiziari, conosciuta come riforma della "geografia giudiziaria", è stata > realizzata dalla legge delega 14 settembre 2011, n. 148, e dai due decreti > legislativi attuativi 7 settembre 2012, nn. 155 e 156, allo scopo di > razionalizzare le risorse ed incrementare l'efficienza del "sistema > giustizia", conseguendo al contempo dei risparmi di spesa tramite la > riduzione del numero degli uffici giudiziari presenti sul territorio. >
I principi e criteri direttivi della riforma, contenuti all'art. 1, comma 2, > della legge n. 148/2011 , sono i seguenti: >
riduzione degli uffici giudiziari di primo grado mantenendo comunque > sedi di tribunale nei circondari di comuni capoluogo di provincia alla data > del 30 giugno 2011 (lettera a ); >
ridefinizione , attraverso «criteri oggettivi e omogenei» > (estensione del territorio, numero degli abitanti, carichi di lavoro, indice > delle sopravvenienze, specificità territoriale del bacino di utenza, anche > con riguardo alla situazione infrastrutturale, presenza di criminalità > organizzata) dell'assetto territoriale degli uffici giudiziari , > eventualmente anche trasferendo territori dall'attuale circondario a > circondari limitrofi, anche al fine di razionalizzare il servizio giustizia > nelle grandi aree metropolitane (lettera b ); >
riorganizzazione territoriale degli uffici requirenti, con la > possibilità di accorpare più uffici di procura indipendentemente > dall'eventuale accorpamento dei rispettivi tribunali. La riorganizzazione, > da cui sono escluse le procure distrettuali, non può comportare la > soppressione delle procure presso il tribunale ordinario nei circondari di > comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011 (lettera c ); >
soppressione ovvero riduzione delle 220 sezioni distaccate di > tribunale (lettera d) ; >
riequilibrio delle competenze territoriali, demografiche e > funzionali tra uffici limitrofi della stessa area provinciale > caratterizzati da rilevante differenza di dimensioni (lettera e ); >
garanzia che, all'esito della riorganizzazione, ciascun distretto di > corte d'appello, incluse le sezioni distaccate, comprenda non meno di 3 > degli attuali tribunali con relative procure della Repubblica (lettera f > ); >
trasferimento automatico dei magistrati e del personale > amministrativo dei tribunali e delle procure soppresse negli organici > degli uffici cui sono trasferite le funzioni (lettera g ); la suddetta > assegnazione non costituisce assegnazione ad altro ufficio giudiziario, > destinazione ad altra sede o trasferimento (lettera h ); le conseguenti > modificazioni alle piante organiche saranno disposte con decreti del > Ministro della giustizia (lettera i ); >
riorganizzazione territoriale degli uffici del giudice di pace , con > disposizioni puntuali sulla riduzione degli uffici del giudice di pace > dislocati in sede diversa da quella circondariale, sul procedimento per la > soppressione degli uffici del giudice di pace e sulla riassegnazione del > personale amministrativo in servizio presso gli uffici soppressi (lettere da > l) a p ); >
divieto di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica > (lettera q ). >
Sono stati quindi adottati i due decreti legislativi nn. 155 e 156 del > 2011 che hanno attuato la riforma, rispettivamente per la parte > riguardante la nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici > del pubblico ministero e per la parte relativa agli uffici dei giudici di > pace. >
Successivamente, è stato emanato un ulteriore decreto legislativo ( d.lgs. > 19 febbraio 2014, n. 14 ) recante disposizioni integrative, correttive e > di coordinamento delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 7 > settembre 2012, n. 155, e 7 settembre 2012, n. 156, tese ad assicurare la > funzionalità degli uffici giudiziari: tra i principali interventi del > decreto si segnalano l'adeguamento alla sentenza della Corte costituzionale > che ha dichiarato illegittima la soppressione del tribunale e della procura > della Repubblica di Urbino; la scelta del comune di Aversa quale sede del > tribunale di Napoli Nord; il temporaneo ripristino delle sezioni distaccate > insulari di Lipari, Portoferraio e Ischia. >
Nella tabella seguente sono messi a confronto i dati relativi agli uffici > giudiziari prima della riforma con quelli attuali: >
Ante riforma >
Post riforma > > > > Distretti giudiziari >
26
>
26
> > Circondari >
166 >
140 > > Sezioni distaccate di tribunale >
220 >
5 > > Giudici di pace >
846 >
391 > > Elaborazione del Servizio Studi della Camera su dati del Ministero della > giustizia >
I distretti non sono stati oggetto della riforma; ai 26 distretti vanno > aggiunte le 3 sezioni distaccate di Sassari, Taranto e Bolzano >
Si tratta delle 3 sezioni insulari di Lipari, Portoferraio e Ischia (la > cui operatività è stata da ultimo prorogata fino al 31 dicembre 2022 dal > d.l. n. 162/2019) e delle 2 sezioni di Atessa ed Ortona in Abruzzo (la cui > operatività è stata da ultimo prorogata fino al 31 dicembre 2023 dal d.l. n. > 228/2021)
Il comma 1 richiama i principi e criteri direttivi di cui all'art. 1, comma 2, della citata legge n. 148/2011, con l'eccezione di quelli relativi alle lettere b) e f), individuando altresì nuovi criteri di delega finalizzati ad attribuire un peso maggiore, nella distribuzione degli uffici giudiziari, alla facilità di accesso ai servizi di giustizia , allo scopo di garantire il diritto del cittadino ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi ai sensi dell'art. 24 Cost., soprattutto nei territori in cui la criminalità è più diffusa.
Nello specifico, i quattro nuovi principi introdotti dalla proposta in esame prevedono che il Governo, nell'esercizio della delega, tenga conto:
per quanto riguarda l'assetto degli uffici giudiziari di primo grado, della specificità del territorio , sia con riguardo al bacino di utenza, sia con riguardo alle caratteristiche geomorfologiche e all'estensione del territorio, con il preciso intento di valutare non la mera distanza tra la sede del tribunale accorpante e la sede del tribunale che viene accorpato o le varie zone del territorio, ma l'esistenza di collegamenti stradali e ferroviari e la loro efficienza, le condizioni della rete viaria e, più in generale, la situazione delle infrastrutture presenti nel territorio;
della densità abitativa dei comuni già sede di tribunali che sono stati soppressi, al fine di rivalutare la decisione, assicurando la presenza di un presidio di giustizia nell'ambito territoriale interessato;
della presenza di istituti penitenziari di alta sicurezza e del numero totale di detenuti ospitati nel circondario, anche al fine di evitare lunghi tragitti per la traduzione dei detenuti;
della presenza criminale sul territorio , soprattutto se si tratta di ambiti provinciali molto estesi, al fine di valutare, sulla base dell'ubicazione geografica rispetto all'area territoriale da coprire e della popolazione ivi residente, la riattivazione di una o più sezioni distaccate soppresse, anziché del tribunale soppresso, per garantire dei presidi di giustizia in territori particolarmente colpiti da emergenze criminali.
Il comma 2 prevede un regime transitorio per gli atti e le pronunce giurisdizionali emanati sulla base della riorganizzazione degli uffici compiuta dai decreti legislativi nn. 155 e 156 del 2012, attuativi della precedente legge di delega (n. 148/2011), specificando che gli stessi restano validi ed efficaci fino all'adozione dei decreti legislativi previsti comma 1. Al riguardo, si rileva che gli atti e le pronunce giurisdizionali già emanati sulla base dei decreti legislativi nn. 155 e 156, non potrebbero in ogni caso essere caducati dall'entrata in vigore dei nuovi decreti legislativi. Qualora si ritenga di introdurre un regime transitorio, si valuti l'opportunità di prevedere specifiche disposizioni relative ai procedimenti pendenti prima dell'entrata in vigore dei nuovi decreti legislativi, con particolare riguardo alle udienze già fissate ed al riparto di competenze.
Si ricorda al riguardo che l'art. 9 del già citato D. lgs. n.155 del 2012, in relazione alla n uova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, detta la disciplina transitoria concernente udienze fissate dinanzi agli uffici destinati alla soppressione, nonchè con riguardo alla competenza per i procedimenti civili e penali pendenti nei predetti uffici alla data di efficacia del decreto legislativo stesso.
Il comma 3 delinea la procedura per l'adozione dei decreti attuativi della delega di cui al comma 1 da parte del Ministro della giustizia, precisando che sulla proposta del Ministro devono essere previamente acquisite l'intesa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni e Stato-città ed autonomie locali di cui all'art. 8 del d.lgs. n. 281/1997 ed il parere del Consiglio di Stato, che deve essere reso entro 45 giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto, trascorsi i quali il Governo può in ogni caso procedere. Gli schemi di decreto devono essere quindi trasmessi alle Camere per consentire l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari entro 30 giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto, trascorsi i quali i decreti possono essere comunque emanati. Si valuti l'opportunità di prevedere l'acquisizione de l parere del Consiglio superiore della magistratura sugli schemi di decreti legislativi anziché quello del Consiglio di Stato, analogamente a quanto disposto dalla legge n. 148/2011.
Relazioni allegate o richieste
Alla proposta di legge è allegata la sola relazione illustrativa. | 7,202 | 129 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-433 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 433
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FURFARO, CIANI, GIRELLI, MALAVASI, STUMPO
Modifica all' articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , e altre disposizioni in materia di assistenza sanitaria per le persone senza dimora
Presentata il 24 ottobre 2022
Onorevoli Colleghi ! – In Italia, quando una persona diventa così povera da non potersi più permettere di pagare un affitto o un mutuo finisce in strada. Una volta in strada perde la residenza, viene cancellata dall'anagrafe del comune perdendo così una serie di diritti, tra cui il diritto alla salute. Questo perché la cancellazione della residenza anagrafica comporta il venir meno dell'assistenza sanitaria del medico di base e per curarsi si può ricorrere solo, qualora ne sussistono i presupposti, al pronto soccorso.
La crisi economica e sociale che ha colpito il nostro Paese, anche in conseguenza dell'epidemia di COVID-19, ha aggravato le condizioni delle persone che vivono in povertà e in condizioni di esclusione sociale come confermano i recenti rapporti della Caritas italiana-Fondazione «E. Zancan» e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
Secondo la prima indagine ISTAT svolta, nel dicembre 2014, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e la Caritas italiana, le persone senza dimora erano 50.724 (rispetto alle 47.648 registrate nel 2011). Di queste il 40 per cento erano italiani e l'85,7 per cento uomini. Quattro su dieci vivevano in strada da più di quattro anni, prevalentemente nelle regioni del Nord Italia (56 per cento). Le donne rappresentavano il 14 per cento, presentando percorsi di vita particolari e più caratterizzati dalle rotture delle relazioni familiari come causa principale della condizione di homelessness . «Senza dimora» non è sinonimo di «assistenzialismo». Infatti, solo il 3 per cento dichiarava di ricevere sussidi dal comune o da altri enti pubblici, mentre il 62 per cento disponeva invece un reddito mensile proveniente da attività lavorativa (anche informale e saltuaria) con un guadagno medio mensile tra 100 e 499 euro. Il 30 per cento viveva di espedienti e collette, mentre il restante 17 per cento risultava senza alcuna fonte di reddito.
A distanza di cinque anni dalla prima edizione, il nuovo censimento ISTAT della popolazione residente in Italia, pubblicato a metà dicembre 2022, indica in oltre 96.000 persone, di cui il 62 per cento di nazionalità italiana, i senza dimora. Una cifra più che raddoppiata.
Lo stesso censimento identifica, per la prima volta e con maggior dettaglio, le convivenze anagrafiche e le cosiddette «popolazioni speciali», costituite da persone senza tetto, senza dimora e da coloro che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei. Un aggregato, secondo i dati ISTAT, di oltre 500.000 persone.
Pur essendo un fenomeno sempre più diffuso, la conoscenza del mondo dei senza dimora presenta diverse problematiche trattandosi di un fenomeno mutevole nel tempo e composto di persone che vivono una condizione di estrema marginalità dal punto di vista relazionale e comunicativo. Qualsiasi tentativo di entrare in contatto con questo universo infatti richiede tempi, modalità e tecniche particolari per riuscire a fornire una conoscenza dettagliata e realistica di questa popolazione.
Attualmente, non vi sono dati attendibili che descrivano questa realtà sommersa, ma il fenomeno di questa parte di popolazione che vive in condizioni di povertà e di emarginazione estrema è comunque rilevante e non può essere ignorato. Le persone senza dimora non patiscono solo una situazione di estremo degrado dovuta alla mancanza d'alloggio e alla sopravvivenza quotidiana, ma subiscono anche una condizione di «invisibilità» dal punto di vista sociale e istituzionale, trovandosi fuori da una rete formale e informale di sostegno che non sia quella caritativa.
Uno degli elementi più evidenti di questa condizione è che le persone senza dimora non hanno il requisito della residenza anagrafica, l'assenza del quale rappresenta un ostacolo per accedere ai servizi del Servizio sanitario nazionale. L' articolo 19, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (SSN), individua infatti nella residenza anagrafica il collegamento tra utente e azienda sanitaria locale (ASL). Alla persona sprovvista di residenza è quindi di fatto precluso l'esercizio del diritto alla salute, poiché l'articolo citato stabilisce che per accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale occorre essere iscritti presso l'ASL nel cui territorio l'utente ha fissato la sua residenza. Ne consegue che le persone senza dimora, non potendo essere iscritte al Servizio sanitario nazionale, non possono esercitare la facoltà di scelta del medico di medicina generale. Per loro l'assistenza di base è garantita solo dagli ambulatori gestiti da medici volontari e l'assistenza ospedaliera è limitata alla gestione delle situazioni di emergenza attraverso le prestazioni erogate dai reparti di pronto soccorso. Si tratta quindi, di un vuoto di tutela in contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione e con i princìpi ispiratori della stessa legge n. 833 del 1978 , in base ai quali l'assistenza sanitaria va garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali. Le norme relative all'assistenza sanitaria per i cittadini europei e per i cittadini stranieri ne rappresentano la più evidente attuazione.
Attualmente solo due regioni, l'Emilia-Romagna (legge regionale 29 luglio 2021, n. 10) e la Puglia (legge regionale 30 novembre 2021, n. 44) assicurano il diritto all'assistenza sanitaria territoriale alle persone senza dimora attraverso l'assegnazione di un medico di base e altre ne stanno discutendo come Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio e Abruzzo.
Sarebbe però importante e fondamentale che intervenisse il Parlamento, con una legge nazionale che consentisse a tutte le persone senza dimora in Italia di iscriversi al Servizio sanitario nazionale e poter così usufruire di un medico di base.
La modifica della legge n. 833 del 1978 che si propone con questa proposta di legge è un atto di civiltà e di solidarietà nei confronti di persone che vivono un disagio estremo e in favore delle quali operano, con grande spirito di abnegazione, diverse associazioni di volontariato come Avvocato di strada, Alleanza contro la povertà, Caritas, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (CNCA), Comunità di S. Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, CittadinanzaAttiva, Emergency, fio.PSD. Una proposta che vede il consenso della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Senza dimenticare che essa produrrebbe un risparmio per le finanze statali, poiché prevenire le malattie costa meno che curarle.
Attualmente, infatti, le persone senza dimora possono accedere ai soli servizi di pronto soccorso, il cui costo stimato mediamente, per singolo intervento, è quasi triplo ed in alcuni casi anche quadruplo rispetto al costo annuale di un medico di medicina generale per ogni paziente (il costo di un intervento singolo al pronto soccorso è stimato in 250 euro contro gli 80 euro del costo annuale di un medico di medicina generale).
Una legge nazionale di solidarietà, di giustizia sociale, di vicinanza dello Stato alle persone più deboli, di riduzione delle disuguaglianze.
Avere un medico, per queste persone, significherebbe sentirsi di nuovo cittadini, significherebbe sentire che lo Stato c'è per i deboli, significherebbe avere una speranza e uno stimolo per uscire dalla strada.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. Al fine di garantire l'effettiva tutela della salute quale diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale, ai sensi dell' articolo 1 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , la presente legge reca disposizioni volte a consentire alle persone senza dimora, prive della residenza anagrafica nel territorio nazionale o all'estero, di iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento allo scopo di effettuare la scelta del medico di medicina generale e di accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia.
Art. 2.
(Modifica alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 )
1. All' articolo 19, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le persone senza dimora, prive della residenza anagrafica nel territorio nazionale o all'estero, hanno diritto di iscriversi negli elenchi relativi al territorio regionale in cui si trovano».
Art. 3.
(Linee guida per i programmi di monitoraggio, prevenzione e cura delle persone senza fissa dimora)
1. Con decreto del Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono indicate le linee guida per l'attuazione di appositi programmi di monitoraggio, di prevenzione e di cura delle persone senza dimora, iscritte negli elenchi delle aziende sanitarie locali ai sensi dell' articolo 19, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , come modificato dall'articolo 2 della presente legge, con il concorso delle strutture sanitarie, degli uffici comunali e delle associazioni di volontariato e di assistenza sociale.
Art. 4.
(Relazione alle Camere)
1. Entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, il Governo presenta alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della medesima legge, con particolare riferimento:
a) al numero di persone senza dimora iscritte negli elenchi delle aziende sanitarie locali di ciascuna regione;
b) al numero e alla tipologia delle prestazioni erogate in favore delle persone senza dimora;
c) alle eventuali criticità emerse in fase di attuazione della presente legge.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, di cui all' articolo 1, comma 200, della legge 27 dicembre 2014, n. 190 .
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. | Modifica all'articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e altre disposizioni in materia di assistenza sanitaria per le persone senza dimora
Contenuto
La proposta di legge in esame ( A.C. 433 ) è finalizzata a riconoscere il diritto all'assistenza sanitaria alle persone senza dimora , prive della residenza anagrafica sul territorio nazionale o all'estero.
Attualmente, a legislazione vigente, se un individuo risulti senza iscrizione all'anagrafe comunale perde il diritto fondamentale alla tutela della salute , cessando per esso l'assistenza sanitaria, escluse le prestazioni di emergenza presso i pronto soccorso. Ai sensi dell'articolo 19 della legge istitutiva del SSN, la L. n. 833/1978, infatti, una condizione essenziale per l'utenza dei servizi ASL è la residenza nello stesso territorio dell'azienda sanitaria , situazione che consente, tra le altre cose, la scelta del medico di base (MMG).
La frequenza di tali situazioni in Italia è aumentata anche a causa della crisi economica e sociale , soprattutto a seguito della crisi pandemica dovuta al Covid-19, che ha aggravato le condizioni delle persone che vivono in povertà. La povertà assoluta nel 2021, in base ai dati pubblicati dall' ISTAT a giugno 2022 (v. dati consuntivi 2021) conferma ancora i massimi storici toccati nel 2020, anno d'inizio della pandemia: le famiglie che nel 2021 hanno fatto registrare una condizione di povertà assoluta sono intorno a 1,9 milioni (7,5% del totale da 7,7% nel 2020), pari a circa 5,6 milioni di individui (il 9,4% della popolazione residente). La percentuale di famiglie che si trovano in povertà assoluta sono il 10% nel Mezzogiorno, 6,7% al Nord e 5,6% al Centro. Sono poi 1,4 milioni i minori in povertà assoluta (il 14,2%), mentre è del 32,4% l'incidenza della povertà assoluta tra i cittadini stranieri residenti (29,3% nel 2020) a confronto con il 7,2% tra gli italiani (7,5% nel 2020).
Il 15 Dicembre 2022, l'ISTAT ha inoltre pubblicato i dati del Censimento permanente della Popolazione al 31 dicembre 2021, rendendo per la prima volta disponibili i dati su alcuni gruppi specifici di popolazione, tra cui le persone "senza tetto" e "senza fissa dimora". Questi ultimi sono in un numero di 96.197, in maggioranza uomini, di cui il 38% cittadini stranieri, provenienti in oltre la metà dei casi dal continente africano. Le persone senza tetto e senza fissa dimora censite risultano iscritte all'anagrafe di 2.198 comuni italiani, che si concentrano per il 50% in 6 comuni a più alta intensità: Roma (23%), Milano (9%), Napoli (7%), Torino (4,6%), Genova (3%) e Foggia (3,7%). La fio.PSD, la Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora e la Caritas italiana hanno peraltro censito le persone senza dimora in un numero di 50.724 (47.648 nel 2011).
Secondo l'Osservatorio della fio.PSD, la rilevazione pubblicata dall'ISTAT permetterebbe di dare visibilità e riconoscimento anche a segmenti di popolazione che tendono a essere difficilmente tracciabili da un punto di vista statistico, pur presentando i dati pubblicati una fotografia parziale dell'estensione e caratterizzazione del fenomeno della grave marginalità nel nostro Paese, in quanto rilevazioni basate su criteri esclusivamente amministrativi.
Lo stesso censimento identifica, per la prima volta e con maggior dettaglio, le convivenze anagrafiche e le cosiddette «popolazioni speciali», costituite da persone senza tetto, senza dimora e da coloro che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei. Un aggregato, secondo i dati ISTAT, di oltre 500.000 persone. Pur essendo la povertà assoluta un fenomeno sempre più diffuso, la conoscenza del mondo dei senza dimora presenta diverse problematiche trattandosi di un fenomeno mutevole nel tempo e composto di persone che vivono una condizione di estrema marginalità dal punto di vista relazionale e comunicativo. L'obiettivo è pertanto di colmare un vuoto di tutela che contrasta con i principi garantiti dagli articoli 3 (parità) e 32 (diritto alla salute) della Costituzione e con i princìpi ispiratori della stessa legge n. 833 del 1978 istitutiva del Sistema sanitario nazionale, in base ai quali l'assistenza sanitaria deve essere garantita a tutti coloro che risiedono o dimorano nel territorio della Repubblica, senza distinzione di condizioni individuali o sociali. Attualmente solo due Regioni, l'Emilia-Romagna (legge regionale 29 luglio 2021, n. 10) e la Puglia (legge regionale 30 novembre 2021, n. 44) assicurano il diritto all'assistenza sanitaria territoriale alle persone senza dimora attraverso l' assegnazione di un medico di base. In base alla relazione illustrativa del provvedimento, altre Regioni hanno aperto la trattazione della questione, come Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio e Abruzzo.
La proposta di legge in esame si compone di 6 articoli.
L' articolo 1 definisce le finalità del provvedimento , volto a garantire l' effettiva tutela della salute quale diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale. Le disposizioni in particolare sono volte a consentire alle persone senza dimora , prive della residenza anagrafica nel territorio nazionale o all'estero, di iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento, al fine di effettuare la scelta del medico di medicina generale e di accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia.
Ciò in ossequio ai principi contenuti all'articolo 1 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 istitutiva del Servizio sanitario nazionale (SSN) che individua la tutela della salute quale diritto fondamentale del singolo ed interesse della collettività da assicurare tramite il Sistema sanitario pubblico o accreditato.
L' articolo 2 interviene con una modifica all'articolo 19, comma 3, della richiamata L. n. 833/1978 che istituisce il SSN. La norma attualmente prevede (comma 3), tra l'altro, che gli utenti del servizio sanitario nazionale siano iscritti in appositi elenchi periodicamente aggiornati presso l'unità sanitaria locale nel cui territorio hanno la residenza. Con un periodo aggiunto al comma 3 citato viene stabilito che le persone senza dimora, prive della residenza anagrafica nel territorio nazionale o all'estero, hanno diritto ad iscriversi negli elenchi relativi al territorio regionale in cui si trovano.
Con riferimento alla definizione di "persone senza fissa dimora" e alla possibilità della loro iscrizione anagrafica si sottolinea che nell'ordinamento nazionale si individuano come soggetti che vivono una situazione di disagio abitativo raggruppate in quattro categorie: senza tetto, senza casa, sistemazione insicura, sistemazione inadeguata.
In particolare, una persona è considerata senza dimora quando versa in uno stato di povertà materiale e immateriale, che è connotato dal forte disagio abitativo, cioè dall'impossibilità o incapacità di provvedere autonomamente al reperimento e al mantenimento di un'abitazione in senso proprio. Facendo riferimento alla tipologia ETHOS ( European Typology on Homelessness and Housing Exclusion ), così come elaborata dall'Osservatorio europeo sull' homelessness , nella definizione rientrano tutte le persone che: vivono in spazi pubblici (per strada, baracche, macchine abbandonate, roulotte, capannoni); vivono in un dormitorio notturno e/o sono costretti a trascorrere molte ore della giornata in uno spazio pubblico (aperto); vivono in ostelli per persone senza casa/sistemazioni alloggiative temporanee; vivono in alloggi per interventi di supporto sociale specifici (per persone senza dimora singole, coppie e gruppi). Sono escluse tutte le persone che: vivono in condizione di sovraffollamento; ricevono ospitalità garantita da parenti o amici; vivono in alloggi occupati o in campi strutturati presenti nelle città (v. Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta, 2015).
La legge anagrafica dispone che nell'anagrafe della popolazione residente sono registrate, oltre le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, anche le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio, come previsto dal comma 3, art. 1, della legge 1228/1954 sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente.
La medesima legge anagrafica, modificata sul punto dalla legge 94/2009, prevede che - ai fini dell'adempimento dell'obbligo per chiunque di chiedere la iscrizione nell'anagrafe del comune di dimora abituale - la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all'ufficio di anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l'effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel comune di nascita. Inoltre, è istituito, presso il Ministero dell'interno un apposito registro nazionale delle persone che non hanno fissa dimora (legge 1228/1954 sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, articolo 2, commi 3 e 4).
In attuazione di tale ultima disposizione, il Ministro dell'interno ha adottato il decreto 6 luglio 2010 recante le modalità di funzionamento del registro delle persone senza fissa dimora.
L' articolo 3 prevede la definizione di Linee guida per i programmi di monitoraggio, prevenzione e cura delle persone senza fissa dimora. Viene disposto che (comma 1) con decreto del Ministro della salute, da adottare entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni sono indicate le linee guida per l'attuazione di appositi programmi di monitoraggio, di prevenzione e di cura delle persone senza dimora , iscritte negli elenchi delle aziende sanitarie locali ai sensi del sopra richiamato articolo 19, comma 3, della L. n. 833/1978, come modificato dall'articolo 2 sopra illustrato , con il concorso delle strutture sanitarie, degli uffici comunali e delle associazioni di volontariato e di assistenza sociale.
Infine, gli articoli 4 e 5 prevedono, rispettivamente, una relazione alle Camere e le disposizioni finanziarie di copertura degli oneri ( che risultano non quantificati ).
L'articolo 4 dispone che entro il mese di febbraio, a partire dall'anno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, il Governo deve presentare alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della legge in commento, con particolare riferimento:
a) al numero di persone senza dimora iscritte negli elenchi delle aziende sanitarie locali di ciascuna regione;
b) al numero e alla tipologia delle prestazioni erogate in favore delle persone senza dimora;
c) alle eventuali criticità emerse in fase di attuazione della presente legge.
L'articolo 5 prevede infine che agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si deve provvedere mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili , di cui al comma 200, art. 1, della L. n. 190/2014, autorizzando il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Relazioni allegate o richieste
Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, corredata, prtanto, della sola relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Come sopra ricordato la proposta di legge in esame è finalizzata a riconoscere il diritto all'assistenza sanitaria alle persone senza dimora , prive della residenza anagrafica sul territorio nazionale o all'estero.La materia trattata può pertanto ricondursi all'ambito dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i dritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma , lettera m) della Costituzione, nonché all'ambito della tutela della salute, oggetto di potestà legislativa concorrente ai sensi dell'articolo 117, comma 3 della Costituzione .
Rispetto degli altri principi costituzionali
La proposta di legge in esame, riconoscendo il diritto all'assistenza sanitaria alle persone senza dimora , è diretta a garantire (art. 1) l'effettiva tutela della salute quale diritto fondamentale dell'individuo ed interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale: essa pertanto attua il disposto dell'articolo 32 della Costituzione che tale diritto riconosce e garantisce. | 7,116 | 68 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-994 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 994
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ONORI, AMATO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO, CARAMIELLO, CARMINA, CHERCHI, FEDE, PAVANELLI, PENZA, SCERRA
Istituzione del Portale unico telematico per gli italiani all'estero
Presentata il 15 marzo 2023
Onorevoli Colleghi ! Con la presente proposta di legge si vuole istituire un Portale unico per gli italiani all'estero.
La proposta di legge in titolo si ispira al principio del buon andamento della pubblica amministrazione di cui all' articolo 97 della Costituzione , al fine di facilitare l'accesso ai servizi offerti ai cittadini residenti all'estero e ai cittadini rimpatriati.
Nel corso della XVIII Legislatura, il Movimento 5 Stelle ha presentato una analoga proposta legislativa, al fine di contribuire a migliorare l'accesso a servizi fondamentali da parte dei nostri connazionali nel mondo, andando dunque a migliorare la loro qualità della vita complessiva. Nella stessa legislatura, in Commissione affari esteri della Camera dei deputati, sul tema e sempre per iniziativa del Movimento 5 Stelle, è stata approvata all'unanimità la risoluzione in Commissione conclusiva di dibattito 8/00081 che impegnava il Governo: «ad adottare iniziative affinché la Farnesina possa istituire un portale unico nel quale inserire tutte le informazioni utili per gli italiani nel mondo e in particolare per quelli che intendano trasferire la loro residenza all'estero, per coloro che siano già residenti all'estero, nonché per i connazionali rimpatriati, e che comprenda univoche indicazioni sui servizi consolari erogati online dalla rete di ambasciate e consolati, con l'obiettivo di omogeneizzare gli standard comunicativi, coordinare i flussi informativi, armonizzare il funzionamento della rete dei terminali dello Stato all'estero e migliorare la capacità di interazione con i cittadini».
Come noto, un'importante comunità di italiani vive oltreconfine. In accordo con gli ultimi dati pubblicati sul portale dell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) sul totale di oltre 65 milioni di cittadini italiani 5.989.234 risultano essere residenti all'estero (AIRE). Parliamo di un numero di persone che più o meno equivale a quello della regione Lazio.
Tali cifre dovrebbero far riflettere non ultimo se messe a sistema con il generale andamento demografico del Paese.
Come messo in luce dal Rapporto Italiani nel Mondo 2022 della Fondazione Migrantes, mentre l'Italia ha perso in un anno lo 0,5 per cento di popolazione residente (- 1,1 per cento dal 2020), all'estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7 per cento che diventa il 5,8 per cento dal 2020. In valore assoluto si tratta di quasi 154 mila nuove iscrizioni all'estero contro gli oltre 274 mila residenti «persi» in Italia. Nel contesto, non c'è nessuna eccezione: tutte le regioni italiane perdono residenti aumentando, però, la loro presenza all'estero.
Il dato di fatto da evidenziare è, quindi, quello che la presenza italiana nel mondo cresce: continua a crescere. A fronte di questa realtà così importante sotto molteplici aspetti, non ultimo in termini di promozione della lingua e cultura italiana nel mondo, si avverte la necessità di una maggiore attenzione nei confronti delle esigenze dei cittadini italiani residenti oltreconfine.
Dunque, attraverso la presente proposta di legge si vuole istituire il Portale unico per gli italiani all'estero. Tale strumento si rivolge, in particolare, agli italiani che intendono trasferire la loro residenza all'estero e a coloro che risultano già residenti all'estero, nonché ai connazionali rimpatriati.
Uno dei principali vantaggi di tale Portale sarebbe costituito dal fatto di racchiudere in un unico contenitore virtuale tutte le informazioni di maggiore utilità per gli italiani all'estero inclusi gli aggiornamenti in tema di agevolazioni, votazioni, normativa di riferimento.
In tale prospettiva, l'articolo 1 stabilisce che il Governo, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, istituisca il Portale unico per gli italiani all'estero. Il decreto, successivamente, provvederà a individuare tutti i servizi offerti dal Portale nonché le modalità del suo funzionamento e di accesso ad esso, in modo da favorire la fruizione delle informazioni pubblicate da parte degli utenti sopra richiamati.
L'articolo 2 contiene la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento, pari a 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2023.
Alla luce di quanto esposto, si domanda la celere approvazione della presente proposta di legge.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione del Portale unico telematico per gli italiani all'estero)
1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituito il Portale unico telematico per gli italiani all'estero, di seguito denominato «Portale».
2. Il Portale è destinato agli italiani residenti all'estero, a quelli rimpatriati e a coloro che intendono trasferire la loro residenza all'estero. Il Portale contiene tutte le informazioni utili per i soggetti indicati al primo periodo, compresa la disciplina in materia di agevolazioni e di partecipazione alle elezioni, gli aggiornamenti della normativa di riferimento, nonché le informazioni concernenti i servizi consolari disponibili online .
3. Il decreto di cui al comma 1 disciplina i servizi offerti dal Portale, il suo funzionamento e le modalità di accesso ad esso, in modo da favorire la fruizione delle informazioni in esso pubblicate da parte dei soggetti indicati al comma 2.
Art. 2.
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, nel limite di 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. | Istituzione del Portale unico telematico per gli italiani all'estero
Premessa
La proposta di legge A.C. 994, assegnata alla III Commissione Affari Esteri in sede referente il 10 maggio 2023, propone l' istituzione del Portale unico telematico degli italiani all'estero allo scopo di "racchiudere in un unico contenitore virtuale tutte le informazioni di maggiore utilità per gli italiani all'estero inclusi gli aggiornamenti in tema di agevolazioni, votazioni, normativa di riferimento" (cfr. relazione illustrativa).
A tal proposito si ricorda che nella XVIII legislatura, la Commissione Affari esteri aveva approvato la risoluzione conclusiva 8/00081, che impegnava il Governo ad adottare iniziative affinché il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale istituisse il portale in questione "nel quale inserire tutte le informazioni utili per gli italiani nel mondo e in particolare per quelli che intendano trasferire la loro residenza all'estero, per coloro che siano già residenti all'estero, nonché per i connazionali rimpatriati, e che comprenda univoche indicazioni sui servizi consolari erogati online dalla rete di ambasciate e consolati, con l'obiettivo di omogeneizzare gli standard comunicativi, coordinare i flussi informativi, armonizzare il funzionamento della rete dei terminali dello Stato all'estero e migliorare la capacità di interazione con i cittadini".
La risoluzione impegnava, inoltre, il Governo "a sviluppare l'applicazione Unità di crisi" , prevedendo che le comunicazioni pubblicate sui siti istituzionali di consolati e ambasciate, legate ad una emergenza in corso, venissero pubblicate anche nelle schede Paese sul sito viaggiaresicuri.it e a consentire che l'utente del Portale potesse esercitare un'opzione opt- in , al fine di ricevere tutti gli aggiornamenti pubblicati dall'ambasciata e dal consolato del Paese in cui si trova.
Infine, la risoluzione conteneva anche l'impegno al Governo ad assumere iniziative per stanziare risorse e rimodulare il personale e le dotazioni dell'unità di crisi della Farnesina, allo scopo di potenziarne i servizi di assistenza erogati e di rafforzare la sala operativa posta a sua disposizione.
La proposta in esame riprende il contenuto di una analoga iniziativa (A.C. 2375 ) assegnata nella XVIII legislatura alla III Commissione Affari Esteri e di cui non è stato avviato l'esame.
Per un approfondimento in merito a recenti interventi a favore delle comunità italiane all'estero si rinvia al seguente tema dell'attività parlamentare.
Contenuto
L' articolo 1 stabilisce al comma 1 che il Portale unico telematico per gli italiani all'estero debba essere istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sdottato, di concerto con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell'economia e delle finanze entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge e che tale decreto, secondo il comma 3 , dovrà anche disciplinare i servizi offerti dal Portale, il suo funzionamento e la modalità di accesso ad esso, in modo da favorire la fruizione delle informazioni pubblicate.
Il comma 2 specifica che i destinatari del portale sono non solo gli italiani che già risiedono all'estero, ma anche coloro che sono rientrati in Italia e coloro i quali si accingono a trasferire la loro residenza in altri Paesi. A tal riguardo il medesimo comma dispone che l'istituendo Portale rechi tutte le informazioni utili per i richiamati utenti, compresa la disciplina in materia di agevolazioni e di partecipazione alle elezioni, gli aggiornamenti della normativa di riferimento, nonché le informazioni concernenti i servizi consolari disponibili online.
Al riguardo, si segnala che secondo il portale dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) sono 5.806.068 cittadini italiani risiedenti all'estero (anno 2022), cifra che risulta essere in continuo aumento. Infatti secondo quanto riportato nel Rapporto italiani nel mondo del 2022 della Fondazione Migrantes, citato anche nella relazione illustrativa allegata alla proposta di legge in esame, l'Italia ha perso in un anno lo 0,5 per cento di popolazione residente (- 1,1 per cento dal 2020), mentre all'estero questa percentuale è cresciuta nell'ultimo anno del 2,7 per cento, che diventa il 5,8 per cento dal 2020, con quasi 154 mila nuove iscrizioni all'estero contro gli oltre 274 mila residenti "persi" dall'Italia.
Si segnala che al momento, il sito internet del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha una sezione dedicata ai servizi per gli italiani all'estero ( pagina: https://www.esteri.it/it/servizi-consolari-e-visti/italiani-all-estero/), dove sono raccolte le informazioni relative alle attività che il Ministero stesso e la rete diplomaticoconsolare svolgono in favore delle collettività italiane nel mondo. Sono, inoltre, riportate in queste pagine le informazioni relative ai servizi consolari cui possono accedere, in particolare, gli italiani che si trovano o risiedono all'estero. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha inoltre sviluppato il portale « Fast It – Farnesina Servizi Telematici per Italiani all'estero », rivolto ai cittadini italiani residenti all'estero, che per il suo tramite possono ricevere servizi e informazioni senza doversi recare fisicamente negli uffici. Il portale è attualmente in via di attivazione graduale presso le diverse sedi della rete estera della Farnesina.
Sempre nel sito del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, è possibile accedere a Fast It – Farnesina Servizi Telematici per Italiani all'estero, che permette agli italiani residenti all'estero di accedere a una serie di servizi, come iscriversi all'AIRE, trovare il proprio consolato di competenza, reperire informazioni sugli organismi rappresentativi degli italiani all'estero e altro.
L' articolo 2 riguarda la copertura finanziaria del provvedimento, specificando al comma 1 che agli oneri derivanti dalla legge corrispondono a 100.000 euro annui a decorrere dall'anno 2023, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Infine il comma 2 dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Si ricorda inoltre che il comma 1 dell'articolo 13 della legge 24 febbraio 2023, n. 14 di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2022, n.198 ("Milleproroghe 2023"), in relazione ai servizi in rete del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale rivolti ai cittadini all'estero, ha prorogato , dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2025, il termine per il rilascio di credenziali per l'identificazione e l'accesso da parte dei connazionali ai propri servizi in rete diverse da SPID, carta d'identità elettronica o carta nazionale dei servizi , disponendo altresì la proroga, dal 31 marzo 2023 al 31 marzo 2026 , del termine ultimo per l'utilizzo di quelle già rilasciate e non ancora scadute.
Tale proroga relativa a tutti i servizi in rete del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale rivolti ai cittadini all'estero ha lo scopo di evitare una improvvisa regressione dei servizi digitali finora erogati per l'impossibilità per gli utenti di identificarsi e accedere ai servizi online, essendo, secondo la relazione governativa al provvedimento, le attuali modalità di rilascio delle credenziali SPID da parte degli "Identity Provider" abilitati poco incentivanti per chi risiede all'estero.
In particolare, il Governo segnalava che "i connazionali sono obbligati a ricorrere a forme di riconoscimento a distanza, che sono spesso a pagamento o risultano troppo complicate per un'utenza anche anziana. Inoltre, le modalità di riconoscimento da remoto online , nella quasi totalità, prevedono che il cittadino sia in possesso della carta di identità elettronica, della carta nazionale dei servizi o della firma digitale, strumenti, anch'essi, ancora poco diffusi all'estero".
È stata altresì disposta la proroga, dal 31 marzo 2023 al 31 marzo 2026, del termine ultimo per l'utilizzo delle credenziali già rilasciate e non ancora scadute per l'accesso ai servizi in rete del MAECI.
Si ricorda, in proposito, che l' articolo 24 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha previsto che tutte le Amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 28 febbraio 2021 , utilizzino esclusivamente le identità digitali e la carta di identità elettronica, ai fini dell'identificazione dei cittadini che accedano ai propri servizi in rete. A decorrere da quella stesso termine (28 febbraio 2021) è stato posto per le Amministrazioni pubbliche il divieto di rilasciare o rinnovare credenziali per l'identificazione e l'accesso dei cittadini ai propri servizi in rete, diverse da SPID, carta d'identità elettronica o carta nazionale dei servizi. Rimane fermo l'utilizzo di quelle già rilasciate fino alla loro naturale scadenza e, comunque, non oltre il 30 settembre 2021.
Italiani residenti all'estero: le mete di destinazione (%)
Fonte: Rapporto italiani nel mondo 2022
Italiani residenti all'estero: le regioni di partenza (%)
Fonte: Rapporto italiani nel mondo 2022
Le partenze degli italiani nell'ultimo anno: da dove (%)
Fonte: Rapporto italiani nel mondo 2022
Le partenze degli italiani nell'ultimo anno: verso dove (%)
Fonte: Rapporto italiani nel mondo 2022
Relazioni allegate o richieste
Trattandosi di una proposta di legge di iniziativa parlamentare alla medesima è allegata la sola relazione illustrativa del provvedimento
Rispetto delle conpetenze legistive costituzionalmente definite
In considerazione della finalità della proposta di legge, volta all'istituzione di un Portale al servizio, in particolare, delle comunità italiane all'estero, il provvedimento s'inquadra nell'ambito delle materie di cui all'art. 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. | 5,226 | 240 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1389 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1389
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2018 (v. stampato Senato n. 659)
d'iniziativa del senatore PETROCELLI
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 21 novembre 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena e intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 16 del medesimo Accordo.
Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)
1. Per le finalità dell'Accordo di cui all'articolo 1, relativamente agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 14 e 15, è autorizzata la spesa di 160.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 163.760 euro a decorrere dall'anno 2020.
2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 160.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a 163.760 euro a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dalle disposizioni dell'Accordo di cui all'articolo 1, ad esclusione degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 14 e 15 dell'Accordo medesimo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Agli eventuali oneri relativi all'articolo 17 dell'Accordo di cui all'articolo 1 si farà fronte con apposito provvedimento legislativo.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | Accordo di cooperazione culturale e istruzione con il Governo del Montenegro
Finalità
Il disegno di legge reca la ratifica dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014.
Il provvedimento ripropone, sia pure parzialmente, il testo del disegno di legge di ratifica proposto dal Governo nel corso della legislatura, presentato al Senato il 4 maggio 2017 e contenuto nell'Atto Senato 2813; tale atto era corredato di relazione tecnica, diversamente dal testo all'esame, la quale risulta pienamente utilizzabile.
Nella presente Nota sono riportati sinteticamente i contenuti delle disposizioni dell'Accordo che presentano profili di carattere finanziario e le informazioni fornite dalla relazione tecnica [vedi tabella]. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica.
Oneri Quantificati dal provvedimento
(euro)
2018
2019
A decorrere dal 2020 Art. 3 disegno di legge di ratifica
160.000
160.000
163.760
Verifica delle quantificazioni
Disposizioni dell'Accordo che presentano profili finanziari
Elementi forniti dalla relazione tecnica Articoli 1-15 : L'Accordo favorisce la collaborazione tra le parti in ambito culturale e nel campo dell'istruzione (art. 1).
Sono elencati i settori della collaborazione quali, ad esempio, quello museale, artistico ed editoriale (art. 2).
La collaborazione nel campo dell'istruzione si esplica attraverso l'insegnamento della lingua e della letteratura dei due Paesi, la cooperazione per la formazione di docenti ed altre attività (art. 3).
Si prevede che le parti incoraggino la tutela e lo studio del patrimonio culturale archeologico e paesaggistico dei due Paesi (art. 4) e sostengano la promozione culturale (art. 5), la collaborazione artistica (art. 6) ed editoriale (art. 7), la collaborazione nel settore dei media (art. 8) e si adoperino per il contrasto al traffico illecito dei beni culturali (art. 9). La collaborazione si esplicherà anche nel campo dell'informatica bibliotecaria (art. 11) e nel settore dello sport (art. 12) e dei diritti umani (art. 14).
Per garantire l'applicazione del seguente Accordo si prevede l'istituzione di una commissione mista incaricata di esaminare il progresso della cooperazione culturale e di realizzare programmi esecutivi pluriennali.
La commissione si riunirà alternativamente nelle capitali dei due Paesi (art. 15).
Il provvedimento non è corredato di relazione tecnica. Si utilizza la relazione tecnica allegata all'Atto Senato 2813 della XVII legislatura che commenta l'Accordo oggetto della presente ratifica.
La relazione tecnica afferma che dagli articoli 8 (collaborazione nel campo dei media) e 9 (contrasto al traffico illecito di beni culturali) non derivano nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato. La relazione tecnica, al cui contenuto si rinvia, quantifica oneri in relazione alle attività di collaborazione culturale, fornendo un dettagliato elenco di spese. In estrema sintesi sono quantificati oneri per 160.000 euro, così ripartiti:
collaborazione culturale 23.520 euro;
collaborazione nel settore dell'istruzione 61.280 euro;
tutela del patrimonio culturale 10.000 euro;
promozione culturale 20.000 euro;
collaborazione artistica 20.000 euro;
collaborazione nell'editoria 4.480 euro;
informatica bibliotecaria 2.720 euro;
settore giovanile e dello sport 15.000 euro;
tutela dei diritti umani 3.000 euro.
Per quanto concerne la commissione mista incaricata di esaminare il progresso della collaborazione culturale e di redigere programmi esecutivi, la relazione tecnica ipotizza che la stessa si riunirà alternativamente in Italia e in Montenegro ogni 3 anni. Nell'ipotesi di un incontro nel 2020 che comporti l'invio in missione a Podgorica di 4 dirigenti per 4 giorni, la relazione tecnica ipotizza un onere di 3.760 euro così composto:
4 biglietti aerei a/r Roma / Podgorica a 400 euro ciascuno;
3 pernottamenti per 4 persone a 100 euro per ciascun pernottamento;
60 euro a persona per ciascuno dei 4 giorni a titolo di spese per il vitto.
Articolo 3 : per la finalità dell'Accordo è autorizzata la spesa di 160.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 163.760 euro a decorrere dall'anno 2020. A tali oneri si provvede mediante riduzione del fondo speciale di parte corrente del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
La relazione tecnica non considera le norme. In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che siano confermate le indicazioni contenute nella relazione tecnica presentata nella precedente legislatura a corredo dell'anologo disegno di legge S. 2813. In proposito appare opportuna una conferma.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si evidenzia che l'articolo 3, comma 2, stabilisce che all'onere derivante dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 14 e 15 dell'Accordo, pari a 160.000 euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 163.760 euro a decorrere dal 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativo al triennio 2018-2020, che reca le necessarie disponibilità. | 2,705 | 16 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1389 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1389
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2018 (v. stampato Senato n. 659)
d'iniziativa del senatore PETROCELLI
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 21 novembre 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena e intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 16 del medesimo Accordo.
Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)
1. Per le finalità dell'Accordo di cui all'articolo 1, relativamente agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 14 e 15, è autorizzata la spesa di 160.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 163.760 euro a decorrere dall'anno 2020.
2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 160.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a 163.760 euro a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dalle disposizioni dell'Accordo di cui all'articolo 1, ad esclusione degli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 14 e 15 dell'Accordo medesimo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Agli eventuali oneri relativi all'articolo 17 dell'Accordo di cui all'articolo 1 si farà fronte con apposito provvedimento legislativo.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | Accordo di cooperazione culturale e istruzione con il Governo del Montenegro
Contenuto dell'Accordo
L'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014, è finalizzato a promuovere e favorire iniziative, scambi e collaborazioni in ambito culturale e di istruzione con il Montenegro, rimediando al vuoto legislativo venutosi a creare a seguito dei rivolgimenti geopolitici dell'area dei Balcani che hanno portato alla dissoluzione della Jugoslavia. Pertanto l'Accordo in esame viene a sostituire l'Accordo culturale tra l'Italia e la Jugoslavia concluso a Roma il 3 dicembre 1960, legge 31 dicembre 1962, n. 1865. Scopo dell'Accordo è rafforzare e armonizzare i legami culturali reciproci, rispondendo inoltre alla forte richiesta di lingua e cultura italiana in Montenegro.
La relazione illustrativa che accompagna il progetto di legge, presentato al Senato, sottolinea l'impegno dell'Italia nei confronti del Montenegro e i forti legami culturali e storici che ci uniscono. Inoltre viene sottolineato come il nostro Paese rappresenti un importante punto di riferimento nel processo di avvicinamento del Montenegro all'Unione europea.
Il testo si compone di un preambolo e di 18 articoli.
L' articolo 1 esplicita la volontà dei due Paesi di favorire la cooperazione culturale e in materia di istruzione mediante programmi ed attività comuni.
Con l' articolo 2 vengono individuati i settori di collaborazione previsti dall'Accordo.
L' articolo 3 riguarda la collaborazione nel settore dell'istruzione , sia in campo scolastico, sia in ambito universitario e post-universitario, con riferimento sia ai docenti, sia agli studenti, anche mediante attività di formazione, scambi e borse di studio. Viene inoltre prevista la collaborazione nel settore delle discipline musicali, artistiche, archeologiche e del design per sostenere progetti congiunti a sostegno della mobilità e partecipazione a progetti europei.
L' articolo 4 che riguarda il patrimonio culturale delle Parti e la promozione della sua tutela, fa riferimento esplicito alle Convenzioni UNESCO in materia, impegnandosi altresì a collaborare nell'attuazione della Convenzione UNESCO del 2005 sulla protezione e promozione delle diversità culturali.
L' articolo 5 impegna le Parti – nella misura delle proprie disponibilità – a sostenere le rispettive attività di promozione culturale.
Gli articoli 6, 7 e 8 riguardano la collaborazione reciproca nei settori artistico , editoriale , dei media e delle produzioni radiotelevisive.
L' articolo 9 impegna le Parti alla collaborazione nel contrasto al traffico illecito dei beni culturali mediante scambio di informazioni, attività di formazione tra le rispettive forze dell'ordine e azioni di prevenzione e contrasto in accordo alle rispettive legislazioni e nel rispetto della Convenzione UNESCO del 1970, concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, e tenendo conto dei principi della Convenzione UNIDROIT del 1995 sui beni culturali rubati o illecitamente esportati del 1995. Le parti si impegnano altresì alla protezione del patrimonio culturale sommerso, secondo quanto previsto dalla Convenzione UNESCO del 2001 sul Patrimonio culturale subacqueo.
L' articolo 10 impegna le Parti a rafforzare la cooperazione bilaterale nel settori del diritto d'autore e diritti connessi.
L' articolo 11 prevede la collaborazione tra le biblioteche e gli arch ivi dei due paesi, in particolare promuovendo i contatti e gli scambi in materia di informatica bibliotecaria.
L' articolo 12 è dedicato alla cooperazione nel settore giovanile e dello sport e prevede attività di cooperazione e scambio tra le organizzazioni sportive dei due paesi, nel rispetto degli obblighi previsti dalla Convenzione internazionale UNESCO del 2005 contro il doping nello sport.
L' articolo 13 incentiva la collaborazione tra i rispettivi enti locali e regionali.
L' articolo 14 individua le attività bilaterali finalizzate alla salvaguardia dei diritti umani.
L' articolo 15 prevede l'istituzione di una Commissione mista culturale e per l'istr uzione incaricata di verificare i progressi realizzati e attuare i programmi esecutivi pluriennali, secondo le disposizioni previste dall'Accordo. Tale Commissione, che si riunirà alternativamente nelle due Capitali in date da concordarsi, potrà presentare alle rispettive Autorità proposte di modifica dell'Accordo.
L' articolo 16 riguarda l' entrata in vigore dell'Accordo in esame e la contestuale abrogazione di quello precedente.
L' articolo 17 riguarda le procedure di modifica del testo dell'Accordo e la soluzione delle controversie.
L' articolo 18 , infine, stabilisce la durata illimitata dell'Accordo, salvo denuncia che avrà effetto sei mesi dopo la notifica della medesima.
Contenuto della proposta di legge di ratifica
Il progetto di legge - che consta di 5 articoli - è stato presentato dal sen. Vito Rosario Petrocelli, presidente della Commissione Affari esteri del Senato ed è stato approvato da quel ramo del Parlamento il 20 novembre scorso.
Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l' autorizzazione alla ratifica e l' ordine di esecuzione dell'Accordo.
L' articolo 3 è dedicato alla copertura finanziaria degli oneri previsti dall'attuazione dell'Accordo, quantificati, al comma 1 , in euro 160.000 per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di euro 163.760 a decorrere dall'anno 2020. Il comma 2 stabilisce che a tali oneri si provveda mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia, per il 2018, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il comma 3 autorizza il Ministero dell'economia ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
L' articolo 4 contiene una clausola di invarianza finanziaria in base alla quale (comma 1) dall'attuazione della legge di autorizzazione alla ratifica non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il comma 2 prevede che a eventuali oneri derivanti dall'applicazione dell'articolo 17 dell'Accordo si provvederà con apposito provvedimento legislativo.
Si segnala che nella precedente legislatura, venne presentato dal Governo un analogo progetto di ratifica di tale Accordo, nell'ambito di un ampio DDL relativo alla ratifica di 11 accordi internazionali (A.S. 2813). Il Provvedimento, esaminato dalla Commissione esteri del Senato il 28 giugno 2017, che non ha potuto successivamente concludere l'esame per il termine della legislatura.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento s'inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera a) (politica estera e rapporti internazionali dello Stato), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. | 3,143 | 17 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-294 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 294
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MELONI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI
Abrogazione dei commi 5 e 6 dell' articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La legge 20 maggio 1970, n. 300 , cosiddetta statuto dei lavoratori, ha previsto la facoltà per i lavoratori chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali di essere collocati in aspettativa non retribuita per la durata del loro mandato.
In attuazione di questa previsione, il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , in materia di contribuzione figurativa, all'articolo 3 ha disciplinato tale facoltà.
Tuttavia, con i commi 5 e 6 del medesimo articolo è stata introdotta anche una particolare forma di contribuzione aggiuntiva, per i soli lavoratori in aspettativa sindacale, versata dalle medesime organizzazioni sindacali per integrare il futuro trattamento pensionistico degli stessi lavoratori.
Il meccanismo dei contributi figurativi in base al quale deve essere determinato l'importo da versare a fini della contribuzione integrativa prevede che si prenda in considerazione la cosiddetta retribuzione figurativa, ossia la media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di rapporto di lavoro nell'anno solare in cui si collocano eventi da riconoscere o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo di decorrenza della pensione stessa.
Di conseguenza, la norma in esame prevede, di fatto, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, di ricevere, con costi a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), una pensione integrativa a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, il cui importo è riferito a quanto corrisposto allo stesso dirigente per la propria attività sindacale e quindi spesso molto più alto di quello che percepivano in costanza di rapporti di lavoro ordinario.
Ai sensi delle norme in esame, infatti, le pensioni integrative sono determinate e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l'aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore.
Non si può non osservare come tale normativa si ponga innanzitutto in antitesi con le generali indicazioni di riduzione delle spese che stanno improntando tutta l'attività delle amministrazioni pubbliche e che a maggior ragione dovrebbero essere seguite dall'INPS che, notoriamente, versa in gravi condizioni di bilancio.
Inoltre essa contravviene al mutato orientamento del quadro previdenziale, secondo il quale il metodo prevalente deve essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, posto che quest'ultimo determina delle gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale che gravano in modo pesantissimo sugli enti previdenziali pubblici, aumentandone il debito.
Come ricostruito anche da alcuni servizi giornalistici, in forza di tali norme – o meglio attraverso l'abuso delle stesse – sono stati compiuti dei veri e propri scempi ai danni del nostro sistema previdenziale che ha dovuto e deve a tutt'oggi corrispondere a dirigenti e di dipendenti sindacali una cospicua pensione integrativa di decine di migliaia di euro all'anno, a fronte del pagamento a volte anche di un solo mese di contributi.
Lo stesso Tiziano Treu, ex Ministro del lavoro e della previdenza sociale, autore della contestata normativa del 1996, intervistato nell'ambito dei citati servizi giornalistici, ha dichiarato che la normativa si è rivelata «troppo costosa e ingiustificata» e che ha dato luogo ad abusi.
A godere di questo particolare regime di favore di doppia contribuzione in attesa di una pensione moltiplicata per lo stesso fattore sono moltissimi sindacalisti e ciò mette a dura prova il nostro sistema pensionistico, già gravato da una situazione finanziaria talmente difficile da porre a rischio le pensioni delle giovani generazioni di lavoratori.
È del tutto inaccettabile che questo possa accadere a causa di ingiusti privilegi concessi in forza di una normativa approvata oltre venti anni fa e, pertanto, abbiamo deciso di depositare la presente proposta di legge, volta ad abrogare la contestata normativa.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. I commi 5 e 6 dell' articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , sono abrogati. | Disposizioni in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Contenuto
La proposta di legge C.294 (Meloni) - inizialmente abbinata, nella seduta del 25 settembre 2018, alle proposte di legge C. 1071 e C. 310 poi ritirate, e modificata durante l'esame presso la XI Commissione – interviene in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale.
La proposta di legge in esame si compone di un unico articolo che, al comma 1 – aggiungendo il comma 6-bis all'articolo 3 del D.Lgs. 564/1996 –; dispone che l'INPS, nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica , predisponga modalità e procedure di gestione della contribuzione aggiuntiva per i lavoratori che svolgono attività sindacale (di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo 3), volte a prevenire e contrastare eventuali abusi .
A seguito delle modifiche apportate in sede referente, si è provveduto anche a modificare il titolo della proposta di legge in esame che, nella versione originaria, prevedeva l'abrogazione dei richiamati commi 5 e 6 dell'articolo 3 del D.Lgs. 564/1996.
I lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali o nazionali possono avvalersi dell'istituto dell'aspettativa per motivi sindacali (art. 31 dello Statuto dei lavoratori). L'aspettativa può essere retribuita, nel qual caso si parla di distacco, oppure non retribuita. L'aspettativa non retribuita non comporta, per il datore di lavoro originario, il versamento dei contributi previdenziali per il lavoratore.
Nel caso di aspettativa non retribuita, vengono accreditati contributi figurativi, commisurati alla retribuzione che il sindacalista avrebbe percepito in costanza di rapporto di lavoro, comprensiva degli incrementi contrattuali e degli scatti di anzianità e non comprensiva degli emolumenti che presuppongono l'effettiva prestazione lavorativa, ad esempio i compensi per lavoro straordinario o i premi di produttività. Sul punto, si segnalano i messaggi dell'INPS n. 3688/2017 e n. 2653 dell'11 luglio 2019 con cui vengono fornite le istruzioni operative utili ai fini della istruttoria delle domande relative all'accredito della contribuzione figurativa per periodi di aspettativa non retribuita fruita per cariche pubbliche o sindacali.
Il richiamato articolo 3, commi 5 e 6, delD.Lgs. 564/1996 ha introdotto una particolare forma di contribuzione per i lavoratori in aspettativa sindacale non retribuita, ai sensi dell' articolo 31 della L. 300/1970, e per i lavoratori in distacco sindacale con diritto alla retribuzione da parte del datore di lavoro.
Più specificamente, il comma 5 prevede, dal 1° dicembre 1996, la facoltà per le organizzazioni sindacali di versare a favore dei lavoratori collocati in aspettativa una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attività sindacale e la retribuzione di riferimento per il calcolo della contribuzione figurativa di cui all' articolo 8, ottavo comma, della L. 155/1981. In base a tale disposizione, per i lavoratori in aspettativa per incarichi sindacali le retribuzioni da riconoscere ai fini del calcolo della pensione sono commisurate alla retribuzione della categoria e qualifica professionale posseduta dall'interessato al momento del collocamento in aspettativa e, di volta in volta, adeguate in relazione alla dinamica salariale e di carriera della stessa categoria e qualifica.
Tale facoltà può essere esercitata direttamente dall'organizzazione sindacale previa richiesta di autorizzazione alla sede competente INPS, mediante il versamento, entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello dell'inizio dell'aspettativa, di una somma pari all'aliquota di contribuzione del regime pensionistico di appartenenza del lavoratore applicata alla differenza tra le somme corrisposte dall'organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.
Il successivo comma 6 prevede che la suddetta facoltà per integrare, ai fini pensionistici, la retribuzione base in godimento, possa essere esercitata, negli stessi termini e con le stesse modalità, per gli emolumenti e le indennità corrisposti dall'organizzazione sindacale ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto alla retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro.
Si ricorda che i periodi di contribuzione aggiuntiva vengono riconosciuti ai fini del calcolo della quota di pensione determinata per le anzianità maturate fino al 1992, ossia la cosiddetta Quota A , determinata dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga o retribuzione (ex art. 43 L. 1092/1973), mentre la quota di pensione corrispondente all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, cosiddetta Quota B, è determinata sulla media delle retribuzioni utili percepite dal lavoratore negli ultimi 10 anni o 5 anni se, rispettivamente con più o meno di 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1992 (ex art. 3 D.Lgs. 503/1992).
La Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che il suddetto meccanismo ha dato luogo, nel tempo, ad abusi a danno del sistema previdenziale chiamato a "corrispondere a dirigenti e di dipendenti sindacali una cospicua pensione integrativa [...], a fronte del pagamento a volte anche di un solo mese di contributi".
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Le disposizioni in esame appaiono riconducibili alla materia, di esclusiva competenza legislativa statale , attinente alla previdenza sociale , di cui all'articolo 117, secondo comma, lett. o) della Costituzione. | 3,315 | 34 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 294
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MELONI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI
Abrogazione dei commi 5 e 6 dell' articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La legge 20 maggio 1970, n. 300 , cosiddetta statuto dei lavoratori, ha previsto la facoltà per i lavoratori chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali di essere collocati in aspettativa non retribuita per la durata del loro mandato.
In attuazione di questa previsione, il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , in materia di contribuzione figurativa, all'articolo 3 ha disciplinato tale facoltà.
Tuttavia, con i commi 5 e 6 del medesimo articolo è stata introdotta anche una particolare forma di contribuzione aggiuntiva, per i soli lavoratori in aspettativa sindacale, versata dalle medesime organizzazioni sindacali per integrare il futuro trattamento pensionistico degli stessi lavoratori.
Il meccanismo dei contributi figurativi in base al quale deve essere determinato l'importo da versare a fini della contribuzione integrativa prevede che si prenda in considerazione la cosiddetta retribuzione figurativa, ossia la media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di rapporto di lavoro nell'anno solare in cui si collocano eventi da riconoscere o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo di decorrenza della pensione stessa.
Di conseguenza, la norma in esame prevede, di fatto, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, di ricevere, con costi a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), una pensione integrativa a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, il cui importo è riferito a quanto corrisposto allo stesso dirigente per la propria attività sindacale e quindi spesso molto più alto di quello che percepivano in costanza di rapporti di lavoro ordinario.
Ai sensi delle norme in esame, infatti, le pensioni integrative sono determinate e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l'aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore.
Non si può non osservare come tale normativa si ponga innanzitutto in antitesi con le generali indicazioni di riduzione delle spese che stanno improntando tutta l'attività delle amministrazioni pubbliche e che a maggior ragione dovrebbero essere seguite dall'INPS che, notoriamente, versa in gravi condizioni di bilancio.
Inoltre essa contravviene al mutato orientamento del quadro previdenziale, secondo il quale il metodo prevalente deve essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, posto che quest'ultimo determina delle gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale che gravano in modo pesantissimo sugli enti previdenziali pubblici, aumentandone il debito.
Come ricostruito anche da alcuni servizi giornalistici, in forza di tali norme – o meglio attraverso l'abuso delle stesse – sono stati compiuti dei veri e propri scempi ai danni del nostro sistema previdenziale che ha dovuto e deve a tutt'oggi corrispondere a dirigenti e di dipendenti sindacali una cospicua pensione integrativa di decine di migliaia di euro all'anno, a fronte del pagamento a volte anche di un solo mese di contributi.
Lo stesso Tiziano Treu, ex Ministro del lavoro e della previdenza sociale, autore della contestata normativa del 1996, intervistato nell'ambito dei citati servizi giornalistici, ha dichiarato che la normativa si è rivelata «troppo costosa e ingiustificata» e che ha dato luogo ad abusi.
A godere di questo particolare regime di favore di doppia contribuzione in attesa di una pensione moltiplicata per lo stesso fattore sono moltissimi sindacalisti e ciò mette a dura prova il nostro sistema pensionistico, già gravato da una situazione finanziaria talmente difficile da porre a rischio le pensioni delle giovani generazioni di lavoratori.
È del tutto inaccettabile che questo possa accadere a causa di ingiusti privilegi concessi in forza di una normativa approvata oltre venti anni fa e, pertanto, abbiamo deciso di depositare la presente proposta di legge, volta ad abrogare la contestata normativa.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. I commi 5 e 6 dell' articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , sono abrogati. | Disposizioni in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Finalità
Il progetto di legge reca modifiche dell'articolo 3 del D. Lgs. 564/1996, in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale.
È oggetto della presente Nota il testo approvato nella seduta del 25 luglio 2019 dalla XI Commissione (Lavoro) in sede referente.
Il provvedimento non è corredato di relazione tecnica.
Nella presente Nota sono riportate sinteticamente le disposizioni della proposta che presentano profili di carattere finanziario. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica degli effetti finanziari.
Analisi degli effetti finanziari
Articolo 1 della proposta
Contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Le norme introducono il comma 6- bis all'articolo 3 del D. Lgs. 564/1996. La novella prevede che l'INPS, nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, predisponga modalità e procedure di gestione della contribuzione aggiuntiva - di cui ai commi 5 e 6 del medesimo articolo 3 del D. Lgs. 564/1996 - volte a prevenire e contrastare eventuali abusi.
L'articolo 3, comma 5, del D. Lgs. 564/1996 prevede che possa essere versata, facoltativamente, una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attività sindacale ai lavoratori collocati in aspettativa non retribuita (ai sensi dell'art. 31 della L. 300/1970) e la retribuzione di riferimento per il calcolo del contributo figurativo. La facoltà può essere esercitata dall'organizzazione sindacale, previa richiesta di autorizzazione al fondo o regime pensionistico di appartenenza del lavoratore. Il contributo è pari all'aliquota di finanziamento del regime pensionistico a cui il lavoratore è iscritto ed è riferito alla differenza tra le somme corrisposte dall'organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.
Il successivo articolo 3, comma 6, dispone altresì che la facoltà di cui al sopra citato comma 5, per integrare, ai fini pensionistici, la retribuzione base in godimento, possa essere esercitata negli stessi termini e con le stesse modalità ivi previste per gli emolumenti e le indennità corrisposti dall'organizzazione sindacale ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto alla retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro.
Alle disposizioni in commento, come pure a una loro successiva modificazione, non sono stati ascritti effetti finanziari.
In merito ai profili di quantificazione, si rileva che la norma, per finalità di prevenzione e contrasto di eventuali abusi, pone in capo all'INPS il compito di individuare specifiche modalità e procedure di gestione della contribuzione aggiuntiva, disponendo che l'istituto vi dia attuazione nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. In proposito, appare utile acquisire conferma che la disposizione in commento possa effettivamente essere attuata ad invarianza di risorse, come indicato dalla clausola di neutralità riportata nel testo. | 2,586 | 35 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 294
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MELONI, RAMPELLI, ACQUAROLI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, CROSETTO, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FIDANZA, FOTI, FRASSINETTI, GEMMATO, LOLLOBRIGIDA, LUCASELLI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, ZUCCONI
Abrogazione dei commi 5 e 6 dell' articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La legge 20 maggio 1970, n. 300 , cosiddetta statuto dei lavoratori, ha previsto la facoltà per i lavoratori chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive o cariche sindacali di essere collocati in aspettativa non retribuita per la durata del loro mandato.
In attuazione di questa previsione, il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , in materia di contribuzione figurativa, all'articolo 3 ha disciplinato tale facoltà.
Tuttavia, con i commi 5 e 6 del medesimo articolo è stata introdotta anche una particolare forma di contribuzione aggiuntiva, per i soli lavoratori in aspettativa sindacale, versata dalle medesime organizzazioni sindacali per integrare il futuro trattamento pensionistico degli stessi lavoratori.
Il meccanismo dei contributi figurativi in base al quale deve essere determinato l'importo da versare a fini della contribuzione integrativa prevede che si prenda in considerazione la cosiddetta retribuzione figurativa, ossia la media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di rapporto di lavoro nell'anno solare in cui si collocano eventi da riconoscere o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo di decorrenza della pensione stessa.
Di conseguenza, la norma in esame prevede, di fatto, la facoltà, per alcuni dirigenti sindacali, di ricevere, con costi a carico dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), una pensione integrativa a fronte di versamenti di un solo anno di stipendio, il cui importo è riferito a quanto corrisposto allo stesso dirigente per la propria attività sindacale e quindi spesso molto più alto di quello che percepivano in costanza di rapporti di lavoro ordinario.
Ai sensi delle norme in esame, infatti, le pensioni integrative sono determinate e attribuite con un metodo di calcolo slegato dai contributi obbligatori versati, bensì riferito ai soli stipendi, laddove l'aumento elevato di questi per poche mensilità consente di aumentare la riserva matematica corrispondente alla pensione concessa in maniera ben superiore al montante contributivo individuale corrispondente al medesimo lavoratore.
Non si può non osservare come tale normativa si ponga innanzitutto in antitesi con le generali indicazioni di riduzione delle spese che stanno improntando tutta l'attività delle amministrazioni pubbliche e che a maggior ragione dovrebbero essere seguite dall'INPS che, notoriamente, versa in gravi condizioni di bilancio.
Inoltre essa contravviene al mutato orientamento del quadro previdenziale, secondo il quale il metodo prevalente deve essere quello contributivo in luogo di quello retributivo, posto che quest'ultimo determina delle gestioni finanziarie senza copertura patrimoniale che gravano in modo pesantissimo sugli enti previdenziali pubblici, aumentandone il debito.
Come ricostruito anche da alcuni servizi giornalistici, in forza di tali norme – o meglio attraverso l'abuso delle stesse – sono stati compiuti dei veri e propri scempi ai danni del nostro sistema previdenziale che ha dovuto e deve a tutt'oggi corrispondere a dirigenti e di dipendenti sindacali una cospicua pensione integrativa di decine di migliaia di euro all'anno, a fronte del pagamento a volte anche di un solo mese di contributi.
Lo stesso Tiziano Treu, ex Ministro del lavoro e della previdenza sociale, autore della contestata normativa del 1996, intervistato nell'ambito dei citati servizi giornalistici, ha dichiarato che la normativa si è rivelata «troppo costosa e ingiustificata» e che ha dato luogo ad abusi.
A godere di questo particolare regime di favore di doppia contribuzione in attesa di una pensione moltiplicata per lo stesso fattore sono moltissimi sindacalisti e ciò mette a dura prova il nostro sistema pensionistico, già gravato da una situazione finanziaria talmente difficile da porre a rischio le pensioni delle giovani generazioni di lavoratori.
È del tutto inaccettabile che questo possa accadere a causa di ingiusti privilegi concessi in forza di una normativa approvata oltre venti anni fa e, pertanto, abbiamo deciso di depositare la presente proposta di legge, volta ad abrogare la contestata normativa.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. I commi 5 e 6 dell' articolo 3 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564 , sono abrogati. | Disposizioni in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
Contenuto
La proposta di legge C. 294 (Meloni) - inizialmente abbinata, nella seduta del 25 settembre 2018, alle proposte di legge C. 1071 e C. 310 poi ritirate, illustrata dalla relatrice nella seduta del 27 settembre 2018 e oggetto di audizioni informali – interviene in materia di contribuzione previdenziale per i lavoratori che svolgono attività sindacale
La proposta di legge in esame si compone di un unico articolo che, al comma 1, abroga i commi 5 e 6 dell'art. 3 del D.Lgs. 564/1996 che riconoscono alle organizzazioni sindacali la facoltà di versare una contribuzione aggiuntiva per i lavoratori che svolgono attività sindacale.
I lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali o nazionali possono avvalersi dell'istituto dell'aspettativa per motivi sindacali (art. 31 dello Statuto dei lavoratori). L'aspettativa può essere retribuita, nel qual caso si parla di distacco, oppure non retribuita. L'aspettativa non retribuita non comporta, per il datore di lavoro originario, il versamento dei contributi previdenziali per il lavoratore.
Nel caso di aspettativa non retribuita, vengono accreditati contributi figurativi, commisurati alla retribuzione che il sindacalista avrebbe percepito in costanza di rapporto di lavoro, comprensiva degli incrementi contrattuali e degli scatti di anzianità e non comprensiva degli emolumenti che presuppongono l'effettiva prestazione lavorativa, ad esempio i compensi per lavoro straordinario o i premi di produttività. Sul punto, si segnalano i messaggi dell'INPS n. 3688/2017 e n. 2653 dell'11 luglio 2019 con cui vengono fornite le istruzioni operative utili ai fini della istruttoria delle domande relative all'accredito della contribuzione figurativa per periodi diaspettativa non retribuita fruita per cariche pubbliche o sindacali.
Il richiamato articolo 3, commi 5 e 6, del D.Lgs. 564/1996 ha introdotto una particolare forma di contribuzione per i lavoratori in aspettativa sindacale non retribuita, ai sensi dell'articolo 31 della L. 300/1970, e per i lavoratori in distacco sindacale con diritto alla retribuzione da parte del datore di lavoro.
Più specificamente, il comma 5 prevede, dal 1° dicembre 1996, la facoltà per le organizzazioni sindacali di versare a favore dei lavoratori collocati in aspettativa una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attività sindacale e la retribuzione di riferimento per il calcolo della contribuzione figurativa di cui all'articolo 8, ottavo comma, della L. 155/1981. In base a tale disposizione, per i lavoratori in aspettativa per incarichi sindacali le retribuzioni da riconoscere ai fini del calcolo della pensione sono commisurate alla retribuzione della categoria e qualifica professionale posseduta dall'interessato al momento del collocamento in aspettativa e, di volta in volta, adeguate in relazione alla dinamica salariale e di carriera della stessa categoria e qualifica.
Tale facoltà può essere esercitata direttamente dall'organizzazione sindacale previa richiesta di autorizzazione alla sede competente INPS, mediante il versamento, entro il 30 settembre dell'anno successivo a quello dell'inizio dell'aspettativa, di una somma pari all'aliquota di contribuzione del regime pensionistico di appartenenza del lavoratore applicata alla differenza tra le somme corrisposte dall'organizzazione sindacale e la retribuzione figurativa accreditata.
Il successivo comma 6 prevede che la suddetta facoltà per integrare, ai fini pensionistici, la retribuzione base in godimento, possa essere esercitata, negli stessi termini e con le stesse modalità, per gli emolumenti e le indennità corrisposti dall'organizzazione sindacale ai lavoratori collocati in distacco sindacale con diritto alla retribuzione erogata dal proprio datore di lavoro.
Si ricorda che i periodi di contribuzione aggiuntiva vengono riconosciuti ai fini del calcolo della quota di pensione determinata per le anzianità maturate fino al 1992, ossia la cosiddetta Quota A , determinata dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga o retribuzione (ex art. 43 L. 1092/1973), mentre la quota di pensione corrispondente all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, cosiddetta Quota B, è determinata sulla media delle retribuzioni utili percepite dal lavoratore negli ultimi 10 anni o 5 anni se, rispettivamente con più o meno di 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1992 (ex art. 3 D.Lgs. 503/1992).
Relazioni allegate o richieste
Al provvedimento è allegata la Relazione illustrativa. | 3,013 | 36 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1390
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2018 (v. stampato Senato n. 676)
d'iniziativa del senatore PETROCELLI
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangkok il 17 febbraio 2003
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 21 novembre 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangkok il 17 febbraio 2003.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 12 dell'Accordo medesimo.
Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)
1. Per le finalità dell'Accordo di cui all'articolo 1, relativamente agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, è autorizzata la spesa di 220.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 249.190 euro a decorrere dall'anno 2020.
2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 220.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a 249.190 euro a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
( Clausola di invarianza finanziaria )
1. Dalle disposizioni dell'Accordo di cui all'articolo 1, ad esclusione degli articoli da 2 a 10 dell'Accordo medesimo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica con il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos
Finalità
Il disegno di legge reca la ratifica dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangok il 17 febbraio 2003.
Il provvedimento ripropone parzialmente il testo del disegno di legge di ratifica proposto dal Governo nel corso della legislatura, presentato al Senato il 4 maggio 2017 e contenuto nell'Atto Senato 2813; tale atto era corredato di relazione tecnica, diversamente dal testo all'esame, la quale risulta pienamente utilizzabile.
Nella presente Nota sono riportati sinteticamente i contenuti delle disposizioni dell'Accordo che presentano profili di carattere finanziario e le informazioni fornite dalla relazione tecnica [vedi tabella]. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica.
Oneri Quantificati dal provvedimento
(euro)
2018
2019
A decorrere dal 2020 Art. 3 disegno di legge di ratifica
220.000
220.000
249.190
Verifica delle quantificazioni
Disposizioni dell'Accordo che presentano profili finanziari
Elementi forniti dalla relazione tecnica Articoli 1-15 : L'Accordo è finalizzato a promuovere e a realizzare attività che rafforzino la cooperazione culturale e scientifica tra i due paesi (art. 1). Sono elencate una serie di attività che i due Paesi intendono incoraggiare quali le visite di artisti, lo scambio di mostre e di altri prodotti culturali (articolo 2).
Sono, altresì, elencati i settori scientifici e tecnologici che le Parti intendono incoraggiare quali la scienza di base, l'energia, le tecnologie dell'informazione ed altri (art. 3). La cooperazione scientifica verrà realizzata attraverso lo scambio di personale tecnico, l'organizzazione di convegni, l'attuazione di progetti di ricerca ed altre forme di cooperazione (art. 4).
La collaborazione tra le parti interesserà anche il campo archeologico ed antropologico (art. 5), l'istruzione secondaria (art. 6), anche attraverso l'erogazione di borse di studio (art. 7), le relazioni culturali (art. 8), lo sport e gli scambi giovanili (art. 9).
Per rendere operativo l'Accordo si prevede l'istituzione di una commissione mista incaricata di valutare lo sviluppo della cooperazione culturale, scientifica e tecnologica e di applicare Protocolli esecutivi. La commissione si riunirà alternativamente nelle capitali dei due Paesi (art. 11).
Il provvedimento non è corredato di relazione tecnica. Si utilizza la relazione tecnica allegata all'Atto Senato 2813 della XVII legislatura che commenta l'Accordo oggetto della presente ratifica.
La relazione tecnica, al cui contenuto si rinvia, quantifica oneri in relazione alle attività di collaborazione culturale e scientifica, fornendo un dettagliato elenco di spese. In estrema sintesi sono quantificati oneri per 220.000 euro, così ripartiti:
cooperazione culturale 28.420 euro;
collaborazione scientifica e tecnologica 105.000;
collaborazione in campo archeologico ed antropologico 30.840 euro;
collaborazione nel campo dell'istruzione 36.880 euro;
erogazione di borse di studio 7.380 euro;
relazioni culturali 1.480 euro;
settore giovanile e dello sport 10.000 euro.
La relazione tecnica ipotizza che per realizzare la collaborazione nel campo dell'istruzione secondaria debba anche essere sostenuta la spesa di 12.510 euro per l'invio di una delegazione di 3 persone nel terzo anno del triennio.
Per quanto concerne la commissione mista incaricata di esaminare e redigere i programmi esecutivi, la relazione tecnica ipotizza che la stessa si riunirà alternativamente in Italia e in Laos ogni 3 anni. Nell'ipotesi di un incontro nel 2020 che comporti l'invio in missione a Vientiane di 4 dirigenti per 6 giorni, la relazione tecnica ipotizza un onere di 16.680 euro così composto:
4 biglietti aerei a/r Roma / Vientiane a 3000 euro ciascuno;
5 pernottamenti per 4 persone a 150 euro per ciascun pernottamento;
70 euro a persona per ciascuno dei 6 giorni a titolo di spese per il vitto.
Articolo 3 : per la finalità dell'Accordo è autorizzata la spesa di 220.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 249.1900 euro a decorrere dall'anno 2020. A tali oneri si provvede mediante riduzione del fondo speciale di parte corrente del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
La relazione tecnica non considera le norme. In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto che siano confermate le indicazioni contenute nella relazione tecnica presentata nella precedente legislatura a corredo dell'anologo disegno di legge S. 2813. In proposito appare opportuna una conferma.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si evidenzia che l'articolo 3, comma 2, stabilisce che all'onere derivante dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 dell'Accordo, pari a 220.000 euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 249.190 euro a decorrere dal 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativo al triennio 2018-2020, che reca le necessarie disponibilità. | 2,634 | 37 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1390
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2018 (v. stampato Senato n. 676)
d'iniziativa del senatore PETROCELLI
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangkok il 17 febbraio 2003
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 21 novembre 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangkok il 17 febbraio 2003.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 12 dell'Accordo medesimo.
Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)
1. Per le finalità dell'Accordo di cui all'articolo 1, relativamente agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10, è autorizzata la spesa di 220.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e di 249.190 euro a decorrere dall'anno 2020.
2. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 220.000 euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019 e a 249.190 euro a decorrere dall'anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
( Clausola di invarianza finanziaria )
1. Dalle disposizioni dell'Accordo di cui all'articolo 1, ad esclusione degli articoli da 2 a 10 dell'Accordo medesimo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica con il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos
Contenuto dell'accordo
L' Accordo tra Italia e Laos sulla collaborazione culturale, scientifica e tecnologica, firmato a Bangkok il 17 febbraio 2003 persegue l'obiettivo di migliorare la conoscenza tra i due Parti e di promuoverne la collaborazione culturale e lo scambio di dati ed esperienze tecnico-scientifiche.
Con riferimento al contenuto, il testo si compone di un breve preambolo e 13 articoli.
L 'articolo 1 indica i settori nei quali si darà applicazione alle finalità dell'Accordo, che sono quelli delle arti, della cultura, dell'istruzione, della scienza, della tecnologia, dello sport, degli scambi giovanili e dell'informazione. In questo quadro (articolo 2) le Parti faciliteranno le visite di artisti, la partecipazione ai rispettivi festival di carattere cinematografico, gli scambi di mostre d'arte, nonché di materiale cinematografico, radiofonico e televisivo, la collaborazione tra gli archivi, musei e biblioteche dei due Paesi - con lo scambio di documenti, informazioni ed esperti -, la traduzione e pubblicazione di opere a carattere scientifico o letterario dell'altra Parte contraente.
Gli articoli 3 e 4 riguardano più specificamente la cooperazione italo- laotiana in campo scientifico e tecnologico, con particolare riguardo al settore agricolo, dell'allevamento del bestiame e dell'alimentazione e, inoltre, alle scienze di base, alle tematiche dell'energia e dell'ambiente, alle tecnologie dell'informazione e della protezione del patrimonio culturale, al settore della salute e della biomedicina. L'attuazione della cooperazione bilaterale avverrà mediante scambi di scienziati e tecnici, organizzazione di convegni e seminari, progetti di ricerca congiunta, addestramento professionale.
La cooperazione in campo archeologico è contemplata dall' articolo 5 , in base al quale si prevede la realizzazione di progetti congiunti di ricerca e scavo tra le Parti, le quali inoltre collaboreranno nelle attività di restauro, salvaguardia e valorizzazione dei rispettivi patrimoni archeologici. È previsto inoltre, in analogia alla cooperazione in campo scientifico e tecnologico, che si effettueranno visite di docenti ed esperti, convegni e seminari, attività di addestramento.
Nel settore dell'istruzione secondaria, professionale e post-secondaria le Parti promuoveranno la cooperazione fra le rispettive istituzioni dedicate, che potranno anche procedere alla stipula di accordi diretti (articolo 6). Sempre nel campo dell'istruzione le Parti faciliteranno la concessione, su base di reciprocità e nei limiti dei fondi a disposizione, di borse di studio a studenti e laureati finalizzate all'effettuazione di studi e ricerche a livello universitario e post-universitario, nonché presso accademie artistiche o scuole di archeologia o di linguistica (articolo 7).
Gli articoli 8 e 9 sono rispettivamente dedicati all'impulso che le Parti, nell'ambito delle rispettive risorse finanziarie, conferiranno all'attività di istituzioni e associazioni a carattere culturale tra Italia e Laos; e alla cooperazione nel settore dello sport e degli scambi giovanili che, parimenti, le Parti incoraggeranno.
L'articolo 10 istituisce una Commissione mista italo-laotiana incaricata di rendere operativo l'Accordo, valutando lo sviluppo della cooperazione bilaterale nei settori della cultura, della scienza e della tecnologia, applicandone i protocolli esecutivi. È prevista la riunione della Commissione mista alternativamente nella capitale italiana e in quella del Laos. Nell'ambito della Commissione mista di cui in precedenza si stabiliranno le condizioni tecniche e finanziarie relative alle attività previste dall'Accordo in esame.
L'articolo 12 prevede le clausole per l'entrata in vigore dell'Accordo, che in base al successivo articolo 13 avrà durata illimitata: tuttavia ciascuna delle Parti potrà denunciarlo in ogni momento attraverso i canali diplomatici, con effetto sei mesi dopo la notifica all'altra Parte contraente. La denuncia dell'Accordo, peraltro, non inciderà di norma sull'esecuzione dei programmi in corso.
Contenuto del progetto di legge di ratifica
Il disegno di legge A.S. 676, di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo tra Italia e Laos sulla collaborazione culturale, scientifica e tecnologica, firmato a Bangkok il 17 febbraio 2003, è stato presentato dal sen. Vito Rosario Petrocelli, Presidente della Commissione Esteri del Senato ed è stato approvato da qiel ramo del Parlamento il 20 novembre scorso.
Si ricorda che nella XVII Legislatura era stato presentato l'A.S. 2813, di iniziativa del Governo, avente ad oggetto l'autorizzazione alla ratifica di numerosi accordi bilaterali dell'Italia nei settori della cultura, della scienza e della tecnologia, tra i quali l'Accordo italo-laotiano del 17 febbraio 2003. Il disegno di legge, tuttavia, alla conclusione della Legislatura risultava ancora in corso di esame da parte della Commissione Affari Esteri di Palazzo Madama.
Il provvedimento si compone di cinque articoli.
Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dell'Accordo.
L' articolo 3 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni dell'Accordo. Il comma 1 autorizza la spesa di 220.000 euro annui per il 2018 e 2019, nonché di 249.190 euro annui a decorrere dal 2020. Il medesimo comma 1 specifica che tale autorizzazione di spesa è finalizzata all'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-10 dell'Accordo in esame. A tale proposito, poi, l'articolo 4, introdotto nel corso dell'esame al Senato, riporta una clausola di invarianza finanziaria per la quale dalle restanti disposizioni dell'Accordo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 2 dell'articolo 3 prevede che agli oneri derivanti dall'attuazione dell'Accordo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia delle finanze per il triennio 2018-2020, parzialmente utilizzando a tale scopo l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Infine l'articolo 5 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera a) , della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. | 2,872 | 38 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3200
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
ASCARI, MARTINCIGLIO, NAPPI, CATALDI, SURIANO, BALDINO, MAURIZIO CATTOI, AZZOLINA, ELISA TRIPODI, BRESCIA, BERTI, EHM, PALMISANO, PIERA AIELLO, VILLANI, EMILIOZZI, PAPIRO, DEL MONACO, MARIANI, GRIPPA, BARBUTO, ANNIBALI, CORNELI
Modifica all'articolo 18- bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 , in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio
Presentata il 7 luglio 2021
Onorevoli Colleghi! – La vicenda di Saman Abbas ha scosso tutti noi e ha aperto molti interrogativi sulla questione della tutela delle donne che sono costrette o indotte ai matrimoni forzati. La diciottenne, di origine pakistana, abitante a Novellara, è scomparsa dalla fine di aprile e gli inquirenti, che stanno indagando per omicidio e per occultamento di cadavere il padre e la madre della ragazza, sospettano che sia stata la famiglia a ucciderla e a farla scomparire. La ragazza sarebbe stata uccisa perché si era ribellata a un matrimonio combinato e perché avrebbe voluto vivere «all'occidentale».
La cultura dei matrimoni forzati fa parte di quelle tradizioni arcaiche e patriarcali che non ci appartengono e che un Paese civile non può e non deve accettare. Spesso i ragazzi stranieri che crescono nel Paese ospitante si scontrano con la cultura d'origine, innescando uno scontro generazionale che può portare anche a epiloghi tragici come quello di Saman.
L'Organizzazione delle Nazioni Unite celebra l'11 ottobre di ogni anno la Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze ( International Day of the Girl ) per accendere i riflettori sulle numerose violazioni dei diritti delle ragazze, come quella dei matrimoni forzati.
Per matrimonio precoce si intende, comunemente, un'unione formale in cui sia coinvolto un minorenne e il matrimonio è considerato forzato se il minore non è in grado di esprimere compiutamente e consapevolmente il proprio consenso, non solo per le importanti responsabilità che si assume con tale atto, ma anche per il fatto che la sua età gli impedisce il raggiungimento della piena maturità e capacità di agire. Il paragrafo 2 dell'articolo 16 della Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata a New York il 18 dicembre 1979 e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132 , stabilisce che «I fidanzamenti e i matrimoni tra fanciulli non avranno effetti giuridici e tutte le misure necessarie, comprese le disposizioni legislative, saranno prese al fine di fissare un'età minima per il matrimonio, rendendo obbligatoria l'iscrizione del matrimonio su un registro ufficiale». La maggior parte delle nazioni, a seguito della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176 , ha fissato a diciotto anni l'età minima per il consenso al matrimonio, sebbene in alcuni contesti sia prevista un'età inferiore. Il matrimonio precoce attraversa Paesi, culture, religioni ed etnie. Povertà, insicurezza e accesso limitato a un'istruzione di qualità e a valide opportunità di lavoro fanno sì che il matrimonio sia visto come una scelta vantaggiosa per le ragazze o come un modo per i genitori di mitigare le difficoltà economiche della famiglia. Quello appena descritto è il quadro globale del fenomeno che emerge dal report «La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo 2020» dell'organizzazione Terre des Hommes .
Nel 2020, per effetto delle conseguenze economiche della pandemia di COVID-19, si è registrata, dopo anni di progressi, un'inversione di tendenza del fenomeno, che sta indirizzando molte adolescenti al matrimonio forzato soprattutto nell'Asia meridionale, nell'Africa centrale e nell'America latina. Nelle stesse aree si concentra prevalentemente anche il fenomeno delle gravidanze precoci. Queste sono solo alcune delle tendenze riportate nel rapporto « The Global Girlhood Report 2020 » dell'organizzazione Save the Children , presentato in occasione del venticinquesimo anniversario della Conferenza sulle donne di Pechino del 1995.
Tale fenomeno, diffuso a livello mondiale, ha portato anche il legislatore italiano a introdurre, con la cosiddetta legge «codice rosso» ( legge 19 luglio 2019, n. 69 ), il reato di costrizione o induzione al matrimonio, proprio per contrastare il fenomeno dei matrimoni forzati e delle spose bambine. La nuova fattispecie, prevista dall'articolo 558- bis del codice penale , punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile e, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell'autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.
Data la possibile dimensione ultranazionale del fenomeno, il reato è punito anche quando è commesso all'estero da un cittadino italiano o da uno straniero residente in Italia ovvero in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia, e la pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto, con un ulteriore inasprimento se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici. La condotta incriminata consiste nel costringere «altri», senza alcun requisito di età, a sposarsi o a contrarre un'unione civile. La ratio della norma è quella di tutelare il libero consenso delle parti all'unione, evitando pressioni fisiche o psicologiche.
Prevenire e perseguire questo tipo di reato risulta particolarmente complesso, posto che, nella maggior parte dei casi, lo stesso si consuma tra le mura domestiche, spesso con la contestuale commissione di altre condotte lesive, anche reiterate, quali violenze, maltrattamenti, lesioni e segregazioni.
Le vittime sono quasi sempre ragazze giovani, nate in famiglie connotate da una forte cultura patriarcale, costrette ad abbandonare la scuola, a vedersi negato il diritto alla salute e all'infanzia, o quello di poter costruire il proprio futuro; ragazze che hanno timore di denunciare quanto loro accaduto per paura di ritorsioni, per mancanza di consapevolezza o perché lo stato di controllo in cui vivono impedisce loro di poterlo fare.
Secondo il primo « Report sulla costrizione o induzione al matrimonio in Italia», predisposto dal Ministero dell'interno e pubblicato nel mese di giugno 2021, dal 9 agosto 2019 (data di entrata in vigore del codice rosso) al 31 maggio 2021, nel nostro Paese si sono registrati ventiquattro casi di matrimoni forzati, nove dei quali nei soli primi cinque mesi di quest'anno. Lo stesso report ammette che «I dati, inevitabilmente, fotografano una situazione sottodimensionata rispetto a quella reale».
Il report , che è stato curato dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, rileva una percentuale pari all'85 per cento dei reati (verificatisi sempre tra il mese di agosto 2019 e il mese di maggio 2021) riguardanti le donne. In un terzo dei casi le vittime sono minorenni (il 9 per cento ha un'età inferiore a quattordici anni e il 27 per cento ha un'età compresa tra quattordici e diciassette anni). Ci sono poi le donne straniere, che rappresentano il 59 per cento, in maggioranza pachistane, seguite dalle donne albanesi, mentre per Romania, Nigeria, Croazia, India, Polonia e Bangladesh si registra una sola vittima. Nel 73 per cento dei casi gli autori del reato sono stati uomini, anche in questo caso più frequentemente pachistani, seguiti da albanesi, bengalesi e bosniaci. Nel 40 per cento dei casi i responsabili avevano un'età compresa tra trentacinque e quarantaquattro anni, nel 27 per cento dei casi avevano un'età compresa tra quarantacinque e cinquantaquattro anni e nel 15 per cento dei casi avevano un'età compresa tra venticinque e trentaquattro anni. Il medesimo report getta anche uno sguardo globale su questo fenomeno ricordando che, nel 2020, per effetto delle conseguenze economiche della pandemia di COVID-19, per la prima volta, dopo anni di progressi, si è registrato un peggioramento dell'incidenza dei matrimoni forzati che stanno coinvolgendo molte adolescenti, soprattutto nell'Asia meridionale, nell'Africa centrale e nell'America latina.
Il terribile caso di Saman dimostra come gli strumenti posti in essere dalla normativa vigente non siano del tutto sufficienti nella prevenzione e nel contrasto della violenza contro le donne e, in particolare, nella prevenzione e nel contrasto della violenza intra-familiare.
Nel nostro ordinamento giuridico sussiste una lacuna normativa, ossia l'assenza di riferimenti al reato di matrimonio forzato di cui all'articolo 558- bis del codice penale nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 , e, in particolare, nell'articolo 18- bis , introdotto proprio per contrastare la violenza contro le donne. Non è stato, infatti, ancora inserito tra le fattispecie che consentono il rilascio del permesso di soggiorno l'essere vittima del reato di matrimonio forzato, un fenomeno che riguarda soprattutto le giovani donne che bisogna tutelare, dando loro la possibilità di emanciparsi dalla famiglia e dalla situazione in cui vertono.
Per quanto concerne Saman, essa era stata accolta in una casa rifugio e, secondo le nuove disposizioni di legge per i casi di violenza contro le donne avrebbe avuto diritto al rilascio del permesso di soggiorno, ma questo non è stato possibile a causa della già osservata mancanza di un richiamo al reato di matrimonio forzato nel citato articolo 18- bis del testo unico. Questa lacuna normativa ha impedito, pertanto, che le venisse rilasciato un permesso di soggiorno che le avrebbe consentito di sottrarsi alla violenza ai sensi del menzionato articolo 18- bis : Saman non ha potuto avere i documenti necessari ed è stata costretta a tornare a casa per recuperarli. Non avere i documenti è un doppio colpo per queste donne: da una parte si sentono abbandonate dallo Stato in cui vivono e dall'altra hanno il timore di essere rimandate nel loro Paese, ritrovandosi così sottomesse e senza via di fuga.
La lacuna normativa in esame deve essere immediatamente colmata in quanto non si può tollerare che si ripeta un altro caso simile, ossia quello di rischiare ancora una volta la vita di una giovane donna che pur di essere libera ha scelto di esporsi al pericolo tornando a casa per recuperare i propri documenti.
Da qui la necessità di presentare questa proposta di legge, che intende colmare tale lacuna normativa attraverso l'inserimento della fattispecie del reato di matrimonio forzato di cui all'articolo 558- bis del codice penale all'interno dell'articolo 18- bis del testo unico, concernente il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di particolari reati. L'intervento comporterà inoltre che, come disposto dal comma 4- bis dello stesso articolo 18- bis , «Nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell' articolo 444 del codice di procedura penale , per uno dei delitti di cui al comma 1 del presente articolo [tra cui rientrerà il reato di matrimonio di forzato], commessi in ambito di violenza domestica, poss[a]no essere disposte la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione ai sensi dell'articolo 13 del presente testo unico». Tali disposizioni, prevedendo che chi è condannato per aver commesso il reato di matrimonio forzato possa incorrere anche nella revoca del permesso di soggiorno e nell'espulsione, potrebbero avere una funzione deterrente nei confronti della commissione del citato reato. Non abbiamo potuto salvare Saman, ma siamo ancora in tempo per porre in essere dei rimedi a tutela di altre donne che si trovano a vivere una situazione simile così difficile. Occorre intervenire con fermezza colmando tale grave vuoto normativo e dando sostegno a questa battaglia, che è una battaglia di civiltà per i diritti di tutti. Dobbiamo dimostrare di essere al fianco di tutte le donne che sono costrette o indotte ai matrimoni forzati.
La presente proposta di legge si compone di un solo articolo che modifica l'articolo 18- bis del testo unico inserendo il reato di costrizione o induzione al matrimonio di cui all'articolo 558- bis del codice penale nell'elenco delle fattispecie di reato previste dallo stesso articolo 18- bis in materia di permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al comma 1 dell'articolo 18- bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 , dopo le parole: «per taluno dei delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «558- bis ,». | Rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio
Contenuto
La proposta di legge A.C. 3200 di iniziativa parlamentare (on. Ascari) si compone di un unico articolo che include il reato di matrimonio forzato (di cui all'art. 558-bis del codice penale) nell'elenco dei reati che prevedono il rilascio alla vittima del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica , disciplinato dall'articolo 18- bis del testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998).
L' articolo 558-bis c.p. (introdotto dall'art. 7 della L. 69/2019, c.d. Codice Rosso) punisce con la reclusione da uno a cinque anni, chiunque:
con violenza o minaccia costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile;
approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell'autorità derivante dall'affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.
L'evento del reato consiste nella contrazione del matrimonio o dell'unione civile.
La disposizione penale stabilisce che il reato è punito anche quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto ed è da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.
La norma adempie anche all'obbligo, sancito dall'art. 37 della Convenzione di Istanbul (ratificata con la legge 77/2013), che richiede agli Stati firmatari di prevedere una sanzione penale per le condotte consistenti nel costringere un adulto o un minore a contrarre un matrimonio e nell'attirare un adulto o un minore nel territorio di uno Stato estero, diverso da quello in cui risiede, con lo scopo di costringerlo a contrarre un matrimonio.
L'articolo 18- bis del testo unico immigrazione , introdotto dal D.L. 93/2013 (art. 4, comma 1), prevede il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime di atti di violenza in ambito domestico. La finalità del permesso di soggiorno è consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza.
La disposizione, che ricalca il contenuto dell'articolo 18 del testo unico, relativo al soggiorno per motivi di protezione sociale – prevede il rilascio di un permesso di soggiorno allo straniero in presenza dei seguenti presupposti (comma 1).
Devono essere riscontrate violenze domestiche o abusi nei confronti di uno straniero nel corso di operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali per uno dei seguenti reati :
maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);
lesioni personali, semplici e aggravate (artt. 582 e 583 c.p.);
mutilazioni genitali femminili (art. 583- bis c.p.);
sequestro di persona (art. 605 c.p.);
violenza sessuale (art. 609- bis c.p.);
atti persecutori (art. 612- bis c.p.)
nonché per uno qualsiasi dei delitti per i quali il codice di procedura penale prevede l'arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.).
In alternativa alle operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali, le violenze domestiche o gli abusi possono anche emergere nel corso di interventi assistenziali dei centri antiviolenza, dei servizi sociali territoriali o dei servizi sociali specializzati nell'assistenza delle vittime di violenza (comma 3).
Da tali operazioni, indagini, procedimenti e interventi assistenziali deve emergere che il tentativo di sottrarsi alla violenza ovvero la collaborazione alle indagini preliminari o al procedimento penale espongono l'incolumità della persona offesa straniera ad un concreto ed attuale pericolo.
In presenza di questi presupposti si apre un procedimento che contempla la proposta o il parere favorevole dell' autorità giudiziaria procedente al questore di rilascio del permesso di soggiorno. Nel caso in cui le violenze o gli abusi emergano nel corso di indagini penali, sarà l'autorità giudiziaria a comunicare al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza dei presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno, con particolare riferimento alla gravità e attualità del pericolo per l'incolumità personale (comma 2); se, invece, la segnalazione proviene dai servizi sociali o anche dai centri antiviolenza, la sussistenza dei presupposti sarà valutata dal questore sulla base della relazione redatta dagli stessi servizi. Anche in questo caso è obbligatorio il parere dell'autorità giudiziaria competente (comma 3).
A conclusione del procedimento il questore rilascia il permesso di soggiorno se ne ricorrono i presupposti.
Il permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica reca la dicitura "casi speciali" e ha la durata di un anno. Esso consente l'accesso ai servizi assistenziali ed allo studio nonché l'iscrizione nell'elenco anagrafico previsto per i servizi alle persone in cerca di lavoro (di cui all'articolo 4 del D.P.R. n. 442 del 2000) o lo svolgimento di lavoro subordinato e autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di età. Alla scadenza può essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo ovvero in permesso di soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi (comma 1- bis , introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f) , n. 2 del D.L. 113/2018).
Il permesso è revocato in caso di condotta dello straniero incompatibile con le finalità del rilascio, ovvero quando vengono meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio (comma 4).
Si prevede la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione quale misura sanzionatoria (facoltativa) nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di patteggiamento, per uno dei delitti di cui al comma 1 (comma 4- bis )
Infine, il comma 5 precisa che le disposizioni sul permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica si applicano anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea e ai loro familiari.
L'estensione dell'applicazione della disposizione ai cittadini comunitari è presumibilmente finalizzata a consentire a costoro, qualora siano vittime di violenza domestica, la permanenza nel territorio italiano anche in assenza dei requisiti previsti dall'art. 7 del decreto legislativo 30/2007. Tale disposizione infatti consente il soggiorno dei cittadini comunitari per un periodo superiore ai tre mesi solamente se svolgono una attività lavorativa o sono in stato di disoccupazione involontaria.
Analisi di impatto di genere
Le vittime dei matrimoni forzati sono in maggioranza donne e straniere. Secondo il primo rapporto sul fenomeno dei matrimoni forzati in Italia, curato dal Ministero dell'interno, dal 9 agosto 2019, data dell'entrata in vigore della legge 69/2019 c.d. codice rosso che ha introdotto il nuovo reato, fino al 31 maggio 2021, si sono registrati 24 casi di matrimoni forzati. Le vittime di genere femminile sono la maggior parte, l'85%.
L'analisi per fasce d'età, sul numero totale delle vittime, mostra che un terzo di esse non raggiunge la maggiore età; in particolare il 9% è infraquattordicenne, il 27% invece ha tra i 14 ed i 17 anni. Tra le vittime maggiorenni, quelle fra i 18 ed i 24 anni risultano nettamente superiori (41%).
Le vittime straniere risultano prevalenti (il 59% del tototale delle vittime); le più numerose sono le pakistane, seguite da quelle albanesi; per le altre nazionalità si registra una sola vittima (Romania, Nigeria, Croazia, India, Polonia e Bangladesh).
Analizzando le segnalazioni a carico dei presunti autori noti del reato, si evince, come sia predominante il genere maschile, 73% su quello femminile, 27% (Ministero dell'interno, Servizio analisi criminale, Costrizione o induzione al matrimonio, giugno 2021).
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è corredata della sola relazione illustrativa.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
L'oggetto della proposta di legge è riconducibile alla materia "immigrazione" che l'art. 117 secondo comma, lett. b ) , Cost. attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato. | 6,741 | 47 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-680 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 680
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BALDELLI, BATTILOCCHIO, CARRARA, D'ATTIS, FERRAIOLI, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, MARROCCO, MINARDO, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PENTANGELO, PETTARIN, PITTALIS, PORCHIETTO, ROTONDI, SCOMA, SOZZANI, SQUERI, MARIA TRIPODI, ZANGRILLO
Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , concernente l'esercizio di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte dei dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone
Presentata il 1° giugno 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge origina da un emendamento (1. 01 . nuova formulazione) presentato dal gruppo parlamentare di Forza Italia, e segnatamente dal firmatario della stessa, approvato all'unanimità in sede referente presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, durante la XVII legislatura, e inserito nel nuovo testo unificato delle proposte di legge recante «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 » (atto Camera n. 423 e abbinate), non approvato definitivamente dalla Camera dei deputati. Tale emendamento e la presente proposta di legge si motivano per la necessità di stabilire un rapporto il più possibile corretto e chiaro tra amministrazioni e cittadini in relazione alle multe comminate dai dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
In particolare, la presente proposta di legge reca nuove disposizioni in materia di definizione dei compiti degli ausiliari del traffico e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico.
L'articolo 1 stabilisce in modo chiaro e inconfutabile che ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
Analogamente, al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Sul punto occorre rammentare che le funzioni dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono disciplinate dall'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n. 127 del 1997 , che ha introdotto nell'ambito del nostro ordinamento giuridico la figura professionale dell'ausiliare del traffico, con lo scopo di aiutare le pubbliche amministrazioni nell'accertamento delle violazioni al codice della strada.
Esistono, infatti, tre tipologie di riferimento di ausiliari del traffico e, segnatamente, quelli che sono dipendenti pubblici, reclutati per bando concorsuale e che fanno capo al comune, alla regione o alla polizia municipale, quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento e, infine, i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico.
La Corte di cassazione, nel 2016, con la sentenza n. 2973 ha affermato che gli ausiliari del traffico dipendenti di concessionarie della gestione di aree parcheggi o di società per il trasporto pubblico possono fare multe solo per divieto di sosta e, più dettagliatamente, per contravvenzioni riguardanti parcheggi sulle strisce blu senza ticket o su quelle gialle se non autorizzati. La confusione in merito è stata alimentata in parte da alcuni comuni e da altri enti locali, che talvolta hanno conferito agli ausiliari del traffico poteri più ampi attraverso deleghe, ma anche da sentenze contrastanti dei giudici che, fino a prima della citata sentenza della Cassazione, hanno aumentato la patina di opacità intorno alla questione. Il codice della strada è chiaro in materia: all'articolo 12 afferma che il potere degli ausiliari è limitato allo specifico servizio per cui sono stati assunti e la facoltà di delega prevista dalla legge n. 127 del 1997 , che consente ai comuni di attribuire, mediante apposite delibere nominative, un potere sanzionatorio riguardo alla circolazione stradale anche ad altri dipendenti comunali oltre ai vigili, non può oltrepassare il suddetto limite.
Pertanto gli ausiliari del traffico possono intervenire solo in caso di violazione delle regole riguardo ai parcheggi a pagamento, così come gli ispettori delle aziende di trasporto pubblico possono intervenire solo per violazioni delle corsie riservate ai mezzi pubblici. Per altri tipi di infrazioni è necessaria la presenza di un vigile, altrimenti la multa è da considerarsi nulla.
Si rileva, infine, che due tipologie di ausiliari del traffico (e segnatamente quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento, nonché i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico) cui fa riferimento la presente proposta di legge, a differenza delle altre autorità competenti legittimate a sanzionare coloro che violano le norme del codice della strada, possono fare multe per:
1) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato pagato il ticket ;
2) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato rinnovato il ticket scaduto;
3) il parcheggio in seconda fila in prossimità di uno spazio contrassegnato dalle strisce blu, quando tale comportamento impedisce ad altri automobilisti di uscire dal parcheggio o di entrarvi;
4) la circolazione sulle strisce riservate ai mezzi pubblici e contrassegnati dalle strisce gialle (cosiddette corsie preferenziali): in questo caso però la contravvenzione può essere elevata solo se l'ausiliare è un dipendente delle ditte di trasporto pubblico.
Dunque, al fine di evitare il ripetersi di abusi e di circoscrivere meglio i compiti degli ausiliari del traffico delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico, la presente proposta di legge, attraverso una modifica all'articolo 12 del codice della strada, individua in modo più chiaro le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale sia dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi sia del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
1. All'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , dopo il comma 3- bis sono inseriti i seguenti:
« 3-ter . Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
3-quater . Al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade riservate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio comunale». | Accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte degli ausiliari del traffico e del personale ispettivo delle aziende di TPL
Contenuto
Il progetto di legge, che consta di un solo articolo, introduce due nuovi commi a ll'articolo 12 CdS, che disciplina l'espletamento dei servizi di polizia stradale , individuando anche, al comma 3 i limiti entro i quali altri soggetti possono essere legittimati a svolgere servizi di polizia stradale.
Il progetto di legge in particolare stabilisce che:
Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell'articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127, funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada (nuovo comma 3-ter dell'articolo 12).
al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico , con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino (nuovo comma 3-quater dell'articolo 12).
Come ricordato nella relazione illustrativa il testo del progetto di legge riprende testualmente il contenuto di un emendamento alla proposta di legge A.C. 423 e abbinate della XVII legislatura, approvato in sede referente dalla Commissione IX. L' iter del citato progetto di legge non si è concluso.
I presupposti normativi
Le funzioni di prevenzione e accertamento di violazioni in materia di sosta dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e quelle del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono previste dall'articolo 17, commi 132 e 133, della legge n.127 del 1997.
Ai sensi del comma 132 dell'articolo 17 i comuni possono, con provvedimento del sindaco , conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta:
a dipendenti comunali;
a dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione;
Ai sensi del comma 133 le funzioni di cui al comma 132 sono conferite anche al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. A tale personale sono inoltre conferite, con le stesse modalità di cui al primo periodo del comma 132 (quindi con provvedimento del sindaco) , le funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico.
L'articolo 68, comma 1 della legge n. 488; del 1999 ha successivamente chiarito che le sopra ricordate disposizioni "si interpretano nel senso che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni, ivi previste, comprende, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 12, comma 1, lett. e), e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c. " e che queste funzioni, "con gli effetti di cui all'art. 2700 c.c., sono svolte solo da personale nominativamente designato dal sindaco previo accertamento dell'assenza di precedenti o pendenze penali, nell'ambito delle categorie indicate dalla citata L. n. 127 del 1997, art. 17, commi 132 e 133" disponendo, altresì, che a detto personale "può essere conferita anche la competenza a disporre la rimozione dei veicoli, nei casi previsti, rispettivamente, dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 158, lett. b) e c), e comma 2, lett. d).
Gli obiettivi della proposta di legge e la giurisprudenza sulla materia
L'obiettivo del progetto di legge è, secondo la relazione illustrativa, quello di individuare in maniera più chiara le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi , e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone alla luce di una lunga serie di pronunciamenti giurisprudenziali, anche a livello di Corte di cassazione, che, nel corso del tempo, hanno espresso orientamenti contraddittori.
La disposizione interviene per adeguare la disciplina vigente all'orientamento espresso dalla sentenza della Corte di cassazione n. 2973 del 2016 che aveva ad oggetto la definizione dei limiti ai poteri di accertamento del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. Nella pronuncia la Corte ha ritenuto che al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie dedicate al trasporto pubblico , con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Con riferimento ai limiti dei poteri di accertamento da parte del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone l a sentenza 2973 richiama gli orientamenti della precedente sentenza n. 551 del 2009 che, partendo dal presupposto dell' eccezionalità del conferimento a soggetti privati, estranei alla pubblica amministrazione, dei poteri di accertamento , riconosceva "per quanto concerne i soggetti di cui al comma 133 (ossia il personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone ndr ), le funzioni di prevenzione e accertamento devono intendersi limitate alla "sosta nelle aree oggetto di concessione", ove ne siano state concesse alle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, ed "inoltre" alle ipotesi di "circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico" attribuite al personale ispettivo delle dette aziende".
La sentenza n. 2973 aderisce a quanto indicato dalla sentenza n. 551 in ragione quindi di un'interpretazione restrittiva del disposto del comma 133 precisando che il comma medesimo "nel prevedere la possibilità di conferimento delle funzioni di cui al precedente comma 132 (accertamento delle violazioni in materia di sosta, limitatamente alle aree oggetto di concessione), chiarisce che le funzioni di prevenzione e di accertamento attengono alla materia della circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico, limitando quindi le aree del territorio comunale relativamente alle quali il personale ispettivo è titolare di poteri in esame, non trovando pertanto riscontro nella stessa lettera della legge, la diversa conclusione secondo cui i poteri de quibus sarebbero estesi all'intero territorio comunale (né potendosi opinare diversamente in ragione del tenore di circolari del Ministero dell'Interno, le quali non possono derogare a quanto previsto dalla norma di legge primaria)".
La sentenza n. 2973 fornisce peraltro un'ampia rassegna di pronunciamenti giurisprudenziali precedenti, anche a livello di Corte di Cassazione, che manifestano anche un orientamento diverso rispetto a quello accolto dalla pronuncia del 2016. In particolare la sentenza n. 22676 del 2009 e l'ordinanza n. 18982 del 2015 avevano ritenuto che il potere di accertamento del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone si potesse legittimamente estendere all'intero territorio comunale alla stessa stregua del potere conferito, con ordinanza sindacale, ai dipendenti comunali.
Oltre a tale obiettivo la proposta di legge precisa i limiti entro i quali i dipendenti delle società di gestione dei parcheggi possono effettuare gli accertamenti delle infrazioni relative alla sosta , anche in tal caso riprendendo un orientamento giurisprudenziale (maturato sin dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 5261 del 2009 e successivamente più volte confermato) secondo il quale i dipendenti delle società di gestione dei parcheggi hanno potere di accertamento limitatamente alle aree oggetto di concessione e agli spazi necessari alle manovre dei veicoli ivi parcheggiati. In particolare la Corte aveva riconosciuto che le infrazioni sanzionabili riguardavano "le sole aree adibite al parcheggio a pagamento, seppure commesse nell'area oggetto di concessione, ma solo limitatamente agli spazi distinti con strisce blu" (citaz. sentenza 2973 del 2016).
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è accompagnata dalla necessaria relazione illustrativa.
Collegamento con lavori legislativi in corso
Non risultano altri atti normativi sul medesimo oggetto.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge, pur modificando l'articolo 12 del Codice della Strada, precisa i limiti entro i quali possono essere conferiti dal sindaco poteri di accertamento e sanzione ai cosiddetti ausiliari della sosta ed agli ausiliari del traffico, ai sensi dell'articolo 17, commi 132 e 133, della legge n.127 del 1997. Pertanto la materia va primariamente inquadrata nell'ambito dell'articolo 117, comma primo, lettera g), ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali su cui lo Stato ha legislazione esclusiva. In considerazione della modifica introdotta all'articolo 12 del codice della strada (Espletamento dei servizi di polizia stradale) la materia può essere altresì ricondotta all'articolo 117, comma primo, lettera g), della Costituzione, ordine pubblico e sicurezza, alla quale sono riferite, secondo costante giurisprudenza costituzionale le disposizioni di modifica del Codice della strada in tema di sicurezza stradale (sentenze n. 428/2004 e n. 9/2009). | 5,513 | 49 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 680
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BALDELLI, BATTILOCCHIO, CARRARA, D'ATTIS, FERRAIOLI, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, MARROCCO, MINARDO, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PENTANGELO, PETTARIN, PITTALIS, PORCHIETTO, ROTONDI, SCOMA, SOZZANI, SQUERI, MARIA TRIPODI, ZANGRILLO
Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , concernente l'esercizio di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte dei dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone
Presentata il 1° giugno 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge origina da un emendamento (1. 01 . nuova formulazione) presentato dal gruppo parlamentare di Forza Italia, e segnatamente dal firmatario della stessa, approvato all'unanimità in sede referente presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, durante la XVII legislatura, e inserito nel nuovo testo unificato delle proposte di legge recante «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 » (atto Camera n. 423 e abbinate), non approvato definitivamente dalla Camera dei deputati. Tale emendamento e la presente proposta di legge si motivano per la necessità di stabilire un rapporto il più possibile corretto e chiaro tra amministrazioni e cittadini in relazione alle multe comminate dai dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
In particolare, la presente proposta di legge reca nuove disposizioni in materia di definizione dei compiti degli ausiliari del traffico e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico.
L'articolo 1 stabilisce in modo chiaro e inconfutabile che ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
Analogamente, al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Sul punto occorre rammentare che le funzioni dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono disciplinate dall'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n. 127 del 1997 , che ha introdotto nell'ambito del nostro ordinamento giuridico la figura professionale dell'ausiliare del traffico, con lo scopo di aiutare le pubbliche amministrazioni nell'accertamento delle violazioni al codice della strada.
Esistono, infatti, tre tipologie di riferimento di ausiliari del traffico e, segnatamente, quelli che sono dipendenti pubblici, reclutati per bando concorsuale e che fanno capo al comune, alla regione o alla polizia municipale, quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento e, infine, i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico.
La Corte di cassazione, nel 2016, con la sentenza n. 2973 ha affermato che gli ausiliari del traffico dipendenti di concessionarie della gestione di aree parcheggi o di società per il trasporto pubblico possono fare multe solo per divieto di sosta e, più dettagliatamente, per contravvenzioni riguardanti parcheggi sulle strisce blu senza ticket o su quelle gialle se non autorizzati. La confusione in merito è stata alimentata in parte da alcuni comuni e da altri enti locali, che talvolta hanno conferito agli ausiliari del traffico poteri più ampi attraverso deleghe, ma anche da sentenze contrastanti dei giudici che, fino a prima della citata sentenza della Cassazione, hanno aumentato la patina di opacità intorno alla questione. Il codice della strada è chiaro in materia: all'articolo 12 afferma che il potere degli ausiliari è limitato allo specifico servizio per cui sono stati assunti e la facoltà di delega prevista dalla legge n. 127 del 1997 , che consente ai comuni di attribuire, mediante apposite delibere nominative, un potere sanzionatorio riguardo alla circolazione stradale anche ad altri dipendenti comunali oltre ai vigili, non può oltrepassare il suddetto limite.
Pertanto gli ausiliari del traffico possono intervenire solo in caso di violazione delle regole riguardo ai parcheggi a pagamento, così come gli ispettori delle aziende di trasporto pubblico possono intervenire solo per violazioni delle corsie riservate ai mezzi pubblici. Per altri tipi di infrazioni è necessaria la presenza di un vigile, altrimenti la multa è da considerarsi nulla.
Si rileva, infine, che due tipologie di ausiliari del traffico (e segnatamente quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento, nonché i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico) cui fa riferimento la presente proposta di legge, a differenza delle altre autorità competenti legittimate a sanzionare coloro che violano le norme del codice della strada, possono fare multe per:
1) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato pagato il ticket ;
2) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato rinnovato il ticket scaduto;
3) il parcheggio in seconda fila in prossimità di uno spazio contrassegnato dalle strisce blu, quando tale comportamento impedisce ad altri automobilisti di uscire dal parcheggio o di entrarvi;
4) la circolazione sulle strisce riservate ai mezzi pubblici e contrassegnati dalle strisce gialle (cosiddette corsie preferenziali): in questo caso però la contravvenzione può essere elevata solo se l'ausiliare è un dipendente delle ditte di trasporto pubblico.
Dunque, al fine di evitare il ripetersi di abusi e di circoscrivere meglio i compiti degli ausiliari del traffico delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico, la presente proposta di legge, attraverso una modifica all'articolo 12 del codice della strada, individua in modo più chiaro le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale sia dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi sia del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
1. All'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , dopo il comma 3- bis sono inseriti i seguenti:
« 3-ter . Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
3-quater . Al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade riservate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio comunale». | Accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte degli ausiliari del traffico e del personale ispettivo delle aziende di TPL
Contenuto
Il progetto di legge, che consta di un solo articolo, introduce due nuovi commi a ll'articolo 12 CdS, che disciplina l'espletamento dei servizi di polizia stradale , individuando anche, al comma 3 i limiti entro i quali altri soggetti possono essere legittimati a svolgere servizi di polizia stradale.
Il progetto di legge in particolare stabilisce che:
Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell'articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127, funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada (nuovo comma 3-ter dell'articolo 12).
al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico , con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino (nuovo comma 3-quater dell'articolo 12).
Come ricordato nella relazione illustrativa il testo del progetto di legge riprende testualmente il contenuto di un emendamento alla proposta di legge A.C. 423 e abbinate della XVII legislatura, approvato in sede referente dalla Commissione IX. L' iter del citato progetto di legge non si è concluso.
I presupposti normativi
Le funzioni di prevenzione e accertamento di violazioni in materia di sosta dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e quelle del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono previste dall'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n.127 del 1997.
Ai sensi del comma 132 dell'articolo 17 i comuni possono, con provvedimento del sindaco , conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta:
a dipendenti comunali;
a dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione;
Ai sensi del comma 133 le funzioni di cui al comma 132 sono conferite anche al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. A tale personale sono inoltre conferite, con le stesse modalità di cui al primo periodo del comma 132 (quindi con provvedimento del sindaco) , le funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico.
L'articolo 68, comma 1 della legge n. 488; del 1999 ha successivamente chiarito che le sopra ricordate disposizioni "si interpretano nel senso che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni, ivi previste, comprende, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 12, comma 1, lett. e), e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c. " e che queste funzioni, "con gli effetti di cui all'art. 2700 c.c., sono svolte solo da personale nominativamente designato dal sindaco previo accertamento dell'assenza di precedenti o pendenze penali, nell'ambito delle categorie indicate dalla citata L. n. 127 del 1997, art. 17, commi 132 e 133" disponendo, altresì, che a detto personale "può essere conferita anche la competenza a disporre la rimozione dei veicoli, nei casi previsti, rispettivamente, dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 158, lett. b) e c), e comma 2, lett. d).
Gli obiettivi della proposta di legge e la giurisprudenza sulla materia
L'obiettivo del progetto di legge è, secondo la relazione illustrativa, quello di individuare in maniera più chiara le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi , e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone alla luce di una lunga serie di pronunciamenti giurisprudenziali, anche a livello di Corte di cassazione, che, nel corso del tempo, hanno espresso orientamenti contraddittori.
La disposizione interviene per adeguare la disciplina vigente all'orientamento espresso dalla sentenza della Corte di cassazione n. 2973 del 2016 che aveva ad oggetto la definizione dei limiti ai poteri di accertamento del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. Nella pronuncia la Corte ha ritenuto che al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie dedicate al trasporto pubblico , con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Con riferimento ai limiti dei poteri di accertamento da parte del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone l a sentenza 2973 richiama gli orientamenti della precedente sentenza n. 551 del 2009 che, partendo dal presupposto dell' eccezionalità del conferimento a soggetti privati, estranei alla pubblica amministrazione, dei poteri di accertamento , riconosceva "per quanto concerne i soggetti di cui al comma 133 (ossia il personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone ndr ), le funzioni di prevenzione e accertamento devono intendersi limitate alla "sosta nelle aree oggetto di concessione", ove ne siano state concesse alle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, ed "inoltre" alle ipotesi di "circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico" attribuite al personale ispettivo delle dette aziende".
La sentenza n. 2973 aderisce a quanto indicato dalla sentenza n. 551 in ragione quindi di un'interpretazione restrittiva del disposto del comma 133 precisando che il comma medesimo "nel prevedere la possibilità di conferimento delle funzioni di cui al precedente comma 132 (accertamento delle violazioni in materia di sosta, limitatamente alle aree oggetto di concessione), chiarisce che le funzioni di prevenzione e di accertamento attengono alla materia della circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico, limitando quindi le aree del territorio comunale relativamente alle quali il personale ispettivo è titolare di poteri in esame, non trovando pertanto riscontro nella stessa lettera della legge, la diversa conclusione secondo cui i poteri de quibus sarebbero estesi all'intero territorio comunale (né potendosi opinare diversamente in ragione del tenore di circolari del Ministero dell'Interno, le quali non possono derogare a quanto previsto dalla norma di legge primaria)".
La sentenza n. 2973 fornisce peraltro un'ampia rassegna di pronunciamenti giurisprudenziali precedenti, anche a livello di Corte di Cassazione, che manifestano anche un orientamento diverso rispetto a quello accolto dalla pronuncia del 2016. In particolare la sentenza n. 22676 del 2009 e l'ordinanza n. 18982 del 2015 avevano ritenuto che il potere di accertamento del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone si potesse legittimamente estendere all'intero territorio comunale alla stessa stregua del potere conferito, con ordinanza sindacale, ai dipendenti comunali.
Oltre a tale obiettivo la proposta di legge precisa i limiti entro i quali i dipendenti delle società di gestione dei parcheggi possono effettuare gli accertamenti delle infrazioni relative alla sosta , anche in tal caso riprendendo un orientamento giurisprudenziale (maturato sin dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 5261 del 2009 e successivamente più volte confermato) secondo il quale i dipendenti delle società di gestione dei parcheggi hanno potere di accertamento limitatamente alle aree oggetto di concessione e agli spazi necessari alle manovre dei veicoli ivi parcheggiati. In particolare la Corte aveva riconosciuto che le infrazioni sanzionabili riguardavano "le sole aree adibite al parcheggio a pagamento, seppure commesse nell'area oggetto di concessione, ma solo limitatamente agli spazi distinti con strisce blu" (citaz. sentenza 2973 del 2016).
Relazioni allegate o richieste
Il progetto di legge di iniziativa parlamentare è accompagnato dalla necessaria relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
Il progetto di legge introduce una nuova disposizione nel Codice della strada volta a consolidare, attraverso la legislazione, orientamenti giurisprudenziali maturati in merito ai limiti alla legittimazione degli ausiliari del traffico e dei dipendenti delle società di trasporto pubblico ad elevare contravvenzioni per violazioni relative alla sosta di veicoli, sulla base di quanto previsto dall'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n. 127 del 1997.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il progetto di legge in esame reca disposizioni in tema di sicurezza stradale , riconducibile, sulla base della giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 428/2004 e n. 9/2009), alla competenza esclusiva dello Stato in materia di ordine pubblico e sicurezza ( art. 117, secondo comma, lettera h), Cost.).
Incidenza sull'ordinamento giuridico
Il progetto di legge, che consta di un solo articolo, introduce due nuovi commi all'articolo 12 del Codice della Strada, che disciplina l'espletamento dei servizi di polizia stradale, individuando anche, al comma 3, i limiti entro i quali altri soggetti possono essere legittimati a svolgere servizi di polizia stradale. In particolare la disposizione precisa i limiti dei poteri di prevenzione ed accertamento dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
Tali poteri possono essere conferiti a questi soggetti (oltre che ai dipendenti comunali) ai sensi dell'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n. 127 del 2017 che indica anche l'ambito applicativo delle citate disposizioni. | 5,670 | 50 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 680
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BALDELLI, BATTILOCCHIO, CARRARA, D'ATTIS, FERRAIOLI, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, MARROCCO, MINARDO, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PENTANGELO, PETTARIN, PITTALIS, PORCHIETTO, ROTONDI, SCOMA, SOZZANI, SQUERI, MARIA TRIPODI, ZANGRILLO
Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , concernente l'esercizio di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte dei dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone
Presentata il 1° giugno 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge origina da un emendamento (1. 01 . nuova formulazione) presentato dal gruppo parlamentare di Forza Italia, e segnatamente dal firmatario della stessa, approvato all'unanimità in sede referente presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, durante la XVII legislatura, e inserito nel nuovo testo unificato delle proposte di legge recante «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 » (atto Camera n. 423 e abbinate), non approvato definitivamente dalla Camera dei deputati. Tale emendamento e la presente proposta di legge si motivano per la necessità di stabilire un rapporto il più possibile corretto e chiaro tra amministrazioni e cittadini in relazione alle multe comminate dai dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
In particolare, la presente proposta di legge reca nuove disposizioni in materia di definizione dei compiti degli ausiliari del traffico e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico.
L'articolo 1 stabilisce in modo chiaro e inconfutabile che ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
Analogamente, al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Sul punto occorre rammentare che le funzioni dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono disciplinate dall'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n. 127 del 1997 , che ha introdotto nell'ambito del nostro ordinamento giuridico la figura professionale dell'ausiliare del traffico, con lo scopo di aiutare le pubbliche amministrazioni nell'accertamento delle violazioni al codice della strada.
Esistono, infatti, tre tipologie di riferimento di ausiliari del traffico e, segnatamente, quelli che sono dipendenti pubblici, reclutati per bando concorsuale e che fanno capo al comune, alla regione o alla polizia municipale, quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento e, infine, i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico.
La Corte di cassazione, nel 2016, con la sentenza n. 2973 ha affermato che gli ausiliari del traffico dipendenti di concessionarie della gestione di aree parcheggi o di società per il trasporto pubblico possono fare multe solo per divieto di sosta e, più dettagliatamente, per contravvenzioni riguardanti parcheggi sulle strisce blu senza ticket o su quelle gialle se non autorizzati. La confusione in merito è stata alimentata in parte da alcuni comuni e da altri enti locali, che talvolta hanno conferito agli ausiliari del traffico poteri più ampi attraverso deleghe, ma anche da sentenze contrastanti dei giudici che, fino a prima della citata sentenza della Cassazione, hanno aumentato la patina di opacità intorno alla questione. Il codice della strada è chiaro in materia: all'articolo 12 afferma che il potere degli ausiliari è limitato allo specifico servizio per cui sono stati assunti e la facoltà di delega prevista dalla legge n. 127 del 1997 , che consente ai comuni di attribuire, mediante apposite delibere nominative, un potere sanzionatorio riguardo alla circolazione stradale anche ad altri dipendenti comunali oltre ai vigili, non può oltrepassare il suddetto limite.
Pertanto gli ausiliari del traffico possono intervenire solo in caso di violazione delle regole riguardo ai parcheggi a pagamento, così come gli ispettori delle aziende di trasporto pubblico possono intervenire solo per violazioni delle corsie riservate ai mezzi pubblici. Per altri tipi di infrazioni è necessaria la presenza di un vigile, altrimenti la multa è da considerarsi nulla.
Si rileva, infine, che due tipologie di ausiliari del traffico (e segnatamente quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento, nonché i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico) cui fa riferimento la presente proposta di legge, a differenza delle altre autorità competenti legittimate a sanzionare coloro che violano le norme del codice della strada, possono fare multe per:
1) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato pagato il ticket ;
2) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato rinnovato il ticket scaduto;
3) il parcheggio in seconda fila in prossimità di uno spazio contrassegnato dalle strisce blu, quando tale comportamento impedisce ad altri automobilisti di uscire dal parcheggio o di entrarvi;
4) la circolazione sulle strisce riservate ai mezzi pubblici e contrassegnati dalle strisce gialle (cosiddette corsie preferenziali): in questo caso però la contravvenzione può essere elevata solo se l'ausiliare è un dipendente delle ditte di trasporto pubblico.
Dunque, al fine di evitare il ripetersi di abusi e di circoscrivere meglio i compiti degli ausiliari del traffico delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico, la presente proposta di legge, attraverso una modifica all'articolo 12 del codice della strada, individua in modo più chiaro le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale sia dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi sia del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
1. All'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , dopo il comma 3- bis sono inseriti i seguenti:
« 3-ter . Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
3-quater . Al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade riservate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio comunale». | Accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta da parte degli ausiliari della sosta e del personale ispettivo delle aziende di TPL
Contenuto
Il progetto di legge, che consta di un solo articolo, introduce due nuovi commi a ll'articolo 12 CdS, che disciplina l'espletamento dei servizi di polizia stradale , individuando anche, al comma 3, i limiti entro i quali altri soggetti possono essere legittimati a svolgere servizi di polizia stradale.
Il progetto di legge in particolare stabilisce che:
Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell'articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127, funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada (nuovo comma 3-ter dell'articolo 12).
al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico , con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino (nuovo comma 3-quater dell'articolo 12).
Come ricordato nella relazione illustrativa il testo del progetto di legge riprende testualmente il contenuto di un emendamento alla proposta di legge A.C. 423 e abbinate della XVII legislatura, approvato in sede referente dalla Commissione IX. L' iter del citato progetto di legge non si è concluso.
I presupposti normativi
Le funzioni di prevenzione e accertamento di violazioni in materia di sosta dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e quelle del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono previste dall'articolo 17, commi 132 e 133, della legge n.127 del 1997.
Ai sensi del comma 132 dell'articolo 17 i comuni possono, con provvedimento del sindaco , conferire funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta:
a dipendenti comunali;
a dipendenti delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione;
Ai sensi del comma 133 le funzioni di cui al comma 132 sono conferite anche al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. A tale personale sono inoltre conferite, con le stesse modalità di cui al primo periodo del comma 132 (quindi con provvedimento del sindaco) , le funzioni di prevenzione e accertamento in materia di circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico.
L'articolo 68, comma 1 della legge n. 488; del 1999 ha successivamente chiarito che le sopra ricordate disposizioni "si interpretano nel senso che il conferimento delle funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni, ivi previste, comprende, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 12, comma 1, lett. e), e successive modificazioni, i poteri di contestazione immediata nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento con l'efficacia di cui agli artt. 2699 e 2700 c.c. " e che queste funzioni, "con gli effetti di cui all'art. 2700 c.c., sono svolte solo da personale nominativamente designato dal sindaco previo accertamento dell'assenza di precedenti o pendenze penali, nell'ambito delle categorie indicate dalla citata L. n. 127 del 1997, art. 17, commi 132 e 133" disponendo, altresì, che a detto personale "può essere conferita anche la competenza a disporre la rimozione dei veicoli, nei casi previsti, rispettivamente, dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 158, lett. b) e c), e comma 2, lett. d).
Gli obiettivi della proposta di legge e la giurisprudenza sulla materia
L'obiettivo del progetto di legge è, secondo la relazione illustrativa, quello di individuare in maniera più chiara le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi , e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone alla luce di una lunga serie di pronunciamenti giurisprudenziali, anche a livello di Corte di cassazione, che, nel corso del tempo, hanno espresso orientamenti contraddittori.
La disposizione interviene per adeguare la disciplina vigente all'orientamento espresso dalla sentenza della Corte di cassazione n. 2973 del 2016 che aveva ad oggetto la definizione dei limiti ai poteri di accertamento del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone. Nella pronuncia la Corte ha ritenuto che al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie dedicate al trasporto pubblico , con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Con riferimento ai limiti dei poteri di accertamento da parte del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone l a sentenza 2973 richiama gli orientamenti della precedente sentenza n. 551 del 2009 che, partendo dal presupposto dell' eccezionalità del conferimento a soggetti privati, estranei alla pubblica amministrazione, dei poteri di accertamento , riconosceva "per quanto concerne i soggetti di cui al comma 133 (ossia il personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone ndr ), le funzioni di prevenzione e accertamento devono intendersi limitate alla "sosta nelle aree oggetto di concessione", ove ne siano state concesse alle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone, ed "inoltre" alle ipotesi di "circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico" attribuite al personale ispettivo delle dette aziende".
La sentenza n. 2973 aderisce a quanto indicato dalla sentenza n. 551 in ragione quindi di un'interpretazione restrittiva del disposto del comma 133 precisando che il comma medesimo "nel prevedere la possibilità di conferimento delle funzioni di cui al precedente comma 132 (accertamento delle violazioni in materia di sosta, limitatamente alle aree oggetto di concessione), chiarisce che le funzioni di prevenzione e di accertamento attengono alla materia della circolazione e sosta sulle corsie riservate al trasporto pubblico, limitando quindi le aree del territorio comunale relativamente alle quali il personale ispettivo è titolare di poteri in esame, non trovando pertanto riscontro nella stessa lettera della legge, la diversa conclusione secondo cui i poteri de quibus sarebbero estesi all'intero territorio comunale (né potendosi opinare diversamente in ragione del tenore di circolari del Ministero dell'Interno, le quali non possono derogare a quanto previsto dalla norma di legge primaria)".
La sentenza n. 2973 fornisce peraltro un'ampia rassegna di pronunciamenti giurisprudenziali precedenti, anche a livello di Corte di Cassazione, che manifestano anche un orientamento diverso rispetto a quello accolto dalla pronuncia del 2016. In particolare la sentenza n. 22676 del 2009 e l'ordinanza n. 18982 del 2015 avevano ritenuto che il potere di accertamento del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone si potesse legittimamente estendere all'intero territorio comunale alla stessa stregua del potere conferito, con ordinanza sindacale, ai dipendenti comunali.
Oltre a tale obiettivo la proposta di legge precisa i limiti entro i quali i dipendenti delle società di gestione dei parcheggi possono effettuare gli accertamenti delle infrazioni relative alla sosta , anche in tal caso riprendendo un orientamento giurisprudenziale (maturato sin dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 5261 del 2009 e successivamente più volte confermato) secondo il quale i dipendenti delle società di gestione dei parcheggi hanno potere di accertamento limitatamente alle aree oggetto di concessione e agli spazi necessari alle manovre dei veicoli ivi parcheggiati. In particolare la Corte aveva riconosciuto che le infrazioni sanzionabili riguardavano "le sole aree adibite al parcheggio a pagamento, seppure commesse nell'area oggetto di concessione, ma solo limitatamente agli spazi distinti con strisce blu" (citaz. sentenza 2973 del 2016).
Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente
La discussione in Commissione della proposta di legge è stata avviata il 25 luglio 2018.
Nelle sedute del 7 e dell'8 novembre 2018 si è svolto un ciclo di audizioni che ha visto intervenire rappresentanti del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) e di Globoconsumatori Onlus, rappresentanti dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), rappresentanti di Asstra - Associazione Trasporti e di Aipark - Associazione italiana operatori sosta e mobilità.
Nella seduta del 13 novembre sono stati esaminati gli emendamenti presentati mentre nella seduta del 14 novembre, preso atto dei pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, è stato conferito il mandato al relatore a riferire favorevolmente.
I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva
Le Commissioni chiamate a pronunciarsi sulla proposta di legge, in sede consultiva, sono la I, la II, la V e l'XI Commissione. Le Commissioni I, II e XI hanno espresso parere favorevole. La V Commissione non si è pronunciata. | 5,427 | 51 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 680
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BALDELLI, BATTILOCCHIO, CARRARA, D'ATTIS, FERRAIOLI, FITZGERALD NISSOLI, GIACOMETTO, MARROCCO, MINARDO, NOVELLI, ORSINI, PALMIERI, PENTANGELO, PETTARIN, PITTALIS, PORCHIETTO, ROTONDI, SCOMA, SOZZANI, SQUERI, MARIA TRIPODI, ZANGRILLO
Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , concernente l'esercizio di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte dei dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone
Presentata il 1° giugno 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge origina da un emendamento (1. 01 . nuova formulazione) presentato dal gruppo parlamentare di Forza Italia, e segnatamente dal firmatario della stessa, approvato all'unanimità in sede referente presso la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati, durante la XVII legislatura, e inserito nel nuovo testo unificato delle proposte di legge recante «Modifiche al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 » (atto Camera n. 423 e abbinate), non approvato definitivamente dalla Camera dei deputati. Tale emendamento e la presente proposta di legge si motivano per la necessità di stabilire un rapporto il più possibile corretto e chiaro tra amministrazioni e cittadini in relazione alle multe comminate dai dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
In particolare, la presente proposta di legge reca nuove disposizioni in materia di definizione dei compiti degli ausiliari del traffico e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico.
L'articolo 1 stabilisce in modo chiaro e inconfutabile che ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
Analogamente, al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade dedicate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio cittadino.
Sul punto occorre rammentare che le funzioni dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone sono disciplinate dall'articolo 17, commi 132 e 133, del decreto legislativo n. 127 del 1997 , che ha introdotto nell'ambito del nostro ordinamento giuridico la figura professionale dell'ausiliare del traffico, con lo scopo di aiutare le pubbliche amministrazioni nell'accertamento delle violazioni al codice della strada.
Esistono, infatti, tre tipologie di riferimento di ausiliari del traffico e, segnatamente, quelli che sono dipendenti pubblici, reclutati per bando concorsuale e che fanno capo al comune, alla regione o alla polizia municipale, quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento e, infine, i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico.
La Corte di cassazione, nel 2016, con la sentenza n. 2973 ha affermato che gli ausiliari del traffico dipendenti di concessionarie della gestione di aree parcheggi o di società per il trasporto pubblico possono fare multe solo per divieto di sosta e, più dettagliatamente, per contravvenzioni riguardanti parcheggi sulle strisce blu senza ticket o su quelle gialle se non autorizzati. La confusione in merito è stata alimentata in parte da alcuni comuni e da altri enti locali, che talvolta hanno conferito agli ausiliari del traffico poteri più ampi attraverso deleghe, ma anche da sentenze contrastanti dei giudici che, fino a prima della citata sentenza della Cassazione, hanno aumentato la patina di opacità intorno alla questione. Il codice della strada è chiaro in materia: all'articolo 12 afferma che il potere degli ausiliari è limitato allo specifico servizio per cui sono stati assunti e la facoltà di delega prevista dalla legge n. 127 del 1997 , che consente ai comuni di attribuire, mediante apposite delibere nominative, un potere sanzionatorio riguardo alla circolazione stradale anche ad altri dipendenti comunali oltre ai vigili, non può oltrepassare il suddetto limite.
Pertanto gli ausiliari del traffico possono intervenire solo in caso di violazione delle regole riguardo ai parcheggi a pagamento, così come gli ispettori delle aziende di trasporto pubblico possono intervenire solo per violazioni delle corsie riservate ai mezzi pubblici. Per altri tipi di infrazioni è necessaria la presenza di un vigile, altrimenti la multa è da considerarsi nulla.
Si rileva, infine, che due tipologie di ausiliari del traffico (e segnatamente quelli assunti da società che hanno in gestione aree di parcheggio a pagamento, nonché i dipendenti delle aziende per il trasporto pubblico) cui fa riferimento la presente proposta di legge, a differenza delle altre autorità competenti legittimate a sanzionare coloro che violano le norme del codice della strada, possono fare multe per:
1) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato pagato il ticket ;
2) il parcheggio in aree di sosta a pagamento senza che sia stato rinnovato il ticket scaduto;
3) il parcheggio in seconda fila in prossimità di uno spazio contrassegnato dalle strisce blu, quando tale comportamento impedisce ad altri automobilisti di uscire dal parcheggio o di entrarvi;
4) la circolazione sulle strisce riservate ai mezzi pubblici e contrassegnati dalle strisce gialle (cosiddette corsie preferenziali): in questo caso però la contravvenzione può essere elevata solo se l'ausiliare è un dipendente delle ditte di trasporto pubblico.
Dunque, al fine di evitare il ripetersi di abusi e di circoscrivere meglio i compiti degli ausiliari del traffico delle società di gestione dei parcheggi e del personale ispettivo delle aziende di trasporto pubblico, la presente proposta di legge, attraverso una modifica all'articolo 12 del codice della strada, individua in modo più chiaro le funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale sia dei dipendenti delle società di gestione dei parcheggi sia del personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
1. All'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 , dopo il comma 3- bis sono inseriti i seguenti:
« 3-ter . Ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 132, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta, se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento e alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell'area di parcheggio da parte degli utenti della strada.
3-quater . Al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite, ai sensi dell' articolo 17, comma 133, della legge 15 maggio 1997, n. 127 , funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e di sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade riservate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio comunale». | Informazioni sul provvedimento
A.C.
680
Titolo:
Modifica all'articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, concernente l'esercizio di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di sosta da parte dei dipendenti delle società concessionarie della gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone
Iniziativa:
parlamentare
Iter al Senato:
no
Relazione tecnica
assente
Relatore per la Commissione di merito:
Baldelli
Gruppo:
FI
Commissione competente:
IX Commissione
PREMESSA
Il progetto di legge reca modifiche all’articolo 12 del Codice della strada [1] .
È oggetto della presente Nota il testo originario della proposta, non emendato dalla Commissione di merito (Trasporti).
Il provvedimento non è corredato di relazione tecnica.
Si esaminano, di seguito, le norme che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLO 1
Modifiche al codice della strada
Le norme modificano l’articolo 12 del Codice della strada che disciplina l’espletamento dei servizi di polizia stradale.
In particolare, la novella introduce il comma 3- ter al suddetto articolo 12, prevedendo che ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi non possano essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni se non limitatamente alle aree oggetto di concessione e con esclusivo riguardo agli spazi destinati al parcheggio a pagamento ed alle aree immediatamente limitrofe solo nel caso in cui la sosta precluda la corretta fruizione dell’area di parcheggio da parte degli utenti della strada (comma 1, capoverso comma 3- ter ).
Analogamente, al personale ispettivo delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone non possono essere attribuite funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione e sosta, se non limitatamente alle corsie e alle strade riservate al trasporto pubblico, con esclusione della possibilità di estendere l'esercizio di tali poteri all'intero territorio comunale (comma 1, capoverso comma 3- quater ).
Al riguardo , si rileva che le disposizioni in esame definiscono l’attribuzione di funzioni di prevenzione e accertamento delle violazioni ai dipendenti delle società di gestione dei parcheggi e delle aziende esercenti il trasporto pubblico di persone.
In proposito, andrebbe chiarito se dall’applicazione della normativa in esame possa derivare una riduzione dei proventi da sanzioni pecuniarie rispetto a quelli eventualmente già iscritti nei tendenziali. [1] Di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992. | 3,314 | 52 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 912
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 21 febbraio 2023 (v. stampato Senato n. 328)
d'iniziativa dei senatori
CRAXI, ALFIERI, SPAGNOLLI, SCALFAROTTO, GASPARRI,
BARCAIUOLO, PUCCIARELLI
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 22 febbraio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 20 dell'Accordo medesimo.
Art. 3.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'articolo 16 dell'Accordo di cui all'articolo 1, valutato in euro 4.890 ogni quattro anni a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana
Finalità
La proposta di legge in esame, approvata in prima lettura dal Senato, reca Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019.
Il provvedimento è sostanzialmente identico al testo del disegno di legge di ratifica proposto dal Governo nel corso della XVIII legislatura (AS 1377), presentato al Senato il 28 giugno 2019, e del quale non è stato concluso l'esame entro il termine della legislatura medesima. La sola differenza con il testo all'esame è data dall'anno di decorrenza dell'onere e della relativa copertura finanziaria che sono state aggiornate in ragione del tempo trascorso. Nella precedente legislatura, durante l'esame parlamentare dell'AS 1377, la 5^ Commissione (Bilancio) del Senato ha espresso sul testo parere non ostativo (seduta del 5 luglio 2022).
Il testo del provvedimento in esame non è corredato di relazione tecnica. Ai fini della valutazione degli effetti finanziari appare comunque possibile utilizzare la relazione tecnica allegata all'AS 1377 della XVIII legislatura, di iniziativa governativa. Si rammenta, inoltre, che nel corso dell'esame in prima lettura presso la 5^ Commissione del Senato, a fronte di rilievi formulati dalla medesima Commissione, la rappresentante del Governo ha depositato una nota di chiarimenti (seduta del 14 febbraio 2023) che:
confermava la correttezza delle quantificazioni proposte nella relazione tecnica allegata all'AS 1377 della XVIII legislatura;
esplicitava che gli oneri decorrevano dal 2025 e si manifestavano a partire da tale anno con cadenza di quattro anni;
affermava la necessità di aggiornare la clausola di copertura finanziaria al nuovo triennio di bilancio 2023-2025.
Nella presente Nota sono riportati sinteticamente i contenuti dell'Atto che presentano profili di carattere finanziario e le informazioni fornite dalla relazione tecnica allegata all'AS 1377 della XVIII legislatura di cui, però, saranno aggiornati i riferimenti temporali in relazione al tempo trascorso dalla sua redazione. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica.
Oneri quantificati dal provvedimento
(euro)
A decorrere dal 2025 ogni quattro anni
(oneri valutati) Art. 3 disegno di legge di ratifica
4.890 annui
Verifica delle quantificazioni
CONTENUTO DELLE DISPOSIZIONI DELL'ACCORDO
ELEMENTI FORNITI
DALLA RELAZIONE TECNICA ALLEGATA ALL'AS 1377 DELLA XVIII LEGISLATURA Le norme dell'Accordo prevedono:
le definizioni di «coproduzione» e di «coproduttore» e l'individuazione delle «Autorità competenti» responsabili per l'applicazione dell'Accordo (per la Repubblica italiana le due direzioni ministeriali) (articolo 1);
che le coproduzioni realizzate ai sensi dell'Accordo siano considerate opere nazionali (articolo 2);
l'individuazione dei requisiti per l'ammissione ai benefici della coproduzione (articolo 3);
le modalità di effettuazione delle riprese, le quote degli apporti finanziari dei coproduttori e le modalità per la realizzazione di coproduzioni multilaterali (articoli 4, 5 e 6);
la disciplina degli aspetti relativi alla contitolarietà dei diritti di proprietà intellettuale (articolo 7);
facilitazioni alla circolazione del personale tecnico, creativo ed artistico e della relativa attrezzatura di produzione dell'altra Parte (articolo 8);
i termini per il saldo degli apporti da parte del coproduttore minoritario e per la distribuzione dei mercati e dei proventi (articoli 9 e 10);
che l'approvazione di un progetto di cooperazione non implica il rilascio del nulla osta alla proiezione (articolo 11);
la disciplina delle modalità per l'esportazione delle opere coprodotte in Paesi dove viga il contingentamento nella commercializzazione e per l'apposizione delle diciture di identificazione delle opere. proventi (articoli 12 e 13);
la disciplina della presentazione delle opere coprodotte ai festival internazionali e l'approvazione dei progetti di coproduzione (articoli 14 e 15);
l'istituzione di un organo consultivo, la Commissione mista, composta da funzionari dirigenziali, che si riunisce ogni due anni alternativamente nei due Paesi ed è incaricata di esaminare la sussistenza dell'equilibrio generale tramite constatazione dell'ammontare degli investimenti dei coproduttori e delle partecipazioni tecniche, artistiche e di mezzi (articolo 16).
la definizione, in regime di reciprocità, le condizioni per le agevolazioni per importazione, distribuzione ecc. (articolo 17);
gli emendamenti all'Accordo, la risoluzione delle controversie, l'entrata in vigore e il periodo di validità (articoli 18, 19 e 20).
L' Allegato individua, infine, le norme procedurali per l' ammissione ai benefici della coproduzione.
La relazione tecnica afferma che l'attuazione dell'Accordo in esame comporta i seguenti oneri in relazione al solo articolo 16 dell'Accordo, relativo all'istituzione di una Commissione Mista. La Commissione sarà composta per l'Italia da 3 funzionari dell'area dirigenziale del Ministero dei beni e delle attività culturali, esperti nel settore cinematografico; la Commissione si riunisce ogni due anni alternativamente nei paesi contraenti e comporta oneri per il Paese che invia la delegazione nel Paese che ospita la sessione dei lavori.
Gli oneri per lo stato Italiano sono rappresentanti dall'invio di tre funzionari dell'area dirigenziale nella Repubblica dominicana, ogni quattro anni, a partire dal 2025, nell'ipotesi che in tale anno la commissione si riunisca in Italia per un periodo di 5 giorni:
pernottamento (120 euro al giorno x 4 notti x 3 pp.) = 1.440 euro;
vitto (60 euro al giorno x 5 giorni x 3 pp.) = 900 euro.
biglietto aereo A/R Roma-Santo Domingo (euro 850 x 3 persone) = 2.550 euro;
TOTALE: 4.890 euro.
Le riunioni straordinarie della Commissione Mista costituiscono un'ipotesi puramente eventuale ed improbabile. In nessun caso dalla sua eventuale convocazione straordinaria discenderanno oneri per lo Stato poiché essa verrà convocata a Roma, senza oneri di missione per il personale delle Amministrazioni interessate. Nel caso in cui venisse convocata a Santo Domingo, la partecipazione verrà garantita dal personale dell'Ambasciata d'Italia in Repubblica Dominicana, senza pertanto alcun onere di missione a carico dello Stato.
Per la copertura finanziaria dell'importo si fa ricorso al Fondo speciale di parte corrente del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
DISPOSIZIONI DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA
ELEMENTI FORNITI
DALLA RELAZIONE TECNICA ALLEGATA ALL'AS 1377 DELLA XVIII LEGISLATURA Articolo 3 : gli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 16 dell'Accordo, valutati in euro 4.890 ogni quattro anni a decorrere dall'anno 2025, si provvedere mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero degli affari esteri relativo al bilancio 2023-2025.
La relazione tecnica afferma che ai fini degli oneri previsti dalla norma, le relative risorse saranno iscritte alla Missione 1 "Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici", Programma 1.11 "Sostegno, valorizzazione e tutela del settore cinema e audiovisivo", C.d.r. Direzione generale cinema, Azione "Promozione del cinema italiano", Capitolo 6030 "Spese per acquisto di beni e servizi", Piano gestionale di nuova istituzione del bilancio del Ministero dei beni e delle attività culturali.
In merito ai profili di quantificazione, per quanto riguarda l'equiparazione delle coproduzioni alle produzioni nazionali, ai fini del godimento dei previsti benefici, non si hanno osservazioni da formulare nel presupposto – sul quale appare opportuna una conferma - che tale riconoscimento riguardi l'accesso ai benefici medesimi nell'ambito delle risorse già previste a legislazione vigente.
Con riferimento agli oneri derivanti dall'articolo 16 del Trattato (Commissione mista), si rileva che l'onere quantificato è coerente con i dati e le ipotesi formulate dalla relazione tecnica e non si hanno osservazioni da formulare considerato anche che la disposizione di copertura è conforme al parere formulato dalla 5^ Commissione del Senato sulla base delle indicazioni fornite dal Governo nel corso dell'esame.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si fa presente che l'articolo 3, comma 1, provvede all'onere derivante dall'articolo 16 dell'Accordo oggetto di ratifica, relativo all'istituzione di una Commissione Mista al fine di verificare l'applicazione dell'Accordo, valutato in 4.890 euro ogni quattro anni a decorrere dal 2025, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni del fondo speciale di parte corrente relativo al bilancio triennale 2023-2025 di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Al riguardo, nel rilevare che il citato accantonamento reca le necessarie disponibilità, non si hanno osservazioni da formulare.
Il successivo comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. | 3,589 | 55 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 912
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 21 febbraio 2023 (v. stampato Senato n. 328)
d'iniziativa dei senatori
CRAXI, ALFIERI, SPAGNOLLI, SCALFAROTTO, GASPARRI,
BARCAIUOLO, PUCCIARELLI
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 22 febbraio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 20 dell'Accordo medesimo.
Art. 3.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'articolo 16 dell'Accordo di cui all'articolo 1, valutato in euro 4.890 ogni quattro anni a decorrere dall'anno 2025, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2023-2025, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Ratifica dell'Accordo di coproduzione cinematografica con il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato
Premessa
La proposta di legge A.C. 912, di iniziativa parlamentare, reca l'autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione dell'Accordo in materia di coproduzione cinematografica tra il Governo Italiano e il Governo della Repubblica dominicana, con Allegato, fatto a Roma il 14 febbraio 2019.
La proposta, già approvata in prima lettura dal Senato (S.328 - Senatori Craxi ed altri) lo scorso 21 febbraio, pResenta contenuto analogo al disegno di legge .S. 1377, presentato dal governo Conte I nella precedene legislatura che non concluse il suo iter per il termine anticipato della legislatura.
Rispetto al testo presentato nella scorsa legislatura, la proposta di legge in esame differisce limitatamemnte all'articolo 3 concernente la copertura finanziaria.
Come precisato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento presentato al Senato, l'intesa rientra nell'ambito degli accordi volti al rafforzamento della cooperazione culturale del nostro Paese, ed è finalizzata all'intensificazione dei rapporti cinematografici e audiovisivi con la Repubblica dominicana.
Il testo, in particolare, costituisce uno strumento normativo di incentivo ai coproduttori italiani nella pianificazione di opere cinematografiche o audiovisive con produttori dominicani, consentendo alle coproduzioni realizzate ai sensi dell'Accordo di essere considerate alla stregua di opere nazionali dai rispettivi Paesi.
Si ricorda che nel giugno 2018 hanno avuto inizio le celebrazioni per il 120° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Italia e Repubblica Dominicana e questa intesa in campo cinematografico potrà contribuire ulteriormente a rafforzare relazioni bilaterali, già improntate ad una piena collaborazione e a rapporti economici rilevanti: come ricordato dal rapporto SACE 2022, il Paese rappresenta per l'Italia il settimo mercato di sbocco in America latina, che ha acquistato nel 2021 oltre €400 milioni di beni (quasi il 25% in più rispetto al record precedente) e prosegue il 2022 con ottimo ritmo.
Si segnala, inoltre, che l'Italia ha aderito di recente al fondo di aiuto Iberoamericano Ibermedia , volto a sostenere lo sviluppo di progetti di coproduzione cinematografica tra i Paesi aderenti. Attivo dal novembre 1997, il programma vede ad oggi la partecipazione di oltre all'Italia, di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Guatemala, Messico, Panama, Paraguay, Perù, Portogallo, Porto Rico, Repubblica dominicana, Spagna, Uruguay e Venezuela.
Contenuto dell'Accordo e dell'Allegato
L'Accordo è composto di 20 articoli, preceduti da un breve preambolo, e di un Allegato.
L' art. 1 fornisce un quadro delle definizioni di "coproduzione" e di "coproduttore", e indica nelle le due direzioni ministeriali come Autorità competenti responsabili dell'applicazione del testo bilaterale.
L' art. 2 stabilisce che sono considerate opere nazionali tutte le coproduzioni realizzate ai sensi dell'Accordo.
L' art. 3 individua i benefici a cui le opere possono avere diritto e i requisiti richiesti ai produttori per ottenerli.
Gli artt. 4, 5 e 6 fissano le modalità di effettuazione delle riprese , le quote degli apporti finanziari dei coproduttori e le modalità per la realizzazione di coproduzioni multilaterali.
L' art. 7 disciplina gli aspetti relativi alla contitolarietà dei diritti di proprietà intellettuale.
L' art. 8 stabilisce facilitazioni alla circolazione del personale tecnico, creativo ed artistico e della relativa attrezzatura di produzione dell'altra Parte.
Gli artt. 9 e 10 fissano i termini per il saldo degli apporti da parte del coproduttore minoritario e per la distribuzione dei mercati e dei proventi.
L' art. 11 chiarisce che l'approvazione di un progetto di cooperazione non implica il rilascio del nulla osta alla proiezione.
Gli artt. 12 e 13 disciplinano le modalità per l' esportazione delle opere coprodotte in Paesi dove viga il contingentamento nella commercializzazione e per l'apposizione delle diciture di identificazione delle opere.
Gli artt. 14 e 15 disciplinano la presentazione delle opere coprodotte ai festival internazionali e l'approvazione dei progetti di coproduzione.
Ai sensi dell' art. 16 , il compito di vigilare sulla regolare applicazione dell'Accordo viene affidato a una Commissione mista , definendo compiti e funzioni.
L' art. 17 definisce, in regime di reciprocità, le condizioni per le agevolazioni per importazione, distribuzione ecc.
Gli artt. 18, 19 e 20 disciplinano gli emendamenti all'Accordo, la risoluzione delle controversie, l'entrata in vigore e il periodo di validità.
L' Allegato individua, infine, le norme procedurali per l' ammissione ai benefici della coproduzione.
Contenuto del disegno di legge di ratifica
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica consta di 4 articoli.
Gli articoli 1 e 2 ineriscono rispettivamente, all' autorizzazione alla ratifica e all' ordine di esecuzione.
L' articolo 3 , relativo alla copertura finanziaria , stabilisce che alle spese derivanti dall'attuazione dell'Accordo valutati in 4.890 euro ogni quattro anni, a decorrere dall'anno 2025, si provvede nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2023, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il comma 2 autorizza il Ministro delle Finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L' articolo 4 stabilisce l'entrata in all' entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica, per il giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento si inquadra nell'ambito delle materie (politica estera e rapporti internazionali dello Stato) di cui all'art. 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione, demandate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Relazioni allegate
All' A.S.328, a prima firma della Senatrice Stefania Craxi, è allegata la relazione illustrativa del provvedimento. | 2,575 | 56 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2527 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2527
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 1 a COMMISSIONE PERMANENTE (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 28 maggio 2020 (v. stampato Senato n. 1795)
d'iniziativa dei senatori
BERNINI, CIRIANI, DE PETRIS, FARAONE, MARCUCCI, PERILLI, ROMEO, UNTERBERGER
Istituzione della Giornata dei camici bianchi
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 maggio 2020
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. È istituita la Giornata dei camici bianchi, di seguito denominata «Giornata», quale momento per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus nell'anno 2020.
2. La Giornata si celebra il 20 febbraio di ogni anno, è considerata solennità civile ai sensi dell' articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260 , e non determina riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, qualora cada nei giorni feriali, costituisce giorno di vacanza o comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54 .
Art. 2.
1. Il Governo, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, determina le modalità di svolgimento della Giornata senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 3.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | Istituzione della giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato
Contenuto
La proposta di legge in esame, approvata dal Senato in sede deliberante il 28 maggio scorso (A.S. 1795), è diretta ad istituire una giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario di cui alla legge n. 3/2018 (recante " D elega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali nonché disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute ") quale momento per onorarne il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio nel corso della pandemia da Coronavirus nell'anno 2020.
Viene stabilito ( art. 1 ) che tale giornata si celebri il 20 febbraio di ogni anno, e che sia considerata solennità civile ai sensi dell'articolo 3 delle legge n.260/1949, e che non determini riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, qualora cada nei giorni feriali, costituisca giorno di vacanza o comporti riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge n.54/1977.
Come evidenziato nella relazione illustrativa la scelta della giornata del 20 febbraio coincide con la data in cui presso l'Ospedale di Codogno è stato individuato il c.d. "paziente uno" nel nostro Paese.
In Italia con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, è stato dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso alla diffusione dell'epidemia. In materia sono state adottate una serie di misure urgenti con Decreti legge, D.P.C.M. o con ordinanze ministeriali o regionali. Qui il quadro generale delle le misure adottate per contrastare la diffusione del virus dalle autorità italiane.Vista la continua evoluzione dell'emergenza, si fa altresì rinvio alla pagina dedicata del Ministero della salute per un costante aggiornamento. Qui il portale di pubblica utilità del Ministero della salute.
Va ricordato che l'articolo 3 della legge n. 260/1949 ( Disposizioni in materia di ricorrenze festive ) prevede che sono considerate solennita' civili, agli effetti dell'orario ridotto negli uffici pubblici e dell'imbandieramento dei pubblici edifici, i seguenti giorni: l'11 febbraio: anniversario della stipulazione del Trattato e del Concordato con la Santa Sede; il 28 settembre: anniversario della insurrezione popolare di Napoli.
Inoltre, l'articolo 2 della legge n.54/1977 ( Disposizioni in materia di giorni festivi ) prevede che le solennita' civili previste dalla legge 27 maggio 1949, n. 260, e dalla legge 4 marzo 1958, n. 132 ( Ricorrenza festivita' del 4 ottobre in onore dei Patroni speciali d'Italia San Francesco d'Assisi e Santa Caterina da Siena) , non determinano riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici. E' fatto divieto di consentire negli uffici pubblici riduzioni dell'orario di lavoro che non siano autorizzate da norme di legge.
Infine l'articolo 3 della citata legge dispone che le ricorrenze indicate negli articoli 1 e 2, che cadano nei giorni feriali, non costituiscono giorni di vacanza ne' possono comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.
L'articolo 2 prevede che il Governo, anche in coordinamento con gli Ordini delle professioni sanitarie e sociosanitarie, con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, determini le modalità di svolgimento della Giornata senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'articolo 3 dispone l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione.
Relazioni allegate o richieste
Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, corredata, pertanto, della sola relazione illustrativa.
Collegamento con lavori legislativi in corso
Va ricordato che sono state approvate dalla Camera e trasmesse al Senato alcune proposte di legge (A.C. 2451 ed abb.) dirette ad istituire una giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus. E' stato riconosciuto il 18 marzo quale giornata nazionale di memoria delle vittime. Tale data è stata scelta poiché fu la giornata in cui si registrò il maggior numero di decessi su scala nazionale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
L'istituzione di una nuova ricorrenza civile della Repubblica, che richiede, per sua natura, una disciplina unitaria a livello nazionale, rientra nell'ambito della materia "ordinamento civile", che l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Con riguardo alla previsione di celebrazioni, manifestazioni e iniziative, anche nelle scuole, possono assumere rilievo le materie di competenza legislativa concorrente (ex art. 117, terzo comma, Cost.) quali promozione e organizzazione di attività culturali e istruzione. | 2,119 | 72 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2527
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 1 a COMMISSIONE PERMANENTE (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 28 maggio 2020 (v. stampato Senato n. 1795)
d'iniziativa dei senatori
BERNINI, CIRIANI, DE PETRIS, FARAONE, MARCUCCI, PERILLI, ROMEO, UNTERBERGER
Istituzione della Giornata dei camici bianchi
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 maggio 2020
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. È istituita la Giornata dei camici bianchi, di seguito denominata «Giornata», quale momento per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus nell'anno 2020.
2. La Giornata si celebra il 20 febbraio di ogni anno, è considerata solennità civile ai sensi dell' articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260 , e non determina riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, qualora cada nei giorni feriali, costituisce giorno di vacanza o comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54 .
Art. 2.
1. Il Governo, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, determina le modalità di svolgimento della Giornata senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 3.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | Informazioni sul provvedimento
A.C.
2527
Titolo:
Istituzione della Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato
Iniziativa:
parlamentare
approvato, con modifiche, dal Senato
Relatore per la Commissione di merito:
Novelli
Gruppo:
FI
Commissione competente:
XII Commissione (Affari sociali)
PREMESSA
Il progetto di legge, di iniziativa parlamentare, ha ad oggetto l’istituzione della Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato.
Il testo, già approvato dal Senato (A.S. 1795), composto da tre articoli, non è corredato di relazione tecnica.
Nel corso dell’esame presso il Senato, la 5^ Commissione ha espresso sul testo (seduta del 28 maggio 2020) parere non ostativo condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, alla sostituzione, nella clausola di invarianza, del riferimento al “bilancio dello Stato", con il riferimento alla “finanza pubblica"; parere non ostativo è stato espresso anche sugli emendamenti approvati.
È oggetto della presente nota il testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione Affari sociali (XII) in data 9 luglio 2020 e trasmesso alle Commissioni per l’espressione dei rispettivi pareri.
Si esaminano, a seguire, le norme che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLI 1 -3
Istituzione della Giornata nazionale dei professionisti sanitari, sociosanitari, socioassistenziali e del volontariato
Le norme prevedono quanto segue:
· la Repubblica riconosce il giorno 20 febbraio di ciascun anno come “Giornata nazionale del personale sanitario e sociosanitario di cui alla legge 11 gennaio 2018, n. 3, nonché del personale socioassistenziale e del volontariato” (di seguito Giornata nazionale), quale momento per onorarne il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio nel corso della pandemia da Coronavirus nell’anno 2020 (articolo 1, comma 1);
· la Giornata nazionale è considerata solennità civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260, e non determina riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, qualora cada nei giorni feriali, costituisce giorno di vacanza o comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54 (articolo 1, comma 2).
Si ricorda che la legge n. 260 del 1949 , “Disposizioni in materia di ricorrenze festive”, all’articolo 2 individua i giorni festivi , agli effetti dell’osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, e all’articolo 3 individua talune solennità civili che non sono considerate giorni festivi e per le quali erano originariamente previsti gli effetti dell'orario ridotto negli uffici pubblici e dell'imbandieramento dei pubblici edifici. Successivamente, la legge n. 54/1977 , “Disposizioni in materia di giorni festivi”, ha comunque previsto che:
- le solennità civili di cui alla citata legge del 1949 non determinino riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici (art. 2);
- dette solennità civili (oltre ad altre ricorrenze) che ricadono in giorni feriali non costituiscano giorni di vacanza né possano comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado (art. 3);
· il Governo, anche in coordinamento con gli Ordini delle professioni sanitarie e sociosanitarie, con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, determina le modalità di svolgimento della Giornata nazionale senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (articolo 2).
L’articolo 3 fissa l’entrata in vigore della legge al giorno successivo della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
In merito ai profili di quantificazione , si evidenzia che l’istituzione della Giornata nazionale non comporta – in base alla normativa sopra richiamata all’articolo 1 - effetti sull’orario di lavoro degli uffici pubblici né sull’orario scolastico: riguardo a tale profilo non si hanno dunque osservazioni da formulare.
Non si hanno osservazioni da formulare neppure in merito alle iniziative e attività da svolgere in occasione della giornata nazionale, in quanto la norma dispone espressamente che il Governo ne determini le modalità di svolgimento senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. | 2,007 | 73 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2527 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2527
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 1 a COMMISSIONE PERMANENTE (AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL'INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 28 maggio 2020 (v. stampato Senato n. 1795)
d'iniziativa dei senatori
BERNINI, CIRIANI, DE PETRIS, FARAONE, MARCUCCI, PERILLI, ROMEO, UNTERBERGER
Istituzione della Giornata dei camici bianchi
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 maggio 2020
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. È istituita la Giornata dei camici bianchi, di seguito denominata «Giornata», quale momento per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus nell'anno 2020.
2. La Giornata si celebra il 20 febbraio di ogni anno, è considerata solennità civile ai sensi dell' articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260 , e non determina riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, qualora cada nei giorni feriali, costituisce giorno di vacanza o comporta riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge 5 marzo 1977, n. 54 .
Art. 2.
1. Il Governo, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, determina le modalità di svolgimento della Giornata senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Art. 3.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | Istituzione della Giornata dei camici bianchi
Contenuto
La proposta di legge in esame, approvata dal Senato in sede deliberante il 28 maggio scorso (A.S. 1795), è diretta ad istituire una giornata nazionale quale momento per onorare il lavoro, l'impegno, la professionalità e il sacrificio del personale medico, sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato nel corso della pandemia da Coronavirus nell'anno 2020.
Va ricordato che sono all'esame, in sede referente, della XII Commissione affari sociali alcune proposte di legge (A.C. 2451 ed abb.) dirette ad istituire una giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus. La commissione ha adottato un testo unificato delle proposte di legge che riconosce il 18 marzo quale giornata nazionale di memoria delle vittime. Tale data è stata scelta poiché fu la giornata in cui si registrò il maggior numero di decessi su scala nazionale.
Viene stabilito ( art. 1 ) che tale giornata si celebri il 20 febbraio di ogni anno, e che sia considerata solennità civile ai sensi dell'articolo 3 delle legge n.260/1949, e che non determini riduzione dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, qualora cada nei giorni feriali, costituisca giorno di vacanza o comporti riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado ai sensi degli articoli 2 e 3 della legge n.54/1977.
Come evidenziato nella relazione illustrativa la scelta della giornata del 20 febbraio coincide con la data in cui presso l'Ospedale di Codogno è stato individuato il c.d. "paziente uno" nel nostro Paese.
In Italia con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, è stato dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso alla diffusione dell'epidemia. In materia sono state adottate una serie di misure urgenti con Decreti legge, D.P.C.M. o con ordinanze ministeriali o regionali. Qui il quadro generale delle le misure adottate per contrastare la diffusione del virus dalle autorità italiane.Vista la continua evoluzione dell'emergenza, si fa altresì rinvio alla pagina dedicata del Ministero della salute per un costante aggiornamento. Qui il portale di pubblica utilità del Ministero della salute.
Va ricordato che l'articolo 3 della legge n. 260/1949 ( Disposizioni in materia di ricorrenze festive ) prevede che sono considerate solennita' civili, agli effetti dell'orario ridotto negli uffici pubblici e dell'imbandieramento dei pubblici edifici, i seguenti giorni: l'11 febbraio: anniversario della stipulazione del Trattato e del Concordato con la Santa Sede; il 28 settembre: anniversario della insurrezione popolare di Napoli.
Inoltre, l'articolo 2 della legge n.54/1977 ( Disposizioni in materia di giorni festivi ) prevede che le solennita' civili previste dalla legge 27 maggio 1949, n. 260, e dalla legge 4 marzo 1958, n. 132 ( Ricorrenza festivita' del 4 ottobre in onore dei Patroni speciali d'Italia San Francesco d'Assisi e Santa Caterina da Siena) , non determinano riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici. E' fatto divieto di consentire negli uffici pubblici riduzioni dell'orario di lavoro che non siano autorizzate da norme di legge.
Infine l'articolo 3 della citata legge dispone che le ricorrenze indicate negli articoli 1 e 2, che cadano nei giorni feriali, non costituiscono giorni di vacanza ne' possono comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.
L'articolo 2 prevede che il Governo, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, determina le modalità di svolgimento della Giornata senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'articolo 3 dispone l'entrata in vigore della legge il giorno successivo alla sua pubblicazione.
Relazioni allegate o richieste
Si tratta di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, corredata, pertanto, della sola relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
Si segnala che l'istituzione di una ricorrenza civile può avere a fondamento sia una fonte di rango legislativo, sia una fonte di livello inferiore. Tuttavia, l'intervento con legge appare strettamente necessario solo per l'individuazione delle ricorrenze festive a livello nazionale o in considerazione degli effetti civili risultanti dall'istituzione di una nuova ricorrenza.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
L'istituzione di una nuova ricorrenza civile della Repubblica, che richiede, per sua natura, una disciplina unitaria a livello nazionale, rientra nell'ambito della materia "ordinamento civile", che l'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Con riguardo alla previsione di celebrazioni, manifestazioni e iniziative, anche nelle scuole, possono assumere rilievo le materie di competenza legislativa concorrente (ex art. 117, terzo comma, Cost.) quali promozione e organizzazione di attività culturali e istruzione. | 2,161 | 74 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2531 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2531
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GADDA, CARÈ, DE FILIPPO, MARCO DI MAIO, GIACHETTI,
MORETTO, PAITA, SCOMA
Disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore
Presentata il 4 giugno 2020
Onorevoli Colleghi! – L'allevamento degli equidi e, in particolare, dei cavalli, considerate tutte le sue diverse modalità e finalità, è stato caratterizzato, negli ultimi decenni, da una forte contrazione produttiva e di mercato. Ciò nonostante, le imprese del comparto hanno reagito alle diverse crisi che si sono succedute sviluppando attività correlate all'allevamento stesso, e modernizzandosi anche investendo ingenti capitali.
Dal punto di vista occupazionale, uno studio congiunto della Confagricoltura Veneto e della CGIA di Mestre, presentato nel 2019 e condotto sulla base dei dati rilevati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e dalla società INFOCAMERE, ha stimato la presenza nel territorio nazionale di circa 35.000 aziende agricole di allevamento di equidi, di un numero da 8.000 a 10.000 addetti all'allevamento, artieri e stallieri, di quasi 1.200 medici veterinari professionisti che si occupano di zootecnia e di cavalli da equitazione e di 480 tra guidatori di cavalli al trotto, al galoppo e fantini. Occorre, altresì, considerare l'indotto economico diretto e indiretto generato soprattutto dal comparto del cavallo, relativamente ad abbigliamento, accessori, mezzi di trasporto, professioni artigiane che si occupano dell'arte della ferratura, controllori zootecnici, informatici, amministrativi, genetisti e tecnici di laboratorio, allenatori, istruttori e giudici di gara, nonché personale addetto ad altre attività. È inoltre utile considerare i circa 125.000 proprietari di cavalli, i quasi 100.000 atleti tesserati con la Federazione italiana sport equestri (FISE) e i 28.800 atleti tesserati con la Federazione italiana turismo equestre e trec (FITETREC – ANTE).
In conclusione, si stima che gli operatori del settore ippico, compreso tutto l'indotto, siano tra 40.000 e 50.000.
Nel complesso, nonostante la rilevanza economica, occupazionale e sociale del settore, caratterizzato peraltro da una sempre maggiore competizione internazionale, il quadro legislativo nazionale non risulta pienamente coerente e adeguato agli sviluppi normativi registrati anche a livello dell'Unione europea. La presente proposta di legge, pertanto, si prefigge l'obiettivo di consentire, attraverso la definizione di un nuovo e adeguato contesto normativo, lo sviluppo e il rafforzamento della filiera degli equidi, con particolare riferimento all'allevamento dei cavalli.
La legislazione europea è intervenuta sul settore attraverso norme in materia veterinaria, zootecnica, di controllo e di partecipazione ai concorsi ippici.
Il legislatore nazionale, dopo il decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (articolo 9), che ai fini della qualificazione di imprenditore agricolo richiede, comunque, una connessione con l'azienda agricola, con il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 , ha sostituito l' articolo 2135 del codice civile ampliando il concetto di allevamento di animali, con riferimento al ciclo biologico o ad una sua parte e senza la necessità di utilizzo del fondo agricolo. Benché sia intervenuta una definizione più ampia di allevamento, il comparto ippico non ha beneficiato delle ricadute attese e ancora permangono diversi problemi che non ne consentono il rilancio. Ad esempio, non è garantito l'accesso di tutte le imprese del settore degli equidi ai piani regionali di sviluppo, in quanto si sono privilegiati gli allevamenti per la produzione di carne, escludendo quelli degli equidi da vita.
In generale, la legislazione legata al comparto degli equidi è penalizzata da una grande frammentazione e risulta diversificata e disomogenea per quanto concerne gli ambiti fiscale, previdenziale e amministrativo. Nella prassi si riscontrano anche difficoltà di inquadramento, ad esempio per le aziende agrituristiche che ricorrono all'attività del turismo equestre e per le associazioni sportive dilettantistiche, che gestiscono una parte importante della filiera. Anche dal punto di vista della legislazione in materia amministrativa si possono rinvenire disposizioni non coerenti dal punto di vista urbanistico e ambientale, ad esempio nella gestione dei reflui.
Nel complesso, la filiera dell'allevamento degli equidi si è sviluppata senza un adeguato e complessivo inquadramento nel settore agricolo e mancano, inoltre, efficienti strumenti di promozione per il rilancio dell'allevamento del cavallo in Italia, diversamente da quanto avviene, ad esempio, in altri Stati appartenenti all'Unione europea.
Tale frammentazione si riflette anche nella definizione di banche di dati univoche sulla consistenza e, quindi, sull'importanza economica dell'allevamento degli equidi nel nostro Paese. In particolare, si possono indicare alcuni macro-settori: gli allevamenti finalizzati alla produzione di cavalli da vita, gli allevamenti finalizzati alla produzione di carne, l'ippica, l'equitazione e l'hobbysmo a qualsiasi titolo.
L'anagrafe equina è stata istituita dall' articolo 8 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 , convertito, con modificazioni, dalla legge 1° ; agosto 2003, n. 200, che aveva affidato all'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE, poi soppressa e le cui funzioni sono state affidate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) la sua organizzazione e gestione; l'anagrafe è regolamentata dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 29 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010, e dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 26 settembre 2011, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 22 novembre 2011, che ne definisce le procedure operative.
Dal 25 marzo 2015, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è stata istituita la Banca dati degli equidi (BDE), nella quale sono censiti tutti i cavalli presenti nel territorio nazionale. La BDE rappresenta, quindi, la banca di dati di riferimento per il comparto e la fonte informativa primaria alla quale devono ricorrere tutti i soggetti interessati.
Successivamente, la legge 20 novembre 2017, n. 167 , con l'articolo 13, rubricato «Disposizioni in materia di anagrafe equina per l'adeguamento al regolamento (UE) 2016/429 e al regolamento (UE) 2015/262», ha affidato al Ministero della salute l'organizzazione e la gestione dell'anagrafe degli equidi, abrogando le norme che la ponevano sotto il controllo dell'UNIRE. La nuova normativa ha adeguato l'ordinamento nazionale ai regolamenti europei sull'identificazione degli equidi e ha riunito sotto un'unica regia tutte le anagrafi animali, ai fini della tutela della sanità e del benessere degli animali e dei relativi aspetti di salute pubblica e di sicurezza alimentare.
La nuova anagrafe degli equidi è attualmente in una fase di importazione e di verifica dei dati in essa contenuti, finalizzata a corrispondere pienamente alle esigenze di tracciabilità e di identificazione degli animali.
Attualmente, la BDE – gestita dall'Associazione provinciale allevatori, dall'Associazione regionale allevatori e dall'Associazione italiana allevatori – censisce 526.201 capi equidi.
Alla data del 31 dicembre 2017, secondo i dati dell'ISTAT, vi erano in Italia 440.016 equidi, di cui 367.561 cavalli, 72.455 altri equini (asini, muli, bardotti), ripartiti tra nord (186.617), centro (110.726) e sud (142.673). Le regioni più rappresentate nel settore erano Lombardia (56.934), Lazio (55.257), Sicilia (39.961), Piemonte (37.056), Emilia-Romagna (35.374), Veneto (34.057) e Toscana (27.507).
Per quanto riguarda il settore del cavallo, si evidenzia come l'allevamento sia indirizzato a diversi scopi, di seguito elencati:
trotto: il numero di cavalli trottatori in Italia, secondo quanto indicato dall'Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore nel 2019, è stato stimato in 2.004 puledri nati da 178 stalloni e da 2.408 fattrici, in drastica diminuzione rispetto agli anni precedenti;
galoppo: l'Associazione nazionale allevatori cavalli purosangue, secondo i dati forniti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, censisce 633 puledri nati nel 2019 da 740 fattrici e da 46 stalloni;
equitazione FISE: la FISE ha censito, nell'anno 2019, un totale di 32.810 cavalli per 121.529 persone tesserate;
equitazione FITETREC – ANTE: la FITETREC – ANTE ha censito, nell'anno 2019, 3.200 cavalli destinati ad attività ludico-sportive;
cavallo da carne: dai dati dell'ISTAT risulta, nel 2019, la macellazione di 22.575 equini, di cui 20.606 cavalli. Da questi dati è possibile desumere un parco di fattrici equine e di stalloni di circa 30.000 cavalli, per una consistenza globale di circa 60.000 capi destinati alla produzione di carne.
La banca dati nazionale, alla data del 31 dicembre 2019, registrava nel suo sito internet istituzionale l'esistenza di 181.827 allevamenti di equidi nel territorio nazionale, suddivisi tra 154.880 allevamenti di cavalli, 25.017 allevamenti di asini, 1.786 allevamenti di muli e 144 allevamenti di bardotti.
Non è attualmente riportata la consistenza degli animali allevati e deve essere considerato che nell'anagrafe sono indicate come aziende tutte le unità epidemiologiche, indipendentemente dal fine economico-produttivo.
Sulla base delle considerazioni riportate si è ritenuto opportuno presentare questa proposta di legge, al fine di garantire una più adeguata disciplina del settore dell'ippicoltura, assicurando alla filiera dell'allevamento degli equidi un quadro legislativo coerente e maggiori possibilità di sviluppo.
In particolare, con l'articolo 1 della presente proposta di legge si è inteso comprendere esplicitamente nell'attività agricola, conformemente al dettato dell' articolo 2135 del codice civile , l'allevamento degli equidi in tutte le sue fasi, nonché le attività che caratterizzano l'intera filiera dell'allevamento. L'ippicoltura, pertanto, deve essere considerata un'attività agricola a tutti gli effetti, con riferimento alle attività elencate all'articolo 1, comma 1: la gestione della riproduzione, l'allevamento con le relative operazioni di stallaggio, la valorizzazione, la gestione e il mantenimento, l'allenamento, le attività correlate come le scuole di equitazione, l'ippoturismo, l'ippoterapia e la relativa assistenza tecnica alle imprese di allevamento. Viene, inoltre, precisato che chi esercita l'attività di ippicoltura deve essere considerato, ai sensi dell'articolo 2135, imprenditore agricolo. Conseguentemente, l'appartenenza del settore all'agricoltura comporta l'applicazione delle disposizioni fiscali e previdenziali del settore agricolo. Il comma 4 precisa che i lavoratori dipendenti delle imprese che svolgono l'attività di ippicoltura devono essere inquadrati, dal punto di vista previdenziale, nel settore agricolo e pertanto essere considerati come lavoratori agricoli. Il comma 5, tenendo conto anche di altre iniziative legislative concernenti il benessere degli animali, vieta l'impiego a scopo alimentare degli equini utilizzati per motivi sociali o per finalità terapeutiche.
Con l'articolo 2 si intende favorire lo sviluppo della filiera agricola degli equidi conferendo al Governo la delega a intervenire in favore del settore secondo i princìpi e criteri direttivi indicati nello stesso articolo. In particolare, si propone una semplificazione legislativa, volta a favorire la libera concorrenza tra le imprese della filiera, a rendere coerente la disciplina amministrativa, urbanistica e ambientale con il nuovo inquadramento delle attività in ambito agricolo, a promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle aziende agricole, a garantire l'accesso ai piani di sviluppo rurale e, infine, a rilanciare l'allevamento degli equidi e in particolare del cavallo attraverso un'agenzia per la promozione del cavallo allevato in Italia.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Disciplina dell'ippicoltura)
1. La presente legge reca disposizioni per la disciplina dell'ippicoltura, intesa come l'insieme delle seguenti attività che interessano gli equidi:
a) la gestione della riproduzione, della gestazione, della nascita e dello svezzamento;
b) l'attività delle stazioni di fecondazione pubbliche o private e l'assistenza e la gestione della produzione del seme;
c) l'allevamento, la doma, l'addestramento, l'allenamento e le operazioni di stallaggio;
d) la promozione dell'allevamento e la valorizzazione delle razze, autoctone e non autoctone, anche attraverso competizioni equestri o la partecipazione a fiere e a mostre;
e) la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall'età degli stessi equidi;
f) l'allenamento finalizzato allo svolgimento di prove di selezione e di competizioni sportive, anche presso ippodromi o strutture correlate;
g) l'insegnamento della disciplina equestre e la gestione dei cavalli da scuola, compresa l'attività svolta dai centri ippici e dai maneggi;
h) lo svolgimento di attività di turismo equestre, di ippoterapia e di agriturismo con annesso maneggio;
i) l'attività di assistenza tecnica a favore delle imprese di allevamento di equidi.
2. Le attività di ippicoltura, individuate ai sensi del comma 1, sono considerate attività agricole ai sensi dell' articolo 2135 del codice civile .
3. Alle attività di ippicoltura si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo.
4. Agli effetti della normativa in materia di previdenza e assistenza sociale, compresa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, si considerano lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano una delle attività di cui al comma 1.
5. È vietato destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico.
Art. 2.
(Delega al Governo per lo sviluppo dell'ippicoltura)
1. Ai fini del miglioramento della qualità e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della certezza dei rapporti giuridici e della chiarezza del diritto nonché dell'incremento della competitività delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni di semplificazione per lo sviluppo dell'ippicoltura, con facoltà di intervenire anche limitatamente a specifiche attività o gruppi di attività intersettoriali.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) assicurare la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1;
b) garantire la libera concorrenza tra le imprese del settore ippico e una chiara individuazione delle loro competenze;
c) assimilare la disciplina amministrativa delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, a quella relativa all'attività agricola;
d) rendere omogenea la disciplina urbanistica relativa alle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, con quella relativa all'agricoltura;
e) valorizzare la tutela dell'ambiente, del paesaggio e del territorio attraverso la gestione dei terreni per la produzione di foraggi per equidi;
f) applicare alle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, le disposizioni vigenti in materia di gestione dei reflui in ambito agricolo;
g) promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle imprese agricole e valorizzare i cavalli allevati, a livello nazionale e internazionale;
h) garantire l'accesso degli allevatori degli equidi ai Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 e alle misure di sostegno previste per il settore agricolo in generale;
i) prevedere, nei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020, misure per la valorizzazione degli equidi da riproduzione, nonché per l'allevamento e per la stabulazione degli equidi;
l) favorire l'inserimento degli allevatori degli equidi tra i beneficiari delle misure di cooperazione, misura 16, e per il benessere degli animali, misura 14, dei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020;
m) equiparare, ai fini delle misure previste dai Programmi di sviluppo rurale 2014-2020, gli equidi destinati alla produzione alimentare a quelli non destinati a tale produzione;
n) prevedere l'inserimento nei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 di misure per l'acquisto di attrezzature per l'attività di pensionamento degli equidi, nonché per l'ippoterapia e per l'ippoturismo da parte delle imprese agrituristiche;
o) promuovere il rilancio dell'allevamento degli equidi attraverso l'istituzione di un'agenzia per la promozione degli equidi allevati in Italia, con particolare riferimento ai cavalli, e per la valorizzazione coordinata dei diversi comparti, anche allo scopo di incentivare l'esportazione delle eccellenze italiane.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera b) , del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 .
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura di cui al presente articolo. | Disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore
Contenuto
La proposta di legge di iniziativa parlamentare, all'esame del Comitato per la Legislazione in quanto contenente una delega al Governo, consta di 2 articoli suddivisi in 9 commi.
L' articolo 1 intende comprendere esplicitamente nell'attività agricola, conformemente al dettato dell'articolo 2135 del codice civile, l'allevamento degli equidi in tutte le sue fasi, nonché le attività che caratterizzano l'intera filiera dell'allevamento. Dispone, conseguentemente, che siano applicate le disposizioni fiscali e previdenziali del settore agricolo e che i i lavoratori dipendenti delle imprese che svolgono l'attività di ippicoltura siano inquadrati, dal punto di vista previdenziale, nel settore agricolo e pertanto siano considerati come lavoratori agricoli.
L' articolo 2 delega il Governo ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi per lo sviluppo dell'ippicoltura , dettando princìpi e criteri direttivi; stabilisce, inoltre, che i decreti legislativi siano adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera b) , del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Il comma 4 autorizza il Governo ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive.
Coordinamento con la legislazione vigente e semplificazione
Il provvedimento, che reca un termine di delega di due anni, non prevede il parere delle competenti commissioni parlamentari sugli schemi di decreto legislativo; in proposito, si ricorda che l'articolo 14, comma 4, della legge n. 400 del 1988 prescrive di richiedere il parere alle Camere nel caso in cui la delega ecceda i due anni.
Chiarezza e proprietà della formulazione del testo
Si valuti l'opportunità di approfondire la formulazione di alcuni principi di delega ; in particolare:
la lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 prevede come principio e criterio direttivo quello di assicurare la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina delle attività di ippicoltura; in tal senso si prefigura quindi una delega di riassetto normativo; al riguardo si ricorda che la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 170 del 2007) ritiene in questi casi ammissibile l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato;
con riferimento al principio di delega di cui alla successiva lettera g ) ("promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle imprese agricole e valorizzare i cavalli allevati, a livello nazionale e internazionale") si valuti l'opportunità di inotrudrre ulteriori delimitazioni dell'ambito di intervento del legislatore delegato ;
alle successive lettere i), l), m) ed n) andrebbe valutata l'opportunità di fare riferimento ai nuovi programmi di sviluppo rurale per la programmazione finanziaria 2021-2028 dell'Unione europea piuttosto che a quelli della programmazione 2014-2020
alla successiva lettera o) si valuti l'opportunità di specificare meglio la natura giuridica dell'istituenda agenzia per la promozione degli equidi allevati in Italia. | 6,739 | 79 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2531 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2531
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GADDA, CARÈ, DE FILIPPO, MARCO DI MAIO, GIACHETTI,
MORETTO, PAITA, SCOMA
Disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore
Presentata il 4 giugno 2020
Onorevoli Colleghi! – L'allevamento degli equidi e, in particolare, dei cavalli, considerate tutte le sue diverse modalità e finalità, è stato caratterizzato, negli ultimi decenni, da una forte contrazione produttiva e di mercato. Ciò nonostante, le imprese del comparto hanno reagito alle diverse crisi che si sono succedute sviluppando attività correlate all'allevamento stesso, e modernizzandosi anche investendo ingenti capitali.
Dal punto di vista occupazionale, uno studio congiunto della Confagricoltura Veneto e della CGIA di Mestre, presentato nel 2019 e condotto sulla base dei dati rilevati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e dalla società INFOCAMERE, ha stimato la presenza nel territorio nazionale di circa 35.000 aziende agricole di allevamento di equidi, di un numero da 8.000 a 10.000 addetti all'allevamento, artieri e stallieri, di quasi 1.200 medici veterinari professionisti che si occupano di zootecnia e di cavalli da equitazione e di 480 tra guidatori di cavalli al trotto, al galoppo e fantini. Occorre, altresì, considerare l'indotto economico diretto e indiretto generato soprattutto dal comparto del cavallo, relativamente ad abbigliamento, accessori, mezzi di trasporto, professioni artigiane che si occupano dell'arte della ferratura, controllori zootecnici, informatici, amministrativi, genetisti e tecnici di laboratorio, allenatori, istruttori e giudici di gara, nonché personale addetto ad altre attività. È inoltre utile considerare i circa 125.000 proprietari di cavalli, i quasi 100.000 atleti tesserati con la Federazione italiana sport equestri (FISE) e i 28.800 atleti tesserati con la Federazione italiana turismo equestre e trec (FITETREC – ANTE).
In conclusione, si stima che gli operatori del settore ippico, compreso tutto l'indotto, siano tra 40.000 e 50.000.
Nel complesso, nonostante la rilevanza economica, occupazionale e sociale del settore, caratterizzato peraltro da una sempre maggiore competizione internazionale, il quadro legislativo nazionale non risulta pienamente coerente e adeguato agli sviluppi normativi registrati anche a livello dell'Unione europea. La presente proposta di legge, pertanto, si prefigge l'obiettivo di consentire, attraverso la definizione di un nuovo e adeguato contesto normativo, lo sviluppo e il rafforzamento della filiera degli equidi, con particolare riferimento all'allevamento dei cavalli.
La legislazione europea è intervenuta sul settore attraverso norme in materia veterinaria, zootecnica, di controllo e di partecipazione ai concorsi ippici.
Il legislatore nazionale, dopo il decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (articolo 9), che ai fini della qualificazione di imprenditore agricolo richiede, comunque, una connessione con l'azienda agricola, con il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 , ha sostituito l' articolo 2135 del codice civile ampliando il concetto di allevamento di animali, con riferimento al ciclo biologico o ad una sua parte e senza la necessità di utilizzo del fondo agricolo. Benché sia intervenuta una definizione più ampia di allevamento, il comparto ippico non ha beneficiato delle ricadute attese e ancora permangono diversi problemi che non ne consentono il rilancio. Ad esempio, non è garantito l'accesso di tutte le imprese del settore degli equidi ai piani regionali di sviluppo, in quanto si sono privilegiati gli allevamenti per la produzione di carne, escludendo quelli degli equidi da vita.
In generale, la legislazione legata al comparto degli equidi è penalizzata da una grande frammentazione e risulta diversificata e disomogenea per quanto concerne gli ambiti fiscale, previdenziale e amministrativo. Nella prassi si riscontrano anche difficoltà di inquadramento, ad esempio per le aziende agrituristiche che ricorrono all'attività del turismo equestre e per le associazioni sportive dilettantistiche, che gestiscono una parte importante della filiera. Anche dal punto di vista della legislazione in materia amministrativa si possono rinvenire disposizioni non coerenti dal punto di vista urbanistico e ambientale, ad esempio nella gestione dei reflui.
Nel complesso, la filiera dell'allevamento degli equidi si è sviluppata senza un adeguato e complessivo inquadramento nel settore agricolo e mancano, inoltre, efficienti strumenti di promozione per il rilancio dell'allevamento del cavallo in Italia, diversamente da quanto avviene, ad esempio, in altri Stati appartenenti all'Unione europea.
Tale frammentazione si riflette anche nella definizione di banche di dati univoche sulla consistenza e, quindi, sull'importanza economica dell'allevamento degli equidi nel nostro Paese. In particolare, si possono indicare alcuni macro-settori: gli allevamenti finalizzati alla produzione di cavalli da vita, gli allevamenti finalizzati alla produzione di carne, l'ippica, l'equitazione e l'hobbysmo a qualsiasi titolo.
L'anagrafe equina è stata istituita dall' articolo 8 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 , convertito, con modificazioni, dalla legge 1° ; agosto 2003, n. 200, che aveva affidato all'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE, poi soppressa e le cui funzioni sono state affidate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) la sua organizzazione e gestione; l'anagrafe è regolamentata dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 29 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010, e dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 26 settembre 2011, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 22 novembre 2011, che ne definisce le procedure operative.
Dal 25 marzo 2015, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è stata istituita la Banca dati degli equidi (BDE), nella quale sono censiti tutti i cavalli presenti nel territorio nazionale. La BDE rappresenta, quindi, la banca di dati di riferimento per il comparto e la fonte informativa primaria alla quale devono ricorrere tutti i soggetti interessati.
Successivamente, la legge 20 novembre 2017, n. 167 , con l'articolo 13, rubricato «Disposizioni in materia di anagrafe equina per l'adeguamento al regolamento (UE) 2016/429 e al regolamento (UE) 2015/262», ha affidato al Ministero della salute l'organizzazione e la gestione dell'anagrafe degli equidi, abrogando le norme che la ponevano sotto il controllo dell'UNIRE. La nuova normativa ha adeguato l'ordinamento nazionale ai regolamenti europei sull'identificazione degli equidi e ha riunito sotto un'unica regia tutte le anagrafi animali, ai fini della tutela della sanità e del benessere degli animali e dei relativi aspetti di salute pubblica e di sicurezza alimentare.
La nuova anagrafe degli equidi è attualmente in una fase di importazione e di verifica dei dati in essa contenuti, finalizzata a corrispondere pienamente alle esigenze di tracciabilità e di identificazione degli animali.
Attualmente, la BDE – gestita dall'Associazione provinciale allevatori, dall'Associazione regionale allevatori e dall'Associazione italiana allevatori – censisce 526.201 capi equidi.
Alla data del 31 dicembre 2017, secondo i dati dell'ISTAT, vi erano in Italia 440.016 equidi, di cui 367.561 cavalli, 72.455 altri equini (asini, muli, bardotti), ripartiti tra nord (186.617), centro (110.726) e sud (142.673). Le regioni più rappresentate nel settore erano Lombardia (56.934), Lazio (55.257), Sicilia (39.961), Piemonte (37.056), Emilia-Romagna (35.374), Veneto (34.057) e Toscana (27.507).
Per quanto riguarda il settore del cavallo, si evidenzia come l'allevamento sia indirizzato a diversi scopi, di seguito elencati:
trotto: il numero di cavalli trottatori in Italia, secondo quanto indicato dall'Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore nel 2019, è stato stimato in 2.004 puledri nati da 178 stalloni e da 2.408 fattrici, in drastica diminuzione rispetto agli anni precedenti;
galoppo: l'Associazione nazionale allevatori cavalli purosangue, secondo i dati forniti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, censisce 633 puledri nati nel 2019 da 740 fattrici e da 46 stalloni;
equitazione FISE: la FISE ha censito, nell'anno 2019, un totale di 32.810 cavalli per 121.529 persone tesserate;
equitazione FITETREC – ANTE: la FITETREC – ANTE ha censito, nell'anno 2019, 3.200 cavalli destinati ad attività ludico-sportive;
cavallo da carne: dai dati dell'ISTAT risulta, nel 2019, la macellazione di 22.575 equini, di cui 20.606 cavalli. Da questi dati è possibile desumere un parco di fattrici equine e di stalloni di circa 30.000 cavalli, per una consistenza globale di circa 60.000 capi destinati alla produzione di carne.
La banca dati nazionale, alla data del 31 dicembre 2019, registrava nel suo sito internet istituzionale l'esistenza di 181.827 allevamenti di equidi nel territorio nazionale, suddivisi tra 154.880 allevamenti di cavalli, 25.017 allevamenti di asini, 1.786 allevamenti di muli e 144 allevamenti di bardotti.
Non è attualmente riportata la consistenza degli animali allevati e deve essere considerato che nell'anagrafe sono indicate come aziende tutte le unità epidemiologiche, indipendentemente dal fine economico-produttivo.
Sulla base delle considerazioni riportate si è ritenuto opportuno presentare questa proposta di legge, al fine di garantire una più adeguata disciplina del settore dell'ippicoltura, assicurando alla filiera dell'allevamento degli equidi un quadro legislativo coerente e maggiori possibilità di sviluppo.
In particolare, con l'articolo 1 della presente proposta di legge si è inteso comprendere esplicitamente nell'attività agricola, conformemente al dettato dell' articolo 2135 del codice civile , l'allevamento degli equidi in tutte le sue fasi, nonché le attività che caratterizzano l'intera filiera dell'allevamento. L'ippicoltura, pertanto, deve essere considerata un'attività agricola a tutti gli effetti, con riferimento alle attività elencate all'articolo 1, comma 1: la gestione della riproduzione, l'allevamento con le relative operazioni di stallaggio, la valorizzazione, la gestione e il mantenimento, l'allenamento, le attività correlate come le scuole di equitazione, l'ippoturismo, l'ippoterapia e la relativa assistenza tecnica alle imprese di allevamento. Viene, inoltre, precisato che chi esercita l'attività di ippicoltura deve essere considerato, ai sensi dell'articolo 2135, imprenditore agricolo. Conseguentemente, l'appartenenza del settore all'agricoltura comporta l'applicazione delle disposizioni fiscali e previdenziali del settore agricolo. Il comma 4 precisa che i lavoratori dipendenti delle imprese che svolgono l'attività di ippicoltura devono essere inquadrati, dal punto di vista previdenziale, nel settore agricolo e pertanto essere considerati come lavoratori agricoli. Il comma 5, tenendo conto anche di altre iniziative legislative concernenti il benessere degli animali, vieta l'impiego a scopo alimentare degli equini utilizzati per motivi sociali o per finalità terapeutiche.
Con l'articolo 2 si intende favorire lo sviluppo della filiera agricola degli equidi conferendo al Governo la delega a intervenire in favore del settore secondo i princìpi e criteri direttivi indicati nello stesso articolo. In particolare, si propone una semplificazione legislativa, volta a favorire la libera concorrenza tra le imprese della filiera, a rendere coerente la disciplina amministrativa, urbanistica e ambientale con il nuovo inquadramento delle attività in ambito agricolo, a promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle aziende agricole, a garantire l'accesso ai piani di sviluppo rurale e, infine, a rilanciare l'allevamento degli equidi e in particolare del cavallo attraverso un'agenzia per la promozione del cavallo allevato in Italia.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Disciplina dell'ippicoltura)
1. La presente legge reca disposizioni per la disciplina dell'ippicoltura, intesa come l'insieme delle seguenti attività che interessano gli equidi:
a) la gestione della riproduzione, della gestazione, della nascita e dello svezzamento;
b) l'attività delle stazioni di fecondazione pubbliche o private e l'assistenza e la gestione della produzione del seme;
c) l'allevamento, la doma, l'addestramento, l'allenamento e le operazioni di stallaggio;
d) la promozione dell'allevamento e la valorizzazione delle razze, autoctone e non autoctone, anche attraverso competizioni equestri o la partecipazione a fiere e a mostre;
e) la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall'età degli stessi equidi;
f) l'allenamento finalizzato allo svolgimento di prove di selezione e di competizioni sportive, anche presso ippodromi o strutture correlate;
g) l'insegnamento della disciplina equestre e la gestione dei cavalli da scuola, compresa l'attività svolta dai centri ippici e dai maneggi;
h) lo svolgimento di attività di turismo equestre, di ippoterapia e di agriturismo con annesso maneggio;
i) l'attività di assistenza tecnica a favore delle imprese di allevamento di equidi.
2. Le attività di ippicoltura, individuate ai sensi del comma 1, sono considerate attività agricole ai sensi dell' articolo 2135 del codice civile .
3. Alle attività di ippicoltura si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo.
4. Agli effetti della normativa in materia di previdenza e assistenza sociale, compresa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, si considerano lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano una delle attività di cui al comma 1.
5. È vietato destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico.
Art. 2.
(Delega al Governo per lo sviluppo dell'ippicoltura)
1. Ai fini del miglioramento della qualità e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della certezza dei rapporti giuridici e della chiarezza del diritto nonché dell'incremento della competitività delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni di semplificazione per lo sviluppo dell'ippicoltura, con facoltà di intervenire anche limitatamente a specifiche attività o gruppi di attività intersettoriali.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) assicurare la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1;
b) garantire la libera concorrenza tra le imprese del settore ippico e una chiara individuazione delle loro competenze;
c) assimilare la disciplina amministrativa delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, a quella relativa all'attività agricola;
d) rendere omogenea la disciplina urbanistica relativa alle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, con quella relativa all'agricoltura;
e) valorizzare la tutela dell'ambiente, del paesaggio e del territorio attraverso la gestione dei terreni per la produzione di foraggi per equidi;
f) applicare alle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, le disposizioni vigenti in materia di gestione dei reflui in ambito agricolo;
g) promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle imprese agricole e valorizzare i cavalli allevati, a livello nazionale e internazionale;
h) garantire l'accesso degli allevatori degli equidi ai Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 e alle misure di sostegno previste per il settore agricolo in generale;
i) prevedere, nei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020, misure per la valorizzazione degli equidi da riproduzione, nonché per l'allevamento e per la stabulazione degli equidi;
l) favorire l'inserimento degli allevatori degli equidi tra i beneficiari delle misure di cooperazione, misura 16, e per il benessere degli animali, misura 14, dei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020;
m) equiparare, ai fini delle misure previste dai Programmi di sviluppo rurale 2014-2020, gli equidi destinati alla produzione alimentare a quelli non destinati a tale produzione;
n) prevedere l'inserimento nei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 di misure per l'acquisto di attrezzature per l'attività di pensionamento degli equidi, nonché per l'ippoterapia e per l'ippoturismo da parte delle imprese agrituristiche;
o) promuovere il rilancio dell'allevamento degli equidi attraverso l'istituzione di un'agenzia per la promozione degli equidi allevati in Italia, con particolare riferimento ai cavalli, e per la valorizzazione coordinata dei diversi comparti, anche allo scopo di incentivare l'esportazione delle eccellenze italiane.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera b) , del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 .
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura di cui al presente articolo. | Disciplina dell'ippicoltura
Contenuto
La proposta di legge in esame si compone di tre articoli : il primo articolo reca le definizioni dell'attività di ippicoltura ai fini civilistici e previdenziali e ulteriori disposizioni anche fiscali in materia. il secondo articolo reca la clausola di salvaguardia e il terzo reca disposizioni finanziarie.
L' articolo 1 definisce cosa debba intendersi per ippicoltura.
Più nel dettaglio, si intende tale l'attività che interessa tutti gli equidi e che riguarda la riproduzione , la gestazione , la nascita e lo svezzamento svolte in forma imprenditoriale. Tali attività sono considerate agricole ai sensi dell'at. 2135 del codice civile e ad esse si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo. Inoltre, sono considerate connesse all'attività agricola le seguenti attività : esercizio e gestione di stazioni d fecondazione, l'assistenza e la gestione della produzione del seme; la doma, l'addestramento, l'allenamento, la custodia e il ricovero dei cavalli; la valorizzazione e la promozione delle razze, autoctone e non autoctone; la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall'età degli stessi equidi; la promozione delle tecniche di ippicoltura, tirocini e attività formative in collaborazione con istituti scolastici e allevamenti e le cliniche veterinarie; la promozione e l'insegnamento delle attività di mascalcia.
Alla cessione e vendita degli equidi si applica l'Iva al 10 per cento.
Gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano attività di ippicoltura sono c onsiderati, ai fini previdenziali, lavoratori agricoli dipendenti.
Infine, si fa divieto di destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico.
L'articolo 2 prevede la clausola di salvaguardia , stabilendo che le disposizioni della presente proposta di legge sono appplicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
L'articolo 3 prevede la clausola di copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall'articolo 1 pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento, pur attenendo all'ippicoltura, ne reca la disciplina ai fini civilistici, fiscali e previdenziali ed appare pertanto riconducibile alle materie di esclusiva competenza statale sistema tributario dello Stato, previdenza sociale e ordinamento civile (articolo 117, secondo comma, lettere e), l), o) della Costituzione).
Per quanto riguarda invece l'ippicoltura come disciplina zootecnica, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 173 del 2014 ha sostenuto che: "«il significato corrente del termine "zootecnia" richiama indubbiamente l'attività diretta all'allevamento e allo sfruttamento degli animali "produttivi", cioè idonei a fornire all'uomo un'utilità di natura economica»; e che «ciò è confermato dal rilievo che l'attività zootecnica è stata sempre considerata, proprio in tema di riparto di competenze tra Stato e regioni, come inscindibile dalla materia dell'"agricoltura" [di competenza residuale regionale ai sensi dell'articolo 117, quarto comma della Costituzione] ed anzi come un settore, un aspetto particolare di questa» (sentenza n. 123 del 1992). Ed ha, viceversa, ritenuto che al paradigma della «tutela della salute», materia ascrivibile alla competenza concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., sono riconducibili gli obiettivi di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza veterinaria (sentenza n. 222 del 2003)". | 6,886 | 82 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2531 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2531
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GADDA, CARÈ, DE FILIPPO, MARCO DI MAIO, GIACHETTI,
MORETTO, PAITA, SCOMA
Disciplina dell'ippicoltura e delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte allo sviluppo del settore
Presentata il 4 giugno 2020
Onorevoli Colleghi! – L'allevamento degli equidi e, in particolare, dei cavalli, considerate tutte le sue diverse modalità e finalità, è stato caratterizzato, negli ultimi decenni, da una forte contrazione produttiva e di mercato. Ciò nonostante, le imprese del comparto hanno reagito alle diverse crisi che si sono succedute sviluppando attività correlate all'allevamento stesso, e modernizzandosi anche investendo ingenti capitali.
Dal punto di vista occupazionale, uno studio congiunto della Confagricoltura Veneto e della CGIA di Mestre, presentato nel 2019 e condotto sulla base dei dati rilevati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e dalla società INFOCAMERE, ha stimato la presenza nel territorio nazionale di circa 35.000 aziende agricole di allevamento di equidi, di un numero da 8.000 a 10.000 addetti all'allevamento, artieri e stallieri, di quasi 1.200 medici veterinari professionisti che si occupano di zootecnia e di cavalli da equitazione e di 480 tra guidatori di cavalli al trotto, al galoppo e fantini. Occorre, altresì, considerare l'indotto economico diretto e indiretto generato soprattutto dal comparto del cavallo, relativamente ad abbigliamento, accessori, mezzi di trasporto, professioni artigiane che si occupano dell'arte della ferratura, controllori zootecnici, informatici, amministrativi, genetisti e tecnici di laboratorio, allenatori, istruttori e giudici di gara, nonché personale addetto ad altre attività. È inoltre utile considerare i circa 125.000 proprietari di cavalli, i quasi 100.000 atleti tesserati con la Federazione italiana sport equestri (FISE) e i 28.800 atleti tesserati con la Federazione italiana turismo equestre e trec (FITETREC – ANTE).
In conclusione, si stima che gli operatori del settore ippico, compreso tutto l'indotto, siano tra 40.000 e 50.000.
Nel complesso, nonostante la rilevanza economica, occupazionale e sociale del settore, caratterizzato peraltro da una sempre maggiore competizione internazionale, il quadro legislativo nazionale non risulta pienamente coerente e adeguato agli sviluppi normativi registrati anche a livello dell'Unione europea. La presente proposta di legge, pertanto, si prefigge l'obiettivo di consentire, attraverso la definizione di un nuovo e adeguato contesto normativo, lo sviluppo e il rafforzamento della filiera degli equidi, con particolare riferimento all'allevamento dei cavalli.
La legislazione europea è intervenuta sul settore attraverso norme in materia veterinaria, zootecnica, di controllo e di partecipazione ai concorsi ippici.
Il legislatore nazionale, dopo il decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173 (articolo 9), che ai fini della qualificazione di imprenditore agricolo richiede, comunque, una connessione con l'azienda agricola, con il decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 , ha sostituito l' articolo 2135 del codice civile ampliando il concetto di allevamento di animali, con riferimento al ciclo biologico o ad una sua parte e senza la necessità di utilizzo del fondo agricolo. Benché sia intervenuta una definizione più ampia di allevamento, il comparto ippico non ha beneficiato delle ricadute attese e ancora permangono diversi problemi che non ne consentono il rilancio. Ad esempio, non è garantito l'accesso di tutte le imprese del settore degli equidi ai piani regionali di sviluppo, in quanto si sono privilegiati gli allevamenti per la produzione di carne, escludendo quelli degli equidi da vita.
In generale, la legislazione legata al comparto degli equidi è penalizzata da una grande frammentazione e risulta diversificata e disomogenea per quanto concerne gli ambiti fiscale, previdenziale e amministrativo. Nella prassi si riscontrano anche difficoltà di inquadramento, ad esempio per le aziende agrituristiche che ricorrono all'attività del turismo equestre e per le associazioni sportive dilettantistiche, che gestiscono una parte importante della filiera. Anche dal punto di vista della legislazione in materia amministrativa si possono rinvenire disposizioni non coerenti dal punto di vista urbanistico e ambientale, ad esempio nella gestione dei reflui.
Nel complesso, la filiera dell'allevamento degli equidi si è sviluppata senza un adeguato e complessivo inquadramento nel settore agricolo e mancano, inoltre, efficienti strumenti di promozione per il rilancio dell'allevamento del cavallo in Italia, diversamente da quanto avviene, ad esempio, in altri Stati appartenenti all'Unione europea.
Tale frammentazione si riflette anche nella definizione di banche di dati univoche sulla consistenza e, quindi, sull'importanza economica dell'allevamento degli equidi nel nostro Paese. In particolare, si possono indicare alcuni macro-settori: gli allevamenti finalizzati alla produzione di cavalli da vita, gli allevamenti finalizzati alla produzione di carne, l'ippica, l'equitazione e l'hobbysmo a qualsiasi titolo.
L'anagrafe equina è stata istituita dall' articolo 8 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147 , convertito, con modificazioni, dalla legge 1° ; agosto 2003, n. 200, che aveva affidato all'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE, poi soppressa e le cui funzioni sono state affidate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) la sua organizzazione e gestione; l'anagrafe è regolamentata dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 29 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010, e dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 26 settembre 2011, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 272 del 22 novembre 2011, che ne definisce le procedure operative.
Dal 25 marzo 2015, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è stata istituita la Banca dati degli equidi (BDE), nella quale sono censiti tutti i cavalli presenti nel territorio nazionale. La BDE rappresenta, quindi, la banca di dati di riferimento per il comparto e la fonte informativa primaria alla quale devono ricorrere tutti i soggetti interessati.
Successivamente, la legge 20 novembre 2017, n. 167 , con l'articolo 13, rubricato «Disposizioni in materia di anagrafe equina per l'adeguamento al regolamento (UE) 2016/429 e al regolamento (UE) 2015/262», ha affidato al Ministero della salute l'organizzazione e la gestione dell'anagrafe degli equidi, abrogando le norme che la ponevano sotto il controllo dell'UNIRE. La nuova normativa ha adeguato l'ordinamento nazionale ai regolamenti europei sull'identificazione degli equidi e ha riunito sotto un'unica regia tutte le anagrafi animali, ai fini della tutela della sanità e del benessere degli animali e dei relativi aspetti di salute pubblica e di sicurezza alimentare.
La nuova anagrafe degli equidi è attualmente in una fase di importazione e di verifica dei dati in essa contenuti, finalizzata a corrispondere pienamente alle esigenze di tracciabilità e di identificazione degli animali.
Attualmente, la BDE – gestita dall'Associazione provinciale allevatori, dall'Associazione regionale allevatori e dall'Associazione italiana allevatori – censisce 526.201 capi equidi.
Alla data del 31 dicembre 2017, secondo i dati dell'ISTAT, vi erano in Italia 440.016 equidi, di cui 367.561 cavalli, 72.455 altri equini (asini, muli, bardotti), ripartiti tra nord (186.617), centro (110.726) e sud (142.673). Le regioni più rappresentate nel settore erano Lombardia (56.934), Lazio (55.257), Sicilia (39.961), Piemonte (37.056), Emilia-Romagna (35.374), Veneto (34.057) e Toscana (27.507).
Per quanto riguarda il settore del cavallo, si evidenzia come l'allevamento sia indirizzato a diversi scopi, di seguito elencati:
trotto: il numero di cavalli trottatori in Italia, secondo quanto indicato dall'Associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore nel 2019, è stato stimato in 2.004 puledri nati da 178 stalloni e da 2.408 fattrici, in drastica diminuzione rispetto agli anni precedenti;
galoppo: l'Associazione nazionale allevatori cavalli purosangue, secondo i dati forniti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, censisce 633 puledri nati nel 2019 da 740 fattrici e da 46 stalloni;
equitazione FISE: la FISE ha censito, nell'anno 2019, un totale di 32.810 cavalli per 121.529 persone tesserate;
equitazione FITETREC – ANTE: la FITETREC – ANTE ha censito, nell'anno 2019, 3.200 cavalli destinati ad attività ludico-sportive;
cavallo da carne: dai dati dell'ISTAT risulta, nel 2019, la macellazione di 22.575 equini, di cui 20.606 cavalli. Da questi dati è possibile desumere un parco di fattrici equine e di stalloni di circa 30.000 cavalli, per una consistenza globale di circa 60.000 capi destinati alla produzione di carne.
La banca dati nazionale, alla data del 31 dicembre 2019, registrava nel suo sito internet istituzionale l'esistenza di 181.827 allevamenti di equidi nel territorio nazionale, suddivisi tra 154.880 allevamenti di cavalli, 25.017 allevamenti di asini, 1.786 allevamenti di muli e 144 allevamenti di bardotti.
Non è attualmente riportata la consistenza degli animali allevati e deve essere considerato che nell'anagrafe sono indicate come aziende tutte le unità epidemiologiche, indipendentemente dal fine economico-produttivo.
Sulla base delle considerazioni riportate si è ritenuto opportuno presentare questa proposta di legge, al fine di garantire una più adeguata disciplina del settore dell'ippicoltura, assicurando alla filiera dell'allevamento degli equidi un quadro legislativo coerente e maggiori possibilità di sviluppo.
In particolare, con l'articolo 1 della presente proposta di legge si è inteso comprendere esplicitamente nell'attività agricola, conformemente al dettato dell' articolo 2135 del codice civile , l'allevamento degli equidi in tutte le sue fasi, nonché le attività che caratterizzano l'intera filiera dell'allevamento. L'ippicoltura, pertanto, deve essere considerata un'attività agricola a tutti gli effetti, con riferimento alle attività elencate all'articolo 1, comma 1: la gestione della riproduzione, l'allevamento con le relative operazioni di stallaggio, la valorizzazione, la gestione e il mantenimento, l'allenamento, le attività correlate come le scuole di equitazione, l'ippoturismo, l'ippoterapia e la relativa assistenza tecnica alle imprese di allevamento. Viene, inoltre, precisato che chi esercita l'attività di ippicoltura deve essere considerato, ai sensi dell'articolo 2135, imprenditore agricolo. Conseguentemente, l'appartenenza del settore all'agricoltura comporta l'applicazione delle disposizioni fiscali e previdenziali del settore agricolo. Il comma 4 precisa che i lavoratori dipendenti delle imprese che svolgono l'attività di ippicoltura devono essere inquadrati, dal punto di vista previdenziale, nel settore agricolo e pertanto essere considerati come lavoratori agricoli. Il comma 5, tenendo conto anche di altre iniziative legislative concernenti il benessere degli animali, vieta l'impiego a scopo alimentare degli equini utilizzati per motivi sociali o per finalità terapeutiche.
Con l'articolo 2 si intende favorire lo sviluppo della filiera agricola degli equidi conferendo al Governo la delega a intervenire in favore del settore secondo i princìpi e criteri direttivi indicati nello stesso articolo. In particolare, si propone una semplificazione legislativa, volta a favorire la libera concorrenza tra le imprese della filiera, a rendere coerente la disciplina amministrativa, urbanistica e ambientale con il nuovo inquadramento delle attività in ambito agricolo, a promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle aziende agricole, a garantire l'accesso ai piani di sviluppo rurale e, infine, a rilanciare l'allevamento degli equidi e in particolare del cavallo attraverso un'agenzia per la promozione del cavallo allevato in Italia.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Disciplina dell'ippicoltura)
1. La presente legge reca disposizioni per la disciplina dell'ippicoltura, intesa come l'insieme delle seguenti attività che interessano gli equidi:
a) la gestione della riproduzione, della gestazione, della nascita e dello svezzamento;
b) l'attività delle stazioni di fecondazione pubbliche o private e l'assistenza e la gestione della produzione del seme;
c) l'allevamento, la doma, l'addestramento, l'allenamento e le operazioni di stallaggio;
d) la promozione dell'allevamento e la valorizzazione delle razze, autoctone e non autoctone, anche attraverso competizioni equestri o la partecipazione a fiere e a mostre;
e) la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall'età degli stessi equidi;
f) l'allenamento finalizzato allo svolgimento di prove di selezione e di competizioni sportive, anche presso ippodromi o strutture correlate;
g) l'insegnamento della disciplina equestre e la gestione dei cavalli da scuola, compresa l'attività svolta dai centri ippici e dai maneggi;
h) lo svolgimento di attività di turismo equestre, di ippoterapia e di agriturismo con annesso maneggio;
i) l'attività di assistenza tecnica a favore delle imprese di allevamento di equidi.
2. Le attività di ippicoltura, individuate ai sensi del comma 1, sono considerate attività agricole ai sensi dell' articolo 2135 del codice civile .
3. Alle attività di ippicoltura si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo.
4. Agli effetti della normativa in materia di previdenza e assistenza sociale, compresa quella relativa all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, si considerano lavoratori agricoli dipendenti gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano una delle attività di cui al comma 1.
5. È vietato destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico.
Art. 2.
(Delega al Governo per lo sviluppo dell'ippicoltura)
1. Ai fini del miglioramento della qualità e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della certezza dei rapporti giuridici e della chiarezza del diritto nonché dell'incremento della competitività delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni di semplificazione per lo sviluppo dell'ippicoltura, con facoltà di intervenire anche limitatamente a specifiche attività o gruppi di attività intersettoriali.
2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) assicurare la completezza, la chiarezza e la semplicità della disciplina delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1;
b) garantire la libera concorrenza tra le imprese del settore ippico e una chiara individuazione delle loro competenze;
c) assimilare la disciplina amministrativa delle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, a quella relativa all'attività agricola;
d) rendere omogenea la disciplina urbanistica relativa alle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, con quella relativa all'agricoltura;
e) valorizzare la tutela dell'ambiente, del paesaggio e del territorio attraverso la gestione dei terreni per la produzione di foraggi per equidi;
f) applicare alle attività di ippicoltura, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1, le disposizioni vigenti in materia di gestione dei reflui in ambito agricolo;
g) promuovere l'allevamento dei cavalli sportivi da parte delle imprese agricole e valorizzare i cavalli allevati, a livello nazionale e internazionale;
h) garantire l'accesso degli allevatori degli equidi ai Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 e alle misure di sostegno previste per il settore agricolo in generale;
i) prevedere, nei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020, misure per la valorizzazione degli equidi da riproduzione, nonché per l'allevamento e per la stabulazione degli equidi;
l) favorire l'inserimento degli allevatori degli equidi tra i beneficiari delle misure di cooperazione, misura 16, e per il benessere degli animali, misura 14, dei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020;
m) equiparare, ai fini delle misure previste dai Programmi di sviluppo rurale 2014-2020, gli equidi destinati alla produzione alimentare a quelli non destinati a tale produzione;
n) prevedere l'inserimento nei Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 di misure per l'acquisto di attrezzature per l'attività di pensionamento degli equidi, nonché per l'ippoterapia e per l'ippoturismo da parte delle imprese agrituristiche;
o) promuovere il rilancio dell'allevamento degli equidi attraverso l'istituzione di un'agenzia per la promozione degli equidi allevati in Italia, con particolare riferimento ai cavalli, e per la valorizzazione coordinata dei diversi comparti, anche allo scopo di incentivare l'esportazione delle eccellenze italiane.
3. I decreti legislativi di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera b) , del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 .
4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura di cui al presente articolo. | Disciplina dell'ippicoltura
Contenuto
La proposta di legge di iniziativa parlamentare è stata presentata alla Camera dei Deputati; in seguito all'esame della competente Commissione, si compone di tre articoli : il primo articolo reca le definizioni dell'attività di ippicoltura ai fini civilistici e previdenziali e ulteriori disposizioni anche fiscali in materia. il secondo articolo reca la clausola di salvaguardia e il terzo reca disposizioni finanziarie.
L' articolo 1 definisce cosa debba intendersi per ippicoltura. Più nel dettaglio, si intende tale l'attività che interessa tutti gli equidi e che riguarda la riproduzione , la gestazione , la nascita e lo svezzamento svolte in forma imprenditoriale. Tali attività sono considerate agricole ai sensi dell'art. 2135 del codice civile e ad esse si applicano le disposizioni fiscali e previdenziali vigenti previste per il settore agricolo. Inoltre, sono considerate connesse all'attività agricola le seguenti attività : esercizio e gestione di stazioni d fecondazione, l'assistenza e la gestione della produzione del seme; la doma, l'addestramento, l'allenamento, la custodia e il ricovero dei cavalli; la valorizzazione e la promozione delle razze, autoctone e non autoctone; la gestione e il mantenimento degli equidi, anche qualora siano di proprietà di soggetti terzi non allevatori, a prescindere dall'età degli stessi equidi; la promozione delle tecniche di ippicoltura, tirocini e attività formative in collaborazione con istituti scolastici e allevamenti e le cliniche veterinarie; la promozione e l'insegnamento delle attività di mascalcia. Alla cessione e vendita degli equidi si applica l'Iva al 10 per cento. Gli operai assunti a tempo indeterminato o determinato dalle imprese che esercitano attività di ippicoltura sono c onsiderati, ai fini previdenziali, lavoratori agricoli dipendenti. Infine, si fa divieto di destinare alla filiera alimentare gli equidi impiegati a scopo sociale o terapeutico.
L'articolo 2 prevede la clausola di salvaguardia , stabilendo che le disposizioni della presente proposta di legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
L'articolo 3 prevede la clausola di copertura finanziaria per gli oneri derivanti dall'articolo 1 pari a 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2021.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e autonomie territoriali
Il provvedimento, pur attenendo all'ippicoltura, ne reca la disciplina ai fini civilistici, fiscali e previdenziali ed appare pertanto riconducibile alle materie di esclusiva competenza statale sistema tributario dello Stato, previdenza sociale e ordinamento civile (articolo 117, secondo comma, lettere e), l), o) della Costituzione).
Per quanto riguarda invece l'ippicoltura come disciplina zootecnica, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 173 del 2014 ha sostenuto che: "«il significato corrente del termine "zootecnia" richiama indubbiamente l'attività diretta all'allevamento e allo sfruttamento degli animali "produttivi", cioè idonei a fornire all'uomo un'utilità di natura economica»; e che «ciò è confermato dal rilievo che l'attività zootecnica è stata sempre considerata, proprio in tema di riparto di competenze tra Stato e regioni, come inscindibile dalla materia dell'"agricoltura" [di competenza residuale regionale ai sensi dell'articolo 117, quarto comma della Costituzione] ed anzi come un settore, un aspetto particolare di questa» (sentenza n. 123 del 1992). Ed ha, viceversa, ritenuto che al paradigma della «tutela della salute», materia ascrivibile alla competenza concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., sono riconducibili gli obiettivi di tutela igienico-sanitaria e di sicurezza veterinaria (sentenza n. 222 del 2003)". | 6,911 | 83 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3170 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3170
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( DRAGHI )
dal ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
( PATUANELLI )
e dal ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili
( GIOVANNINI )
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( FRANCO )
Conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2021, n. 89 , recante misure urgenti in materia di agricoltura e per il settore ferroviario
Presentato il 22 giugno 2021
Onorevoli Deputati ! – Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere la conversione in legge del decreto-legge 22 giugno 2021, n. 89 , recante misure urgenti in materia di agricoltura e per il settore ferroviario.
Con riferimento all'articolo 1, si ricorda che il regolamento (UE) 2020/2220 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 dicembre 2020, ha stabilito alcune disposizioni transitorie relative al sostegno da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) negli anni 2021 e 2022, assegnando all'Italia risorse del FEASR pari a 1.654.587.531 euro per l'anno 2020 e a 1.355.921.375 euro per l'anno 2021.
A queste risorse devono essere aggiunte quelle recate dall'allegato I bis al regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, introdotto dall'allegato II del citato regolamento (UE) 2020/2220, pari a 910.586.126 euro e così ripartite: 269.404.179 euro per l'anno 2021 e 641.181.947 euro per l'anno 2022, pari rispettivamente al 30 per cento e al 70 per cento delle assegnazioni totali del programma Next Generation EU per lo sviluppo rurale.
Le risorse del FEASR – al netto del fabbisogno per il Programma nazionale di sviluppo rurale e per il programma della Rete rurale nazionale, pari rispettivamente a 349.000.000 euro e a 8 milioni di euro, ammontano complessivamente a 3.564.095.032 euro, suddivisi in 1.714.991.710 euro per l'annualità 2021 e in 1.849.103.322 euro per l'annualità 2022. Tali risorse dovevano essere ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in tempi ragionevolmente contenuti, per consentire le modifiche ai programmi regionali di sviluppo rurale, al Programma nazionale di sviluppo rurale e alla Rete rurale nazionale.
Tuttavia, nonostante un confronto serrato e proattivo e i numerosi tentativi di mediazione da parte del Governo, le regioni e le province autonome non hanno raggiunto un accordo sulle modalità di riparto dei fondi per gli anni 2021 e 2022, sicché, con deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 17 giugno 2021, si è reso necessario stabilire, ai sensi dell' articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , il riparto dei fondi del FEASR destinati agli interventi di sviluppo rurale per gli anni 2021 e 2022.
La proposta governativa di riparto, che ha sintetizzato le diverse posizioni regionali fondate su contrapposte visioni e letture anche degli accordi sui quali era stato ripartito l'importo destinato allo sviluppo rurale per il periodo di programmazione 2014-2020, ha comportato una distribuzione che ha ridotto le aspettative di alcune regioni.
Poiché per alcune regioni penalizzate dal nuovo criterio di riparto risulta indispensabile procedere a un riequilibrio finanziario, al fine di consentire il tempestivo avvio alle procedure regionali per l'assegnazione delle risorse del FEASR con risorse adeguate rispetto al raggiungimento degli obiettivi prefissati, si ritiene necessario destinare l'importo di 92.717.455,29 euro quale quota di cofinanziamento nazionale, a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 .
L'articolo 2, relativo al settore ferroviario, prevede al comma 1 che, al fine di permettere l'avvio immediato degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale, l'aggiornamento, per gli anni 2020 e 2021, del contratto di programma 2017-2021 – parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e la società Rete ferroviaria italiana Spa si considera approvato con il parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile e che gli stanziamenti ivi previsti si considerano immediatamente disponibili per la predetta società ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti.
Il comma 2 prevede che l'efficacia delle disposizioni del comma 1, relativamente agli interventi i cui oneri sono a carico delle risorse previste per l'attuazione di progetti compresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, resta subordinata alla definitiva approvazione del Piano da parte del Consiglio dell'Unione europea.
L'articolo 3 prevede che il decreto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ).
L'articolo 1 non produce nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto l'incremento del cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 , pari a 92.717.455,29 euro, viene effettuato a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente sul predetto Fondo, che risulta peraltro capiente rispetto al fabbisogno.
Qui di seguito sono indicate le assegnazioni al Fondo, ripartite tra le regioni che si vedono assegnare minori risorse rispetto a quelle che avrebbero ottenuto ove si fossero applicati i criteri adottati nel periodo di programmazione 2014-2020:
REGIONI
IMPORTO
Basilicata
5.631.737,89
Calabria
1.398.759,55
Campania
40.165.463,37
Sicilia
26.449.625,25
Umbria
19.071.869,23
Totale
92.717.455,29
Per quanto riguarda l'articolo 2, che introduce disposizioni urgenti per il settore ferroviario, il comma 1 prevede che, al fine di permettere l'avvio immediato degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale, l'aggiornamento, per gli anni 2020 e 2021, del contratto di programma 2017-2021 – parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e la società Rete Ferroviaria Italiana Spa si considera approvato con il parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile e che gli stanziamenti ivi previsti si considerano immediatamente disponibili per la predetta società ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti: la disposizione ha carattere procedimentale e non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; il comma 2 prevede che l'efficacia delle disposizioni del comma 1, relativamente agli interventi i cui oneri sono a carico delle risorse previste per l'attuazione di progetti compresi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, resta subordinata alla definitiva approvazione del Piano da parte del Consiglio dell'Unione europea. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L'articolo 3 prevede che il decreto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 22 giugno 2021, n. 89 , recante misure urgenti in materia di agricoltura e per il settore ferroviario.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 22 giugno 2021, n. 89 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 22 giugno 2021.
Misure urgenti in materia di agricoltura e per il settore ferroviario.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Visto il regolamento (UE) 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio;
Visto il regolamento (UE, Euratom) 2020/2093 del Consiglio del 17 dicembre 2020 che stabilisce il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027;
Visto il regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio del 14 dicembre 2020 che istituisce uno strumento dell'Unione europea per la ripresa, a sostegno alla ripresa dell'economia dopo la crisi COVID-19;
Considerato che la quota del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del programma « Next Generation EU » (NGEU) da ripartire tra i piani di sviluppo rurale (PSR) regionali ammonta ad euro 3.564.095.032, suddivisa in euro 1.714.991.710 per l'annualità 2021 ed euro 1.849.103.322 per l'annualità 2022;
Vista la proposta del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali trasmessa al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri con nota n. 137532 del 23 marzo 2021, recante un piano di riparto del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) relativo agli anni 2021 e 2022, per un importo complessivo di euro 3.915.095.032, al lordo delle esigenze finanziarie per il Programma nazionale di sviluppo rurale e per il Programma della rete rurale nazionale;
Vista la comunicazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 21 aprile 2021 (prot. n. 181481), indirizzata al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri, con la quale, oltre alle tabelle di riparto relative alla proposta di cui alla predetta nota in data 23 marzo 2021, è stata trasmessa una ulteriore proposta di ripartizione effettuata tenendo conto del successivo confronto tra le regioni e tra lo Stato e le regioni;
Considerato che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 21 aprile 2021 ha espresso, ai sensi dell' articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , mancata intesa sul documento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali recante «Proposta di ripartizione del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) relativo gli anni 2021 e 2022 per un importo complessivo di € 3.915.095.032 » , ed il Governo ha manifestato la disponibilità a riesaminare il provvedimento per addivenire, nel rispetto dei termini di cui all' articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997 , ad una soluzione condivisa in modo da superare il dissenso espresso dalle regioni;
Considerato che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 28 aprile 2021, ha confermato la mancata intesa già espressa nella seduta del 21 aprile 2021;
Vista la deliberazione motivata del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 17 giugno 2021, che, ai sensi dell' articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , ha approvato il riparto del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) relativo gli anni 2021 e 2022 in modo da consentire alle competenti Autorità di gestione regionali, provinciali e nazionali di approvare le modifiche ai rispettivi programmi di sviluppo rurale e procedere con l'attuazione delle misure ivi contemplate;
Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di disporre idonee misure di riequilibrio finanziario in favore di quei territori cui, per effetto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 17 giugno 2021, sono state attribuite, per il biennio 2021-2022, minori risorse rispetto a quelle che sarebbero state assegnate sulla base dei criteri di riparto utilizzati per il periodo 2014-2020;
Ravvisata, pertanto, l'urgenza di adottare immediate misure di riequilibrio finanziario, al fine di consentire alle regioni di dare tempestivo avvio alle relative procedure per l'assegnazione delle risorse del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) che, senza un corrispondente incremento della quota di cofinanziamento nazionale, risulterebbero inefficaci rispetto al raggiungimento degli obiettivi prefissati;
Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di disporre idonee misure al fine di permettere l'avvio immediato di interventi sulla rete ferroviaria nazionale;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 17 giugno 2021;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Risorse per il riequilibrio degli interventi FEASR)
1. Al fine di assicurare il riequilibrio finanziario tra regioni a seguito del riparto delle risorse relative al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), nonché al fine di sostenere i soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica «Covid-19», per il periodo transitorio 2021-2022, viene destinato l'importo di euro 92.717.455,29 quale quota di cofinanziamento nazionale a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui all' articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183 .
2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale fornisce al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione Europea (IGRUE), la suddivisione dell'importo di cui al comma 1 tra i Programmi regionali di sviluppo rurale oggetto di riequilibrio. Le regioni beneficiarie inseriscono le risorse di cui al comma 1 nei piani finanziari dei rispettivi programmi come finanziamenti nazionali integrativi.
Articolo 2.
(Disposizioni urgenti per il settore ferroviario)
1. Al fine di permettere l'avvio immediato degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale, l'aggiornamento per gli anni 2020 e 2021 del contratto di programma 2017-2021 – parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. si considera approvato con il parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile e gli stanziamenti ivi previsti si considerano immediatamente disponibili per Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti.
2. L'efficacia della disposizione di cui al comma 1, relativamente agli interventi i cui oneri sono a carico delle risorse previste per l'attuazione di progetti compresi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, resta subordinata alla definitiva approvazione del Piano da parte del Consiglio dell'Unione europea.
Articolo 3.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 22 giugno 2021.
MATTARELLA
Draghi , Presidente del Consiglio dei ministri
Patuanelli , Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
Giovannini , Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili
Franco , Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli : Cartabia | Misure urgenti in materia di agricoltura e per il settore ferroviario
Contenuto
Il provvedimento è stato presentato alla Camera dei Deputati per la conversione in legge; consta di 3 articoli suddivisi in 5 commi.
L' articolo 1 dispone uno stanziamento di 92.717.455,29 euro per il riequilibrio finanziario tra i territori regionali , a seguito del riparto delle risorse relative al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR ) per il biennio 2021 e 2022. Nello specifico, il comma 1 stabilisce che il predetto importo pari a 92.717.455,29 euro - quale quota di cofinanziamento nazionale a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui all'articolo articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183 - sia diretto, per il periodo transitorio 2021-2022, ad assicurare il riequilibrio finanziario tra le Regioni a seguito del riparto delle risorse relative al FEASR, nonché a sostenere i soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica "Covid-19". Il comma 2 stabilisce che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale - fornisca al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione Europea (IGRUE) -, la suddivisione dell'importo richiamato al comma 1 tra i programmi di sviluppo rurale oggetto del riequilibrio. Le Regioni che beneficiano di tali risorse le inseriscono nei piani finanziari dei rispettivi programmi come finanziamenti nazionali integrativi.
L' articolo 2 dispone l'approvazione, in deroga alle procedure ordinariamente previste , dell'aggiornamento per gli anni 2020 e 2021 del contratto di programma 2017-2021 - parte investimenti tra il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. sulla base del semplice parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile. L'obiettivo dell'intervento è quello di permettere l'avvio immediato degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale e di rendere immediatamente disponibili per Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. gli stanziamenti ivi previsti ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti. L'efficacia della disposizione, relativamente agli interventi i cui oneri sono a carico delle risorse previste per I'attuazione di progetti compresi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, resta subordinata alla definitiva approvazione del Piano da parte del Consiglio dell'Unione europea.
L' articolo 3 prevede che il provvedimento in esame entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
Specificità ed omogeneità delle disposizioni e altri requisiti previsti dalla legislazione vigente
Il provvedimento, originariamente composto da 3 articoli, per un totale di 5 commi, è riconducibile a due distinte finalità : l'incremento della quota di finanziamento nazionale del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e l'approvazione ex lege del contratto di programma 2017-2021 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana Spa;
Per quanto attiene al rispetto del requisito dell'immediata applicazione delle misure del decreto-legge, di cui all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, si segnala che dei 5 commi, 1 richiede l'adozione di provvedimenti attuativi; si tratta in particolare della comunicazione del Ministero delle politiche agricole al Ministero dell'economia sulla suddivisione tra i programmi regionali dell'importo destinato al FEASR e dell'inserimento da parte delle regioni delle risorse nei programmi regionali come finanziamenti nazionali integrativi; l'efficacia di un'altra disposizione è invece in parte subordinata alla definitiva approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) da parte del Consiglio dell'Unione europea;
Chiarezza e proprietà della formulazione del testo
Il comma 2 dell'articolo 2 prevede che l'efficacia dell'approvazione ex- lege del contratto di programma-parte investimenti tra Ministero delle infrastrutture e della mobilità e Rete Ferroviaria Italiana Spa, disposta dal comma 1, sia subordinata, relativamente agli interventi i cui oneri sono a carico delle risorse previste per l'attuazione di progetti compresi nel PNRR, alla definitiva approvazione del Piano da parte del Consiglio dell'Unione europea; al riguardo, si valuti l'opportunità di indicare in termini più precisi gli interventi ai quali si fa riferimento. | 6,588 | 84 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2619 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2619
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( CONTE )
dal ministro per gli affari regionali e le autonomie
( BOCCIA )
e dal ministro per le pari opportunità e la famiglia
( BONETTI )
di concerto con il ministro dell'interno
( LAMORGESE )
Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86 , recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario
Presentato il 31 luglio 2020
Onorevoli Deputati ! – La legge 15 febbraio 2016, n. 20 , ha introdotto, tra i princìpi fondamentali ai quali le regioni a statuto ordinario devono attenersi nel disciplinare con legge il proprio sistema elettorale, l'adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive.
In particolare, è stata modificata la legge 2 luglio 2004, n. 165 , che – in attuazione dell' articolo 122, primo comma, della Costituzione – stabilisce i princìpi fondamentali cui le regioni devono attenersi nella disciplina del proprio sistema elettorale.
A seguito delle modifiche introdotte, la legge nazionale non si limita a prevedere tra i princìpi, come stabilito nel testo originario, la «promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive», ma indica anche le specifiche misure da adottare, articolandole sulla base dei diversi sistemi elettorali per la scelta della rappresentanza dei consigli regionali.
Al riguardo, la predetta legge prevede tre ipotesi:
1) liste con preferenze: qualora la legge elettorale regionale consenta l'espressione di preferenze, sono indicati due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere:
a) quota di lista del 40 per cento (in ciascuna lista il numero dei candidati di uno stesso sesso non deve eccedere il 60 per cento del totale);
b) preferenza di genere (deve essere assicurata l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate);
2) liste «bloccate»: nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda l'elezione mediante liste senza espressione di preferenze, deve essere prescritta l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che il numero dei candidati di un sesso non ecceda il 60 per cento del totale;
3) collegi uninominali: nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda l'elezione in collegi uninominali, nell'ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo il numero dei candidati di un sesso non deve eccedere il 60 per cento del totale.
La regione Puglia non ha adeguato la propria legislazione elettorale alle modifiche sopra descritte, sebbene la questione fosse stata oggetto di formale raccomandazione da parte del Ministro per gli affari regionali e di un'espressa diffida alla regione Puglia da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito della quale il predetto ente territoriale avrebbe dovuto provvedere ad adeguare la propria legislazione in materia di sistema elettorale entro il 28 luglio 2020; tale termine è spirato senza la conseguente ottemperanza.
In considerazione dell'esigenza di dare attuazione al principio dell'equilibrio tra i sessi, è stato predisposto il presente provvedimento di urgenza, che dispone in ordine alle consultazioni regionali dell'anno 2020, alle quali è interessata la regione Puglia, contemplando l'esercizio del potere sostitutivo statale e le disposizioni di legge che rendono effettivo il rispetto del principio dell'equilibrio tra i sessi, da applicare nel procedimento elettorale per il rinnovo del consiglio regionale della Puglia.
Il predetto principio, infatti, trova riconoscimento e garanzia negli articoli 51 e, proprio con riferimento alle regioni, 117, settimo comma, della Costituzione: una copertura ampia, che legittima pienamente un intervento sostitutivo di tipo normativo da parte dello Stato, a tutela dell'unità giuridica dello stesso, ai sensi dell' articolo 120, secondo comma, della Costituzione .
È infatti necessario e doveroso che lo Stato, in assenza di adeguamento da parte della regione interessata ai princìpi che esso ha posto nell'ambito di una peculiare competenza concorrente quale quella configurata dall' articolo 122 della Costituzione in materia di modalità di elezione degli organi delle regioni, possa garantire un livello omogeneo di tutela dei diritti politici in tutto il territorio nazionale.
L'intervento normativo oggetto del presente provvedimento ha naturalmente carattere eccezionale, e dunque avrà efficacia sino a quando la regione Puglia non provvederà, nell'esercizio della propria potestà legislativa, all'attuazione del menzionato principio.
L'articolo 1 del decreto-legge, pertanto, al comma 1, opera un intervento di ricognizione della fattispecie nei suoi presupposti di fatto e di diritto, che appare necessaria, atteso che la locuzione dell' articolo 120 della Costituzione : «nel caso di mancato rispetto di norme» prefigura varie ipotesi di inadempimento di obblighi suscettibili di intervento surrogatorio.
Il comma 2 del medesimo articolo ripercorre i princìpi di diritto e i criteri dettati dalla legge n. 165 del 2004 per garantire la parità tra i sessi nelle consultazioni elettorali; in particolare, alla lettera a) è previsto che la votazione per l'elezione del consiglio regionale deve garantire a ciascun elettore la possibilità di esprimere due preferenze, di cui una riservata ad un candidato di sesso diverso dall'altro, condizione questa che deve essere considerata nella predisposizione delle schede elettorali. La lettera b) prevede che, nel caso in cui l'elettore esprima preferenze per due candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza.
Il comma 3 dispone la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario allo scopo di provvedere agli adempimenti strettamente necessari all'attuazione delle disposizioni sopra richiamate, finalizzate al rispetto del principio di parità tra i sessi.
L'articolo 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 3 disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge.
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ).
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86 , recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 31 luglio 2020.
Disposizioni urgenti in materia di parità di genere
nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visti gli articoli 51, primo comma, 117, settimo comma, e 122, primo comma, della Costituzione;
Visto l' articolo 1, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165 , che, in attuazione dell' articolo 122, primo comma, della Costituzione , stabilisce in via esclusiva i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei Consigli regionali;
Atteso che tra i princìpi fondamentali vincolanti per la funzione legislativa regionale in materia di sistemi elettorali è stabilito il principio di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive;
Visto l'articolo 4, comma 1, lettera c-bis) , della legge 2 luglio 2004, n. 165 , come modificato dall' articolo 1, comma 1, della legge 15 febbraio 2016, n. 20 , che declina i criteri di attuazione del principio di promozione di pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive, prescrivendo meccanismi formali di garanzia di tale principio nella disciplina regolativa delle preferenze e delle candidature;
Ritenuto necessario a tutela dell'unità giuridica della Repubblica garantire l'effettività del rispetto del principio di accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza ai sensi dell' articolo 51, primo comma, della Costituzione ;
Visto l' articolo 120 della Costituzione ;
Visto l' articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 ;
Visto l'atto di formale diffida da parte del Presidente del Consiglio dei ministri alla Regione Puglia in data 23 luglio 2020, per adeguare, entro il 28 luglio 2020, le disposizioni della propria legge elettorale ai princìpi di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c-bis) , della legge 2 luglio 2004, n. 165 , come modificato dall' articolo 1, comma 1, della legge 15 febbraio 2016, n. 20 ;
Considerato che la Regione interessata non ha provveduto ad adottare, nel termine indicato, le necessarie disposizioni di adeguamento della propria legislazione elettorale;
Ritenuto di dover intervenire con urgenza, in considerazione delle imminenti scadenze elettorali a tutela dell'unità giuridica della Repubblica;
Visto l'invito al Presidente della Giunta regionale della Regione Puglia, a partecipare alla riunione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell' articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 ;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 31 luglio 2020;
Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie e del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro dell'interno;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Intervento sostitutivo in materia di consultazioni elettorali regionali
per l'anno 2020)
1. Il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta Regionale nonché dei consigli regionali dei princìpi fondamentali posti dall' articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165 , come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20 , integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all' articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate.
2. Al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, nella Regione Puglia per le elezioni del consiglio regionale, in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i princìpi della legge n. 165 del 2004 e salvo sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti princìpi, si applicano le seguenti disposizioni:
a) ciascun elettore può esprimere due voti di preferenza, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro, e le schede utilizzate per la votazione sono conseguentemente predisposte;
b) nel caso in cui siano espresse due preferenze per candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza.
3. Il Prefetto di Bari è nominato commissario straordinario con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del presente decreto, ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con il comma 2, fermo restando il rispetto del principio della concentrazione delle consultazioni elettorali di cui al comma 3 dell'articolo 1- bis del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 giugno 2020, n. 59 .
Articolo 2.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 3.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 31 luglio 2020
MATTARELLA
C onte , Presidente del Consiglio dei ministri
Boccia , Ministro per gli affari regionali e le autonomie
Bonetti , Ministro per le pari opportunità e la famiglia
Lamorgese , Ministro dell'interno
Visto, il Guardasigilli : Bonafede | Parità di genere nelle elezioni regionali
Contenuto
Il decreto-legge n. 86 del 2020 prevede che il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei Consigli regionali dei principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165 (come modificato dalla legge n. 20 del 2016 che ha introdotto disposizioni in materia di equilibrio di genere) integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate. Detta quindi disposizioni da applicare nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale del 2020.In particolare, al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, in tale regione per le elezioni del Consiglio regionale "in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i principi della legge n. 165 del 2004 e salvo sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti principi" si introduce la "doppia preferenza di genere" attualmente non prevista dalla legge elettorale regionale della Puglia per l'elezione del Consiglio. È infine disposta la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario "con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del decreto", ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con la doppia previsione di genere.
In particolare, l'articolo 1 pone dunque (al comma 1 ) un principio di carattere generale stabilendo che il mancato recepimento dei principi fondamentali recati dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004, in attuazione dell'articolo 122 della Costituzione, integri la fattispecie di mancato rispetto di norme ai sensi dell'art. 120 della Costituzione e, quindi, costituisca presupposto per un intervento sostitutivo dello Stato.
Il comma 2 reca specifiche disposizioni da applicare nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale del 2020. Si prevede, in particolare, che al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale, "in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i principi della legge n. 165 del 2004 e salvo sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti principi", si applicano le disposizioni ivi previste.Si stabilisce dunque che: a) ciascun elettore può esprimere due voti di preferenza, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro, e le schede utilizzate per la votazione sono conseguentemente predisposte; b) nel caso in cui siano espresse due preferenze per candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza. Si segnala che tra le altre regioni nelle quali sono previste elezioni i prossimi 20 e 21 settembre anche la Valle d'Aosta, a Statuto speciale, non ha attuato la doppia preferenza di genere.
Il comma 3 dispone la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario "con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del decreto", ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con la doppia previsione di genere introdotta dal comma 2 dell'art. 1 del decreto-legge in esame per la regione Puglia. Rimane fermo, secondo quanto specificato al comma 3, il rispetto del principio della concentrazione delle consultazioni elettorali previsto dal decreto-legge n. 26 del 2020 (art. 1-bis) che ha disposto lo svolgimento contestuale – il 20 e 21 settembre 2020 - delle elezioni previste nel 2020.
L'articolo 2 dispone in ordine all'invarianza finanziaria del provvedimento, stabilendo che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni del decreto-legge nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'articolo 3 reca la clausola di entrata in vigore del decreto-legge, disponendo l'entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.191 del 31-07-2020), quindi il 1° agosto 2020.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e regioni
L'articolo 122, primo comma, della Costituzione dispone che "il sistema d'elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi"; in attuazione dell'articolo 122 della Costituzione la legge n. 165 del 2004 stabilisce i principi fondamentali entro cui deve svolgersi la potestà legislativa della regione in materia elettorale, con particolare riferimento a ineleggibilità (articolo 2), incandidabilità (articolo 3) e sistema di elezione (articolo 4), nonché la durata degli organi elettivi regionali (articolo 5).
Con riferimento alla formulazione del testo, si valuti l'opportunità di approfondire i seguenti aspetti:
il preambolo e la relazione illustrativa fanno riferimento all'esigenza di garantire il rispetto, tra i principi fondamentali individuati dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004 in materia di leggi elettorali regionali, del solo principio in materia di parità di genere, introdotto nel citato articolo 4, al comma 1, lettera c- bis ), dalla legge n. 20 del 2016, mentre il comma 1 dell'articolo 1 fa riferimento ai "principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20" e sembra pertanto ricomprenderli tutti (vale a dire anche i precedenti principi di cui alla lettere a) - sistema elettorale che favorisca maggioranze stabili - b) - contestualità tra elezione del presidente della giunta ed elezione del consiglio - e c), divieto di mandato imperativo) e per tutti legittimare, in caso di mancato recepimento nella legislazione regionale, l'esercizio dei poteri sostitutivi;
la rubrica dell'articolo 1 fa riferimento ad un "intervento sostitutivo in materia di elezioni regionali per l'anno 2020"; tuttavia il contenuto del comma 1 dell'articolo 1 appare suscettibile di applicazione anche per successivi eventi elettorali;
soprattutto nell'ipotesi in cui il testo abbia una portata generale, e quindi non limitata alla sola applicazione del principio della parità di genere e alle sole elezioni regionali del 2020, si valuti l'opportunità di approfondire le modalità con le quali eventualmente circoscriverne meglio la portata e le modalità di applicazione, in particolare con riferimento alle modalità di valutazione del mancato recepimento dei principi fondamentali dell'articolo 4 della legge n. 165 del 2004;
al comma 3 dell'articolo 1, si prevede tra le altre cose che "il Prefetto di Bari è nominato commissario con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del presente decreto"; al riguardo si valuti in particolare l'opportunità di valutare la disposizione alla luce della giurisprudenza costituzionale che appare orientata, anche se in materia diversa (la disciplina dei piani di rientro dai disavanzi sanitari), ad escludere la possibilità di ritenere conformi al dettato costituzionale provvedimenti commissariali aventi forza di legge regionale, pur tutelando, in quel settore specifico, l'attività dei commissari da interferenze degli organi regionali, anche quando questi agissero per via legislativa (sentenza n. 247 del 2018). | 6,363 | 99 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2619 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2619
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( CONTE )
dal ministro per gli affari regionali e le autonomie
( BOCCIA )
e dal ministro per le pari opportunità e la famiglia
( BONETTI )
di concerto con il ministro dell'interno
( LAMORGESE )
Conversione in legge del decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86 , recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario
Presentato il 31 luglio 2020
Onorevoli Deputati ! – La legge 15 febbraio 2016, n. 20 , ha introdotto, tra i princìpi fondamentali ai quali le regioni a statuto ordinario devono attenersi nel disciplinare con legge il proprio sistema elettorale, l'adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive.
In particolare, è stata modificata la legge 2 luglio 2004, n. 165 , che – in attuazione dell' articolo 122, primo comma, della Costituzione – stabilisce i princìpi fondamentali cui le regioni devono attenersi nella disciplina del proprio sistema elettorale.
A seguito delle modifiche introdotte, la legge nazionale non si limita a prevedere tra i princìpi, come stabilito nel testo originario, la «promozione della parità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l'accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive», ma indica anche le specifiche misure da adottare, articolandole sulla base dei diversi sistemi elettorali per la scelta della rappresentanza dei consigli regionali.
Al riguardo, la predetta legge prevede tre ipotesi:
1) liste con preferenze: qualora la legge elettorale regionale consenta l'espressione di preferenze, sono indicati due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere:
a) quota di lista del 40 per cento (in ciascuna lista il numero dei candidati di uno stesso sesso non deve eccedere il 60 per cento del totale);
b) preferenza di genere (deve essere assicurata l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate);
2) liste «bloccate»: nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda l'elezione mediante liste senza espressione di preferenze, deve essere prescritta l'alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che il numero dei candidati di un sesso non ecceda il 60 per cento del totale;
3) collegi uninominali: nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda l'elezione in collegi uninominali, nell'ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo il numero dei candidati di un sesso non deve eccedere il 60 per cento del totale.
La regione Puglia non ha adeguato la propria legislazione elettorale alle modifiche sopra descritte, sebbene la questione fosse stata oggetto di formale raccomandazione da parte del Ministro per gli affari regionali e di un'espressa diffida alla regione Puglia da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito della quale il predetto ente territoriale avrebbe dovuto provvedere ad adeguare la propria legislazione in materia di sistema elettorale entro il 28 luglio 2020; tale termine è spirato senza la conseguente ottemperanza.
In considerazione dell'esigenza di dare attuazione al principio dell'equilibrio tra i sessi, è stato predisposto il presente provvedimento di urgenza, che dispone in ordine alle consultazioni regionali dell'anno 2020, alle quali è interessata la regione Puglia, contemplando l'esercizio del potere sostitutivo statale e le disposizioni di legge che rendono effettivo il rispetto del principio dell'equilibrio tra i sessi, da applicare nel procedimento elettorale per il rinnovo del consiglio regionale della Puglia.
Il predetto principio, infatti, trova riconoscimento e garanzia negli articoli 51 e, proprio con riferimento alle regioni, 117, settimo comma, della Costituzione: una copertura ampia, che legittima pienamente un intervento sostitutivo di tipo normativo da parte dello Stato, a tutela dell'unità giuridica dello stesso, ai sensi dell' articolo 120, secondo comma, della Costituzione .
È infatti necessario e doveroso che lo Stato, in assenza di adeguamento da parte della regione interessata ai princìpi che esso ha posto nell'ambito di una peculiare competenza concorrente quale quella configurata dall' articolo 122 della Costituzione in materia di modalità di elezione degli organi delle regioni, possa garantire un livello omogeneo di tutela dei diritti politici in tutto il territorio nazionale.
L'intervento normativo oggetto del presente provvedimento ha naturalmente carattere eccezionale, e dunque avrà efficacia sino a quando la regione Puglia non provvederà, nell'esercizio della propria potestà legislativa, all'attuazione del menzionato principio.
L'articolo 1 del decreto-legge, pertanto, al comma 1, opera un intervento di ricognizione della fattispecie nei suoi presupposti di fatto e di diritto, che appare necessaria, atteso che la locuzione dell' articolo 120 della Costituzione : «nel caso di mancato rispetto di norme» prefigura varie ipotesi di inadempimento di obblighi suscettibili di intervento surrogatorio.
Il comma 2 del medesimo articolo ripercorre i princìpi di diritto e i criteri dettati dalla legge n. 165 del 2004 per garantire la parità tra i sessi nelle consultazioni elettorali; in particolare, alla lettera a) è previsto che la votazione per l'elezione del consiglio regionale deve garantire a ciascun elettore la possibilità di esprimere due preferenze, di cui una riservata ad un candidato di sesso diverso dall'altro, condizione questa che deve essere considerata nella predisposizione delle schede elettorali. La lettera b) prevede che, nel caso in cui l'elettore esprima preferenze per due candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza.
Il comma 3 dispone la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario allo scopo di provvedere agli adempimenti strettamente necessari all'attuazione delle disposizioni sopra richiamate, finalizzate al rispetto del principio di parità tra i sessi.
L'articolo 2 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 3 disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge.
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ).
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86 , recante disposizioni urgenti in materia di parità di genere nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 31 luglio 2020, n. 86 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 31 luglio 2020.
Disposizioni urgenti in materia di parità di genere
nelle consultazioni elettorali delle regioni a statuto ordinario.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visti gli articoli 51, primo comma, 117, settimo comma, e 122, primo comma, della Costituzione;
Visto l' articolo 1, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165 , che, in attuazione dell' articolo 122, primo comma, della Costituzione , stabilisce in via esclusiva i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei Consigli regionali;
Atteso che tra i princìpi fondamentali vincolanti per la funzione legislativa regionale in materia di sistemi elettorali è stabilito il principio di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive;
Visto l'articolo 4, comma 1, lettera c-bis) , della legge 2 luglio 2004, n. 165 , come modificato dall' articolo 1, comma 1, della legge 15 febbraio 2016, n. 20 , che declina i criteri di attuazione del principio di promozione di pari opportunità tra uomini e donne nell'accesso alle cariche elettive, prescrivendo meccanismi formali di garanzia di tale principio nella disciplina regolativa delle preferenze e delle candidature;
Ritenuto necessario a tutela dell'unità giuridica della Repubblica garantire l'effettività del rispetto del principio di accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza ai sensi dell' articolo 51, primo comma, della Costituzione ;
Visto l' articolo 120 della Costituzione ;
Visto l' articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 ;
Visto l'atto di formale diffida da parte del Presidente del Consiglio dei ministri alla Regione Puglia in data 23 luglio 2020, per adeguare, entro il 28 luglio 2020, le disposizioni della propria legge elettorale ai princìpi di promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso alle cariche elettive, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c-bis) , della legge 2 luglio 2004, n. 165 , come modificato dall' articolo 1, comma 1, della legge 15 febbraio 2016, n. 20 ;
Considerato che la Regione interessata non ha provveduto ad adottare, nel termine indicato, le necessarie disposizioni di adeguamento della propria legislazione elettorale;
Ritenuto di dover intervenire con urgenza, in considerazione delle imminenti scadenze elettorali a tutela dell'unità giuridica della Repubblica;
Visto l'invito al Presidente della Giunta regionale della Regione Puglia, a partecipare alla riunione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell' articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 ;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 31 luglio 2020;
Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro per gli affari regionali e le autonomie e del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, di concerto con il Ministro dell'interno;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Intervento sostitutivo in materia di consultazioni elettorali regionali
per l'anno 2020)
1. Il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente e degli altri componenti della Giunta Regionale nonché dei consigli regionali dei princìpi fondamentali posti dall' articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165 , come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20 , integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all' articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate.
2. Al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, nella Regione Puglia per le elezioni del consiglio regionale, in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i princìpi della legge n. 165 del 2004 e salvo sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti princìpi, si applicano le seguenti disposizioni:
a) ciascun elettore può esprimere due voti di preferenza, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro, e le schede utilizzate per la votazione sono conseguentemente predisposte;
b) nel caso in cui siano espresse due preferenze per candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza.
3. Il Prefetto di Bari è nominato commissario straordinario con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del presente decreto, ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con il comma 2, fermo restando il rispetto del principio della concentrazione delle consultazioni elettorali di cui al comma 3 dell'articolo 1- bis del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 , convertito, con modificazioni, dalla legge 19 giugno 2020, n. 59 .
Articolo 2.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 3.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 31 luglio 2020
MATTARELLA
C onte , Presidente del Consiglio dei ministri
Boccia , Ministro per gli affari regionali e le autonomie
Bonetti , Ministro per le pari opportunità e la famiglia
Lamorgese , Ministro dell'interno
Visto, il Guardasigilli : Bonafede | Parità di genere nelle consultazioni elettorali regionali
Contenuto
Il decreto-legge n. 86 del 2020 prevede che il mancato recepimento nella legislazione regionale in materia di sistemi di elezione del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei Consigli regionali dei principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165 (come modificato dalla legge n. 20 del 2016 che ha introdotto disposizioni in materia di equilibrio di genere) integra la fattispecie di mancato rispetto di norme di cui all'articolo 120 della Costituzione e, contestualmente, costituisce presupposto per l'assunzione delle misure sostitutive ivi contemplate. Detta quindi disposizioni da applicare nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale del 2020.In particolare, al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, in tale regione per le elezioni del Consiglio regionale "in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i principi della legge n. 165 del 2004 e salvo sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti principi" si introduce la "doppia preferenza di genere" attualmente non prevista dalla legge elettorale regionale della Puglia per l'elezione del Consiglio. È infine disposta la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario "con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del decreto", ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con la doppia previsione di genere.
In particolare, l'articolo 1 pone dunque (al comma 1 ) un principio di carattere generale stabilendo che il mancato recepimento dei principi fondamentali recati dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004, in attuazione dell'articolo 122 della Costituzione, integri la fattispecie di mancato rispetto di norme ai sensi dell'art. 120 della Costituzione e, quindi, costituisca presupposto per un intervento sostitutivo dello Stato.
Il comma 2 reca specifiche disposizioni da applicare nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale del 2020. Si prevede, in particolare, che al fine di assicurare il pieno esercizio dei diritti politici e l'unità giuridica della Repubblica, nella regione Puglia per le elezioni del Consiglio regionale, "in luogo delle vigenti disposizioni regionali in contrasto con i principi della legge n. 165 del 2004 e salvo sopravvenuto autonomo adeguamento regionale ai predetti principi", si applicano le disposizioni ivi previste.Si stabilisce dunque che: a) ciascun elettore può esprimere due voti di preferenza, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso dall'altro, e le schede utilizzate per la votazione sono conseguentemente predisposte; b) nel caso in cui siano espresse due preferenze per candidati del medesimo sesso, si procede all'annullamento della seconda preferenza.
Il comma 3 dispone la nomina del prefetto di Bari a commissario straordinario "con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del decreto", ivi compresa la ricognizione delle disposizioni regionali incompatibili con la doppia previsione di genere introdotta dal comma 2 dell'art. 1 del decreto-legge in esame per la regione Puglia. Rimane fermo, secondo quanto specificato al comma 3, il rispetto del principio della concentrazione delle consultazioni elettorali previsto dal decreto-legge n. 26 del 2020 (art. 1-bis) che ha disposto lo svolgimento contestuale – il 20 e 21 settembre 2020 - delle elezioni previste nel 2020.
L'articolo 2 dispone in ordine all'invarianza finanziaria del provvedimento, stabilendo che le amministrazioni interessate provvedono all'attuazione delle disposizioni del decreto-legge nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. L'articolo 3 reca la clausola di entrata in vigore del decreto-legge, disponendo l'entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (GU Serie Generale n.191 del 31-07-2020), quindi il 1° agosto 2020.
Specificità ed omogeneità delle disposizioni
Il provvedimento, composto da 3 articoli, per un totale di 5 commi, appare finalizzato a garantire il rispetto del principio della parità di genere nella legislazione elettorale regionale attraverso l'esercizio del potere sostitutivo previsto dall'articolo 120 della Costituzione.
In proposito si ricorda che l'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, il quale stabilisce che il Governo non può mediante decreto- legge provvedere nelle materie indicate nell'art. 72, quarto comma, della Costituzione, fra le quali rientra la materia elettorale; occorre al tempo stesso considerare che si registrano diversi precedenti di interventi in materia elettorale con tale strumento normativo, che hanno avuto ad oggetto prevalentemente aspetti del procedimento elettorale e non la disciplina del sistema elettorale in senso sostanziale; anche dalla giurisprudenza costituzionale – si veda ad esempio la sentenza n. 161 del 1995 - si ricava che il divieto di intervenire con decreto-legge in materia elettorale riguardi la determinazione della rappresentanza in base ai voti ottenuti e non incida sulla legislazione elettorale di contorno.
La citata sentenza n. 161 del 1995 fu pronunciata nell'ambito di un giudizio su un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato riguardante il decreto- legge n. 83 del 1995, in materia di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne referendarie. Il conflitto era stato sollevato dai promotori di alcuni referendum, ad avviso dei quali il citato decreto-legge risultava "viziato "per cattivo uso del potere di cui all'art. 77 della Costituzione" essendo stato adottato, senza che ricorressero gli estremi della necessità e dell'urgenza, in materia referendaria, da ritenersi preclusa al decreto-legge". La Corte, dopo aver riaffermato, in linea con la sentenza n. 29 del 1995, che spetta ad essa il sindacato sull'esistenza dei presupposti costituzionali ed aver rilevato che nel caso di specie "non ricorre quella "evidente mancanza" dei requisiti di validità costituzionale relativi alla preesistenza di tali presupposti", si pronuncia sul "limite oggettivo che, rispetto alla decretazione d'urgenza, viene dedotto nel ricorso con riferimento alla materia referendaria", rilevando "che tale limite non risulta desumibile, né direttamente né indirettamente, dalla disciplina costituzionale"."Il rilievo può valere – argomenta la Corte – anche per quanto concerne il divieto – desunto dall'art. 72, quarto comma, della Costituzione e richiamato dall'art. 15, secondo comma, lettera b), della legge 23 agosto 1988, n. 400 – relativo alla materia elettorale: e, invero, anche a voler ammettere, ai fini dell'operatività di detto limite rispetto al caso in esame, una piena equiparazione tra materia elettorale e materia referendaria, resterebbe pur sempre il fatto che il decreto in questione ha inteso porre una disciplina che non viene a toccare né il voto né il procedimento referendario in senso proprio, ma le modalità della campagna referendaria. La sfera regolata dal decreto-legge n. 83 del 1995, pur connessa alla materia referendaria – in quanto funzionalmente collegata all'applicazione dell'art. 75 della Costituzione – risulta, pertanto, distinta, nei suoi contenuti, da tale materia, il cui oggetto va identificato nel voto e nel procedimento referendario".Da tale affermazioni sembra desumersi che il divieto di intervenire con decreto-legge in materia elettorale riguardi, per così dire, il "nucleo essenziale " della legge elettorale, principalmente quello che regola la determinazione della rappresentanza politica in base ai voti ottenuti, e non incida invece sulla cosiddetta legislazione elettorale di contorno o sulla disciplina di aspetti di carattere procedimentale o organizzativo.
Merita anche richiamare che con riferimento alla qualificazione, nell'ambito del sistema elettorale, del meccanismo che il provvedimento inserisce – ovvero la doppia preferenza di genere - la sentenza n. 4 del 2010 della Corte costituzionale, pronunciandosi sulla legge elettorale regionale campana che per prima introdusse questo meccanismo, osservò che la disposizione campana, per la sua formulazione, non prefigurava il risultato elettorale, ossia non alterava la composizione dell'assemblea elettiva rispetto a quello che sarebbe stato il risultato di una scelta compiuta dagli elettori in assenza della regola contenuta nella norma medesima né attribuiva ai candidati dell'uno o dell'altro sesso maggiori opportunità di successo elettorale rispetto agli altri; in altri termini, considerava la sentenza, la «nuova regola rende maggiormente possibile il riequilibrio, ma non lo impone. Si tratta, quindi, di una misura promozionale, ma non coattiva».
Chiarezza e proprietà della formulazione del testo
Con riferimento alla formulazione del testo, si valuti l'opportunità di approfondire i seguenti aspetti:
il preambolo e la relazione illustrativa fanno riferimento all'esigenza di garantire il rispetto, tra i principi fondamentali individuati dall'articolo 4 della legge n. 165 del 2004 in materia di leggi elettorali regionali, del solo principio in materia di parità di genere, introdotto nel citato articolo 4, al comma 1, lettera c- bis ), dalla legge n. 20 del 2016, mentre il comma 1 dell'articolo 1 fa riferimento ai "principi fondamentali posti dall'articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n. 165, come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20" e sembra pertanto ricomprenderli tutti (vale a dire anche i precedenti principi di cui alla lettere a) - sistema elettorale che favorisca maggioranze stabili - b) - contestualità tra elezione del presidente della giunta ed elezione del consiglio - e c), divieto di mandato imperativo) e per tutti legittimare, in caso di mancato recepimento nella legislazione regionale, l'esercizio dei poteri sostitutivi;
la rubrica dell'articolo 1 fa riferimento ad un "intervento sostitutivo in materia di elezioni regionali per l'anno 2020"; tuttavia il contenuto del comma 1 dell'articolo 1 appare suscettibile di applicazione anche per successivi eventi elettorali;
soprattutto nell'ipotesi in cui il testo abbia una portata generale, e quindi non limitata alla sola applicazione del principio della parità di genere e alle sole elezioni regionali del 2020, si valuti l'opportunità di approfondire le modalità con le quali eventualmente circoscriverne meglio la portata e le modalità di applicazione, in particolare con riferimento alle modalità di valutazione del mancato recepimento dei principi fondamentali dell'articolo 4 della legge n. 165 del 2004;
al comma 3 dell'articolo 1, si prevede tra le altre cose che "il Prefetto di Bari è nominato commissario con il compito di provvedere agli adempimenti conseguenti per l'attuazione del presente decreto"; al riguardo si valuti in particolare l'opportunità di valutare la disposizione alla luce della giurisprudenza costituzionale che appare orientata, anche se in materia diversa (la disciplina dei piani di rientro dai disavanzi sanitari), ad escludere la possibilità di ritenere conformi al dettato costituzionale provvedimenti commissariali aventi forza di legge regionale, pur tutelando, in quel settore specifico, l'attività dei commissari da interferenze degli organi regionali, anche quando questi agissero per via legislativa (sentenza n. 247 del 2018). | 7,512 | 101 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-1178 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1178
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 maggio 2023 (v. stampato Senato n. 551)
d'iniziativa dei senatori
SEGRE, NAPOLITANO, CATTANEO, MONTI, PIANO, RUBBIA,
VERDUCCI, PATTON
Celebrazioni per il centesimo anniversario
della morte di Giacomo Matteotti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 25 maggio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
Art. 2.
(Iniziative)
1. Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all' articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255 :
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
Art. 3.
(Selezione delle iniziative)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2.
2. I progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024.
3. I progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
4. Per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
Art. 4.
(Misure per la Casa Museo Matteotti)
1. Alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
Art. 5.
(Risorse finanziarie)
1. Per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 .
Art. 6.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all' articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 , e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all' articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 .
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 7.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Celebrazioni per il centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti
Premessa
L' A.C.1178, che si compone di sette articoli , è volto a celebrare la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte che cade nel 2024 , il 10 giugno ( articolo 1 ). A tal fine, individua le iniziative volte a promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero ( articolo 2 ); disciplina le modalità per la presentazione di progetti per la realizzazione delle medesime iniziative, che avviene sulla base di un bando ( articolo 3 ); attribuisce un contributo straordinario di 50.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 alla Casa Museo Matteotti di Fratta Polesine, suo luogo di nascita ( articolo 4 ); autorizza la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per la finalità del provvedimento ( articolo 5 ) e ne individua la relativa copertura ( articolo 6 ); dispone infine che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione ( articolo 7 ).
Il testo in esame – che origina dall' A.S. 551 – Senatori Segre e altri, cui sono stati apportati alcuni emendamenti in Commissione – è stato approvato all'unanimità in prima lettura dal Senato , secondo il procedimento abbreviato ex art. 81, commi 1. Reg. Sen.
Si ricorda che, in base a tale disposizione, «per i disegni di legge presentati entro sei mesi dall'inizio della legislatura che riproducano l'identico testo di disegni di legge approvati dal solo Senato nella precedente legislatura, il Governo o dodici Senatori possono chiedere, entro un mese dalla presentazione, che sia dichiarata l'urgenza e adottata la procedura abbreviata». Nel caso di specie, l'A.S. 551 riproduce il testo dell'A.S. 2317 – Senatori Nencini e altri, approvato dal Senato nella scorsa Legislatura, il 19 maggio 2022, ma non anche dalla Camera, pure alla luce dello scioglimento anticipato.
La Commissione 7a del Senato, contestualmente all'articolato, ha approvato all'unanimità anche gli ordini del giorno G/551/1/7 e G/551/2/7 (testo 2) , già accolti dal Governo.
Il primo o.d.g. impegna il Governo «affinché il Presidente del Consiglio, nella sua veste di Autorità nazionale per la sicurezza, emani una direttiva vincolante per il versamento all'Archivio centrale dello Stato di tutti i documenti, presenti presso tutte le pubbliche amministrazioni e gli organismi citati, inerenti alle modalità con cui il fascismo occultò la verità sull'assassinio di Matteotti e nascose le proprie responsabilità nel crimine» e «affinché gli eredi della famiglia Savoia siano invitati ad adempiere l'obbligo di completare la restituzione all'Archivio di Stato di Torino di tutti i documenti mancanti, rispetto al versamento del 1983».
Il secondo o.d.g. invece impegna il Governo «a valutare l'opportunità che i luoghi della presenza, della formazione intellettuale e dell'attività politica e professionale di Giuseppe Emanuele Modigliani [legale di parte civile di Velia Matteotti – N.D.R.] - soprattutto quando, come è il caso di Livorno, coincidano con eventi importanti dell'attività politica di Giacomo Matteotti - siano adeguatamente considerati ai fini del sostegno e del finanziamento delle iniziative di cui all'articolo 2 del disegno di legge».
Durante l 'esame alla Camera , la Commissione VII, in sede referente, nella seduta del 7 giugno 2023 ha rinunciato a dar corso ad attività istruttorie ed emendative, al fine di pervenire alla più rapida approvazione del testo.
A livello d' inquadramento normativo , occorre ricordare che già l' art. 1, comma 785, della L. 234/2021 aveva previsto che «ai fini della celebrazione della figura di Giacomo Matteotti, nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, allo scopo di promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale, anche raccogliendone, conservandone, restaurandone e digitalizzandone la documentazione relativa, è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023» (cfr. l'apposito dossier). Quindi, la proposta qui in analisi, peraltro dal contenuto più ampio, in parte si sovrappone a quella previgente, dettando una nuova disciplina della materia, pur attingendo alle relative risorse per il 2023 (come disposto dall'art. 6, comma 1, del testo in esame).
Sul piano attuativo, è stato adottato il Decreto del Ministro per le Politiche giovanili del 29 aprile 2022, registrato dalla Corte dei conti al n. 1553 in data 6 giugno 2022, il quale ha stabilito i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse finalizzate alla predisposizione e realizzazione di un programma di progettualità e di iniziative connesse alle ricorrenze tra cui quella del citato comma 785 dell'articolo 1 della L. 234/2021. Cfr. la pagina dedicata della Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali del Governo.
Si evidenzia poi che con Decreto del Ministro della Cultura del 20 aprile 2022 è stata disposta l'istituzione del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Matteotti, anche sulla base del precedente decreto ministeriale 23 dicembre 2021, recante «Riparto dei fondi assegnati ai Comitati nazionali e alle Edizioni nazionali per l'anno 2021», il quale aveva previsto un contributo pari a 20.000,00 euro per l'istituzione del Comitato nazionale in parola.
Più risalente nel tempo è la L. 255/2004 , recante «Disposizioni per la commemorazione di Giacomo Matteotti e per la tutela della sua casa natale a Fratta Polesine». La suddetta legge, oltre a una serie d'iniziative e stanziamenti una tantum per la celebrazione dell'ottantesimo anniversario della morte di Matteotti (nel 2004), ha previsto anche, a regime, l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri del premio intitolato a Giacomo Matteotti , autorizzando la spesa di 50.000 euro a decorrere dall'anno 2005. La misura, tutt'ora efficace, è richiamata anche dall'art. 2 della presente proposta di legge.
Contenuto
L' articolo 1 , dedicato alle finalità , stabilisce che la Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
L' articolo 2 disciplina le iniziative celebrative. In particolare, si prevede che Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255:
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
L' articolo 3 è dedicato alla selezione delle iniziative. In base al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2. Secondo il comma 2, i progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Il comma 3 precisa che i progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Infine, il comma 4 stabilisce che per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
L' articolo 4 dispone che alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine , nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
L' articolo 5 , in materia di risorse finanziarie , sancisce che per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, in merito ai trasferimenti non soggetti a imposta, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.
L' articolo 6 individua le coperture finanziarie , prevedendo che all'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L' articolo 7 infine stabilisce che la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | 5,759 | 104 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-1178 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1178
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 maggio 2023 (v. stampato Senato n. 551)
d'iniziativa dei senatori
SEGRE, NAPOLITANO, CATTANEO, MONTI, PIANO, RUBBIA,
VERDUCCI, PATTON
Celebrazioni per il centesimo anniversario
della morte di Giacomo Matteotti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 25 maggio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
Art. 2.
(Iniziative)
1. Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all' articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255 :
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
Art. 3.
(Selezione delle iniziative)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2.
2. I progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024.
3. I progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
4. Per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
Art. 4.
(Misure per la Casa Museo Matteotti)
1. Alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
Art. 5.
(Risorse finanziarie)
1. Per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 .
Art. 6.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all' articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 , e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all' articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 .
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 7.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Informazioni sul provvedimento
A.C.
1178
Titolo:
Celebrazioni per il centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti
Iniziativa:
parlamentare
Iter al Senato
sì
Relazione tecnica (RT):
assente
Relatrici per la Commissione di merito:
Dalla Chiesa (FI-PPE) e Manzi (PD)
Commissione competente:
VII (Cultura)
PREMESSA
Il disegno di legge, di iniziativa parlamentare, già approvato in prima lettura dal senato (S 551), disciplina le celebrazioni per il centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti.
È oggetto della presente Nota il testo trasmesso dal Senato.
Il testo iniziale e gli emendamenti approvati non sono corredati di relazione tecnica. Nel corso dell’esame in prima lettura il Governo ha messo a disposizione della Commissione Bilancio del Senato, in sede consultiva, una Nota tecnica, di cui si dà conto nel presente dossier.
Si esaminano di seguito le norme che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLI 1-7
Celebrazioni per il centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti
Le norme sono finalizzate a celebrare la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale (articolo 1). A tale fine si prevede quanto segue:
- lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso iniziative, oltre a quella di cui all'articolo 2, comma 3, della legge n. 255 del 2004 (Premio Giacomo Matteotti), specificatamente indicate dalla disposizione in esame (articolo 2).
Si rammenta che il citato articolo 2, comma 3, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un premio intitolato a Giacomo Matteotti, per il quale è stata autorizzata la spesa di 50.000 euro [annui, si intende] a decorrere dall'anno 2005. Il premio è assegnato, dal 2005, con modalità e criteri definiti con D.P.C.M., ad opere che illustrano gli ideali di fratellanza tra i popoli, di libertà e di giustizia sociale che hanno ispirato la vita di Giacomo Matteotti ed è suddiviso nelle seguenti sezioni: saggistica; opere letterarie e teatrali; tesi di laurea;
- il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente , all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative suddette. Detti progetti sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 . I progetti sono esaminati da un organismo collegiale individuato con DPCM. Per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato (articolo 3);
- alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti (articolo 4);
- per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, di cui ai precedenti articoli 3 e 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 . Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale [1] (articolo 5);
- all'onere, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 , si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 785, della legge n. 234 del 2021, e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 317, della legge n. 205 del 2017 (articolo 6).
In proposito si ricorda che il comma 785 dell’articolo 1 della legge n. 234/2021 ha autorizzato la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 ai fini della celebrazione della figura di Giacomo Matteotti, nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte. Il comma 317 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017 ha autorizzato la spesa di 1 milione di euro per l'anno 2018, di 500.000 euro per l'anno 2019, di 6 milioni di euro per l'anno 2020, di 11 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e di 1 milione di euro annui a decorrere dall'anno 2023 per assicurare il funzionamento dei soggetti giuridici creati o partecipati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per rafforzare la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale. La citata autorizzazione di spesa è stata più volte rideterminata nel corso del tempo e per una ricostruzione del suo attuale ammontare si rinvia alle osservazioni riferite ai profili di copertura finanziaria.
Il testo iniziale del progetto di legge non è corredato di relazione tecnica .
Nel corso dell’esame in prima lettura al Senato [2] , il Governo ha depositato una Nota in cui si afferma:
- con riferimento all’articolo 5 e all’esenzione ivi disposta per le donazioni e gli atti di liberalità finalizzati alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge che, sotto l’aspetto finanziario la disposizione configura una rinuncia a maggior gettito;
- con riferimento alla copertura finanziaria disposta dall’articolo 6, in merito alla riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n.234 nonché di cui all’articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, rispettivamente appostate sul capitolo 2098, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2023 e sul capitolo 1952 dello stato di previsione del Ministero della cultura per l’anno 2024, che le medesime presentano le occorrenti disponibilità.
Si evidenzia, inoltre, che sul testo in esame la Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere favorevole con condizioni : le condizioni sono state interamente recepite.
In merito ai profili di quantificazione si evidenzia che le norme in esame, al fine di celebrare la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, individuano le iniziative volte a promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero, disciplinando le modalità per la presentazione di progetti, finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024, per la realizzazione delle medesime iniziative e prevedendo l’attribuzione di un contributo straordinario di 50.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 alla Casa Museo Matteotti di Fratta Polesine.
In proposito non si hanno osservazioni da formulare, tenuto conto:
- che le disposizioni operano tutte entro limiti massimi di spesa ai cui oneri si provvede a valere sulle risorse individuate dall’articolo 6 in esame;
- che ai componenti dell'organismo collegiale incaricato di esaminare i progetti non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato;
- che, così come evidenziato dal Governo nella Nota depositata nel corso dell’esame al Senato, l’esenzione prevista dall’articolo 5 con riferimento agli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità disposti ai sensi del medesimo articolo è da considerarsi rinuncia a maggior gettito.
In merito ai profili di copertura finanziaria , si rileva che il comma 1 dell’articolo 6 fa fronte all’onere derivante dall’articolo 5, che reca l’autorizzazione di spesa di complessivi 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 destinati, da un lato, alle iniziative celebrative per i cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, finanziate dall’articolo 3 nell’importo massimo di 350.000 euro in ragione d’anno, e, dall’altro, al contributo straordinario in favore della Casa Museo Matteotti di Fratta Polesine, di cui al successivo articolo 4, nella misura di 50.000 euro in ragione d’anno.
Ai predetti oneri si provvede:
- quanto a 400.000 euro per l’anno 2023, a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 785, della legge n. 234 del 2021, che ha autorizzato la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 per la celebrazione della figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte [3] ;
- quanto a 400.000 euro per l’anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 317, della legge n. 205 del 2017, volta ad assicurare il funzionamento dei soggetti giuridici creati o partecipati dal Ministero della cultura per rafforzare la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, che reca per l’anno 2024 uno stanziamento di 10 milioni di euro [4] .
Il comma 2 del medesimo articolo 6 autorizza, infine, il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Al riguardo, nel prendere atto delle rassicurazioni fornite dal Governo presso la 5 a Commissione (Bilancio) del Senato nella seduta del 17 maggio scorso in ordine all’effettiva disponibilità delle risorse indicate a copertura, non si formulano osservazioni, nel presupposto - sul quale appare comunque opportuno acquisire una conferma da parte del Governo - che la riduzione per l’anno 2024 dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 317, della legge n. 205 del 2017 non sia suscettibile di compromettere la realizzazione delle finalità cui la stessa risulta preordinata a legislazione vigente. [1] Ciò, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, in merito ai trasferimenti non soggetti a imposta, di cui al d.lgs. n. 346 del 1990. In particolare, ai sensi del predetto articolo 3 non sono soggetti all'imposta sulle successioni e donazioni: i trasferimenti a favore dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni, né quelli a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l'assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l'educazione, l'istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore delle ONLUS e a fondazioni; i trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, se disposti per le predette finalità; i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici; i trasferimenti a favore dei discendenti e del coniuge di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni.
[2] Cfr . Seduta della Commissione Bilancio del Senato del 17 maggio 2023.
[3] Tali risorse sono iscritte sul capitolo 2098, piano gestionale 4, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze
[4] Tali risorse sono iscritte sul capitolo 1952 dello stato di previsione del Ministero della cultura. L’autorizzazione di spesa in parola, più volte rideterminata nel corso del tempo, reca uno stanziamento di 1 milione di euro per l’anno 2018, di 500.000 euro per l’anno 2019, di 6 milioni di euro per l’anno 2020, di 12 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2023. | 5,970 | 105 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-1178 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1178
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 maggio 2023 (v. stampato Senato n. 551)
d'iniziativa dei senatori
SEGRE, NAPOLITANO, CATTANEO, MONTI, PIANO, RUBBIA,
VERDUCCI, PATTON
Celebrazioni per il centesimo anniversario
della morte di Giacomo Matteotti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 25 maggio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
Art. 2.
(Iniziative)
1. Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all' articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255 :
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
Art. 3.
(Selezione delle iniziative)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2.
2. I progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024.
3. I progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
4. Per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
Art. 4.
(Misure per la Casa Museo Matteotti)
1. Alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
Art. 5.
(Risorse finanziarie)
1. Per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 .
Art. 6.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all' articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 , e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all' articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 .
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 7.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Celebrazioni per il centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti (approvata dal Senato)
Premessa
L' A.C.1178, che si compone di sette articoli , è volto a celebrare la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte che cade nel 2024 , il 10 giugno ( articolo 1 ). A tal fine, individua le iniziative volte a promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero ( articolo 2 ); disciplina le modalità per la presentazione di progetti per la realizzazione delle medesime iniziative, che avviene sulla base di un bando ( articolo 3 ); attribuisce un contributo straordinario di 50.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 alla Casa Museo Matteotti di Fratta Polesine, suo luogo di nascita ( articolo 4 ); autorizza la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per la finalità del provvedimento ( articolo 5 ) e ne individua la relativa copertura ( articolo 6 ); dispone infine che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione ( articolo 7 ).
Il testo in esame – che origina dall' A.S. 551 – Senatori Segre e altri, cui sono stati apportati alcuni emendamenti in Commissione – è stato approvato all'unanimità in prima lettura dal Senato , secondo il procedimento abbreviato ex art. 81, commi 1. Reg. Sen.
Si ricorda che, in base a tale disposizione, «per i disegni di legge presentati entro sei mesi dall'inizio della legislatura che riproducano l'identico testo di disegni di legge approvati dal solo Senato nella precedente legislatura, il Governo o dodici Senatori possono chiedere, entro un mese dalla presentazione, che sia dichiarata l'urgenza e adottata la procedura abbreviata». Nel caso di specie, l'A.S. 551 riproduce il testo dell'A.S. 2317 – Senatori Nencini e altri, approvato dal Senato nella scorsa Legislatura, il 19 maggio 2022, ma non anche dalla Camera, pure alla luce dello scioglimento anticipato.
La Commissione 7a del Senato, contestualmente all'articolato, ha approvato all'unanimità anche gli ordini del giorno G/551/1/7 e G/551/2/7 (testo 2) , già accolti dal Governo.
Il primo o.d.g. impegna il Governo «affinché il Presidente del Consiglio, nella sua veste di Autorità nazionale per la sicurezza, emani una direttiva vincolante per il versamento all'Archivio centrale dello Stato di tutti i documenti, presenti presso tutte le pubbliche amministrazioni e gli organismi citati, inerenti alle modalità con cui il fascismo occultò la verità sull'assassinio di Matteotti e nascose le proprie responsabilità nel crimine» e «affinché gli eredi della famiglia Savoia siano invitati ad adempiere l'obbligo di completare la restituzione all'Archivio di Stato di Torino di tutti i documenti mancanti, rispetto al versamento del 1983».
Il secondo o.d.g. invece impegna il Governo «a valutare l'opportunità che i luoghi della presenza, della formazione intellettuale e dell'attività politica e professionale di Giuseppe Emanuele Modigliani [legale di parte civile di Velia Matteotti – N.D.R.] - soprattutto quando, come è il caso di Livorno, coincidano con eventi importanti dell'attività politica di Giacomo Matteotti - siano adeguatamente considerati ai fini del sostegno e del finanziamento delle iniziative di cui all'articolo 2 del disegno di legge».
A livello d' inquadramento normativo , occorre ricordare che già l' art. 1, comma 785, della L. 234/2021 aveva previsto che «ai fini della celebrazione della figura di Giacomo Matteotti, nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, allo scopo di promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale, anche raccogliendone, conservandone, restaurandone e digitalizzandone la documentazione relativa, è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023» (cfr. l'apposito dossier). Quindi, la proposta qui in analisi, peraltro dal contenuto più ampio, in parte si sovrappone a quella previgente, dettando una nuova disciplina della materia, pur attingendo alle relative risorse per il 2023 (come disposto dall'art. 6, comma 1, del testo in esame).
Sul piano attuativo, è stato adottato il Decreto del Ministro per le Politiche giovanili del 29 aprile 2022, registrato dalla Corte dei conti al n. 1553 in data 6 giugno 2022, il quale ha stabilito i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse finalizzate alla predisposizione e realizzazione di un programma di progettualità e di iniziative connesse alle ricorrenze tra cui quella del citato comma 785 dell'articolo 1 della L. 234/2021. Cfr. la pagina dedicata della Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali del Governo.
Si evidenzia poi che con Decreto del Ministro della Cultura del 20 aprile 2022 è stata disposta l'istituzione del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Matteotti, anche sulla base del precedente decreto ministeriale 23 dicembre 2021, recante «Riparto dei fondi assegnati ai Comitati nazionali e alle Edizioni nazionali per l'anno 2021», il quale aveva previsto un contributo pari a 20.000,00 euro per l'istituzione del Comitato nazionale in parola.
Più risalente nel tempo è la L. 255/2004 , recante «Disposizioni per la commemorazione di Giacomo Matteotti e per la tutela della sua casa natale a Fratta Polesine». La suddetta legge, oltre a una serie d'iniziative e stanziamenti una tantum per la celebrazione dell'ottantesimo anniversario della morte di Matteotti (nel 2004), ha previsto anche, a regime, l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri del premio intitolato a Giacomo Matteotti , autorizzando la spesa di 50.000 euro a decorrere dall'anno 2005. La misura, tutt'ora efficace, è richiamata anche dall'art. 2 della presente proposta di legge.
Contenuto
L' articolo 1 , dedicato alle finalità , stabilisce che la Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
L' articolo 2 disciplina le iniziative celebrative. In particolare, si prevede che Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255:
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
L' articolo 3 è dedicato alla selezione delle iniziative. In base al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2. Secondo il comma 2, i progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Il comma 3 precisa che i progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Infine, il comma 4 stabilisce che per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
L' articolo 4 dispone che alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine , nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
L' articolo 5 , in materia di risorse finanziarie , sancisce che per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, in merito ai trasferimenti non soggetti a imposta, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.
L' articolo 6 individua le coperture finanziarie , prevedendo che all'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L' articolo 7 infine stabilisce che la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. | 5,693 | 106 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG19/AC-1178 | true | XIX LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1178
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 maggio 2023 (v. stampato Senato n. 551)
d'iniziativa dei senatori
SEGRE, NAPOLITANO, CATTANEO, MONTI, PIANO, RUBBIA,
VERDUCCI, PATTON
Celebrazioni per il centesimo anniversario
della morte di Giacomo Matteotti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 25 maggio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
Art. 2.
(Iniziative)
1. Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all' articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255 :
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
Art. 3.
(Selezione delle iniziative)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2.
2. I progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024.
3. I progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
4. Per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
Art. 4.
(Misure per la Casa Museo Matteotti)
1. Alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine, nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
Art. 5.
(Risorse finanziarie)
1. Per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 .
Art. 6.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all' articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 , e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all' articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 .
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 7.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Celebrazioni per il centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti
Contenuto
L' A.C.1178, che si compone di sette articoli , è volto a celebrare la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte che cade nel 2024 , il 10 giugno ( articolo 1 ). A tal fine, individua le iniziative volte a promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero ( articolo 2 ); disciplina le modalità per la presentazione di progetti per la realizzazione delle medesime iniziative, che avviene sulla base di un bando ( articolo 3 ); attribuisce un contributo straordinario di 50.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 alla Casa Museo Matteotti di Fratta Polesine, suo luogo di nascita ( articolo 4 ); autorizza la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per la finalità del provvedimento ( articolo 5 ) e ne individua la relativa copertura ( articolo 6 ); dispone infine che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione ( articolo 7 ).
Il testo – che origina dall' A.S. 551 – Senatori Segre e altri, cui sono stati apportati alcuni emendamenti in Commissione – è stato approvato all'unanimità in prima lettura dal Senato , secondo il procedimento abbreviato ex art. 81, commi 1. Reg. Sen.
La Commissione 7a del Senato, contestualmente all'articolato, ha approvato all'unanimità anche gli ordini del giorno G/551/1/7 e G/551/2/7 (testo 2) , già accolti dal Governo.
Il primo o.d.g. impegna il Governo «affinché il Presidente del Consiglio, nella sua veste di Autorità nazionale per la sicurezza, emani una direttiva vincolante per il versamento all'Archivio centrale dello Stato di tutti i documenti, presenti presso tutte le pubbliche amministrazioni e gli organismi citati, inerenti alle modalità con cui il fascismo occultò la verità sull'assassinio di Matteotti e nascose le proprie responsabilità nel crimine» e «affinché gli eredi della famiglia Savoia siano invitati ad adempiere l'obbligo di completare la restituzione all'Archivio di Stato di Torino di tutti i documenti mancanti, rispetto al versamento del 1983».
Il secondo o.d.g. invece impegna il Governo «a valutare l'opportunità che i luoghi della presenza, della formazione intellettuale e dell'attività politica e professionale di Giuseppe Emanuele Modigliani [legale di parte civile di Velia Matteotti – N.D.R.] - soprattutto quando, come è il caso di Livorno, coincidano con eventi importanti dell'attività politica di Giacomo Matteotti - siano adeguatamente considerati ai fini del sostegno e del finanziamento delle iniziative di cui all'articolo 2 del disegno di legge».
A livello d' inquadramento normativo , occorre ricordare che già l' art. 1, comma 785, della L. 234/2021 aveva previsto che «ai fini della celebrazione della figura di Giacomo Matteotti, nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, allo scopo di promuovere e valorizzare la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale, anche raccogliendone, conservandone, restaurandone e digitalizzandone la documentazione relativa, è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023» (cfr. l'apposito dossier). Quindi, la proposta qui in analisi, peraltro dal contenuto più ampio, in parte si sovrappone a quella previgente, dettando una nuova disciplina della materia, pur attingendo alle relative risorse per il 2023 (come disposto dall'art. 6, comma 1, del testo in esame).
Sul piano attuativo, è stato adottato il Decreto del Ministro per le Politiche giovanili del 29 aprile 2022, registrato dalla Corte dei conti al n. 1553 in data 6 giugno 2022, il quale ha stabilito i criteri e le modalità di utilizzo delle risorse finalizzate alla predisposizione e realizzazione di un programma di progettualità e di iniziative connesse alle ricorrenze tra cui quella del citato comma 785 dell'articolo 1 della L. 234/2021. Cfr. la pagina dedicata della Struttura di missione anniversari nazionali ed eventi sportivi nazionali e internazionali del Governo.
Si evidenzia poi che con Decreto del Ministro della Cultura del 20 aprile 2022 è stata disposta l'istituzione del Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Matteotti, anche sulla base del precedente decreto ministeriale 23 dicembre 2021, recante «Riparto dei fondi assegnati ai Comitati nazionali e alle Edizioni nazionali per l'anno 2021», il quale aveva previsto un contributo pari a 20.000,00 euro per l'istituzione del Comitato nazionale in parola.
Più risalente nel tempo è la L. 255/2004 , recante «Disposizioni per la commemorazione di Giacomo Matteotti e per la tutela della sua casa natale a Fratta Polesine». La suddetta legge, oltre a una serie d'iniziative e stanziamenti una tantum per la celebrazione dell'ottantesimo anniversario della morte di Matteotti (nel 2004), ha previsto anche, a regime, l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri del premio intitolato a Giacomo Matteotti , autorizzando la spesa di 50.000 euro a decorrere dall'anno 2005. La misura, tutt'ora efficace, è richiamata anche dall'art. 2 della presente proposta di legge.
L' articolo 1 , dedicato alle finalità , stabilisce che la Repubblica, nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del proprio patrimonio culturale, storico e letterario, celebra la figura di Giacomo Matteotti nella ricorrenza dei cento anni dalla sua morte, promuovendo e valorizzando la conoscenza e lo studio della sua opera e del suo pensiero in ambito nazionale e internazionale.
L' articolo 2 disciplina le iniziative celebrative. In particolare, si prevede che Lo Stato riconosce meritevoli di sostegno e finanziamento, eventualmente anche attraverso apposite campagne di comunicazione istituzionale, i progetti di promozione, ricerca, tutela e diffusione della conoscenza della vita, dell'opera, del pensiero e dei luoghi più strettamente legati alla figura di Giacomo Matteotti, da realizzare in occasione del centesimo anniversario della sua morte, anche in collaborazione con enti locali, soggetti pubblici, associazioni, fondazioni e istituzioni culturali, attraverso le seguenti iniziative, oltre a quella di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 5 ottobre 2004, n. 255:
a) il sostegno ad attività celebrative, convegni nazionali e internazionali, iniziative didattico-formative e culturali, con particolare riguardo allo sviluppo delle iniziative già in corso, mostre, conferenze, seminari, proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali dedicati, intitolazione di strade o piazze, volti a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti;
b) la promozione, anche mediante l'assegnazione di apposite borse di studio rivolte a studenti universitari e delle scuole secondarie di secondo grado, della ricerca storica e dello studio aventi ad oggetto la vita, il pensiero e l'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alle sue attività in ambito sindacale, come amministratore locale, come studioso e come parlamentare, nonché al periodo storico compreso tra la Prima guerra mondiale e la sua morte;
c) la raccolta, la conservazione, il restauro, la manutenzione e la digitalizzazione dei documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti, nonché la pubblicazione di materiali inediti;
d) la promozione di iniziative didattiche e formative, anche in sinergia con biblioteche, musei e istituzioni culturali, attraverso il coinvolgimento diretto degli istituti scolastici dell'intero territorio nazionale, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione e del merito;
e) la realizzazione di eventi e di ogni altra iniziativa, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il conseguimento delle finalità della presente legge, da svolgere prioritariamente nei comuni di Fratta Polesine, Villamarzana, Boara Polesine, Rovigo, Messina, Ferrara, Varazze, Chieti, Riano, Monterotondo, Rodi Garganico, Vieste, Peio (frazione di Comasine) e Roma.
L' articolo 3 è dedicato alla selezione delle iniziative. In base al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti il Ministro della cultura e il Ministro dell'istruzione e del merito, provvede, con proprio decreto, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e mediante l'utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, all'istituzione di un bando di selezione di progetti per la realizzazione delle iniziative di cui all'articolo 2. Secondo il comma 2, i progetti di cui al comma 1 sono finanziati nel limite massimo di euro 350.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Il comma 3 precisa che i progetti di cui al comma 1 sono esaminati da un organismo collegiale individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Infine, il comma 4 stabilisce che per le attività di cui alla presente legge, ai componenti dell'organismo collegiale di cui al comma 3 non spetta alcun compenso, rimborso di spese, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato.
L' articolo 4 dispone che alla Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine , nella provincia di Rovigo, è attribuito un contributo straordinario di euro 50.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024 per interventi di restauro e manutenzione straordinaria della Casa Museo e del parco annesso, per la promozione di iniziative in occasione del centesimo anniversario della morte di Giacomo Matteotti e per la raccolta, la catalogazione e la digitalizzazione di documenti relativi all'attività di Giacomo Matteotti.
L' articolo 5 , in materia di risorse finanziarie , sancisce che per le iniziative celebrative dei cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti, selezionate ai sensi dell'articolo 3, e per le misure di cui all'articolo 4 è autorizzata la spesa di 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024. Alla realizzazione delle iniziative di cui alla presente legge possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo, anche da parte di soggetti privati. Gli atti di donazione e ogni altra forma di liberalità di cui al secondo periodo sono esenti da ogni forma di imposizione fiscale, fermo restando quanto previsto dall'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, in merito ai trasferimenti non soggetti a imposta, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.
L' articolo 6 individua le coperture finanziarie , prevedendo che all'onere di cui all'articolo 5, pari a 400.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede, per l'anno 2023, a valere sulle risorse di cui all'articolo 1, comma 785, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, e, per l'anno 2024, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 317, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L' articolo 7 infine stabilisce che la presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento appare riconducibile sia alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettera s ) della Costituzione) sia alle competenze concorrenti relative alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali e alla promozione e organizzazione di attività culturali (articolo 117, terzo comma Cost.).
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'iniziativa si colloca nell'ambito dell' articolo 9 della Costituzione , il quale, come noto, impegna, tra le altre cose, la Repubblica a tutelare il patrimonio storico della Nazione. | 5,673 | 107 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1458
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FRASSINETTI, BUCALO, CARETTA, CIABURRO, FIDANZA,
MOLLICONE, OSNATO, PRISCO, ROTELLI, VARCHI
Introduzione del comma 220- bis dell' articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 , in materia di benefìci per l'assunzione delle donne vittime di violenza di genere
Presentata il 19 dicembre 2018
O norevoli C olleghi ! – La violenza contro le donne non è solo fisica, sessuale e psicologica; esiste anche la cosiddetta «violenza economica», che spesso costituisce il presupposto per il verificarsi di tutte le altre violenze. Questo tipo di violenza è più difficile da riconoscere, nasce solitamente nell'ambito familiare e consiste nel tentativo di allontanare la donna dal suo ambiente lavorativo al fine di renderla totalmente dipendente dal partner . Tale forma di violenza è inoltre supportata da una mentalità, purtroppo ancora diffusa, che considera normale la penalizzazione della donna nel mondo del lavoro, determinando di fatto uno stato di subalternità economica, fisica e psicologica che può portare a conseguenze devastanti.
Finalità della presente proposta di legge è pertanto promuovere l'inserimento nel mondo del lavoro delle donne vittime di violenza attraverso la previsione di benefìci fiscali in favore delle aziende che assumano donne con una situazione certificata di disagio. Si ritiene, infatti, che garantire adeguate opportunità lavorative possa consentire alle donne di liberarsi dalla loro situazione di vittime di violenza e assicurare condizioni di vita dignitose a loro e ai loro figli.
Considerata la necessità di sostenere i percorsi di autonomia delle donne in uscita da situazioni di violenza avviati in via sperimentale da numerose regioni, la presente proposta di legge prevede, quindi, ulteriori contributi per le imprese che assumono donne vittime di violenza di genere, inserite in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali del comune di residenza, dai centri anti-violenza o dalle case-rifugio di cui all'articolo 5- bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 .
La legge di bilancio per il 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205 , ha introdotto agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato di donne vittime di violenza di genere da parte delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 , attraverso l'attribuzione di un contributo ai fini della riduzione della contribuzione obbligatoria di previdenza e assistenza sociale.
Con la presente proposta di legge si intende ampliare la platea dei beneficiari di tali agevolazioni, prevedendo che esse spettino a tutte le imprese, di qualsiasi dimensione, che assumano donne vittime di violenza di genere con contratti a tempo indeterminato, introducendo così una misura di sostegno di grande valore sociale che consentirà alle donne di non essere più vittime ma di tornare a essere padrone delle proprie vite, per il loro bene e per quello dei loro figli.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Dopo il comma 220 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 , è inserito il seguente:
« 220-bis . I benefìci di cui al comma 220 sono riconosciuti, per le medesime finalità ivi previste, anche alle imprese di qualunque dimensione, per le assunzioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2019, nel limite di spesa massimo di 3 milioni di euro annui. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione delle risorse di cui al periodo precedente».
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. | Benefìci per l'assunzione delle donne vittime di violenza di genere
Contenuto
Il Testo Unificato della proposta di legge di iniziativa parlamentare, adottato come testo base dalla XI Commissione (Lavoro) (C. 1458, C. 1791, C. 1891, C. 2816, C. 3404 e C. 3483) in data 6 aprile 2022, reca disposizioni volte a favorire l' inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e domestica attraverso la previsione di agevolazioni contributive in favore dei datori di lavoro privati che assumano a tempo indeterminato le suddette donne, l'inserimento delle stesse nelle categorie protette ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro, nonché l'introduzione di agevolazioni fiscali in favore delle lavoratrici autonome vittime di violenza.
L' articolo 1 indica le finalità del provvedimento, che intende favorire l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e domestica, beneficiarie di interventi di protezione debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza ovvero dai centri anti-violenza o dalle case-rifugio (di cui all'art. 5-bis del D.L. 93/2013).
Il richiamato D.L. n. 93/2013 reca, tra l'altro, disposizioni volte al contrasto della violenza di genere. In particolare, l'articolo 5-bis disciplina le azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio, ai quali la norma garantisce l'anonimato, prevedendo, tra l'altro, che essi siano promossi da: a) enti locali, in forma singola o associata; b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato; c) i predetti soggetti di concerto, d'intesa o in forma consorziata. Gli strumenti volti al raggiungimento di tale obiettivo sono individuati dai successivi articoli 2, 3 e 3- bis.
L' articolo 2 inserisce le donne vittime di violenza di genere e domestica - come definite dal precedente articolo 1 – nell'ambito delle categorie protette ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro attribuendo in loro favore una quota di riserva sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati. Tale quota è pari ad un punto percentuale per i datori di lavoro che occupano più di 50 dipendenti e ad una unità per quelli che occupano da 51 a 150 dipendenti (ex art. 18, co. 2, L. 68/1999). Inoltre, attribuisce ai centri per l'impiego il compito di garantire la riservatezza dei dati dei soggetti coinvolti adottando le opportune misure di protezione.
L' articolo 3 estende in via strutturale a tutti i datori di lavoro privati che assumono a tempo indeterminato donne vittime di violenza di genere e domestica il contributo triennale già riconosciuto alle cooperative sociali per le medesime assunzioni effettuate negli anni dal 2018 al 2021. Il beneficio oggetto di estensione è quello di cui all'art. 1, co. 220, della L. 205/2017 che riconosceva alle cooperative sociali, per le suddette assunzioni, un contributo a titolo di sgravio delle aliquote dovute per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale. Analogamente a quanto previsto dal richiamato art. 1, co. 220, della L. 205/2017, anche l'articolo 3 in esame riconosce tale contributo per un periodo massimo di trentasei mesi e entro determinati limiti di spesa, pari a 2,5 mln di euro per il 2022 e a 5 mln di euro annui a decorrere dal 2023, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per le esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014). Il presente articolo 3, infine, demanda ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per le pari opportunità – la definizione delle modalità di attuazione dello sgravio in esame, anche al fine di assicurare il rispetto dei predetti limiti di spesa.
L' articolo 3- bis introduce alcuni benefici fiscali per le lavoratrici autonome vittime di violenza di genere e domestica - come definite dal precedente articolo 1 – che avviano o riavviano un'attività di lavoro. In particolare:
alle lavoratrici che avviano un'attività lavorativa è concessa un' agevolazione del dieci per cento sul coefficiente di redditività individuato in base ai codici Ateco;
alle lavoratrici autonome che riavviano l'attività lavorativa sospesa a seguito della violenza subita è riconosciuta la suddetta agevolazione e, per cinque anni e previa opzione da esercitare nella dichiarazione dei redditi, un' imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi da lavoro delle relative addizionali e dell'imposta regionale sulle attività produttive con aliquota al dieci per cento.
Agli oneri derivanti da tali previsioni – pari a 5 mln di euro per il 2022 e a 10 mln di euro a decorrere dal 2023 - si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per interventi strutturali di politica economica (di cui all'art. 10, co. 5, del D.L. 282/2004). Il presente articolo 3- bis , infine, demanda ad apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze - di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno e il Ministro per le pari opportunità – la definizione delle modalità di attuazione delle suddette agevolazioni fiscali.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e autonomie territoriali
Il provvedimento appare prevalentemente riconducibile alle materie di esclusiva competenza statale: sistema tributario (art. 117, secondo comma, lettera e); ordinamento civile (art. 117, secondo comma, lettera l); previdenza sociale (art. 117, secondo comma, lettera o ). | 3,191 | 120 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1458
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
FRASSINETTI, BUCALO, CARETTA, CIABURRO, FIDANZA,
MOLLICONE, OSNATO, PRISCO, ROTELLI, VARCHI
Introduzione del comma 220- bis dell' articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 , in materia di benefìci per l'assunzione delle donne vittime di violenza di genere
Presentata il 19 dicembre 2018
O norevoli C olleghi ! – La violenza contro le donne non è solo fisica, sessuale e psicologica; esiste anche la cosiddetta «violenza economica», che spesso costituisce il presupposto per il verificarsi di tutte le altre violenze. Questo tipo di violenza è più difficile da riconoscere, nasce solitamente nell'ambito familiare e consiste nel tentativo di allontanare la donna dal suo ambiente lavorativo al fine di renderla totalmente dipendente dal partner . Tale forma di violenza è inoltre supportata da una mentalità, purtroppo ancora diffusa, che considera normale la penalizzazione della donna nel mondo del lavoro, determinando di fatto uno stato di subalternità economica, fisica e psicologica che può portare a conseguenze devastanti.
Finalità della presente proposta di legge è pertanto promuovere l'inserimento nel mondo del lavoro delle donne vittime di violenza attraverso la previsione di benefìci fiscali in favore delle aziende che assumano donne con una situazione certificata di disagio. Si ritiene, infatti, che garantire adeguate opportunità lavorative possa consentire alle donne di liberarsi dalla loro situazione di vittime di violenza e assicurare condizioni di vita dignitose a loro e ai loro figli.
Considerata la necessità di sostenere i percorsi di autonomia delle donne in uscita da situazioni di violenza avviati in via sperimentale da numerose regioni, la presente proposta di legge prevede, quindi, ulteriori contributi per le imprese che assumono donne vittime di violenza di genere, inserite in percorsi di protezione certificati dai servizi sociali del comune di residenza, dai centri anti-violenza o dalle case-rifugio di cui all'articolo 5- bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 .
La legge di bilancio per il 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205 , ha introdotto agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato di donne vittime di violenza di genere da parte delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381 , attraverso l'attribuzione di un contributo ai fini della riduzione della contribuzione obbligatoria di previdenza e assistenza sociale.
Con la presente proposta di legge si intende ampliare la platea dei beneficiari di tali agevolazioni, prevedendo che esse spettino a tutte le imprese, di qualsiasi dimensione, che assumano donne vittime di violenza di genere con contratti a tempo indeterminato, introducendo così una misura di sostegno di grande valore sociale che consentirà alle donne di non essere più vittime ma di tornare a essere padrone delle proprie vite, per il loro bene e per quello dei loro figli.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Dopo il comma 220 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 , è inserito il seguente:
« 220-bis . I benefìci di cui al comma 220 sono riconosciuti, per le medesime finalità ivi previste, anche alle imprese di qualunque dimensione, per le assunzioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2019, nel limite di spesa massimo di 3 milioni di euro annui. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'interno, sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione delle risorse di cui al periodo precedente».
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. | Informazioni sul provvedimento
A.C.
1458 e abb.
Titolo:
Disposizioni per l’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e domestica
Iniziativa:
parlamentare
Iter al Senato
no
Relazione tecnica (RT):
assente
Relatrice per la Commissione di merito:
Ciprini
Gruppo:
M5S
Commissione competente:
XI (Lavoro)
PREMESSA
Il progetto di legge, di iniziativa parlamentare, reca disposizioni per l’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e domestica.
È oggetto della presente Nota il nuovo testo unificato delle proposte di legge AC 1458, AC 1791, AC 1891, AC 2816, AC 3404 e AC 3483 della proposta, risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell’esame in sede referente e trasmesso dalla Commissione di merito (XI Lavoro) alle Commissioni competenti in sede consultiva per l'espressione del rispettivo parere (seduta del 10 maggio 2022).
Il provvedimento non è corredato di relazione tecnica.
Si esaminano, di seguito, le norme che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLI 1 -2
Finalità e modifiche alla L. 68/1999
Normativa vigente . L’articolo 18, comma 2, della L. 68/1999 attribuisce agli orfani e ai coniugi superstiti di soggetti deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché ai coniugi e ai figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di 50 dipendenti, pari a un punto percentuale. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da 51 a 150 dipendenti.
Le norme dichiarano che il provvedimento è volto a favorire l’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza di genere e domestica, beneficiarie di interventi di protezione (articolo 1).
Viene altresì modificato l’articolo 18, comma 2, della L. 68/1999, prevedendo che anche le donne vittime di violenza siano ricomprese nell’ambito della quota di riserva obbligatoria sul numero degli occupati dai datori di lavoro pubblici e privati con oltre 50 dipendenti. I centri per l’impiego adottano le opportune misure di protezione al fine di garantire la riservatezza dei dati relative alle donne vittime di violenza (articolo 2).
In merito ai profili di quantificazione , non vi sono osservazioni da formulare per quanto riguarda l’inserimento delle donne vittime di violenza nella quota di riserva obbligatoria sul numero degli occupati dai datori di lavoro pubblici e privati con oltre 50 dipendenti, dal momento che la disciplina non incide sul numero dei soggetti tutelati bensì sulla composizione della relativa platea. Per quanto riguarda gli adempimenti che la norma pone a carico dei Centri per l’impiego, strutture coordinate dalle regioni, appare utile acquisire dati ed elementi di valutazione volti a confermare che gli stessi possano essere svolti nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
ARTICOLO 3
Sgravio contributivo per l’assunzione di donne vittime di violenza
Normativa vigente . L’articolo 1, comma 220, della L. 205/2017 ha attribuito alle cooperative sociali, con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, decorrenti dal 1° gennaio 2018 con riferimento a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2018, delle donne vittime di violenza di genere, per un periodo massimo di 36 mesi, un contributo entro il limite di spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute relativamente alle suddette lavoratrici assunte. Con decreto interministeriale sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione delle risorse di cui al periodo precedente. Il contributo di cui al presente comma è attribuito anche, per un periodo massimo di 12 mesi ed entro il limite di spesa di 1 milione di euro per l'anno 2021, con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dal 1° gennaio 2021 e non oltre il 31 dicembre 2021.
Le norme prevedono che lo sgravio contributivo, di cui all’articolo 1, comma 220, della L. 205/2017, si applichi, per un periodo massimo di 36 mesi e nel limite di spesa di 2,5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023 , a tutti i datori di lavoro privati che assumono, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, donne vittime di violenza di genere e domestica (comma 1).
Con decreto interministeriale sono stabilite le modalità di attuazione delle suddette disposizioni, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa ivi previsto (comma 2).
Ai relativi oneri, pari a 2,5 milioni di euro per l’anno 2022 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per esigenze indifferibili (comma 3).
In merito ai profili di quantificazione , si rileva preliminarmente che lo sgravio contributivo in esame opera nell’ambito di specifici limiti di spesa annua e che il decreto attuativo dovrà assicurare il rispetto di detti limiti: in proposito non si formulano dunque osservazioni nel presupposto dell’idoneità di tale provvedimento a garantire il rispetto dei limiti di finanziamento prefissati.
In ogni caso, tenuto conto della finalità della misura, appare utile acquisire dati ed elementi di valutazione (numerosità della platea, retribuzione media, aliquota media contributiva e fiscale applicata) volti a verificare la congruità degli stanziamenti previsti rispetto alla platea dei soggetti potenzialmente interessati: a tal fine i dati forniti potrebbero anche basarsi sull’imp0atto finanziario registrato in relazione alle agevolazioni già introdotte e che ora vengono rese permanenti.
In merito ai profili di copertura finanziaria , si rileva che il comma 3 dell’articolo 3 provvede agli oneri derivanti dall’applicazione, per un periodo massimo di trentasei mesi e nel limite di spesa di 2,5 milioni di euro per il 2022 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2023, dello sgravio contributivo previsto dall’articolo 1, comma 220, della legge n. 205 del 2017 [1] ai datori di lavoro privati che assumono, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, donne vittime di violenza di genere o domestica, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per le esigenze indifferibili di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 (capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministro dell’economia e delle finanze), che reca uno stanziamento di circa 176 milioni di euro per l’anno 2022, 302 milioni di euro per l’anno 2023 e 387 milioni di euro per l’anno 2024.
Al riguardo appare opportuno che il Governo confermi la disponibilità delle risorse del citato Fondo e che il loro utilizzo non è suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi eventualmente già programmati a valere sulle medesime risorse.
ARTICOLO 3- bis
Regime di vantaggio fiscale
La norma reca un regime fiscale agevolato a favore delle donne vittime di violenza. In particolare, si prevede che alle donne vittime di violenza di genere e domestica, lavoratrici autonome, che riavviano l'attività lavorativa sospesa a seguito della violenza subita, si applichi per cinque anni sui redditi da lavoro, previa opzione da esercitare nella dichiarazione dei redditi, un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle relative addizionali e dell'imposta regionale sulle attività produttive, con aliquota al dieci per cento. Inoltre, ai medesimi soggetti che avviano un'attività lavorativa o riavviano l'attività lavorativa sospesa a seguito della violenza subita, è concessa un'agevolazione del dieci per cento sul coefficiente di redditività individuato in base ai codici Ateco.
All'onere, “quantificato in” 5 milioni di euro per l'anno 2022 e in 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo per interventi strutturali di politica economica.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'interno e il Ministro per le pari opportunità, sono stabilite le modalità di attuazione della norma in esame.
In merito ai profili di quantificazione , andrebbero forniti i dati e gli elementi posti alla base della quantificazione dell’onere ascritto alla norma. In particolare, appare necessario che siano forniti gli elementi informativi riguardanti il numero di soggetti potenzialmente interessati, le aliquote e le ipotesi effettuate ai fini della determinazione del minor gettito derivante dall’applicazione della norma in esame.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che il comma 2 dell’articolo 3- bis provvede all’onere di cui al comma 1 del medesimo articolo 3- bis , relativo all’applicazione di un regime di vantaggio fiscale in favore delle lavoratrici autonome vittime di violenza di genere e domestica che riavviano l’attività lavorativa sospesa a seguito della violenza subita, quantificato in 5 milioni di euro per il 2022 e in 10 milioni di euro a decorrere dal 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004 (capitolo 3075 dello stato di previsione del Ministro dell’economia e delle finanze), che reca uno stanziamento di circa 522 milioni di euro per il 2022, 457 milioni di euro per il 2023 e 378 milioni di euro per il 2024.
Al riguardo si evidenzia preliminarmente che, da un punto di vista meramente formale, andrebbe precisato il carattere annuo dell’onere previsto a regime, con decorrenza dal 2023, dal comma 2 dell’articolo 3- bis .
Appare, inoltre, opportuno che il Governo confermi la disponibilità delle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica e che il loro utilizzo non è suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi eventualmente già programmati a valere sulle medesime risorse.
Andrebbe infine valutata l’opportunità di configurare l’onere di cui al comma 1 in termini di minori entrate, invece che di maggiori spese, essendo lo stesso riferito ad una perdita di gettito erariale. In tal senso appare, altresì, opportuno che il Governo chiarisca se le minori entrate necessarie per dare attuazione al descritto regime di vantaggio fiscale possano essere contenute entro un determinato limite. In tal caso, al comma 2, sarebbe opportuno indicare le minori entrate come “pari a” piuttosto che fare riferimento a un onere “quantificato in”, come attualmente previsto nel testo. Qualora invece non fosse possibile determinare con certezza le minori entrate derivanti dall’attuazione del predetto regime di vantaggio fiscale, al comma 2, le minori entrate andrebbero indicate come “valutate in”. [1] La citata disposizione ha previsto che alle cooperative sociali, con riferimento alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, decorrenti dal 1° gennaio 2018 con riferimento a contratti stipulati non oltre il 31 dicembre 2018, delle donne vittime di violenza di genere, debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza o dai centri anti-violenza o dalle case rifugio, è attribuito, per un periodo massimo di trentasei mesi, un contributo entro il limite di spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 a titolo di sgravio delle aliquote per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale dovute relativamente alle suddette lavoratrici assunte. | 5,138 | 121 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2862
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( CONTE )
e dal ministro dell'economia e delle finanze
( GUALTIERI )
Conversione in legge del decreto-legge 15 gennaio 2021, n. 3 , recante misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonché adempimenti e versamenti tributari
Presentato il 15 gennaio 2021
Onorevoli Deputati! — Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere la conversione in legge del decreto-legge 15 gennaio 2021, n. 3 , recante misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonché adempimenti e versamenti tributari, il cui contenuto è di seguito illustrato.
Articolo 1.
Il comma 1 modifica l' articolo 157 del decreto-legge n. 34 del 2020 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 , prevedendo che le notifiche degli atti indicati al comma 1 del predetto articolo 157 siano effettuate tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022. Sono conseguentemente adeguati gli altri termini previsti nel richiamato articolo 157.
Il comma 2, tenendo conto del persistere dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e dei suoi effetti socio-economici, fissa al 31 gennaio 2021 il termine finale di scadenza dei versamenti, derivanti da cartelle di pagamento, nonché dagli avvisi esecutivi previsti dalla legge, relativi alle entrate tributarie e no, sospesi dall' articolo 68, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 , termine attualmente stabilito al 31 dicembre 2020. Per effetto di tale intervento – fermo restando quanto disposto dal successivo comma 3 in relazione alla salvezza delle attività compiute e degli effetti prodottisi nel periodo dal 1° gennaio 2021 alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge – la sospensione dei suddetti versamenti opera senza soluzione di continuità dalla data iniziale della stessa (21 febbraio 2020 per i debitori con residenza, sede operativa o sede legale nei comuni della vecchia «zona rossa», 8 marzo 2020 per tutti gli altri) fino alla data del 31 gennaio 2021. Da ciò consegue, tra l'altro, che – sempre nei limiti stabiliti dal citato comma 3 – sui versamenti sospesi non saranno dovuti interessi di mora ex articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 né sanzioni e somme aggiuntive ex articolo 27, comma 1, del decreto legislativo n. 46 del 1999 neppure per il suddetto periodo dal 1° gennaio 2021 alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.
Con il comma 3 si differisce dal 31 dicembre 2020 al 31 gennaio 2021 la scadenza della sospensione, disciplinata dall' articolo 152, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 , degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati dall'agente della riscossione e dai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b) , del decreto legislativo n. 446 del 1997 , aventi ad oggetto le somme dovute a titolo di stipendio, salario o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza.
Il comma 4 stabilisce che:
restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e gli adempimenti svolti dall'agente della riscossione nel periodo dal 1° gennaio 2021 alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi;
restano acquisiti, per quanto attiene ai versamenti eventualmente eseguiti nello stesso periodo, gli interessi di mora corrisposti ex articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 nonché le sanzioni e le somme aggiuntive corrisposte ex articolo 27, comma 1, del decreto legislativo n. 46 del 1999 ;
agli accantonamenti effettuati e alle somme accreditate nel suddetto periodo all'agente della riscossione e ai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b) , del decreto legislativo n. 446 del 1997 si applicano le disposizioni dell' articolo 152, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 , con la conseguenza che i primi restano fermi e le seconde restano definitivamente acquisite e non sono rimborsate;
alle verifiche di cui all'articolo 48- bis , comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 eseguite nel medesimo periodo, per le quali l'agente della riscossione non abbia già notificato l'ordine di versamento previsto dall'articolo 72- bis dello stesso decreto del Presidente della Repubblica, si applicano le disposizioni dell' articolo 153, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 , con la conseguenza che tali verifiche restano prive di qualunque effetto e i soggetti pubblici di cui all' articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 provvedono ad effettuare il pagamento a favore del beneficiario.
Articolo 2.
L'articolo, attraverso l'aggiunta di un periodo alla fine dell' articolo 1, comma 42, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 , prevede, che, in sede di prima applicazione dell'imposta sui servizi digitali, i soggetti obbligati possano effettuare il versamento dell'ammontare dovuto per l'anno 2020 entro il 16 marzo 2021 (anziché entro il 16 febbraio 2021) e la presentazione della relativa dichiarazione entro il 30 aprile 2021 (anziché entro il 31 marzo 2021).
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ).
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 15 gennaio 2021, n. 3 , recante misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonché adempimenti e versamenti tributari.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 15 gennaio 2021, n. 3 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2021.
Misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonché adempimenti e versamenti tributari.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Considerata la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure di differimento di termini in materia di notifiche di atti di contestazione e irrogazione di sanzioni tributarie, nonché di adempimenti e versamenti a carico di contribuenti;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 14 gennaio 2021;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
1. All' articolo 157 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole «tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021» sono sostituite da: «tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022»;
b) al comma 2- bis , le parole «tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021» sono sostituite da «tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022»;
c) al comma 3, le parole «sono prorogati di un anno» sono sostituite da «sono prorogati di tredici mesi»;
d) al comma 4, le parole «notificati nel 2021» sono sostituite da «notificati entro il 31 gennaio 2022».
2. All' articolo 68, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 , convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 , le parole «al 31 dicembre 2020» sono sostituite da «2020 al 31 gennaio 2021»;
3. All' articolo 152, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 , convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 , le parole «31 dicembre 2020» sono sostituite da «31 gennaio 2021».
4. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e gli adempimenti svolti dall'agente della riscossione nel periodo dal 1° gennaio 2021 alla data di entrata in vigore del presente decreto e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi; restano altresì acquisiti, relativamente ai versamenti eventualmente eseguiti nello stesso periodo, gli interessi di mora corrisposti ai sensi dell' articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 , ovvero le sanzioni e le somme aggiuntive corrisposti ai sensi dell' articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 . Agli accantonamenti effettuati e alle somme accreditate nel predetto periodo all'agente della riscossione e ai soggetti di cui all'articolo 52, comma 5, lettera b) , del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 , si applicano le disposizioni dell' articolo 152, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 ; alle verifiche di cui all'articolo 48- bis , comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 , effettuate nello stesso periodo si applicano le disposizioni dell' articolo 153, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge n. 34 del 2020 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020 .
Articolo 2.
1. All' articolo 1, comma 42, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 , è aggiunto in fine il seguente periodo:
«In sede di prima applicazione, l'imposta dovuta per le operazioni imponibili nell'anno 2020 è versata entro il 16 marzo 2021 e la relativa dichiarazione è presentata entro il 30 aprile 2021».
Articolo 3.
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, contestualmente a tale pubblicazione, e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 15 gennaio 2021.
MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Gualtieri, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Bonafede | Misure urgenti in materia di accertamento, riscossione, nonché adempimenti e versamenti tributari
Contenuto
Il provvedimento è stato presentato alla Camera dei Deputati per la conversione in legge; si compone di 3 articoli e 6 commi.
L' articolo 1, lettera a ), differisce ulteriormente i termini per la notifica da parte dell'amministrazione finanziaria di alcuni atti individuati dall'articolo 157, comma 1. del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34. In particolare, il comma prevede che gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione , per i quali i termini di decadenza scadono tra l'8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, siano notificati nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022 (rispetto al previgente periodo dal 1°gennaio al 31 dicembre 2021).
La lettera b ) , modificando il comma 2- bis dall'articolo 157, stabilisce che anche gli atti, le comunicazioni e gli inviti individuati al comma 2 del medesimo articolo siano notificati, inviati o messi a disposizione nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2021 e il 31 gennaio 2022 (rispetto al previgente periodo: dal 1°gennaio e il 31 dicembre 2021), salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.
La lettera c ) modifica il comma 3 dall'articolo 157 e stabilisce che i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento previsti dall'articolo 25, comma 1, lettere a ) e b ), del D.P.R. n. 602 del 1973, siano prorogati di tredici mesi (rispetto al previgente termine di un anno).
La lettera d ), conseguentemente alle modifiche introdotte dalle norme precedenti, dispone che con riferimento agli atti indicati ai sopra citati commi 1 e 2 dell'articolo 157 notificati entro il 31 gennaio 2022 (non più nel solo 2021) non siano dovuti , se previsti, gli interessi per ritardato pagamento (articolo 6 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 maggio 2009) e per ritardata iscrizione a ruolo (articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973) per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e la data di notifica dell'atto stesso.
Il comma 2 fissa al 31 gennaio 2021 il termine finale della sospensione dei termini dei versamenti (rispetto al previgente termine del 31 dicembre 2020) delle somme derivanti da cartelle di pagamento nonché dagli avvisi esecutivi previsti dalla legge, relativi alle entrate tributarie e non , sospesi dall'articolo 68, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020.
Il comma 3 , modificando l'articolo 152 del decreto Rilancio (decreto- legge n. 34 del 2020), proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 gennaio 2021 la sospensione degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati dall'agente di riscossione sulle somme dovute a titolo di stipendio, pensione e trattamenti assimilati.
Il comma 4 precisa che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e gli adempimenti svolti dall'agente della riscossione nel periodo dal 1° gennaio 2021 alla data di entrata in vigore del decreto in commento e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi.
L' articolo 2 proroga il termine di versamento dell'imposta sui servizi digitali dal 16 febbraio 2021 al l6 marzo 2021 e il termine di presentazione della relativa dichiarazione dal 31 marzo 2021 al 30 aprile 2021. In particolare la disposizione, aggiungendo un periodo all'articolo 1, comma 42, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, stabilisce che in sede di prima applicazione , l'imposta dovuta per le operazioni imponibili nell'anno 2020 è versata entro il 16 marzo 2021 e la relativa dichiarazione è presentata entro il 30 aprile 2021.
L' articolo 3 stabilisce l'entrata in vigore del provvedimento nel medesimo giorno della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Specificità ed omogeneità delle disposizioni e altri requisiti previsti dalla legislazione vigente
L'articolo 1 del provvedimento risulta abrogato dall'articolo 1, comma 5, del successivo decreto-legge n. 7 del 2021, anch'esso attualmente all'esame della Camera (C. 2879); i precedenti commi dell'articolo 1 del decreto-legge n. 7 riproducono sostanzialmente il contenuto dell'articolo 1 del decreto- legge n. 3 prevedendo però un diverso termine per la proroga degli adempimenti e versamenti tributari (28 febbraio 2021 e non più 31 gennaio 2021).
In proposito, si ricorda che il Comitato per la legislazione, nel parere reso nella seduta del 17 dicembre 2020 sul disegno di legge C. 2828 di conversione del decreto-legge n. 137 del 2020 (cd. "DL ristori") ha raccomandato di "evitare forme di intreccio tra più provvedimenti d'urgenza, atteso che in particolare la confluenza in un unico testo di più articolati attualmente vigenti – che originano da distinte delibere del Consiglio dei ministri e distinti decreti del Presidente della Repubblica – appare suscettibile di ingenerare un'alterazione del lineare svolgimento della procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge".
Si segnala inoltre che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 58 del 2018, con riferimento ad una fattispecie analoga, ma di minore complessità cioè ad una disposizione del decreto-legge n. 92 del 2015, abrogata nel corso dell'iter di conversione del decreto-legge n. 83 del 2015 prima della scadenza per la conversione del decreto-legge n. 92 e sostituita con una disposizione di identico contenuto inserita nel decreto-legge n. 83, ha rilevato che si trattava di un iter che ha arrecato "pregiudizio alla chiarezza delle leggi e alla intelligibilità dell'ordinamento".
Inoltre, nel corso dell'esame del provvedimento in sede referente presso la VI Commissione finanze il rappresentante del Governo ha annunciato "l'intenzione del Governo di riversare il contenuto del presente provvedimento in una proposta emendativa da presentare nell'ambito dell'esame in sede referente del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 183 del 2020, cosiddetto Proroga termini (C. 2845)" (seduta del 26 gennaio 2021); tale proposta emendativa è stata successivamente presentata (articolo aggiuntivo 22.0200 del Governo) e fa confluire nel decreto-legge n. 183 del 2020 l'articolo 2 del provvedimento in esame e l'intero decreto-legge n. 7 del 2020.
In proposito si ricorda che l'ordine del giorno Ceccanti 9/2835-A/10, approvato dalla Camera con 464 voti favorevoli nella seduta del 20 gennaio 2021 nel corso della discussione del disegno di legge C. 2835-A di conversione del decreto-legge n. 172 del 2020, impegna il Governo "ad operare per evitare la "confluenza" tra diversi decreti-legge, limitando tale fenomeno a circostanze di assoluta eccezionalità da motivare adeguatamente nel corso dei lavori parlamentari". | 5,933 | 131 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1236 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1236
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 3 ottobre 2018 (v. stampato Senato n. 824)
d'iniziativa del senatore PATUANELLI
Modifica all' articolo 20, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124 , recante proroga del termine per l'adozione di disposizioni integrative e correttive concernenti la disciplina processuale dei giudizi innanzi alla Corte dei conti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 3 ottobre 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124 , il comma 6 è sostituito dal seguente:
« 6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo può adottare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni integrative e correttive che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo».
Art. 2.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Proroga del termine per l'adozione di disposizioni integrative e correttive concernenti la disciplina processuale dei giudizi innanzi alla Corte dei conti
Contenuto
La proposta di legge, approvata dal Senato nella seduta del 3 ottobre 2018, interviene sul termine per l'esercizio della delega legislativa per la revisione del processo contabile.
Per l'adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi la proposta di legge prevede il nuovo termine di tre anni (anzichè di due anni) dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della delega.
Tale decreto, adottato in attuazione della delega recata dall'art. 20 della legge n. 124 del 2015, è i l decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, entrato in vigore il 7 ottobre 2016 .
Il nuovo termine per l'adozione di decreti integrativi e correttivi è dunque fissato – in base alla modifica disposta dalla proposta di legge C. 1236 – al 7 ottobre 2019 (anzichè al 7 ottobre 2018). I principi e criteri direttivi sono i medesimi di quelli fissati dalla disposizione di delega.
Si ricorda che la legge di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (L. 124/2015) ha previsto deleghe legislative volte a riorganizzare ampi settori dell'amministrazione statale e profili della disciplina del lavoro pubblico e del procedimento amministrativo con l'obiettivo di proseguire e migliorare l'opera di digitalizzazione della p.a., di riordinare gli strumenti di semplificazione dei procedimenti nonché di elaborare testi unici delle disposizioni in materie oggetto di stratificazioni normative. In attuazione della legge sono stati approvati numerosi provvedimenti.
Ha previsto altresì – all'art. 20 - la delega per il riordino e la ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti, compresi i giudizi pensionistici, i giudizi di conto e i giudizi a istanza di parte. A sua volta, l' art. 20 comma 6 , ha previsto che entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il Governo possa adottare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni integrative e correttive che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura di cui al medesimo articolo 20.
Ai sensi del comma 5 dell'art. 20 i decreti legislativi sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Sullo schema di decreto sono acquisiti il parere delle sezioni riunite della Corte dei conti e, successivamente, il parere delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema. Decorso il termine, il decreto può essere comunque adottato, anche senza i predetti pareri, su deliberazione del Consiglio dei ministri.
Si ricorda che sullo schema di decreto legislativo, presentato nel corso della XVII legislatura (A.G. 313), le Commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole con condizioni ed osservazioni.
Il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 reca il codice della giustizia contabile predisposto in attuazione dell'articolo 20 della legge n. 124 del 2015 di riforma della pubblica amministrazione. Il codice provvede al riordino e alla ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti, compresi i giudizi pensionistici, i giudizi di conto e i giudizi a istanza di parte, organizzando in un testo unitario un insieme di norme stratificatosi nel tempo e coordinandole con i principi generali stabiliti dalla disciplina del codice processuale civile.
In particolare il codice provvede a: adeguare la normativa vigente alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori; prevedere l'interruzione del termine di prescrizione di 5 anni delle azioni esperibili dal pubblico ministero; elevare il limite massimo dell'addebito (da 5.000 a 10.000 euro) per il rito monitorio, previsto per i fatti dannosi di lieve entità; introdurre un rito abbreviato per la responsabilità amministrativa che consente la definizione del giudizio di primo grado per somma non superiore al 50 per cento del danno economico imputato; riordinare la fase dell'istruttoria; unificare le disposizioni vigenti in materia di obbligo di denuncia del danno erariale; integrare le disposizioni vigenti con le norme del codice di procedura civile su specifici aspetti dettagliatamente indicati; ridefinire la disciplina delle impugnazioni, nonchè le disposizioni concernenti l'esecuzione delle decisioni definitive di condanna al risarcimento del danno, attribuendo al pubblico ministero la titolarità di agire e resistere in giudizio innanzi al giudice civile dell'esecuzione.
Si ricordano infine i principi e criteri direttivi previsti per l'esercizio della delega (e per l'adozione dei decreti legislativi correttivi ed integrativi) dall'art. 20 della legge 124/2015:
adeguare le norme vigenti alla giurisprudenza costituzionale e delle giurisdizioni superiori; l'adeguamento va coordinato ai principi generali stabiliti dalla disciplina del codice processuale civile, assicurando in particolare la concentrazione delle tutele spettanti al giudice contabile;
disciplinare i giudizi tenendo conto degli interessi pubblici e dei diritti soggettivi da tutelare, in base al principio di concentrazione ed effettività della tutela e nel rispetto del principio costituzionale di ragionevole durata del processo;
ispirare le disposizioni processuali sulle azioni del PM e sulle funzioni e attività del giudice e delle parti a principi di semplificazione e razionalizzazione e riparto delle competenze;
prevedere, per una sola volta e per un massimo di 2 anni, l'interruzione - con atto di costituzione in mora - del termine di prescrizione (di 5 anni) delle azioni esperibili dal procuratore regionale; il termine di prescrizione è sospeso per la durata del processo; detto criterio introduce quindi, per il procuratore regionale, una specifica limitazione rispetto alla disciplina generale sull'interruzione della prescrizione di cui agli artt. 2943 e seguenti del codice civile.
elevare il limite attuale (di 5.000 euro) per il rito monitorio previsto dall'art. 55 del TU del 1934 per gli atti dannosi di lieve entità patrimoniale; il limite va periodicamente aggiornato sulla base delle rilevazioni Istat;
prevedere, nei giudizi di responsabilità amministrativa, l'introduzione di un rito abbreviato che permetta all'Erario, definendo il giudizio di primo grado, di incamerare rapidamente una somma di denaro, a titolo di risarcimento non superiore al 50% del danno economico imputato; l'accesso al rito abbreviato è condizionato dal parere favorevole del PM ed è precluso in caso di dolo nell'arricchimento del responsabile del danno. La sentenza è immediatamente esecutiva e inappellabile. In secondo grado, la formulazione della richiesta di abbreviato consente una sentenza che preveda un risarcimento almeno pari al 70% di quanto domandato con l'atto di citazione;
prevedere un riordino della fase istruttoria sulla base dei seguenti principi: specificità e concretezza della notizia di danno erariale; pieno accesso agli atti dopo l'emissione dell'invito a dedurre; obbligatorietà dell'audizione personale del presunto responsabile; specificazione delle modalità di esercizio dei poteri del PM; formalizzazione dell'archiviazione; preclusione di chiamata in causa su ordine del giudice, in assenza di nuovi elementi, di un soggetto destinatario di archiviazione;
unificazione delle norme sull'obbligo di denuncia del danno erariale e di tutela del dipendente pubblico denunciante. L'obbligo di denuncia è attualmente previsto da diverse discipline di settore nell'ambito della pubblica amministrazione (es: in generale, per i dipendenti statali, art. 20 del D.P.R. n. 3 del 1957). Sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti, l'art. 54-bis del TU pubblico impiego (D.Lgs 165/2001) introdotto dalla legge 190 del 2012 concentra le tutele sul divieto di sanzioni, licenziamento o misure discriminatorie nei suoi confronti; in sede disciplinare, sul divieto di rivelarne l'identità, senza il suo consenso (a meno che la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato); la denuncia è inoltre sottratta al diritto di accesso agli atti previsto dalla L. 241/1990.
disciplinare le procedure sulle consulenze tecniche, prevedendo l'istituzione di albi regionali;
riordinare le disposizioni processuali vigenti integrandole e coordinandole con le disposizioni e i principi del codice di rito civile in relazione a specifici aspetti, che vengono dettagliatamente indicati (cfr nn. 1 e 2);
ridefinizione della disciplina delle impugnazioni, anche mediante rinvio a quella del primo grado, nonché riordino e ridefinizione delle norme relative alle decisioni impugnabili, all'effetto devolutivo dell'appello, alla sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado, al regime delle eccezioni e delle prove, ai termini per la revocazione in conformità a quanto previsto dal c.p.c., in ossequio ai principi del giusto processo e della sua durata ragionevole;
riordino e ridefinizione, in ossequio ai principi nomofilattici e di certezza del diritto, delle norme sul deferimento alle sezioni riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale di questioni di massima importanza, conflitti di competenza territoriale e regolamento di competenza su ordinanze che dispongano la sospensione necessaria del processo;
riordino e ridefinizione delle disposizioni sull'esecuzione di sentenze di condanna definitive al risarcimento del danno (il PM contabile ha la titolarità di agire e resistere davanti al giudice civile dell'esecuzione immobiliare);
disciplinare chiaramente le connessioni tra risultanze ed esiti accertativi raggiunti dalla Corte in sede di controllo ed elementi probatori producibili in giudizio, anche assicurando, nell'ambito di un eventuale giudizio di responsabilità amministrativa, la necessaria considerazione dei pareri resi dalla stessa Corte in sede consultiva.
Necessità dell'intervento con legge
Trattandosi di una modifica del termine per l'esercizio di una delega legislativa è necessaria una modifica con legge.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La materia "giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa" rientra tra gli ambiti di competenza legislativa statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. | 3,531 | 135 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1236 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1236
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 3 ottobre 2018 (v. stampato Senato n. 824)
d'iniziativa del senatore PATUANELLI
Modifica all' articolo 20, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124 , recante proroga del termine per l'adozione di disposizioni integrative e correttive concernenti la disciplina processuale dei giudizi innanzi alla Corte dei conti
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 3 ottobre 2018
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124 , il comma 6 è sostituito dal seguente:
« 6. Entro tre anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo può adottare uno o più decreti legislativi recanti le disposizioni integrative e correttive che l'applicazione pratica renda necessarie od opportune, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e della procedura di cui al presente articolo».
Art. 2.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Proroga del termine per l'adozione di disposizioni integrative e correttive concernenti i giudizi innanzi alla Corte dei conti
Contenuto
La proposta di legge, approvata dal Senato nella seduta del 3 ottobre 2018, interviene sul termine per l'esercizio della delega legislativa per la revisione del processo contabile e consta di 2 articoli , il primo dei quali novella la legge n. 24/2015, al fine di prorogare il termine per l'esercizio della delega legislativa per la revisione del processo contabile; il secondo articolo prevede l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Per l'adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi la proposta di legge prevede il nuovo termine di tre anni (anzichè di due anni) dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo attuativo della delega. Tale decreto, adottato in attuazione della delega recata dall'art. 20 della legge n. 124 del 2015, è il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, entrato in vigore il 7 ottobre 2016. Il nuovo termine per l'adozione di decreti integrativi e correttivi è dunque fissato – in base alla modifica disposta dalla proposta di legge C. 1236 –; al 7 ottobre 2019 (anzichè al 7 ottobre 2018; in tal senso si verifica un differimento e non una proroga). I principi e criteri direttivi sono i medesimi di quelli fissati dalla disposizione di delega.
Coordinamento con la legislazione vigente e semplificazione
Si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 1985 ha riconosciuto al Parlamento la possibilità di concedere "in modo reiterato la proroga del termine per l'emanazione dei provvedimento delegati [...] giacché l'organo che ha l'autorità di fissare una scadenza può anche prorogarla" e dal momento che, nel "rinnovare" la delega, il Parlamento "ha pur sempre effettuato le proprie valutazioni nel rispetto delle prescrizioni dell'articolo 76 della Costituzione". | 1,000 | 136 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1615 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1615
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MARINO, MURA, DE MARTINI, PITTALIS, ROTELLI, BARZOTTI, BRUNO BOSSIO, CABRAS, CADEDDU, CARINELLI, CORDA, DE LORENZIS, DEIANA, FICARA, GRIPPA, ALBERTO MANCA, PENTANGELO, PERANTONI, RAFFA, ROSSO, SCAGLIUSI, SCANU, SOZZANI, TERMINI, VALLASCAS
Modifiche alla legge 9 agosto 2017, n. 128 , in materia di affidamento dei servizi di trasporto nelle ferrovie turistiche isolate dalla rete ferroviaria nonché di vigilanza sull'applicazione delle norme di sicurezza
Presentata il 20 febbraio 2019
Onorevoli Colleghi ! – La legge 9 agosto 2017, n. 128 , prevede l'istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico, con la finalità di salvaguardare e di valorizzare le tratte ferroviarie di particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico, compresi i tracciati ferroviari, le stazioni e le relative opere d'arte e pertinenze, nonché i mezzi rotabili storici e turistici abilitati a percorrerle, e di disciplinare i ferrocicli.
In relazione all' articolo 5, comma 3, della legge n. 128 del 2017 si sono tuttavia rilevate alcune criticità riguardanti l'affidamento dei servizi di trasporto turistico a operatori che si candidano alla gestione dei medesimi servizi e delle attività commerciali connesse, in quanto la disposizione prevede che il servizio di trasporto sia esercitato da un’«impresa ferroviaria» ai sensi del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 , recante il recepimento della direttiva europea 2012/34 /UE che ha istituito lo spazio ferroviario europeo unico.
Per effetto di tale requisito, alcune società che esercitano servizi di trasporto e che, anche se in mancanza della qualifica di imprese ferroviarie, hanno operato nel settore del trasporto turistico ferroviario fino all'entrata in vigore della legge n. 128 del 2017 , oggi rischiano di non poter proseguire l'attività in quanto non posseggono tale qualifica. A titolo di esempio, si richiama il caso della società ARST Spa con un socio unico, facente capo alla regione autonoma della Sardegna. A tale riguardo, si ricorda che l'articolo 1, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 2015 non si applica alle reti ferroviarie isolate, tra cui rientra quella della regione Sardegna. La società ARST Spa, infatti, gestisce il servizio di trasporto ferroviario pubblico locale per 160 chilometri e turistico per 440 chilometri sulla rete ferroviaria regionale senza essere titolare di licenza ferroviaria, in quanto non è obbligata a possederla.
Dalla citata disposizione della legge n. 128 del 2017 sembrerebbe evincersi, invece, che si fosse voluto imporre a tutte le società che hanno svolto o tuttora svolgono il trasporto turistico, comprese quelle che lo esercitano sulle reti ferroviarie isolate, l'obbligo di possedere la qualifica di impresa ferroviaria, di cui al capo II del decreto legislativo n. 112 del 2015 .
Nel caso della regione Sardegna, quindi, ne deriverebbe che le uniche ferrovie di proprietà della regione – che non risultano dismesse né sospese dall'esercizio e alle quali la legge regionale 28 luglio 2017, n. 16, ha riconosciuto grande importanza ai fini dell'utilizzo quale strumento di promozione turistica – sebbene in esercizio con una programmazione turistica da oltre venti anni, non potrebbero più essere gestite per uso turistico dall'operatore storico, la società ARST Spa, in quanto priva di licenza ferroviaria, mentre la stessa società potrebbe continuare a esercitare il servizio di trasporto pubblico locale sulle linee ferroviarie di competenza della regione, che costituiscono una rete ferroviaria isolata.
In materia di sicurezza, si evidenzia che per il trasporto pubblico locale su reti a scartamento ridotto il decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980 attribuisce le funzioni di vigilanza all'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (USTIF). A far data dal 30 giugno 2019, invece, ai sensi dell' articolo 2 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162 , come modificato dall'articolo 15- ter del decreto-legge n. 148 del 2017 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172 del 2017 , le reti ferroviarie isolate, come quella della regione Sardegna, saranno soggette alla vigilanza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA). Anche per la circolazione dei treni turistici è quindi garantito un regime di continuità per la sicurezza sulle reti ferroviarie isolate.
Appare, quindi, paradossale che una disposizione – attesa da anni dall'intero settore del trasporto ferroviario al fine di regolamentarlo e di favorirne lo sviluppo nonché di valorizzare il turismo ferroviario nazionale – per le criticità rilevate, di fatto rischi di porre ostacoli impedendo agli operatori storici di proseguire le attività svolte arrecando anche gravi danni alle economie locali.
Pertanto, dall'applicazione dell' articolo 5, comma 3, della legge n. 128 del 2017 potrebbe derivare un maggior onere di tipo amministrativo ed economico a carico delle società che attualmente non sono qualificate quali imprese ferroviarie, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 2015 , o addirittura l'impossibilità di continuare a svolgere il servizio di trasporto turistico già esercitato prima dell'entrata in vigore della stessa legge n. 128 del 2017 .
La presente proposta di legge, pertanto, modifica il comma 3 dell'articolo 5 della legge n. 128 del 2017 consentendo a tutti i soggetti che svolgono o possono svolgere servizi di trasporto ferroviario, ai sensi del vigente quadro normativo e regolamentare in materia di circolazione ferroviaria, di esercitare i servizi di tipo turistico. Ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera a) , tali servizi potranno essere svolti sia da imprese ferroviarie qualificate ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 2015 sia dai soggetti che svolgono servizi di trasporto nel quadro definito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980 .
Inoltre, con la modifica all' articolo 6, comma 2, della stessa legge n. 128 del 2017 si chiarisce che l'ANSFISA vigila sulla corretta applicazione della normativa ai fini della sicurezza ferroviaria. In assenza di tale precisazione si potrebbero determinare incertezze interpretative sulla competenza in materia di sicurezza.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Alla legge 9 agosto 2017, n. 128 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo periodo del comma 3 dell'articolo 5 è inserito il seguente: «Sulle reti ferroviarie concesse che, non essendo comprese nell'allegato A annesso al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 5 agosto 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 15 settembre 2016, sono considerate isolate dal punto di vista funzionale dal resto del sistema ferroviario, il servizio di trasporto può essere affidato ai soggetti che già eserciscono tali reti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753 »;
b) al primo periodo del comma 2 dell'articolo 6 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e vigila sulla corretta applicazione della normativa ai fini della sicurezza». | Affidamento dei servizi di trasporto nelle ferrovie turistiche
Contenuto
La proposta di legge, che consta di due articoli, modifica l'articolo 5 della legge n.128 del 2017 in materia di ferrovie turistiche.
L'articolo 5 della legge n. 128 del 2017 disciplina la g estione dei servizi di trasporto turistico e delle attività commerciali connesse. Si prevede in particolare che le amministrazioni competenti procedano all'affidamento dei servizi di trasporto turistico e delle attività commerciali connesse, previa pubblicazione nel proprio sito internet, per almeno trenta giorni, di un apposito avviso, con il quale rendono nota la ricerca di soggetti gestori, ovvero comunicano l'avvenuto ricevimento di una candidatura, indicando sinteticamente il contenuto del contratto proposto. Trascorso il periodo di pubblicazione dell'avviso, l'amministrazione può procedere liberamente all'affidamento e alla definizione del conseguente contratto, purché nel rispetto dei principi di imparzialità e di parità di trattamento fra gli operatori che abbiano manifestato interesse. Nella domanda il richiedente indica le tratte ferroviarie interessate, la tipologia dei rotabili che intende utilizzare, la frequenza delle corse, l'impresa ferroviaria che eserciterà il servizio di trasporto , di cui al capo II del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 , nonché le tipologie di attività di promozione turistico-ricreativa che intende esercitare. Nel caso di domanda indirizzata alle regioni, queste ultime acquisiscono anche il parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i profili attinenti alla competenza sulle tratte interconnesse alla rete nazionale ai fini della valutazione degli effetti sul sistema ferroviario nazionale. I pareri del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle regioni relativamente alle attività commerciali connesse, ivi compresi l'allestimento di spazi museali e le iniziative di promozione turistico-ricreativa, sia a bordo che nelle stazioni, sono vincolanti.
Le modifiche introdotte dalla proposta di legge sono volte a estendere, attraverso una modifica all'articolo 5 della citata legge n. 128 del 2017, l'ambito dei soggetti che possono esercitare il servizio ferroviario turistico.
A questo scopo viene inserito un nuovo comma 1-bis che indica che il servizio ferroviario turistico può essere svolto da:
a) imprese ferroviarie di cui al capo II del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, per le linee interconnesse con la rete ferroviaria nazionale ;
b) imprese ferroviarie o soggetti che già esercitano servizi ferroviari ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, sulle reti ferroviarie isolate dal punto di vista funzionale dal resto del sistema ferroviario, con riferimento alle medesime reti;
c) altri soggetti, quali musei ferroviari e associazioni, purché posti sotto la responsabilità dei soggetti di cui alle lettere a) e b) , in possesso di certificato di sicurezza o altro titolo di idoneità all'esercizio.
A fini di coordinamento è modificato anche il comma 3 che, nella formulazione attualmente vigente, fa riferimento esclusivamente alle imprese ferroviarie.
Le disposizioni introdotte dall'articolo 1, comma 1, della proposta di legge sono volte da un lato a superare la problematica derivante dal fatto che , secondo l'attuale formulazione dell'articolo 5 comma 3, della legge n.128 del 2017 l'esercizio del trasporto ferroviario, anche con riferimento alle ferrovie turistiche, debba essere esercitato da un'«impresa ferroviaria» ai sensi del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, di recepimento della direttiva europea 2012/34/UE che ha istituito lo spazio ferroviario europeo unico, e dall'altro a estendere la possibilità di esercitare servizi ferroviari turistici anche ad " altri soggetti, quali musei ferroviari e associazioni, purché posti sotto la responsabilità dei soggetti di cui alle lettere a) e b)".
Con riguardo alla prima problematica, la relazione illustrativa della proposta di legge segnala che "alcune società che esercitano servizi di trasporto e che, anche se in mancanza della qualifica di imprese ferroviarie, hanno operato nel settore del trasporto turistico ferroviario fino all'entrata in vigore della legge n. 128 del 2017, oggi rischiano di non poter proseguire l'attività in quanto non posseggono tale qualifica." Si cita, a titolo di esempio, il caso della società ARST spa con un socio unico facente capo alla regione autonoma della Sardegna che "gestisce il servizio di trasporto ferroviario sia pubblico locale per 160 chilometri e turistico per 440 chilometri sulla rete ferroviaria regionale senza essere titolare di licenza ferroviaria ".
In effetti il decreto legislativo n. 112 del 2015, che ha recepito la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico esclude dall'ambito di applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo (tra le quali quelle in materia di licenza ferroviaria) le "reti ferroviarie locali e regionali isolate adibite al trasporto passeggeri" e "le imprese ferroviarie che esercitano unicamente servizi di trasporto urbano, extraurbano o regionale su tali reti".
Con riguardo al secondo profilo si segnala che l'esercizio del servizio ferroviario turistico, pur consentito a musei ferroviari e associazioni, dovrebbe comunque svolgersi sotto la responsabilità delle imprese ferroviarie o di soggetti che, ancorché non siano imprese ferroviarie, gestiscono servizi ferroviari sulla rete esistente che dovrebbero pertanto valutare entro quali limiti sia possibile che i soggetti indicati alla lettera c) possano esercitare attività concernenti il servizio ferroviario turistico.
Andrebbe pertanto valutata l'opportunità di precisare, ferma restando la responsabilità dei soggetti di cui alle lettere a) e b) a quali condizioni e con quali limiti i soggetti indicati alla lettera c) possano svolgere il servizio ferroviario.
L' articolo 2 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale .
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge di iniziativa parlamentare è corredata dalla necessaria relazione illustrativa.
Collegamento con lavori legislativi in corso
E' stata soppressa la disposizione, presente nel testo originario della proposta di legge, che prevedeva, attraverso una modifica all'articolo 6 della citata legge n. 128 del 2017, che l'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, ora Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali, vigilasse sulla corretta applicazione della normativa ai fini della sicurezza. Una previsione di identico tenore sostanziale è infatti presente all'articolo 16, comma 2, lettera aa) dell'Atto del Governo 74, attualmente all'esame della Commissione IX, ai fini dell'espressione del relativo parere.
A seguito di questo intervento non risultano più altre iniziative normative in corso aventi un oggetto identico o connesso a quello della proposta di legge all'esame.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge può essere ricondotta a diversi ambiti costituzionalmente rilevanti. Assume in primo luogo rilievo la materia del trasporto ferroviario riconducibile in parte alla materia di legislazione concorrente grandi reti di trasporto (con specifico riferimento all'infrastruttura ferroviaria nazionale) in parte alla materia di competenza residuale delle regioni trasporto ferroviario regionale e locale. La giurisprudenza della Corte costituzionale è stata fin qui orientata ad ammettere l'intervento statale in materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni, sulla base del principio di sussidiarietà, a condizione che siano individuate adeguate procedure concertative e di coordinamento orizzontale tra lo Stato e le regioni. Al riguardo, si ricorda che la proposta si inserisce in una disciplina, quella recata dalla legge n. 128 del 2017, che già prevede, tra le altre cose, un'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per l'individuazione delle "ferrovie turistiche" (articolo 2).
Entra inoltre in considerazione l'aspetto concernente la sicurezza ferroviaria riconducibile all'articolo 117, comma 2, lettera h), ordine pubblico e sicurezza , di competenza esclusiva dello Stato.
Attribuzione di poteri normativi
Non vengono attribuiti nuovi poteri normativi. | 4,983 | 146 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1615
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MARINO, MURA, DE MARTINI, PITTALIS, ROTELLI, BARZOTTI, BRUNO BOSSIO, CABRAS, CADEDDU, CARINELLI, CORDA, DE LORENZIS, DEIANA, FICARA, GRIPPA, ALBERTO MANCA, PENTANGELO, PERANTONI, RAFFA, ROSSO, SCAGLIUSI, SCANU, SOZZANI, TERMINI, VALLASCAS
Modifiche alla legge 9 agosto 2017, n. 128 , in materia di affidamento dei servizi di trasporto nelle ferrovie turistiche isolate dalla rete ferroviaria nonché di vigilanza sull'applicazione delle norme di sicurezza
Presentata il 20 febbraio 2019
Onorevoli Colleghi ! – La legge 9 agosto 2017, n. 128 , prevede l'istituzione di ferrovie turistiche mediante il reimpiego di linee in disuso o in corso di dismissione situate in aree di particolare pregio naturalistico o archeologico, con la finalità di salvaguardare e di valorizzare le tratte ferroviarie di particolare pregio culturale, paesaggistico e turistico, compresi i tracciati ferroviari, le stazioni e le relative opere d'arte e pertinenze, nonché i mezzi rotabili storici e turistici abilitati a percorrerle, e di disciplinare i ferrocicli.
In relazione all' articolo 5, comma 3, della legge n. 128 del 2017 si sono tuttavia rilevate alcune criticità riguardanti l'affidamento dei servizi di trasporto turistico a operatori che si candidano alla gestione dei medesimi servizi e delle attività commerciali connesse, in quanto la disposizione prevede che il servizio di trasporto sia esercitato da un’«impresa ferroviaria» ai sensi del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 , recante il recepimento della direttiva europea 2012/34 /UE che ha istituito lo spazio ferroviario europeo unico.
Per effetto di tale requisito, alcune società che esercitano servizi di trasporto e che, anche se in mancanza della qualifica di imprese ferroviarie, hanno operato nel settore del trasporto turistico ferroviario fino all'entrata in vigore della legge n. 128 del 2017 , oggi rischiano di non poter proseguire l'attività in quanto non posseggono tale qualifica. A titolo di esempio, si richiama il caso della società ARST Spa con un socio unico, facente capo alla regione autonoma della Sardegna. A tale riguardo, si ricorda che l'articolo 1, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 2015 non si applica alle reti ferroviarie isolate, tra cui rientra quella della regione Sardegna. La società ARST Spa, infatti, gestisce il servizio di trasporto ferroviario pubblico locale per 160 chilometri e turistico per 440 chilometri sulla rete ferroviaria regionale senza essere titolare di licenza ferroviaria, in quanto non è obbligata a possederla.
Dalla citata disposizione della legge n. 128 del 2017 sembrerebbe evincersi, invece, che si fosse voluto imporre a tutte le società che hanno svolto o tuttora svolgono il trasporto turistico, comprese quelle che lo esercitano sulle reti ferroviarie isolate, l'obbligo di possedere la qualifica di impresa ferroviaria, di cui al capo II del decreto legislativo n. 112 del 2015 .
Nel caso della regione Sardegna, quindi, ne deriverebbe che le uniche ferrovie di proprietà della regione – che non risultano dismesse né sospese dall'esercizio e alle quali la legge regionale 28 luglio 2017, n. 16, ha riconosciuto grande importanza ai fini dell'utilizzo quale strumento di promozione turistica – sebbene in esercizio con una programmazione turistica da oltre venti anni, non potrebbero più essere gestite per uso turistico dall'operatore storico, la società ARST Spa, in quanto priva di licenza ferroviaria, mentre la stessa società potrebbe continuare a esercitare il servizio di trasporto pubblico locale sulle linee ferroviarie di competenza della regione, che costituiscono una rete ferroviaria isolata.
In materia di sicurezza, si evidenzia che per il trasporto pubblico locale su reti a scartamento ridotto il decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980 attribuisce le funzioni di vigilanza all'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (USTIF). A far data dal 30 giugno 2019, invece, ai sensi dell' articolo 2 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162 , come modificato dall'articolo 15- ter del decreto-legge n. 148 del 2017 , convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172 del 2017 , le reti ferroviarie isolate, come quella della regione Sardegna, saranno soggette alla vigilanza dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (ANSFISA). Anche per la circolazione dei treni turistici è quindi garantito un regime di continuità per la sicurezza sulle reti ferroviarie isolate.
Appare, quindi, paradossale che una disposizione – attesa da anni dall'intero settore del trasporto ferroviario al fine di regolamentarlo e di favorirne lo sviluppo nonché di valorizzare il turismo ferroviario nazionale – per le criticità rilevate, di fatto rischi di porre ostacoli impedendo agli operatori storici di proseguire le attività svolte arrecando anche gravi danni alle economie locali.
Pertanto, dall'applicazione dell' articolo 5, comma 3, della legge n. 128 del 2017 potrebbe derivare un maggior onere di tipo amministrativo ed economico a carico delle società che attualmente non sono qualificate quali imprese ferroviarie, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 2015 , o addirittura l'impossibilità di continuare a svolgere il servizio di trasporto turistico già esercitato prima dell'entrata in vigore della stessa legge n. 128 del 2017 .
La presente proposta di legge, pertanto, modifica il comma 3 dell'articolo 5 della legge n. 128 del 2017 consentendo a tutti i soggetti che svolgono o possono svolgere servizi di trasporto ferroviario, ai sensi del vigente quadro normativo e regolamentare in materia di circolazione ferroviaria, di esercitare i servizi di tipo turistico. Ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera a) , tali servizi potranno essere svolti sia da imprese ferroviarie qualificate ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 2015 sia dai soggetti che svolgono servizi di trasporto nel quadro definito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980 .
Inoltre, con la modifica all' articolo 6, comma 2, della stessa legge n. 128 del 2017 si chiarisce che l'ANSFISA vigila sulla corretta applicazione della normativa ai fini della sicurezza ferroviaria. In assenza di tale precisazione si potrebbero determinare incertezze interpretative sulla competenza in materia di sicurezza.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Alla legge 9 agosto 2017, n. 128 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il primo periodo del comma 3 dell'articolo 5 è inserito il seguente: «Sulle reti ferroviarie concesse che, non essendo comprese nell'allegato A annesso al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 5 agosto 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 15 settembre 2016, sono considerate isolate dal punto di vista funzionale dal resto del sistema ferroviario, il servizio di trasporto può essere affidato ai soggetti che già eserciscono tali reti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753 »;
b) al primo periodo del comma 2 dell'articolo 6 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e vigila sulla corretta applicazione della normativa ai fini della sicurezza». | Affidamento dei servizi di trasporto nelle ferrovie turistiche
Contenuto
La proposta di legge, che consta di due articoli, modifica l'articolo 5 della legge n.128 del 2017 in materia di ferrovie turistiche.
L'articolo 5 della legge n. 128 del 2017 disciplina la g estione dei servizi di trasporto turistico e delle attività commerciali connesse. Si prevede in particolare che le amministrazioni competenti procedano all'affidamento dei servizi di trasporto turistico e delle attività commerciali connesse, previa pubblicazione nel proprio sito internet, per almeno trenta giorni, di un apposito avviso, con il quale rendono nota la ricerca di soggetti gestori, ovvero comunicano l'avvenuto ricevimento di una candidatura, indicando sinteticamente il contenuto del contratto proposto. Trascorso il periodo di pubblicazione dell'avviso, l'amministrazione può procedere liberamente all'affidamento e alla definizione del conseguente contratto, purché nel rispetto dei principi di imparzialità e di parità di trattamento fra gli operatori che abbiano manifestato interesse. Nella domanda il richiedente indica le tratte ferroviarie interessate, la tipologia dei rotabili che intende utilizzare, la frequenza delle corse, l'impresa ferroviaria che eserciterà il servizio di trasporto , di cui al capo II del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 , nonché le tipologie di attività di promozione turistico-ricreativa che intende esercitare. Nel caso di domanda indirizzata alle regioni, queste ultime acquisiscono anche il parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i profili attinenti alla competenza sulle tratte interconnesse alla rete nazionale ai fini della valutazione degli effetti sul sistema ferroviario nazionale. I pareri del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle regioni relativamente alle attività commerciali connesse, ivi compresi l'allestimento di spazi museali e le iniziative di promozione turistico-ricreativa, sia a bordo che nelle stazioni, sono vincolanti.
Le modifiche introdotte dalla proposta di legge sono volte a estendere, attraverso una modifica all'articolo 5 della citata legge n. 128 del 2017, l'ambito dei soggetti che possono esercitare il servizio ferroviario turistico.
A questo scopo viene inserito un nuovo comma 1-bis che indica che il servizio ferroviario turistico può essere svolto da:
a) imprese ferroviarie di cui al capo II del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, per le linee interconnesse con la rete ferroviaria nazionale ;
b) imprese ferroviarie o soggetti che già esercitano servizi ferroviari ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 753, sulle reti ferroviarie isolate dal punto di vista funzionale dal resto del sistema ferroviario, con riferimento alle medesime reti;
c) altri soggetti, quali musei ferroviari e associazioni, purché posti sotto la responsabilità dei soggetti di cui alle lettere a) e b) , in possesso di certificato di sicurezza o altro titolo di idoneità all'esercizio.
A fini di coordinamento è modificato anche il comma 3 che, nella formulazione attualmente vigente, fa riferimento esclusivamente alle imprese ferroviarie.
Le disposizioni introdotte dall'articolo 1, comma 1, della proposta di legge sono volte da un lato a superare la problematica derivante dal fatto che , secondo l'attuale formulazione dell'articolo 5 comma 3, della legge n.128 del 2017 l'esercizio del trasporto ferroviario, anche con riferimento alle ferrovie turistiche, debba essere esercitato da un'«impresa ferroviaria» ai sensi del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, di recepimento della direttiva europea 2012/34/UE che ha istituito lo spazio ferroviario europeo unico, e dall'altro a estendere la possibilità di esercitare servizi ferroviari turistici anche ad " altri soggetti, quali musei ferroviari e associazioni, purché posti sotto la responsabilità dei soggetti di cui alle lettere a) e b)".
Con riguardo alla prima problematica, la relazione illustrativa della proposta di legge segnala che "alcune società che esercitano servizi di trasporto e che, anche se in mancanza della qualifica di imprese ferroviarie, hanno operato nel settore del trasporto turistico ferroviario fino all'entrata in vigore della legge n. 128 del 2017, oggi rischiano di non poter proseguire l'attività in quanto non posseggono tale qualifica." Si cita, a titolo di esempio, il caso della società ARST spa con un socio unico facente capo alla regione autonoma della Sardegna che "gestisce il servizio di trasporto ferroviario sia pubblico locale per 160 chilometri e turistico per 440 chilometri sulla rete ferroviaria regionale senza essere titolare di licenza ferroviaria ".
In effetti il decreto legislativo n. 112 del 2015, che ha recepito la direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, che istituisce uno spazio ferroviario europeo unico esclude dall'ambito di applicazione delle disposizioni del medesimo decreto legislativo (tra le quali quelle in materia di licenza ferroviaria) le "reti ferroviarie locali e regionali isolate adibite al trasporto passeggeri" e "le imprese ferroviarie che esercitano unicamente servizi di trasporto urbano, extraurbano o regionale su tali reti".
Con riguardo al secondo profilo si segnala che l'esercizio del servizio ferroviario turistico, pur consentito a musei ferroviari e associazioni, dovrebbe comunque svolgersi sotto la responsabilità delle imprese ferroviarie o di soggetti che, ancorché non siano imprese ferroviarie, gestiscono servizi ferroviari sulla rete esistente che dovrebbero pertanto valutare entro quali limiti sia possibile che i soggetti indicati alla lettera c) possano esercitare attività concernenti il servizio ferroviario turistico.
Andrebbe pertanto valutata l'opportunità di precisare, ferma restando la responsabilità dei soggetti di cui alle lettere a) e b) a quali condizioni e con quali limiti i soggetti indicati alla lettera c) possano svolgere il servizio ferroviario.
L' articolo 2 prevede che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale .
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e regioni
La proposta di legge può essere ricondotta a diversi ambiti costituzionalmente rilevanti. Assume in primo luogo rilievo la materia del trasporto ferroviario riconducibile in parte alla materia di legislazione concorrente grandi reti di trasporto (con specifico riferimento all'infrastruttura ferroviaria nazionale) in parte alla materia di competenza residuale delle regioni trasporto ferroviario regionale e locale. La giurisprudenza della Corte costituzionale è stata fin qui orientata ad ammettere l'intervento statale in materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle regioni, sulla base del principio di sussidiarietà, a condizione che siano individuate adeguate procedure concertative e di coordinamento orizzontale tra lo Stato e le regioni. Al riguardo, si ricorda che la proposta si inserisce in una disciplina, quella recata dalla legge n. 128 del 2017, che già prevede, tra le altre cose, un'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per l'individuazione delle "ferrovie turistiche" (articolo 2).
Entra inoltre in considerazione l'aspetto concernente la sicurezza ferroviaria riconducibile all'articolo 117, comma 2, lettera h), ordine pubblico e sicurezza , di competenza esclusiva dello Stato. | 4,671 | 148 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2927 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2927
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 4 marzo 2021 (v. stampato Senato n. 1658)
d'iniziativa dei senatori
VERDUCCI, SEGRE, MARCUCCI, PERILLI, FARAONE, DE PETRIS, UNTERBERGER, BERNINI, CIRIANI, ROMEO, MONTEVECCHI, VANIN, RAMPI
Dichiarazione di monumento nazionale
dell'ex campo di prigionia di Servigliano
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 4 marzo 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. L'ex campo di prigionia di Servigliano, in provincia di Fermo, oggi denominato «Parco della Pace», è dichiarato monumento nazionale.
Art. 2 .
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. | Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano
Contenuto
La proposta di legge - approvata dal Senato il 4 marzo 2021 (A.S. 1658) - reca la dichiarazione di monumento nazionale dell' ex campo di prigionia di Servigliano , in provincia di Fermo, oggi denominato Parco della Pace ( art. 1 ).
Qui la storia del Parco.
Dispone, inoltre, che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente ( art. 2 ).
Attraverso contatti per le vie brevi con gli uffici del Ministero della cultura, si è appreso che il Parco della pace, di proprietà del comune di Servigliano, è un bene culturale sottoposto ope legis alle disposizioni di tutela. La Soprintendenza si sta accingendo ad avviare d'ufficio la verifica dell'interesse culturale, perché il comune di Servigliano non ha mai avanzato istanza in tal senso.
Al riguardo, si ricorda, che l' art. 10 , co. 1 , del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) stabilisce che sono beni culturali – e in quanto tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del medesimo Codice – le cose immobili e mobili appartenenti a soggetti pubblici – cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali , ad ogni altro ente ed istituto pubblico – nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12.
Peraltro, in base al co. 1 del citato art. 12 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 175, lett. c) , della L. 124/2017 –;, tali cose, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni , sono sottoposte ope legis alle disposizioni di tutela, fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale , fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.
La verifica della sussistenza dell'interesse culturale è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero della cultura. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale ( decreto di vincolo ), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.
Tra le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice vi sono misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).
In base alle informazioni disponibili sul sito del Segretariato generale del Ministero della cultura, al restauro dell'ex Infermeria dell'ex campo di concentramento sono stati destinati € 302.227,88 , a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, Piano Stralcio Cultura e Turismo 2014-2020.
Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale, si ricorda che l'art. 6 della L. 153/2017 ha modificato l'art. 10, co. 3, lett. d ), del Codice, introducendo una procedura amministrativa in base alla quale la dichiarazione di interesse culturale di un bene può ricomprendere anche la dichiarazione di "monumento nazionale".
In particolare, ha previsto che la dichiarazione di interesse culturale di cui all' art. 13 dello stesso Codice, che accerta, ai fini della definizione di "bene culturale", la sussistenza, nelle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, di un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose, può comprendere anche , su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di "monumento nazionale ", qualora le stesse cose rivestono, altresì, un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale.
Non è stato specificato, tuttavia, se e in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti giuridici ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla stessa dichiarazione di interesse culturale.
Prima del 2017, il Codice non prevedeva una specifica procedura da porre in essere, limitandosi, all'art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale "gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente" e, all'art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.
La questione relativa alla dichiarazione di monumento nazionale >
Una ampia disamina della questione relativa alla dichiarazione di > monumento nazionale si riscontrava nella Circolare n. 13 del 5 giugno > 2012 > indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, > l'architettura e l'arte contemporanee dell'allora Mibac alle Direzioni > regionali per i beni culturali e paesaggistici. >
In particolare, la circolare ricordava, anzitutto, che l'istituzione di > monumenti nazionali risale al complesso di norme della seconda metà del XIX > secolo , costituenti la legislazione eversiva del patrimonio > ecclesiastico, in primis la L. 7 luglio 1866, n. > 3096, che sanciva l'obbligo per lo > Stato italiano appena formato, dopo la soppressione degli ordini monastici, > di conservare alcuni siti monumentali ecclesiastici che furono dunque > esclusi sia da possibili vendite, sia dalla conversione in altri usi. La > legge citata, oltre a dichiarare direttamente tali alcuni complessi (si > trattava delle abbazie di Montecassino, Cava dei Tirreni, San Martino della > Scala e Monreale e della Certosa di Pavia), stabiliva la possibilità che > altri beni ottenessero la stessa qualificazione, nel rispetto della > procedura di designazione stabilita dalle norme regolamentari di attuazione > della legge stessa. >
Ricordava, altresì, che, norme legislative e regolamentari successive (L. > 15 agosto 1867, n. 3848, e R.D. 5 luglio 1882, n. > 917) stabilirono che altri > complessi avrebbero potuto aggiungersi e che la relativa designazione > dovesse essere fatta con decreto reale e con l'intesa del Ministro della > pubblica istruzione. >
Faceva presente, poi, che le prime leggi di tutela dei beni di interesse > storico-artistico non facevano alcun riferimento ai beni qualificati come > monumenti nazionali : in particolare, la L. > 1089/1939 introduceva la nuova nozione di " > interesse storico-relazionale " accertabile attraverso la procedura > della notifica per le "cose immobili riconosciute di interesse > particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia > politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere". >
Evidenziava, dunque, che l'Ufficio legislativo del Mibact, con parere 6 > marzo 2006, n. 9206, aveva fatto presente che il Codice dei beni > culturali e del paesaggio, confermando la scelta del legislatore del > 1939 di introdurre, in luogo della definizione di monumento nazionale, la > nozione di interesse storico-relazionale e di prevedere, al riguardo, la > ordinaria procedura di modifica, aveva confermato "l' incongruenza di > tale nozione per l'accertamento della sussistenza del grado di interesse > storico-artistico richiesto dalla legge per la operatività degli istituti > della tutela. Precisava altresì l'Ufficio legislativo che il legislatore, > qualora riconosca valore storico o culturale ad un immobile, anche > qualificandolo monumento nazionale, avrebbe l'onere di chiarire se ed in > quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti tipici del > vincolo tradizionale se non voglia limitare il suddetto riconoscimento alla > funzione di mera onorificenza, senza specifico contenuto giuridico ". >
Aggiungeva che, sempre l'Ufficio legislativo del Mibact, con parere prot. > 5636 del 27 marzo 2012 aveva sostanzialmente confermato l'avviso già in > precedenza espresso. Di tale nuovo parere, la circolare riportava ampi > stralci, fra i quali il passaggio in cui si evidenziava che la soluzione di > operare nuove dichiarazioni di monumento nazionale "appare peraltro > non auspicabile , poiché porrebbe il problema di stabilire il regime > giuridico applicabile agli eventuali beni così dichiarati. Pertanto, > nell'attuale contesto ordinamentale, gli immobili a vario titolo > ‘candidati' ad essere dichiarati monumento nazionale dovrebbero > ordinariamente, ricorrendone i presupposti, essere ricondotti ad una delle > tipologie di beni culturali previste dal Codice ".
Pur in assenza di riferimenti in tal senso nel Codice, peraltro, erano state approvate - la L. 64/2014 , recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza e la L. 207/2016 , recante dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza.
Tali disposizioni legislative si sono aggiunte a quelle precedentemente emanate con DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone, DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell'antica area di San Pietro Infine e DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell'isola di Santo Stefano.
Successivamente a quanto disposto dalla L. 153/2017, sono state approvate la L. 213/2017, che ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine e la L. 65/2019 , recante la dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto "Ponte Vecchio di Bassano".
Da ultimo, l'art. 1 del decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103 , ha dichiarato monumento nazionale le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge presentata al Senato era corredata di relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
Si veda quanto illustrato nel paragrafo Contenuto.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali.
L'art. 117, secondo comma, lett. s ), Cost. ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.
Nella sentenza 9/2004 la Corte costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela "è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale"; la valorizzazione "è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".
Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, co. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, co. 3) . Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall'art. 118, terzo comma, Cost.
In generale, nelle sentenze 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura , nonché, per quanto qui interessa, la tutela dei beni culturali , corrispondono a finalità di interesse generale , "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. | 4,474 | 166 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2927
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 4 marzo 2021 (v. stampato Senato n. 1658)
d'iniziativa dei senatori
VERDUCCI, SEGRE, MARCUCCI, PERILLI, FARAONE, DE PETRIS, UNTERBERGER, BERNINI, CIRIANI, ROMEO, MONTEVECCHI, VANIN, RAMPI
Dichiarazione di monumento nazionale
dell'ex campo di prigionia di Servigliano
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 4 marzo 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. L'ex campo di prigionia di Servigliano, in provincia di Fermo, oggi denominato «Parco della Pace», è dichiarato monumento nazionale.
Art. 2 .
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. | Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano
Contenuto
La proposta di legge - approvata dal Senato il 4 marzo 2021 (A.S. 1658) - reca la dichiarazione di monumento nazionale dell' ex campo di prigionia di Servigliano , in provincia di Fermo, oggi denominato Parco della Pace ( art. 1 ).
Qui la storia del Parco.
Dispone, inoltre, che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente ( art. 2 ).
Attraverso contatti per le vie brevi con gli uffici del Ministero della cultura, si è appreso che il Parco della pace, di proprietà del comune di Servigliano, è un bene culturale sottoposto ope legis alle disposizioni di tutela. La Soprintendenza si sta accingendo ad avviare d'ufficio la verifica dell'interesse culturale, perché il comune di Servigliano non ha mai avanzato istanza in tal senso.
Al riguardo, si ricorda, che l' art. 10 , co. 1 , del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) stabilisce che sono beni culturali – e in quanto tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del medesimo Codice – le cose immobili e mobili appartenenti a soggetti pubblici – cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali , ad ogni altro ente ed istituto pubblico – nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12.
Peraltro, in base al co. 1 del citato art. 12 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 175, lett. c) , della L. 124/2017 –;, tali cose, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni , sono sottoposte ope legis alle disposizioni di tutela, fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale , fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.
La verifica della sussistenza dell'interesse culturale è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero della cultura. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale ( decreto di vincolo ), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.
Tra le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice vi sono misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).
In base alle informazioni disponibili sul sito del Segretariato generale del Ministero della cultura, al restauro dell'ex Infermeria dell'ex campo di concentramento sono stati destinati € 302.227,88 , a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione, Piano Stralcio Cultura e Turismo 2014-2020.
Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale, si ricorda che l'art. 6 della L. 153/2017 ha modificato l'art. 10, co. 3, lett. d ), del Codice, introducendo una procedura amministrativa in base alla quale la dichiarazione di interesse culturale di un bene può ricomprendere anche la dichiarazione di "monumento nazionale".
In particolare, ha previsto che la dichiarazione di interesse culturale di cui all' art. 13 dello stesso Codice, che accerta, ai fini della definizione di "bene culturale", la sussistenza, nelle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, di un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose, può comprendere anche , su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di "monumento nazionale ", qualora le stesse cose rivestono, altresì, un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale.
Non è stato specificato, tuttavia, se e in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti giuridici ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla stessa dichiarazione di interesse culturale.
Prima del 2017, il Codice non prevedeva una specifica procedura da porre in essere, limitandosi, all'art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale "gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente" e, all'art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.
La questione relativa alla dichiarazione di monumento nazionale >
Una ampia disamina della questione relativa alla dichiarazione di > monumento nazionale si riscontrava nella Circolare n. 13 del 5 giugno > 2012 > indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, > l'architettura e l'arte contemporanee dell'allora Mibac alle Direzioni > regionali per i beni culturali e paesaggistici. >
In particolare, la circolare ricordava, anzitutto, che l'istituzione di > monumenti nazionali risale al complesso di norme della seconda metà del XIX > secolo , costituenti la legislazione eversiva del patrimonio > ecclesiastico, in primis la L. 7 luglio 1866, n. > 3096, che sanciva l'obbligo per lo > Stato italiano appena formato, dopo la soppressione degli ordini monastici, > di conservare alcuni siti monumentali ecclesiastici che furono dunque > esclusi sia da possibili vendite, sia dalla conversione in altri usi. La > legge citata, oltre a dichiarare direttamente tali alcuni complessi (si > trattava delle abbazie di Montecassino, Cava dei Tirreni, San Martino della > Scala e Monreale e della Certosa di Pavia), stabiliva la possibilità che > altri beni ottenessero la stessa qualificazione, nel rispetto della > procedura di designazione stabilita dalle norme regolamentari di attuazione > della legge stessa. >
Ricordava, altresì, che, norme legislative e regolamentari successive (L. > 15 agosto 1867, n. 3848, e R.D. 5 luglio 1882, n. > 917) stabilirono che altri > complessi avrebbero potuto aggiungersi e che la relativa designazione > dovesse essere fatta con decreto reale e con l'intesa del Ministro della > pubblica istruzione. >
Faceva presente, poi, che le prime leggi di tutela dei beni di interesse > storico-artistico non facevano alcun riferimento ai beni qualificati come > monumenti nazionali : in particolare, la L. > 1089/1939 introduceva la nuova nozione di " > interesse storico-relazionale " accertabile attraverso la procedura > della notifica per le "cose immobili riconosciute di interesse > particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia > politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere". >
Evidenziava, dunque, che l'Ufficio legislativo del Mibact, con parere 6 > marzo 2006, n. 9206, aveva fatto presente che il Codice dei beni > culturali e del paesaggio, confermando la scelta del legislatore del > 1939 di introdurre, in luogo della definizione di monumento nazionale, la > nozione di interesse storico-relazionale e di prevedere, al riguardo, la > ordinaria procedura di modifica, aveva confermato "l' incongruenza di > tale nozione per l'accertamento della sussistenza del grado di interesse > storico-artistico richiesto dalla legge per la operatività degli istituti > della tutela. Precisava altresì l'Ufficio legislativo che il legislatore, > qualora riconosca valore storico o culturale ad un immobile, anche > qualificandolo monumento nazionale, avrebbe l'onere di chiarire se ed in > quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti tipici del > vincolo tradizionale se non voglia limitare il suddetto riconoscimento alla > funzione di mera onorificenza, senza specifico contenuto giuridico ". >
Aggiungeva che, sempre l'Ufficio legislativo del Mibact, con parere prot. > 5636 del 27 marzo 2012 aveva sostanzialmente confermato l'avviso già in > precedenza espresso. Di tale nuovo parere, la circolare riportava ampi > stralci, fra i quali il passaggio in cui si evidenziava che la soluzione di > operare nuove dichiarazioni di monumento nazionale "appare peraltro > non auspicabile , poiché porrebbe il problema di stabilire il regime > giuridico applicabile agli eventuali beni così dichiarati. Pertanto, > nell'attuale contesto ordinamentale, gli immobili a vario titolo > ‘candidati' ad essere dichiarati monumento nazionale dovrebbero > ordinariamente, ricorrendone i presupposti, essere ricondotti ad una delle > tipologie di beni culturali previste dal Codice ".
Pur in assenza di riferimenti in tal senso nel Codice, peraltro, erano state approvate - la L. 64/2014 , recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza e la L. 207/2016 , recante dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza.
Tali disposizioni legislative si sono aggiunte a quelle precedentemente emanate con DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone, DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell'antica area di San Pietro Infine e DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell'isola di Santo Stefano.
Successivamente a quanto disposto dalla L. 153/2017, sono state approvate la L. 213/2017, che ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine e la L. 65/2019 , recante la dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto "Ponte Vecchio di Bassano".
Da ultimo, l'art. 1 del decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103 , ha dichiarato monumento nazionale le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge presentata al Senato era corredata di relazione illustrativa.
Collegamento con lavori legislativi in corso
Lart. 1 del decreto-legge 20 luglio 2021, n. 103 , in corso di esame, ha dichiarato monumento nazionale le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali.
L'art. 117, secondo comma, lett. s ), Cost. ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.
Nella sentenza 9/2004 la Corte costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela "è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale"; la valorizzazione "è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".
Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, co. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, co. 3) . Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall'art. 118, terzo comma, Cost.
In generale, nelle sentenze 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura , nonché, per quanto qui interessa, la tutela dei beni culturali , corrispondono a finalità di interesse generale , "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. | 4,528 | 167 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2927
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 4 marzo 2021 (v. stampato Senato n. 1658)
d'iniziativa dei senatori
VERDUCCI, SEGRE, MARCUCCI, PERILLI, FARAONE, DE PETRIS, UNTERBERGER, BERNINI, CIRIANI, ROMEO, MONTEVECCHI, VANIN, RAMPI
Dichiarazione di monumento nazionale
dell'ex campo di prigionia di Servigliano
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 4 marzo 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. L'ex campo di prigionia di Servigliano, in provincia di Fermo, oggi denominato «Parco della Pace», è dichiarato monumento nazionale.
Art. 2 .
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. | Informazioni sul provvedimento
A.C.
2927
Titolo:
Dichiarazione di monumento nazionale dell’ex campo di prigionia di Servigliano
Iniziativa:
parlamentare
Relatore per la Commissione di merito:
Piccoli Nardelli
Gruppo:
PD
Commissione competente:
VII (Cultura)
PREMESSA
Il provvedimento in esame, di iniziativa parlamentare e approvato con modificazioni dal Senato [1] , ha ad oggetto la Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano.
È oggetto del presente dossier il testo trasmesso dal Senato.
Il testo iniziale non è corredato di relazione tecnica. Nel corso dell’esame al Senato, il Governo ha messo a disposizione della Commissione Bilancio (seduta del 13 gennaio 2021) una nota tecnica della RGS: di tale documentazione si dà conto nel presente dossier.
Si esaminano di seguito le disposizioni considerate dalla predetta Nota RGS nonché quelle che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLI 1 -2
Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano sacrificio alpino
Le norme prevedono che:
· l'ex campo di prigionia di Servigliano, in provincia di Fermo, oggi denominato «Parco della Pace», sia dichiarato monumento nazionale (articolo 1);
· dall'attuazione della legge non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le Amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedano con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (articolo 2 ) .
La Nota RGS messa a disposizione della Commissione Bilancio del Senato afferma quanto segue: «... Con riferimento alla relazione tecnica tramessa dal MIBACT, la stessa afferma che la dichiarazione di “monumento nazionale” recata dal disegno di legge in argomento “non potrebbe comportare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, in quanto gli eventuali, ulteriori interventi di conservazione e manutenzione, nonché le possibili nuove iniziative di valorizzazione, sarebbero imputati alle disponibilità già iscritte in bilancio ai sensi della normativa vigente in materia, né la qualificazione di monumento nazionale comporta in sé un impegno di spesa di qualsiasi natura, da parte dell’Amministrazione, al di fuori di tali disponibilità”. Al riguardo, per quanto di competenza, nel prendere atto di quanto affermato dalla Amministrazione del MIBACT, si ribadisce la necessità dell’inserimento nel testo di apposita clausola di neutralità finanziaria.»
Si rileva che la relazione tecnica del MIBACT citata dalla Nota RGS non risulta posta a disposizione della Commissione Bilancio del Senato: la Nota RGS ne riporta, comunque, come visto, stralci salienti utili ai fini della verifica parlamentare delle quantificazioni.
La Commissione Bilancio del Senato ha espresso, sul testo, parere non ostativo condizionato , ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, all’inserimento di una clausola di invarianza. La condizione è stata recepita e la clausola è ora recata all’articolo 2.
In merito ai profili di quantificazione , non si formulano osservazioni, prendendo atto di quanto riportato nella documentazione che il Governo ha posto a disposizione della Commissione Bilancio del Senato e considerato che, in casi analoghi, siffatte dichiarazioni di monumento nazionale sono state costantemente considerate prive di effetti diretti sulla finanza pubblica.
Ciò è avvenuto, per esempio, nella XVII legislatura per gli atti C. 3450 (“Dichiarazione di monumento nazionale della Casa museo Gramsci in Ghilarza”, approvato in prima lettura ma non in via definitiva) e C. 1363 (“Dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza”, divenuto legge n. 64 del 2014), sui quali la V Commissione ha espresso parere non ostativo con avviso conforme del Governo, senza richiedere l’inserimento di clausole di invarianza. Nella presente legislatura – oltre al caso in esame (S 1658) – si evidenzia che il DL 103/2021 (C 3257, tuttora in fase di conversione) ha dichiarato, all’articolo 1, comma 2, monumento nazionale le vie urbane d’acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia, e alla disposizione (non accompagnata da clausola di neutralità) non sono stati ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica.
In merito ai profili di copertura finanziaria , si fa presente che l’articolo 2 reca una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della medesima legge con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. In proposito, non si hanno osservazioni da formulare. [1] AS 1658. | 1,839 | 168 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2933 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2933
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BRUNO, ASCARI, DI SARNO, D'ORSO, GIULIANO, PALMISANO, SAITTA, SCUTELLÀ, AZZOLINA, RICCIARDI, PAPIRO, GRIMALDI, GALLO, DEL SESTO, DEL MONACO, IORIO, CASA, DE CARLO, SCANU, ZANICHELLI, DI LAURO, GALIZIA, GRIPPA, VILLANI, MARAIA, MAGLIONE, MICILLO, BUOMPANE, CORNELI, GIORDANO, PENNA, IANARO, NAPPI, GRILLO, DORI, GRANDE, BARBUTO, D'UVA, LOREFICE, SCERRA, VACCA, PALLINI, MANZO, ADELIZZI, PROVENZA, BRESCIA, FRUSONE, CARBONARO, ORRICO, CIMINO, SIANI, SENSI, SARLI
Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari
Presentata il 9 marzo 2021
Onorevoli Colleghi ! – La legge 26 luglio 1975, n. 354 , sull'ordinamento penitenziario, stabilisce che il trattamento penitenziario dei condannati e degli internati ha carattere rieducativo e che tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale, anche attraverso attività sperimentali mirate a promuovere e a diffondere metodologie nuove nel contesto nazionale, prevedendo, altresì, che la comunità locale (privati, istituzioni o associazioni pubbliche o private) partecipi all'azione rieducativa svolta nei confronti degli stessi, in coerenza con l' articolo 27 della Costituzione (articoli 1, 21- bis e 27).
A tali fini, l'articolo 15 della medesima legge individua il lavoro come uno degli elementi del trattamento rieducativo stabilendo che, salvo casi di impossibilità, al condannato e all'internato è assicurata un'occupazione lavorativa. L'articolo 20 definisce le principali caratteristiche del lavoro negli istituti penitenziari. Il lavoro penitenziario, in primo luogo, non ha carattere afflittivo. Si tratta di una previsione che ricalca i contenuti dell'articolo 71 delle Regole minime per il trattamento dei detenuti dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), adottate con la risoluzione 30 agosto 1985 dell'ONU, e che è confermata dall'articolo 26,1 delle Regole penitenziarie europee, adottate con la raccomandazione R (2006) 2 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, dell'11 gennaio 2006 (che considerano il lavoro un elemento positivo del trattamento). Il lavoro penitenziario è, inoltre, remunerato. L' articolo 22 della legge n. 354 del 1975 , sulla determinazione della remunerazione, prevede che la remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria è stabilita, in relazione alla quantità e qualità del lavoro prestato, in misura pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi. L'articolo 25- ter della stessa legge, sull'assistenza per l'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali, prevede che l'amministrazione penitenziaria renda disponibile a favore dei detenuti e degli internati, anche attraverso apposite convenzioni non onerose con enti pubblici e privati, un servizio di assistenza all'espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e l'erogazione di servizi e misure di politica attiva del lavoro. Pertanto, devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale; possono, inoltre, essere organizzati e gestiti, all'interno e all'esterno dell'istituto, lavorazioni e servizi attraverso l'impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati; possono, altresì, essere previsti lavorazioni organizzate e gestite direttamente da enti pubblici o privati e corsi di formazione professionale organizzati e svolti da enti pubblici o privati.
L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale. La normativa vigente consente all'amministrazione penitenziaria di stipulare convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunità di lavoro a detenuti o internati.
Come si sottolinea nell'ultima relazione al Parlamento sullo svolgimento da parte dei detenuti di attività lavorative o di corsi di formazione professionale per qualifiche richieste da esigenze territoriali (anno 2019), DOC. CXCIV, n. 2, l'amministrazione penitenziaria ha dato ulteriore impulso alle attività propedeutiche alla realizzazione di progetti volti a incrementare l'offerta di lavoro qualificato e la formazione professionale a favore della popolazione detenuta. In particolare, nella medesima relazione si ricordano: presso l'istituto penitenziario di Biella, il rinnovo dell'accordo di collaborazione con l'azienda Ermenegildo Zegna per la realizzazione di divise per il personale del Corpo di polizia penitenziaria; presso l'istituto penitenziario di Perugia, la stipulazione di intese con l'azienda Cucinelli per la creazione di un laboratorio di maglieria artigianale finalizzato alla realizzazione di una linea, produttiva dedicata al confezionamento di maglioni in dotazione sempre al Corpo di polizia penitenziaria. Nella medesima relazione, poi, si riferisce che sono stati presi accordi con la regione Lombardia, con il tribunale di Milano e con l'archivio di Stato di Milano, nonché con la regione Toscana, con il tribunale di Firenze e con l'archivio di Stato di Firenze per l'ampliamento del progetto già in atto presso la casa circondariale di Roma Rebibbia per la digitalizzazione degli atti dei procedimenti penali di interesse storico, abbinando a tale attività detenuti opportunamente selezionati e formati presso laboratori appositamente allestiti.
Il lavoro all'interno degli istituti penitenziari può essere svolto sia alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria (per lo più nei cosiddetti «lavori domestici» e, in alcune realtà, presso lavorazioni industriali gestite direttamente dagli istituti penitenziari per le esigenze di casermaggio e di arredo degli stessi) che alle dipendenze di soggetti terzi (imprese o cooperative), che possono gestire lavorazioni presenti all'interno delle strutture detentive. Per incentivare questo secondo tipo di inserimento lavorativo nel 2000 è stata approvata la legge 22 giugno 2000, n. 193 (cosiddetta «legge Smuraglia»), che prevede sgravi contributivi e fiscali per le imprese o le cooperative che assumono detenuti.
In tale contesto, in Italia da molti anni si sono moltiplicate le iniziative rivolte alle persone sottoposte a limitazioni della libertà personale finalizzate al miglioramento della qualità della vita in carcere attraverso le attività teatrali, che permettono di portare la tematica carceraria e della giustizia all'attenzione della cittadinanza per instaurare un rapporto diretto fra i detenuti e il mondo esterno dal quale sono momentaneamente esclusi.
È ormai riconosciuto che le attività teatrali negli istituti penitenziari hanno non solo un carattere trattamentale nei confronti dei detenuti, ma anche un'importante funzione di collegamento con la società, nella creazione di rapporti che consentano un miglioramento delle condizioni di vita e il superamento dei pregiudizi non solo dei detenuti ma di tutto il personale coinvolto.
Le iniziative sono state finora realizzate in modo sporadico e temporaneo grazie alla collaborazione di dirigenti, di operatori e di numerosi enti e associazioni. Dal 1982 sono sorti i primi progetti in tal senso, in particolare nella casa circondariale di Roma Rebibbia, grazie all'opera della «Compagnia Teatro Stabile Assai». Inoltre, tra le tante realtà che operano negli istituti penitenziari si ricorda la Compagnia della Fortezza a Volterra e il Centro europeo teatro e carcere (CETEC), entrambi attivi da circa trenta anni. Importantissimo è anche il ruolo del Coordinamento nazionale teatro in carcere, che raccoglie circa sessanta compagnie. Già dal 2013 è attivo un Protocollo d'intesa per la promozione del teatro in carcere tra il Ministero della giustizia, rappresentato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, il Coordinamento nazionale teatro in carcere e l'Università degli studi Roma Tre - Dipartimento di filosofia, comunicazione e spettacolo. Il Protocollo è volto a promuovere le diverse attività avviate nel tempo (la Giornata nazionale del teatro in carcere in concomitanza con la Giornata mondiale del teatro, il Progetto e la Rassegna nazionale di teatro in carcere «Destini Incrociati», sostenuto anche dal Ministero della cultura, iniziative di studio, ricerca e formazione anche a favore del personale penitenziario) e ad approfondire il lavoro di promozione e sviluppo del teatro in carcere a livello nazionale. Ora è necessario fare un salto di qualità e riconoscere a livello nazionale la dignità delle attività teatrali negli istituti penitenziari, come strumento fondamentale per promuovere l'educazione alla cura di sé e la crescita culturale dell'individuo attraverso la conoscenza e la pratica di forme artistiche che favoriscono l'interazione tra le diverse culture e lo sviluppo dei rapporti interpersonali.
La presente proposta di legge è volta, quindi, a:
1) riconoscere le attività teatrali negli istituti penitenziari come opportunità di cambiamento per i detenuti attori e come mutamento delle modalità relazionali di chi vive l'esperienza del carcere;
2) promuovere percorsi di inserimento lavorativo per i soggetti in esecuzione di pena, per un loro reingresso nella legalità attraverso la promozione dell'acquisizione di nuove competenze;
3) prevedere una fonte certa e duratura di finanziamento che possa dare continuità alle iniziative finora svolte e a quelle che si intende attivare;
4) promuovere progetti di collaborazione e di circolazione delle attività teatrali negli istituti penitenziari presso teatri e spazi culturali;
5) promuovere attività culturali ed editoriali attraverso l'organizzazione di convegni, seminari, presentazioni e incontri pubblici;
6) promuovere attività di documentazione fotografica e filmica.
L'articolo 1 reca le finalità della legge ed elenca le attività teatrali da organizzare negli istituti penitenziari per attuare tali finalità (commi 1-3). Si prevede, inoltre, l'istituzione di un Osservatorio permanente sulle attività teatrali negli istituti penitenziari e di un Tavolo tecnico per lo sviluppo e la realizzazione delle citate attività, istituito presso l'Osservatorio (comma 4), i cui compiti sono elencati rispettivamente ai commi 5 e 7. Il comma 6 stabilisce che il Tavolo tecnico presenti annualmente al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un programma di attività articolato in obiettivi e azioni prioritarie in coerenza con una programmazione triennale. Il comma 8 individua le attività degli enti, delle associazioni e delle imprese, anche sociali, che collaborano con l'amministrazione penitenziaria alla realizzazione degli obiettivi previsti dalla legge. Il comma 9 prevede che nella relazione annuale di cui all' articolo 5, comma 3, della legge 22 giugno 2000, n. 193 , sia istituita un'apposita sezione sulle attività svolte ai sensi della legge e sulle iniziative realizzate per la promozione delle attività teatrali negli istituti penitenziari, nonché una specifica valutazione sulla disponibilità e sull'idoneità degli spazi destinati alle attività teatrali e sugli interventi realizzati ai sensi dell'articolo 2.
L'articolo 2 prevede che, in ciascun istituto penitenziario che ne sia sprovvisto siano individuati appositi spazi da dedicare alle attività teatrali e allo sviluppo di percorsi artistici, anche sperimentali, volti all'inserimento lavorativo dei soggetti in esecuzione di pena, attraverso l'acquisizione di competenze artistiche, relazionali e professionali.
L'articolo 3 prevede l'istituzione di un Fondo per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari e stabilisce la relativa copertura finanziaria. Il Fondo, in particolare, è volto a finanziare la partecipazione di professionisti dello spettacolo e delle imprese sociali, degli enti e delle associazioni di cui all'articolo 1, comma 2, nonché all'erogazione di benefìci economici in favore del personale interno che collabora alla realizzazione degli spettacoli.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità. Istituzione dell'Osservatorio permanente sulle attività teatrali negli istituti penitenziari e di un Tavolo tecnico)
1. La presente legge reca disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari al fine di contribuire al recupero e al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti attraverso lo sviluppo di attività laboratoriali e produttive, anche all'esterno degli istituti.
2. Ai fini di cui al comma 1, la presente legge promuove la collaborazione tra l'amministrazione penitenziaria, le imprese sociali e gli enti e le associazioni presenti nel territorio per l'attivazione di corsi di informazione, di formazione, di aggiornamento e di sensibilizzazione, propedeutici alla progettazione e all'esecuzione di interventi coordinati, di programmi e di iniziative per la realizzazione delle attività teatrali negli istituti penitenziari, con particolare riguardo ai minori imputati di reato, anche al fine di favorire lo sviluppo della personalità dei minori e di agevolare la loro partecipazione attiva al mondo del lavoro e alla convivenza sociale.
3. Ai fini di cui al comma 1 e ai sensi di quanto disposto dal comma 2, negli istituti penitenziari sono promosse le seguenti attività:
a) la realizzazione di attività teatrali;
b) la produzione e la diffusione anche all'esterno di spettacoli teatrali;
c) l'organizzazione di convegni, di seminari di studi e di tavole rotonde sulle attività teatrali come strumenti per favorire il recupero e il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti;
d) la realizzazione, la diffusione e la promozione di una rivista sulle attività teatrali realizzate negli istituti penitenziari, comprese anche le esperienze a livello internazionale;
e) la realizzazione di reportage fotografici e di video-documentari sulle attività teatrali.
4. Presso il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, è istituito un Osservatorio permanente sulle attività teatrali negli istituti penitenziari, di seguito denominato «Osservatorio», al cui interno opera un Tavolo tecnico per lo sviluppo e la realizzazione delle attività di cui al comma 3, al quale partecipano rappresentanti degli enti e delle associazioni di cui al comma 2. Con decreto del Ministro della giustizia sono definiti i componenti e le modalità operative dell'Osservatorio e del Tavolo tecnico.
5. Il Tavolo tecnico si riunisce almeno due volte all'anno e svolge i seguenti compiti:
a) consolidare la rete tra le diverse realtà del territorio interessate alla realizzazione di attività teatrali negli istituti penitenziari, comprese le attività rivolte a minori e giovani adulti sottoposti a provvedimento del giudice minorile, e promuovere rapporti con altre realtà territoriali e istituzionali, nel quadro delle politiche per il lavoro, sociali, educative, formative e culturali da sviluppare negli istituti penitenziari e nel territorio;
b) mantenere e rafforzare i rapporti con le regioni, con gli enti locali, con le compagnie e le associazioni teatrali, con il sistema universitario e con il sistema economico-produttivo, anche formulando proposte in merito ad attività e a percorsi formativi finalizzati anche al reinserimento dei detenuti;
c) definire percorsi di confronto e di collaborazione con altre esperienze teatrali negli istituti penitenziari a livello nazionale e internazionale;
d) valutare l'attività svolta e l'attuazione delle disposizioni della presente legge.
6. Il Tavolo tecnico, tenuto conto dei compiti di cui al comma 5, presenta ogni anno al Ministero della giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria un programma di attività articolato in obiettivi e in azioni prioritari.
7. L'Osservatorio:
a) favorisce la realizzazione delle attività teatrali negli istituti penitenziari, in conformità a quanto disposto dalla presente legge e secondo le modalità individuate dalle direzioni degli istituti penitenziari e dei servizi minorili;
b) promuove la conoscenza delle attività teatrali realizzate negli istituti penitenziari presso i cittadini, le istituzioni, gli enti del Terzo settore e gli organismi con o senza fini di lucro attraverso i propri canali di comunicazione e di informazione;
c) promuove la valorizzazione delle conoscenze e delle competenze acquisite nella formazione e nella produzione teatrali in ambito lavorativo nonché una più efficace integrazione tra le attività finalizzate al reinserimento sociale e quelle finalizzate al reinserimento lavorativo dei detenuti.
8. Le imprese sociali, gli enti e le associazioni di cui al comma 2, in collaborazione con il Tavolo tecnico:
a) promuovono la realizzazione di esperienze teatrali di qualità negli istituti penitenziari, aperte alla cittadinanza e finalizzate anche al rinnovamento del linguaggio e del ruolo del teatro, alla conoscenza delle problematiche collegate alla detenzione e al miglioramento della relazione tra la realtà carceraria e la realtà locale;
b) organizzano percorsi formativi e di confronto per gli operatori penitenziari e per i soggetti esterni interessati alla realizzazione di attività teatrali negli istituti penitenziari, anche prevedendo la collaborazione di esponenti di rilievo del settore teatrale;
c) collaborano con altre esperienze teatrali negli istituti penitenziari a livello nazionale e internazionale, anche allo scopo di partecipare a progetti europei.
9. A decorrere dall'anno successivo a quello della data di entrata in vigore della presente legge, la relazione annuale al Parlamento di cui all' articolo 5, comma 3, della legge 22 giugno 2000, n. 193 , prevede un'apposita sezione sulle attività teatrali negli istituti penitenziari realizzate ai sensi della presente legge e sulle iniziative adottate per la promozione di tali attività, nonché una specifica valutazione sulla disponibilità e sull'idoneità degli spazi destinati alle citate attività.
Art. 2.
(Spazi dedicati alle attività teatrali)
1. Il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria destina una quota parte delle risorse per gli interventi straordinari di ampliamento e ammodernamento degli spazi destinati al lavoro dei detenuti, di cui all' articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 , all'individuazione, presso gli istituti penitenziari che ne sono sprovvisti, di appositi spazi da dedicare alle attività teatrali e allo sviluppo di percorsi artistici, anche sperimentali, volti all'inserimento lavorativo dei soggetti in esecuzione di pena, attraverso l'acquisizione di competenze artistiche, relazionali e professionali.
Art. 3.
(Fondo per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari)
1. Nello stato di previsione del Ministero della giustizia è istituito il Fondo per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari, con una dotazione pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, destinato allo sviluppo di attività laboratoriali e produttive, alla realizzazione, anche all'esterno degli istituiti penitenziari, di spettacoli teatrali e alla partecipazione di professionisti dello spettacolo e delle imprese sociali, degli enti e delle associazioni di cui all'articolo 1, comma 2, nonché all'erogazione di benefìci economici in favore del personale interno degli istituti penitenziari che collabora alla realizzazione degli spettacoli. Con regolamento adottato mediante decreto del Ministro della giustizia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma.
2. Agli oneri di cui al comma 1 del presente articolo, pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, si provvede a valere sulle risorse del Fondo di cui all' articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 . | Disposizioni per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari
Contenuto
La proposta di legge C. 2933, di iniziativa parlamentare, è stata presentata alla Camera dei Deputati; reca disposizioni volte alla promozione e al sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari al fine di contribuire al recupero e al reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti e consta di 3 articoli.
L' articolo 1 reca le finalità della legge e individua nella collaborazione tra l'amministrazione penitenziaria, le imprese sociali e gli enti e le associazioni presenti nel territorio, lo strumento per realizzare tali finalità. Tale collaborazione dovrebbe tendere in particolare all'attivazione di corsi di formazione e aggiornamento per la realizzazione delle attività teatrali negli istituti penitenziari , con particolare riguardo ai detenuti minorenni ( commi 1-3 ). Il comma 4 prevede la promozione di attività culturali ed editoriali attraverso l'organizzazione di convegni, seminari, presentazioni e incontri pubblici. Si prevede, inoltre, l'istituzione presso il Ministero della giustizia – Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di un Osservatorio permanente sulle attività teatrali negli istituti penitenziari , all'interno del quale dovrà operare un Tavolo tecnico per lo sviluppo e la realizzazione delle citate attività, al quale partecipano rappresentanti degli enti e delle associazioni presenti sul territorio. L'individuazione dei componenti e delle modalità operative dell'Osservatorio e del Tavolo tecnico è demandata ad un decreto del Ministro della giustizia. In particolare, al Tavolo tecnico - che si riunisce 2 volte all'anno e deve presentare al Ministero della giustizia (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria), un programma annuale di attivit à– è affidato, tra l'altro, il compito di : consolidare la rete tra le diverse realtà del territorio interessate alla realizzazione di attività teatrali negli istituti penitenziari, comprese le attività rivolte a minori; mantenere i rapporti con le regioni, con gli enti locali, con le compagnie e le associazioni teatrali, con il sistema universitario e con il sistema economico-produttivo, anche formulando proposte in merito ad attività e a percorsi formativi finalizzati anche al reinserimento dei detenuti; valutare l'attività svolta e l'attuazione delle disposizioni della legge ( commi 5 e 6 ). All' Osservatorio sono invece riservati prevalentemente compiti di promozione della conoscenza delle attività teatrali realizzate negli istituti penitenziari sia di valorizzazione delle conoscenze e delle competenze acquisite nella formazione e nella produzione teatrali anche al fine del reinserimento lavorativo dei detenuti ( comma 7 ). Alle imprese sociali, enti e le associazioni che operano sul territorio, in collaborazione con il Tavolo tecnico è demandato il compito di promuovere la realizzazione di esperienze teatrali di qualità negli istituti penitenziari; organizzare percorsi formativi e di confronto per gli operatori penitenziari e per i soggetti esterni interessati alla realizzazione di attività teatrali negli istituti penitenziari; collaborare con altre esperienze teatrali negli istituti penitenziari a livello nazionale e internazionale, anche allo scopo di partecipare a progetti europei ( comma 8 ); si prevede infine che un'apposita sezione della Relazione sui dati relativi allo svolgimento da parte dei detenuti di attività lavorative o di corsi di formazione professionali che il Ministro della giustizia presenta annualmente al Parlamento sia dedicata alle attività teatrali negli istituti penitenziari, alle iniziative adottate per la promozione di tali attività, nonché alla valutazione sulla disponibilità e sull'idoneità degli spazi destinati alle citate attività ( comma 9 ).
L' articolo 2 prevede che il Ministero della giustizia – DAP, destini una quota delle risorse per gli interventi straordinari di ampliamento e ammodernamento degli spazi destinati al lavoro dei detenuti (di cui all'articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2020, n. 178), all'individuazione, presso gli istituti penitenziari che ne sono sprovvisti, di appositi spazi da dedicare alle attività teatrali e allo sviluppo di percorsi artistici , anche sperimentali, volti all'inserimento lavorativo dei detenuti.
L' articolo 3 prevede l'istituzione nello stato di previsione del Ministero della giustizia di un Fondo per la promozione e il sostegno delle attività teatrali negli istituti penitenziari con una dotazione pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 e stabilisce la relativa copertura finanziaria. Il Fondo, in particolare, è volto a finanziare attività laboratoriali e produttive, alla realizzazione, anche all'esterno degli istituiti penitenziari, di spettacoli teatrali nonché all'erogazione di benefìci economici in favore del personale interno degli istituti penitenziari che collabora alla realizzazione degli spettacoli. Le modalità di attuazione del Fondo sono demandate a regolamento adottato mediante decreto del Ministro della giustizia , entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e autonomie territoriali
Il provvedimento appare prevalentemente riconducibile alla materia di esclusiva competenza statale "ordinamento penale" (articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione.
Assume anche rilievo la competenza concorrente in materia di "organizzazione di attività culturali" (articolo 117, terzo comma). Al riguardo, si segnala che la lettera b) del comma 5 dell'articolo 1 prevede che il tavolo tecnico per lo sviluppo e la realizzazione di attività e spettacoli teatrali negli istituti penitenziari mantenga e rafforzi i rapporti, tra gli altri enti, anche con le regioni e gli enti locali. | 7,836 | 172 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1339 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1339
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LOCATELLI, MOLINARI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SEGNANA, TIRAMANI, ZIELLO, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BORDONALI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, COLMELLERE, COVOLO, DARA, DE ANGELIS, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GIACOMETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MORELLI, MOSCHIONI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZORDAN
Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio e le funzioni di rappresentanza dell'Unione nazionale mutilati per servizio
Presentata il 5 novembre 2018
Onorevoli Colleghi ! – Con il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , è stato adottato il regolamento per la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.
Le disposizioni contenute nel regolamento (su cui poi è intervenuto il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ) puntualizzano le competenze degli organismi che intervengono nei procedimenti in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni, appesantimenti burocratici e disorganicità. In questo quadro, però, non è fatto alcun riferimento all'Unione nazionale mutilati per servizio, eretta in ente morale con il decreto del Capo provvisorio dello Stato 24 giugno 1947, n. 650, che rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali di tanti caduti o soggetti che abbiano riportato invalidità nella lotta contro la criminalità o nel delicato compito di amministrare la giustizia, tutelare le istituzioni, difendere il territorio, ai quali è negata pertanto ogni forma di rappresentanza. Ciò a differenza di quanto avviene nel caso di associazioni analoghe (quali, in particolare, l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra, l'Unione italiana ciechi, l'Ente nazionale sordi e l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili).
Considerando, altresì, che l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro è presente per legge nei vari consigli di amministrazione dell'INAIL a livello nazionale, regionale e provinciale, sembra opportuno che sia garantita la rappresentanza di un componente designato dall'Unione nazionale mutilati per servizio all'interno della Commissione medico-ospedaliera prevista ai fini del riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
La presente proposta di legge, composta da un unico articolo, ha il fine di consentire la rappresentanza degli iscritti dell'Unione nazionale mutilati per servizio presso le pubbliche amministrazioni, senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.
In particolare, all'articolo 1, comma 1, si prevede che le Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 , nei procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio siano integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
Il comma 2 prevede che all'Unione nazionale mutilati per servizio sia riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni mediche ospedaliere e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio, nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 .
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La composizione delle Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio, è integrata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
2. All'Unione nazionale mutilati per servizio è riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni di cui al comma 1 del presente articolo e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione dei procedimenti per il riconoscimento del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 . | Integrazione composizione Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento dell'infermità da causa di servizio
Finalità
La proposta, di iniziativa parlamentare, concerne l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento dell'infermità da causa di servizio e le funzioni di rappresentanza dell'Unione nazionale mutilati per servizio.
La proposta non è corredata di relazione tecnica.
È oggetto della presente Nota il testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) nella seduta del 19 febbraio 2020.
Nella presente Nota sono riportate sinteticamente le disposizioni della proposta che presentano profili di carattere finanziario. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica degli effetti finanziari.
Analisi degli effetti finanziari
Articolo 1 della proposta
La norma dispone che la composizione delle Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66/2010 (commissioni mediche ospedaliere di prima istanza costituite presso i Dipartimenti militari di medicina legale), nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio, sia integrata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un medico scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
Si ricorda che gli articoli 193 e 198 del richiamato Codice stabiliscono che le Commissioni Mediche Ospedaliere di prima istanza effettuano la diagnosi della infermità da causa di servizio o lesioni ed esprimono il giudizio di idoneità al servizio del militare, mentre l'art. 194 dello stesso Codice stabilisce che le Commissioni Mediche di seconda istanza esaminano i ricorsi presentati nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del verbale della Commissione Medica di prima istanza. Le Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza, oltre ai compiti sopra richiamati, effettuano una serie di ulteriori accertamenti medico-legali indicati dall'articolo 193 del Codice dell'ordinamento militare. L'articolo 193 stabilisce che le Commissioni mediche ospedaliere siano costituite presso i dipartimenti militari di medicina legale e composte da tre ufficiali medici, di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni. La medesima disposizione prevede, inoltre, diverse composizioni in relazione all'esercizio di talune specifiche funzioni da parte della Commissione. Si evidenzia che né il codice né il relativo regolamento di attuazione dispongono specificamente in merito al trattamento economico dei componenti delle Commissioni. La normativa previgente al codice e in esso confluita non forniva indicazioni in proposito[1].
In merito ai profili di quantificazione, al fine di suffragare la prevista neutralità finanziaria della proposta di legge, appare necessario, ai sensi dell'art. 17, comma 6- bis , della legge n. 196 del 2009, acquisire elementi di valutazione riferiti al profilo finanziario delle disposizioni. In particolare, andrebbe chiarito se ai medici che vengono integrati nelle Commissioni spettino gettoni di presenza, compensi, indennità o emolumenti comunque denominati, ovvero rimborsi spese nei casi previsti dalla normativa vigente. Detti elementi informativi risultano necessari anche perché nella proposta in esame, pur corredata di una previsione di invarianza, non è oggetto di disciplina l'eventuale remunerazione dell'attività prestata dai medici operanti su designazione dell'Unione nazionale mutilati per servizio.
[1] Si ricorda che l'Unione nazionale mutilati per servizio è esterna al perimetro delle pubbliche amministrazioni ai fini dei conti europei . | 2,912 | 180 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1339
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LOCATELLI, MOLINARI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SEGNANA, TIRAMANI, ZIELLO, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BORDONALI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, COLMELLERE, COVOLO, DARA, DE ANGELIS, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GIACOMETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MORELLI, MOSCHIONI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZORDAN
Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio e le funzioni di rappresentanza dell'Unione nazionale mutilati per servizio
Presentata il 5 novembre 2018
Onorevoli Colleghi ! – Con il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , è stato adottato il regolamento per la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.
Le disposizioni contenute nel regolamento (su cui poi è intervenuto il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ) puntualizzano le competenze degli organismi che intervengono nei procedimenti in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni, appesantimenti burocratici e disorganicità. In questo quadro, però, non è fatto alcun riferimento all'Unione nazionale mutilati per servizio, eretta in ente morale con il decreto del Capo provvisorio dello Stato 24 giugno 1947, n. 650, che rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali di tanti caduti o soggetti che abbiano riportato invalidità nella lotta contro la criminalità o nel delicato compito di amministrare la giustizia, tutelare le istituzioni, difendere il territorio, ai quali è negata pertanto ogni forma di rappresentanza. Ciò a differenza di quanto avviene nel caso di associazioni analoghe (quali, in particolare, l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra, l'Unione italiana ciechi, l'Ente nazionale sordi e l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili).
Considerando, altresì, che l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro è presente per legge nei vari consigli di amministrazione dell'INAIL a livello nazionale, regionale e provinciale, sembra opportuno che sia garantita la rappresentanza di un componente designato dall'Unione nazionale mutilati per servizio all'interno della Commissione medico-ospedaliera prevista ai fini del riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
La presente proposta di legge, composta da un unico articolo, ha il fine di consentire la rappresentanza degli iscritti dell'Unione nazionale mutilati per servizio presso le pubbliche amministrazioni, senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.
In particolare, all'articolo 1, comma 1, si prevede che le Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 , nei procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio siano integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
Il comma 2 prevede che all'Unione nazionale mutilati per servizio sia riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni mediche ospedaliere e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio, nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 .
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La composizione delle Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio, è integrata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
2. All'Unione nazionale mutilati per servizio è riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni di cui al comma 1 del presente articolo e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione dei procedimenti per il riconoscimento del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 . | Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico ospedaliera
Contenuto
Il nuovo testo della proposta di legge A.C. 1339, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione lavoro, reca disposizioni relative alla composizione delle Commissioni mediche ospedaliere interforze di cui all'articolo 193 del Codice dell'Ordinamento Militare (d. lgs. n. 66/2010), nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti relativi al riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
Al riguardo, si ricorda che gli articoli 193 e 198 del richiamato Codice stabiliscono che le Commissioni Mediche Ospedaliere di prima istanza effettuano la diagnosi della infermità da causa di servizio o lesioni ed esprimono il giudizio di idoneità al servizio del militare, mentre l'art. 194, dello stesso Codice stabilisce che le Commissioni Mediche di seconda istanza esaminano i ricorsi presentati nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del verbale della Commissione Medica di prima istanza.
Le Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza, oltre ai compiti sopra richiamati, effettuano una serie di ulteriori accertamenti medico-legali indicati dall'articolo 193 del Codice dell'ordinamento militare.
In particolare, effettuano gli accertamenti medico-legali in materia di:
provvidenze a favore di categorie di dipendenti pubblici e delle vittime del terrorismo, della criminalità, del dovere, di incidenti causati da attività istituzionale delle Forze armate, di ordigni bellici in tempo di pace e dell'esposizione a materiale bellico; 2. benefici in favore dei militari di leva, volontari e di carriera, appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti; 3. impiego del personale delle Forze di polizia invalido per causa di servizio; 4. transito nell'impiego civile ai sensi dell'articolo 930; 5. indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati,
Ai sensi dell'articolo 1879 del Codice gli accertamenti sanitari sull'entità delle menomazioni dell'integrità psicofisica del dipendente , propedeutici al giudizio di riconoscimento della causa di servizio, sono eseguiti dalle Commissioni mediche ospedaliere di cui all' articolo 193.
L'articolo 193 del Codice dell'ordinamento militare stabilisce la composizione delle Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza.
Tale disposizione stabilisce il principio generale in forza del quale le Commissioni mediche ospedaliere sono costituite presso i dipartimenti militari di medicina legale e sono composte da tre ufficiali medici , di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni. Assume le funzioni di presidente il direttore del Dipartimento militare di medicina legale o l'ufficiale superiore medico da lui delegato o, in loro assenza, l'ufficiale superiore medico più elevato in grado o, a parità di grado, con maggiore anzianità di servizio. è composta da tre ufficiali medici, di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni.
A richiesta del presidente può intervenire ai lavori della Commissione , con parere consultivo e senza diritto di voto, un ufficiale superiore o un funzionario designato dal comandante del Corpo o capo dell'ufficio, cui appartiene l'interessato.
La medesima disposizione prevede, inoltre, diverse composizioni in relazione all'esercizio di talune specifiche funzioni da parte della Commissione. In particolare, la Commissione, nei casi in cui è chiamata a pronunciarsi su infermità o lesioni di militari appartenenti a Forze armate diverse o di appartenenti a Forze di polizia a ordinamento militare o civile, è composta da due ufficiali medici, di cui uno con funzioni di presidente, e un ufficiale medico o funzionario medico della Forza armata o di polizia di appartenenza.
Quando, invece, è chiamata a pronunciarsi in merito al riconoscimento di provvidenze in favore di familiari di militari vittime del servizio o ai soggetti esposti a specifici fattori di è integrata da due ufficiali medici dell'Arma dei carabinieri nominati dal Comando generale, allorquando il relativo procedimento si riferisca ai superstiti del personale dell'Arma vittima del dovere e agli stessi militari.
Da ultimo, la Commissione, per esigenze legate alla complessità dell'accertamento sanitario dell'idoneità al servizio e delle infermità da causa di servizio può richiedere la partecipazione alla visita, con voto consultivo, di un medico specialista (comma 2 dell'articolo 198).
Nello specifico, il nuovo testo della proposta di legge A.C. 1339 stabilisce che la composizione delle Commissioni mediche interforze, nell'esercizio delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio , è integrata con un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
L'Unione Nazionale Mutilati per Servizio è un Ente Morale facente parte delle Associazioni di Promozione Sociale di cui alla legge n. 383 del 2000. L'Unione tutela tutti coloro che alle dipendenze dello Stato e degli Enti locali, territoriali ed istituzionali, hanno riportato mutilazioni ed infermità in servizio e per causa di servizio militare e civile.
L'Unione è presente su tutto il territorio con consigli regionali e sedi provinciali in ogni capoluogo
Sono soci i Carabinieri, i militari delle FF.AA., gli Agenti della Polizia di Stato, le Guardie di Finanza, gli Agenti del Corpo della Polizia Penitenziaria, le Guardie Forestali, i Vigili del Fuoco, i Vigili Urbani, i Magistrati e tutti i dipendenti civili della Pubblica Amministrazione; fanno parte dell'Unione anche i superstiti e tutti coloro che hanno acquisito particolari meriti nei confronti della categoria (soci benemeriti e simpatizzanti).
In particolare, ai sensi dell'articolo 3 dello statuto l'Unione è apolitica e persegue esclusivamente le finalità di solidarietà sociale e gli scopi indicati nel proprio Regolamento. In particolare, l'Unione si propone i seguenti scopi:
esaltare i valori morali, civili, militari e storici della Patria; 2. onorare la memoria dei caduti per causa di servizio e dei soci defunti; 3. mantenere vivo tra i soci il sentimento di fratellanza e della solidarietà; 4. praticare l'elevazione spirituale dei soci che si considerano come membri di una sola grande famiglia; esaltare in essi l'orgoglio delle minorazioni subite nell'adempimento di un dovere nazionale e sociale e contribuire a renderli ancora forze operanti per il bene della Patria; 5. rappresentare e tutelare gli interessi morali ed economici dei mutilati ed invalidi Per servizio e dei familiari dei caduti per servizio presso le pubbliche amministrazioni e presso tutti gli enti ed istituzioni che hanno per scopo l'assistenza, la rieducazione ed il lavoro dei minorati per servizio; 6. praticare tutta la possibile assistenza morale ai soci ivi compresa l'attività ricreativa e culturale; 7. esercitare e svolgere tutti i compiti, le funzioni e le attribuzioni in favore dei mutilati ed invalidi per servizio e dei familiari dei caduti per servizio che le leggi dello Stato e delle regioni demandano all'UNMS; 8. attuare la collaborazione ed i collegamenti con le Associazioni di promozione sociale di cui alla legge 383/2000 e sue successive integrazioni e modificazioni; 9. l'Unione non persegue finalità di lucro e i proventi dell'attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette; 10. l'eventuale avanzo di gestione deve essere reinvestito a favore di attività istituzionali per i mutilati e invalidi per servizio, secondo direttive espresse dal Consiglio Nazionale; 11. l'ordinamento interno è ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati; 12. il criterio della elettività è alla base degli organi statutari.
Per un approfondimento si rinvia al seguente link https://www.unms.it/la- nostra-unione/.
In via generale, si segnala che, in ambito civile , in base agli articoli 1 e 2 della legge n. 295 del 1990 gli accertamenti sanitari relativi alle domande per ottenere la pensione, l'assegno o le indennità d'invalidità civile, nonché gli accertamenti sanitari relativi alle domande per usufruire di benefici diversi da quelli appena richiamati ( cfr. articolo 4 della legge n. 104 del 1992 "per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate")sono svolti dalle unità sanitarie locali nell'ambito delle quali operano una o più commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti, composte da un medico specialista in medicina legale (che assume le funzioni di presidente) e da due medici (di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro), scelti tra i medici dipendenti o convenzionati della unità sanitaria locale territorialmente competente.
Le commissioni di cui sopra sono di volta in volta integrate con un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili, dell'Unione italiana ciechi, dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e dell'Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali, ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie (comma 3 L. 295/1990 ).
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge investe diversi profili rientranti nell'ambito di materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato quali, in particolare, "ordinamento e organizzazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali", "previdenza sociale" e "difesa e Forze armate" (art. 117, secondo comma, lett. g), o) e d), della Costituzione. | 4,720 | 181 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1339
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LOCATELLI, MOLINARI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SEGNANA, TIRAMANI, ZIELLO, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BORDONALI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, COLMELLERE, COVOLO, DARA, DE ANGELIS, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GIACOMETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MORELLI, MOSCHIONI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZORDAN
Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio e le funzioni di rappresentanza dell'Unione nazionale mutilati per servizio
Presentata il 5 novembre 2018
Onorevoli Colleghi ! – Con il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , è stato adottato il regolamento per la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.
Le disposizioni contenute nel regolamento (su cui poi è intervenuto il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ) puntualizzano le competenze degli organismi che intervengono nei procedimenti in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni, appesantimenti burocratici e disorganicità. In questo quadro, però, non è fatto alcun riferimento all'Unione nazionale mutilati per servizio, eretta in ente morale con il decreto del Capo provvisorio dello Stato 24 giugno 1947, n. 650, che rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali di tanti caduti o soggetti che abbiano riportato invalidità nella lotta contro la criminalità o nel delicato compito di amministrare la giustizia, tutelare le istituzioni, difendere il territorio, ai quali è negata pertanto ogni forma di rappresentanza. Ciò a differenza di quanto avviene nel caso di associazioni analoghe (quali, in particolare, l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra, l'Unione italiana ciechi, l'Ente nazionale sordi e l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili).
Considerando, altresì, che l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro è presente per legge nei vari consigli di amministrazione dell'INAIL a livello nazionale, regionale e provinciale, sembra opportuno che sia garantita la rappresentanza di un componente designato dall'Unione nazionale mutilati per servizio all'interno della Commissione medico-ospedaliera prevista ai fini del riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
La presente proposta di legge, composta da un unico articolo, ha il fine di consentire la rappresentanza degli iscritti dell'Unione nazionale mutilati per servizio presso le pubbliche amministrazioni, senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.
In particolare, all'articolo 1, comma 1, si prevede che le Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 , nei procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio siano integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
Il comma 2 prevede che all'Unione nazionale mutilati per servizio sia riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni mediche ospedaliere e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio, nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 .
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La composizione delle Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio, è integrata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
2. All'Unione nazionale mutilati per servizio è riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni di cui al comma 1 del presente articolo e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione dei procedimenti per il riconoscimento del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 . | Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico ospedaliera
Contenuto
La proposta di legge in esame reca disposizioni relative alle Commissioni mediche ospedaliere interforze di prima istanza, con particolare riferimento alla loro composizione nei procedimenti relativi al riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
Al riguardo, si ricorda che le Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza, esprimono i giudizi sanitari nell'ambito dei procedimenti relativi all'accertamento dell'idoneità al servizio e delle infermità da causa di servizio previsti dall' articolo 198 del D.Lgs. n. 66 del 2010, recante il Codice dell'ordinamento militare. In tali ambiti la Commissione effettua la diagnosi dell'infermità o della lesione , comprensiva possibilmente anche dell'esplicitazione eziopatogenetica, nonché del momento della conoscibilità della patologia. La Commissione, per esigenze legate alla complessità dell'accertamento sanitario, può richiedere la partecipazione alla visita, con voto consultivo, di un medico specialista. A sua volta l'interessato può essere assistito durante la visita da un medico di fiducia, che non integra la composizione della Commissione. Le Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza, oltre ai compiti sopra richiamati, effettuano una serie di ulteriori accertamenti medico-legali indicati dall'articolo 192 del Codice dell'ordinamento militare.
L'articolo 193 del Codice dell'ordinamento militare stabilisce la composizione delle Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza. Tale disposizione stabilisce il principio generale in forza del quale le Commissioni mediche ospedaliere sono costituite presso i dipartimenti militari di medicina legale e sono composte da tre ufficiali medici, di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni. Assume le funzioni di presidente il direttore del Dipartimento militare di medicina legale o l'ufficiale superiore medico da lui delegato o, in loro assenza, l'ufficiale superiore medico più elevato in grado o, a parità di grado, con maggiore anzianità di servizio. è composta da tre ufficiali medici, di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni.
A richiesta del presidente può intervenire ai lavori della Commissione, con parere consultivo e senza diritto di voto, un ufficiale superiore o un funzionario designato dal comandante del Corpo o capo dell'ufficio, cui appartiene l'interessato.
La medesima disposizione prevede, inoltre, diverse composizioni in relazione all'esercizio di talune specifiche funzioni da parte della Commissione. In particolare, la Commissione, nei casi in cui è chiamata a pronunciarsi su infermità o lesioni di militari appartenenti a Forze armate diverse o di appartenenti a Forze di polizia a ordinamento militare o civile, è composta da due ufficiali medici, di cui uno con funzioni di presidente, e un ufficiale medico o funzionario medico della Forza armata o di polizia di appartenenza. Quando, invece, è chiamata a pronunciarsi in merito al riconoscimento di provvidenze in favore di familiari di militari vittime del servizio o ai soggetti esposti a specifici fattori di è integrata da due ufficiali medici dell'Arma dei carabinieri nominati dal Comando generale, allorquando il relativo procedimento si riferisca ai superstiti del personale dell'Arma vittima del dovere e agli stessi militari.
Nello specifico, il comma 1 dell'articolo 1 stabilisce che la composizione delle Commissioni mediche interforze, nell'esercizio delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio , è integrata con un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.Al riguardo, la relazione illustrativa allegata alla proposta di legge in esame sottolinea l'opportunità dell'intervento legislativo in esame in considerazione del fatto che l'attuale normativa concernente le competenze degli organismi che intervengono nei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, nel riconoscere poteri di rappresentanza in capo a diverse Associazioni (quali, in particolare, l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra, l'Unione italiana ciechi, l'Ente nazionale sordi e l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili), non ricomprende, tra queste, l'Unione nazionale mutilati per servizio. La medesima relazione illustrativa sottolinea, in particolare, che l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro è presente per legge nei vari consigli di amministrazione dell'INAIL a livello nazionale, regionale e provinciale.
L'Unione Nazionale Mutilati per Servizio è un Ente Morale facente parte delle Associazioni di Promozione Sociale di cui alla legge n. 383 del 2000. L'Unione tutela tutti coloro che alle dipendenze dello Stato e degli Enti locali, territoriali ed istituzionali, hanno riportato mutilazioni ed infermità in servizio e per causa di servizio militare e civile.
L'Unione è presente su tutto il territorio con consigli regionali e sedi provinciali in ogni capoluogo
Sono soci i Carabinieri, i militari delle FF.AA., gli Agenti della Polizia di Stato, le Guardie di Finanza, gli Agenti del Corpo della Polizia Penitenziaria, le Guardie Forestali, i Vigili del Fuoco, i Vigili Urbani, i Magistrati e tutti i dipendenti civili della Pubblica Amministrazione; fanno parte dell'Unione anche i superstiti e tutti coloro che hanno acquisito particolari meriti nei confronti della categoria (soci benemeriti e simpatizzanti).
In particolare, ai sensi dell'articolo 3 dello statuto l'Unione è apolitica e persegue esclusivamente le finalità di solidarietà sociale e gli scopi indicati nel proprio Regolamento. In particolare, l'Unione si propone i seguenti scopi:
a) esaltare i valori morali, civili, militari e storici della Patria;
b) onorare la memoria dei caduti per causa di servizio e dei soci defunti;
c) mantenere vivo tra i soci il sentimento di fratellanza e della solidarietà;
d) praticare l'elevazione spirituale dei soci che si considerano come membri di una sola grande famiglia; esaltare in essi l'orgoglio delle minorazioni subite nell'adempimento di un dovere nazionale e sociale e contribuire a renderli ancora forze operanti per il bene della Patria;
e) rappresentare e tutelare gli interessi morali ed economici dei mutilati ed invalidi Per servizio e dei familiari dei caduti per servizio presso le pubbliche amministrazioni e presso tutti gli enti ed istituzioni che hanno per scopo l'assistenza, la rieducazione ed il lavoro dei minorati per servizio;
f) praticare tutta la possibile assistenza morale ai soci ivi compresa l'attività ricreativa e culturale;
g) esercitare e svolgere tutti i compiti, le funzioni e le attribuzioni in favore dei mutilati ed invalidi per servizio e dei familiari dei caduti per servizio che le leggi dello Stato e delle regioni demandano all'UNMS;
h) attuare la collaborazione ed i collegamenti con le Associazioni di promozione sociale di cui alla legge 383/2000 e sue successive integrazioni e modificazioni;
i) l'Unione non persegue finalità di lucro e i proventi dell'attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette;
j) l'eventuale avanzo di gestione deve essere reinvestito a favore di attività istituzionali per i mutilati e invalidi per servizio, secondo direttive espresse dal Consiglio Nazionale;
k) l'ordinamento interno è ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati;
l) il criterio della elettività è alla base degli organi statutari.
Per un approfondimento si rinvia al seguente link https://www.unms.it/la- nostra-unione/.
Il comma 2 dell'articolo 1 prevede che all'Unione nazionale mutilati per servizio sia riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni mediche ospedaliere e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio, nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973.
Al riguardo si ricorda che il Comitato di verifica per le cause di servizio di cui al D.P.R. n. 461 del 2001 è un organo consultivo che emana pareri sulla dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte o lesioni subite da dipendenti pubblici, civili o militari, e sulla interdipendenza tra infermità. Il Comitato opera presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.
I pareri emessi dal Comitato sono obbligatori e sostanzialmente vincolanti per le Amministrazioni richiedenti le quali, qualora ritengano di non conformarsi alla pronuncia del Comitato, hanno l'obbligo di richiedere, entro venti giorni dalla data di ricezione, per motivate ragioni, un ulteriore parere, al quale le stesse amministrazioni poi si dovranno in ogni caso attenere (per approfondimenti http://www.dag.mef.gov.it/dipartimento/comitatocommissioni/Comitatodiverificaperlecausdiservizio/index.html)
Relazioni allegate o richieste
Trattandosi di una proposta di legge di iniziativa parlamentare alla medesima è allegata la sola relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
L'intervento con legge appare necessario in quanto la proposta di legge in esame interviene su una materia, quella relativa alla composizione delle Commissioni mediche interforze, attualmente disciplinata da una fonte legislativa di rango primario (Commissioni mediche interforze, di prima e di (articolo 193 del D.Lgs. n. 66 del 2010, recante il Codice dell'ordinamento militare).
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Le disposizioni in esame intervenendo sulla materia delle Commissioni mediche interforze, nell'ambito dell'ordinamento militare, che presiedono all'accertamento della idoneità al servizio e delle infermità da causa di servizio si riferisce alle disposizioni di cui alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. d) ed o).
Formulazione del testo
Da un punto di vista formale andrebbe valuata l'opportunità di costruire la disposizione di cui al comma 1 della proposta di legge come novella all'articolo 193 del D.Lgs. n. 66 del 2010, recante il Codice dell'ordinamento militare. Tale norma attualmente stabilisce la composizione delle Commissioni mediche ospedaliere interforze in relazione all'esercizio delle diverse attribuzioni assegnate a tale organismo- | 4,907 | 182 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1339
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
LOCATELLI, MOLINARI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, SEGNANA, TIRAMANI, ZIELLO, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BORDONALI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPITANIO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, COLMELLERE, COVOLO, DARA, DE ANGELIS, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GIACOMETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LOLINI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MORELLI, MOSCHIONI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SASSO, STEFANI, TARANTINO, TATEO, TOMBOLATO, TONELLI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, ZICCHIERI, ZORDAN
Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico-ospedaliera per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio e le funzioni di rappresentanza dell'Unione nazionale mutilati per servizio
Presentata il 5 novembre 2018
Onorevoli Colleghi ! – Con il decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , è stato adottato il regolamento per la semplificazione dei procedimenti per il riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e dell'equo indennizzo, nonché per il funzionamento e la composizione del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.
Le disposizioni contenute nel regolamento (su cui poi è intervenuto il codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 ) puntualizzano le competenze degli organismi che intervengono nei procedimenti in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni, appesantimenti burocratici e disorganicità. In questo quadro, però, non è fatto alcun riferimento all'Unione nazionale mutilati per servizio, eretta in ente morale con il decreto del Capo provvisorio dello Stato 24 giugno 1947, n. 650, che rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali di tanti caduti o soggetti che abbiano riportato invalidità nella lotta contro la criminalità o nel delicato compito di amministrare la giustizia, tutelare le istituzioni, difendere il territorio, ai quali è negata pertanto ogni forma di rappresentanza. Ciò a differenza di quanto avviene nel caso di associazioni analoghe (quali, in particolare, l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi di guerra, l'Unione italiana ciechi, l'Ente nazionale sordi e l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi civili).
Considerando, altresì, che l'Associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro è presente per legge nei vari consigli di amministrazione dell'INAIL a livello nazionale, regionale e provinciale, sembra opportuno che sia garantita la rappresentanza di un componente designato dall'Unione nazionale mutilati per servizio all'interno della Commissione medico-ospedaliera prevista ai fini del riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
La presente proposta di legge, composta da un unico articolo, ha il fine di consentire la rappresentanza degli iscritti dell'Unione nazionale mutilati per servizio presso le pubbliche amministrazioni, senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.
In particolare, all'articolo 1, comma 1, si prevede che le Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 , nei procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio siano integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
Il comma 2 prevede che all'Unione nazionale mutilati per servizio sia riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni mediche ospedaliere e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio, nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 .
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. La composizione delle Commissioni mediche ospedaliere previste dall'articolo 193 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 , nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio, è integrata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da un sanitario scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
2. All'Unione nazionale mutilati per servizio è riconosciuto il diritto di accesso e di rilascio degli elenchi degli invalidi per servizio sottoposti a visita medica presso le Commissioni di cui al comma 1 del presente articolo e a successiva valutazione presso il Comitato di verifica per le cause di servizio previsto dall'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 ottobre 2001, n. 461 , nonché presso le amministrazioni competenti alla gestione dei procedimenti per il riconoscimento del trattamento pensionistico previsto dal testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 . | Disposizioni concernenti l'integrazione della composizione della Commissione medico ospedaliera
Contenuto
Il nuovo testo della proposta di legge A.C. 1339, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione lavoro, reca disposizioni relative alla composizione delle Commissioni mediche ospedaliere interforze di cui all'articolo 193 del Codice dell'Ordinamento Militare (d.lgs. n. 66/2010), nello svolgimento delle funzioni relative ai procedimenti relativi al riconoscimento della dipendenza delle infermità da causa di servizio.
Al riguardo, si ricorda che gli articoli 193 e 198 del richiamato Codice stabiliscono che le Commissioni Mediche Ospedaliere di prima istanza effettuano la diagnosi della infermità da causa di servizio o lesioni ed esprimono il giudizio di idoneità al servizio del militare, mentre l'art. 194, dello stesso Codice stabilisce che le Commissioni Mediche di seconda istanza esaminano i ricorsi presentati nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del verbale della Commissione Medica di prima istanza.
Le Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza, oltre ai compiti sopra richiamati, effettuano una serie di ulteriori accertamenti medico-legali indicati dall'articolo 193 del Codice dell'ordinamento militare.
In particolare, effettuano gli accertamenti medico-legali in materia di:
a) provvidenze a favore di categorie di dipendenti pubblici e delle vittime del terrorismo, della criminalità, del dovere, di incidenti causati da attività istituzionale delle Forze armate, di ordigni bellici in tempo di pace e dell'esposizione a materiale bellico;
b) benefici in favore dei militari di leva, volontari e di carriera, appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia a ordinamento militare e civile, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti;
c) impiego del personale delle Forze di polizia invalido per causa di servizio;
d) transito nell'impiego civile ai sensi dell'articolo 930;
e) indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati,
Ai sensi dell'articolo 1879 del Codice gli accertamenti sanitari sull'entità delle menomazioni dell'integrità psicofisica del dipendente , propedeutici al giudizio di riconoscimento della causa di servizio, sono eseguiti dalle Commissioni mediche ospedaliere di cui all' articolo 193.
L'articolo 193 del Codice dell'ordinamento militare stabilisce la composizione delle Commissioni mediche interforze, di prima e di seconda istanza.
Tale disposizione stabilisce il principio generale in forza del quale le Commissioni mediche ospedaliere sono costituite presso i dipartimenti militari di medicina legale e sono composte da tre ufficiali medici , di cui almeno uno, preferibilmente, specialista in medicina legale e delle assicurazioni. Assume le funzioni di presidente il direttore del Dipartimento militare di medicina legale o l'ufficiale superiore medico da lui delegato o, in loro assenza, l'ufficiale superiore medico più elevato in grado o, a parità di grado, con maggiore anzianità di servizio.
A richiesta del presidente può intervenire ai lavori della Commissione , con parere consultivo e senza diritto di voto, un ufficiale superiore o un funzionario designato dal comandante del Corpo, o capo dell'ufficio, cui appartiene l'interessato.
La medesima disposizione prevede, inoltre, diverse composizioni in relazione all'esercizio di talune specifiche funzioni da parte della Commissione. In particolare, la Commissione, nei casi in cui è chiamata a pronunciarsi su infermità o lesioni di militari appartenenti a Forze armate diverse o di appartenenti a Forze di polizia a ordinamento militare o civile, è composta da due ufficiali medici, di cui uno con funzioni di presidente, e un ufficiale medico o funzionario medico della Forza armata o di polizia di appartenenza.
Quando, invece, è chiamata a pronunciarsi in merito al riconoscimento di provvidenze in favore di familiari di militari vittime del servizio o ai soggetti esposti a specifici fattori di rischio è integrata da due ufficiali medici dell'Arma dei carabinieri nominati dal Comando generale, allorquando il relativo procedimento si riferisca ai superstiti del personale dell'Arma vittima del dovere e agli stessi militari.
Da ultimo, la Commissione, per esigenze legate alla complessità dell'accertamento sanitario dell'idoneità al servizio e delle infermità da causa di servizio può richiedere la partecipazione alla visita, con voto consultivo, di un medico specialista (comma 2 dell'articolo 198).
Nello specifico, il nuovo testo della proposta di legge A.C. 1339 stabilisce che la composizione delle Commissioni mediche interforze, nell'esercizio delle funzioni relative ai procedimenti per il riconoscimento delle cause di servizio , è integrata con un medico scelto tra quelli designati dall'Unione nazionale mutilati per servizio.
L'Unione Nazionale Mutilati per Servizio è un Ente Morale facente parte delle Associazioni di Promozione Sociale di cui alla legge n. 383 del 2000. L'Unione tutela tutti coloro che alle dipendenze dello Stato e degli Enti locali, territoriali ed istituzionali, hanno riportato mutilazioni ed infermità in servizio e per causa di servizio militare e civile.
L'Unione è presente su tutto il territorio con consigli regionali e sedi provinciali in ogni capoluogo
Sono soci i Carabinieri, i militari delle FF.AA., gli Agenti della Polizia di Stato, le Guardie di Finanza, gli Agenti del Corpo della Polizia Penitenziaria, le Guardie Forestali, i Vigili del Fuoco, i Vigili Urbani, i Magistrati e tutti i dipendenti civili della Pubblica Amministrazione; fanno parte dell'Unione anche i superstiti e tutti coloro che hanno acquisito particolari meriti nei confronti della categoria (soci benemeriti e simpatizzanti).
In particolare, ai sensi dell'articolo 3 dello statuto l'Unione è apolitica e persegue esclusivamente le finalità di solidarietà sociale e gli scopi indicati nel proprio Regolamento. In particolare, l'Unione si propone i seguenti scopi:
a) esaltare i valori morali, civili, militari e storici della Patria;
b) onorare la memoria dei caduti per causa di servizio e dei soci defunti;
c) mantenere vivo tra i soci il sentimento di fratellanza e della solidarietà;
d) praticare l'elevazione spirituale dei soci che si considerano come membri di una sola grande famiglia; esaltare in essi l'orgoglio delle minorazioni subite nell'adempimento di un dovere nazionale e sociale e contribuire a renderli ancora forze operanti per il bene della Patria;
e) rappresentare e tutelare gli interessi morali ed economici dei mutilati ed invalidi Per servizio e dei familiari dei caduti per servizio presso le pubbliche amministrazioni e presso tutti gli enti ed istituzioni che hanno per scopo l'assistenza, la rieducazione ed il lavoro dei minorati per servizio;
f) praticare tutta la possibile assistenza morale ai soci ivi compresa l'attività ricreativa e culturale;
g) esercitare e svolgere tutti i compiti, le funzioni e le attribuzioni in favore dei mutilati ed invalidi per servizio e dei familiari dei caduti per servizio che le leggi dello Stato e delle regioni demandano all'UNMS;
h) attuare la collaborazione ed i collegamenti con le Associazioni di promozione sociale di cui alla legge 383/2000 e sue successive integrazioni e modificazioni;
i) l'Unione non persegue finalità di lucro e i proventi dell'attività non possono, in nessun caso, essere divisi fra gli associati, anche in forme indirette;
j) l'eventuale avanzo di gestione deve essere reinvestito a favore di attività istituzionali per i mutilati e invalidi per servizio, secondo direttive espresse dal Consiglio Nazionale;
k) l'ordinamento interno è ispirato a principi di democrazia e di uguaglianza dei diritti di tutti gli associati;
l) il criterio della elettività è alla base degli organi statutari.
Per un approfondimento si rinvia al seguente link https://www.unms.it/la- nostra-unione/.
In via generale, si segnala che, in ambito civile , in base agli articoli 1 e 2 della legge n. 295 del 1990 in materia di minorazioni e malattie invalidanti, gli accertamenti sanitari relativi alle domande per ottenere la pensione, l'assegno o le indennità d'invalidità civile, nonché gli accertamenti sanitari relativi alle domande per usufruire di benefici diversi da quelli appena richiamati (v. articolo 4 della legge n. 104 del 1992 "per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate") sono svolti dalle unità sanitarie locali nell'ambito delle quali operano una o più commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti, composte da un medico specialista in medicina legale, che assume le funzioni di presidente, e da due medici, di cui uno scelto prioritariamente tra gli specialisti in medicina del lavoro, scelti nell'ambito del personale medico dipendente o convenzionato con l'unità sanitaria locale territorialmente competente. Le commissioni sono di volta in volta integrate con un sanitario in rappresentanza, rispettivamente, dell'Associazione nazionale dei mutilati ed invalidi civili, dell'Unione italiana ciechi, dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza ai sordomuti e dell'Associazione nazionale delle famiglie dei fanciulli ed adulti subnormali , ogni qualvolta devono pronunciarsi su invalidi appartenenti alle rispettive categorie (comma 3 L. 295/1990 ).
Qui i benefici ottenibili in base al grado di invalidità. L'indennità si differenzia dalla pensione di inabilità , che è comunque una prestazione economica assistenziale, erogata a domanda, in favore dei soggetti tra i 18 e i 67 anni, ai quali venga riconosciuta da appositi accertamenti sanitari una inabilità lavorativa totale e permanente (invalidi totali) e che si trovino in stato di bisogno economico.
Necessità dell'intervento con legge
L'intervento con legge appare necessario in quanto la proposta di legge in esame interviene su una materia, quella relativa alla composizione delle Commissioni mediche interforze, attualmente disciplinata da una fonte legislativa di rango primario (Commissioni mediche interforze, di prima e di (articolo 193 del d.lgs. n. 66 del 2010, recante il Codice dell'ordinamento militare).
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Le disposizioni in esame intervenendo sulla materia delle Commissioni mediche interforze, nell'ambito dell'ordinamento militare, che presiedono all'accertamento della idoneità al servizio e delle infermità da causa di servizio si riferisce alle disposizioni di cui alla competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. d) ed o).
Formulazione del testo
Da un punto di vista formale andrebbe valutata l'opportunità di costruire la disposizione di cui al comma 1 della proposta di legge come novella all'articolo 193 del d.lgs. n. 66 del 2010, recante il Codice dell'ordinamento militare. Tale norma attualmente stabilisce la composizione delle Commissioni mediche ospedaliere interforze in relazione all'esercizio delle diverse attribuzioni assegnate a tale organismo. | 5,095 | 183 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3532
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 marzo 2022 (v. stampato Senato n. 2166)
d'iniziativa dei senatori DE LUCIA, RICCIARDI, RUSSO, VANIN
Dichiarazione di monumento nazionale
dell'Arco di Traiano di Benevento
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 23 marzo 2022
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Dichiarazione di monumento nazionale)
1. L'Arco di Traiano, denominato anche «Porta Aurea», sito in Benevento e simbolo della città, è dichiarato monumento nazionale.
Art. 2.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate vi provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. | Dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento
Contenuto
La proposta di legge in esame (AC 3532), approvata dal Senato il 23 marzo 2022 (A.S. 2166), all' articolo 1 stabilisce la dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento , denominato anche « Porta Aurea », sito in Benevento e simbolo della città.
Come subito si dirà, la dichiarazione di monumento nazionale è un particolare riconoscimento previsto dal diritto vigente, all' art. 10, comma 3, lettera d ), del Codice dei beni culturali e del paesaggio ( D.LGS. 42/2004 ) – cui la stessa relazione illustrativa del testo presentato al Senato fa esplicito riferimento – accordato all'esito del procedimento amministrativo per la dichiarazione d'interesse culturale. La presente proposta di legge, dunque, terrebbe luogo del relativo provvedimento amministrativo.
Il testo dispone inoltre, all' articolo 2 - con una clausola di invarianza finanziaria - che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Nel ricostruire il contesto in cui la presente proposta interviene, si ricorda in via generale che l'art. 10, comma 1, del Codice stabilisce che sono beni culturali – e in quanto tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del medesimo Codice – le cose immobili e mobili appartenenti a soggetti pubblici – cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, ad ogni altro ente ed istituto pubblico – nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12. Peraltro, in base al comma 1 del citato art. 12 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 175, lett. c), della L. 124/2017 – tali cose, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni, sono sottoposte ope legis alle disposizioni di tutela, fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale, fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.
La verifica della sussistenza dell'interesse culturale è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero della cultura. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.
Tra le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice vi sono misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).
Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale – al centro della presente proposta di legge – si ricorda che l'art. 6 della L. 153/2017 ha modificato l'art. 10, comma 3, lettera d), del Codice , introducendo una procedura amministrativa in base alla quale la dichiarazione di interesse culturale di un bene può ricomprendere anche la dichiarazione di " monumento nazionale ". Prima dell'intervento del 2017, il Codice non prevedeva una specifica procedura allo scopo, limitandosi, all'art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale "gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente" (cioè, anteriori al Codice) e, all'art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.
In particolare, il novellato art. 10, comma 3, lettera d) prevede che la dichiarazione di interesse culturale di cui all'art. 13 dello stesso Codice, che accerta, ai fini della definizione di " bene culturale ", la sussistenza, nelle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, di un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose, può comprendere anche, su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di "monumento nazionale", qualora le stesse cose rivestono, altresì, un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale. Non sembrerebbe specificato, tuttavia, se e in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti giuridici ulteriori o diversi rispetto a quelli derivanti dalla stessa dichiarazione di interesse culturale. Tale ultima questione, peraltro, era stata già posta in evidenza, prima della novella del 2017, dalla Circolare n. 13 del 5 giugno 2012 indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee dell'allora Mibac alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici, la quale contiene una ampia disamina, anche di carattere storico-normativo, sulla dichiarazione di monumento nazionale.
Ad ogni modo, la dichiarazione di monumento nazionale tramite legge o atto avente forza di legge non è un unicum , ma è, anzi, fattispecie con diversi precedenti. Si possono qui ricordare: la L. 64/2014, recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza ; la L. 207/2016, recante dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza ; la L. 213/2017, che ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine ; la L. 65/2019, recante la dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto " Ponte Vecchio di Bassano "; l'art. 1 del D.L. 103/2021 , che ha dichiarato monumento nazionale le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia e, da ultimo, la L. 20/2022, recante la dichiarazione di monumento nazionale dell' ex campo di prigionia di Servigliano. Fra i provvedimenti meno recenti possono poi ricordarsi il DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont , in Longarone, DPR 18 marzo 200 8, Dichiarazione di monumento nazionale dell'antica area di San Pietro Infine e DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell' isola di Santo Stefano. La quasi totalità dei provvedimenti richiamati conteneva clausole di neutralità finanziaria analoghe a quella presente nell'articolo 2 della proposta di legge in esame.
Collegamento con lavori legislativi in corso
Attualmente, risultano depositati (ma non ancora in esame) presso la Camera dei deputati i seguenti progetti di legge, di analogo tenore:
A.C. 736 Dichiarazione di monumento nazionale del sito di Gibellina;
A.C. 3606 Dichiarazione di monumento nazionale del Teatro Regio di Parma (trasmesso dal Senato l'11 maggio 2022);
A.C. 3162 Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia n. 65 di Altamura.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali.
In particolare, l'art. 117, secondo comma, lettera s ), Cost. annovera la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., include la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente.
Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., devolve alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.
Nella sentenza 9/2004 la Corte costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela "è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale"; la valorizzazione "è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".
Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell' esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, comma 1) e, nel contempo , stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, comma 3). Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative , confermata, peraltro, dall'art. 118, terzo comma, Cost.
In generale, nelle sentenze 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura , nonché, per quanto qui interessa, la tutela dei beni culturali , corrispondono a finalità di interesse generale , "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. | 3,541 | 185 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3532
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 marzo 2022 (v. stampato Senato n. 2166)
d'iniziativa dei senatori DE LUCIA, RICCIARDI, RUSSO, VANIN
Dichiarazione di monumento nazionale
dell'Arco di Traiano di Benevento
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 23 marzo 2022
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Dichiarazione di monumento nazionale)
1. L'Arco di Traiano, denominato anche «Porta Aurea», sito in Benevento e simbolo della città, è dichiarato monumento nazionale.
Art. 2.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate vi provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. | Dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento
Contenuto
La proposta di legge in esame (AC 3532), approvata dal Senato il 23 marzo 2022 (A.S. 2166), all' articolo 1 stabilisce la dichiarazione di monumento nazionale dell'Arco di Traiano di Benevento , denominato anche « Porta Aurea », sito in Benevento e simbolo della città.
Come subito si dirà, la dichiarazione di monumento nazionale è un particolare riconoscimento previsto dal diritto vigente, all' art. 10, comma 3, lettera d ), del Codice dei beni culturali e del paesaggio ( D.LGS. 42/2004 ) – cui la stessa relazione illustrativa del testo presentato al Senato fa esplicito riferimento – accordato all'esito del procedimento amministrativo per la dichiarazione d'interesse culturale. La presente proposta di legge, dunque, terrebbe luogo del relativo provvedimento amministrativo.
Il testo dispone inoltre, all' articolo 2 - con una clausola di invarianza finanziaria - che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Nel ricostruire il contesto in cui la presente proposta interviene, si ricorda in via generale che l'art. 10, comma 1, del Codice stabilisce che sono beni culturali – e in quanto tali, sottoposti alle disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del medesimo Codice – le cose immobili e mobili appartenenti a soggetti pubblici – cioè, allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, ad ogni altro ente ed istituto pubblico – nonché a persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. Si tratta, cioè, delle cose per le quali sia intervenuta la verifica dell'interesse culturale di cui all'art. 12. Peraltro, in base al comma 1 del citato art. 12 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 175, lett. c), della L. 124/2017 – tali cose, qualora opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risale ad oltre settanta anni, sono sottoposte ope legis alle disposizioni di tutela, fino a quando non sia stata effettuata la verifica di interesse culturale: vige, cioè, la presunzione di interesse culturale, fino a quando non sia stata effettuata la relativa verifica.
La verifica della sussistenza dell'interesse culturale è effettuata, d'ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero della cultura. In caso di accertamento positivo dell'interesse culturale (decreto di vincolo), i beni restano definitivamente soggetti alle disposizioni di tutela. Qualora la verifica si concluda con un esito negativo, i beni sottoposti al procedimento vengono esclusi dall'applicazione della disciplina richiamata.
Tra le disposizioni di tutela di cui al Titolo I della Parte seconda del Codice vi sono misure di protezione (artt. 21 e ss., che stabiliscono, tra l'altro, le tipologie di interventi vietati o soggetti ad autorizzazione) e misure di conservazione (artt. 29 e ss., che includono anche obblighi conservativi).
Con specifico riguardo alla dichiarazione di monumento nazionale – al centro della presente proposta di legge – si ricorda che l'art. 6 della L. 153/2017 ha modificato l'art. 10, comma 3, lettera d), del Codice , introducendo una procedura amministrativa in base alla quale la dichiarazione di interesse culturale di un bene può ricomprendere anche la dichiarazione di " monumento nazionale ". Prima dell'intervento del 2017, il Codice non prevedeva una specifica procedura allo scopo, limitandosi, all'art. 54, a disporre che sono inalienabili, quali beni del demanio culturale "gli immobili dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all'epoca vigente" (cioè, anteriori al Codice) e, all'art. 129, a far salve le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali.
In particolare, il novellato art. 10, comma 3, lettera d) prevede che la dichiarazione di interesse culturale di cui all'art. 13 dello stesso Codice, che accerta, ai fini della definizione di " bene culturale ", la sussistenza, nelle cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, di un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose, può comprendere anche, su istanza di uno o più comuni, o della regione, la dichiarazione di "monumento nazionale", qualora le stesse cose rivestono, altresì, un valore testimoniale o esprimono un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale. Non è stato specificato, tuttavia, se e in quale misura dalla dichiarata monumentalità scaturiscano effetti giuridici ulteriori o diversi rispetto a quelli derivanti dalla stessa dichiarazione di interesse culturale. Tale ultima questione, peraltro, era stata già posta in evidenza, prima della novella del 2017, dalla Circolare n. 13 del 5 giugno 2012 indirizzata dalla Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee dell'allora Mibac alle Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici, la quale contiene una ampia disamina, anche di carattere storico-normativo, sulla dichiarazione di monumento nazionale.
Ad ogni modo, la dichiarazione di monumento nazionale tramite legge o atto avente forza di legge non è un unicum , ma è, anzi, fattispecie con diversi precedenti. Si possono qui ricordare: la L. 64/2014, recante dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza ; la L. 207/2016, recante dichiarazione di monumento nazionale della Casa Museo Gramsci in Ghilarza ; la L. 213/2017, che ha dichiarato monumento nazionale la Casa Museo Matteotti in Fratta Polesine ; la L. 65/2019, recante la dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto " Ponte Vecchio di Bassano "; l'art. 1 del D.L. 103/2021 , che ha dichiarato monumento nazionale le vie urbane d'acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia e, da ultimo, la L. 20/2022, recante la dichiarazione di monumento nazionale dell' ex campo di prigionia di Servigliano. Fra i provvedimenti meno recenti possono poi ricordarsi il DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont , in Longarone, DPR 18 marzo 200 8, Dichiarazione di monumento nazionale dell'antica area di San Pietro Infine e DPR 18 marzo 2008, Dichiarazione di monumento nazionale dell' isola di Santo Stefano. La quasi totalità dei provvedimenti richiamati conteneva clausole di neutralità finanziaria analoghe a quella presente nell'articolo 2 della proposta di legge in esame.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La disciplina recata dalla proposta di legge è riconducibile alla materia dei beni culturali.
L'art. 117, secondo comma, lettera s ), Cost. ha annoverato la tutela dei beni culturali tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell'art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l'art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali tra le materie di legislazione concorrente. Inoltre, l'art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare "forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali" tra Stato e regioni.
Nella sentenza 9/2004 la Corte costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela "è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale"; la valorizzazione "è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa".
Successivamente all'adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, comma 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, comma 3). Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall'art. 118, terzo comma, Cost.
In generale, nelle sentenze 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura , nonché, per quanto qui interessa, la tutela dei beni culturali , corrispondono a finalità di interesse generale , "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. | 3,386 | 186 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3532 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3532
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 23 marzo 2022 (v. stampato Senato n. 2166)
d'iniziativa dei senatori DE LUCIA, RICCIARDI, RUSSO, VANIN
Dichiarazione di monumento nazionale
dell'Arco di Traiano di Benevento
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 23 marzo 2022
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Dichiarazione di monumento nazionale)
1. L'Arco di Traiano, denominato anche «Porta Aurea», sito in Benevento e simbolo della città, è dichiarato monumento nazionale.
Art. 2.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate vi provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. | Informazioni sul provvedimento
A.C.
3532
Titolo:
Dichiarazione di monumento nazionale dell’Arco di Traiano di Benevento
Iniziativa:
parlamentare
Relatrice per la Commissione di merito:
Casa
Gruppo:
M5S
Commissione competente:
VII (Cultura)
PREMESSA
Il provvedimento in esame, di iniziativa parlamentare e approvato dal Senato (AS 2166), ha ad oggetto la Dichiarazione di monumento nazionale dell’Arco di Traiano di Benevento.
È oggetto della presente Nota il testo approvato dal Senato in prima lettura, trasmesso alla Camera in seconda lettura e al quale non sono state introdotte modificazioni.
Il provvedimento non è corredato di relazione tecnica.
Si esaminano di seguito le disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI
ARTICOLI 1 -2
Dichiarazione di monumento nazionale dell’Arco di Traiano di Benevento
Le norme prevedono che:
· l’Arco di Traiano, denominato anche “Porta Aurea”, sito in Benevento, sia dichiarato monumento nazionale (articolo 1);
· dall'attuazione della legge non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le Amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedano con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente (articolo 2 ) .
Nel corso dell’esame presso il Senato , la Commissione Bilancio ha espresso parere non ostativo con avviso conforme del Governo (seduta del 14 settembre 2021 per la Commissione referente e seduta del 22 marzo 2022 per l’Assemblea).
In merito ai profili di quantificazione , non si formulano osservazioni, considerato che, in casi analoghi, siffatte dichiarazioni di monumento nazionale sono state costantemente considerate prive di effetti diretti sulla finanza pubblica.
Ciò è avvenuto, per esempio, nella XVII legislatura per gli atti
§ C. 3450 (“Dichiarazione di monumento nazionale della Casa museo Gramsci in Ghilarza”, divenuto legge n. 207/2016) e C. 1363 (“Dichiarazione di monumento nazionale della Basilica Palladiana di Vicenza”, divenuto legge n. 64/2014), sui quali la V Commissione ha espresso parere non ostativo con avviso conforme del Governo, senza richiedere l’inserimento di clausole di invarianza;
§ C. 3844 (“Iniziative per preservare la memoria di Giacomo Matteotti”, divenuto legge n. 213/2017), sui quali la V Commissione ha espresso parere non ostativo con avviso conforme del Governo, condizionato ex art. 81 Cost. all’inserimento di una clausola di invarianza, condizione poi recepita.
Nella presente legislatura si menzionano:
§ il DL 103/2021 (C 3257) che ha dichiarato, all’articolo 1, comma 2, monumento nazionale le vie urbane d’acqua Bacino di San Marco, Canale di San Marco e Canale della Giudecca di Venezia, e alla disposizione (non accompagnata da clausola di neutralità) non sono stati ascritti effetti sui saldi di finanza pubblica ;
§ l’atto C. 2927 (“Dichiarazione di monumento nazionale dell'ex campo di prigionia di Servigliano”, divenuto poi legge n. 20/2022), sul quale la Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere non ostativo con avviso conforme del Governo, condizionato ex art. 81 Cost. all’inserimento di una clausola di invarianza, condizione poi recepita e la Commissione Bilancio della Camera ha espresso parere favorevole con avviso conforme del Governo;
§ l’atto C. 1203 (“Dichiarazione di monumento nazionale del ponte sul Brenta detto "Ponte Vecchio di Bassano"”, divenuto legge n. 65/2019), non assistito da clausola di invarianza, sul quale la V Commissione ha espresso parere non ostativo con avviso conforme del Governo.
In merito ai profili di copertura finanziaria , si fa presente che l’articolo 2 reca una clausola di invarianza finanziaria, in base alla quale dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione della medesima legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. In proposito, non si hanno osservazioni da formulare. | 1,671 | 187 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3580 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3580
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 27 aprile 2022 (v. stampato Senato n. 2414)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( DRAGHI )
e dal ministro della cultura
( FRANCESCHINI )
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( FRANCO )
Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario
della morte di San Francesco d'Assisi
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 aprile 2022
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, a essa attribuite dalla Costituzione, celebra la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte, che cade nell'anno 2026.
Art. 2.
(Istituzione e finanziamento
del Comitato nazionale)
1. Per le finalità di cui all'articolo 1 è istituito il Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi, di seguito denominato «Comitato nazionale», a cui è attribuito un contributo di 4.510.000 euro per gli anni dal 2022 al 2028.
2. Il contributo di cui al comma 1 è autorizzato nella misura di 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo di cui al comma 1, nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno dal comma 2, in ragione delle esigenze connesse al programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2.
4. Al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
Art. 3.
(Composizione e funzionamento
del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale è formato da venti componenti nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Gli altri componenti sono designati: due dal Ministro della cultura, due dal Ministro del turismo, tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro, uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, due dalla Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , due dalla regione Umbria, due dal comune di Assisi, uno dal vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi. Del Comitato nazionale è altresì componente di diritto il sindaco del comune di Assisi.
3. I componenti del Comitato nazionale sono scelti tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi, nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, abbiano maturato una specifica competenza e conoscenza della figura da celebrare o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui agiscono.
4. Il decreto di cui al comma 1 determina, altresì, le modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , possono essere nominati ulteriori componenti del Comitato nazionale, fino a un numero massimo di tre, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 3.
6. Ai componenti del Comitato nazionale non è corrisposto alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato. Essi hanno diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2.
7. Il Comitato nazionale è sottoposto alla vigilanza del Ministero della cultura. A tale fine, il Comitato elabora e trasmette al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'ulteriore documentazione eventualmente richiesta dal medesimo Ministero.
8. Il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura. Esso assicura l'integrazione e la coerenza del programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2, con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 4.
(Durata e compiti del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale opera a decorrere dalla data di adozione del decreto di nomina di cui all'articolo 3, comma 1, e resta in carica fino alla data del 30 aprile 2028.
2. Il Comitato nazionale ha il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi, comprendente attività di restauro di cose mobili o immobili sottoposte a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 , n. 42, nonché attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio. In particolare, il Comitato nazionale ha il compito di:
a) elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera di San Francesco d'Assisi, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca, tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale;
b) predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge e tenendo conto degli eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità di cui all'articolo 2, comma 4;
c) elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati, dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica;
d) predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio, nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani e di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione.
3. Nell'ambito dei programmi di cui al comma 2, lettera c) , sono ricomprese:
a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo, a cura della Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane, di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 2 agosto 2007;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
4. I piani di cui alle lettere a) e b) e i programmi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all' articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 . | Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi
Contenuto
Lo scorso 27 aprile il Senato ha approvato il disegno di legge d'iniziativa governativa A.S. 2414 , trasmesso alla Camera il successivo 28 aprile sub A.C. 3580 , qui in esame. Nell'ambito del procedimento, che si è svolto presso il Senato in sede redigente , il testo iniziale è stato oggetto di alcune modifiche. In via di sintesi, il disegno di legge, che si compone di cinque articoli, è volto a celebrare la ricorrenza, nell'anno 2026, dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi (articolo 1). A tal fine istituisce il Comitato nazionale per la richiamata celebrazione, cui è attribuito un contributo complessivo di 4.510.000 euro per il periodo compreso fra il 2022 e il 2028 (articoli 2 e 5). Al Comitato, di cui si disciplinano composizione e funzionamento (articolo 3), è affidato il compito elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco , con l'obiettivo di favorire la diffusione della conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del Santo (articolo 4).
Ai sensi dell' articolo 1 , recante le finalità del disegno di legge, la Repubblica celebra la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte, che cade nell'anno 2026. Tale attività si colloca nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, che la Costituzione attribuisce alla Repubblica.
L' articolo 2 prevede, al comma 1 , l'istituzione, per le richiamate finalità, del Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi. Ad esso è assegnato un contributo complessivo di 4.510.000 euro per il periodo compreso fra il 2022 e il 2028. Il comma 2 reca le autorizzazioni di spesa per ciascuno degli anni dal 2022 al 2028. Nello specifico, esse sono pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028. Il comma 3 demanda l'individuazione dei criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del richiamato contributo - da effettuare nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno e in ragione delle esigenze connesse al programma culturale (di cui all'articolo 4, comma 2) - ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tale decreto è adottato su proposta del Ministro della cultura di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata (di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281). Il comma 4 stabilisce, infine, che al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
L' articolo 3 reca disposizioni su composizione e funzionamento del Comitato nazionale. Ai sensi del comma 1 , il Comitato nazionale è formato da venti componenti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Ai sensi del comma 2 , il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Quanto agli altri componenti, oltre al sindaco del Comune di Assisi, che ne fa parte di diritto, essi sono designati: due dal Ministro della cultura; due dal Ministro del turismo; tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro; uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale; due dalla Conferenza unificata; due dalla Regione Umbria; due dal Comune di Assisi; uno dal vescovo della diocesi di Assisi- Nocera Umbra - Gualdo Tadino; due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi. È peraltro prevista la possibilità di un'integrazione dei componenti del Comitato nazionale, fino ad un massimo di ulteriori tre componenti. In proposito, il comma 5 stabilisce che tale facoltà può essere attivata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, previo parere della Conferenza unificata. Il comma 3 detta i requisiti che devono essere posseduti dai componenti del Comitato nazionale (inclusi quelli eventualmente integrati ai sensi del comma 5). Nello specifico, essi sono individuati: i) tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi; ii) nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, vantino una specifica competenza e conoscenza della figura del Santo o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui operano. Quanto alle modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale, esse sono definite con il DPCM con cui si procede alla nomina dei componenti del medesimo organo ( comma 4 ). Non è previsto alcun emolumento in favore dei componenti del medesimo Comitato, a cui il comma 6 riconosce il diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2. Il Comitato nazionale, ai sensi del comma 7 , è sottoposto all'attività di vigilanza del Ministero della cultura, che riguarda la rendicontazione delle attività. A tal fine, il Comitato è tenuto ad elaborare e trasmettere al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'eventuale ulteriore documentazione richiesta. Secondo quanto previsto dal comma 8 , il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura, avendo cura di assicurare l'integrazione e la coerenza del programma culturale con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
L' articolo 4 dispone in materia di durata e compiti del Comitato nazionale. In particolare, il comma 1 stabilisce che esso opera a decorrere dalla data di adozione del DPCM di nomina dei componenti e di funzionamento del medesimo Comitato (di cui all'articolo 3, comma 1) e che resta in carica sino alla data del 30 aprile 2028. Va peraltro rilevato, anche alla luce della distribuzione temporale delle richiamate autorizzazioni di spesa (v. articolo 2, comma 2), che le attività principali si concentreranno nel 2026 e, sia pure in minor misura, negli anni immediatamente precedenti. La data di cessazione del Comitato, che cade a distanza di circa un anno e mezzo dalla data di effettiva ricorrenza dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi (fine di ottobre 2026), pare finalizzata non solo a favorire il completamento delle iniziative celebrative, ma anche a consentire al medesimo Comitato di disporre di un tempo maggiore per portare a termine le attività di rendicontazione. Il comma 2 affida al Comitato il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi. Nello specifico, ai sensi del comma 2, il Comitato è chiamato a : elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera del Santo, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca, tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale; predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge, inclusi eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità; elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati, dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica; predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio, nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani, nonché di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione. Il comma 3 stabilisce che nell'ambito dei richiamati programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati siano ricomprese : a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo, a cura della Società internazionale di studi francescani, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane; b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento. I piani e i programmi sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Ai sensi dell' articolo 5 , recante disposizioni finanziarie , agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili, di cui all'articolo 1, comma 3 200, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015).
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e autonomie territoriali
Come osservato nel parere, favorevole con osservazioni, della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso il 9 marzo 2022 nel corso dell'iter al Senato, il provvedimento appare riconducibile sia alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettera s ) della Costituzione) sia alle competenze concorrenti relative alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali e alla promozione e organizzazione di attività culturali (articolo 117, terzo comma Cost.). A fronte di questo concorso di competenze, il provvedimento già prevedeva, sin dal testo iniziale (AS 2414), una forma di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali , attraverso l'inserimento di due rappresentanti della Conferenza unificata, di due rappresentanti della regione Umbria e di due rappresentanti del comune di Assisi tra i componenti del Comitato nazionale per la celebrazione, nel 2026, dell'ottavo centenario della morte di San Francesco (all'art. 3, comma 2). Nel corso del suo esame - in prima lettura - presso il Senato, in recepimento delle due osservazioni recate dal suddetto parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, il testo è stato integrato , nel senso di prevedere il parere in sede di Conferenza unificata (di cui all'art. 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997), sia all' art. 2, comma 3 , ai fini dell'adozione del DPCM chiamato a stabilire i criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo per le celebrazioni, sia ai fini dell'adozione del DPCM previsto per la nomina di ulteriori componenti nel Comitato nazionale per le celebrazioni (all' art. 3, comma 5 ).
Al Senato il testo inoltre è stato integrato prevedendo, all'articolo 3, comma 2, la partecipazione come componente di diritto del Comitato anche del Sindaco di Assisi. | 6,487 | 198 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-3580 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3580
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 27 aprile 2022 (v. stampato Senato n. 2414)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( DRAGHI )
e dal ministro della cultura
( FRANCESCHINI )
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( FRANCO )
Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario
della morte di San Francesco d'Assisi
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 aprile 2022
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, a essa attribuite dalla Costituzione, celebra la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte, che cade nell'anno 2026.
Art. 2.
(Istituzione e finanziamento
del Comitato nazionale)
1. Per le finalità di cui all'articolo 1 è istituito il Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi, di seguito denominato «Comitato nazionale», a cui è attribuito un contributo di 4.510.000 euro per gli anni dal 2022 al 2028.
2. Il contributo di cui al comma 1 è autorizzato nella misura di 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo di cui al comma 1, nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno dal comma 2, in ragione delle esigenze connesse al programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2.
4. Al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
Art. 3.
(Composizione e funzionamento
del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale è formato da venti componenti nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Gli altri componenti sono designati: due dal Ministro della cultura, due dal Ministro del turismo, tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro, uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, due dalla Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , due dalla regione Umbria, due dal comune di Assisi, uno dal vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi. Del Comitato nazionale è altresì componente di diritto il sindaco del comune di Assisi.
3. I componenti del Comitato nazionale sono scelti tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi, nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, abbiano maturato una specifica competenza e conoscenza della figura da celebrare o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui agiscono.
4. Il decreto di cui al comma 1 determina, altresì, le modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , possono essere nominati ulteriori componenti del Comitato nazionale, fino a un numero massimo di tre, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 3.
6. Ai componenti del Comitato nazionale non è corrisposto alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato. Essi hanno diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2.
7. Il Comitato nazionale è sottoposto alla vigilanza del Ministero della cultura. A tale fine, il Comitato elabora e trasmette al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'ulteriore documentazione eventualmente richiesta dal medesimo Ministero.
8. Il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura. Esso assicura l'integrazione e la coerenza del programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2, con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 4.
(Durata e compiti del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale opera a decorrere dalla data di adozione del decreto di nomina di cui all'articolo 3, comma 1, e resta in carica fino alla data del 30 aprile 2028.
2. Il Comitato nazionale ha il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi, comprendente attività di restauro di cose mobili o immobili sottoposte a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 , n. 42, nonché attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio. In particolare, il Comitato nazionale ha il compito di:
a) elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera di San Francesco d'Assisi, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca, tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale;
b) predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge e tenendo conto degli eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità di cui all'articolo 2, comma 4;
c) elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati, dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica;
d) predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio, nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani e di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione.
3. Nell'ambito dei programmi di cui al comma 2, lettera c) , sono ricomprese:
a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo, a cura della Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane, di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 2 agosto 2007;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
4. I piani di cui alle lettere a) e b) e i programmi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all' articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 . | Informazioni sul provvedimento
A.C.
3580
Titolo:
Disposizioni per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi
Iniziativa:
parlamentare
approvato, con modifiche, dal Senato
Relatore per la Commissione di merito:
Casciello
Gruppo:
FI
Commissione competente:
VII (Cultura)
PREMESSA
Il disegno di legge, di iniziativa governativa, ha ad oggetto Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi.
È oggetto della presente Nota il testo approvato, con modificazioni, dal Senato in prima lettura (A.S. 2414) e trasmesso alla Camera.
Il testo iniziale del disegno di legge è corredato di una relazione tecnica, che risulta tuttora utilizzabile. Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica nonché le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
ARTICOLI 1 -5
Le norme prevedono la celebrazione della figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte, che cade nell'anno 2026 (articolo 1).
A tal fine, si istituisce il Comitato nazionale cui è assegnato un contributo di 4.510.000 euro complessivamente per il periodo compreso fra il 2022 e il 2028 (articolo 2, comma 1).
In particolare, il contributo è autorizzato nelle seguenti misure (articolo 2, comma 2):
§ 200.000 euro per l'anno 2022;
§ 500.000 euro per l'anno 2023;
§ 500.000 euro per l'anno 2024;
§ 1 milione di euro per l'anno 2025;
§ 2 milioni di euro per l'anno 2026;
§ 300.000 euro per l'anno 2027;
§ 10.000 euro per l'anno 2028.
I criteri di assegnazione e ripartizione annuale del contributo sono disciplinati con D.P.C.M. (articolo 2, comma 3).
Al Comitato nazionale possono essere, altresì, destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo (articolo 2, comma 4).
Il Comitato consta di venti componenti, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ne disciplina anche modalità di funzionamento e scioglimento (articolo 3, commi 1 e 4).
Viene, quindi, indicata la composizione del Comitato, di cui fanno parte rappresentanti di ministeri e di enti religiosi. Il Comitato, inoltre, può essere integrato fino ad un massimo di ulteriori tre componenti nominati con D.P.C.M. (articolo 3, commi 2, 3 e 5).
Non è previsto alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato in favore dei componenti del Comitato, ma il diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese di funzionamento del Comitato sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2 (articolo 3, comma 6).
Il Comitato nazionale è sottoposto all'attività di vigilanza del Ministero della cultura; a tal fine, il Comitato elabora e trasmette al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'eventuale ulteriore documentazione richiesta (articolo 3, comma 7).
Infine, il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura, avendo cura di assicurare l'integrazione e la coerenza del programma culturale con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (articolo 3, comma 8).
Il Comitato nazionale opera a decorrere dalla data di adozione del decreto di nomina sopra descritto e resta in carica fino alla data del 30 aprile 2028, con il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi di cui si descrivono i contenuti (articolo 4).
In particolare, il comma 3, introdotto dal Senato , dispone che i programmi ricomprendano:
a) la pubblicazione dell’edizione delle fonti sulla vita e sull’opera di San Francesco d’Assisi e sulle origini dell’Ordine francescano fino al XIV secolo, a cura della Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi, che vi provvede in coordinamento con l’Edizione nazionale delle fonti francescane;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
La norma precisa che alcuni dei piani e dei programmi sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo (articolo 4, comma 4).
Infine, agli oneri indicati dall'articolo 2, comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo esigenze indifferibili (articolo 5).
La relazione tecnica , riferita al testo iniziale , riguardo agli articoli 1 e 4 afferma il loro carattere ordinamentale, precisando che non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Successivamente, dopo aver descritto gli articoli 2 e 5, sulle missioni dei componenti del Comitato nazionale – previste all’articolo 3 - la RT afferma che, anche sulla base di precedenti analoghi, il costo unitario per ciascuna missione a Roma per la partecipazione alle riunioni da parte dei componenti che non vi si risiedono sia di 500 euro.
Pertanto, considerato per un verso il numero dei componenti del comitato e, per altro, il numero di riunioni da tenersi ogni anno (che, tenuto conto delle forme sempre più evolute e diffuse di conferenze a distanza, la RT ipotizza possa essere in numero di 5 per ciascuno degli anni di vigenza del Comitato) il costo complessivo ammonterebbe a 260.000 euro (50.000 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 e 10.000 euro per il 2027, di cui viene riportata una tabella illustrativa).
Nel corso dell’esame in prima lettura, la Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere non ostativo sul testo (seduta del 27 aprile 2022).
In merito ai profili di quantificazione , si evidenzia che le norme istituiscono il Comitato nazionale per la celebrazione della figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della sua morte, che resta in carica fino al 30 aprile 2028, ed attribuiscono al Comitato stesso un contributo per le annualità comprese fra il 2022 e il 2028.
Sono poste a carico del contributo le spese di funzionamento del Comitato e quelle per l’attuazione del programma culturale per la celebrazione di San Francesco.
In proposito si rileva che l’onere è limitato all’entità dello stanziamento e che le spese per il programma e per il Comitato risultano avere carattere modulabile e programmabile sulla base delle disponibilità finanziarie: sotto questo profilo non si formulano dunque osservazioni, salvo quanto di seguito specificato.
Le iniziative di cui all’articolo 4, comma 3 (pubblicazioni e catalogazioni di carattere storico-culturale), parrebbero avere carattere obbligatorio e, essendo descritte in modo specifico e puntuale, non parrebbero essere modulabili sulla base delle risorse disponibili: da esse dovrebbe dunque derivare un onere obbligatorio e non comprimibile. In proposito, andrebbe dunque acquisita una conferma che le iniziative in commento possano effettivamente essere attuate nel limite delle risorse stanziate; tale chiarimento appare necessario in quanto la disposizione, introdotta in prima lettura, non è commentata dalla relazione tecnica riferita al testo iniziale.
In merito ai profili di copertura finanziaria , si fa presente che l’articolo 5 provvede agli oneri derivanti dal contributo attribuito al Comitato nazionale per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi, di cui all’articolo 2, pari a 200.000 euro per il 2022, 500.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, 1 milione di euro per il 2025, 2 milioni di euro per il 2026, 300.000 euro per il 2027 e 10.000 euro per il 2028, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014.
In proposito si ricorda che la citata disposizione ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (capitolo 3076 dello stato di previsione del medesimo Ministero) [1] .
Al riguardo, per quanto le risorse necessarie a dare attuazione alla disposizione in commento risultano esigue rispetto alla dotazione del citato capitolo di bilancio, appare opportuna una conferma da parte del Governo in merito alla disponibilità delle citate risorse nonché al fatto che il loro utilizzo non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione di interventi eventualmente già programmati a legislazione vigente a valere sulle stesse. [1] Si evidenzia che, in base al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 31 dicembre 2021 di ripartizione in capitoli del bilancio dello Stato, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 310 del 31 dicembre 2021, il citato Fondo reca uno stanziamento di circa 176 milioni di euro per il 2022, 302 milioni di euro per il 2023 e 387 milioni di euro per il 2024. | 5,846 | 199 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3580
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 27 aprile 2022 (v. stampato Senato n. 2414)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( DRAGHI )
e dal ministro della cultura
( FRANCESCHINI )
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( FRANCO )
Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario
della morte di San Francesco d'Assisi
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 aprile 2022
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, a essa attribuite dalla Costituzione, celebra la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte, che cade nell'anno 2026.
Art. 2.
(Istituzione e finanziamento
del Comitato nazionale)
1. Per le finalità di cui all'articolo 1 è istituito il Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi, di seguito denominato «Comitato nazionale», a cui è attribuito un contributo di 4.510.000 euro per gli anni dal 2022 al 2028.
2. Il contributo di cui al comma 1 è autorizzato nella misura di 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo di cui al comma 1, nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno dal comma 2, in ragione delle esigenze connesse al programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2.
4. Al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
Art. 3.
(Composizione e funzionamento
del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale è formato da venti componenti nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Gli altri componenti sono designati: due dal Ministro della cultura, due dal Ministro del turismo, tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro, uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, due dalla Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , due dalla regione Umbria, due dal comune di Assisi, uno dal vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi. Del Comitato nazionale è altresì componente di diritto il sindaco del comune di Assisi.
3. I componenti del Comitato nazionale sono scelti tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi, nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, abbiano maturato una specifica competenza e conoscenza della figura da celebrare o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui agiscono.
4. Il decreto di cui al comma 1 determina, altresì, le modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , possono essere nominati ulteriori componenti del Comitato nazionale, fino a un numero massimo di tre, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 3.
6. Ai componenti del Comitato nazionale non è corrisposto alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato. Essi hanno diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2.
7. Il Comitato nazionale è sottoposto alla vigilanza del Ministero della cultura. A tale fine, il Comitato elabora e trasmette al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'ulteriore documentazione eventualmente richiesta dal medesimo Ministero.
8. Il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura. Esso assicura l'integrazione e la coerenza del programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2, con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 4.
(Durata e compiti del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale opera a decorrere dalla data di adozione del decreto di nomina di cui all'articolo 3, comma 1, e resta in carica fino alla data del 30 aprile 2028.
2. Il Comitato nazionale ha il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi, comprendente attività di restauro di cose mobili o immobili sottoposte a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 , n. 42, nonché attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio. In particolare, il Comitato nazionale ha il compito di:
a) elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera di San Francesco d'Assisi, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca, tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale;
b) predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge e tenendo conto degli eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità di cui all'articolo 2, comma 4;
c) elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati, dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica;
d) predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio, nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani e di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione.
3. Nell'ambito dei programmi di cui al comma 2, lettera c) , sono ricomprese:
a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo, a cura della Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane, di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 2 agosto 2007;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
4. I piani di cui alle lettere a) e b) e i programmi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all' articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 . | Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi
Contenuto
L'articolo 1 della proposta di legge in esame (AC 3580), che reca le finalità della stessa, prevede che la Repubblica celebri la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte , che cade nell' anno 2026. Tale attività si colloca nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, che la Costituzione attribuisce alla Repubblica.
L' articolo 2 prevede, al comma 1 , l'istituzione, per le richiamate finalità, del Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi. Ad esso è assegnato un contributo complessivo di 4.510.000 euro per il periodo compreso fra il 2022 e il 2028.
Il comma 2 reca le autorizzazioni di spesa per ciascuno degli anni dal 2022 al 2028. Nello specifico, esse sono pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028.
Il comma 3 demanda l'individuazione dei criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del richiamato contributo - da effettuare nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno e in ragione delle esigenze connesse al programma culturale (di cui all'articolo 4, comma 2) - ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tale decreto è adottato su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata (di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281).
Il comma 4 stabilisce, infine, che al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
L' articolo 3 reca disposizioni su composizione e funzionamento del Comitato nazionale.
Ai sensi del comma 1 , il Comitato nazionale è formato da venti componenti , nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri , da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Ai sensi del comma 2 , il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Quanto agli altri componenti, oltre al sindaco del comune di Assisi, che ne fa parte di diritto, essi sono designati: due dal Ministro della cultura; due dal Ministro del turismo; tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro; uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale; due dalla Conferenza unificata; due dalla regione Umbria; due dal comune di Assisi; uno dal vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra- Gualdo Tadino; due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi.
È peraltro prevista la possibilità di un' integrazione dei componenti del Comitato nazionale , fino ad un massimo di ulteriori tre componenti. In proposito, il comma 5 stabilisce che tale facoltà può essere attivata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, previo parere della Conferenza unificata.
Il comma 3 detta i requisiti che devono essere posseduti dai componenti del Comitato nazionale (inclusi quelli eventualmente integrati ai sensi del comma 5). Nello specifico, essi sono individuati: i) tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi; ii) nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, vantino una specifica competenza e conoscenza della figura del Santo o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui operano.
Quanto alle modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale, esse sono definite con il DPCM con cui si procede alla nomina dei componenti del medesimo organo ( comma 4 ).
Non è previsto alcun emolumento in favore dei componenti del medesimo Comitato , a cui il comma 6 riconosce il diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2 (v. supra ).
Il Comitato nazionale, ai sensi del comma 7 , è sottoposto all'attività di vigilanza del Ministero della cultura , che riguarda la rendicontazione delle attività. A tal fine, il Comitato è tenuto ad elaborare e trasmettere al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'eventuale ulteriore documentazione richiesta.
Secondo quanto previsto dal comma 8 , il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura , avendo cura di assicurare l'integrazione e la coerenza del programma culturale (di cui all'articolo 4, comma 2, v. infra ) con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
L' articolo 4 dispone in materia di durata e compiti del Comitato nazionale.
In particolare, il comma 1 stabilisce che esso opera a decorrere dalla data di adozione del DPCM di nomina dei componenti e di funzionamento del medesimo Comitato (di cui all'articolo 3, comma 1) e che resta in carica sino alla data del 30 aprile 2028.
Il comma 2 affida al Comitato il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi. Più in dettaglio, prevede che tale programma comprenda attività di restauro di cose mobili o immobili sottoposte a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica, nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio.
Nello specifico, ai sensi del comma 2, il Comitato è chiamato a :
elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera del Santo, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca , tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale;
predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge, inclusi eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità;
elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati , dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica;
predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio , nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani , nonché di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione.
Il comma 3 stabilisce che nell'ambito dei richiamati programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati sono ricomprese :
a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo , a cura della Società internazionale di studi francescani, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
I piani e i programmi sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Ai sensi dell' articolo 5 , recante disposizioni finanziarie, agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili, di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015).
Relazioni allegate o richieste
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, il Comitato è tenuto ad elaborare e trasmettere al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'eventuale ulteriore documentazione richiesta.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Come osservato nel parere, favorevole con osservazioni, della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso il 9 marzo 2022 nel corso dell'iter al Senato, il provvedimento appare riconducibile sia alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali (articolo 117, secondo comma, lettera s ) della Costituzione) sia alle competenze concorrenti relative alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali e alla promozione e organizzazione di attività culturali (articolo 117, terzo comma Cost.). A fronte di questo concorso di competenze, il provvedimento già prevedeva, sin dal testo iniziale (AS 2414), una forma di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali , attraverso l'inserimento di due rappresentanti della Conferenza unificata, di due rappresentanti della regione Umbria e di due rappresentanti del comune di Assisi tra i componenti del Comitato nazionale per la celebrazione, nel 2026, dell'ottavo centenario della morte di San Francesco (all'art. 3, comma 2). Nel corso del suo esame - in prima lettura - presso il Senato, in recepimento delle due osservazioni recate dal suddetto parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali, il testo è stato integrato , nel senso di prevedere il parere in sede di Conferenza unificata (di cui all'art. 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997), sia all' art. 2, comma 3 , ai fini dell'adozione del DPCM chiamato a stabilire i criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo per le celebrazioni, sia ai fini dell'adozione del DPCM previsto per la nomina di ulteriori componenti nel Comitato nazionale per le celebrazioni (all' art. 3, comma 5 ).
Al Senato il testo inoltre è stato integrato, all'articolo 3, comma 2, prevedendo la partecipazione come componente di diritto del Comitato anche del Sindaco di Assisi.
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'iniziativa si colloca nell'ambito dell'articolo 9 della Costituzione, il quale, come noto, impegna, tra le altre cose, la Repubblica a tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. | 6,393 | 200 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3580
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 27 aprile 2022 (v. stampato Senato n. 2414)
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( DRAGHI )
e dal ministro della cultura
( FRANCESCHINI )
di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( FRANCO )
Disposizioni per la celebrazione dell'ottavo centenario
della morte di San Francesco d'Assisi
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 28 aprile 2022
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La Repubblica, nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, a essa attribuite dalla Costituzione, celebra la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte, che cade nell'anno 2026.
Art. 2.
(Istituzione e finanziamento
del Comitato nazionale)
1. Per le finalità di cui all'articolo 1 è istituito il Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi, di seguito denominato «Comitato nazionale», a cui è attribuito un contributo di 4.510.000 euro per gli anni dal 2022 al 2028.
2. Il contributo di cui al comma 1 è autorizzato nella misura di 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028.
3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono stabiliti i criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del contributo di cui al comma 1, nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno dal comma 2, in ragione delle esigenze connesse al programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2.
4. Al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
Art. 3.
(Composizione e funzionamento
del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale è formato da venti componenti nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Gli altri componenti sono designati: due dal Ministro della cultura, due dal Ministro del turismo, tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro, uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, due dalla Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , due dalla regione Umbria, due dal comune di Assisi, uno dal vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi. Del Comitato nazionale è altresì componente di diritto il sindaco del comune di Assisi.
3. I componenti del Comitato nazionale sono scelti tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi, nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, abbiano maturato una specifica competenza e conoscenza della figura da celebrare o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui agiscono.
4. Il decreto di cui al comma 1 determina, altresì, le modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , possono essere nominati ulteriori componenti del Comitato nazionale, fino a un numero massimo di tre, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 3.
6. Ai componenti del Comitato nazionale non è corrisposto alcun compenso, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato. Essi hanno diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2.
7. Il Comitato nazionale è sottoposto alla vigilanza del Ministero della cultura. A tale fine, il Comitato elabora e trasmette al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'ulteriore documentazione eventualmente richiesta dal medesimo Ministero.
8. Il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura. Esso assicura l'integrazione e la coerenza del programma culturale di cui all'articolo 4, comma 2, con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Art. 4.
(Durata e compiti del Comitato nazionale)
1. Il Comitato nazionale opera a decorrere dalla data di adozione del decreto di nomina di cui all'articolo 3, comma 1, e resta in carica fino alla data del 30 aprile 2028.
2. Il Comitato nazionale ha il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi, comprendente attività di restauro di cose mobili o immobili sottoposte a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 , n. 42, nonché attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio. In particolare, il Comitato nazionale ha il compito di:
a) elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera di San Francesco d'Assisi, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca, tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale;
b) predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge e tenendo conto degli eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità di cui all'articolo 2, comma 4;
c) elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati, dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica;
d) predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio, nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani e di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione.
3. Nell'ambito dei programmi di cui al comma 2, lettera c) , sono ricomprese:
a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo, a cura della Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane, di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 2 agosto 2007;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
4. I piani di cui alle lettere a) e b) e i programmi di cui alle lettere c) e d) del comma 2 sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Art. 5.
(Disposizioni finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all' articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 . | Disposizioni per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di San Francesco d’Assisi
Contenuto
Lo scorso 27 aprile il Senato ha approvato (con 181 voti favorevoli, 6 contrari e 4 astenuti) il disegno di legge d'iniziativa governativaA.S. 2414, trasmesso alla Camera il successivo 28 aprile sub A.C. 3580 , qui in esame. Nell'ambito del procedimento, che si è svolto presso il Senato in sede redigente, il testo iniziale è stato oggetto di alcune modifiche.
In via di sintesi, il disegno di legge, che si compone di cinque articoli, è volto a celebrare la ricorrenza, nell'anno 2026, dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi (articolo 1). A tal fine istituisce il Comitato nazionale per la richiamata celebrazione, cui è attribuito un contributo complessivo di 4.510.000 euro per il periodo compreso fra il 2022 e il 2028 (articoli 2 e 5). Al Comitato, di cui si disciplinano composizione e funzionamento (articolo 3), è affidato il compito elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco , con l'obiettivo di favorire la diffusione della conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del Santo (articolo 4).
Quella prevista dal disegno di legge in commento è una iniziativa speciale – ma, come subito si dirà, niente affatto isolata nel panorama dell'ordinamento – che si affianca al circuito ordinario per lo svolgimento di celebrazioni.
Al riguardo, si ricorda, infatti, che la L. 420/1997 (tutt'ora vigente) aveva inteso predisporre un quadro giuridico unitario in materia, attraverso un unico provvedimento a cadenza annuale, sistematizzando l'intervento statale a favore di comitati nazionali per lo svolgimento di celebrazioni e manifestazioni culturali di particolare rilevanza.
A questo fine, la legge in parola ha previsto l'istituzione, presso l'allora Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della " Consulta dei comitati nazionali e delle edizioni nazionali ", alla quale ha affidato il compito di deliberare - per quanto qui interessa - sulla costituzione e organizzazione dei comitati nazionali per le celebrazioni o manifestazioni culturali, sull'ammissione al contributo finanziario statale e sulla misura dello stesso. Le richieste di istituzione dei comitati nazionali possono essere presentate da enti locali, enti pubblici, istituzioni culturali o comitati promotori, nonché da amministrazioni dello Stato.
La Consulta è ora transitata sotto il Ministero della cultura. Le relative competenze sono attribuite alla Direzione Generale Educazione, ricerca e istituti culturali dal D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169, in vigore dal 5 febbraio 2020. I fondi sono iscritti sul capitolo 2551, p. g. 22, della medesima Direzione.
Il più recente riparto, relativo all' anno finanziario 2021 , è stato disposto dal D.M. 23 dicembre 2021, per una somma complessiva di 1.100.256,00 euro.
La disciplina degli interventi, anche per quanto riguarda soggetti ammessi, criteri di valutazione e modalità di rendicontazione, è contenuta nella circolare DG-ERIC del 28 febbraio 2022, n. 5.
Come anticipato, però, analogamente a quanto dispone la proposta in commento, già diversi altri comitati nazionali per celebrazioni di eventi sono stati istituiti con legge o con altra tipologia di atto, al di fuori di questo "circuito ordinario". Possono citarsi ad esempio: L. 206/2012, che ha inteso celebrare la figura di Giuseppe Verdi nella ricorrenza, nel 2013, del secondo centenario della sua nascita ed ha istituito il Comitato promotore delle celebrazioni; L. 63/2014, che ha previsto l'istituzione di un Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Alberto Burri, nel 2015; DPCM 21 dicembre 2013, che ha istituito il Comitato promotore per le celebrazioni del Centenario dell' Istituto nazionale del dramma antico -INDA ; DM 23 settembre 2016, n 428, che ha istituito il Comitato tecnico-scientifico per le celebrazioni del cinquecentenario della morte dell'urbanista Biagio Rossetti ; DM 17 febbraio 2017, n. 78, che ha costituito il Comitato promotore per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario della nascita del compositore lirico Umberto Giordano; L. 153/2017 , recante disposizioni per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio e dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri; L. 188/2017 , recante disposizioni per la celebrazione dei 150 anni dalla morte di Gioachino Rossini; L. 234/2021 , che ha previsto, fra l'altro, l'istituzione di due Comitati per la celebrazione, rispettivamente, del centenario della morte di Giacomo Puccini e del quinto centenario della morte de "Il Perugino" ; alla Camera, come noto, sono attualmente in corso di esami gli abbinati A.C. 2942 e A.C. 3564 recanti disposizioni per la celebrazione della figura e dell'opera di Antonio Canova nel secondo centenario della morte.
Si rammenta, inoltre, che presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, alle dirette dipendenze del Ministro per le politiche giovanili, è incardinata la Struttura di Missione per la valorizzazione degli anniversari nazionali e della dimensione partecipativa delle nuove generazioni. Inizialmente istituita nel 2012, è stata modificata nel corso degli anni fino al suo attuale assetto e denominazione, stabilito dal DPCM del 13 aprile 2021, opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri alle dirette dipendenze del Ministro per le politiche giovanili. La Struttura di Missione opera secondo gli indirizzi di governo e del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale.
Venendo all'esame analitico del testo, ai sensi dell' articolo 1 , recante le finalità del disegno di legge, la Repubblica celebra la figura di San Francesco d'Assisi nella ricorrenza dell'ottavo centenario della morte , che cade nell'anno 2026. Tale attività si colloca nell'ambito delle finalità di promozione dello sviluppo della cultura e della ricerca scientifica, nonché di valorizzazione e di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, che la Costituzione attribuisce alla Repubblica.
L' articolo 2 prevede, al comma 1 , l'istituzione, per le richiamate finalità, del Comitato nazionale per la celebrazione dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi. Ad esso è assegnato un contributo complessivo di 4.510.000 euro per il periodo compreso fra il 2022 e il 2028.
Il comma 2 reca le autorizzazioni di spesa per ciascuno degli anni dal 2022 al 2028. Nello specifico, esse sono pari a 200.000 euro per l'anno 2022, 500.000 euro per l'anno 2023, 500.000 euro per l'anno 2024, 1 milione di euro per l'anno 2025, 2 milioni di euro per l'anno 2026, 300.000 euro per l'anno 2027 e 10.000 euro per l'anno 2028.
Il comma 3 demanda l'individuazione dei criteri di assegnazione e di ripartizione annuale del richiamato contributo - da effettuare nei limiti delle risorse autorizzate per ciascun anno e in ragione delle esigenze connesse al programma culturale (di cui all'articolo 4, comma 2) - ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tale decreto è adottato su proposta del Ministro della cultura di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del turismo, sentita la Conferenza unificata (di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281).
Il comma 4 stabilisce, infine, che al Comitato nazionale possono altresì essere destinati contributi di enti pubblici e privati, lasciti, donazioni e liberalità di ogni altro tipo.
L' articolo 3 reca disposizioni su composizione e funzionamento del Comitato nazionale.
Ai sensi del comma 1 , il Comitato nazionale è formato da venti componenti , nominati condecreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
Ai sensi del comma 2 , il presidente del Comitato nazionale è nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri. Quanto agli altri componenti, oltre al sindaco del comune di Assisi, che ne fa parte di diritto, essi sono designati: due dal Ministro della cultura; due dal Ministro del turismo; tre dal Ministro dell'istruzione e dal Ministro dell'università e della ricerca d'intesa tra loro; uno dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale; due dalla Conferenza unificata; due dalla regione Umbria; due dal comune di Assisi; uno dal vescovo della diocesi di Assisi-Nocera Umbra- Gualdo Tadino; due dalla Conferenza dei ministri generali del primo ordine francescano e del terzo ordine regolare e uno dalla Società internazionale di studi francescani associazione di promozione sociale, con sede in Assisi.
È peraltro prevista la possibilità di un' integrazione dei componenti del Comitato nazionale , fino ad un massimo di ulteriori tre componenti. In proposito, il comma 5 stabilisce che tale facoltà può essere attivata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del turismo, previo parere della Conferenza unificata.
Il comma 3 detta i requisiti che devono essere posseduti dai componenti del Comitato nazionale (inclusi quelli eventualmente integrati ai sensi del comma 5). Nello specifico, essi sono individuati: i) tra esponenti della cultura italiana e internazionale aventi comprovata competenza e conoscenza della vita e delle opere di San Francesco d'Assisi; ii) nonché tra rappresentanti di enti pubblici, privati ed ecclesiastici con personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa cattolica che, per le finalità statutarie o per l'attività culturale o di culto svolta, vantino una specifica competenza e conoscenza della figura del Santo o che siano particolarmente coinvolti nella celebrazione per l'ambito territoriale, turistico o istituzionale in cui operano.
Quanto alle modalità di funzionamento e di scioglimento del Comitato nazionale, esse sono definite con il DPCM con cui si procede alla nomina dei componenti del medesimo organo ( comma 4 ).
Non è previsto alcun emolumento in favore dei componenti del medesimo Comitato , a cui il comma 6 riconosce il diritto al solo rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le attività strettamente connesse al funzionamento del Comitato, secondo la normativa vigente. Le spese per il funzionamento sono poste a carico del contributo di cui all'articolo 2 (v. supra ).
Il Comitato nazionale, ai sensi del comma 7 , è sottoposto all'attività di vigilanza del Ministero della cultura , che riguarda la rendicontazione delle attività. A tal fine, il Comitato è tenuto ad elaborare e trasmettere al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'eventuale ulteriore documentazione richiesta.
Secondo quanto previsto dal comma 8 , il Comitato nazionale opera presso il Ministero della cultura , avendo cura di assicurare l'integrazione e la coerenza del programma culturale (di cui all'articolo 4, comma 2, v. infra ) con le attività del Comitato per gli anniversari di interesse nazionale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
L' articolo 4 dispone in materia di durata e compiti del Comitato nazionale.
In particolare, il comma 1 stabilisce che esso opera a decorrere dalla data di adozione del DPCM di nomina dei componenti e di funzionamento del medesimo Comitato (di cui all'articolo 3, comma 1) e che resta in carica sino alla data del 30 aprile 2028. Va peraltro rilevato, anche alla luce della distribuzione temporale delle richiamate autorizzazioni di spesa (v. articolo 2, comma 2), che le attività principali si concentreranno nel 2026 e, sia pure in minor misura, negli anni immediatamente precedenti. La data di cessazione del Comitato, che cade a distanza di circa un anno e mezzo dalla data di effettiva ricorrenza dell'ottavo centenario della morte di San Francesco d'Assisi (fine di ottobre 2026), pare finalizzata non solo a favorire il completamento delle iniziative celebrative, ma anche a consentire al medesimo Comitato di disporre di un tempo maggiore per portare a termine le attività di rendicontazione.
Il comma 2 affida al Comitato il compito di elaborare un programma culturale relativo alla vita, all'opera e ai luoghi legati alla figura di San Francesco d'Assisi. Più in dettaglio, prevede che tale programma comprenda attività di restauro di cose mobili o immobili sottoposte a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché attività di ricerca, editoriali, formative, espositive e di organizzazione e gestione di manifestazioni in ambito culturale, storico, letterario, scientifico e artistico di elevato valore, in una prospettiva di internazionalizzazione, di promozione turistica e di innovazione tecnologica, nonché di attenzione agli aspetti del messaggio francescano riguardanti il rispetto e la cura dell'ambiente, il dialogo tra le religioni e la pacifica convivenza tra i popoli, al fine di divulgare in Italia e all'estero, anche mediante piattaforme digitali, la conoscenza del pensiero, dell'opera, della cultura e dell'eredità del personaggio.
Nello specifico, ai sensi del comma 2, il Comitato è chiamato a :
elaborare il piano delle iniziative culturali per la divulgazione e la diffusione della conoscenza della vita e dell'opera del Santo, anche con riferimento ai settori della formazione scolastica, dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, dell'università e della ricerca , tenendo conto degli eventuali riflessi della sua opera in ambito internazionale;
predisporre il piano economico sulla base delle risorse finanziarie assegnate dalla presente legge, inclusi eventuali contributi, lasciti, donazioni e liberalità;
elaborare programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione, da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati , dotati di comprovata esperienza, capaci di apportare ogni utile contributo o risorsa economica;
predisporre programmi intesi a favorire processi di sviluppo culturale nel territorio , nonché di valorizzazione e promozione turistica dei luoghi e dei cammini francescani , nonché di promozione commerciale in ambito culturale connessi alla celebrazione.
Il comma 3 stabilisce che nell'ambito dei richiamati programmi volti a promuovere attività culturali connesse alla celebrazione da realizzare attraverso il coinvolgimento di enti pubblici o privati sono ricomprese :
a) la pubblicazione dell'edizione delle fonti sulla vita e sull'opera di San Francesco d'Assisi e sulle origini dell'Ordine francescano fino al XIV secolo , a cura della Società internazionale di studi francescani, che vi provvede in coordinamento con l'Edizione nazionale delle fonti francescane;
b) la pubblicazione del catalogo dei codici medievali del Fondo antico comunale e la catalogazione del Fondo antico dei libri a stampa della Biblioteca comunale conservati presso il Sacro Convento in Assisi, a cura della Società internazionale di studi francescani, in collaborazione con il medesimo Sacro Convento.
I piani e i programmi sono sottoposti all'approvazione del Ministero della cultura e del Ministero del turismo.
Ai sensi dell' articolo 5 , recante disposizioni finanziarie, agli oneri derivanti dall'articolo 2, comma 2, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili, di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015).
Relazioni allegate o richieste
Ai sensi dell'art. 3, comma 7, il Comitato è tenuto ad elaborare e trasmettere al Ministero, con cadenza annuale, rendiconti sull'utilizzo del finanziamento ricevuto, nonché l'eventuale ulteriore documentazione richiesta.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento appare riconducibile sia alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dei beni culturali, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione; sia alle competenze concorrenti relative alla valorizzazione dei beni culturali e ambientali e alla promozione e organizzazione di attività culturali, di cui all'articolo 117, terzo comma.
La presenza di un intreccio di competenze facenti capo a enti territoriali diversi rende ragione della presenza di strumenti volti a consentire, come prescritto dal principio di leale collaborazione più volte evocato alla Corte costituzionale in fattispecie analoghe, forme d'interlocuzione e compartecipazione fra Stato e Regioni (cfr., in particolare, artt. 2, comma 3, e 3, commi 2 e 5).
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'iniziativa si colloca nell'ambito dell'articolo 9 della Costituzione, il quale, come noto, impegna la Repubblica a tutelare il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. | 8,018 | 201 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2812 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2812
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( CONTE )
e dal ministro della salute
( SPERANZA )
di concerto con il ministro per gli affari regionali e le autonomie
( BOCCIA )
Conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158 , recante disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19
Presentato il 2 dicembre 2020
Onorevoli Deputati ! – A causa dell'evolversi della situazione epidemiologica relativa all'emergenza sanitaria che è conseguita alla diffusione pandemica del COVID-19 e del carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia, in prossimità delle festività natalizie si rende necessario apportare alcune modifiche alla disciplina delle misure volte a contenere e a contrastare i rischi sanitari nell'ambito del territorio nazionale. A tale fine è stato predisposto il decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158 , costituito dall'articolo 1, che contiene le norme corrispondenti alle finalità illustrate, e dall'articolo 2, che disciplina l'entrata in vigore dell'atto.
In primo luogo, al comma 1 dell'articolo 1 si interviene prolungando da trenta a cinquanta giorni il termine massimo di durata delle misure per fronteggiare nel modo più efficace l'emergenza in atto, adottate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in attuazione dei decreti- legge 25 marzo 2020, n. 19 , convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 , e 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74 .
Per quanto riguarda le festività natalizie, in considerazione dell'attuale andamento della curva pandemica e al fine di scongiurare una nuova recrudescenza dei contagi, al comma 2 dell'articolo 1 è stabilito, nell'ambito del territorio nazionale, dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, il divieto di ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di regioni o province autonome diverse, e, nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 nonché del 1° gennaio 2021, anche il divieto di ogni spostamento tra comuni diversi, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o da situazioni di necessità ovvero compiuti per motivi di salute. È comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in una regione o provincia autonoma diversa e, nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 nonché del 1° gennaio 2021, anche in quelle ubicate in un diverso comune. Si precisa che gli spostamenti da e per l'estero non rientrano nell'ambito di applicazione del presente provvedimento.
Il comma 3 dello stesso articolo 1 stabilisce che, nel periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all' articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 possono inoltre prevedere, per l'intero territorio nazionale, specifiche misure individuate tra quelle previste dall'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto-legge, anche indipendentemente dalla classificazione in livelli di rischio e di scenario.
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 ,
n. 196).
Il decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158 , interviene sulla disciplina relativa alle misure per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dall'emergenza in atto da COVID-19. In particolare, si modifica il termine massimo di durata delle misure adottate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dei decreti- legge 25 marzo 2020, n. 19 , e 16 maggio 2020, n. 33, e si prevedono, dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, limitazioni agli spostamenti in entrata e in uscita, nell'ambito del territorio nazionale, tra i territori di diverse regioni o province autonome e, nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 nonché del 1° gennaio 2021, anche tra comuni, fatti salvi gli spostamenti motivati da specifiche esigenze all'uopo individuati. È comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, salve alcune eccezioni. Inoltre, si prevede che, nel medesimo periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, con i predetti decreti del Presidente del Consiglio dei ministri possano essere adottate specifiche misure, individuate tra quelle previste dal decreto-legge n. 19 del 2020 , anche indipendentemente dalla classificazione in livelli di rischio e di scenario.
Atteso il carattere ordinamentale delle predette disposizioni, le stesse non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158 , recante disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 2 dicembre 2020, n. 158 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 2 dicembre 2020.
Disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19 .
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visto l' articolo 16 della Costituzione , che consente limitazioni della libertà di circolazione per ragioni sanitarie;
Visto il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 , convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 , recante «Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19»;
Visto il decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74 , recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19»;
Viste le delibere del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 del 29 luglio 2020 e del 7 ottobre 2020 con le quali è stato dichiarato e prorogato lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;
Vista la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020 con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale;
Considerato l'evolversi della situazione epidemiologica, del carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e dell'incremento dei casi e dei decessi;
Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare nuove disposizioni per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, adottando adeguate e proporzionate misure di contrasto e contenimento alla diffusione del predetto virus, anche in vista delle imminenti festività;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 2 dicembre 2020;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Modificazioni urgenti della legislazione emergenziale)
1. All' articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 , convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 , le parole «di durata non superiore a trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «di durata non superiore a cinquanta giorni».
2. Dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 è vietato, nell'ambito del territorio nazionale, ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, e nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 e del 1° gennaio 2021 è vietato altresì ogni spostamento tra comuni, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. È comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra Regione o Provincia autonoma e, nelle giornate del 25 e 26 dicembre 2020 e del 1° gennaio 2021, anche ubicate in altro Comune, ai quali si applicano i predetti divieti.
3. Con riguardo all'intero territorio nazionale, nel periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all' articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 possono altresì prevedere, anche indipendentemente dalla classificazione in livelli di rischio e di scenario, specifiche misure rientranti tra quelle previste dall'articolo 1, comma 2, dello stesso decreto-legge.
Articolo 2.
(Entrata in vigore)
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 2 dicembre 2020
MATTARELLA
Conte , Presidente del Consiglio dei ministri
Speranza , Ministro della salute
Boccia , Ministro per gli affari regionali e le autonomie
Visto, il Guardasigilli: Bonafede | Disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus COVID-19
Contenuto
Il provvedimento è stato presentato alla Camera dei Deputati per la conversione in legge; consta di 2 articoli e 4 commi ed interviene sulla disciplina relativa alle misure per contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dall'emergenza in atto da COVID-19.
L' articolo 1 al comma 1 prolunga da trenta a cinquanta giorni il termine massimo di durata delle misure per fronteggiare l'emergenza in atto, adottate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in attuazione dei decreti-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74.
Il comma 2 stabilisce, per quanto riguarda le festività natalizie, in considerazione dell'attuale andamento della curva pandemica e al fine di scongiurare una nuova recrudescenza dei contagi, nell'ambito del territorio nazionale, dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, il divieto di ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di Regioni o Province autonome diverse, e, nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 nonché del 1° gennaio 2021, anche il divieto di ogni spostamento tra Comuni diversi, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o da situazioni di necessità ovvero compiuti per motivi di salute. È comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in una regione o provincia autonoma diversa e, nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 nonché del 1° gennaio 2021, anche in quelle ubicate in un diverso comune. Si precisa che gli spostamenti da e per l'estero non rientrano nell'ambito di applicazione del provvedimento.
Il comma 3 dispone che, nel periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020 possano altresì prevedere, per l'intero territorio nazionale, specifiche misure individuate tra quelle previste dall'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto-legge, anche indipendentemente dalla classificazione in livelli di rischio e di scenario.
L' articolo 2 dispone l'entrata in vigore del decreto-legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Precedenti decreti-legge sulla stessa materia
Il provvedimento, nel limitare con norma di rango primario la possibilità di spostamento tra le regioni e al loro interno nel periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, recepisce una raccomandazione contenuta nel parere espresso nella seduta del 18 novembre 2020 sul disegno di legge C. 2779 di conversione del decreto-legge n. 125 del 2020; la raccomandazione invitava infatti il Parlamento e il Governo ad avere cura che, con riferimento alle misure di contrasto dell'epidemia da COVID-19, ogni eventuale modifica dell'attuale assetto – che vede le misure di contrasto previste dal decreto- legge n. 19 attuabili solo se compatibili con il decreto-legge n. 33 – avvenisse nel rispetto della riserva di legge in materia. Nelle premesse del medesimo parere si ricordava sul punto che in occasione del precedente provvedimento di proroga delle misure di contrasto all'epidemia in corso il Comitato (parere del 4 agosto 2020 sul disegno di legge C. 2617 di conversione del decreto-legge n. 83 del 2020) aveva sottolineato l'esigenza di approfondire il coordinamento del contenuto di alcune misure di contenimento dell'epidemia adottabili ai sensi del decreto-legge n. 19 con quello delle misure previste dal decreto-legge n. 33, posto che il provvedimento prorogava per entrambi i provvedimenti al 15 ottobre la possibilità di assumere tali misure (termine che il decreto-legge n. 125 ha prorogato al 31 gennaio 2021). In particolare, per quanto qui di interesse, l'articolo 1, comma 1 e comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 19 del 2020 consente, "su specifiche parti del territorio nazionale, ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso" la "limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni alla possibilità di allontanarsi dalla propria abitazione, domicilio o dimora"; tale disposizione appariva però tacitamente abrogata dall'articolo 1, commi 1 e 3 del decreto-legge n. 33; il comma 1 infatti afferma che "a decorrere dal 18 maggio 2020, cessano di avere effetto tutte le misure limitative della circolazione all'interno del territorio regionale e tali misure possono essere adottate o reiterate solo con riferimento a specifiche aree del territorio medesimo interessate da particolare aggravamento della situazione epidemiologica" mentre il comma 3 stabilisce che "A decorrere dal 3 giugno 2020, gli spostamenti interregionali possono essere limitati solo con provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, in relazione a specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente in dette aree". Tale esigenza di coordinamento è stata soddisfatta nel corso dell'esame parlamentare con l'inserimento nel decreto- legge n. 83 dell'articolo 1-bis che precisa che le disposizioni del decreto- legge n. 19 si applicano solo in quanto compatibili con il decreto-legge n. 33.
Specificità ed omogeneità delle disposizioni
Il provvedimento, composto da 2 articoli per un totale di 4 commi, appare presentare un contenuto omogeneo e conforme al titolo.
Coordinamento con la legislazione vigente e semplificazione
Si valuti l'opportunità di approfondire , al fine di evitare contenziosi, l' apparato sanzionatorio applicabile alla violazione dei divieti di spostamento di cui al comma 2 dell'articolo 1; in particolare andrebbe approfondita l'applicabilità delle sanzioni amministrative previste dall'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020, posto che , per le ragioni sopra esposte nel paragrafo "precedenti decreti legge in materia", la disposizione sembra introdurre una speciale misura di contrasto dell'epidemia, innovativa rispetto al testo vigente del decreto-legge n. 19 e che quindi necessiterebbe, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 689 del 1981, di un'apposita copertura legislativa ai fini dell'introduzione di sanzioni amministrative per la sua violazione; in alternativa andrebbe valutata l'ipotesi residuale dell'applicabilità del reato contravvenzionale di cui all'articolo 650 del codice penale (inosservanza di un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene).
Sul punto si segnala che la circolare del Ministero dell'interno del 7 dicembre 2020 afferma che a tali violazioni si applicano le sanzioni amministrative previste dall'articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 che "continua ad essere" "la norma cardine del sistema regolatorio delle misure di contenimento della diffusione del virus".
L'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 19 del 2020 - richiamato anche dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 33 del 2020 - prevede che salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento dell'epidemia di cui all'arte' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita.
L'articolo 1 della legge n. 689 del 1981 dispone che nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.
L'articolo 650 del codice penale dispone che chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a 206 euro.
Chiarezza e proprietà della formulazione del testo
Si valuti l'opportunità di approfondire , al comma 2 dell'articolo 1, l'utilizzo dell'espressione "seconde case" che, pur già utilizzata nei DPCM adottati per il contrasto dell'emergenza e, sporadicamente, nella normativa vigente, non appare possedere una definizione giuridica precisa; qualora con "seconda casa" si intenda un'abitazione di proprietà diversa da quella di residenza si valuti in particolare l'opportunità se il divieto di spostamento verso le seconde case ubicate fuor dal territorio regionale, e, in determinati giorni festivi, fuori dal proprio comune, possa trovare applicazione anche nel caso in cui la seconda casa venga eletta a domicilio o sulla stessa si eserciti il diritto di abitazione di cui all'articolo 1022 del codice civile.
L'articolo 1022 del codice civile prevede che chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia. | 5,916 | 215 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2844
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( CONTE )
e dal ministro dell'economia e delle finanze
( GUALTIERI )
Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , recante modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178
Presentato il 31 dicembre 2020
Onorevoli Deputati! — Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere la conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , recante modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 .
L'intervento normativo si rende necessario al fine di correggere un errore meramente tecnico e in tal modo ripristinare appieno la volontà espressa dal Parlamento durante i lavori di predisposizione della legge di bilancio.
L'articolo 1 del decreto-legge, infatti, sostituisce il comma 8 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per l'anno 2021), che dispone la stabilizzazione dell'ulteriore detrazione spettante ai titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilato, di ammontare compreso tra 28.000 euro e 40.000 euro, originariamente prevista dall' articolo 2 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3 , convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2020, n. 21 , per il solo periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2020.
In particolare, il comma 8, nel disporre che l'ulteriore detrazione compete anche negli anni successivi al 2020, non tiene conto del fatto che, a decorrere dal 2021, l'applicazione riferita all'intero anno richiede il raddoppio degli importi attuali della medesima detrazione, che sono espressamente indicati nella norma istitutiva e sono riferiti ad un semestre.
Pertanto, si ritiene necessaria l'introduzione di una norma di correzione del citato comma 8, al fine di chiarire quali sono gli importi effettivi dell'ulteriore detrazione spettanti, rispettivamente, per il secondo semestre dell'anno 2020 e a decorrere dall'anno 2021.
La nuova formulazione della disposizione è coerente con la relazione tecnica, per cui la correzione tecnica non determina effetti finanziari ulteriori rispetto a quelli già stimati per la norma contenuta nella legge di bilancio per l'anno 2021.
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ).
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , recante modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 .
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 323 del 31 dicembre 2020.
Modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 .
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure correttive alla legge 30 dicembre 2020, n. 178 , recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023»;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 30 dicembre 2020;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Modifiche all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 ,
recante legge di bilancio 2021)
1. Il comma 8 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 , è sostituito dal seguente:
« 8. All' articolo 2 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3 , convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2020, n. 21 , sono apportate le seguenti modifiche:
1) al comma 1, dopo la parola “spetta” sono inserite le seguenti: “, per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020,”;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente: “ 2. In vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni fiscali, l'ulteriore detrazione di cui al comma 1 spetta, per le prestazioni rese dal 1° gennaio 2021, nei seguenti importi:
a) 960 euro, aumentata del prodotto tra 240 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro;
b) 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 5.000 euro.”;
3) al comma 3, le parole “di cui al comma 1”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: “di cui ai commi 1 e 2”.» .
Articolo 2 .
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 31 dicembre 2020
MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Gualtieri, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Bonafede | Modifiche urgenti all'articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178
Contenuto
Il provvedimento, presentato alla Camera dei Deputati per la conversione in legge, consta di 2 articoli e 2 commi.
Il decreto in esame sostituisce le norme in materia di stabilizzazione della detrazione spettante ai percettori di reddito di lavoro dipendente e di talune fattispecie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente prevista, per il solo secondo semestre 2020, dall'articolo 2 del decreto legge 5 febbraio 2020,n. 3 e resa permanete dall'articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021).
Nel corso dell'esame parlamentare della legge di bilancio 2021 è infatti emerso che il sopra citato comma 8, nella sua formulazione originaria, non teneva conto, ai fini della stabilizzazione della misura, che gli importi della detrazione previsti per garantire il medesimo beneficio mensile dovevano essere raddoppiati rispetto a quanto stabilito dalla disposizione istitutiva dell'agevolazione, che ne prevedeva l'applicazione per il solo secondo semestre del 2020. Pertanto, l'intervento correttivo previsto dalla disposizione in esame si è reso necessario per chiarire gli importi effettivi dell'ulteriore detrazione spettanti, rispettivamente, per il secondo semestre dell'anno 2020 e a decorrere dal 2021.
La relazione tecnica del ddl di bilancio originariamente presentata alla Camera era già, correttamente, riferita all'intero importo della detrazione, che risultava quindi provvisto dell'adeguata copertura finanziaria. Per tale motivo, la modifica in esame non necessita di nuove coperture.
L' articolo 1 sostituisce il comma 8 della legge di bilancio 2021; in particolare, la nuova disposizione (comma 1, numero 1))modifica il comma 1 del citato articolo 2 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3, precisando che la detrazione introdotta spetta nella misura degli importi indicati nel medesimo comma esclusivamente per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020. Con la modifica introdotta dal numero 2) viene specificato che per le prestazioni rese a decorrere dal 1° gennaio 2021 l'agevolazione spetta nei seguenti importi (raddoppiati rispetto a quelli previsti nel solo secondo semestre 2020 dal comma 1): 960 euro, aumentati del prodotto tra 240 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro; 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 5.000 euro.
L' articolo 2 dispone l'entrata in vigore del decreto-legge nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Coordinamento con la legislazione vigente e semplificazione
Come precisa la relazione illustrativa, la finalità del provvedimento è quella di correggere quanto previsto dall'articolo 1, comma 8, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021); tale norma, infatti, nello stabilizzare la detrazione spettante ai titolari di redditi di lavoro dipendente disposta dal decreto-legge n. 3 del 2020, inizialmente prevista solo per il secondo semestre 2020, non provvedeva ad adeguare all'intero arco annuale gli importi della detrazione, come invece fa il provvedimento in esame. Per effetto del decreto-legge, il testo originario del comma 8 dell'articolo 1 della legge n. 178 del 2020 è stato abrogato il giorno stesso della sua entrata in vigore.
Si segnala peraltro che la disposizione oggetto di correzione risulta presente nel testo originario del disegno di legge di bilancio 2021 e non è stata oggetto di modifiche nel corso dell'iter del provvedimento.
Si ricordano i seguenti precedenti di decreti-legge intervenuti a correzione di norme della legge finanziariaria o di altri decreti-legge contestualemente all'entrata in vigore di quest'ultime:
decreto-legge n. 356 del 2003, entrato in vigore il 29 dicembre 2003, che abrogava l'articolo l'articolo 3, comma 78, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004), entrata in vigore il 1° gennaio 2004;
decreto-legge n. 299 del 2006, entrato in vigore il 28 dicembre 2006, che abrogava l'articolo 1, comma 1343 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), entrata in vigore il 1° gennaio 2007;
decreto-legge n. 103 del 2009, entrato in vigore il 5 agosto 2009, che modificava gli articoli 4, 13-bis e 17 del decreto-legge n. 78 del 2009, nel testo modificato dalla legge di conversione, entrata in vigore lo stesso 5 agosto 2009; si segnala che in occasione dell'esame di quest'ultimo provvedimento il Comitato per la legislazione, nel parere reso nella seduta del 24 ottobre 2009, ha raccomandato di "adottare metodi di produzione legislativa che evitino la necessità del ricorso ad un decreto-legge che abbia come esclusiva finalità quella di correggere disposizioni approvate in sede di conversione di altro decreto, prima della loro entrata in vigore". | 3,742 | 218 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2844
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
( CONTE )
e dal ministro dell'economia e delle finanze
( GUALTIERI )
Conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , recante modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178
Presentato il 31 dicembre 2020
Onorevoli Deputati! — Con il presente disegno di legge il Governo chiede alle Camere la conversione in legge del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , recante modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 .
L'intervento normativo si rende necessario al fine di correggere un errore meramente tecnico e in tal modo ripristinare appieno la volontà espressa dal Parlamento durante i lavori di predisposizione della legge di bilancio.
L'articolo 1 del decreto-legge, infatti, sostituisce il comma 8 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per l'anno 2021), che dispone la stabilizzazione dell'ulteriore detrazione spettante ai titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilato, di ammontare compreso tra 28.000 euro e 40.000 euro, originariamente prevista dall' articolo 2 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3 , convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2020, n. 21 , per il solo periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2020.
In particolare, il comma 8, nel disporre che l'ulteriore detrazione compete anche negli anni successivi al 2020, non tiene conto del fatto che, a decorrere dal 2021, l'applicazione riferita all'intero anno richiede il raddoppio degli importi attuali della medesima detrazione, che sono espressamente indicati nella norma istitutiva e sono riferiti ad un semestre.
Pertanto, si ritiene necessaria l'introduzione di una norma di correzione del citato comma 8, al fine di chiarire quali sono gli importi effettivi dell'ulteriore detrazione spettanti, rispettivamente, per il secondo semestre dell'anno 2020 e a decorrere dall'anno 2021.
La nuova formulazione della disposizione è coerente con la relazione tecnica, per cui la correzione tecnica non determina effetti finanziari ulteriori rispetto a quelli già stimati per la norma contenuta nella legge di bilancio per l'anno 2021.
RELAZIONE TECNICA
( Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ).
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , recante modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 .
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale .
Decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 182 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 323 del 31 dicembre 2020.
Modifiche urgenti all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 .
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre misure correttive alla legge 30 dicembre 2020, n. 178 , recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023»;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 30 dicembre 2020;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'economia e delle finanze;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Modifiche all' articolo 1, comma 8, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 ,
recante legge di bilancio 2021)
1. Il comma 8 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 , è sostituito dal seguente:
« 8. All' articolo 2 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3 , convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2020, n. 21 , sono apportate le seguenti modifiche:
1) al comma 1, dopo la parola “spetta” sono inserite le seguenti: “, per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020,”;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente: “ 2. In vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni fiscali, l'ulteriore detrazione di cui al comma 1 spetta, per le prestazioni rese dal 1° gennaio 2021, nei seguenti importi:
a) 960 euro, aumentata del prodotto tra 240 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro;
b) 960 euro, se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 5.000 euro.”;
3) al comma 3, le parole “di cui al comma 1”, ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: “di cui ai commi 1 e 2”.» .
Articolo 2 .
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 31 dicembre 2020
MATTARELLA
Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Gualtieri, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Bonafede | D.L. 182/2020: Stabilizzazione detrazione lavoro dipendente
Contenuto
Il decreto in esame sostituisce le norme in materia di stabilizzazione della detrazione spettante ai percettori di reddito di lavoro dipendente e di talune fattispecie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente prevista, per il solo secondo semestre 2020 , dall'articolo 2 del decreto legge 5 febbraio 2020, n. 3 e resa permanete dall'articolo 1, comma 8, dellalegge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021).
Nel corso dell'esame parlamentare della legge di bilancio 2021 è infatti emerso che il sopra citato comma 8, nella sua formulazione originaria, non teneva conto, ai fini della stabilizzazione della misura, che gli importi della detrazione previsti per garantire il medesimo beneficio mensile dovevano essere raddoppiati rispetto a quanto stabilito dalla disposizione istitutiva dell'agevolazione, che ne prevedeva l'applicazione per il solo secondo semestre del 2020. Pertanto, l'intervento correttivo previsto dalla disposizione in esame si è reso necessario per chiarire gli importi effettivi dell'ulteriore detrazione spettanti, rispettivamente, per il secondo semestre dell'anno 2020 e a decorrere dal 2021.
Il decreto si compone di due articoli.
Articolo 1 - Stabilizzazione detrazione lavoro dipendente
Come sopra ricordato, l' articolo 2 del decreto legge n. 3 del 2020 istituisce una detrazione dall'imposta lorda sul reddito delle persone fisiche , spettante ai titolari di redditi di lavoro dipendente, con esclusione delle pensioni, e ai titolari di specifiche categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. L' importo della detrazione è pari a 600 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce linearmente fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 40.000 euro. La detrazione avrebbe dovuto avere carattere temporaneo , limitatamente alle prestazioni rese nel semestre dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni.
La detrazione spetta ai medesimi soggetti destinatari del trattamento integrativo di cui all'articolo 1 del citato decreto legge n. 3 del 2020. Tale articolo dispone, in sostituzione del bonus 80 euro , contestualmente abrogato, a partire dalla seconda metà dell'anno 2020, il riconoscimento di una somma a titolo di trattamento integrativo in favore dei percettori delle stesse tipologie di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati relativi al bonus 80 euro, sempreché l'imposta lorda sia di importo superiore a quello della detrazione spettante per lavoro dipendente e assimilati (ai sensi dell'articolo 13, comma 1, TUIR). Il trattamento integrativo spetta soltanto se il reddito complessivo non è superiore a 28.000 euro ed è pari a 1.200 euro in ragione annua a decorrere dal 2021, mentre è pari a 600 euro per l'anno 2020.
I soggetti beneficiari sono:
i titolari di redditi di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917-TUIR), con esclusione delle pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparati (comma 2, lettera a ) del medesimo articolo 49 del TUIR);
i titolari di specifiche categorie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 50 del TUIR) ovvero per:
i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);
le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (lettera b) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);
le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);
le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (lettera c- bis ) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);
le remunerazioni dei sacerdoti, nonché le congrue e i supplementi di congrua (lettera d) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);
le prestazioni derivanti dall'adesione a forme pensionistiche complementari (lettera h-bis ) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR);
i compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative ( lettera l ) del comma 1 dell'articolo 50 del TUIR).
L'importo della detrazione dipende dal reddito complessivo ed è determinato sulla base di due diverse equazioni:
fra 28.000 e 35.000 euro l'importo è pari a: per r = reddito complessivo;
fra 35.000 e 40.000 euro l'importo è pari a: per r = reddito complessivo.
Di conseguenza, l'importo della detrazione è pari a 600 euro in corrispondenza di un reddito complessivo di 28.000 euro e decresce linearmente fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 40.000 euro.
Per una ricostruzione dettagliata della norma si rinvia al dossier Misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Il comma 8 della legge di bilancio 2021, modificando la previgente disciplina, stabilisce l'applicazione a regime della richiamata misura agevolativa. La norma infatti dispone che, nelle more di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni fiscali, la detrazione spetta per le prestazioni rese a decorrere dal 1° luglio 2020 (e non più solo per le prestazioni rese dal 1°luglio 2020 al 31 dicembre 2020 ). Tuttavia, la disposizione, come sopra ricordato, non tiene conto del fatto che, a decorrere dal 2021, l'applicazione riferita all'intero anno richiede il raddoppio degli importi attuali della medesima detrazione , che sono espressamente indicati nella norma istitutiva e sono riferiti ad un semestre. Pertanto, la modifica introdotta dall'articolo 1 in commento è volta a chiarire quali sono gli importi effettivi dell'ulteriore detrazione spettanti, rispettivamente, per il secondo semestre dell'anno 2020 e a decorrere dal 2021.
Si segnala che la necessità di tale correzione è emersa in sede di esame della legge di bilancio 2021 al Senato, allorché il Viceministro dell'economia e delle finanze, Antonio Misiani - rispondendo ai quesiti posti da alcuni senatori in relazione ad una correzione da apportare alla legge di bilancio - rilevava che il comma 8, come formulato nel disegno di legge di bilancio, modificava il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 3 del 2020, facendo però riferimento per la decorrenza del termine al solo secondo semestre anziché all'intero anno (per consultare l'intervento completo del Viceministro si legga il resoconto stenografico della seduta del 29 dicembre 2020). Tuttavia, i ristretti tempi per l'approvazione della legge di bilancio non hanno consentito la correzione, che avrebbe richiesto un rinvio del provvedimento alla Camera dei deputati per una nuova lettura.
Occorre peraltro precisare che la relazione tecnica del ddl di bilancio originariamente presentata alla Camera era già, correttamente, riferita all'intero importo della detrazione, che risultava quindi provvisto dell'adeguata copertura finanziaria. Per tale motivo, la modifica in esame non necessita di nuove coperture.
L' articolo 1 del decreto-legge in esame, conseguentemente, sostituisce interamente il richiamato comma 8.
In particolare, la nuova disposizione (comma 1, numero 1) ) modifica il comma 1 del citato articolo 2 del decreto-legge 5 febbraio 2020, n. 3, precisando che la detrazione introdotta spetta nella misura degli importi indicati nel medesimo comma (sopra menzionati) esclusivamente per le prestazioni rese dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020.
Con la modifica introdotta dal numero 2) viene specificato che per le prestazioni rese a decorrere dal 1° gennaio 2021 l'agevolazione spetta nei seguenti importi ( raddoppiati rispetto a quelli previsti nel solo secondo semestre 2020 dal comma 1):
960 euro , aumentati del prodotto tra 240 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 35.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 35.000 euro;
960 euro , se il reddito complessivo è superiore a 35.000 euro ma non a 40.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 5.000 euro.
Si segnala che la modifica in esame, come anche sottolineato nella relazione tecnica, non determina effetti finanziari di copertura rispetto a quelli già stimati nella legge di bilancio 2021, in quanto l'impegno finanziario legato all'attuazione della detrazione a regime è stato stimato correttamente.
L' articolo 2 disciplina l' entrata in vigore del provvedimento (giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale). | 5,220 | 219 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3157
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA, IN UN TESTO UNIFICATO,
DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 9 giugno 2021 (v. stampati Senato nn. 1443-1521)
d'iniziativa dei senatori RUFA, ROMEO, ARRIGONI, AUGUSSORI, BAGNAI, BARBARO, BERGESIO, BORGHESI, SIMONE BOSSI, BRIZIARELLI, BRUZZONE, CALDEROLI, CAMPARI, CANDURA, CANTÙ, CASOLATI, DE VECCHIS, FAGGI, FERRERO, FREGOLENT, FUSCO, IWOBI, LUNESU, MARIN, MARTI, MONTANI, NISINI, OSTELLARI, PAPAEVANGELIU, PAZZAGLINI, EMANUELE PELLEGRINI, PEPE, PERGREFFI, PIANASSO, PILLON, PIROVANO, PIETRO PISANI, PITTONI, PIZZOL, PUCCIARELLI, RIPAMONTI, RIVOLTA, SAPONARA, SAVIANE, SBRANA, SIRI, TESEI, TOSATO, VALLARDI, VESCOVI, ZULIANI; RUFA, SALVINI, ROMEO, CANDIANI, CENTINAIO, STEFANI, BORGONZONI, CALDEROLI, ARRIGONI, AUGUSSORI, BAGNAI, BARBARO, BERGESIO, BORGHESI, SIMONE BOSSI, BRIZIARELLI, BRUZZONE, CAMPARI, CANDURA, CANTÙ, CASOLATI, CORTI, DE VECCHIS, FAGGI, FERRERO, FREGOLENT, FUSCO, IWOBI, LUNESU, MARIN, MARTI, MONTANI, NISINI, OSTELLARI, PAZZAGLINI, EMANUELE PELLEGRINI, PEPE, PERGREFFI, PIANASSO, PILLON, PIROVANO, PIETRO PISANI, PITTONI, PIZZOL, PUCCIARELLI, RIPAMONTI, RIVOLTA, SAPONARA, SAVIANE, SBRANA, SIRI, TESEI, TOSATO, VALLARDI, VESCOVI, ZULIANI
Modifiche alla disciplina dell'istituto del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 9 giugno 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. All' articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111 , dopo la lettera e) è aggiunta, in fine, la seguente:
« e - bis) finanziamento del fondo di assistenza per il personale in servizio del Corpo della guardia di finanza o della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o del Corpo di polizia penitenziaria o dell'Esercito o della Marina militare o dell'Aeronautica militare, nonché per il sostegno, l'assistenza e per attività a favore di congiunti di appartenenti alle rispettive amministrazioni deceduti per causa di servizio o in servizio».
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare con le procedure e le finalità di cui all' articolo 4 del citato decreto legislativo n. 111 del 2017 , su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa e il Ministro della giustizia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri di riparto della quota del cinque per mille di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e-bis) , del decreto legislativo n. 111 del 2017 , ai sensi dell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo. Agli enti beneficiari si applicano le disposizioni di cui all' articolo 8 del decreto legislativo n. 111 del 2017 .
Art. 2.
1. Le disposizioni di cui all'articolo 1 si applicano a decorrere dall'anno 2021, con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa all'anno di imposta 2020.
2. All'attuazione delle disposizioni della presente legge, a decorrere dall'anno 2021, si provvede nel limite delle risorse del fondo di cui all' articolo 1, comma 154, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 , senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. | Modifiche alla disciplina dell'istituto del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111
Finalità
La proposta, di iniziativa parlamentare, concerne modifiche alla disciplina dell'istituto del cinque per mille dell'IRPEF, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111.
Il decreto legislativo n. 111 del 2017 reca la disciplina dell'istituto del cinque per mille IRPEF. Tra l'altro, l'art. 3, co. 1, individua le seguenti finalità cui i contribuenti possono destinare la quota della loro imposta:
a) sostegno degli enti del terzo settore, regolarmente iscritti nell'apposito registro;
b) finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;
c) finanziamento della ricerca sanitaria;
d) sostegno delle attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;
e) sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche, riconosciute ai fini sportivi dal CONI, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.
La proposta non è corredata di relazione tecnica.
È oggetto della presente Nota il testo approvato in prima lettura dal Senato (AS 1443, elaborato dalla 6^ Commissione del Senato, che ha concluso l'esame in sede redigente nella seduta del 18 giugno 2020) e trasmesso alla Camera.
Nel corso dell'esame presso la Commissione Bilancio del Senato, il Governo ha depositato una Nota tecnica (seduta del 10 giugno 2020) nella quale viene evidenziata l'opportunità di riformulare l'articolo 2, comma 2 come segue: "All'attuazione delle disposizioni della presente legge, a decorrere dall'anno 2021, si provvede nel limite delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1, comma 154, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.". Tale riformulazione, oggetto di una condizione posta ai sensi dell'art. 81 Cost dalla Commissione Bilancio medesima, è recepita nel testo in esame.
Nella presente Nota sono riportate sinteticamente le disposizioni della proposta che presentano profili di carattere finanziario. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica degli effetti finanziari.
Analisi degli effetti finanziari
Articoli 1-2 della proposta
L' articolo 1, modificando l'articolo 3 del d.lgs. n. 111 del 2017, inserisce tre le finalità cui i contribuenti possono destinare il cinque per mille IRPEF, il finanziamento del fondo di assistenza per il personale in servizio del Corpo della guardia di finanza o della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri o del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o del Corpo di polizia penitenziaria o dell'Esercito o della Marina militare o dell'Aeronautica militare, nonché per il sostegno, l'assistenza e per attività a favore di congiunti di appartenenti alle rispettive amministrazioni deceduti per causa di servizio o in servizio.
L'articolo 2 dispone che all'attuazione delle disposizioni di cui al provvedimento in esame, a decorrere dal 2021, si provvede, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel limite dell'autorizzazione di spesa complessiva prevista dall'articolo 1, comma 154, della legge n. 190 del 2014.
L'art. 1, co. 154, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) stabilisce, tra l'altro, che per la liquidazione della quota del cinque per mille è autorizzata la spesa di 525 milioni annui a decorrere dall'anno 2022 (per le annualità precedenti sono stati autorizzati altri importi) e che eventuali somme non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno possono esserlo nell'anno successivo.
In merito ai profili di quantificazione, non si hanno osservazioni da formulare tenuto conto che il provvedimento inserisce una ulteriore finalità cui i contribuenti possono destinare il cinque per mille IRPEF, ferma restando l'autorizzazione di spesa complessiva prevista dall'articolo 1, comma 154, della legge n. 190 del 2014.
Per quanto concerne, invece, la decorrenza dell'applicazione delle disposizioni, si evidenzia che il testo dispone che queste si applichino a decorrere dal 2021, con riferimento alla dichiarazione dei redditi 2020: circa tale profilo, cui è correlata la copertura finanziaria, si rinvia alla successiva parte.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si rileva che - secondo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 2, come modificato nel corso dell'esame presso il Senato su richiesta espressa del rappresentante del Governo - all'attuazione delle disposizioni della presente proposta di legge, a decorrere dall'anno 2021, si provvede nel limite delle risorse del fondo di cui all'articolo 1, comma 154, della legge n. 190 del 2014, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
In proposito, si rammenta che tale ultima disposizione ha autorizzato la spesa di 500 milioni di euro annui per il periodo 2015-2019, di 510 milioni di euro per l'anno 2020, di 520 milioni di euro per l'anno 2021 e di 525 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022 per la liquidazione della quota del cinque per mille, stabilendo altresì che le somme non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno possano esserlo nell'esercizio successivo. Si ricorda, inoltre, che il predetto Fondo risulta allocato sul capitolo 3094[1] dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
Ciò posto, si rileva tuttavia che - in considerazione del tempo trascorso dall'approvazione in prima lettura del testo da parte del Senato, licenziato nel mese di giugno 2021 - appare necessario modificare i commi 1 e 2 dell'articolo 2, nel senso di differire la decorrenza dell'applicazione delle disposizioni in esame a far data dall'anno 2022, con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa all'anno di imposta 2021, conseguentemente adeguando la clausola di copertura finanziaria, nel presupposto che l'iter legislativo del provvedimento si concluda comunque in tempo utile rispetto alle scadenze previste per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi riferite al periodo d'imposta dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021. Sul punto, si richiede pertanto l'avviso del Governo.
[1] Detto capitolo è denominato "Fondo corrispondente a quota parte dell'importo del 5 per mille del gettito IRPEF da utilizzare per il sostegno del volontariato, per il finanziamento della ricerca scientifica, della ricerca sanitaria e dell'università, nonché per attività sociali svolte dai comuni di residenza dei contribuenti". | 3,486 | 221 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2805 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2805
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 25 novembre 2020 (v. stampato Senato n. 1762)
d'iniziativa dei senatori
VALENTE, RAUTI, CONZATTI, LEONE, RIZZOTTI, ANGRISANI, CASOLATI, DE LUCIA, FANTETTI, GINETTI, LAFORGIA, MAIORINO, MATRISCIANO, PAPATHEU, GIUSEPPE PISANI, RAMPI, RUFA, UNTERBERGER, VONO, PIETRO PISANI
Disposizioni in materia di statistiche in tema
di violenza di genere
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 26 novembre 2020
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La presente legge è volta a garantire un flusso informativo adeguato per cadenza e contenuti sulla violenza di genere contro le donne al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno.
Art. 2.
(Obblighi generali di rilevazione)
1. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 3 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , al fine di supportare le politiche e le azioni di contrasto alla violenza di genere, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità per la conduzione di indagini campionarie si avvale dei dati e delle rilevazioni effettuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e dal Sistema statistico nazionale (SISTAN). L'ISTAT e il SISTAN realizzano, con cadenza triennale, un'indagine campionaria interamente dedicata alla violenza contro le donne che produca stime anche sulla parte sommersa dei diversi tipi di violenza, ossia violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, anche alla presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime, e atti persecutori in riferimento a comportamenti che costituiscono o contribuiscono a costituire reato, fino al livello regionale. L'ISTAT e il SISTAN pubblicano gli esiti di tale indagine e li trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità.
2. Spetta al Ministro con delega per le pari opportunità il potere di indirizzo in merito all'individuazione delle esigenze di rilevazione statistica in materia di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne. I quesiti per la raccolta dei dati sono quelli impiegati nella più recente indagine sulla sicurezza delle donne effettuata dall'ISTAT. Qualora vengano ravvisate nuove esigenze informative per una migliore comprensione e analisi del fenomeno e per l'individuazione di più efficaci misure per il contrasto della violenza contro le donne, i quesiti di cui al periodo precedente possono essere integrati dall'ISTAT, anche su indirizzo della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, con appositi provvedimenti. I quesiti sulla violenza psicologica ed economica per le donne che intrattengano una relazione di coppia devono essere integrati anche con domande relative alla presenza di figli minori di età ovvero alla presenza in casa di figli minori di età. Con riguardo alla relazione autore-vittima l'elenco del set minimo di modalità che devono essere previste nelle rilevazioni dell'ISTAT è il seguente: 1. coniuge/convivente; 2. fidanzato; 3. ex coniuge/ex convivente; 4. ex fidanzato; 5. altro parente; 6. collega/datore di lavoro; 7. conoscente/amico; 8. cliente; 9. vicino di casa; 10. compagno di scuola; 11. insegnante o persona che esercita un'attività di cura e/o custodia; 12. medico o operatore sanitario; 13. persona sconosciuta alla vittima; 14. altro; 15. autore non identificato.
3. La relazione annuale di cui all'articolo 5- bis , comma 7, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , è integrata dai dati e dalle informazioni derivanti dall'indagine di cui al comma 1 al momento disponibili nonché dalle indagini di cui all'articolo 7, comma 1. Restano fermi il divieto di comunicazione delle informazioni coperte dal segreto investigativo e quello di cui all' articolo 9 della legge 1° ; aprile 1981, n. 121.
4. Gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale, inserita nel programma statistico nazionale, di cui all' articolo 13 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 , hanno l'obbligo di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale e di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne.
5. Le informazioni statistiche ufficiali sono prodotte in modo da assicurare:
a) la disaggregazione e l'uguale visibilità dei dati relativi a donne e uomini;
b) l'uso di indicatori sensibili al genere.
6. L'ISTAT assicura l'attuazione delle disposizioni del presente articolo da parte dei soggetti costituenti il SISTAN, anche mediante direttive del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica, e provvede all'adeguamento della modulistica necessaria all'adempimento da parte delle amministrazioni pubbliche degli obblighi relativi alla raccolta delle informazioni statistiche.
Art. 3.
(Relazione al Parlamento sull'attività
dell'ISTAT)
1. La relazione al Parlamento sull'attività dell'ISTAT, di cui all' articolo 24 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 , è integrata da una relazione sull'attuazione dell'articolo 2.
Art. 4.
(Strutture sanitarie e rilevazioni dati)
1. Tutte le strutture sanitarie pubbliche e in particolare le unità operative di pronto soccorso hanno l'obbligo di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne.
2. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro con delega per le pari opportunità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate le opportune modifiche al sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria in emergenza-urgenza, di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 17 dicembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2009, anche sulla base dell'aggiornamento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2018, recante le linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, al fine di assicurare che il sistema informativo sia integrato con un set di informazioni utili per la rilevazione della violenza di genere contro le donne. In particolare le informazioni statistiche devono essere prodotte assicurando l'individuazione della relazione tra autore e vittima del reato secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2 e rilevando:
a) la tipologia di violenza, fisica, sessuale, psicologica o economica, esercitata sulla vittima;
b) se la violenza è commessa in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime e se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori;
c) gli indicatori di rischio di revittimizzazione previsti dall'allegato B al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017 , facendo salva la garanzia di anonimato delle vittime.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono alla relativa attuazione con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 5.
(Rilevazioni statistiche del Ministero dell'interno e del Ministero della giustizia)
1. Al fine di approfondire ulteriormente l'analisi dei fenomeni di cui all'articolo 1, il Ministero dell'interno provvede, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a dotare il Centro elaborazione dati di cui all' articolo 8 della legge 1° ; aprile 1981, n. 121, di funzionalità che consentano di rilevare con riguardo ai reati di cui al comma 3 ogni eventuale ulteriore informazione utile a definire la relazione autore-vittima, secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2, nonché, ove noti: l'età e il genere degli autori e delle vittime; le informazioni sul luogo dove il fatto è avvenuto; la tipologia di arma eventualmente utilizzata; se la violenza è commessa in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime; se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori.
2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia individua le modalità e le informazioni fondamentali per monitorare, anche mediante i propri sistemi informativi, il fenomeno della violenza contro le donne e necessarie per ricostruire il rapporto tra l'autore e la vittima di reato, con riguardo ai procedimenti relativi ai reati di cui al comma 3.
3. La relazione autore-vittima, secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2, è rilevata per i seguenti reati:
a) omicidio anche tentato di cui all' articolo 575 del codice penale anche nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale ;
b) percosse di cui all' articolo 581 del codice penale ;
c) lesioni personali di cui all' articolo 582 del codice penale anche nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 583 e 585 del codice penale ;
d) violenza sessuale di cui all'articolo 609- bis del codice penale anche nelle ipotesi aggravate di cui all'articolo 609- ter del codice penale e violenza sessuale di gruppo di cui all'articolo 609- octies del codice penale ;
e) atti sessuali con minorenne di cui all'articolo 609- quater del codice penale e corruzione di minorenne di cui all'articolo 609- quinquies del codice penale ;
f) maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all' articolo 572 del codice penale ;
g) atti persecutori di cui all'articolo 612- bis del codice penale ;
h) diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, di cui all'articolo 612- ter del codice penale ;
i) violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa di cui all'articolo 387- bis del codice penale ;
l) costrizione o induzione al matrimonio di cui all'articolo 558- bis del codice penale ;
m) pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili di cui all'articolo 583- bis del codice penale ;
n) deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso di cui all'articolo 583- quinquies del codice penale ;
o) interruzione di gravidanza non consensuale di cui all'articolo 593- ter del codice penale ;
p) sequestro di persona di cui all' articolo 605 del codice penale ;
q) violenza privata di cui all' articolo 610 del codice penale ;
r) violazione di domicilio di cui all' articolo 614 del codice penale ;
s) violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all' articolo 570 del codice penale e violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio di cui all'articolo 570- bis del codice penale ;
t) prostituzione minorile di cui all'articolo 600- bis del codice penale ;
u) abbandono di persona minore o incapace di cui all' articolo 591 del codice penale ;
v) danneggiamento di cui all' articolo 635 del codice penale ;
z) estorsione di cui all' articolo 629 del codice penale ;
aa) minaccia di cui all' articolo 612 del codice penale ;
bb) favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di cui all' articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 ;
cc) circonvenzione di incapace di cui all' articolo 643 del codice penale ;
dd) tratta di persone di cui all' articolo 601 del codice penale .
4. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'interno e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, è istituito un sistema interministeriale di raccolta dati nel quale sono censite le principali informazioni relative ai reati di cui al comma 3. Tale sistema è alimentato dalle amministrazioni interessate, che garantiscono l'inserimento e la raccolta in maniera integrata dei dati.
5. Il sistema di raccolta dati di cui al comma 4 raccoglie, inoltre, per ogni donna vittima di violenza, in ogni grado del procedimento giudiziario, le informazioni su denunce, misure di prevenzione applicate dal questore o dall'autorità giudiziaria, misure precautelari, misure cautelari, ordini di protezione e misure di sicurezza, i provvedimenti di archiviazione e le sentenze.
6. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 3, comma 3, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , il Ministero dell'interno comunica all'ISTAT e alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, previa anonimizzazione e con cadenza periodica almeno semestrale, i dati immessi nel Centro elaborazione dati ai sensi del comma 1.
Art. 6.
(Rilevazioni del Ministero della giustizia)
1. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate modifiche al regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale , di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia 30 settembre 1989, n. 334, in relazione alla disciplina del registro delle notizie di reato di cui all' articolo 335 del codice di procedura penale , al fine di prevedere, con riguardo ai reati di cui all'articolo 5, comma 3, l'inserimento dei dati relativi alla relazione autore-vittima del reato secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2 e di quelli relativi alle caratteristiche di età e genere degli autori e delle vittime, alla presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime, ai luoghi in cui è avvenuto il fatto e all'eventuale tipologia di arma utilizzata.
2. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5, con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate modifiche al sistema di rilevazione dei dati del medesimo Ministero volte a prevedere:
a) con riguardo agli indagati e agli imputati, nonché alla persona offesa e alla parte civile nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 5, comma 3, l'indicazione dell'eventuale nomina di un difensore di fiducia o d'ufficio e dell'eventuale richiesta di accesso e del conseguente provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76, comma 4 -ter, del testo unico in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ;
b) con riguardo agli indagati e agli imputati, la rilevazione di dati relativi a precedenti condanne a pene detentive e alla qualifica di recidivo.
Art. 7.
(ISTAT e centri antiviolenza)
1. Al fine di supportare le politiche e le azioni di contrasto alla violenza di genere, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità si avvale dell'ISTAT e del SISTAN, i quali realizzano indagini sui centri antiviolenza e sulle case rifugio accreditati e non accreditati, con dati distinti a seconda dell'accreditamento o meno del centro o della casa rifugio e disaggregati per regioni e province autonome di Trento e di Bolzano anche ai fini della relazione di cui all'articolo 2. Le indagini devono evidenziare:
a) le caratteristiche dell'utenza che a essi si rivolge, garantendo l'anonimato dei dati, ivi inclusa la relazione autore-vittima;
b) la tipologia di violenza subita, ossia violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, o in presenza dei figli degli autori o delle vittime, o consistente in atti persecutori;
c) il numero e le tipologie di interventi di assistenza fornita.
2. I dati rilevati nell'ambito delle indagini di cui al comma 1 sono trasmessi alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano e agli enti locali che ne fanno richiesta.
3. Al fine di non gravare sull'attività dei centri antiviolenza e delle case rifugio, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, fatte salve le loro competenze e la possibilità di effettuare autonome rilevazioni sul fenomeno della violenza, utilizzano i dati disaggregati su base territoriale raccolti dall'ISTAT per le indagini periodiche di cui al comma 1. | Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere
Contenuto
La proposta di legge è volta a disciplinare la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, al fine di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo.
A tal fine il testo:
introduce l'obbligo per gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, nonché di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne ;
introduce l'obbligo per tutte le strutture sanitarie pubbliche e in particolare le unità operative di pronto soccorso di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne;
istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato;
prevede che alle rilevazioni concernenti specifici reati siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato , la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione di due appositi decreti del Ministro della giustizia;
perfeziona, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e i servizi offerti rispettivamente dai Centri antiviolenza e dalle case rifugio.
L' articolo 1 esplicita le finalità della proposta di legge, ovvero la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, con il precipuo scopo di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo.
L' articolo 2 detta disposizioni concernenti l'informazione statistica ufficiale sulla violenza di genere, nonché alcuni obblighi generali di rilevazione e raccolta delle informazioni statistiche. In particolare, i commi da 1 a 3 intervengono in tema di supporto statistico e informativo da parte degli organi del Sistema statistico nazionale (SISTAN) nell'ambito delle politiche e azioni di contrasto alla violenza di genere condotte dal Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. I successivi commi da 4 a 6 dettano disposizioni relative alla dimensione di genere degli obblighi di informazione statistica e delle conseguenti rilevazioni.
L' articolo 3 stabilisce che in merito all'attuazione dell'articolo 2 venga predisposta una relazione quale integrazione della Relazione annuale al Parlamento che, ai sensi dell'art. 24, comma 1, del d.lgs. n. 322 del 1989, il Presidente del Consiglio dei Ministri trasmette annualmente sulle attività svolte dall'Istat e dagli altri enti operanti nel Sistema statistico nazionale (Sistan) nel corso dell'anno precedente.
L' articolo 4 obbliga tutte le strutture sanitarie pubbliche e in particolare le unità operative di pronto soccorso a fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne.
L 'articolo 5 istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne, con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato.
L' articolo 6 prevede che alle rilevazioni concernenti i reati per i quali è ritenuta necessaria la ricostruzione del rapporto tra l'autore e la vittima (elencati all'art. 5, comma 3) siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati, secondo quanto disposto dagli articoli precedenti, i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato, la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione di due appositi decreti del Ministro della giustizia.
L' articolo 7 intende perfezionare, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e i servizi offerti rispettivamente dai Centri antiviolenza e dalle case rifugio. In particolare, il comma 3 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, fatte salve le loro competenze e la possibilità di effettuare autonome rilevazioni sul fenomeno della violenza, utilizzino i dati disaggregati su base territoriale raccolti dall'ISTAT per le indagini periodiche sui centri antiviolenza e sulle case rifugio accreditati e non accreditati, di cui si avvale la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità al fine di supportare le politiche e le azioni di contrasto alla violenza di genere.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento appare principalmente riconducibile alla materia di esclusiva competenza statale coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (articolo 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione).
In proposito, si ricorda che la sentenza 139 del 2018 della Corte costituzionale ha ribadito che, in generale, la competenza statale nella materia concernente il «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale» di cui all'art. 117 , secondo comma, lettera r) concerne le disposizioni "strumentali per assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione" (come già evidenziato, fra le altre, nelle sentenze n. 23 del 2014, n. 46 del 2013, n. 284 e n. 251 del 2016). | 7,069 | 233 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-2805 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 2805
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 25 novembre 2020 (v. stampato Senato n. 1762)
d'iniziativa dei senatori
VALENTE, RAUTI, CONZATTI, LEONE, RIZZOTTI, ANGRISANI, CASOLATI, DE LUCIA, FANTETTI, GINETTI, LAFORGIA, MAIORINO, MATRISCIANO, PAPATHEU, GIUSEPPE PISANI, RAMPI, RUFA, UNTERBERGER, VONO, PIETRO PISANI
Disposizioni in materia di statistiche in tema
di violenza di genere
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 26 novembre 2020
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità)
1. La presente legge è volta a garantire un flusso informativo adeguato per cadenza e contenuti sulla violenza di genere contro le donne al fine di progettare adeguate politiche di prevenzione e contrasto e di assicurare un effettivo monitoraggio del fenomeno.
Art. 2.
(Obblighi generali di rilevazione)
1. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 3 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , al fine di supportare le politiche e le azioni di contrasto alla violenza di genere, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità per la conduzione di indagini campionarie si avvale dei dati e delle rilevazioni effettuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e dal Sistema statistico nazionale (SISTAN). L'ISTAT e il SISTAN realizzano, con cadenza triennale, un'indagine campionaria interamente dedicata alla violenza contro le donne che produca stime anche sulla parte sommersa dei diversi tipi di violenza, ossia violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, anche alla presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime, e atti persecutori in riferimento a comportamenti che costituiscono o contribuiscono a costituire reato, fino al livello regionale. L'ISTAT e il SISTAN pubblicano gli esiti di tale indagine e li trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità.
2. Spetta al Ministro con delega per le pari opportunità il potere di indirizzo in merito all'individuazione delle esigenze di rilevazione statistica in materia di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne. I quesiti per la raccolta dei dati sono quelli impiegati nella più recente indagine sulla sicurezza delle donne effettuata dall'ISTAT. Qualora vengano ravvisate nuove esigenze informative per una migliore comprensione e analisi del fenomeno e per l'individuazione di più efficaci misure per il contrasto della violenza contro le donne, i quesiti di cui al periodo precedente possono essere integrati dall'ISTAT, anche su indirizzo della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, con appositi provvedimenti. I quesiti sulla violenza psicologica ed economica per le donne che intrattengano una relazione di coppia devono essere integrati anche con domande relative alla presenza di figli minori di età ovvero alla presenza in casa di figli minori di età. Con riguardo alla relazione autore-vittima l'elenco del set minimo di modalità che devono essere previste nelle rilevazioni dell'ISTAT è il seguente: 1. coniuge/convivente; 2. fidanzato; 3. ex coniuge/ex convivente; 4. ex fidanzato; 5. altro parente; 6. collega/datore di lavoro; 7. conoscente/amico; 8. cliente; 9. vicino di casa; 10. compagno di scuola; 11. insegnante o persona che esercita un'attività di cura e/o custodia; 12. medico o operatore sanitario; 13. persona sconosciuta alla vittima; 14. altro; 15. autore non identificato.
3. La relazione annuale di cui all'articolo 5- bis , comma 7, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , è integrata dai dati e dalle informazioni derivanti dall'indagine di cui al comma 1 al momento disponibili nonché dalle indagini di cui all'articolo 7, comma 1. Restano fermi il divieto di comunicazione delle informazioni coperte dal segreto investigativo e quello di cui all' articolo 9 della legge 1° ; aprile 1981, n. 121.
4. Gli uffici, gli enti, gli organismi e i soggetti pubblici e privati che partecipano all'informazione statistica ufficiale, inserita nel programma statistico nazionale, di cui all' articolo 13 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 , hanno l'obbligo di fornire i dati e le notizie per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale e di rilevare, elaborare e diffondere i dati relativi alle persone disaggregati per uomini e donne.
5. Le informazioni statistiche ufficiali sono prodotte in modo da assicurare:
a) la disaggregazione e l'uguale visibilità dei dati relativi a donne e uomini;
b) l'uso di indicatori sensibili al genere.
6. L'ISTAT assicura l'attuazione delle disposizioni del presente articolo da parte dei soggetti costituenti il SISTAN, anche mediante direttive del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica, e provvede all'adeguamento della modulistica necessaria all'adempimento da parte delle amministrazioni pubbliche degli obblighi relativi alla raccolta delle informazioni statistiche.
Art. 3.
(Relazione al Parlamento sull'attività
dell'ISTAT)
1. La relazione al Parlamento sull'attività dell'ISTAT, di cui all' articolo 24 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 , è integrata da una relazione sull'attuazione dell'articolo 2.
Art. 4.
(Strutture sanitarie e rilevazioni dati)
1. Tutte le strutture sanitarie pubbliche e in particolare le unità operative di pronto soccorso hanno l'obbligo di fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne.
2. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro con delega per le pari opportunità e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate le opportune modifiche al sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria in emergenza-urgenza, di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 17 dicembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2009, anche sulla base dell'aggiornamento del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2018, recante le linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, al fine di assicurare che il sistema informativo sia integrato con un set di informazioni utili per la rilevazione della violenza di genere contro le donne. In particolare le informazioni statistiche devono essere prodotte assicurando l'individuazione della relazione tra autore e vittima del reato secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2 e rilevando:
a) la tipologia di violenza, fisica, sessuale, psicologica o economica, esercitata sulla vittima;
b) se la violenza è commessa in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime e se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori;
c) gli indicatori di rischio di revittimizzazione previsti dall'allegato B al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017 , facendo salva la garanzia di anonimato delle vittime.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono alla relativa attuazione con le sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 5.
(Rilevazioni statistiche del Ministero dell'interno e del Ministero della giustizia)
1. Al fine di approfondire ulteriormente l'analisi dei fenomeni di cui all'articolo 1, il Ministero dell'interno provvede, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a dotare il Centro elaborazione dati di cui all' articolo 8 della legge 1° ; aprile 1981, n. 121, di funzionalità che consentano di rilevare con riguardo ai reati di cui al comma 3 ogni eventuale ulteriore informazione utile a definire la relazione autore-vittima, secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2, nonché, ove noti: l'età e il genere degli autori e delle vittime; le informazioni sul luogo dove il fatto è avvenuto; la tipologia di arma eventualmente utilizzata; se la violenza è commessa in presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime; se la violenza è commessa unitamente ad atti persecutori.
2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero della giustizia individua le modalità e le informazioni fondamentali per monitorare, anche mediante i propri sistemi informativi, il fenomeno della violenza contro le donne e necessarie per ricostruire il rapporto tra l'autore e la vittima di reato, con riguardo ai procedimenti relativi ai reati di cui al comma 3.
3. La relazione autore-vittima, secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2, è rilevata per i seguenti reati:
a) omicidio anche tentato di cui all' articolo 575 del codice penale anche nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del codice penale ;
b) percosse di cui all' articolo 581 del codice penale ;
c) lesioni personali di cui all' articolo 582 del codice penale anche nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 583 e 585 del codice penale ;
d) violenza sessuale di cui all'articolo 609- bis del codice penale anche nelle ipotesi aggravate di cui all'articolo 609- ter del codice penale e violenza sessuale di gruppo di cui all'articolo 609- octies del codice penale ;
e) atti sessuali con minorenne di cui all'articolo 609- quater del codice penale e corruzione di minorenne di cui all'articolo 609- quinquies del codice penale ;
f) maltrattamenti contro familiari e conviventi di cui all' articolo 572 del codice penale ;
g) atti persecutori di cui all'articolo 612- bis del codice penale ;
h) diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, di cui all'articolo 612- ter del codice penale ;
i) violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa di cui all'articolo 387- bis del codice penale ;
l) costrizione o induzione al matrimonio di cui all'articolo 558- bis del codice penale ;
m) pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili di cui all'articolo 583- bis del codice penale ;
n) deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso di cui all'articolo 583- quinquies del codice penale ;
o) interruzione di gravidanza non consensuale di cui all'articolo 593- ter del codice penale ;
p) sequestro di persona di cui all' articolo 605 del codice penale ;
q) violenza privata di cui all' articolo 610 del codice penale ;
r) violazione di domicilio di cui all' articolo 614 del codice penale ;
s) violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all' articolo 570 del codice penale e violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio di cui all'articolo 570- bis del codice penale ;
t) prostituzione minorile di cui all'articolo 600- bis del codice penale ;
u) abbandono di persona minore o incapace di cui all' articolo 591 del codice penale ;
v) danneggiamento di cui all' articolo 635 del codice penale ;
z) estorsione di cui all' articolo 629 del codice penale ;
aa) minaccia di cui all' articolo 612 del codice penale ;
bb) favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di cui all' articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75 ;
cc) circonvenzione di incapace di cui all' articolo 643 del codice penale ;
dd) tratta di persone di cui all' articolo 601 del codice penale .
4. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro dell'interno e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, è istituito un sistema interministeriale di raccolta dati nel quale sono censite le principali informazioni relative ai reati di cui al comma 3. Tale sistema è alimentato dalle amministrazioni interessate, che garantiscono l'inserimento e la raccolta in maniera integrata dei dati.
5. Il sistema di raccolta dati di cui al comma 4 raccoglie, inoltre, per ogni donna vittima di violenza, in ogni grado del procedimento giudiziario, le informazioni su denunce, misure di prevenzione applicate dal questore o dall'autorità giudiziaria, misure precautelari, misure cautelari, ordini di protezione e misure di sicurezza, i provvedimenti di archiviazione e le sentenze.
6. Fermo restando quanto previsto dall' articolo 3, comma 3, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 , convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119 , il Ministero dell'interno comunica all'ISTAT e alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, previa anonimizzazione e con cadenza periodica almeno semestrale, i dati immessi nel Centro elaborazione dati ai sensi del comma 1.
Art. 6.
(Rilevazioni del Ministero della giustizia)
1. Con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate modifiche al regolamento per l'esecuzione del codice di procedura penale , di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia 30 settembre 1989, n. 334, in relazione alla disciplina del registro delle notizie di reato di cui all' articolo 335 del codice di procedura penale , al fine di prevedere, con riguardo ai reati di cui all'articolo 5, comma 3, l'inserimento dei dati relativi alla relazione autore-vittima del reato secondo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 2 e di quelli relativi alle caratteristiche di età e genere degli autori e delle vittime, alla presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime, ai luoghi in cui è avvenuto il fatto e all'eventuale tipologia di arma utilizzata.
2. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5, con decreto del Ministro della giustizia, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono apportate modifiche al sistema di rilevazione dei dati del medesimo Ministero volte a prevedere:
a) con riguardo agli indagati e agli imputati, nonché alla persona offesa e alla parte civile nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 5, comma 3, l'indicazione dell'eventuale nomina di un difensore di fiducia o d'ufficio e dell'eventuale richiesta di accesso e del conseguente provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76, comma 4 -ter, del testo unico in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ;
b) con riguardo agli indagati e agli imputati, la rilevazione di dati relativi a precedenti condanne a pene detentive e alla qualifica di recidivo.
Art. 7.
(ISTAT e centri antiviolenza)
1. Al fine di supportare le politiche e le azioni di contrasto alla violenza di genere, la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità si avvale dell'ISTAT e del SISTAN, i quali realizzano indagini sui centri antiviolenza e sulle case rifugio accreditati e non accreditati, con dati distinti a seconda dell'accreditamento o meno del centro o della casa rifugio e disaggregati per regioni e province autonome di Trento e di Bolzano anche ai fini della relazione di cui all'articolo 2. Le indagini devono evidenziare:
a) le caratteristiche dell'utenza che a essi si rivolge, garantendo l'anonimato dei dati, ivi inclusa la relazione autore-vittima;
b) la tipologia di violenza subita, ossia violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, o in presenza dei figli degli autori o delle vittime, o consistente in atti persecutori;
c) il numero e le tipologie di interventi di assistenza fornita.
2. I dati rilevati nell'ambito delle indagini di cui al comma 1 sono trasmessi alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano e agli enti locali che ne fanno richiesta.
3. Al fine di non gravare sull'attività dei centri antiviolenza e delle case rifugio, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, fatte salve le loro competenze e la possibilità di effettuare autonome rilevazioni sul fenomeno della violenza, utilizzano i dati disaggregati su base territoriale raccolti dall'ISTAT per le indagini periodiche di cui al comma 1. | Disposizioni in materia di statistiche in tema di violenza di genere
Contenuto
Il disegno di legge, di iniziativa parlamentare, è stato presentato al Senato della Repubblica, dove è stato approvato in prima lettura. Esso disciplina la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, al fine di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo e si compone di 7 articoli.
L' articolo 1 esplicita le finalità della proposta di legge, ovvero la raccolta di dati e informazioni sulla violenza di genere esercitata contro le donne, con il precipuo scopo di monitorare il fenomeno ed elaborare politiche che consentano di prevenirlo e contrastarlo.
L' articolo 2 detta disposizioni concernenti l'informazione statistica ufficiale sulla violenza di genere , nonché alcuni obblighi generali di rilevazione e raccolta delle informazioni statistiche. In particolare, i commi da 1 a 3 intervengono in tema di supporto statistico e informativo da parte degli organi del Sistema statistico nazionale (SISTAN) nell'ambito delle politiche e azioni di contrasto alla violenza di genere condotte dal Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Più in dettaglio, il comma 1 prevede la realizzazione a cura dell'ISTAT e del SISTAN di un'indagine campionaria con cadenza triennale interamente dedicata alla violenza contro le donne, che produca stime relative ai diversi tipi di violenza, che la medesima disposizione enuclea come violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, nonché agli atti persecutori in riferimento a comportamenti che costituiscono o contribuiscono a costituire reato, fino al livello regionale. La disposizione precisa ulteriormente che le stime devono riguardare anche la parte sommersa dei diversi tipi di violenza e anche la presenza sul luogo del fatto dei figli degli autori o delle vittime. Gli esiti di tale indagine sono pubblicati e trasmessi al Dipartimento per le pari opportunità. Il comma 2 attribuisce al "Ministro con delega per le pari opportunità" il potere di indirizzo in merito all'individuazione delle esigenze di rilevazione statistica in materia di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne. Il comma 3 dispone che la relazione al Parlamento che il Ministro per le pari opportunità presenta entro il 30 giugno di ogni anno sullo stato di utilizzo delle risorse del Fondo per le politiche di pari opportunità stanziate per il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 7, del D.L. n. 93/2013, è integrata dai dati e dalle informazioni derivanti dall'indagine campionaria sulla violenza di genere di cui al comma 1 "al momento disponibili", nonché dalle informazioni risultanti dalle indagini sui centri antiviolenza e le case rifugio accreditati, previste ai sensi del successivo comma 1 dell'articolo 7. I successivi commi da 4 a 6 dettano disposizioni relative alla dimensione di genere degli obblighi di informazione statistica e delle conseguenti rilevazioni.
L 'articolo 3 stabilisce che, in merito all'attuazione dell'articolo 2, venga predisposta una relazione quale integrazione della Relazione annuale al Parlamento che, ai sensi dell'art. 24, comma 1, del d.lgs. n. 322 del 1989, il Presidente del Consiglio dei Ministri trasmette annualmente sulle attività svolte dall'Istat e dagli altri enti operanti nel Sistema statistico nazionale (Sistan) nel corso dell'anno precedente.
L' articolo 4 obbliga tutte le strutture sanitarie pubbliche e in particolare le unità operative di pronto soccorso a fornire i dati e le notizie relativi alla violenza contro le donne. Il comma 2 dispone l' aggiornamento del sistema informativo per il monitoraggio delle prestazioni erogate nell'ambito dell'assistenza sanitaria in emergenza-urgenza ( Sistema EMUR di cui al decreto interministeriale 17 dicembre 2008) al fine di assicurare che lo stesso sia integrato con un set di informazioni utili per la rilevazione della violenza di genere contro le donne. L'aggiornamento - da definire con decreto interministeriale salute/pari opportunità/lavoro e politiche sociali da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame -, ha l'obiettivo di apportate le necessarie modifiche anche sulla base del D.P.C.M. 24 novembre 2017 recante Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza.
L' articolo 5 istituisce un sistema integrato tra i Ministeri dell'interno e della giustizia per la rilevazione dei dati riguardanti la commissione di reati ascrivibili al fenomeno della violenza contro le donne , con particolare riguardo a quei dati che consentono di ricostruire la relazione esistente tra l'autore e la vittima del reato. Il comma 3 contiene l'elenco dei reati per i quali è ritenuta necessaria la ricostruzione del rapporto tra l'autore e la vittima. Il comma 4 prevede l'istituzione, tramite un apposito decreto del Ministro della giustizia, da emanare, di concerto con il Ministro dell'interno e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del disegno di legge in esame, di un sistema interministeriale di raccolta dati , nel quale confluiscano le informazioni principali riguardanti i reati individuati al comma 3. Il sistema rileva inoltre, ai sensi del comma 5 , le informazioni su denunce, misure di prevenzione applicate dal questore o dall'autorità giudiziaria, misure precautelari, misure cautelari, ordini di protezione e misure di sicurezza, nonché i provvedimenti di archiviazione e le sentenze. Tale rilevazione deve avvenire per ogni donna vittima di violenza e per ogni grado del procedimento giudiziario. L'inserimento dei dati nel sistema avviene a cura delle amministrazioni del Ministero della giustizia e del Ministero dell'interno e deve essere svolto in maniera integrata. Il comma 6 stabilisce che i dati raccolti dal Centro elaborazione dati siano comunicati dal Ministero dell'interno, dopo essere stati resi anonimi, all'ISTAT e alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, con una periodicità almeno semestrale.
L' articolo 6 prevede che alle rilevazioni concernenti i reati indicati dall'art. 5, comma 3 siano apportate le opportune modifiche affinché vengano registrati, secondo quanto disposto dagli articoli precedenti, i dati riguardanti la relazione tra l'autore e la vittima del reato, la loro età e genere e le circostanze del reato, attraverso l'emanazione di due appositi decreti del Ministro della giustizia.
L' articolo 7 intende perfezionare, arricchendole di ulteriori dati informativi, le rilevazioni annuali condotte da Istat sulle prestazioni e i servizi offerti rispettivamente dai Centri antiviolenza e dalle case rifugio. Il comma 2 dispone che i dati rilevati nell'ambito delle indagini di cui al comma 1 siano trasmessi alle Regioni, alle Province autonome e agli enti locali che ne facciano richiesta.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e autonomie territoriali
Il provvedimento appare principalmente riconducibile alla materia di esclusiva competenza statale coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (articolo 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione).
In proposito, si ricorda che la sentenza 139 del 2018 della Corte costituzionale ha ribadito che, in generale, la competenza statale nella materia concernente il «coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale» di cui all'art. 117 , secondo comma, lettera r) concerne le disposizioni "strumentali per assicurare una comunanza di linguaggi, di procedure e di standard omogenei, in modo da permettere la comunicabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione" (come già evidenziato, fra le altre, nelle sentenze n. 23 del 2014, n. 46 del 2013, n. 284 e n. 251 del 2016). | 7,706 | 236 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3091
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 7 a COMMISSIONE PERMANENTE (ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI, RICERCA SCIENTIFICA, SPETTACOLO E SPORT) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 29 aprile 2021 (v. stampato Senato n. 2154)
d'iniziativa dei senatori
NENCINI, CANGINI, DE LUCIA, IANNONE, LANIECE, RAMPI,
SBROLLINI, VERDUCCI, SAPONARA, DE PETRIS
Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 5 maggio 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo)
1. La Repubblica riconosce il giorno 24 ottobre quale Giornata nazionale dello spettacolo, di seguito denominata «Giornata nazionale», al fine di celebrare lo spettacolo in tutte le sue forme, gli artisti e i lavoratori del settore, di promuovere lo sviluppo, la diffusione e la fruizione dello spettacolo e di riconoscere il suo ruolo sociale e il suo contributo allo sviluppo della cultura e all'arricchimento dell'identità culturale e del patrimonio spirituale della società italiana.
2. La Giornata nazionale non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260 .
Art. 2.
(Iniziative per la celebrazione della Giornata nazionale)
1. In occasione della Giornata nazionale, lo Stato, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore, iniziative, spettacoli, cerimonie, convegni, attività e altri incontri pubblici finalizzati alla promozione dello spettacolo in tutte le sue forme.
2. Le iniziative, gli spettacoli, le attività e gli altri incontri di cui al comma 1 possono essere promossi, in particolare, nel rispetto della normativa vigente e delle specifiche esigenze dei soggetti coinvolti, in strutture sanitarie e case di cura, all'interno di istituti penitenziari, anche minorili, e nelle scuole di ogni ordine e grado, anche in attuazione dei princìpi di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60 .
Art. 3.
(Premio nazionale per lo spettacolo)
1. È istituito, a decorrere dall'anno 2021, il Premio nazionale per lo spettacolo, consistente in un attestato, conferito annualmente in occasione della Giornata nazionale. Con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono individuati i requisiti per concorrere, per le diverse categorie, al Premio nazionale e sono determinate le modalità per la sua attribuzione.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono mediante l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
Contenuto
Il disegno di legge di iniziativa parlamentare è stato presentato e approvato in prima lettura presso il Senato della Repubblica; consta di 5 articoli suddivisi in 7 commi.
L' articolo 1 istituisce la Giornata Nazionale dello spettacolo, in modo tale che ricada il 24 ottobre di ogni anno. Il comma 2 chiarisce che tale ricorrenza non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260, e quindi non è da considerarsi una ricorrenza festiva.
L'articolo 2 reca le iniziative per la celebrazione della Giornata nazionale. Nello specifico, ai sensi del comma 1 , lo Stato, le Regioni, le Province, le Città metropolitane e i Comuni possono promuovere spettacoli, cerimonie, convegni, attività, altri incontri pubblici e più in generale ulteriori iniziative per la promozione dello spettacolo in tutte le sue forme. Tali attività, attivate nell'ambito dell'autonomia e delle competenze spettanti allo Stato e ai richiamati enti territoriali, possono prevedere anche il coinvolgimento di associazioni e di organismi operanti nel settore dello spettacolo. Il comma 2 menziona alcuni luoghi specificamente idonei ad accogliere le richiamate attività celebrative, nel rispetto della normativa vigente e delle specifiche esigenze dei soggetti coinvolti. Si tratta delle strutture sanitarie, delle case di cura, degli istituti penitenziari anche minorili e delle scuole di ogni ordine e grado. Con riferimento alle scuole, la disposizione in commento stabilisce che le attività celebrative si collochino in attuazione dei principi di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60, che reca norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività.
L'articolo 3 istituisce il premio nazionale per lo spettacolo , che si prevede sia conferito annualmente in occasione della Giornata nazionale. I requisiti per concorrere al premio, per le diverse categorie, nonché le modalità per la sua attribuzione sono definiti con decreto del Ministro della cultura, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza Unificata.
L'articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria , ai sensi della quale l'attuazione della legge in esame non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate procedono infatti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L'articolo 5 dispone che il disegno di legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e autonomie territoriali
Le previsioni recate dall' articolo 1 , istitutivo della Giornata nazionale dello spettacolo, sono riconducibili alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di " ordinamento civile" (art. 117, secondo comma, lett. l) , Cost.).
Le previsioni recate dagli articoli 2 e 3 sono, invece, riconducibili alla materia " promozione e organizzazione di attività culturali ", attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost).
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, con sentenza n. 255/2004 la Corte costituzionale ha chiarito che in tale ambito rientrano tutte le attività riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura e, dunque, anche le attività di sostegno degli spettacoli.
Più in generale, la Corte ha fatto presente che nelle materie di legislazione concorrente occorre adottare discipline che prefigurino un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, "ovverossia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà" (v., a titolo di esempio, la sentenza n. 7/2016). | 2,204 | 242 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3091
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 7 a COMMISSIONE PERMANENTE (ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI, RICERCA SCIENTIFICA, SPETTACOLO E SPORT) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 29 aprile 2021 (v. stampato Senato n. 2154)
d'iniziativa dei senatori
NENCINI, CANGINI, DE LUCIA, IANNONE, LANIECE, RAMPI,
SBROLLINI, VERDUCCI, SAPONARA, DE PETRIS
Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 5 maggio 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo)
1. La Repubblica riconosce il giorno 24 ottobre quale Giornata nazionale dello spettacolo, di seguito denominata «Giornata nazionale», al fine di celebrare lo spettacolo in tutte le sue forme, gli artisti e i lavoratori del settore, di promuovere lo sviluppo, la diffusione e la fruizione dello spettacolo e di riconoscere il suo ruolo sociale e il suo contributo allo sviluppo della cultura e all'arricchimento dell'identità culturale e del patrimonio spirituale della società italiana.
2. La Giornata nazionale non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260 .
Art. 2.
(Iniziative per la celebrazione della Giornata nazionale)
1. In occasione della Giornata nazionale, lo Stato, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore, iniziative, spettacoli, cerimonie, convegni, attività e altri incontri pubblici finalizzati alla promozione dello spettacolo in tutte le sue forme.
2. Le iniziative, gli spettacoli, le attività e gli altri incontri di cui al comma 1 possono essere promossi, in particolare, nel rispetto della normativa vigente e delle specifiche esigenze dei soggetti coinvolti, in strutture sanitarie e case di cura, all'interno di istituti penitenziari, anche minorili, e nelle scuole di ogni ordine e grado, anche in attuazione dei princìpi di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60 .
Art. 3.
(Premio nazionale per lo spettacolo)
1. È istituito, a decorrere dall'anno 2021, il Premio nazionale per lo spettacolo, consistente in un attestato, conferito annualmente in occasione della Giornata nazionale. Con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono individuati i requisiti per concorrere, per le diverse categorie, al Premio nazionale e sono determinate le modalità per la sua attribuzione.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono mediante l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
Premessa
La proposta di legge, composta da 5 articoli, è stata approvata dalla 7a Commissione del Senato il 29 aprile 2021 (A.S. 2154).
Essa prevede l'istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo – nella quale si prevedono iniziative celebrative e di promozione – e del Premio nazionale per lo spettacolo.
Contenuto
Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
L' articolo 1 prevede che la Repubblica riconosce il 24 ottobre quale Giornata nazionale dello spettacolo, al fine, fra l'altro, di celebrare lo spettacolo in tutte le sue forme, gli artisti e i lavoratori del settore, nonché di riconoscere il ruolo sociale dello spettacolo e il suo contributo all'arricchimento dell'identità culturale della società italiana.
La relazione illustrativa di cui era corredato il progetto di legge presentato al Senato evidenziava che si è scelta la data del 24 ottobre in quanto è la medesima di adozione del DPCM 24 ottobre 2020, che, considerato l'evolversi della situazione epidemiologica da COVID-19, il carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e l'incremento dei casi sul territorio nazionale, aveva nuovamente disposto, dal 26 ottobre 2020, la sospensione degli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto.
Lo stesso articolo 1 prevede, inoltre, che la Giornata nazionale dello spettacolo non è una ricorrenza festiva. Si dispone, infatti, che essa non determina gli effetti civili di cui alla L. 260/1949.
L' art. 3 della L. 260/1949 considera esplicitamente alcune ricorrenze solennità civili, agli effetti dell'orario ridotto negli uffici pubblici e dell'obbligo di imbandieramento degli edifici pubblici. Successivamente, tuttavia, la L. 54/1977 ha disposto (artt. 2 e 3) che le solennità civili previste dalla L. 260/1949 e dalla L. 132/1958 non determinano riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, quando cadono nei giorni feriali, costituiscono giorni di vacanza o possono comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.
La Giornata nazionale dello spettacolo si aggiunge alla Giornata mondiale del teatro, che si celebra il 27 marzo di ogni anno e che è stata riconosciuta a livello nazionale con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre 2009.
Più nel dettaglio, si ricorda che la Giornata mondiale del teatro è stata istituita a Vienna nel 1961 dall'Istituto internazionale del teatro (ITT). Dal 1962 la Giornata mondiale del teatro è celebrata il 27 marzo di ogni anno dai Centri nazionali dell'IIT di molti paesi del mondo.
In particolare, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre 2009 con la quale, come detto, è stato operato il riconoscimento di tale giornata a livello nazionale , ha disposto che in tale giornata il Ministero (ora) della cultura, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre amministrazioni pubbliche interessate, anche in coordinamento con le associazioni nazionali, regionali e provinciali e gli organismi operanti nel settore, assumono, nell'ambito delle rispettive competenze, iniziative volte a sensibilizzare il pubblico, e in particolare i giovani , alla conoscenza e alla pratica delle arti della scena ed a promuovere e valorizzare la funzione educativa e sociale del teatro, quale elevata forma di espressione artistica, fondamentale fattore di diffusione delle tradizioni culturali e di aggregazione e socializzazione delle varie realtà culturali del Paese.
Iniziative per la celebrazione della Giornata nazionale dello spettacolo
L' articolo 2 dispone che, in occasione della Giornata nazionale dello spettacolo, lo Stato e gli enti territoriali possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, iniziative, spettacoli, cerimonie, convegni , attività e incontri pubblici finalizzati alla promozione dello spettacolo in tutte le sue forme.
In particolare, le attività indicate possono essere promosse in strutture sanitarie e case di cura, istituti penitenziari, anche minorili , e nelle scuole di ogni ordine e grado. Per queste ultime, si dispone che ciò avvenga anche in attuazione dei principi di cui al d.lgs. 60/2017.
Il d.lgs. 60/2017, adottato sulla base della delega recata dall'art. 1, co. 180 e 181, lett. g) , della L. 107/2015, ha stabilito che le istituzioni scolastiche prevedono, nel Piano triennale dell'offerta formativa, attività teoriche e pratiche , anche con modalità laboratoriale , in ambito – fra gli altri – artistico, musicale, teatrale, cinematografico, coreutico.
La progettualità delle istituzioni scolastiche si realizza mediante percorsi curricolari, anche in verticale, nei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento, o con specifiche iniziative extrascolastiche, e può essere programmata in rete con altre scuole e attuata con la collaborazione di istituti e luoghi della cultura, di enti locali e di altri soggetti pubblici e privati, inclusi i soggetti del Terzo settore.
In particolare, con riferimento ai percorsi curricolari, essa si realizza nell'ambito delle componenti dello stesso curricolo denominate « temi della creatività », che riguardano le aree musicale-coreutico, teatrale- performativo, artistico-visivo e linguistico-creativo.
Premio nazionale dello spettacolo
L' articolo 3 prevede l'istituzione, a decorrere dal 2021 , del Premio nazionale per lo spettacolo.
Il Premio consiste – a seguito del recepimento del parere condizionato della 5a Commissione del Senato – in un attestato , conferito annualmente in occasione della Giornata nazionale dello spettacolo.
I requisiti per concorrere , per le diverse categorie, al Premio, nonché le modalità per la sua attribuzione , devono essere definiti con decreto del Ministro della cultura, da adottare, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere della Conferenza unificata.
Vertendosi in ambito di legislazione concorrente, si valuti l'opportunità di prevedere l'intesa in sede di Conferenza unificata.
Si valuti, inoltre, l'opportunità di esplicitare se si preveda l'attribuzione del Premio a persone fisiche o ad altri soggetti (ad esempio, enti territoriali o soggetti con personalità giuridica).
Clausola di invarianza finanziaria
L' articolo 4 prevede che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla sua attuazione provvedono mediante l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Entrata in vigore
L' articolo 5 dispone l' immediata entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Al riguardo, si ricorda che l'art. 73, terzo comma, Cost. dispone che le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge presentata al Senato era corredata di relazione illustrativa.
Collegamento con lavori legislativi in corso
Non risultano lavori legislativi in corso sull'argomento.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Le previsioni recate dall' articolo 1 , istitutivo della Giornata nazionale dello spettacolo, sono riconducibili alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di " ordinamento civile" (art. 117, secondo comma, lett. l) , Cost.).
Le previsioni recate dagli articoli 2 e 3 sono, invece, riconducibili alla materia " promozione e organizzazione di attività culturali ", attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost).
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, con sentenza n. 255/2004 la Corte costituzionale ha chiarito che in tale ambito rientrano tutte le attività riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura e, dunque, anche le attività di sostegno degli spettacoli.
Più in generale, la Corte ha fatto presente che nelle materie di legislazione concorrente occorre adottare discipline che prefigurino un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, "ovverossia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà" (v., a titolo di esempio, la sentenza n. 7/2016).
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'articolo 9 della Costituzione dispone che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura.
Nelle sentenze nn. 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze nn. 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale , "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni".
Attribuzione di poteri normativi
Si prevede l'intervento di un decreto del Ministro della cultura (si veda il paragrafo "Contenuto"). | 3,912 | 243 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 3091
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DALLA 7 a COMMISSIONE PERMANENTE (ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI, RICERCA SCIENTIFICA, SPETTACOLO E SPORT) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 29 aprile 2021 (v. stampato Senato n. 2154)
d'iniziativa dei senatori
NENCINI, CANGINI, DE LUCIA, IANNONE, LANIECE, RAMPI,
SBROLLINI, VERDUCCI, SAPONARA, DE PETRIS
Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 5 maggio 2021
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo)
1. La Repubblica riconosce il giorno 24 ottobre quale Giornata nazionale dello spettacolo, di seguito denominata «Giornata nazionale», al fine di celebrare lo spettacolo in tutte le sue forme, gli artisti e i lavoratori del settore, di promuovere lo sviluppo, la diffusione e la fruizione dello spettacolo e di riconoscere il suo ruolo sociale e il suo contributo allo sviluppo della cultura e all'arricchimento dell'identità culturale e del patrimonio spirituale della società italiana.
2. La Giornata nazionale non determina gli effetti civili di cui alla legge 27 maggio 1949, n. 260 .
Art. 2.
(Iniziative per la celebrazione della Giornata nazionale)
1. In occasione della Giornata nazionale, lo Stato, le regioni, le province, le città metropolitane e i comuni possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni e con gli organismi operanti nel settore, iniziative, spettacoli, cerimonie, convegni, attività e altri incontri pubblici finalizzati alla promozione dello spettacolo in tutte le sue forme.
2. Le iniziative, gli spettacoli, le attività e gli altri incontri di cui al comma 1 possono essere promossi, in particolare, nel rispetto della normativa vigente e delle specifiche esigenze dei soggetti coinvolti, in strutture sanitarie e case di cura, all'interno di istituti penitenziari, anche minorili, e nelle scuole di ogni ordine e grado, anche in attuazione dei princìpi di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 60 .
Art. 3.
(Premio nazionale per lo spettacolo)
1. È istituito, a decorrere dall'anno 2021, il Premio nazionale per lo spettacolo, consistente in un attestato, conferito annualmente in occasione della Giornata nazionale. Con decreto del Ministro della cultura, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Conferenza unificata di cui all' articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 , sono individuati i requisiti per concorrere, per le diverse categorie, al Premio nazionale e sono determinate le modalità per la sua attribuzione.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla relativa attuazione vi provvedono mediante l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Istituzione della giornata nazionale dello spettacolo
Premessa
La proposta di legge, composta da 5 articoli, è stata approvata dalla 7a Commissione del Senato il 29 aprile 2021 (A.S. 2154).
Essa prevede l'istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo – nella quale si prevedono iniziative celebrative e di promozione – e del Premio nazionale per lo spettacolo.
Contenuto
Istituzione della Giornata nazionale dello spettacolo
L' articolo 1 prevede che la Repubblica riconosce il 24 ottobre quale Giornata nazionale dello spettacolo, al fine, fra l'altro, di celebrare lo spettacolo in tutte le sue forme, gli artisti e i lavoratori del settore, nonché di riconoscere il ruolo sociale dello spettacolo e il suo contributo all'arricchimento dell'identità culturale della società italiana.
La relazione illustrativa di cui era corredato il progetto di legge presentato al Senato evidenziava che si è scelta la data del 24 ottobre in quanto è la medesima di adozione del DPCM 24 ottobre 2020, che, considerato l'evolversi della situazione epidemiologica da COVID-19, il carattere particolarmente diffusivo dell'epidemia e l'incremento dei casi sul territorio nazionale, aveva nuovamente disposto, dal 26 ottobre 2020, la sospensione degli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto.
Lo stesso articolo 1 prevede, inoltre, che la Giornata nazionale dello spettacolo non è una ricorrenza festiva. Si dispone, infatti, che essa non determina gli effetti civili di cui alla L. 260/1949.
L' art. 3 della L. 260/1949 considera esplicitamente alcune ricorrenze solennità civili, agli effetti dell'orario ridotto negli uffici pubblici e dell'obbligo di imbandieramento degli edifici pubblici. Successivamente, tuttavia, la L. 54/1977 ha disposto (artt. 2 e 3) che le solennità civili previste dalla L. 260/1949 e dalla L. 132/1958 non determinano riduzioni dell'orario di lavoro negli uffici pubblici né, quando cadono nei giorni feriali, costituiscono giorni di vacanza o possono comportare riduzione di orario per le scuole di ogni ordine e grado.
La Giornata nazionale dello spettacolo si aggiunge alla Giornata mondiale del teatro, che si celebra il 27 marzo di ogni anno e che è stata riconosciuta a livello nazionale con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre 2009.
Più nel dettaglio, si ricorda che la Giornata mondiale del teatro è stata istituita a Vienna nel 1961 dall'Istituto internazionale del teatro (ITT). Dal 1962 la Giornata mondiale del teatro è celebrata il 27 marzo di ogni anno dai Centri nazionali dell'IIT di molti paesi del mondo.
In particolare, la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 novembre 2009 con la quale, come detto, è stato operato il riconoscimento di tale giornata a livello nazionale , ha disposto che in tale giornata il Ministero (ora) della cultura, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le altre amministrazioni pubbliche interessate, anche in coordinamento con le associazioni nazionali, regionali e provinciali e gli organismi operanti nel settore, assumono, nell'ambito delle rispettive competenze, iniziative volte a sensibilizzare il pubblico, e in particolare i giovani , alla conoscenza e alla pratica delle arti della scena ed a promuovere e valorizzare la funzione educativa e sociale del teatro, quale elevata forma di espressione artistica, fondamentale fattore di diffusione delle tradizioni culturali e di aggregazione e socializzazione delle varie realtà culturali del Paese.
Iniziative per la celebrazione della Giornata nazionale dello spettacolo
L' articolo 2 dispone che, in occasione della Giornata nazionale dello spettacolo, lo Stato e gli enti territoriali possono promuovere, nell'ambito della loro autonomia e delle rispettive competenze, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, iniziative, spettacoli, cerimonie, convegni , attività e incontri pubblici finalizzati alla promozione dello spettacolo in tutte le sue forme.
In particolare, le attività indicate possono essere promosse in strutture sanitarie e case di cura, istituti penitenziari, anche minorili , e nelle scuole di ogni ordine e grado. Per queste ultime, si dispone che ciò avvenga anche in attuazione dei principi di cui al d.lgs. 60/2017.
Il d.lgs. 60/2017, adottato sulla base della delega recata dall'art. 1, co. 180 e 181, lett. g) , della L. 107/2015, ha stabilito che le istituzioni scolastiche prevedono, nel Piano triennale dell'offerta formativa, attività teoriche e pratiche , anche con modalità laboratoriale , in ambito – fra gli altri – artistico, musicale, teatrale, cinematografico, coreutico.
La progettualità delle istituzioni scolastiche si realizza mediante percorsi curricolari, anche in verticale, nei percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento, o con specifiche iniziative extrascolastiche, e può essere programmata in rete con altre scuole e attuata con la collaborazione di istituti e luoghi della cultura, di enti locali e di altri soggetti pubblici e privati, inclusi i soggetti del Terzo settore.
In particolare, con riferimento ai percorsi curricolari, essa si realizza nell'ambito delle componenti dello stesso curricolo denominate « temi della creatività », che riguardano le aree musicale-coreutico, teatrale- performativo, artistico-visivo e linguistico-creativo.
Premio nazionale dello spettacolo
L' articolo 3 prevede l'istituzione, a decorrere dal 2021 , del Premio nazionale per lo spettacolo.
Il Premio consiste – a seguito del recepimento del parere condizionato della 5a Commissione del Senato – in un attestato , conferito annualmente in occasione della Giornata nazionale dello spettacolo.
I requisiti per concorrere , per le diverse categorie, al Premio, nonché le modalità per la sua attribuzione , devono essere definiti con decreto del Ministro della cultura, da adottare, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere della Conferenza unificata.
Vertendosi in ambito di legislazione concorrente, si valuti l'opportunità di prevedere l'intesa in sede di Conferenza unificata.
Si valuti, inoltre, l'opportunità di esplicitare se si preveda l'attribuzione del Premio a persone fisiche o ad altri soggetti (ad esempio, enti territoriali o soggetti con personalità giuridica).
Clausola di invarianza finanziaria
L' articolo 4 prevede che dall'attuazione della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate alla sua attuazione provvedono mediante l'utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Entrata in vigore
L' articolo 5 dispone l' immediata entrata in vigore della legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
Al riguardo, si ricorda che l'art. 73, terzo comma, Cost. dispone che le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
Relazioni allegate o richieste
La proposta di legge presentata al Senato era corredata di relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
L'intervento con legge è necessario perché, con l'istituzione di una Giornata nazionale, si verte in un ambito normativo di competenza statale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Le previsioni recate dall' articolo 1 , istitutivo della Giornata nazionale dello spettacolo, sono riconducibili alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di " ordinamento civile" (art. 117, secondo comma, lett. l) , Cost.).
Le previsioni recate dagli articoli 2 e 3 sono, invece, riconducibili alla materia " promozione e organizzazione di attività culturali ", attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, Cost).
Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, con sentenza n. 255/2004 la Corte costituzionale ha chiarito che in tale ambito rientrano tutte le attività riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura e, dunque, anche le attività di sostegno degli spettacoli.
Più in generale, la Corte ha fatto presente che nelle materie di legislazione concorrente occorre adottare discipline che prefigurino un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, "ovverossia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà" (v., a titolo di esempio, la sentenza n. 7/2016).
Rispetto degli altri princìpi costituzionali
L'articolo 9 della Costituzione dispone che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura.
Nelle sentenze nn. 478/2002 e 307/2004 – ripercorrendo quanto già evidenziato, nel contesto del previgente titolo V, parte seconda, della Costituzione, con le sentenze nn. 276 del 1991, 348 del 1990, 562 e 829 del 1988 (esplicitamente citate nella sentenza n. 307/2004) – la Corte ha affermato che lo sviluppo della cultura corrisponde a finalità di interesse generale , "il cui perseguimento fa capo alla Repubblica in tutte le sue articolazioni (art. 9 Cost.), anche al di là del riparto di competenze per materia fra Stato e regioni". | 3,898 | 244 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-229 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 229
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PAOLO RUSSO, SARRO, PENTANGELO, CASCIELLO, FASANO,
FASCINA, FERRAIOLI, COSIMO SIBILIA
Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge è il frutto del lavoro dell'Osservatorio dell'Appennino meridionale (consorzio costituito alla fine del 1999 dalla regione Campania e dall'università degli studi di Salerno) dopo un lungo approfondimento del panorama legislativo di settore e a seguito del concomitante monitoraggio delle dinamiche di mercato riferite al pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP).
Il testo del provvedimento è composto di due articoli. L'articolo 1 è rubricato «Patrimonio culturale nazionale». Al comma 1 si indicano il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e i siti destinati alla relativa produzione, che ricadono nell'area individuata dal disciplinare di riferimento, come la rilevante espressione nazionale di un precipuo elenco di elementi e di fattori che concorrono al riconoscimento di cui al comma 2, cioè: tradizioni e pratiche secolari, processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, insieme di saperi, competenze e tecniche umane, laboriosità popolare, straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani.
In primo luogo, il pomodoro San Marzano a DOP rimanda a uno dei pochi casi nella storia d'Italia in cui l'imprenditoria del nord ha scommesso sulla vocazione agroambientale dei terreni del sud. Fu il commendatore Francesco Cirio, originario di Nizza Monferrato, simbolo italiano dell'industria conserviera, a convogliare – dopo l'incredibile sviluppo delle fabbriche aperte al nord – sforzi e investimenti nel meridione. Intuendo le straordinarie qualità dell'area, trasversale a Napoli e a Salerno, che è compresa tra i monti Picentini, i monti Lattari e il Vesuvio, in particolare l'elevata idoneità allo sviluppo delle colture per via delle favorevolissime condizioni pedoclimatiche, venne al sud per dare impulso agli agricoltori e per avviare stabilimenti per la trasformazione del pomodoro in pelato, acquisito che, tra tutti gli ortaggi autoctoni, il pomodoro San Marzano, per le proprietà organolettiche e morfologiche del frutto e delle bacche, rivelava peculiarità oltremodo pregiate. Altresì, l'elencazione di cui al comma 1 dell'articolo 1 rimanda alle altre connotazioni di siffatta DOP che concorrono all'unicità della stessa. Si tratta di una varietà orticola che necessita di molte cure colturali – esperite previo ricorso a tecniche secolari – e di un significativo impiego di mano d'opera. A tipizzarla sono l'allevamento delle piante con sostegni – tradizionalmente all'aria aperta – e la raccolta scalare dei frutti. E, come da ampia letteratura, l'allevamento in verticale delle piante con le bacche lontane da terra e con acqua di irrigazione (in quanto unite a fili di ferro zincato paralleli al terreno, su pali di legno in genere di castagno) ingenera una produzione eccellente. A ciò si aggiunga che, allorquando i frutti sono completamente maturati, viene effettuata la raccolta che è soltanto manuale, in più momenti intervallati di circa venti giorni a partire dalla metà di agosto, così che la resa industriale si rivela considerevole. E, sullo sfondo di tecniche e di pratiche ultra-datate che si rinnovano a ogni produzione, emergono con forza la laboriosità e la creatività di un'intera comunità territoriale, unitamente a tradizioni, saperi e competenze che collocano il fattore antropico nel novero degli elementi che promuovono il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP ad ambasciatore mondiale del made in Italy agroalimentare. Il comma 2 dell'articolo 1 riporta l'espresso riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e dei siti destinati alla relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale e, in quanto tale, da salvaguardare, valorizzare e promuovere.
L'articolo 2 è rubricato «Produzione e commercializzazione» e disciplina, dunque, due fasi delicate quanto complesse, avuto riguardo sempre ai profili valoriali che il prodotto esprime nonché a quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alla collettività. L'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e di integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni. Ciò posto, nell'intento di elaborare un progetto di legge che si ponga finanche l'obiettivo di rimuovere le distorsioni che attraversano l'intero comparto di riferimento, non si è qui trascurato che la filiera del pomodoro da industria sia storicamente e strutturalmente tra le più penetrate da fenomeni di illegalità e, in particolare, da episodi di sfruttamento dei braccianti agricoli mediante il sistema del caporalato. Come non si è tralasciato che da anni la maggior parte degli operatori economici del settore di riferimento invoca l'incremento dei quantitativi di produzione di tale ecotipo a vantaggio della maggiore competitività dello stesso sui grandi mercati. Al riguardo, nel 2016 l'area interessata dal pomodoro San Marzano a DOP è stata di 200 ettari – a fronte dei 120 del 2015 – e ne sono state prodotte 11.600 tonnellate – a fronte delle 7.500 del 2015 (dati ricavati dal Consorzio di tutela). Sicché, alla luce dell'enunciato del comma 1 dell'articolo 2, si giunge a profilare la filiera del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP in chiave etica e socialmente virtuosa, per poi richiedere a tutti gli attori che animano la stessa di assicurare l'armonizzazione degli obiettivi di sviluppo con quelli di salvaguardia ambientale, nel solco del principio di sostenibilità sancito a livello sovranazionale. Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce invece che la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. Qui ricorre l'intento sotteso all'intero articolato, vale a dire quello di approntare un intervento normativo che, nel sancire il dovuto riconoscimento come patrimonio culturale del Paese, valga pure a fronteggiare le criticità del settore. Siffatta previsione nasce dalla rilevazione, nel tempo, di una grave asimmetria informativa, dovuta al modo di porsi di taluni produttori sul mercato: non pochi, infatti, promuovono il proprio pomodoro rivendicandone il titolo, improprio, di vero pomodoro San Marzano. Quel che mina di fatto la credibilità dell'intero sistema di certificazione della DOP e che l'enunciato del comma 2 dell'articolo 2 si prefigge di superare.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
(Patrimonio culturale nazionale).
1. Il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP) e i territori della relativa produzione sono la rilevante espressione nazionale di tradizioni e di pratiche secolari, di processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, dell'insieme di saperi, competenze e tecniche umane, della laboriosità e della creatività popolare, nonché delle straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani e rappresentano un patrimonio culturale nazionale che, in quanto tale, è necessario salvaguardare, valorizzare e promuovere.
Art . 2.
(Produzione e commercializzazione).
1. Avuto riguardo ai profili valoriali che il prodotto esprime, l'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e d'integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni.
2. Fermo restando quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, di presentazione e di pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alle collettività, la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e di tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. | Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale
Contenuto
La proposta di legge in esame, composta di 2 articoli , assegnata alla XIII Commissione della Camera in sede referente, è relativa al riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale.
Essa riproduce il nuovo testo della proposta di legge C. 4417 Russo, adottato dalla Commissione agricoltura della Camera il 20 dicembre 2017, al termine della scorsa Legislatura: tale proposta di legge non ha poi terminato il proprio iter parlamentare.
La relazione illustrativa del provvedimento ricorda – tra l'altro - che il pomodoro San Marzano DOP rimanda a uno dei pochi casi nella storia d'Italia in cui l'imprenditoria del Nord ha scommesso sulla vocazione agroambientale dei terreni del Sud.
Relativamente al contenuto del progetto di legge in esame, questo si compone – come anticipato - di due articoli.
L 'articolo 1 , rubricato " Patrimonio culturale nazionale ", composto di un solo comma, prevede che il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese- nocerino a denominazione di origine protetta (DOP) e i territori della relativa produzione siano la rilevante espressione nazionale di tradizioni e di pratiche secolari, di processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, dell'insieme di saperi, competenze e tecniche umane, della laboriosità e della creatività popolari, nonché delle straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani e rappresentano un patrimonio culturale nazionale che, in quanto tale, è necessario salvaguardare , valorizzare e promuovere.
Per un inquadramento generale della disciplina vigente relativa alla nozione di bene culturale si rinvia all'apposito tema web della Camera.
Si ricorda, inoltre, che la legge 12 dicembre 2016, n.238, recante il testo unico per la coltivazione della vite e la produzione e il commercio del vino , ha previsto, all'articolo 1, che il vino, prodotto della vite, la vite e i teritori vitivinicoli, quali frutto del lavoro, dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.
L 'articolo 2 , rubricato " Produzione e commercializzazione ", prevede che, avuto riguardo ai profili valoriali che il predetto prodotto esprime, l'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP sia strumento di coesione e d'integrazione sociali e assicuri l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa (tale produzione) concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni ( comma 1 ). Si aggiunge che, fermo restando quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, di presentazione e di pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alle collettività, la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e di tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili ( comma 2 ).
Con riferimento a quanto riportato nel comma 2 dell'art. 2, la relazione illustrativa rileva che siffatta previsione « nasce dalla rilevazione, nel tempo, di una grave asimmetria informativa, dovuta al modo di porsi di taluni produttori sul mercato: non pochi, infatti, promuovono il proprio pomodoro rivendicandone il titolo, improprio, di vero Pomodoro San Marzano. Quel che mina di fatto la credibilità dell'intero sistema di certificazione della DOP e che l'enunciato del comma 2 dell'articolo 2 si prefigge di superare ».
Si ricorda che la legge n. 154 del 2016 (cosiddetto collegato agricolo) ha previsto, al Capo I del titolo IV (articoli 23-30), disposizioni in materia di prodotti derivanti dalla trasformazione del pomodoro , relative, in particolare, alla loro definizione (art. 24), ai requisiti (art. 25), all'etichettatura e al confezionamento (art. 26), nonché alle sanzioni (art. 27). Le disposizioni introdotte sono volte a ridefinire le caratteristiche qualitative di tali prodotti in ragione del cambiamento avvenuto nel corso degli anni, che ha visto la cessazione del pagamento del premio europeo accoppiato a favore degli stessi prodotti, la cui erogazione era condizionata al rispetto di determinati requisiti qualitativi indicati a livello europeo e oggi non più vigenti.
Relazioni allegate o richieste
Il provvedimento, di iniziativa parlamentare, è corredato della relazione illustrativa.
Necessità dell'intervento con legge
La valenza giuridica del provvedimento in esame risiede prevalentemente nell'attribuire la qualifica di patrimonio culturale nazionale al pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino.
In base all'articolo 2, commi 1-3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11 del medesimo codice, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all'articolo 134 dello stesso codice, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.
Si ricorda poi che sono considerati patrimonio culturale ( materiale ) e naturale i beni indicati dalla Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e naturale, adottata dalla Conferenza generale dell'Unesco il 16 novembre 1972 e ratificata dall'Italia con la legge 6 aprile 1977 n. 184. Sono poi considerati beni culturali immateriali quelli indicati dalla Convenzione per la salvaguardia di questi ultimi beni, adottata dalla Conferenza generale dell'Unesco il 17 ottobre 2003 e ratificata dall'Italia con la legge 27 settembre 2007, n. 167. E' stata inoltre adottata, dalla medesima Conferenza generale dell'Unesco, il 20 ottobre 2005, la Convenzione per la protezione e la promozione delle espressioni della diversità culturale, ratificata in Italia dalla legge 19 febbraio 2007, n. 19. L'art. 7- bis del suddetto decreto legislativo n. 42 del 2004 assoggetta alle proprie disposizioni le espressioni di identità culturale collettiva contemplate dalle suddette ultime due Convenzioni, qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano taluni presupposti e condizioni ivi indicati. La legge 20 febbraio 2006, n. 77, poi, così come modificata – da ultimo - dalla legge 8 marzo 2017, n. 44, reca misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale», posti sotto la tutela dell'UNESCO.
Il regolamento (CE) n. 1263 del 1996 ha iscritto nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette – tra le altre - la denominazione di origine protetta " Pomodoro S. Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino (DOP) ", integrando l'allegato del regolamento (CE) n. 1107 del 1996 della Commissione relativo – appunto - alla registrazione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine nel quadro della procedura di cui all'articolo 17 del regolamento (CEE) n. 2081/92.
Il predetto regolamento (CEE) n. 2081 del 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari è stato, poi, abrogato dal regolamento (CE) n. 510 del 2006, che ha sostituto l'intera regolamentazione del settore, facendo però salve le denominazioni già registrate. Lo stesso regolamento (CE) n. 510 del 2006 è stato successivamente abrogato e sostituito dal regolamento (UE) n. 1151 del 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari , il quale, tra l'altro, ha fatto anch'esso fatte salve le registrazioni già effettuate ai sensi della precedente disciplina. Per le modalità di applicazione di quest'ultimo regolamento è stato emanato il regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2014 della Commissione.
L'attuale disciplinare del suddetto pomodoro DOP è contenuto nel provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 14 dicembre 2010 (pubblicato nel supplemento ordinario n. 6 della Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 2011). In esso, tra l'altro, sono indicate - all'articolo 3 - le aree territoriali di produzione di tale prodotto, che ricadono in alcuni comuni - o in parti di territorio di comuni, ivi specificamente indicate – delle province di Salerno , Avellino e Napoli.
Un disciplinare temporaneo, valido per la sola annata di raccolta 2017, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'8 agosto 2017, mentre una proposta di modifica del disciplinare di produzione è stata pubblicata nella G.U. del 16 novembre 2017, ai fini del successivo invio alla Commissione europea per l'approvazione.
Sul sito della Commissione europea risulta che la prima registrazione del Pomodoro San Marzano dell'agro sarnese- nocerino è avvenuta il 2 luglio 1996.
Si rammenta, infine, che è stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale del 26 febbraio 2018, il decreto 16 novembre 2017 del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sull' indicazione dell'origine in etichetta del pomodoro. Per il contenuto del predetto decreto si rimanda all' apposita sezione del tema web della Camera dei deputati sulla tutela dei prodotti agroalimentari.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Pur essendo la materia agricola attribuita alla competenza esclusiva delle regioni, l'attribuzione della natura di patrimonio culturale nazionale al pomodoro San Marzano DOP fa sì che l'intervento possa rientrare, altresì, tra le competenze esclusive dello Stato relative alla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione. | 6,050 | 254 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 229
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PAOLO RUSSO, SARRO, PENTANGELO, CASCIELLO, FASANO,
FASCINA, FERRAIOLI, COSIMO SIBILIA
Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge è il frutto del lavoro dell'Osservatorio dell'Appennino meridionale (consorzio costituito alla fine del 1999 dalla regione Campania e dall'università degli studi di Salerno) dopo un lungo approfondimento del panorama legislativo di settore e a seguito del concomitante monitoraggio delle dinamiche di mercato riferite al pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP).
Il testo del provvedimento è composto di due articoli. L'articolo 1 è rubricato «Patrimonio culturale nazionale». Al comma 1 si indicano il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e i siti destinati alla relativa produzione, che ricadono nell'area individuata dal disciplinare di riferimento, come la rilevante espressione nazionale di un precipuo elenco di elementi e di fattori che concorrono al riconoscimento di cui al comma 2, cioè: tradizioni e pratiche secolari, processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, insieme di saperi, competenze e tecniche umane, laboriosità popolare, straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani.
In primo luogo, il pomodoro San Marzano a DOP rimanda a uno dei pochi casi nella storia d'Italia in cui l'imprenditoria del nord ha scommesso sulla vocazione agroambientale dei terreni del sud. Fu il commendatore Francesco Cirio, originario di Nizza Monferrato, simbolo italiano dell'industria conserviera, a convogliare – dopo l'incredibile sviluppo delle fabbriche aperte al nord – sforzi e investimenti nel meridione. Intuendo le straordinarie qualità dell'area, trasversale a Napoli e a Salerno, che è compresa tra i monti Picentini, i monti Lattari e il Vesuvio, in particolare l'elevata idoneità allo sviluppo delle colture per via delle favorevolissime condizioni pedoclimatiche, venne al sud per dare impulso agli agricoltori e per avviare stabilimenti per la trasformazione del pomodoro in pelato, acquisito che, tra tutti gli ortaggi autoctoni, il pomodoro San Marzano, per le proprietà organolettiche e morfologiche del frutto e delle bacche, rivelava peculiarità oltremodo pregiate. Altresì, l'elencazione di cui al comma 1 dell'articolo 1 rimanda alle altre connotazioni di siffatta DOP che concorrono all'unicità della stessa. Si tratta di una varietà orticola che necessita di molte cure colturali – esperite previo ricorso a tecniche secolari – e di un significativo impiego di mano d'opera. A tipizzarla sono l'allevamento delle piante con sostegni – tradizionalmente all'aria aperta – e la raccolta scalare dei frutti. E, come da ampia letteratura, l'allevamento in verticale delle piante con le bacche lontane da terra e con acqua di irrigazione (in quanto unite a fili di ferro zincato paralleli al terreno, su pali di legno in genere di castagno) ingenera una produzione eccellente. A ciò si aggiunga che, allorquando i frutti sono completamente maturati, viene effettuata la raccolta che è soltanto manuale, in più momenti intervallati di circa venti giorni a partire dalla metà di agosto, così che la resa industriale si rivela considerevole. E, sullo sfondo di tecniche e di pratiche ultra-datate che si rinnovano a ogni produzione, emergono con forza la laboriosità e la creatività di un'intera comunità territoriale, unitamente a tradizioni, saperi e competenze che collocano il fattore antropico nel novero degli elementi che promuovono il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP ad ambasciatore mondiale del made in Italy agroalimentare. Il comma 2 dell'articolo 1 riporta l'espresso riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e dei siti destinati alla relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale e, in quanto tale, da salvaguardare, valorizzare e promuovere.
L'articolo 2 è rubricato «Produzione e commercializzazione» e disciplina, dunque, due fasi delicate quanto complesse, avuto riguardo sempre ai profili valoriali che il prodotto esprime nonché a quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alla collettività. L'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e di integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni. Ciò posto, nell'intento di elaborare un progetto di legge che si ponga finanche l'obiettivo di rimuovere le distorsioni che attraversano l'intero comparto di riferimento, non si è qui trascurato che la filiera del pomodoro da industria sia storicamente e strutturalmente tra le più penetrate da fenomeni di illegalità e, in particolare, da episodi di sfruttamento dei braccianti agricoli mediante il sistema del caporalato. Come non si è tralasciato che da anni la maggior parte degli operatori economici del settore di riferimento invoca l'incremento dei quantitativi di produzione di tale ecotipo a vantaggio della maggiore competitività dello stesso sui grandi mercati. Al riguardo, nel 2016 l'area interessata dal pomodoro San Marzano a DOP è stata di 200 ettari – a fronte dei 120 del 2015 – e ne sono state prodotte 11.600 tonnellate – a fronte delle 7.500 del 2015 (dati ricavati dal Consorzio di tutela). Sicché, alla luce dell'enunciato del comma 1 dell'articolo 2, si giunge a profilare la filiera del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP in chiave etica e socialmente virtuosa, per poi richiedere a tutti gli attori che animano la stessa di assicurare l'armonizzazione degli obiettivi di sviluppo con quelli di salvaguardia ambientale, nel solco del principio di sostenibilità sancito a livello sovranazionale. Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce invece che la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. Qui ricorre l'intento sotteso all'intero articolato, vale a dire quello di approntare un intervento normativo che, nel sancire il dovuto riconoscimento come patrimonio culturale del Paese, valga pure a fronteggiare le criticità del settore. Siffatta previsione nasce dalla rilevazione, nel tempo, di una grave asimmetria informativa, dovuta al modo di porsi di taluni produttori sul mercato: non pochi, infatti, promuovono il proprio pomodoro rivendicandone il titolo, improprio, di vero pomodoro San Marzano. Quel che mina di fatto la credibilità dell'intero sistema di certificazione della DOP e che l'enunciato del comma 2 dell'articolo 2 si prefigge di superare.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
(Patrimonio culturale nazionale).
1. Il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP) e i territori della relativa produzione sono la rilevante espressione nazionale di tradizioni e di pratiche secolari, di processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, dell'insieme di saperi, competenze e tecniche umane, della laboriosità e della creatività popolare, nonché delle straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani e rappresentano un patrimonio culturale nazionale che, in quanto tale, è necessario salvaguardare, valorizzare e promuovere.
Art . 2.
(Produzione e commercializzazione).
1. Avuto riguardo ai profili valoriali che il prodotto esprime, l'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e d'integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni.
2. Fermo restando quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, di presentazione e di pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alle collettività, la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e di tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. | Interventi a favore del pomodoro San Marzano
Contenuto
Il nuovo testo adottato dalla Commissione contiene disposizioni per valorizzare i territori vocati alla produzione del pomodoro San Marzano DOP.
In primo luogo viene disposto dall 'articolo 2 che la produzione a denominazione garantita di tale prodotto, insieme con i terreni di produzione e i processi storici di lavorazione, rappresenta un patrimonio culturale nazionale.
In base a quanto disposto dall' articolo 3 , i Comuni dell'agro sarnese- nocerino, come identificati nel disciplinare del Consorzio di tutela del pomodoro San Marzano, sono chiamati ad adottare specifici piani affinché i terreni siti nella zona siano destinati alla coltivazione del pomodoro San Marzano. A tal fine gli stessi Comuni sono chiamati ad effettuare una ricognizione complessiva dello stato dei terreni, in modo da evidenziarne la proprietà e lo stato più o meno produttivo degli stessi. Nel caso in cui siano titolari dei terreni, essi adottano le procedure necessarie per l' affidamento in concessione , anche a titolo gratuito, a terzi, per un periodo non inferiore a dieci anni, con preferenza per le domande presentate da coloro che abbiano una età compresa tra i 18 e i 46 anni. Nel caso, invece, in cui i terreni appartengano ai privati, il comune promuove la stipula di un contratto di affitto con canone d'uso indicizzato dietro presentazione da parte del locatario di un progetto di valorizzazione del bene.
E' istituito dall' articolo 4 il circuito delle strade e delle terre del Pomodoro San Marzano , che comprende i comuni dell'agro sarnese-nocerino; in tale ambito le aziende agricole possono divulgare la storia e la tradizione del prodotto sfuso e lavorato e disporne la vendita, richiedendo, il riconoscimento di un regime facoltativo di certificazione.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in base all' articolo 5 , è chiamato a destinare annualmente una quota, nel limite massimo di 500 mila euro delle risorse già disponibili a valere sui piani nazionali di settore o di filiera, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore del pomodoro San Marzano. In aggiunta, una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Dicastero agricolo sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, può essere destinata, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del pomodoro San Marzano.
In base all' articolo 6 , il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria è chiamato a definire un'apposita linea di ricerca nell'ambito del Piano triennale 2018/2021, finalizzata a studi e ricerche sul miglioramento genetico e l'innovazione agronomica relativi alla coltivazione del pomodoro San Marzano.
L' articolo 7, infine, prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, è chiamato a promuovere specifiche campagne di informazione sulle qualità del pomodoro San Marzano, sulla storia del prodotto, sulle sue caratteristiche nutritive, anche in relazione alla dieta mediterranea, e sulle tecniche secolari di lavorazione e di trasformazione del prodotto.
Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e regioni
Il testo dispone l'attribuzione della natura di 'patrimonio culturale nazionale' alla produzione di pomodoro San Marzano DOP, ai terreni di produzione e ai processi storici di lavorazione, frutto di saperi e competenze tecniche specifiche, investendo in via principale la materia, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali , ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, ferma restando, per taluni profili, la competenza regionale in materia di agricoltura.
In proposito si segnala che all'articolo 4 è prevista l'intesa con la regione interessata ai fini dell'adozione del decreto del Ministro delle politiche agricole di attuazione dell'istituzione delle "strade e delle terre del pomodoro San Marzano".
Al riguardo, si valuti l'opportunità di prevedere l'intesa con la regione interessata anche con riferimento all'attuazione delle misure di sostegno della filiera di cui all'articolo 5. | 4,076 | 255 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-229 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 229
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PAOLO RUSSO, SARRO, PENTANGELO, CASCIELLO, FASANO,
FASCINA, FERRAIOLI, COSIMO SIBILIA
Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge è il frutto del lavoro dell'Osservatorio dell'Appennino meridionale (consorzio costituito alla fine del 1999 dalla regione Campania e dall'università degli studi di Salerno) dopo un lungo approfondimento del panorama legislativo di settore e a seguito del concomitante monitoraggio delle dinamiche di mercato riferite al pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP).
Il testo del provvedimento è composto di due articoli. L'articolo 1 è rubricato «Patrimonio culturale nazionale». Al comma 1 si indicano il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e i siti destinati alla relativa produzione, che ricadono nell'area individuata dal disciplinare di riferimento, come la rilevante espressione nazionale di un precipuo elenco di elementi e di fattori che concorrono al riconoscimento di cui al comma 2, cioè: tradizioni e pratiche secolari, processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, insieme di saperi, competenze e tecniche umane, laboriosità popolare, straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani.
In primo luogo, il pomodoro San Marzano a DOP rimanda a uno dei pochi casi nella storia d'Italia in cui l'imprenditoria del nord ha scommesso sulla vocazione agroambientale dei terreni del sud. Fu il commendatore Francesco Cirio, originario di Nizza Monferrato, simbolo italiano dell'industria conserviera, a convogliare – dopo l'incredibile sviluppo delle fabbriche aperte al nord – sforzi e investimenti nel meridione. Intuendo le straordinarie qualità dell'area, trasversale a Napoli e a Salerno, che è compresa tra i monti Picentini, i monti Lattari e il Vesuvio, in particolare l'elevata idoneità allo sviluppo delle colture per via delle favorevolissime condizioni pedoclimatiche, venne al sud per dare impulso agli agricoltori e per avviare stabilimenti per la trasformazione del pomodoro in pelato, acquisito che, tra tutti gli ortaggi autoctoni, il pomodoro San Marzano, per le proprietà organolettiche e morfologiche del frutto e delle bacche, rivelava peculiarità oltremodo pregiate. Altresì, l'elencazione di cui al comma 1 dell'articolo 1 rimanda alle altre connotazioni di siffatta DOP che concorrono all'unicità della stessa. Si tratta di una varietà orticola che necessita di molte cure colturali – esperite previo ricorso a tecniche secolari – e di un significativo impiego di mano d'opera. A tipizzarla sono l'allevamento delle piante con sostegni – tradizionalmente all'aria aperta – e la raccolta scalare dei frutti. E, come da ampia letteratura, l'allevamento in verticale delle piante con le bacche lontane da terra e con acqua di irrigazione (in quanto unite a fili di ferro zincato paralleli al terreno, su pali di legno in genere di castagno) ingenera una produzione eccellente. A ciò si aggiunga che, allorquando i frutti sono completamente maturati, viene effettuata la raccolta che è soltanto manuale, in più momenti intervallati di circa venti giorni a partire dalla metà di agosto, così che la resa industriale si rivela considerevole. E, sullo sfondo di tecniche e di pratiche ultra-datate che si rinnovano a ogni produzione, emergono con forza la laboriosità e la creatività di un'intera comunità territoriale, unitamente a tradizioni, saperi e competenze che collocano il fattore antropico nel novero degli elementi che promuovono il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP ad ambasciatore mondiale del made in Italy agroalimentare. Il comma 2 dell'articolo 1 riporta l'espresso riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e dei siti destinati alla relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale e, in quanto tale, da salvaguardare, valorizzare e promuovere.
L'articolo 2 è rubricato «Produzione e commercializzazione» e disciplina, dunque, due fasi delicate quanto complesse, avuto riguardo sempre ai profili valoriali che il prodotto esprime nonché a quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alla collettività. L'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e di integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni. Ciò posto, nell'intento di elaborare un progetto di legge che si ponga finanche l'obiettivo di rimuovere le distorsioni che attraversano l'intero comparto di riferimento, non si è qui trascurato che la filiera del pomodoro da industria sia storicamente e strutturalmente tra le più penetrate da fenomeni di illegalità e, in particolare, da episodi di sfruttamento dei braccianti agricoli mediante il sistema del caporalato. Come non si è tralasciato che da anni la maggior parte degli operatori economici del settore di riferimento invoca l'incremento dei quantitativi di produzione di tale ecotipo a vantaggio della maggiore competitività dello stesso sui grandi mercati. Al riguardo, nel 2016 l'area interessata dal pomodoro San Marzano a DOP è stata di 200 ettari – a fronte dei 120 del 2015 – e ne sono state prodotte 11.600 tonnellate – a fronte delle 7.500 del 2015 (dati ricavati dal Consorzio di tutela). Sicché, alla luce dell'enunciato del comma 1 dell'articolo 2, si giunge a profilare la filiera del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP in chiave etica e socialmente virtuosa, per poi richiedere a tutti gli attori che animano la stessa di assicurare l'armonizzazione degli obiettivi di sviluppo con quelli di salvaguardia ambientale, nel solco del principio di sostenibilità sancito a livello sovranazionale. Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce invece che la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. Qui ricorre l'intento sotteso all'intero articolato, vale a dire quello di approntare un intervento normativo che, nel sancire il dovuto riconoscimento come patrimonio culturale del Paese, valga pure a fronteggiare le criticità del settore. Siffatta previsione nasce dalla rilevazione, nel tempo, di una grave asimmetria informativa, dovuta al modo di porsi di taluni produttori sul mercato: non pochi, infatti, promuovono il proprio pomodoro rivendicandone il titolo, improprio, di vero pomodoro San Marzano. Quel che mina di fatto la credibilità dell'intero sistema di certificazione della DOP e che l'enunciato del comma 2 dell'articolo 2 si prefigge di superare.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
(Patrimonio culturale nazionale).
1. Il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP) e i territori della relativa produzione sono la rilevante espressione nazionale di tradizioni e di pratiche secolari, di processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, dell'insieme di saperi, competenze e tecniche umane, della laboriosità e della creatività popolare, nonché delle straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani e rappresentano un patrimonio culturale nazionale che, in quanto tale, è necessario salvaguardare, valorizzare e promuovere.
Art . 2.
(Produzione e commercializzazione).
1. Avuto riguardo ai profili valoriali che il prodotto esprime, l'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e d'integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni.
2. Fermo restando quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, di presentazione e di pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alle collettività, la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e di tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. | Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale
Contenuto
Il nuovo testo adottato dalla Commissione contiene disposizioni per valorizzare i territori vocati alla produzione del pomodoro San Marzano DOP.
In primo luogo viene disposto dall 'articolo 2 che la produzione a denominazione garantita di tale prodotto, insieme con i terreni di produzione e i processi storici di lavorazione, rappresenta un patrimonio culturale nazionale.
In base a quanto disposto dall' articolo 3 , i Comuni dell'agro sarnese- nocerino, come identificati nel disciplinare del Consorzio di tutela del pomodoro San Marzano, sono chiamati ad adottare specifici piani affinché i terreni siti nella zona siano destinati alla coltivazione del pomodoro San Marzano. A tal fine gli stessi Comuni sono chiamati ad effettuare una ricognizione complessiva dello stato dei terreni, in modo da evidenziarne la proprietà e lo stato più o meno produttivo degli stessi. Nel caso in cui siano titolari dei terreni, essi adottano le procedure necessarie per l' affidamento in concessione , anche a titolo gratuito, a terzi, per un periodo non inferiore a dieci anni, con preferenza per le domande presentate da coloro che abbiano una età compresa tra i 18 e i 46 anni. Nel caso, invece, in cui i terreni appartengano ai privati, il comune promuove la stipula di un contratto di affitto con canone d'uso indicizzato dietro presentazione da parte del locatario di un progetto di valorizzazione del bene.
E' istituito dall' articolo 4 il circuito delle strade e delle terre del Pomodoro San Marzano , che comprende i comuni dell'agro sarnese-nocerino; in tale ambito le aziende agricole possono divulgare la storia e la tradizione del prodotto sfuso e lavorato e disporne la vendita, richiedendo, il riconoscimento di un regime facoltativo di certificazione.
Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in base all' articolo 5 , è chiamato a destinare annualmente una quota, nel limite massimo di 500 mila euro delle risorse già disponibili a valere sui piani nazionali di settore o di filiera, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore del pomodoro San Marzano. In aggiunta, una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Dicastero agricolo sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, può essere destinata, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del pomodoro San Marzano.
In base all' articolo 6 , il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria è chiamato a definire un'apposita linea di ricerca nell'ambito del Piano triennale 2018/2021, finalizzata a studi e ricerche sul miglioramento genetico e l'innovazione agronomica relativi alla coltivazione del pomodoro San Marzano.
L' articolo 7, infine, prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, è chiamato a promuovere specifiche campagne di informazione sulle qualità del pomodoro San Marzano, sulla storia del prodotto, sulle sue caratteristiche nutritive, anche in relazione alla dieta mediterranea, e sulle tecniche secolari di lavorazione e di trasformazione del prodotto.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il testo dispone l'attribuzione della natura di 'patrimonio culturale nazionale' alla produzione di pomodoro San Marzano DOP, ai terreni di produzione e ai processi storici di lavorazione, frutto di saperi e competenze tecniche specifiche, investendo in via principale la materia, di competenza legislativa esclusiva dello Stato, tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali , ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, ferma restando, per taluni profili, la competenza regionale in materia di agricoltura.
In proposito si segnala che all'articolo 4 è prevista l'intesa con la regione interessata ai fini dell'adozione del decreto del Ministro delle politiche agricole di attuazione dell'istituzione delle "strade e delle terre del pomodoro San Marzano".
Al riguardo, si valuti l'opportunità di prevedere l'intesa con la regione interessata anche con riferimento all'attuazione delle misure di sostegno della filiera di cui all'articolo 5.
Attribuzione di poteri normativi
Il comma 3 dell'articolo 4 prevede che, con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da emanarsi d'intesa con la regione interessata, sono definite le modalità attuative dell'istituzione delle «Strade e delle terre del Pomodoro San Marzano», inclusa la definizione dei percorsi e della relativa segnaletica.
In base all'articolo 5, un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali è chiamato ad individuare la quota delle risorse di cui all'autorizzazione di spesa prevista dalla legge 23 dicembre 1999, n. 499 da destinare al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del pomodoro San Marzano. | 4,323 | 256 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-229 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 229
PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
PAOLO RUSSO, SARRO, PENTANGELO, CASCIELLO, FASANO,
FASCINA, FERRAIOLI, COSIMO SIBILIA
Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale
Presentata il 23 marzo 2018
Onorevoli Colleghi ! — La presente proposta di legge è il frutto del lavoro dell'Osservatorio dell'Appennino meridionale (consorzio costituito alla fine del 1999 dalla regione Campania e dall'università degli studi di Salerno) dopo un lungo approfondimento del panorama legislativo di settore e a seguito del concomitante monitoraggio delle dinamiche di mercato riferite al pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP).
Il testo del provvedimento è composto di due articoli. L'articolo 1 è rubricato «Patrimonio culturale nazionale». Al comma 1 si indicano il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e i siti destinati alla relativa produzione, che ricadono nell'area individuata dal disciplinare di riferimento, come la rilevante espressione nazionale di un precipuo elenco di elementi e di fattori che concorrono al riconoscimento di cui al comma 2, cioè: tradizioni e pratiche secolari, processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, insieme di saperi, competenze e tecniche umane, laboriosità popolare, straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani.
In primo luogo, il pomodoro San Marzano a DOP rimanda a uno dei pochi casi nella storia d'Italia in cui l'imprenditoria del nord ha scommesso sulla vocazione agroambientale dei terreni del sud. Fu il commendatore Francesco Cirio, originario di Nizza Monferrato, simbolo italiano dell'industria conserviera, a convogliare – dopo l'incredibile sviluppo delle fabbriche aperte al nord – sforzi e investimenti nel meridione. Intuendo le straordinarie qualità dell'area, trasversale a Napoli e a Salerno, che è compresa tra i monti Picentini, i monti Lattari e il Vesuvio, in particolare l'elevata idoneità allo sviluppo delle colture per via delle favorevolissime condizioni pedoclimatiche, venne al sud per dare impulso agli agricoltori e per avviare stabilimenti per la trasformazione del pomodoro in pelato, acquisito che, tra tutti gli ortaggi autoctoni, il pomodoro San Marzano, per le proprietà organolettiche e morfologiche del frutto e delle bacche, rivelava peculiarità oltremodo pregiate. Altresì, l'elencazione di cui al comma 1 dell'articolo 1 rimanda alle altre connotazioni di siffatta DOP che concorrono all'unicità della stessa. Si tratta di una varietà orticola che necessita di molte cure colturali – esperite previo ricorso a tecniche secolari – e di un significativo impiego di mano d'opera. A tipizzarla sono l'allevamento delle piante con sostegni – tradizionalmente all'aria aperta – e la raccolta scalare dei frutti. E, come da ampia letteratura, l'allevamento in verticale delle piante con le bacche lontane da terra e con acqua di irrigazione (in quanto unite a fili di ferro zincato paralleli al terreno, su pali di legno in genere di castagno) ingenera una produzione eccellente. A ciò si aggiunga che, allorquando i frutti sono completamente maturati, viene effettuata la raccolta che è soltanto manuale, in più momenti intervallati di circa venti giorni a partire dalla metà di agosto, così che la resa industriale si rivela considerevole. E, sullo sfondo di tecniche e di pratiche ultra-datate che si rinnovano a ogni produzione, emergono con forza la laboriosità e la creatività di un'intera comunità territoriale, unitamente a tradizioni, saperi e competenze che collocano il fattore antropico nel novero degli elementi che promuovono il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP ad ambasciatore mondiale del made in Italy agroalimentare. Il comma 2 dell'articolo 1 riporta l'espresso riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP e dei siti destinati alla relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale e, in quanto tale, da salvaguardare, valorizzare e promuovere.
L'articolo 2 è rubricato «Produzione e commercializzazione» e disciplina, dunque, due fasi delicate quanto complesse, avuto riguardo sempre ai profili valoriali che il prodotto esprime nonché a quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alla collettività. L'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e di integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni. Ciò posto, nell'intento di elaborare un progetto di legge che si ponga finanche l'obiettivo di rimuovere le distorsioni che attraversano l'intero comparto di riferimento, non si è qui trascurato che la filiera del pomodoro da industria sia storicamente e strutturalmente tra le più penetrate da fenomeni di illegalità e, in particolare, da episodi di sfruttamento dei braccianti agricoli mediante il sistema del caporalato. Come non si è tralasciato che da anni la maggior parte degli operatori economici del settore di riferimento invoca l'incremento dei quantitativi di produzione di tale ecotipo a vantaggio della maggiore competitività dello stesso sui grandi mercati. Al riguardo, nel 2016 l'area interessata dal pomodoro San Marzano a DOP è stata di 200 ettari – a fronte dei 120 del 2015 – e ne sono state prodotte 11.600 tonnellate – a fronte delle 7.500 del 2015 (dati ricavati dal Consorzio di tutela). Sicché, alla luce dell'enunciato del comma 1 dell'articolo 2, si giunge a profilare la filiera del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP in chiave etica e socialmente virtuosa, per poi richiedere a tutti gli attori che animano la stessa di assicurare l'armonizzazione degli obiettivi di sviluppo con quelli di salvaguardia ambientale, nel solco del principio di sostenibilità sancito a livello sovranazionale. Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce invece che la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. Qui ricorre l'intento sotteso all'intero articolato, vale a dire quello di approntare un intervento normativo che, nel sancire il dovuto riconoscimento come patrimonio culturale del Paese, valga pure a fronteggiare le criticità del settore. Siffatta previsione nasce dalla rilevazione, nel tempo, di una grave asimmetria informativa, dovuta al modo di porsi di taluni produttori sul mercato: non pochi, infatti, promuovono il proprio pomodoro rivendicandone il titolo, improprio, di vero pomodoro San Marzano. Quel che mina di fatto la credibilità dell'intero sistema di certificazione della DOP e che l'enunciato del comma 2 dell'articolo 2 si prefigge di superare.
PROPOSTA DI LEGGE
Art . 1.
(Patrimonio culturale nazionale).
1. Il pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta (DOP) e i territori della relativa produzione sono la rilevante espressione nazionale di tradizioni e di pratiche secolari, di processi storici di industrializzazione legati all'elevata vocazione agroambientale di un territorio, dell'insieme di saperi, competenze e tecniche umane, della laboriosità e della creatività popolare, nonché delle straordinarie qualità e attrattività a livello mondiale dei prodotti agroalimentari italiani e rappresentano un patrimonio culturale nazionale che, in quanto tale, è necessario salvaguardare, valorizzare e promuovere.
Art . 2.
(Produzione e commercializzazione).
1. Avuto riguardo ai profili valoriali che il prodotto esprime, l'intera produzione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP è strumento di coesione e d'integrazione sociali e assicura l'equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell'abbandono dei terreni.
2. Fermo restando quanto previsto dalla legislazione dell'Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, di presentazione e di pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alle collettività, la commercializzazione del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a DOP deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a DOP, al fine di assicurare e di tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili. | Interventi a favore del pomodoro San Marzano
Finalità
Il disegno di legge in esame - nel testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito [1] - reca Interventi a favore del pomodoro San Marzano.
Il testo in esame, originariamente recante "Riconoscimento del pomodoro San Marzano dell'agro sarnese-nocerino a denominazione di origine protetta e dei siti di relativa produzione quali patrimonio culturale nazionale", risulta dalle modifiche intervenute durante l'esame nella Commissione di merito e confluite in un nuovo testo base.
Le disposizioni in esame non sono corredate di relazione tecnica.
Si esaminano di seguito le norme considerate dalla relazione tecnica e le altre disposizioni che presentano profili di carattere finanziario.
[1] Cfr. Resoconto XIII Commissione del 19 febbraio 2020.
Analisi degli effetti finanziari
Articoli 1-7 della proposta
Le norme dispongono in tema di valorizzazione dei territori destinati alle coltivazioni del pomodoro San Marzano (articolo 1).
Si prevede l'attivazione di un piano per favorire l'utilizzazione produttiva agricola dei terreni agricoli per incentivare la coltivazione del pomodoro San Marzano da parte dei comuni dell'agro sarnese-nocerino, identificati nel disciplinare del Consorzio di tutela del pomodoro San Marzano. Tali comuni provvedono, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, ad una ricognizione complessiva dei terreni a destinazione agricola ricadenti nell'area, con un elenco dei beni aggiornato annualmente (articolo 3).
Nel caso in cui i Comuni siano titolari dei terreni, questi vengono affidati in concessione, previa presentazione di un progetto imprenditoriale, anche a titolo gratuito e per un periodo non inferiore a dieci anni, privilegiando le domande di coloro che abbiano una età compresa tra i 18 e i 46 anni. Nel caso di terreni appartenenti a privati, il comune promuove la stipula di un contratto di affitto con canone d'uso indicizzato a fronte della presentazione da parte del locatario di un progetto di valorizzazione.
Si prevede l'istituzione del circuito delle strade e delle terre del Pomodoro San Marzano, che comprende i comuni dell'agro sarnese-nocerino, identificati nel disciplinare del Consorzio di tutela del pomodoro San Marzano. Nell'ambito di tale circuito, le aziende agricole singole e associate, nell'ambito della loro attività di divulgazione della storia e della tradizione del prodotto e relativa vendita, possono richiedere il riconoscimento di un regime facoltativo di certificazione, ai sensi dell'articolo 16, lettera c) del Regolamento (UE) 1305/2013, relativo al sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)[2] (articolo 4).
Un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali definisce le modalità attuative dell'istituzione delle "Strade e delle terre del Pomodoro San Marzano".
Sono previsti interventi a sostegno della filiera nei seguenti termini (articolo 5):
compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, viene destinata una quota delle risorse disponibili per il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali a valere sui piani nazionali di settore o di filiera di propria competenza, nel limite massimo di 500 mila euro, per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore del pomodoro San Marzano (comma 1);
una quota delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 499/1999, tramite decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, viene destinata al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del pomodoro San Marzano (comma 2).
Si prevede, inoltre, l'attivazione da parte del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria di un'apposita linea di ricerca nell'ambito del Piano triennale 2018/2021 finalizzata a studi e ricerche sul miglioramento genetico e l'innovazione agronomica relativi alla coltivazione del pomodoro San Marzano (articolo 6).
Infine, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili, promuove specifiche campagne di informazione sulle qualità del pomodoro San Marzano (articolo 7).
In merito ai profili di quantificazione , si osserva quanto segue.
Sull'articolo 3 si evidenzia come la norma preveda sia l'adozione di un piano da parte dei comuni per favorire l'utilizzazione produttiva per incentivare la coltivazione del pomodoro San Marzano, sia una ricognizione dei terreni a destinazione agricola ricadenti nell'area. Al riguardo, si osserva come la sola ricognizione dei terreni sia prevista nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Appare dunque necessario chiarire se il piano possa essere adottato senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Il successivo articolo 4 prevede l'istituzione del circuito delle strade e delle terre del Pomodoro San Marzano, sul quale è possibile richiedere il riconoscimento di un regime facoltativo di certificazione. Mentre quest'ultimo punto è previsto nell'ambito del finanziamento del FEASR, sull'istituzione del circuito sopra citato manca l'indicazione di un onere, così come la previsione di finanziamenti regionali o nazionali. Sul punto appare necessario acquisire ulteriori elementi di valutazione.
Al riguardo, si riporta l'esempio della legge n. 268/1999, contenente la Disciplina delle strade del vino, in cui si prevedono finanziamenti locali, regionali, nazionali e comunitari ed il cofinanziamento dello Stato nei casi di leggi di spesa regionali per interventi di adeguamento delle aziende limitatamente agli interventi volti a migliorare le strutture indispensabili alla realizzazione degli obiettivi della legge n. 268:per il sostegno delle relative iniziative in linea generale viene autorizzata la spesa annua di lire 3 miliardi a decorrere dal 1999.
Sull'articolo 5, che prevede interventi di sostegno della filiera del pomodoro, si osserva come l'intervento previsto al comma 1, pur espresso in termini di limite di spesa, destina a una specifica finalizzazione una quota di risorse già stanziate nello stato di previsione del MIPAAF: in proposito, andrebbe chiarito se le relative risorse siano effettivamente disponibili senza pregiudizio di ulteriori interventi già finanziati a legislazione vigente sulle medesime. Inoltre, l'intervento disposto ai sensi del comma 2, consente di destinare una quota (non individuata quantitativamente) di risorse stanziate presso il MIPAAF al finanziamento di determinati progetti: trattandosi di una disposizione di carattere non obbligatorio ma facoltativo, alla quale dunque si potrà dare attuazione qualora sussistano le relative disponibilità, non si hanno osservazioni da formulare per i profili di quantificazione; si rinvia alla parte successiva per i profili di copertura finanziaria.
Sull'articolo 6, che stabilisce una linea di ricerca finalizzata a studi e ricerche sul miglioramento genetico e l'innovazione agronomica relativi alla coltivazione del pomodoro San Marzano, si rileva che questa viene prevista nell'ambito del Piano triennale 2018/2021 del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria. Appare necessario acquisire l'avviso del Governo sull'effettiva possibilità di utilizzo delle risorse del Piano sopra citato, senza incidere su impegni già assunti o programmi di interventi già avviati per le medesime finalità.
Infine, sull'articolo 7, che pone in capo al Ministero delle politiche agricole la promozione di specifiche campagne di informazione sul pomodoro San Marzano, andrebbe indicato se la promozione possa essere effettuata a invarianza di risorse oppure se siano necessari appositi stanziamenti, come peraltro previsto in interventi di analogo tenore.
(Si considerino, ad esempio, i casi recenti dell'articolo 1- ter del D.L n. 111/2019 o dei commi 297 e 453 dell'articolo 1 della legge n. 160/2019 – Bilancio per il 2020 in merito ad apposite campagne di informazione e di sensibilizzazione).
In merito ai profili di copertura finanziaria , si evidenzia che il comma 1 dell'articolo 5 stabilisce che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, destini annualmente una quota delle risorse che risultano disponibili sui piani nazionali di settore o di filiera di propria competenza, nel limite massimo di 500.000 euro, al miglioramento delle condizioni di produzione e di trasformazione nel settore del pomodoro San Marzano.
Al riguardo si segnala che i piani nazionali di settore di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sono documenti programmatici, adottati previo accordo in sede Conferenza Stato – Regioni e che gli stessi sono stati originariamente finanziati dall'articolo 1, comma 1084, della legge n. 296 del 2006, con risorse pari a 10 milioni di euro per l'anno 2007 e a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, allocate sul capitolo 7643 dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che, allo stato, risulta tuttavia privo di stanziamenti di competenza, non solo per l'anno 2020 - come si evince da un'interrogazione effettuata nella banca dati della Ragioneria generale dello Stato - ma anche per l'intero triennio 2020-2022, come risulta dal decreto di ripartizione in capitoli del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e per il triennio 2020-2022. Peraltro, si ricorda altresì che - come chiarito dal rappresentante del Governo nella XVII Legislatura nel corso dell'esame della proposta di legge C. 1373 e abb., recante norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa - per gli anni successivi al 2009, i citati piani di settore sono stati finanziati con le risorse derivanti dal rifinanziamento degli interventi di cui alla legge n. 499 del 1999, recante razionalizzazione degli interventi nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale[3].
Ciò posto, appare pertanto necessario che il Governo chiarisca se vi siano risorse ancora effettivamente disponibili in relazione all'attuazione dei piani nazionali di settore e di filiera di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e, in caso affermativo, assicuri che il loro utilizzo per le finalità di cui all'articolo 5, comma 1, non sia suscettibile di pregiudicare la realizzazione degli interventi ai quali le risorse medesime risultano preordinate.
Si evidenzia inoltre che il comma 2 dell'articolo 5 prevede – senza precisarne l'ammontare - che una quota delle risorse iscritte, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 499 del 1999, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sia destinata, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del pomodoro San Marzano.
Ciò premesso, si segnala che l'articolo 4 della citata legge n. 499 del 1999 ha provveduto al finanziamento delle attività di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali concernenti in particolare la ricerca e la sperimentazione in campo agricolo e che le relative risorse, pur essendo state allocate sul capitolo 7810 dello stato di previsione del citato Ministero per un ammontare pari a 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2020-2022, al momento, risultano interamente accantonate per l'anno 2020, come si evince da un'interrogazione effettuata nella banca dati della Ragioneria generale dello Stato.
Tutto ciò considerato, appare necessario che il Governo, in primo luogo, fornisca chiarimenti sia riguardo all'effettivo ammontare delle risorse da destinare al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e i processi di prima trasformazione del pomodoro San Marzano, sia in merito alla effettiva disponibilità di tali risorse nell'ambito degli stanziamenti iscritti, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 499 del 1999, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e, in secondo luogo, assicuri che l'utilizzo delle risorse stesse non risulti suscettibile di pregiudicare la realizzazione degli interventi ai quali detti stanziamenti risultano preordinati.
[2] La norma disciplina i regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, nel senso di prevedere un sostegno nei casi di partecipazione da parte di agricoltori e associazioni di agricoltori ai regimi facoltativi di certificazione dei prodotti agricoli riconosciuti dagli Stati membri in quanto conformi agli orientamenti dell'Unione sulle migliori pratiche riguardo ai regimi facoltativi di certificazione per i prodotti agricoli e alimentari.
[3] Si veda al riguardo la seduta della Commissione bilancio della Camera dei deputati del 5 agosto 2015. | 6,770 | 257 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1135
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 3 maggio 2023 (v. stampato Senato n. 377)
d'iniziativa dei senatori
BONGIORNO, ROMEO, STEFANI, POTENTI, CENTINAIO, BIZZOTTO, GERMANÀ, GARAVAGLIA, MARTI, BERGESIO, BORGHESI, CLAUDIO BORGHI, CANTALAMESSA, CANTÙ, DREOSTO, MINASI, MURELLI, PAGANELLA, PIROVANO, PUCCIARELLI, SPELGATTI, TESTOR, TOSATO
Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 , concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1- ter , del codice di procedura penale , in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 3 maggio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
« 2-bis . Quando si procede per il delitto previsto dall' articolo 575 del codice penale , nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609 -bis , 609 -ter , 609 -quater , 609 -quinquies , 609 -octies e 612 -bis del codice penale , ovvero dagli articoli 582 e 583 -quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione per la trattazione del procedimento se il magistrato non osserva le disposizioni dell'articolo 362, comma 1- ter , del codice di procedura penale . Entro tre giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica. Il procuratore della Repubblica, direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio, provvede senza ritardo ad assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, salvo che sussistano le imprescindibili esigenze di tutela di cui all'articolo 362, comma 1- ter , del codice di procedura penale »;
b) all'articolo 6, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
« 1-bis . Il procuratore generale presso la corte di appello ogni tre mesi acquisisce dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto del termine entro il quale devono essere assunte informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza nei procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 362, comma 1 -ter , del codice di procedura penale e invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale». | Poteri del procuratore della Repubblica in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere
Il progetto di legge in commento, approvato dal Senato, è diretto a rendere più stringente il cd. "codice rosso" , vale a dire l'obbligo del pubblico ministero, nel caso di delitti di violenza domestica o di genere , di assumere informazioni dalla persona offesa nel termine di tre giorni dall'acquisizione della notizia di reato.
Il provvedimento, secondo quanto precisato nella relazione illustrativa del disegno di legge S. 377, "è diretto ad assicurare l'effettività dell'intervento del pubblico ministero a tutela della vittima dopo l'iscrizione della notizia di reato".
A tal fine il provvedimento, nel testo approvato dal Senato, prevede che nel caso in cui il pubblico ministero assegnatario delle indagini non proceda nel termine dei tre giorni all'ascolto della persona offesa, il procuratore della Repubblica possa revocargli l'assegnazione del procedimento, procedendo direttamente, o attraverso l'assegnazione ad un altro magistrato dell'ufficio, all'assunzione di informazioni dalla persona offesa (salvo che non emerga la necessità di tutelare i minori o la riservatezza delle indagini). Il provvedimento, inoltre, prevede che il procuratore generale presso la corte di appello acquisisca con cadenza trimestrale dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto del termine fissato dall'articolo 362, comma 1-ter c.p.p. e invii al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.
Contenuto
Il provvedimento consta di un articolo unico.
Il disegno di legge, nella sua originaria formulazione, modificava l'articolo 372 c.p.p., introducendo un'ulteriore ipotesi di avocazione delle indagini preliminari da parte del procuratore generale presso la corte d'appello. Tale ipotesi ricorreva quando il pubblico ministero – nell'ambito di procedimenti per delitti di violenza domestica o di genere - non assumeva, entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza.
Nel dettaglio, il testo licenziato dal Senato al comma 1, lett. a , dell'art. 1 aggiunge un ulteriore comma (comma 2-bis) all'articolo 2 del decreto legislativo n. 106 del 2006, in materia di titolarità dell'azione penale.
Il nuovo comma 2-bis prevede che il procuratore della Repubblica - che in base proprio all'art. 2 del decreto legislativo n. 106 del 2006 è il titolare esclusivo dell'azione penale – possa, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato, se questi - nell'ipotesi in cui si proceda per delitti di violenza domestica o di genere - non rispetti il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, previsto dall'articolo 362, comma 1-ter c.p.p., per l'acquisizione di informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza.
Entro tre giorni dalla comunicazione della revoca il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica. Revocata l'assegnazione, il procuratore della Repubblica è tenuto, direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio, a provvedere senza ritardo ad assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza (salvo che ricorrano le imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini richiamate dall'art. 362, comma 1-ter, c.p.p.).
Si ricorda che aI sensi dell'art. 362, comma 1-ter, c.p.p. quando si procede per i reati di violenza domestica o di genere specificamente richiamati il pubblico ministero assume sommarie informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza (il termine "istanza" è stato interpretato nel senso di "segnalazione" proveniente dal Centro antiviolenza o qualsiasi altro presidio quale Servizi sociali, Servizi di neuropsichiatria infantile o servizi ospedalieri in genere e simili) entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini.
I delitti richiamati dalla norma sono:
omicidio (art. 575 c.p.), nella forma tentata;
maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);
violenza sessuale (artt. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.);
atti sessuali con minorenne (art. 609-quater c.p.);
corruzione di minorenne (art. 609-quinquies c.p.);
atti persecutori (art. 612-bis c.p.);
lesioni personali (art. 582 c.p.) e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583-quinquies c.p.) nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p. (l'aver commesso il fatto contro l'ascendente, il discendente, il coniuge anche legalmente separato, l'altra parte dell'unione civile o la persona stabilmente convivente o in occasione della commissione dei delitti di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, dall'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della persona offesa).
La lett. b) del comma 1 dell'art. 1 aggiunge un nuovo comma 1-bis all'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, che disciplina l' attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello.
Questa attività di vigilanza si sostanzia nell'acquisizione di dati e notizie dalle procure del distretto e nell'obbligo per il procuratore generale presso la corte d'appello di redigere una relazione annuale da inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione.
In base alla modifica proposta il procuratore generale presso la corte di appello è tenuto ogni tre mesi ad acquisire dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto del termine di cui all'art. 362, comma 1-ter, c.p.p. entro il quale devono essere assunte informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza nei procedimenti per i delitti di violenza di genere e domestica, nonché ad inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.
Analisi di impatto di genere
La legge n. 69 del 2019, nota come "codice rosso", ha trasposto nell'ordinamento italiano i principi ispiratori della Convenzione di Istanbul per la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, introducendo misure di carattere penale e processuale volte alla prevenzione dei reati di violenza di genere, alla protezione delle vittime e alla punizione dei colpevoli. Oltre a prevedere l'attivazione di una specifica procedura per tali reati, al fine di velocizzare l'instaurazione del relativo procedimento penale, la legge ha introdotto alcuni nuovi reati ( deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate - c.d. revenge porn, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ) e ha inasprito le pene di reati già esistenti (maltrattamenti contro familiari e conviventi, atti persecutori, violenza sessuale in danno di minori, aggravante per atti sessuali con minori di anni 14 in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilità, estensione dell'ambito di applicazione dell'omicidio aggravato dalle relazioni personali).
Dai dati statistici pubblicati con cadenza periodica dal Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell'interno pubblica emerge chiaramente come le vittime di questi reati siano in prevalenza donne, tanto da essere definiti reati spia della violenza di genere. I reati monitorati sono in particolare gli atti persecutori (art. 612-bis c.p.), i maltrattamenti contro familiari e conviventi (art art. 572 c.p.) e le violenze sessuali (artt. 609-bis, 609-ter e 609-octies c.p.).
L'analisi al momento più aggiornata è quella contenuta nella pubblicazione Donne vittime di violenza dell'8 marzo 2023. I dati messi a confronto sono quelli relativi al quadriennio 2019-2022, dai quali si rileva un tendenziale incremento per tutte le fattispecie in esame fino all'anno 2021 e una flessione per gli atti persecutori ed i maltrattamenti nell'anno 2022, a fronte di un ulteriore aumento per le violenze sessuali perpetrate nello stesso anno; l'incidenza delle vittime di sesso femminile sul totale delle vittime si mantiene pressoché costante, attestandosi intorno al 74% per gli atti persecutori, mentre presenta valori oscillanti tra l'81 e l'83% per i maltrattamenti contro familiari e conviventi e tra il 91 e il 93% per le violenze sessuali.
Il report contiene anche una dettagliata indagine circa la diffusione geografica di tali reati (le regioni in cui si registra l'incidenza maggiore di atti persecutori e maltrattamenti sono Campania e Sicilia, mentre per le violenze sessuali l'incidenza maggiore si registra in Emilia Romagna e Liguria), l'età delle vittime (che sono maggiorenni nella quasi totalità dei casi di atti persecutori e maltrattamenti ma solo nel 71% dei casi per le violenze sessuali) e la loro nazionalità (italiane rispettivamente nel 76% dei casi di maltrattamenti e nel 79% dei casi di violenza sessuale, con un picco dell'88% per gli atti persecutori).
Per quanto riguarda le fattispecie introdotte dalla legge n. 69 , la situazione si presenta invece più variegata. L'incidenza delle vittime di sesso femminile sul totale rimane preponderante per i reati di costrizione o induzione al matrimonio (ma con un'oscillazione molto forte dal 57% del 2020 al 96% del 2021), diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (scesa da un picco dell'83% del 2019 al 65% del 2022) e violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento (sempre oltre l'80%, ad eccezione del 79% del 2020), mentre è minoritaria per il delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (in cui non ha mai superato il 38%, con un minimo del 19% nel 2020).
Per quanto riguarda gli omicidi di donne , dall'analisi dei dati si evidenzia che nell'ultimo triennio il numero delle donne vittime di omicidio volontario è costantemente aumentato, pur mostrando un trend di crescita minore rispetto a quello che registra il dato generale degli omicidi volontari (con l'effetto di una diminuzione dell'incidenza delle vittime di sesso femminile nel 2021 e nel 2022 rispetto al 2020, malgrado l'aumento in termini assoluti dai 118 eventi del 2020 ai 125 del 2022, pari a quasi il 6% in più).
Esaminando più in dettaglio i dati degli omicidi commessi in ambito familiare/affettivo (ovvero i c.d. femminicidi), si rileva che gli stessi sono rimasti pressoché stabili in termini assoluti (101 omicidi nel 2020, 102 nel 2021 e 103 nel 2022); tuttavia l'incidenza delle donne vittime ha subito un marcato aumento nell'ultimo anno del triennio, a fronte di una sensibile diminuzione del numero generale delle vittime di tale tipologia di omicidi (arrivando a rappresentare il 73% del totale delle vittime nel 2022).
In particolare, nella sottocategoria degli omicidi commessi da partner o ex partner , il dato che viene alla luce è quello dell'assoluta preponderanza delle vittime di sesso femminile, con percentuali ben oltre il 90% nel 2020 e nel 2022; nel 2021, anno in cui maggiore è stato il numero di donne vittime (69), l'incidenza si è invece attestata all'88%. | 4,632 | 260 |
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CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1135
PROPOSTA DI LEGGE
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 3 maggio 2023 (v. stampato Senato n. 377)
d'iniziativa dei senatori
BONGIORNO, ROMEO, STEFANI, POTENTI, CENTINAIO, BIZZOTTO, GERMANÀ, GARAVAGLIA, MARTI, BERGESIO, BORGHESI, CLAUDIO BORGHI, CANTALAMESSA, CANTÙ, DREOSTO, MINASI, MURELLI, PAGANELLA, PIROVANO, PUCCIARELLI, SPELGATTI, TESTOR, TOSATO
Modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 , concernenti i poteri del procuratore della Repubblica nei casi di violazione dell'articolo 362, comma 1- ter , del codice di procedura penale , in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica
il 3 maggio 2023
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
1. Al decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
« 2-bis . Quando si procede per il delitto previsto dall' articolo 575 del codice penale , nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 572, 609 -bis , 609 -ter , 609 -quater , 609 -quinquies , 609 -octies e 612 -bis del codice penale , ovvero dagli articoli 582 e 583 -quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del medesimo codice, il procuratore della Repubblica può, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione per la trattazione del procedimento se il magistrato non osserva le disposizioni dell'articolo 362, comma 1- ter , del codice di procedura penale . Entro tre giorni dalla comunicazione della revoca, il magistrato può presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica. Il procuratore della Repubblica, direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio, provvede senza ritardo ad assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, salvo che sussistano le imprescindibili esigenze di tutela di cui all'articolo 362, comma 1- ter , del codice di procedura penale »;
b) all'articolo 6, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
« 1-bis . Il procuratore generale presso la corte di appello ogni tre mesi acquisisce dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto del termine entro il quale devono essere assunte informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza nei procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 362, comma 1 -ter , del codice di procedura penale e invia al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale». | Poteri del procuratore della Repubblica in materia di assunzione di informazioni dalle vittime di violenza domestica e di genere
Contenuto
Il provvedimento si compone di un unico articolo, che apporta alcune modifiche al decreto legislativo n. 106 del 2006 (Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero), attuativo della delega prevista dalla L. 25 luglio 2005, n. 150 (c.d. "riforma Castelli").
Nel dettaglio, il comma 1, lettera a) , interviene sull'articolo 2 del citato decreto legislativo, in base al quale il procuratore della Repubblica è il titolare esclusivo dell' azione penale , aggiungendovi un ulteriore comma (comma 2- bis ) al fine di prevede che lo stesso procuratore della Repubblica possa, con provvedimento motivato, revocare l'assegnazione del procedimento al magistrato designato, se questi - nell'ipotesi in cui si proceda per delitti di violenza domestica o di genere - non rispetti il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, previsto dall'articolo 362, comma 1-ter c.p.p., per l'acquisizione di informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza.
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 362, comma 1- ter , c.p.p., quando si procede per i reati di violenza domestica o di genere specificamente richiamati il pubblico ministero assume sommarie informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza (il termine "istanza" è stato interpretato nel senso di "segnalazione" proveniente dal Centro antiviolenza o qualsiasi altro presidio quale Servizi sociali, Servizi di neuropsichiatria infantile o servizi ospedalieri in genere e simili) entro il termine di tre giorni dall'iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini.
I delitti richiamati dalla norma sono:
omicidio (art. 575 c.p.), nella forma tentata;
maltrattamenti contro familiari e conviventi (art. 572 c.p.);
violenza sessuale (artt. 609- bis , 609- ter e 609- octies c.p.);
atti sessuali con minorenne (art. 609- quater c.p.);
corruzione di minorenne (art. 609- quinquies c.p.);
atti persecutori (art. 612- bis c.p.);
lesioni personali (art. 582 c.p.) e deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (art. 583- quinquies c.p.) nelle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1 e ai sensi dell'art. 577, primo comma n. 1 e secondo comma, c.p. (l'aver commesso il fatto contro l'ascendente, il discendente, il coniuge anche legalmente separato, l'altra parte dell'unione civile o la persona stabilmente convivente o in occasione della commissione dei delitti di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, dall'autore del delitto di atti persecutori nei confronti della persona offesa).
La medesima lettera a) prevede, inoltre, che entro tre giorni dalla comunicazione della revoca il magistrato possa presentare osservazioni scritte al procuratore della Repubblica. Revocata l'assegnazione, il procuratore della Repubblica è tenuto, direttamente o mediante assegnazione a un altro magistrato dell'ufficio, a provvedere senza ritardo ad assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza (salvo che ricorrano le imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini richiamate dall'art. 362, comma 1- ter , c.p.p.).
Il comma 1, lettera b) , aggiunge un nuovo comma (1- bis) all'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 106 del 2006, che disciplina l' attività di vigilanza del procuratore generale presso la corte di appello.
L'attività di vigilanza si sostanzia nell'acquisizione di dati e notizie dalle procure del distretto e nell'obbligo per il procuratore generale presso la corte d'appello di redigere una relazione annuale da inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione.
In base alla modifica prevista, il procuratore generale presso la corte di appello è tenuto:
ad acquisire, ogni tre mesi, dalle procure della Repubblica del distretto i dati sul rispetto del termine entro il quale devono essere assunte informazioni, ai sensi del citato articolo 362, comma 1- ter, c.p.p.;
ad inviare al procuratore generale presso la Corte di cassazione una relazione almeno semestrale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
La proposta di legge incide sulla materia "ordinamento penale" che l'art. 117, comma secondo, lett. l), della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato. | 2,428 | 261 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1391 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1391
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2018 (v. stampato Senato n. 772)
presentato dal ministro degli affari esteri
e della cooperazione internazionale
( MOAVERO MILANESI )
e dal ministro della difesa
( TRENTA )
di concerto con il ministro della giustizia
( BONAFEDE )
e con il ministro dell'economia e delle finanze
( TRIA )
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 21 novembre 2018
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 7 dell'Accordo stesso.
Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)
1. All'onere derivante dall'articolo 2 dell'Accordo di cui all'articolo 1, pari a euro 4.529 annui ad anni alterni, a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dalle disposizioni dell'Accordo di cui all'articolo 1, ad esclusione degli oneri previsti dall'articolo 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Agli eventuali oneri derivanti dall'articolo 7, comma 2, dell'Accordo di cui all'articolo 1 si fa fronte con apposito provvedimento legislativo.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Accordo con il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa
Finalità
Il disegno di legge reca la ratifica dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017.
Il provvedimento è corredato di relazione tecnica.
Nella presente Nota sono riportati sinteticamente i contenuti delle disposizioni dell'Accordo che presentano profili di carattere finanziario e le informazioni fornite dalla relazione tecnica [vedi tabella]. Vengono quindi esposti gli elementi di analisi e le richieste di chiarimento considerati rilevanti ai fini di una verifica delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica.
Oneri Quantificati dal provvedimento
(euro)
A decorrere dal 2018 Art. 3 disegno di legge di ratifica
4.529
Verifica delle quantificazioni
Disposizioni dell'Accordo che presentano profili finanziari
Elementi forniti dalla relazione tecnica Articoli 1-7 : le norme prevedono che ciascuna parte metta a disposizione dell'altra gli equipaggiamenti e la tecnologia necessaria alla realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e produzione congiunta o di progetti per migliorare la cooperazione di sicurezza e difesa. La definizione dei progetti è demandata ad accordi tra le parti, mentre l'individuazione degli equipaggiamenti e della tecnologia da trasferire in relazione a tali progetti è definita da un comitato congiunto appositamente costituito. Il comitato, per la parte italiana, è composto da due rappresentanti del Ministero della difesa ed un rappresentante del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Articoli 1 e 2).
Si stabilisce che l'Accordo e le intese discendenti che verranno eventualmente sottoscritte saranno concretamente attuati nel rispetto degli stanziamenti di bilancio (articolo 5).
Si prevede infine che l'Accordo potrà essere emendato. Le modifiche sono comunque soggette a ratifica (articolo 7).
La relazione tecnica afferma che l'articolo 2 dell'Accordo comporta nuovi e maggiori oneri. Dal momento che istituisce un comitato congiunto, composto, per la parte italiana, da due rappresentanti del Ministero della difesa ed un rappresentante del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI).
Per il rappresentante del MAECI non si configurano oneri aggiuntivi, poiché nel caso dì riunioni in Giappone la partecipazione alle riunioni del comitato è assicurata dal personale d'Ambasciata.
Per gli altri due componenti (1 dirigente militare e 1 tenente colonnello) la quantificazione degli oneri è determinata supponendo che il Comitato si riunisca una volta all'anno, alternativamente in Italia e in Giappone, e che le riunioni durino 4 giorni. Sulla base di tale ipotesi le maggiori spese sono determinate come segue:
- Pernottamento. Si stima una spesa di 150 euro per notte. Considerando 2 persone e 3 notti di permanenza in albergo, si ottiene un montante di 900 euro;
- La diaria giornaliera del dirigente militare è pari a 141,30 euro. Considerando 4 giorni di permanenza si ottiene un importo complessivo arrotondato di 565 euro. La relazione tecnica illustra nel dettaglio il procedimento seguito per la determinazione dell'importo della diaria;
- La diaria giornaliera del tenente colonnello è pari a 135,95 euro. Considerando 4 giorni di permanenza si ottiene un importo complessivo arrotondato di 544 euro. La relazione tecnica illustra nel dettaglio il procedimento seguito per la determinazione dell'importo della diaria;
- Le spese di viaggio sono determinate in 2.520 euro, assumendo un costo del biglietto aereo pari a 1.260 euro.
- Sommando gli importi indicati nei punti precedenti, si determina un onere di 4.529.
La RT precisa anche che:
- il supporto tecnico-amministrativo alla controparte sarà fornito soltanto in caso di rimborso degli eventuali oneri da sostenere;
- l'eventuale sottoscrizione di intese attuative discendenti dall'Accordo non dovrà determinare oneri aggiuntivi a carico dello Stato ai sensi di quanto disposto dall'articolo 5 dell'Accordo stesso;
- si prevede esplicitamente, ai sensi dell'articolo 4 del disegno di legge di ratifica, che in caso di introduzione di emendamenti che implichino nuovi spese sarà necessario approvare un apposito provvedimento legislativo.
La RT conclude affermando che dalle disposizioni dell'articolo 1 dell'Accordo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. ##### Disposizioni del disegno di legge di ratifica che presentano profili finanziari
Elementi forniti dalla relazione tecnica Articolo 3 : quantifica l'onere derivante dall'articolo 2 dell'Accordo, pari a euro 4.529 annui ad anni alterni, a decorrere dall'anno 2018. Alla copertura dell'onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Articolo 4 : reca una clausola di invarianza finanziaria, che prevede che dalle disposizioni dell'Accordo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, fatti salvi quelli coperti ai sensi dell'articolo 3 del disegno di legge di ratifica. Agli eventuali oneri che dovessero derivare dall'articolo 7, comma 2, dell'Accordo, si farà fronte con apposito provvedimento legislativo.
La relazione tecnica non considera le norme recate dal disegno di legge di ratifica. In merito ai profili di quantificazione, si rileva che gli unici oneri valutati dalla relazione tecnica sono quelli connessi alle riunioni del comitato previste dall'articolo 2 dell'Accordo. Tali riunioni sono finalizzate a definire gli equipaggiamenti e la tecnologia da trasferire all'altra parte contraente in relazione a progetti che, ai sensi dell'articolo 1 dell'Accordo, saranno definiti dalle parti per il tramite dei canali diplomatici. Si rileva altresì che la RT nulla specifica in merito a tali progetti, limitandosi ad affermare che dalle disposizioni dell'articolo 1 dell'Accordo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tanto premesso, appare necessario che il Governo fornisca indicazioni sulla natura dei progetti in questione, al fine di verificare l'ipotesi di invarianza finanziaria connessa alla realizzazione dei progetti medesimi.
In merito ai profili di copertura finanziaria, si evidenzia che l'articolo 3, comma 1, stabilisce che all'onere derivante dall'attuazione dell'Accordo, pari a 4.529 euro annui ad anni alterni a decorrere dal 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale relativo al triennio 2018-2020, che reca le necessarie disponibilità. | 2,874 | 275 |
./data/hdd_data/secondData/20231018/LEG18/AC-1391 | true | XVIII LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
N. 1391
DISEGNO DI LEGGE
APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 20 novembre 2018 (v. stampato Senato n. 772)
presentato dal ministro degli affari esteri
e della cooperazione internazionale
( MOAVERO MILANESI )
e dal ministro della difesa
( TRENTA )
di concerto con il ministro della giustizia
( BONAFEDE )
e con il ministro dell'economia e delle finanze
( TRIA )
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017
Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 21 novembre 2018
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017.
Art. 2.
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 7 dell'Accordo stesso.
Art. 3.
(Disposizioni finanziarie)
1. All'onere derivante dall'articolo 2 dell'Accordo di cui all'articolo 1, pari a euro 4.529 annui ad anni alterni, a decorrere dall'anno 2018, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 4.
(Clausola di invarianza finanziaria)
1. Dalle disposizioni dell'Accordo di cui all'articolo 1, ad esclusione degli oneri previsti dall'articolo 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Agli eventuali oneri derivanti dall'articolo 7, comma 2, dell'Accordo di cui all'articolo 1 si fa fronte con apposito provvedimento legislativo.
Art. 5.
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale . | Accordo con il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa
Contenuto dell'accordo
L' Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017 è volto a consolidare la collaborazione bilaterale in materia di sicurezza nel quadro dell'intento, comune alle parti, di contribuire alla pace e alla stabilità internazionale.
Nella relazione illustrativa del provvedimento (A.S. si evidenzia che la cooperazione tra Italia e Giappone nel settore della difesa è stata avviata con la Dichiarazione di intenti tra i Ministri della difesa della Repubblica italiana e del Giappone sottoscritta nel 2012, che ha fissato la comune intenzione di avviare il dialogo in ambito militare, e ribadita con il Memorandum d'intesa firmato nel maggio 2017 dai due Ministri della difesa, incentrato sulla cooperazione e gli scambi nel settore della difesa al fine di migliorare la reciproca comprensione sulle questioni di politica militare e di sicurezza.
La relazione richiama il quadro normativo vigente in materia di trasferimento di equipaggiamenti e tecnologia i difesa, segnalando, in particolare, che l'entrata in vigore dell'Accordo in esame – ai sensi del combinato disposto dell'articolo 537 -ter del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 maggio 2015, n.104 (Regolamento per la disciplina delle attività del Ministero della difesa in materia di cooperazione con altri Stati per i materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale, a norma dell'articolo 537-ter del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66) – consentirà al Ministero della difesa, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di svolgere attività di supporto tecnico-amministrativo in favore del Governo di Tokyo in relazione all'eventuale acquisizione da parte dello stesso di materiali per la difesa prodotti dall'industria nazionale, nel rigoroso rispetto dei princìpi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d'armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento.
Si rammenta, in proposito, che l'articolo 537- bis del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 consente la partecipazione del Ministero della difesa , tramite le sue articolazioni, d'intesa con il Ministero degli affari esteri , alle attività di supporto tecnico amministrativo e logistico, nonché di assistenza tecnica - con esclusione delle attività contrattuali - con altri Stati esteri, per l'acquisto da parte dei citati Stati di materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale, ovvero in uso alle Forze armate italiane.
La disposizione pone come condizione di operatività l'esistenza di accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare tra l'Italia e il Paese con il quale si intende procedere a talune delle richiamate operazioni ed il pieno rispetto della normativa in materia di esportazione di materiali d'armamento di cui alla legge n. 185 del 1990.
La disposizione ha demandato ad un apposito regolamento il compito di definire una disciplina di carattere generale concernente le attività di supporto tecnico e amministrativo del Ministero della Difesa nell'ambito delle attività di cooperazione con gli Stati esteri con i quali siano stati siglati accordi intergovernativi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico- militare ratificati dal Parlamento. Il Regolamento è stato adottato con il D.P.R. del 6 maggio 2015, n. 104.
L'articolo 537- bis specifica, infine, che le somme percepite per il rimborso dei costi sostenuti per le citate attività siano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere integralmente riassegnati ai fondi di cui all'articolo 619 del codice dell'ordinamento militare.
In relazione al tema della cooperazione internazionale nel settore della difesa, si ricorda che l'Italia nel corso dei decenni ha stipulato accordi di cooperazione militare, e più in generale nel settore della difesa, con una molteplicità di Paesi, anche in ossequio alle direttrici fondamentali della propria politica estera e di sicurezza. Nell'ambito di tali accordi sono ricorrenti clausole che riguardano il commercio di armamenti, sovente con il riferimento a più ampi quadri di cooperazione internazionale che ne assicurano la praticabilità in relazione alla sicurezza.
Quanto al contenuto, l'Accordo si compone di 7 articoli preceduti da un breve preambolo. Nel preambolo viene richiamato l'Accordo italo-giapponese sulla sicurezza delle informazioni in vigore dal 7 giugno 2016, nonché la sottoscrizione dell'I ndividual Partnership and Cooperation Programme between NATO and Japan intervenuta a Bruxelles il 6 maggio 2014.
Si rammenta che l' Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone sulla sicurezza delle informazioni , firmato a Roma il 19 marzo 2016 ed entrato in vigore previa notifica delle due parti, non occorrendo il procedimento di ratifica parlamentare, ha durata annuale, tacitamente rinnovabile per periodi di un anno, salvo denuncia entro 90 giorni (articolo 21 dell'Accordo).
L' Individual Partnership and Cooperation Programme between NATO and Japan- IPICP sottoscritto il 6 maggio 2014 dal Primo ministro Shinzo Abe e, per la NATO, dal Segretario Generale Anders Fogh Rasmussen, si incentra, in particolare, sulla lotta alla pirateria marittima, sulla gestione dei conflitti nei teatri più complessi, sulla cybersicurezza nonché sul rafforzamento della presenza del Giappone a fianco delle forze dell'Alleanza Atlantica nella estione delle emergenze unamitarie e delle catastrofi naturali.
L'articolo 1 enuncia lo scopo dell'Accordo. Ai sensi del comma 1, ciascuna Parte metterà a disposizione dell'altra tutti gli equipaggiamenti e la tecnologia necessaria alla realizzazione di progetti di ricerca, sviluppo e produzione congiunta ovvero di progetti finalizzati a migliorare la cooperazione bilaterale di sicurezza e difesa come individuati al comma successivo; il comma 2 dispone che la definizione dei progetti, che avverrà per il tramite dei canali diplomatici, tenga in considerazione la redditività commerciale e la sicurezza dei due paesi.
Con l'articolo 2 viene istituito un Comitato congiunto al fine di definire la natura degli equipaggiamenti e della tecnologia di difesa oggetto di eventuali trasferimenti. Tale Comitato congiunto sarà composto da tre membri di ciascuna Parte: per l'Italia vi parteciperanno due rappresentanti del Ministero della difesa e uno del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; per il Giappone un rappresentante del Ministero della difesa, uno del Ministero degli affari esteri e un rappresentante del Ministero dell'economia, del commercio e dell'industria (commi 1 e 2). Le informazioni necessarie per determinare quali equipaggiamenti e tecnologie verranno trasferiti si avvarranno dei canali diplomatici (commi 3 e 4). Il comma 5 stabilisce che ai fini dell'attuazione dell'Accordo le autorità competenti delle parti - per l'Italia il Ministero della difesa e per il Giappone il Ministero della difesa e il Ministero dell'economia, del commercio e dell'industria - concludano intese discendenti di dettaglio volte a specificare quali equpaggiamenti e tecnologia di difesa saranno trasferiti, ad individuare le persone he si occuperanno del trasferimento nonché i termini concreti e le condizioni del medesimo.
Ai sensi dell'articolo 3 le Parti sono tenute ad utilizzare gli equipaggiamenti e la tecnologia di difesa eventualmente scambiati in rigoroso ossequio ai princìpi della Carta delle Nazioni Unite; è vietato il trasferimento a terzi del diritto di proprietà o di possesso dei materiali oggetto di trasferimento senza il previo consenso della Parte che lo ha eseguito.
L'articolo 4 regola la protezione delle informazioni classificate scambiate tra le Parti ai sensi dell'Accordo in esame, prevedendo il rispetto dei propri ordinamenti nazionali e in conformità agli accordi sottoscritti tra le Parti in materia.
Al riguardo, si rammenta che, come evidenziato nel commento alla premessa, l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone sulla sicurezza delle informazioni, firmato a Roma il 19 marzo 2016, è entrato in vigore il 7 giugno 2016.
L'articolo 5 prevede che l'Accordo e tutte le intese da esso discendenti saranno concretamente attuate nel rispetto degli ordinamenti nazionali e degli stanziamenti di bilancio di ciascuna Parte.
A norma dell'articolo 6 le controversie derivanti dall'interpretazione o dall'applicazione dell'Accordo e delle relative intese discendenti saranno risolte attraverso consultazioni tra le Parti.
L'articolo 7 econtiene le disposizioni finali dell'Accordo, prevedendo che lo stesso:
– entrerà in vigore a partire dalla data di ricezione dell'ultima delle due notifiche scritte con cui le Parti si informeranno, attraverso i canali diplomatici, dell'avvenuto espletamento delle rispettive procedure nazionali;
– potrà essere modificato in qualsiasi momento mediante consenso scritto delle Parti (tali emendamenti entreranno in vigore con le medesime procedure previste per l'Accordo);
– rimarrà in vigore per un periodo di cinque anni automaticamente rinnovato ogni anno, salvo denuncia in forma scritta con novanta giorni di anticipo dell'intenzione di una delle parti di terminare l'Accordo.
Contenuto del disegno di legge di ratifica
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017, consta di cinque articoli. Il provvedimento (AS 772) è stato approvato da quel ramo del Parlamento il 20 novembre scorso.
Si segnala che il provvedimento in esame riproduce i contenuti dell' A.S. 2971, di iniziativa governativa, presentato al Senato il 10 novembre 2017, del quale la Commissione esteri aveva avviato l'esame nella seduta del 7 dicembre 2017. L'iter del disegno di legge non è ulteriormente proseguito in seguito alla conclusione della XVII Legislatura.
Gli articoli 1 e 2 contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica e il relativo ordine di esecuzione.
L'articolo 3, comma 1, dedicato alle disposizioni finanziarie, prevede che agli oneri previsti dall'attuazione dell'Accordo, imputati alle disposizioni dell'articolo 2 in tema di Comitato congiunto e pari a euro 4.529 annui ad anni alterni decorrere dall'anno 2018, si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto ai fini del bilancio triennale 2018-2020 nel programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018, con parziale utilizzazione dell'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanza ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
L' articolo 4 contiene una clausola di invarianza finanziaria nella quale viene precisato che dalle disposizioni dell'Accordo italo-giapponese in esame non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (comma 1). Agli oneri eventualmente derivanti dagli emendamenti all'Accordo, previsti dalle disposizioni dell'articolo 7, comma 2 dell'Accordo medesimo, si farà fronte con apposito provvedimento legislativo.
L'articolo 5, infine, prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione alla ratifica il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
Il provvedimento si inquadra nell'ambito della politica estera e dei rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, letter a a) della Costituzione, materia demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. | 4,452 | 276 |