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32004R1222 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 1222/2004 DEL CONSIGLIO
del 28 giugno 2004
relativo all'elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 104, paragrafo 14, terzo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere della Banca Centrale europea (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (3), contiene la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno, pertinente ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi, e fissa un calendario per la comunicazione alla Commissione dei dati annuali relativi al debito pubblico e di altre variabili dei conti pubblici.
(2)
La disponibilità di dati sui conti pubblici, compresi dati sul debito pubblico, con cadenza trimestrale è della massima importanza per l'analisi economica e l'adeguata sorveglianza della situazione di bilancio negli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (4), il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (5) ed il regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (6) disciplinano l'elaborazione e la comunicazione di dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche, ma non includono dati trimestrali sul debito pubblico.
(3)
Per chiarezza, e vista la funzione specifica del regolamento (CE) n. 3605/93 nell'applicazione della procedura per i disavanzi eccessivi, l'elaborazione e la comunicazione dei dati sul debito pubblico su base trimestrale dovrebbe essere disciplinata da un atto giuridico autonomo.
(4)
Occorre definire il debito pubblico su base trimestrale in modo da assicurare la coerenza con la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno contenuta nel regolamento (CE) n. 3605/93. Tale coerenza dovrebbe essere mantenuta anche qualora il Consiglio modifichi il regolamento (CE) n. 3605/93 o qualora la Commissione introduca in detto regolamento nuovi riferimenti al Sistema europeo dei conti («SEC 95»), istituito dal regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (7).
(5)
I regolamenti (CE) n. 264/2000, n. 1221/2002 e n. 501/2004 stabiliscono che i dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche devono essere comunicati entro tre mesi dalla fine del trimestre cui si riferiscono. Questo termine è adeguato anche per i dati trimestrali sul debito pubblico,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
«pubblico»: ciò che riguarda il settore «amministrazioni pubbliche» quale è definito nel Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (denominato in seguito «SEC 95») adottato dal regolamento (CE) n. 2223/96. I codici tra parentesi si riferiscono al SEC 95.
«Debito pubblico su base trimestrale»: il valore nominale di tutte le passività (lorde) del settore «amministrazioni pubbliche» (S.13) in essere alla fine di ciascun trimestre, ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attività finanziarie detenute dal settore «amministrazioni pubbliche» (S.13).
Il debito pubblico su base trimestrale è costituito dalle passività delle amministrazioni pubbliche classificate nelle categorie seguenti: biglietti, monete e depositi (AF.2), titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (AF.33), e prestiti (AF.4), secondo le definizioni del SEC 95.
Il valore nominale di una passività in essere alla fine di ciascun trimestre è il valore facciale.
Il valore nominale di una passività indicizzata corrisponde al valore facciale aumentato dell'incremento indicizzato del valore in conto capitale maturato alla fine di ciascun trimestre.
Le passività denominate in valuta estera o convertite da una valuta estera mediante accordi contrattuali in una o più valute estere sono convertite nelle altre valute estere al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre.
Le passività denominate nella moneta nazionale e convertite mediante accordi contrattuali in una valuta estera sono convertite nella valuta estera al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre.
Le passività denominate in valuta estera e convertite mediante accordi contrattuali nella moneta nazionale sono convertite nella moneta nazionale al tasso convenuto nei predetti accordi.
Articolo 2
Calendario
1. Gli Stati membri elaborano e comunicano alla Commissione i dati sul debito pubblico su base trimestrale entro tre mesi dalla fine del trimestre cui i dati si riferiscono.
Simultaneamente sono comunicate le eventuali revisioni dei dati trimestrali per i trimestri precedenti.
2. I dati sul debito pubblico su base trimestrale sono comunicati per la prima volta entro il 31 dicembre 2004.
3. La Commissione ha la facoltà di concedere una deroga, non superiore a un anno, per quanto riguarda la prima comunicazione dei dati trimestrali, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.
Articolo 3
Dati retrospettivi
I dati retrospettivi relativi ai trimestri a partire dal primo trimestre 2000 sono comunicati entro il 31 dicembre 2004. Se necessario, tali dati possono essere elaborati secondo il principio della «migliore stima».
Articolo 4
Modifiche
1. Qualora il Consiglio decida di modificare il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio in base alle norme in materia di competenza e alle norme procedurali definite dal trattato, esso modifica contemporaneamente l'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti.
2. Qualora la Commissione introduca nuovi riferimenti al SEC 95 nell'articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 3605/93, conformemente all'articolo 7 del medesimo, essa introduce contemporaneamente questi stessi nuovi riferimenti nell'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. CULLEN
(1) Parere espresso il 30 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere espresso il 19 aprile 2004.
(3) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 351/2002 della Commissione (GU L 55 del 26.2.2002, pag. 23).
(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.
(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.
(6) GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1.
(7) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1). | Dati sul debito pubblico su base trimestrale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce che i paesi membri devono elaborare e comunicare alla Commissione europea (Eurostat) dati sul debito pubblico su base trimestrale*. In precedenza, i dati coprivano solamente il debito pubblico su base annuale.
PUNTI CHIAVE
I paesi membri devono trasmettere questi dati alla Commissione europea al più tardi entro tre mesi dalla fine del relativo trimestre.
I dati riguardano le seguenti passività delle amministrazioni pubbliche:biglietti, monete e depositi; titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati, e i prestiti. A seconda del tipo di passività (indicizzate o denominate in valuta nazionale o estera) vanno applicate regole specifiche.
La scadenza per la trasmissione dei primi dati, comprendenti i dati dal 1o gennaio 2000, era il 31 dicembre 2004.
Nel caso della Croazia, la richiesta era di inviare i dati relativi al primo trimestre 2012 entro il 1o ottobre 2013 e i dati precedenti dal 1o gennaio 2002 al 31 dicembre 2011 entro la fine di dicembre 2015.
La Commissione ha facoltà di dare a un paese membro fino a un anno per la trasmissione dei primi dati se si rendessero necessari cambiamenti importanti al suo sistema statistico nazionale.
I governi dell’Unione europea devono inoltre fornire alla Commissione i dati trimestrali relativi a:statistiche congiunturali della finanza pubblica* (Regolamento (CE) n. 264/2000) conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (Regolamento (CE) n. 1221/2002) conti trimestrali finanziari delle amministrazioni pubbliche, che non includono il debito pubblico trimestrale (Regolamento (CE) n. 501/2004).
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 22 luglio 2004.
CONTESTO
Avere dati trimestrali aggiornati sulla finanza pubblica è essenziale per poter seguire e analizzare le tendenze economiche e monetarie. Il debito pubblico è uno dei criteri di convergenza previsti nel trattato di Maastricht per il monitoraggio della situazione economica di un paese.
All’interno della procedura per i disavanzi eccessivi del Patto di stabilità e crescita dell’Unione europea, i paesi della zona euro devono dimostrare di avere una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri. Uno di questi sancisce che il debito pubblico non deve eccedere il 60% del prodotto interno lordo.
Il Regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, ha definito il debito pubblico in essere alla fine dell’anno. Ha inoltre definito le scadenze originali entro le quali i paesi membri devono fornire i dati alla Commissione. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito con il Regolamento (CE) n. 479/2009. Esso richiede ai paesi membri di dare comunicazione alla Commissione del loro disavanzo pubblico effettivo e previsto due volte all’anno (entro il 1o aprile e entro il 1o ottobre).
TERMINI CHIAVE
Debito pubblico su base trimestrale: il valore nominale di tutte le passività in essere alla fine di ciascun trimestre. «Pubblico», in quest’ambito, si riferisce agli enti di governo generale, centrale, statale e locale e ai fondi di sicurezza sociale.
Statistiche congiunturali della finanza pubblica: dati statistici congiunturali per le seguenti categorie di risorse e impieghi delle amministrazioni pubbliche:nella sezione delle risorse:imposte sulla produzione e sulle importazioni, econtributi sociali effettivi;nella sezione degli impieghi:prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1222/2004 del Consiglio, del 28 giugno 2004, relativo all’elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale (GU L 233 del 2.7.2004, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1222/2004 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all’attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4). | 4,323 | 831 |
32008F0913 | false | DECISIONE QUADRO 2008/913/GAI DEL CONSIGLIO
del 28 novembre 2008
sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 29 e 31, nonché l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il razzismo e la xenofobia costituiscono violazioni dirette dei principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi sui quali l’Unione europea è fondata e che sono comuni agli Stati membri.
(2)
Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (2), le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2000 sulla posizione dell’Unione europea nella Conferenza mondiale contro il razzismo e sull’attuale situazione nell’Unione (3) e la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’aggiornamento semestrale del quadro di controllo per l’esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di «libertà, sicurezza e giustizia» nell’Unione europea (secondo semestre 2000) sollecitano un’azione in questo campo. Nel programma dell’Aia del 4 e 5 novembre 2004, il Consiglio ricorda il suo risoluto impegno a contrastare ogni forma di razzismo, di antisemitismo e di xenofobia espresso dal Consiglio europeo nel dicembre 2003.
(3)
All’azione comune 96/443/GAI, del 15 luglio 1996, del Consiglio nell’ambito dell’azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (4), dovrebbe far seguito una nuova azione legislativa che soddisfi la necessità di ravvicinare maggiormente le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e di superare gli ostacoli che si frappongono a un’efficace cooperazione giudiziaria, dovuti principalmente alle divergenze fra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.
(4)
In base alla valutazione dell’azione comune 96/443/GAI e ai lavori svolti in altre sedi internazionali, quali il Consiglio d’Europa, in materia di cooperazione giudiziaria sussistono ancora alcune difficoltà; occorre pertanto ravvicinare ulteriormente il diritto penale degli Stati membri per garantire l’efficace applicazione di una normativa chiara ed esaustiva per lottare contro il razzismo e la xenofobia.
(5)
Il razzismo e la xenofobia costituiscono una minaccia per i gruppi di persone che sono bersaglio di tale comportamento. È necessario definire nei confronti di tale fenomeno un’impostazione penale che sia comune all’Unione europea, per fare in modo che gli stessi comportamenti costituiscano reati in tutti gli Stati membri e che siano previste pene efficaci, proporzionate e dissuasive per le persone fisiche e giuridiche che hanno commesso simili reati o ne sono responsabili.
(6)
Gli Stati membri riconoscono che la lotta contro il razzismo e la xenofobia richiede vari tipi di misure in un quadro globale e non può essere limitata alle questioni penali. La presente decisione quadro si limita a combattere forme di razzismo e xenofobia particolarmente gravi mediante il diritto penale. Poiché le tradizioni culturali e giuridiche degli Stati membri sono in parte diverse, in particolare in questo campo, non è attualmente possibile una piena armonizzazione delle norme penali.
(7)
Nella presente decisione quadro, «ascendenza» dovrebbe essere intesa come riferita principalmente a persone o gruppi di persone che hanno tra i loro ascendenti persone che potrebbero essere individuate in base a determinate caratteristiche (quali la razza o il colore), la totalità delle quali non necessariamente sussiste tuttora. Ciononostante, in conseguenza della suddetta ascendenza tali persone o gruppi di persone possono essere oggetto di odio o violenza.
(8)
«Religione» dovrebbe essere intesa come riferita in senso ampio a persone definite in riferimento alle loro convinzioni religiose o al loro credo.
(9)
«Odio» dovrebbe essere inteso come riferito all’odio basato sulla razza, il colore, la religione, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica.
(10)
La presente decisione quadro non impedisce a uno Stato membro di adottare nella propria legislazione nazionale disposizioni che estendano l’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d), a reati commessi contro un gruppo di persone definite secondo criteri diversi da razza, colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quali lo status sociale o le convinzioni politiche.
(11)
Occorrerebbe fare in modo che le indagini e le azioni penali relative ai reati di stampo razzista e xenofobo non siano subordinate a denunce o accuse da parte delle vittime, che spesso sono particolarmente vulnerabili e riluttanti a intentare un’azione giudiziaria.
(12)
L’armonizzazione del diritto penale dovrebbe permettere di combattere più efficacemente i reati di stampo razzista e xenofobo, promuovendo una piena ed effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Il Consiglio dovrebbe tenere conto delle eventuali difficoltà esistenti in questo settore al momento del riesame della presente decisione quadro, al fine di valutare se siano necessarie ulteriori misure in proposito.
(13)
Poiché l’obiettivo della presente decisione quadro, vale a dire di rendere i reati di stampo razzista e xenofobo passibili in tutti gli Stati membri almeno di un livello minimo di sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive, non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri, in quanto le norme devono essere comuni e compatibili, e può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, quest’ultima può intervenire, in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea; in ottemperanza al principio di proporzionalità sancito in quest’ultimo articolo, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.
(14)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, segnatamente dagli articoli 10 e 11, e iscritti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nei capitoli II e VI.
(15)
Considerazioni relative alla libertà di associazione e di espressione, in particolare della libertà di stampa e della libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, hanno dato luogo, nel diritto nazionale di molti Stati membri, a garanzie procedurali e a norme particolari concernenti la determinazione o la limitazione della responsabilità.
(16)
L’azione comune 96/443/GAI dovrebbe essere abrogata, dato che, con l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (5), nonché della presente decisione quadro, essa risulta superata,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
Articolo 1
Reati di stampo razzista o xenofobo
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili:
a)
l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica;
b)
la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale;
c)
l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro;
d)
l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro.
2. Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere di rendere punibili soltanto i comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o che sono minacciosi, offensivi o ingiuriosi.
3. Ai fini del paragrafo 1, il riferimento alla religione è diretto a comprendere almeno i comportamenti usati come pretesto per compiere atti contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica.
4. All’atto dell’adozione della presente decisione quadro o in un momento successivo, uno Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui renderà punibili la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di cui al paragrafo 1, lettere c) e/o d), solo qualora tali crimini siano stati accertati da una decisione passata in giudicato di un organo giurisdizionale nazionale di detto Stato membro e/o di un tribunale internazionale, oppure esclusivamente da una decisione passata in giudicato di un tribunale internazionale.
Articolo 2
Istigazione e complicità
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile l’istigazione ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d).
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile la complicità nel porre in essere i comportamenti di cui all’articolo 1.
Articolo 3
Sanzioni penali
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 siano resi punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui all’articolo 1 siano resi punibili con sanzioni penali che prevedono la reclusione per una durata massima compresa almeno tra uno e tre anni.
Articolo 4
Motivazione razzista e xenofoba
Per i reati diversi da quelli di cui agli articoli 1 e 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la motivazione razzista e xenofoba sia considerata una circostanza aggravante o, in alternativa, affinché tale motivazione possa essere presa in considerazione dal giudice all’atto della determinazione della pena.
Articolo 5
Responsabilità delle persone giuridiche
1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 posti in essere a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che agisca a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica e abbia una posizione direttiva in seno alla persona giuridica, in base:
a)
alla legittimazione a rappresentare la persona giuridica;
b)
alla capacità di prendere decisioni per conto della persona giuridica;
c)
alla capacità di esercitare la vigilanza in seno alla persona giuridica.
2. A prescindere dai casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile qualora l’omessa direzione o vigilanza da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 a vantaggio della persona giuridica in questione, a opera di una persona soggetta alla sua autorità.
3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che siano autori o complici di uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2.
4. Per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità che abbia tale status in forza del diritto nazionale applicabile, a eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dell’autorità statale e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Articolo 6
Sanzioni nei confronti di persone giuridiche
1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprese ammende penali o non ed eventuali altre sanzioni quali:
a)
esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche;
b)
interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale;
c)
collocamento sotto sorveglianza giudiziaria;
d)
provvedimento di liquidazione giudiziaria.
2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 7
Norme costituzionali e principi fondamentali
1. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, tra cui la libertà di espressione e di associazione, non è modificato per effetto della presente decisione quadro.
2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di imporre agli Stati membri di prendere misure che siano in contrasto con i principi fondamentali riguardanti la libertà di associazione e la libertà di espressione, in particolare la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, quali risultano dalle tradizioni costituzionali o dalle norme che disciplinano i diritti e le responsabilità della stampa o di altri mezzi di comunicazione, nonché le relative garanzie procedurali, quando tali norme riguardano la determinazione o la limitazione della responsabilità.
Articolo 8
Avvio delle indagini o dell’azione penale
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le indagini sui comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 o la relativa azione penale non siano subordinate a una denuncia o un’accusa a opera della vittima del comportamento, quanto meno nei casi più gravi, qualora il comportamento sia stato posto in essere sul suo territorio.
Articolo 9
Competenza giurisdizionale
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale in relazione ai comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 qualora essi siano stati posti in essere:
a)
interamente o in parte sul suo territorio; o
b)
da uno dei suoi cittadini; o
c)
a vantaggio di una persona giuridica avente la sede sociale sul suo territorio.
2. Nello stabilire la propria competenza giurisdizionale ai sensi del paragrafo 1, lettera a), ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che essa si estenda ai casi in cui il comportamento è posto in essere mediante un sistema di informazione e:
a)
l’autore pone in essere il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio, a prescindere dal fatto che il comportamento implichi o no l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio;
b)
il comportamento implica l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio, a prescindere dal fatto che l’autore ponga in essere o no il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio.
3. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in casi o circostanze specifici la regola sulla competenza giurisdizionale di cui al paragrafo 1, lettere b) e c).
Articolo 10
Attuazione e riesame
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 28 novembre 2010.
2. Entro tale data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni dal Consiglio e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina, entro il 28 novembre 2013, in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro.
3. Anteriormente al 28 novembre 2013, il Consiglio riesamina la presente decisione quadro. In preparazione di tale riesame, il Consiglio chiede agli Stati membri se abbiano incontrato difficoltà nell’ambito della cooperazione giudiziaria riguardo ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1. Il Consiglio può inoltre chiedere all’Eurojust di riferire in una relazione se le differenze tra le legislazioni nazionali abbiano dato luogo a problemi nella cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in tale settore.
Articolo 11
Abrogazione dell’azione comune 96/443/GAI
L’azione comune 96/443/GAI è abrogata.
Articolo 12
Applicazione territoriale
La presente decisione quadro si applica a Gibilterra.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
M. ALLIOT-MARIE
(1) Parere del 29 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.
(3) GU C 146 del 17.5.2001, pag. 110.
(4) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5.
(5) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22. | Decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale
L’obiettivo di questa decisione quadro è quella di far sì che talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive in tutta l'Unione europea (UE). Essa mira inoltre a migliorare e favorire la cooperazione giudiziaria in questo campo.
ATTO
Decisione quadro 2008/913/GAI, del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale.
SINTESI
La presente decisione quadro, che fa seguito all'azione comune
96/443/GAI, prevede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari dei paesi dell'UE per quanto riguarda i reati ispirati a talune manifestazioni di razzismo e xenofobia. Talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia devono costituire un reato in tutti i paesi dell'UE ed essere passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.
La presente decisione quadro si applica ad ogni reato commesso:
sul territorio dell'Unione europea (UE), anche tramite un sistema di informazione;
da un cittadino di un paese dell'UE o per conto di una persona giuridica avente sede in un paese dell'UE. A tale riguardo, la decisione quadro propone criteri per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche.
«
Discorsi di incitamento all'odio
»
Sono considerati punibili, in quanto reati penali, determinati atti commessi, quali:
pubblico incitamento alla violenza o all'odio rivolto contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito sulla base della razza, del colore, la religione, l’ascendenza, la religione o il credo o l’origine nazionale o etnica;
il reato di cui sopra commesso mediante diffusione e distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale;
l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana in pubblico dei crimini di genocidio o contro l'umanità, i crimini di guerra, quali sono definiti nello Statuto della Corte penale internazionale (articoli 6, 7 e 8) e i crimini di cui all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro.
Saranno passibili di sanzione anche l'incitamento o la partecipazione nel commettere gli atti suddetti.
Riguardo a tali reati, i paesi dell'UE dovranno stabilire:
sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive;
pene detentive della durata massima di almeno un anno.
Per quanto riguarda le persone giuridiche, le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, e devono comprendere ammende penali e non penali. Inoltre le persone giuridiche possono essere sanzionate mediante:
l' esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche;
l'interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale;
il collocamento sotto sorveglianza giudiziaria;
il provvedimento di liquidazione giudiziaria.
L'avvio delle indagini o dell'azione legale per reati di razzismo e xenofobia non deve essere subordinato a una denuncia o un'accusa a opera della vittima.
«Reati ispirati dall'odio»
In ogni caso, la motivazione razzista o xenofoba deve essere considerata circostanza aggravante o, in alternativa, il tribunale deve poter considerare tale motivazione nel decidere quale sanzione infliggere.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione quadro 2008/913/GAI
6.12.2008
28.11.2010
GU L 328 del 6.12.2008
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale [
COM(2014) 27 def.
del 27.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La relazione evidenzia il fatto che diversi paesi dell'UE non hanno recepito integralmente e/o correttamente tutte le disposizioni della decisione quadro, in particolare quelle sui reati di negazione, apologia o minimizzazione grossolana di determinati crimini internazionali.
La maggior parte dei paesi dell'UE prevede disposizioni che considerano reato l'istigazione pubblica alla violenza di stampo razzista e xenofobo o all'odio, ma diversi fra loro non recepiscono in pieno i reati previsti dalla decisione quadro. Si riscontrano inoltre alcune lacune anche per quanto riguarda l'approccio adottato nei confronti della motivazione razzista e xenofoba dei reati, la responsabilità delle persone giuridiche e la giurisdizione.
Nel corso del 2014 la Commissione sta tenendo dialoghi bilaterali con i paesi dell'UE al fine di garantire il pieno e corretto recepimento della decisione. | 7,057 | 446 |
31991L0383 | false | Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale
Gazzetta ufficiale n. L 206 del 29/07/1991 pag. 0019 - 0021 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 5 pag. 0063 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 5 pag. 0063
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1991 che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (91/383/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione(1), in cooperazione con il Parlamento europeo(2), visto il parere del Comitato economico e sociale(3), considerando che l'articolo 118 A del trattato CEE prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che a norma dell'articolo precitato le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che il ricorso a forme di lavoro quali il lavoro a durata determinata o interinale è aumentato considerevolmente; considerando che, in seguito alle ricerche effettuate risulta che, in generale, i lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale sono esposti, in taluni settori, a più rischi di infortuni sul lavoro e di malattie professionali degli altri lavoratori; considerando che questi rischi supplementari esistenti in taluni settori sono in parte connessi con particolari modalità di inserimento nell'impresa; che tali rischi possono essere diminuiti con un'adeguata informazione e formazione all'inizio del rapporto di lavoro; considerando che le direttive in materia di sanità e sicurezza durante il lavoro, e in particolare la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro(4), contengono disposizioni volte a migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori in generale; considerando che la situazione specifica dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale nonché la peculiarità dei rischi cui sono esposti in taluni settori rendono necessaria una normativa complementare particolare, in particolare per quanto concerne l'informazione, la formazione e la sorveglianza medica dei lavoratori interessati; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I CAMPO DI APPLICAZIONE E OGGETTO Articolo 1 Campo di applicazione Le disposizioni della presente direttiva si applicano: 1.ai rapporti di lavoro regolati da un contratto di lavoro a durata determinata, stipulato direttamente tra il datore di lavoro e il lavoratore, la cui scadenza è determinata da condizioni obiettive quali: raggiungimento di una data precisa, completamento di un evento determinato; 2.ai rapporti di lavoro interinale tra un'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro e il lavoratore, quando quest'ultimo è messo a disposizione per lavorare per e sotto il controllo di un'impresa e/o di uno stabilimento utilizzatori. Articolo 2 Oggetto 1. La presente direttiva è intesa a garantire che i lavoratori aventi un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 beneficino, in materia di salute e sicurezza durante il lavoro, dello stesso livello di protezione di cui beneficiano gli altri lavoratori dell'impresa e/o stabilimento utilizzatori. 2. L'esistenza di un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 non può giustificare una differenza di trattamento per quanto concerne le condizioni di lavoro relative alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro, con particolare riguardo all'accesso alle attrezzature di protezione individuali. 3. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE nonché le direttive particolari ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della medesima, si applicano integralmente ai lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplati all'articolo 1, fatte salve disposizioni più vincolanti e/o più specifiche contenute nella presente direttiva. SEZIONE II DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 3 Informazione dei lavoratori Fatte salve le disposizioni dell'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.prima di svolgere un'attività, il lavoratore che ha un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 venga informato dall'impresa e/o dallo stabilimento utilizzatori sui rischi che corre; 2.tale informazione: -riguardi in particolare l'esigenza di qualifiche o attitudini professionali particolari o di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale, e -precisi gli eventuali rischi aggravati specifici connessi con il posto di lavoro da occupare, quali definiti dalla legislazione nazionale. Articolo 4 Formazione dei lavoratori Fatte salve le disposizioni dell'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, nei casi previsti dall'articolo 3 il lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata alle caratteristiche proprie del suo posto di lavoro, tenuto conto della sua qualificazione e della sua esperienza. Articolo 5 Utilizzazione e sorveglianza medica dei lavoratori 1. Gli Stati membri hanno la facoltà di vietare che si faccia ricorso a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 per taluni lavori particolarmente pericolosi per la loro sicurezza o salute secondo la definizione della legislazione nazionale ed in particolare per taluni lavori che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale. 2. Quando gli Stati membri non si avvalgono della facoltà prevista al paragrafo 1, essi prendono, fatte salve le disposizioni dell'articolo 14 della direttiva 89/391/CEE, le misure necessarie affinché i lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 ed a cui si fa appello per lavori che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale beneficino di una appropriata sorveglianza medica speciale. 3. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che questa sorveglianza medica speciale appropriata prevista al paragrafo 2 si protragga oltre la scadenza del rapporto di lavoro del lavoratore interessato. Articolo 6 Servizi di protezione e prevenzione Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i lavoratori, servizi o persone designati, in conformità dell'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE, per svolgere attività di protezione e prevenzione nei confronti dei rischi professionali siano informati delle funzioni assegnate a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1, in modo da poter svolgere la loro attività di protezione e prevenzione per tutti i lavoratori dell'impresa e/o dello stabilimento. SEZIONE III DISPOSIZIONI PARTICOLARI Articolo 7 Rapporti di lavoro interinale: informazione Fatte salve le disposizioni dell'articolo 3 della presente direttiva, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori, prima che il lavoratore che ha un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1, punto 2) sia messo a loro disposizione, precisino all'agenzia di lavoro interinale in particolare la qualifica professionale richiesta e le caratteristiche proprie del posto di lavoro da occupare; 2)l'agenzia di lavoro interinale comunichi tutti questi elementi ai lavoratori interessati. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che le precisazioni che l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori devono fornire all'agenzia di lavoro interinale conformemente al primo comma, punto 1) debbano figurare nel contratto di messa a disposizione. Articolo 8 Rapporti di lavoro interinale: responsabilità Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.fatta salva la responsabilità prevista dalla legislazione nazionale per l'agenzia di lavoro interinale, l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori siano, per tutta la durata della missione, responsabili delle condizioni d'esecuzione del lavoro; 2.ai fini dell'applicazione del punto 1), le condizioni di esecuzione del lavoro si limitino a quelle connesse con la sicurezza, l'igiene e la salute durante il lavoro. SEZIONE IV DISPOSIZIONE VARIE Articolo 9 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva non osta a disposizione nazionali e comunitarie, esistenti o future, che siano più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1. Articolo 10 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno già adottate o che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni cinque anni gli Stati membri riferiscono alla Commissione sull'applicazione nella prassi delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1991. Per il Consiglio Il Presidente J.-C. JUNCKER (1)GU n. C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 4. (2)Parere reso il 20 novembre 1990 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e GU n. C 158 del 17. 6. 1991. (3)GU n. C 332 del 31. 12. 1990, pag. 167. (4)GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. | Salute e sicurezza sul luogo di lavoro per lavoratori interinali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Intende garantire che i paesi dell’Unione europea (UE) emettano norme atte a migliorare le tutele legate alla sicurezza e alla salute dei lavoratori con contratti interinali* o a tempo determinato*, al fine di allinearle con quelle di cui godono altri lavoratori.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 89/391/CEE del Consiglio sulla salute e la sicurezza dei lavoratori si applica anche ai lavoratori interinali*. La direttiva attuale la integra con le condizioni elencate di seguito.
Informazione e formazione
Prima di iniziare a lavorare, i lavoratori interinali devono essere informati in merito ai rischi connessi alle proprie mansioni e, in particolare, relativamente alle eventuali qualifiche professionali, alle competenze e alla sorveglianza medica speciale richiesta.
Ciascun lavoratore deve ricevere una formazione adeguata alla proprie mansioni e adatta al proprio livello di qualifica ed esperienza.
Sorveglianza medica speciale
Qualora un lavoro risulti particolarmente pericoloso per la sicurezza o la salute dei lavoratori interinali o richieda sorveglianza medica speciale, i paesi dell’UE possono proibirne l’impiego. Se i lavoratori interinali sono abituati a tale tipo di lavoro, il datore di lavoro deve fornire un’adeguata sorveglianza medica speciale che, se necessario, può estendersi oltre il periodo di impiego.
Servizi sanitari e di sicurezza
I servizi sanitari e di sicurezza interni all’organizzazione devono essere informati delle funzioni assegnate ai lavoratori interinali.
Aziende e agenzie per l’impiego
Se i lavoratori interinali sono forniti all’impresa da un’agenzia o altre aziende per l’impiego, queste ultime devono essere informate in merito alle qualifiche richieste e alle peculiarità specifiche del lavoro; tali informazioni devono essere trasmesse ai lavoratori interessati. Queste informazioni possono essere inserite nel contratto di messa a disposizione.
Tuttavia, l’organizzazione che impiega il lavoratore interinale è responsabile per gli aspetti relativi alla sicurezza, all’igiene e alla salute delle condizioni di lavoro.
Responsabilità dei paesi dell’UE
I paesi dell’UE devono riferire alla Commissione europea ogni cinque anni in merito all’attuazione della direttiva, riportando i punti di vista di lavoratori e datori di lavoro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 15 luglio 1991. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
Condizioni di lavoro: salute e sicurezza nel lavoro a tempo determinato e interinale sul sito Internet della Commissione europea;
Direttiva 91/383/CEE: rapporto di lavoro a tempo determinato o interinale sul sito Internet dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;
Sintesi della direttiva 89/391/CEE del Consiglio concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
* TERMINI CHIAVE
Contratto interinale: un contratto di lavoro tra un’agenzia di lavoro interinale e un lavoratore con il quale quest’ultimo si impegna a svolgere un’attività all’interno di un’organizzazione sotto la sua supervisione.
Contratto a tempo determinato (o a durata determinata): un contratto di lavoro stipulato direttamente tra un datore di lavoro e un lavoratore per una durata specifica o per completare una determinata attività.
Lavoratore interinale: termine utilizzato per chiarezza nella presente sintesi, indicante una persona che lavori nell’ambito di uno qualsiasi dei due rapporti di lavoro appena descritti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19-21)
Le successive modifiche alla direttiva 91/383/CEE sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1-8)
Si veda la versione consolidata. | 4,652 | 945 |
32009H1019 | false | RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 22 dicembre 2009
relativa alla vaccinazione contro l'influenza stagionale
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2009/1019/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 168, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L'influenza stagionale è una malattia virale contagiosa che in Europa si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. È una delle malattie trasmissibili più importanti e più comuni ed è causa importante di morbilità e di mortalità in tutti gli Stati membri.
(2)
In alcuni casi, l'infezione autolimitante delle vie respiratorie dà luogo a gravi complicazioni polmonari o ad altre complicazioni secondarie, con esiti a volta letali. Queste complicazioni sono assai più frequenti tra le persone anziane e tra quelle affette da patologie croniche.
(3)
L'influenza stagionale può essere combattuta con la vaccinazione, ma poiché la composizione antigenica del virus cambia di frequente, la composizione del vaccino è regolarmente aggiornata dai gruppi di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
(4)
L'assemblea mondiale della sanità tenutasi nel 2003 ha adottato la risoluzione 56.19 per aumentare la copertura vaccinica antinfluenzale per tutte le persone ad alto rischio, in modo da raggiungere una copertura vaccinica della popolazione anziana di almeno il 50 % nel 2006 e del 75 % nel 2010.
(5)
Il 26 ottobre 2005 e il 14 giugno 2006 il Parlamento europeo ha adottato le risoluzioni intitolate, rispettivamente, «Strategia contro la pandemia dell'influenza» e «Pianificazione della preparazione e dell'intervento della CE in caso di influenza pandemia», che invitano gli Stati membri ad intensificare la vaccinazione antinfluenzale, come raccomandato dall'OMS. Tali risoluzioni esortano altresì gli Stati membri ad accrescere la copertura vaccinica durante il periodo interpandemico conformemente alle raccomandazioni dell'OMS.
(6)
È opportuno pertanto adottare un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea per mitigare l'impatto dell'influenza stagionale incoraggiando la vaccinazione delle categorie a rischio e degli operatori del settore sanitario. La presente raccomandazione pone come obiettivo quello fissato dall'OMS, ossia il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015. L'obiettivo del 75 % dovrebbe essere esteso, se possibile, alle categorie di persone a rischio affette da patologie croniche, tenendo conto degli orientamenti espressi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
(7)
L'aumento del tasso di vaccinazione delle categorie a rischio contribuirebbe inoltre ad elevare il tasso di vaccinazione generale, anche degli operatori del settore sanitario.
(8)
Per ottenere questi cambiamenti, un primo passo necessario consiste nell'informare tutti gli attori del sistema sanitario, le categorie a rischio, gli operatori sanitari, i medici, gli amministratori del settore sanitario e i responsabili politici sul problema dell'influenza stagionale, mediante campagne di sensibilizzazione pubbliche e professionali. Gli operatori sanitari dovrebbero essere sensibilizzati al particolare pericolo che corrono i loro pazienti più vulnerabili. Gli operatori sanitari dovrebbero essere altresì consapevoli della responsabilità che loro incombe di fornire ai propri pazienti un parere appropriato sulla vaccinazione.
(9)
È essenziale, in particolare, raccogliere a livello nazionale dati specifici e comparabili sul tasso di somministrazione del vaccino delle categorie a rischio, per valutare correttamente la situazione in tutti gli Stati membri. Sino ad oggi questi dati non sono stati sempre disponibili. Sulla base di questi dati, la Commissione e gli Stati membri potranno scambiare informazioni e le migliori pratiche con i paesi terzi mediante i canali di cooperazione internazionale esistenti nel settore sanitario.
(10)
Il regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (1) (ECDC), affida in particolare all'ECDC il compito di fornire una consulenza tecnica e scientifica alla Commissione e agli Stati membri. L'ECDC gestisce inoltre la rete specializzata istituita per la sorveglianza dell'influenza stagionale conformemente alla decisione 2000/96/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). L'ECDC dovrebbe quindi assistere gli Stati membri nel fornire una consulenza scientifica sull'influenza stagionale.
(11)
Per quanto riguarda la vaccinazione contro l'influenza stagionale, è evidente che l'obiettivo raccomandato dall'OMS, ovvero il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane, sarà facilitato da un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea,
HA ADOTTATO LA SEGUENTE RACCOMANDAZIONE:
1)
Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare e attuare piani d'azione o politiche nazionali, regionali o locali, a seconda dei casi, miranti a migliorare la copertura vaccinica contro l'influenza stagionale, allo scopo di raggiungere quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015, un tasso di copertura vaccinica del 75 % per le «persone anziane» e, se possibile, per le altre categorie a rischio di cui al punto 2, lettera a), qualora già non sia stato raggiunto. Si incoraggiano inoltre gli Stati membri a migliorare la copertura vaccinica tra gli operatori del settore sanitario.
I piani d'azione o le politiche dovrebbero tenere conto delle carenze individuate a livello nazionale e organizzare le attività di cui al punto 2, lettere b) e c).
2)
Nel quadro dei piani d'azione o delle politiche di cui al punto 1, si incoraggiano gli Stati membri a:
a)
tenere conto della definizione di «persone anziane» e «categorie a rischio» contenuta negli orientamenti espressi dall'ECDC;
b)
misurare il tasso di somministrazione del vaccino in tutte le categorie a rischio e analizzare le ragioni per cui alcune persone non desiderano farsi vaccinare;
c)
promuovere l'educazione, la formazione e lo scambio di informazioni sull'influenza stagionale e sulla vaccinazione, organizzando:
i)
azioni informative degli operatori del settore sanitario;
ii)
azioni informative delle categorie a rischio e delle loro famiglie in merito ai rischi associati e alla prevenzione dell'influenza;
iii)
azioni informative efficaci per eliminare gli ostacoli alla somministrazione del vaccino.
3)
Si incoraggiano gli Stati membri a riferire alla Commissione su base volontaria in merito all'applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
4)
Si invita la Commissione a riferire periodicamente al Consiglio in merito all'applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dagli Stati membri.
5)
Si invita la Commissione a continuare a sostenere la ricerca sull'influenza tramite i programmi quadro di ricerca.
Fatto a Bruxelles, addi 22 dicembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. CARLGREN
(1) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 50. | Vaccinazione contro l’influenza stagionale
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Mira a incoraggiare i paesi dell'Unione europea (UE) ad adottare misure sanitarie contro l’influenza stagionale.
PUNTI CHIAVE
Sfide
L’influenza è un’infezione delle vie respiratorie di origine virale altamente contagiosa che si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. Essa può generare gravi complicazioni, anche con esito mortale.
In forma lieve, si stima che l’influenza stagionale provochi in media 8 decessi ogni 100 000 persone. Tale cifra può passare a 44 negli anni di influenza più grave.
Le epidemie di influenza possono sovraccaricare gli ospedali e i servizi medici. Ciò porta a un aumento dei costi diretti (risultanti dall’uso di risorse mediche e non mediche) e indiretti (dovuti alla perdita di produttività e alle assenze dal lavoro).
Efficacia ed efficienza del vaccino
L’influenza stagionale può essere attenuata con la vaccinazione. I gruppi «a rischio» della popolazione devono essere vaccinati contro l’influenza. Inoltre, per garantire una copertura vaccinica efficace, non deve essere sottovalutata la logistica, come l’inoltro e la distribuzione dei vaccini.
È importante agire a livello unionale per evitare che un nuovo virus influenzale si trasformi in una pandemia, come avvenne nel 1918, 1957 e 1968.
Piani e strategie nazionali
La raccomandazione invita i paesi dell'UE ad adottare un piano o una strategia nazionaleper la copertura vaccinica .
Lo scopo era di coprire il 75% della popolazione a rischio preferibilmente entro l’inverno 2014-2015, gruppo la cui definizione figurava negli orientamenti pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
I paesi dell'UE sono incoraggiati a riferire alla Commissione europea su base volontaria in merito all’applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
Occorre organizzare campagne di informazione degli operatori del settore sanitario, della popolazione delle categorie a rischio e delle rispettive famiglie.
La Commissione è invitata a riferire periodicamente al Consiglio in merito all’applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dai paesi dell'UE.
Valutazione
Una relazione pubblicata nel 2015 dall'ECDC suggerisce che tutti i paesi dell'UE possono dover riconsiderare il loro approccio al fine di raccogliere informazioni più complete e precise sulla copertura vaccinica contro l'influenza stagionale dei gruppi destinatari di popolazione.
Essa esorta i paesi dell'UE che non controllano la copertura vaccinica fra i gruppi di anziani a introdurre sistemi volti a effettuare tale controllo, per consentire alle organizzazioni della sanità pubblica di tenere traccia dei progressi e individuare gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi nazionali e unionali.
La relazione rileva che un numero maggiore di paesi è stato in grado di fornire informazioni sui tassi di copertura vaccinica per gruppi quali i lavoratori del settore sanitario e le donne incinte, e prevede delle raccomandazioni come percorso da seguire per il raggiungimento di tassi più elevati di popolazione vaccinata e di un migliore controllo.
Nel 2015, la Commissione ha organizzato un'udienza ad alto livello sul tema, sottolineando l'importanza crescente della prevenzione delle malattie nella spesa per l'assistenza sanitaria.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
Vaccinazione sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2009/1019/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, relativa alla vaccinazione contro l’influenza stagionale (GU L 348 del 29.12.2009, pag. 71-72) | 3,527 | 268 |
31991R3922 | false | Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile
Gazzetta ufficiale n. L 373 del 31/12/1991 pag. 0004 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0052 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0052
REGOLAMENTO (CEE) N. 3922/91 DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 1991 concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civileIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, come previsto all'articolo 8 A del trattato, è necessario adottare le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992; che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che occorre mantenere la sicurezza dell'aviazione civile in Europa ad un livello generale elevato e portare le regole tecniche e le procedure amministrative esistenti negli Stati membri ai livelli più alti attualmente raggiunti nella Comunità; considerando che la sicurezza rappresenta un'esigenza fondamentale dei trasporti aerei nella Comunità; che è opportuno tener conto della convenzione sull'aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944, la quale prevede l'attuazione delle disposizioni necessarie per assicurare l'esercizio sicuro degli aeromobili; considerando che le restrizioni attualmente vigenti nel trasferimento di aeromobili, di prodotti aeronautici e di taluni servizi nel settore aeronautico tra gli Stati membri provocherebbero alterazioni nel mercato interno; considerando che le «Joint Aviation Authorities» (JAA), quale organismo associato della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC), hanno definito accordi per cooperare allo sviluppo e all'applicazione di regole comuni (codici JAR) in tutti i settori attinenti alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio; considerando che nel quadro della politica comune dei trasporti occorre armonizzare regole tecniche e procedure amministrative relative alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio, sulla base dei codici JAR delle JAA; considerando che l'adesione di tutti gli Stati membri alle JAA e la partecipazione della Commissione ai lavori di queste ultime faciliterebbero detta armonizzazione; considerando che, per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di libera circolazione delle persone e dei prodotti nonché in materia di politica comune dei trasporti, allorché un prodotto, un organismo o una persona siano stati omologati in conformità delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere l'omologazione dei prodotti nonché degli organismi e persone incaricati della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio di prodotti, senza ulteriori operazioni o valutazioni tecniche; considerando che possono presentarsi problemi sul piano della sicurezza e che gli Stati membri devono prendere, in questo caso, tutte le misure urgenti necessarie; che tali misure devono essere debitamente motivate e che, se le regole tecniche e procedure amministrative comuni presentano lacune, spetta alla Commissione, nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione, adottare le necessarie modifiche; considerando che è auspicabile coordinare il finanziamento da parte degli Stati membri dei lavori di ricerca avviati per migliorare la sicurezza dell'aviazione, al fine di garantire un impiego ottimale delle risorse e realizzare il massimo profitto da questi lavori; considerando che è opportuno dare alla Commissione il potere di apportare alle regole tecniche e procedure amministrative comuni adottate dal Consiglio le modifiche stabilite dalle JAA, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento concerne l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore della sicurezza dell'aviazione civile, quali figurano nell'allegato II, in particolare per quanto riguarda: - la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione degli aeromobili; - le persone ed organismi interessati a tali attività. 2. Le regole tecniche e procedure amministrative armonizzate previste al paragrafo 1 sono applicabili a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori secondo la definizione dell'articolo 2, lettera a), a prescindere dal fatto che siano immatricolati in uno Stato membro o in un paese terzo. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «operatore», una persona fisica residente in uno Stato membro o una persona giuridica stabilita in uno Stato membro, la quale utilizza uno o più aeromobili conformemente alla regolamentazione applicabile in detto Stato membro, oppure un vettore aereo comunitario, secondo la definizione della legislazione comunitaria; b) «prodotto», un aeromobile, un motore, un'elica o un'attrezzatura dell'aviazione civile; c) «attrezzature», qualsiasi strumento, dispositivo, meccanismo, apparecchiatura o accessorio utilizzato o utilizzabile per l'esercizio di un aeromobile navigante, installato o destinato ad essere installato su un aeromobile dell'aviazione civile o collegato allo stesso, ma non facente parte di una cellula, di un motore o di un'elica; d) «elemento», un materiale, componente o sottogruppo non rientrante nelle definizioni di cui alle lettere b) e c) e destinato ad aeromobili, motori, eliche o attrezzature dell'aviazione civile; e) «omologazione» (di un prodotto, di un servizio, di un organismo, di una persona), qualsiasi forma di riconoscimento legale attestante che il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona risponde alle condizioni applicabili. Detta omologazione comprende due atti: i) l'atto che permette di controllare che, dal punto di vista tecnico, il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona rispetta le condizioni applicabili; tale atto è denominato: stesura del verbale tecnico; ii) l'atto del riconoscimento formale di tale conformità alle condizioni applicabili attraverso il rilascio di un certificato, di una licenza, di un'approvazione o di qualsiasi altro documento secondo quanto prescritto dalle leggi e dalle procedure nazionali; tale atto è denominato: stesura del verbale legale; f) «manutenzione», l'insieme delle operazioni di controllo, manutenzione, modifica e riparazione per tutta la durata di vita di un aeromobile, necessarie a garantire che l'aeromobile rimanga conforme all'omologazione del tipo ed abbia in qualsiasi circostanza un elevato livello di sicurezza; esse comprendono le modifiche rese obbligatorie dalle autorità che sono parte degli accordi di cui alla lettera h), nell'ambito della politica relativa al controllo della navigabilità; g) «variante nazionale», una regola o regolamentazione nazionale resa obbligatoria da un paese in aggiunta ad una disposizione JAR o in sostituzione della stessa; h) «accordi», gli accordi conclusi, sotto gli auspici della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC) per cooperare all'elaborazione ed all'applicazione di regole comuni in tutti i settori connessi con la sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio. Tali accordi sono specificati nell'allegato I. Articolo 3 Fatto salvo l'articolo 11, le regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili nella Comunità per i settori di cui all'allegato II sono i codici corrispondenti che figurano in detto allegato e che sono in vigore il 1o gennaio 1992. Articolo 4 1. Per i settori non menzionati nell'allegato II, il Consiglio adotta, sulla base dell'articolo 84, paragrafo 2 del trattato, regole tecniche e procedure amministrative comuni. La Commissione presenta, se del caso e al più presto, le opportune proposte riguardo ai settori in questione. 2. Prima dell'adozione delle proposte di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono applicare le disposizioni pertinenti delle regolamentazioni nazionali vigenti. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono affinché le proprie autorità competenti per l'aviazione civile soddisfino le condizioni di adesione alle JAA, specificate negli accordi e firmino senza riserve, gli accordi stessi anteriormente al 1o gennaio 1992. Articolo 6 1. Gli Stati membri riconoscono i prodotti progettati, costruiti, gestiti e sottoposti a manutenzione in conformitá alle regole tecniche e procedure amministrative comuni, senza imporre altre esigenze tecniche o procedere ad una nuova valutazione quando detti prodotti sono stati omologati da un altro Stato membro. I prodotti riconosciuti inizialmente entro determinati limiti sono riconosciuti in seguito entro gli stessi limiti. 2. I prodotti esistenti e le loro versioni derivate che non sono omologati conformemente alle regole tecniche e procedure amministrative comuni possono essere ammessi dagli Stati membri sulla base dei loro regolamenti nazionali in vigore, fino al momento dell'adozione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili a tali prodotti in virtù del presente regolamento. Articolo 7 Gli Stati membri riconoscono l'omologazione rilasciata, conformemente al presente regolamento, da un altro Stato membro o da un organismo che agisce a suo nome agli organismi o persone posti sotto la sua giurisdizione e sotto la sua autorità ed incaricati della progettazione, costruzione e manutenzione di prodotti nonché dell'esercizio di aeromobili. Articolo 8 1. Nessuna disposizione precedente osta a che uno Stato membro possa reagire immediatamente a un problema di sicurezza emerso in occasione di un incidente o infortunio oppure riscontrato durante il servizio, riguardante un prodotto progettato, costruito, gestito e sottoposto a manutenzione in conformità del presente regolamento oppure una persona o una procedura ovvero un organismo coinvolto in queste mansioni. Se il problema di sicurezza deriva: - da un inadeguato livello di sicurezza corrispondente all'applicazione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, o - da una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni, lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri delle misure prese e della motivazione delle stesse. 2. Nei casi previsti al paragrafo 1, la Commissione avvia senza indugio consultazioni con gli Stati membri. Se l'inadeguato livello di sicurezza o una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni trovano conferma, la Commissione presenta proposte adeguate, conformemente alle procedure di cui all'articolo 4 e/o all'articolo 11. Articolo 9 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per coordinare i rispettivi programmi di ricerca volti a migliorare la sicurezza degli aeromobili civili e l'esercizio dei medesimi e ne informano la Commissione. La Commissione, previa consultazione con gli Stati membri, può prendere ogni iniziativa utile per promuovere tali programmi di ricerca attuati a livello nazionale. Articolo 10 Gli Stati membri notificano alla Commissione: a) qualsiasi regola e procedura messa a punto o adottata conformemente alle procedure stabilite negli accordi; b) qualsiasi modifica degli accordi; c) i risultati delle consultazioni avviate con l'industria e con altri organismi interessati. Articolo 11 1. Conformemente alla procedura stabilita all'articolo 12, la Commissione, qualora il progresso scientifico e tecnico lo renda necessario, modifica le regole tecniche e procedure amministrative comuni elencate nell'allegato II o adottate dal Consiglio conformemente all'articolo 4. 2. Qualora le modifiche di cui al paragrafo 1 contengano una variante nazionale per uno Stato membro, la Commissione delibera, conformemente alla procedura prevista all'articolo 12, sull'inclusione di detta variante nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni. Articolo 12 1. Per l'applicazione degli articoli 8, 9 e 11, la Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 13 1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per quanto riguarda l'applicazione del presente regolamento e il relativo controllo. 2. Nell'ambito dell'assistenza reciproca di cui al paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri si comunicano regolarmente tutte le informazioni disponibili per quanto riguarda: - le infrazioni al presente regolamento commesse dai non residenti e qualsiasi sanzione applicata per dette infrazioni; - le sanzioni applicate da uno Stato membro ai propri residenti per siffatte infrazioni commesse in altri Stati membri. Articolo 14 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1992. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 1991. Per il ConsiglioIl PresidenteH. MAIJ-WEGGEN (1)GU n. C 270 del 26. 10. 1990, pag. 3. (2)GU n. C 267 del 14. 10. 1991, pag. 154. (3)GU n. C 159 del 17. 6. 1991, pag. 28. ALLEGATO I Accordi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) «Arrangements Concerning the Development, the Acceptance and the Implementation of Joint Aviation Requirements» (accordi concernenti l'elaborazione, l'approvazione e l'applicazione di requisiti aeronautici comuni), conclusi a Cipro l'11 settembre 1990. ALLEGATO II Elenchi dei codici in vigore contenenti le regole tecniche e procedure amministrative comuni di cui all'articolo 3 1.Generalità e procedure JAR 1Definizioni e abbreviazioni 2.Omologazione del tipo di prodotti e componenti JAR 22Sailplanes and Powered Sailplanes (Alianti e alianti a motore) JAR 25Large Aeroplanes (Grandi aeromobili) JAR AWOAll Weather Operations (Operazioni in condizioni metereologiche «ogni tempo») JAR EEngines (Motori) JAR PPropellers (Eliche) JAR APUAuxiliary Power Units (Gruppi ausiliari di potenza) JAR TSOTechnical Standards Orders (Prescrizioni relative a norme tecniche) JAR VLAVery Light Aeroplanes (Aeromobili ultraleggeri) JAR 145Approved Maintenance Organisations (Organizzazioni di manutenzione autorizzate) | Armonizzazione delle regole e delle procedure nel settore dell’aviazione civile
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Introduce norme uniformi in tutta l’Unione europea (Unione) che specificano la sicurezza minima e le relative procedure per l’aviazione commerciale passeggeri e merci ad ala fissa.
PUNTI CHIAVE
ApplicazioneIl regolamento stabilisce requisiti tecnici e procedure amministrative comuni nel campo della sicurezza dell’aviazione civile, che riguardano l’esercizio e la manutenzione degli aeromobili, nonché le persone e le organizzazioni che partecipano a tali compiti; tali requisiti e procedure si applicano a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori dell’Unione. I paesi dell’Unione dovevano garantire che le proprie autorità competenti nel settore dell’aviazione civile rispettassero le condizioni di adesione alle Joint Aviation Authorities, come specificato negli accordi (JAR prima del 1o gennaio 1992). Attualmente, questo regolamento rimane in vigore perché le norme nazionali sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico d’emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo sono in vigore in virtù dell’articolo 8.Problemi di sicurezzaI paesi dell’Unione possono adottare misure immediate per i problemi di sicurezza relativi ad un prodotto, una persona o un organismo disciplinato dal presente regolamento, a prescindere dalle norme di cui sopra. Qualora i livelli di sicurezza risultino inadeguati o carenti in base ai requisiti e alle procedure comuni, la Commissione europea deve presentare proposte adeguate per porre rimedio alla situazione. In circostanze eccezionali, i paesi dell’Unione possono anche accettare eccezioni ai requisiti tecnici e alle procedure amministrative previste dal presente regolamento, purché siano in linea con i suoi obiettivi di sicurezza.Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (AESA)
La Commissione sarà assistita dall’AESA al momento della redazione di eventuali modifiche alle regole relative al personale di bordo e ai limiti dei tempi di volo e di servizio.
Abrogazione
Il regolamento (CEE) n. 3922/91 sarà abrogato dal regolamento (UE) 2018/1139 recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce l’AESA (si veda la sintesi).
L’abrogazione decorrerà a partire dalla data di applicazione delle norme dettagliate sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico di emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo che devono ancora essere adottate [si veda l’articolo 32, paragrafo 1, lettera a del regolamento (UE) 2018/1139].
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 1o gennaio 1992.
CONTESTO
Si veda anche:Operazioni di volo, compresi i limiti dei tempi di volo (FTL) (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU L 373 del 31.12.1991, pag. 4).
Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 3922/91 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). | 6,085 | 944 |
32001L0023 | false | Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti
Gazzetta ufficiale n. L 082 del 22/03/2001 pag. 0016 - 0020
Direttiva 2001/23/CE del Consigliodel 12 marzo 2001concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimentiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 94,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) La direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(3) è stata modificata in maniera sostanziale(4) ed è, perciò, opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla sua codificazione.(2) L'evoluzione economica implica, sul piano nazionale e comunitario, modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l'altro, con trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a fusioni.(3) Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti.(4) Sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l'entità della protezione dei lavoratori in questo settore e occorre attenuare tali differenze.(5) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989 ("Carta sociale"), nei punti 7, 17 e 18 dispone in particolare che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei lavoratori.(6) Nel 1977 il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE per promuovere l'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai cessionari di informare e consultare in tempo utile i rappresentanti dei lavoratori.(7) Detta direttiva è stata in seguito modificata alla luce dell'impatto del mercato interno, delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il salvataggio delle imprese con difficoltà economiche, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e delle norme legislative già in vigore nella maggior parte degli Stati membri.(8) La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di applicazione della direttiva 77/187/CEE, quale interpretata dalla Corte di giustizia.(9) La Carta sociale riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze.(10) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IAmbito di applicazione e definizioniArticolo 11. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria.c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva.2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l'impresa, lo stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi nell'ambito d'applicazione territoriale del trattato.3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.Articolo 21. Ai sensi della presente direttiva si intende:a) per "cedente", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dallo stabilimento;b) per "cessionario", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dello stabilimento;c) per "rappresentanti dei lavoratori" ed espressioni connesse, i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri;d) per "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro.2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.Tuttavia, gli Stati membri non potranno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i contratti o i rapporti di lavoro a motivo unicamente:a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata determinata a norma dell'articolo 1, punto 1, della direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale(6); oc) di rapporti di lavoro interinali a norma dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 91/383/CEE e del fatto che l'impresa, lo stabilimento o la parte d'impresa o di stabilimento trasferita è l'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro o parte di essa.CAPO IIMantenimento dei diritti dei lavoratoriArticolo 31. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data del trasferimento, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti prima della data del trasferimento da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento.2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli obblighi che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente articolo, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero dovuto essere noti ai cedente al momento del trasferimento. Il fatto che il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di detto diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi lavoratore nei confronti del cessionario e/o del cedente in relazione a detto diritto o obbligo.3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest'ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell'entrata in vigore o dell'applicazione di un altro contratto collettivo.Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.Articolo 41. Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione.Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.Articolo 51. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un'autotità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente).2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:a) nonostante l'articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei trasferimento o prima dell'apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro(7); e/ob) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori, dall'altro, possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le prassi in vigore lo consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti.3. Uno Stato membro ha facoltà di applicare il paragrafo 2, lettera b), a trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica quale definita dal diritto nazionale, purché tale situazione sia dichiarata da un'autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario, a condizione che tali disposizioni fossero già vigenti nel diritto nazionale il 17 luglio 1998.La Commissione presenterà una relazione sugli effetti della presente disposizione entro il 17 luglio 2003 e sottoporrà eventuali proposte adeguate al Consiglio.4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l'abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva.Articolo 61. Qualora l'impresa, lo stabilimento o parte di un'impresa o di uno stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Il primo comma non si applica se, in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o della prassi degli Stati membri o si termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori, esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente), gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i lavoratori trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova elezione o designazione di rappresentanti dei lavoratori.Qualora l'impresa, lo stabilimento o la parte di un'impresa o di uno stabilimento non conservi la propria autonomia, gli Stati membri adotteranno i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione o designazione della rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla prassi nazionale.2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli Stati membri.CAPO IIIInformazione e consultazioneArticolo 71. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti punti:- data o data proposta del trasferimento,- motivi del trasferimento,- conseguenze giuridiche, economiche e sociali, del trasferimento per i lavoratori,- misure previste nei confronti dei lavoratori.Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell'attuazione del trasferimento.Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile ed in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni d'impiego e di lavoro.2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo.3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile prima dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo comma.4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano indipendentemente dal fatto che la decisione riguardante il trasferimento sia presa dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlla.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi in materia di informazione e di consultazione previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto che tale violazione è avvenuta in quanto l'impresa che controlla il datore di lavoro non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi indipendenti dalla volontà degli stessi, i lavoratori interessati debbano essere informati in precedenza:- della data o della data proposta del trasferimento,- dei motivi del trasferimento,- delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,- delle misure previste nei confronti dei lavoratori.CAPO IVDisposizioni finaliArticolo 8La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o consentire l'applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 9Gli Stati membri introducono nelle loro normative nazionali i provvedimenti atti a consentire a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti che si ritengono lesi dall'inosservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, di tutelare i loro diritti con un'azione in giudizio dopo eventuali ricorsi ad altri organi competenti.Articolo 10La Commissione presenta al Consiglio una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente direttiva entro il 17 luglio 2006. Essa propone le modifiche che risultano necessarie.Articolo 11Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 12La direttiva 77/187/CEE come modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini d'attuaziune indicati all'allegato I, parte B.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.Articolo 13La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 12 marzo 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Ringholm(1) Parere espresso il 25 ottobre 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 367 del 20.12.2000, pag. 21.(3) GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26.(4) Cfr. allegato I, parte A.(5) GU L 48 del 22.2.1975, pag. 29. Direttiva sostituita dalla direttiva 98/59/CE (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16).(6) GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19.(7) GU L 283 del 20.10.1980, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.ALLEGATO IPARTE ADirettiva abrogata e modificazione successiva(articolo 12)Direttiva 77/187/CEE del Consiglio (GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26)Direttiva 98/50/CE del Consiglio (GU L 201 del 17.7.1998, pag. 88)PARTE BElenco dei termini per l'attuazione in diritto nazionale(articilo 12)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CONCORDANZA>SPAZIO PER TABELLA> | Tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento della proprietà di un’impresa
SINTESI
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Stabilisce i diritti dei lavoratori a livello dell’UE in casi di trasferimento della proprietà dell’impresa in cui lavorano, nonché gli obblighi di cedenti e cessionari.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva si applica a tutti i tipi di rapporto di lavoro, senza distinzioni per quanto riguarda:
—
il numero di ore di lavoro prestate o da prestare;
—
il tipo di contratto di lavoro (a durata indeterminata, determinata o interinale).
Si applica a tutte le imprese, pubbliche o private, che esercitano un’attività economica a scopo lucrativo o non lucrativo.
Trasferimento della proprietà
—
Il trasferimento della proprietà può risultare da una cessione contrattuale o da una fusione.
—
La persona o l’impresa destinataria del trasferimento diventa il datore di lavoro dell’impresa a essa trasferita.
Trasferimento del rapporto di lavoro
—
Il trasferimento di un’impresa non costituisce un motivo di licenziamento. I licenziamenti possono unicamente intervenire per ragioni economiche, tecniche o di organizzazione.
—
Quando la proprietà viene trasferita i lavoratori mantengono i propri diritti e obblighi, legati all’esistenza di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro.
—
I termini e le condizioni di lavoro dei dipendenti vengono mantenute per la durata di validità del contratto collettivo dell’impresa trasferita. Tuttavia, tale periodo può essere limitato dai governi nazionali, ma non può essere inferiore a un anno.
—
I diritti e gli obblighi dei lavoratori, esistenti a titolo dei regimi complementari di protezione sociale, non vengono trasferiti. Tuttavia, i governi nazionali possono prendere misure per proteggere i diritti alle prestazioni di vecchiaia acquisiti a titolo di tali regimi.
—
I diritti e gli obblighi dei lavoratori non vengono mantenuti quando il trasferimento avviene nel corso di una procedura fallimentare o d’insolvenza. I governi nazionali possono prendere tutte le misure necessarie per evitare ricorsi abusivi a procedure d’insolvenza, miranti a privare i lavoratori dei loro diritti.
Rappresentanti dei lavoratori
—
Al momento del trasferimento, i rappresentanti dei lavoratori mantengono le loro funzioni finché non sia possibile un loro rinnovo. I lavoratori devono continuare ad essere rappresentati, anche in caso di procedura fallimentare o d’insolvenza.
—
I rappresentanti sindacali devono essere consultati prima dell’adozione di misure riguardanti i lavoratori.
—
Il precedente e il nuovo datore di lavoro devono informare per tempo i lavoratori o i loro rappresentanti:
—
della data fissata o proposta per il trasferimento;
—
dei motivi del trasferimento;
—
delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori;
—
di qualsiasi misura prevista nei confronti dei lavoratori.
—
Se nel paese dell’UE interessato esiste un’istanza di arbitrato, l’obbligo d’informazione e consultazione può essere limitato ai casi in cui il trasferimento determini svantaggi per una parte importante dei lavoratori.
CONTESTO
Condizioni di lavoro: trasferimento di imprese.
ATTO
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio
11.4.2001
16.2.1979
GU L 82 del 22.3.2001, pagg. 16-20
Le modifiche successive alla direttiva 2001/23/CE sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 7,230 | 577 |
32015H0914 | false | RACCOMANDAZIONE (UE) 2015/914 DELLA COMMISSIONE
dell'8 giugno 2015
relativa a un programma di reinsediamento europeo
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, quarta frase,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo, riunito in sessione straordinaria il 23 aprile 2015, ha ricordato la gravità della situazione nel Mediterraneo e ha espresso la sua determinazione a far sì che l'Unione si adoperi con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell'emergenza umana. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione che offra posti alle persone ammissibili alla protezione (1).
(2)
Nella risoluzione del 29 aprile 2015 il Parlamento europeo invita gli Stati membri a potenziare i loro contributi a favore dei programmi di reinsediamento esistenti e sottolinea la necessità di garantire un accesso sicuro e legale al sistema di asilo dell'Unione (2).
(3)
Attualmente esiste un notevole squilibrio tra Stati membri per quanto riguarda l'impegno a favore del reinsediamento. Solo quindici Stati membri e tre Stati associati hanno un proprio programma di reinsediamento (più un ulteriore Stato membro che ne ha annunciato l'avvio) e tre Stati membri e uno Stato associato hanno provveduto a reinsediare persone su base ad hoc, contrariamente a tutti gli altri che non hanno mai effettuato reinsediamenti.
(4)
Nel 2014 il numero di richiedenti asilo nell'Unione ha raggiunto un picco di 626 000 persone e sono stati reinsediati nell'Unione 6 380 cittadini di paesi terzi bisognosi di protezione internazionale (3). Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il numero dei rifugiati, richiedenti asilo e sfollati in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone (4).
(5)
Le conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014 riconoscono che «[…] tenendo presenti gli sforzi compiuti dagli Stati membri interessati da flussi migratori, tutti gli Stati membri dovrebbero dare il loro contributo [al reinsediamento] in modo equo ed equilibrato» (5).
(6)
Il 13 maggio 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione (6), un documento completo che definisce, fra l'altro, una serie di misure immediate in risposta alla tragedia umana in atto in tutto il Mediterraneo.
(7)
Per evitare che profughi bisognosi di protezione internazionale debbano ricorrere a reti criminali di trafficanti, l'agenda invita l'Unione europea a intensificare gli sforzi di reinsediamento. La Commissione emette dunque la presente raccomandazione in cui propone un programma di reinsediamento dell'UE per offrire 20 000 posti sulla base di una chiave di distribuzione.
(8)
Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare, la chiave di distribuzione e la ripartizione per singolo Stato membro e Stato associato partecipante saranno adeguate di conseguenza.
(9)
Sulla scorta delle discussioni tenutesi nella riunione del 25 novembre 2014 durante il Forum su reinsediamento e ricollocazione, è auspicabile che la chiave di distribuzione si basi sui seguenti elementi: a) popolazione (40 %); b) PIL totale (40 %); c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (10 %) e d) tasso di disoccupazione (10 %).
(10)
Le persone da ammettere nell'Unione su un periodo di due anni di applicazione del programma da parte degli Stati membri dovrebbero essere 20 000 in totale. La responsabilità di accogliere tali persone dovrebbe spettare esclusivamente agli Stati partecipanti, in linea con le pertinenti norme internazionali e dell'Unione. Si risponderebbe in tal modo all'appello lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che ha esortato i paesi europei a impegnarsi maggiormente nell'accoglienza dei rifugiati con programmi di reinsediamento sostenibili, nell'ambito della campagna dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e di cinque organizzazioni non governative.
(11)
Nell'individuare le regioni prioritarie è opportuno tener conto della situazione nei paesi vicini e dei flussi migratori attuali, in particolare dei collegamenti con i programmi di sviluppo e protezione regionale nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa.
(12)
È auspicabile fare appello all'esperienza e alla competenza dell'UNHCR e di altri organismi rilevanti, tra cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, affinché prestino assistenza nell'attuazione del programma di reinsediamento.
(13)
Andrebbero disposte misure per evitare i movimenti secondari dei reinsediati dallo Stato di reinsediamento verso altri Stati membri e Stati associati partecipanti.
(14)
La Commissione prevede di erogare a favore del programma un contributo supplementare di 50 milioni di EUR nel 2015 e nel 2016 nell'ambito del programma di reinsediamento dell'Unione di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Per sfruttare al meglio gli incentivi finanziari, la Commissione adeguerà le somme forfettarie e le priorità di reinsediamento previste in quest'ultimo programma con atto delegato, a norma dell'articolo 17, paragrafi 4 e 10, del regolamento (UE) n. 516/2014. Qualora gli Stati associati decidano di partecipare al programma di reinsediamento, non potranno beneficiare di somme forfettarie in forza del regolamento (UE) n. 516/2014 a titolo di compensazione per gli impegni assunti,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
PROGRAMMA EUROPEO DI REINSEDIAMENTO
1.
La Commissione raccomanda che gli Stati membri reinsedino 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sulla base delle condizioni e della chiave di distribuzione di cui alla presente raccomandazione.
DEFINIZIONE E PORTATA DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
2.
Per «reinsediamento» si intende il trasferimento di singoli profughi con evidente bisogno di protezione internazionale, effettuato su richiesta dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, da un paese terzo in uno Stato membro consenziente, allo scopo di proteggerli dal respingimento e di riconoscere loro il diritto di soggiorno e tutti gli altri diritti analoghi a quelli riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale.
3.
Il programma europeo di reinsediamento dovrebbe riguardare tutti gli Stati membri.
CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO
4.
Il programma dovrebbe consistere in un impegno europeo unico di 20 000 posti di reinsediamento per le persone da reinsediare. Dovrebbe avere una durata di due anni a decorrere dalla data di adozione della raccomandazione.
5.
Il totale dei posti di reinsediamento offerti andrebbe ripartito tra gli Stati membri in base alla chiave di distribuzione di cui all'allegato. Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare al programma, la chiave di distribuzione cambierebbe di conseguenza.
6.
Le regioni prioritarie per il reinsediamento dovrebbero ricomprendere il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d'Africa, con particolare attenzione ai paesi di attuazione dei programmi di sviluppo e protezione regionale.
7.
Gli Stati membri e gli Stati associati partecipanti dovrebbero conservare la responsabilità delle singole decisioni di ammissione, previ controlli medici e di sicurezza adeguati, mentre all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti.
8.
Allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato dovrebbe provvedere a espletare una procedura formale di protezione internazionale, anche rilevando le impronte digitali, rapidamente e in conformità alla normativa vigente, in particolare al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), alla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio (10), alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio (11) e, a partire dal 20 luglio 2015, alle direttive 2013/32/UE (12) e 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13).
9.
Al termine di tale processo, se uno Stato membro riconosce la protezione internazionale o uno status di protezione nazionale a un reinsediato, questi dovrebbe beneficiare, nello Stato membro di reinsediamento, dei diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE o di diritti analoghi garantiti dalla legislazione nazionale. In tale contesto la libera circolazione all'interno dell'Unione soggiacerebbe alle medesime condizioni e restrizioni che si applicano ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri. Nel caso della partecipazione di Stati associati, si applicherebbe la legislazione nazionale equivalente.
10.
I candidati al reinsediamento dovrebbero essere informati dei loro diritti e obblighi, nell'ambito del programma di reinsediamento nonché a norma della pertinente legislazione nazionale e dell'Unione in materia di asilo, prima di essere ammessi nel territorio degli Stati membri o degli Stati associati partecipanti, in particolare delle conseguenze di movimenti successivi all'interno dell'Unione e/o degli Stati associati partecipanti e del fatto che sono legittimati solo ai diritti collegati allo status di protezione internazionale o nazionale nello Stato di reinsediamento.
11.
I reinsediati che entrano nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato diverso dallo Stato di reinsediamento senza autorizzazione, in attesa dell'espletamento della procedura formale di protezione internazionale o dopo il riconoscimento della protezione internazionale, dovrebbero essere rinviati nello Stato di reinsediamento in conformità al combinato disposto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15).
12.
È opportuno che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma, in particolare per dare un sostegno speciale agli Stati membri e agli Stati associati partecipanti e soprattutto a quelli che non hanno esperienza di reinsediamento. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe monitorare l'attuazione del programma e riferire periodicamente sulla sua attuazione.
13.
È opportuno prevedere una dotazione finanziaria a favore degli Stati membri, proporzionale al numero di reinsediati nel loro territorio e in conformità alle somme forfettarie di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014, adeguate dal regolamento delegato (UE) n. xxx/2015 (16).
DESTINATARI
14.
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, l'8 giugno 2015
Per la Commissione
Dimitris AVRAMOPOULOS
Membro della Commissione
(1) Punto 3, lettera q), della dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, EUCO 18/15.
(2) Punti 8 e 10 della risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, 2015/2660 (RSP).
(3)
Fonte: Eurostat.
(4)
Fonte: Global Trend 2013 Report, UNHCR
(5) Conclusioni del Consiglio «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014.
(6) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015 COM(2015) 240 final.
(7) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168).
(8) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1).
(9) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9).
(10) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13).
(11) Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18).
(12) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60).
(13) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 96).
(14) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31).
(15) Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98).
(16) Da presentare.
ALLEGATO
Stati membri
Chiave
(%)
Ripartizione
Austria
2,22
444
Belgio
2,45
490
Bulgaria
1,08
216
Croazia
1,58
315
Cipro
0,34
69
Repubblica ceca
2,63
525
Danimarca
1,73
345
Estonia
1,63
326
Finlandia
1,46
293
Francia
11,87
2 375
Germania
15,43
3 086
Grecia
1,61
323
Ungheria
1,53
307
Irlanda
1,36
272
Italia
9,94
1 989
Lettonia
1,10
220
Lituania
1,03
207
Lussemburgo
0,74
147
Malta
0,60
121
Paesi Bassi
3,66
732
Polonia
4,81
962
Portogallo
3,52
704
Romania
3,29
657
Slovacchia
1,60
319
Slovenia
1,03
207
Spagna
7,75
1 549
Svezia
2,46
491
Regno Unito
11,54
2 309
La chiave si basa sui seguenti criteri (1)
(2):
a)
la popolazione (dati 2014, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la capacità di uno Stato membro di assorbire un determinato numero di rifugiati;
b)
PIL totale (dati 2013, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la ricchezza in termini assoluti di un paese e pertanto la capacità di un'economia di assorbire e integrare rifugiati;
c)
media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli ultimi anni;
d)
tasso di disoccupazione (dati 2014, ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia la capacità di integrare i rifugiati.
(1) I calcoli si basano sui dati statistici forniti da Eurostat (consultati l'8 aprile 2015).
(2) Le percentuali sono state calcolate al quinto decimale e arrotondate per eccesso o per difetto al secondo decimale per la presentazione nella tabella; la ripartizione numerica è stata calcolata sulla base delle cifre complete al quinto decimale. | Programma europeo di reinsediamento dei rifugiati
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Questa raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento* fa parte di una prima serie di misure che rientrano nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2015.
Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a reinsediare 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sul proprio territorio e a offrire loro forme di protezione internazionale, come ad esempio lo status di rifugiato, al fine di evitare che questi profughi debbano ricorrere ai trafficanti per raggiungere l’UE.
PUNTI CHIAVE
Che cos’è una misura di reinsediamento?
Il reinsediamento è il processo mediante il quale, dietro proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i profughi bisognosi di protezione internazionale vengono trasferiti da un paese extra UE e stabiliti in un paese dell’UE con una forma di protezione legale. Ciascun paese dell’UE rimane responsabile per le singole decisioni di ammissione.
Il reinsediamento non va confuso con le misure di ricollocazione*, sempre proposte dall’Agenda sulla migrazione, che fornisce un meccanismo di distribuzione delle persone bisognose di protezione internazionale all’interno dell’UE.
Le regioni prioritarie di origine delle persone da reinsediare nell’UE nel quadro di questa raccomandazione includono il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa.
Chiave di distribuzione
I posti di reinsediamento devono essere distribuiti tra i paesi dell’UE in funzione di una chiave di distribuzione basata sui seguenti criteri:
il prodotto interno lordo del paese dell’UE, per valutare la sua capacità economica di ospitare rifugiati (40 %);
la popolazione, per considerare la sua capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati (40 %);
il tasso di disoccupazione, come indicatore della sua capacità di integrare rifugiati (10 %);
il numero di richieste di asilo presentate in passato e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti tra il 2010 e il 2014, dati che rispecchiano gli sforzi fatti dal paese dell’UE nel passato recente (10 %).
Sulla base di questa chiave, la Germania reinsedierà il maggior numero di persone (3 086 ovvero il 15,4 %), seguita da Francia (2 375 ovvero l’11,8 %), Regno Unito (2 309 ovvero l’11,5 %) e Italia (1 989 ovvero il 9,9 %).
Dotazione finanziaria
Per supportare questo programma, verranno utilizzati altri 50 milioni di EUR del bilancio UE per il 2015. Verranno aggiunti altri fondi dal programma UE di reinsediamento (distribuiti uniformemente tra il 2015 e il 2016) dallo speciale Fondo Asilo, migrazione e integrazione.
Attuazione
La partecipazione al programma di reinsediamento è volontaria. Ai paesi dell’UE è stato richiesto di rispettare i posti di reinsediamento consigliati entro settembre 2015.
L’UNHCR e altre organizzazioni coinvolte assisteranno l’UE nell’attuazione del programma (con misure quali l’identificazione e il trasferimento dei richiedenti asilo). Anche l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo verrà coinvolto nel programma.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE?
La durata proposta per il programma è pari a due anni a partire dalla data di adozione della raccomandazione (8 giugno 2015).
CONTESTO
A seguito di varie tragedie nelle quali hanno perso la vita migliaia di persone cercando di raggiungere le coste europee del Mediterraneo, l’UE ha messo a punto una risposta congiunta alla migrazione.
Nel maggio 2015, la Commissione ha presentato l’Agenda UE sulla migrazione, che istituisce un approccio completo comprensivo di un primo pacchetto di misure di attuazione, ovvero:
questo schema di reinsediamento per 20 000 persone provenienti da paesi extra UE;
la ricollocazione di 40 000 richiedenti asilo a vantaggio di Italia e Grecia;
un piano d’azione sul traffico di migranti;
l’attuazione delle operazioni in mare Triton e Poseidon, dirette da Frontex, per salvare più vite nel Mar Mediterraneo.
Questa raccomandazione ha preceduto un incontro sulle Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, tenutosi il 20 luglio 2015 per reinsediare, attraverso programmi multilaterali e nazionali, 22 504 persone bisognose di protezione internazionale. I posti di reinsediamento sono stati distribuiti tra i paesi dell’UE e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, in base agli impegni indicati nell’allegato alle conclusioni e non in funzione della chiave di distribuzione esposta nella raccomandazione.
La Commissione ha proposto un’ulteriore serie di misure sulla migrazione nel settembre 2015. Queste comprendono una proposta di ricollocazione d’emergenza per 120 000 persone bisognose di protezione (da Grecia, Ungheria e Italia) e un meccanismo permanente di gestione delle crisi di ricollocazione per tutti i paesi dell’UE.
Per maggiori informazioni, si veda:
Migrazione - Kit per la stampa;
Scheda descrittiva sulla ricollocazione e il reinsediamento nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Reinsediamento: programma attraverso il quale i paesi dell’UE forniscono protezione internazionale e una soluzione a lungo termine nei propri territori ai rifugiati e ai profughi. L’UNHCR identifica queste persone come idonee per il reinsediamento con l’intento di garantire loro lo status legale di rifugiati. I paesi dell’UE rimangono responsabili per le singole decisioni di ammissione.
Ricollocazione: il trasferimento di persone che hanno bisogno, o che stanno già usufruendo di una forma di protezione internazionale in un paese dell’UE, verso un altro paese dell’UE in cui possano ottenere un livello di protezione simile. La ricollocazione è una misura di solidarietà dell’UE concepita per aiutare i paesi dell’UE che si trovano a dovere far fronte a un grande flusso di richiedenti asilo o rifugiati.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione (UE) 2015/914 della Commissione, dell’8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo (GU L 148 del 13.6.2015, pag. 32-37)
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final del 13.5.2015] | 7,634 | 396 |
32016H0220(01) | false | RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 15 febbraio 2016
sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro
(2016/C 67/01)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, in combinato disposto con l’articolo 148, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il tasso di disoccupazione nell’Unione, dopo essere aumentato fino a raggiungere un livello senza precedenti in seguito alla crisi economica e finanziaria del 2008-09, è attualmente in calo, mentre quello della disoccupazione di lungo periodo resta molto elevato. La disoccupazione di lungo periodo colpisce ogni Stato membro in misura diversa, in particolare in quanto l’impatto della crisi è stato disuguale e la situazione macroeconomica, la struttura economica e il funzionamento del mercato del lavoro differiscono da uno Stato membro all’altro.
(2)
Dopo anni di crescita debole e scarsa creazione di posti di lavoro, nel 2014 la disoccupazione di lungo periodo, definita da Eurostat come numero di persone che non hanno un lavoro e lo cercano attivamente da almeno un anno, ha colpito più di 12 milioni di persone, pari al 5 % della popolazione attiva dell’Unione, il 62 % delle quali era stato disoccupato per almeno due anni consecutivi.
(3)
La disoccupazione di lungo periodo sta colpendo le persone interessate, riducendo le potenzialità di crescita delle economie dell’Unione, aumentando il rischio di esclusione sociale, povertà e disuguaglianza e aggravando ulteriormente gli oneri sostenuti da servizi sociali e finanze pubbliche. Essa comporta perdita di reddito, decadimento delle competenze, maggiore incidenza dei problemi di salute e aumento della povertà delle famiglie.
(4)
Tra le persone più esposte alla disoccupazione di lungo periodo vi sono quelle con competenze o qualifiche scarse, i cittadini di paesi terzi, le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate come i rom. Anche l’attività lavorativa svolta in precedenza da una persona svolge un ruolo importante, in quanto in alcuni paesi gli aspetti settoriali e ciclici sono fondamentali per spiegare la persistenza della disoccupazione di lungo periodo.
(5)
Ogni anno quasi un quinto dei disoccupati di lungo periodo nell’Unione si scoraggia e diventa inattivo perché la ricerca di un lavoro resta senza frutti. Gli ostacoli all’inserimento nel mercato del lavoro sono vari e spesso si sommano, cosicché per tale inserimento occorrono un approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi.
(6)
I disoccupati di lungo periodo rappresentano la metà del numero totale di disoccupati nell’Unione, ma meno di un quinto dei partecipanti a misure attive del mercato del lavoro. Di conseguenza solo una bassa percentuale di disoccupati di lungo periodo (in media il 24 %) beneficia del sussidio di disoccupazione.
(7)
Gli investimenti in capitale umano dovrebbero essere potenziati e resi più efficaci affinché possano conferire capacità e competenze utili e significative a un numero maggiore di persone, ovviare alle carenze di competenze e gettare le basi per una transizione agevole dall’apprendimento al lavoro e per il mantenimento dell’occupabilità. Migliorare l’efficacia e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione contribuirà a ridurre il numero di nuovi disoccupati. A tal fine dovrebbe essere perseguita la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione in linea con gli obiettivi del semestre europeo, le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) (1) e la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2).
(8)
Al fine di sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione, gli orientamenti del 2015 per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (3) invitano a ridurre significativamente la disoccupazione strutturale e di lungo periodo ricorrendo a strategie globali in grado di sostenersi reciprocamente che includano un sostegno attivo personalizzato per il reinserimento nel mercato del lavoro.
(9)
Se da un lato gli Stati membri rimangono competenti per la scelta delle misure del mercato del lavoro più adeguate alla loro situazione specifica, dall’altro lato gli orientamenti invitano gli Stati membri a promuovere l’occupabilità investendo nel capitale umano attraverso sistemi di istruzione e formazione efficaci ed efficienti che innalzino il livello di competenza della forza lavoro, e invitano inoltre più specificamente gli Stati membri a incoraggiare i sistemi di apprendimento basati sul lavoro come l’apprendimento duale e a potenziare la formazione professionale. Più in generale, gli orientamenti invitano gli Stati membri a prendere in considerazione i principi della flessicurezza e a rafforzare le misure attive del mercato del lavoro aumentandone efficacia, obiettivi, portata, campo d’azione e interazione con il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi sociali.
(10)
Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero risultare pienamente compatibili con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel contesto del semestre europeo e la loro attuazione dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita.
(11)
La raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (4), delinea una strategia globale e integrata a favore dell’inclusione attiva di coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro, combinando un adeguato sostegno al reddito, mercati del lavoro in grado di favorire l’inserimento e l’accesso a servizi di qualità. L’obiettivo è facilitare l’inserimento di coloro che sono in grado di lavorare in posti di lavoro sostenibili e di qualità e di fornire loro risorse sufficienti per vivere dignitosamente.
(12)
Il Fondo sociale europeo è il principale strumento finanziario dell’Unione per affrontare la disoccupazione di lungo periodo. Per il periodo 2014-2020, gli Stati membri hanno stanziato somme consistenti per sostenere l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. Anche altri fondi, come il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, possono integrare le misure finanziate dal Fondo sociale europeo in conformità con gli stanziamenti per le pertinenti priorità di investimento per il periodo 2014-2020, in particolare sostenendo la creazione di posti di lavoro, la modernizzazione dei servizi pubblici dell’impiego e la formazione professionale, la formazione di competenze e l’apprendimento permanente. In questo contesto, le future discussioni in materia dovrebbero considerare le modalità per rafforzare ulteriormente l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro.
(13)
La raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (5) invita a prendere iniziative volte a offrire alle persone l’opportunità di dimostrare quanto hanno appreso al di fuori dell’istruzione e della formazione formali.
(14)
Le conclusioni del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013 hanno sottolineato che affrontare la disoccupazione è la sfida sociale più importante e che è di fondamentale importanza ridurre la disoccupazione di lungo periodo e garantire la piena partecipazione dei lavoratori anziani.
(15)
Il Parlamento europeo ha indicato la disoccupazione di lungo periodo come uno dei principali ostacoli alla crescita.
(16)
È opportuno intensificare le iniziative volte a inserire nel mercato del lavoro le persone più gravemente interessate dalla disoccupazione di lungo periodo tenendo conto delle pratiche nazionali, nonché aumentare il tasso di registrazione presso i servizi per l’impiego e altri organi competenti, cosa che permetterebbe di affrontare il problema della mancanza di copertura delle misure di sostegno. I paesi con un gran numero di disoccupati di lungo periodo registrati possono attribuire priorità nei loro interventi a coloro che sono già registrati.
(17)
Un approccio preventivo sarebbe vantaggioso in termini di efficienza ed efficacia. Dovrebbero essere rafforzate e, se del caso, completate misure di prevenzione e attivazione che si concentrino in particolare sull’inizio del periodo di disoccupazione. Iniziative specifiche per i disoccupati di lungo periodo registrati dovrebbero essere intraprese al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione: questo infatti è il momento in cui in molti Stati membri cambiano i meccanismi e i servizi di sostegno per questo particolare gruppo.
(18)
Gli approcci personalizzati per sostenere i disoccupati di lungo periodo dovrebbero affrontare gli ostacoli che hanno portato al persistere della disoccupazione, aggiornando e completando la valutazione iniziale effettuata al momento della registrazione. Ciò consentirà di orientare i disoccupati di lungo periodo verso servizi di sostegno sufficientemente adattati alle esigenze individuali, quali consulenza sulla gestione dei debiti, riabilitazione, servizi di assistenza sociale, servizi di assistenza, integrazione dei migranti, assistenza abitativa e per la mobilità, intesi ad affrontare gli ostacoli all’occupazione e consentire loro di raggiungere obiettivi chiari che conducano all’occupazione.
(19)
Il coinvolgimento dei datori di lavoro nell’inserimento dei disoccupati di lungo periodo è essenziale e andrebbe sostenuto attraverso l’erogazione di servizi ad hoc da parte dei servizi dell’impiego insieme a incentivi finanziari mirati e al coinvolgimento delle parti sociali. Un maggior coinvolgimento dei datori di lavoro, integrato da misure intese a rafforzare la creazione di posti di lavoro nell’economia, può accrescere ulteriormente l’efficacia delle misure di inserimento.
(20)
Recenti iniziative politiche, come la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull’istituzione di una garanzia per i giovani (6), sollecitano la collaborazione nell’ambito di partnership come nuovo metodo per attuare le politiche sociali e occupazionali. L’erogazione coordinata di servizi è fondamentale, in particolare negli Stati membri in cui la responsabilità di sostenere i disoccupati di lungo periodo è ripartita tra i servizi pubblici per l’impiego, gli enti per la previdenza sociale e le amministrazioni locali.
(21)
Tale accordo di inserimento lavorativo, redatto in modo da riflettere la situazione di un singolo disoccupato di lungo periodo, dovrebbe contenere un pacchetto dettagliato delle misure personalizzate disponibili a livello nazionale (quali quelle relative a mercato del lavoro, istruzione, formazione e servizi di assistenza sociale) destinato a sostenere un disoccupato di lungo periodo e dargli gli strumenti per superare gli ostacoli specifici all’occupazione. Gli accordi dovrebbero definire obiettivi, calendari, obblighi dei disoccupati di lungo periodo e offerta del prestatore o dei prestatori di servizi e dovrebbero indicare le misure di inserimento disponibili.
(22)
Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero tener conto della diversità degli Stati membri e dei loro diversi punti di partenza per quanto riguarda la situazione macroeconomica, il livello della disoccupazione di lungo periodo e la relativa fluttuazione, le caratteristiche istituzionali, le differenze regionali e la capacità dei vari soggetti che intervengono sul mercato del lavoro. Tali azioni dovrebbero integrare e rafforzare l’approccio politico attualmente seguito in molti Stati membri, in particolare introducendo componenti flessibili come l’approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi, e coinvolgendo i datori di lavoro.
(23)
La presente raccomandazione rispetta, rafforza e migliora debitamente i diritti fondamentali, stabiliti in particolare dall’articolo 29 e dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI:
sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento, tra l’altro tramite un più stretto legame con i datori di lavoro;
fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo;
offrire un accordo di inserimento lavorativo specifico quando i disoccupati abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. Ai fini della presente raccomandazione, per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra un disoccupato di lungo periodo registrato e un punto di contatto unico avente l’obiettivo di facilitare la transizione dell’interessato verso l’occupazione sul mercato del lavoro.
A tal fine è necessario:
Registrazione
1)
Favorire la registrazione delle persone in cerca di lavoro presso un servizio per l’impiego, in particolare attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile.
Valutazione e approccio individuale
I servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, forniscono un orientamento personalizzato ai soggetti interessati.
2)
Garantire che ai disoccupati di lungo periodo registrati siano offerti approfonditi orientamenti e valutazioni individuali al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione. La valutazione dovrebbe illustrare le loro prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i tentativi precedenti di cercare lavoro.
3)
Informare i disoccupati di lungo periodo registrati delle offerte di lavoro e del sostegno disponibile nei diversi settori dell’economia e, ove opportuno, in regioni diverse e in altri Stati membri, in particolare mediante i servizi europei dell’occupazione (EURES).
Accordi di inserimento lavorativo
Ai disoccupati di lungo periodo registrati che non beneficiano della garanzia per i giovani viene offerto al più tardi, al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione, un accordo di inserimento lavorativo che dovrebbe comprendere almeno un’offerta di servizio individuale volta a trovare un lavoro e l’individuazione di un punto di contatto unico.
4)
Mirare ai bisogni specifici dei disoccupati di lungo periodo registrati mediante un accordo di inserimento lavorativo che combini interventi e servizi pertinenti forniti da organizzazioni diverse.
a)
L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe dettagliare esplicitamente gli obiettivi, i calendari e gli obblighi che il disoccupato di lungo periodo registrato deve rispettare, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione, riqualificazione o occupazione.
b)
L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe inoltre dettagliare l’offerta del prestatore o dei prestatori di servizi al disoccupato di lungo periodo. A seconda della disponibilità negli Stati membri e sulla base delle circostanze del singolo disoccupato di lungo periodo registrato, l’accordo di inserimento lavorativo potrebbe comprendere assistenza nella ricerca di un lavoro e nel posto di lavoro, convalida dell’apprendimento non formale e informale, riabilitazione, consulenza e orientamento, istruzione, istruzione e formazione professionale, esperienza di lavoro, assistenza sociale, educazione e cura della prima infanzia, servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine, consulenza per la gestione dei debiti, assistenza abitativa e per la mobilità.
c)
L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato alla luce dell’evoluzione della situazione individuale del disoccupato di lungo periodo registrato e, se necessario, adattato per migliorare la transizione verso l’occupazione.
5)
Mettere in atto le disposizioni necessarie a garantire continuità e individuare un punto di contatto unico, incaricato di sostenere il disoccupato di lungo periodo registrato attraverso un’offerta coordinata di servizi che coinvolge i servizi per l’impiego e di assistenza sociale disponibili. Tale punto di contatto potrebbe essere basato su un quadro di coordinamento interistituzionale e/o essere individuato nell’ambito di strutture esistenti.
Facilitare la trasmissione agevole e sicura, fra i prestatori di servizi interessati, delle informazioni pertinenti relative al sostegno precedente ai disoccupati di lungo periodo registrati e alle valutazioni individuali nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, garantendo in tal modo la continuità del servizio.
Consentire una migliore diffusione delle informazioni pertinenti sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione ai fornitori di servizi coinvolti e far sì che tali informazioni raggiungano i disoccupati di lungo periodo.
Legami più stretti con i datori di lavoro
6)
Incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione per fornire servizi che rispondano meglio alle esigenze delle imprese e dei disoccupati di lungo periodo registrati.
7)
Sviluppare servizi per i datori di lavoro quali controllo delle offerte di lavoro, sostegno al collocamento, tutoraggio e formazione sul luogo di lavoro e sostegno post-collocamento, così da agevolare il reinserimento professionale dei disoccupati di lungo periodo registrati.
8)
Concentrare gli eventuali incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale, per incrementare le opportunità di lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati.
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI E ALLA COMMISSIONE DI:
Valutazione e monitoraggio
9)
Monitorare in sede di comitato per l’occupazione, in stretta cooperazione con il comitato per la protezione sociale riguardo all’erogazione dei servizi sociali e di sostegno al reddito, l’attuazione della presente raccomandazione attraverso la sorveglianza multilaterale nel quadro del semestre europeo e attraverso il quadro di valutazione comune di indicatori. Il monitoraggio dovrebbe dare riscontri in merito alla percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro, alla sostenibilità del loro inserimento nel mercato del lavoro e all’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. La rete europea dei servizi pubblici per l’impiego dovrebbe contribuire a tale monitoraggio.
10)
Incoraggiare la valutazione della prestazione dei servizi pubblici per l’impiego per quanto riguarda l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati, la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche nel quadro del processo di apprendimento comparativo della rete europea dei servizi pubblici per l’impiego istituita dalla decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) (7).
11)
Cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, in conformità con le pertinenti priorità di investimento dei programmi 2014-2020.
RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI:
12)
Sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro.
13)
Sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI).
14)
Valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, le iniziative prese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019 sui risultati della valutazione.
Fatto a Bruxelles, il 15 febbraio 2016
Per il Consiglio
Il presidente
M.H.P. VAN DAM
(1) GU C 119 del 28.5.2009, pag. 2.
(2) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10.
(3) Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015, pag. 28).
(4) GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11.
(5) GU C 398 del 22.12.2012, pag. 1.
(6) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1.
(7) GU L 159 del 28.5.2014, pag. 32. | Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Oltre ai suoi effetti sui singoli, la disoccupazione di lungo periodo rallenta il potenziale di crescita delle economie dell’Unione europea (UE) e aumenta il rischio di esclusione sociale, di povertà e di disuguaglianza, aggiungendosi ai costi dei servizi sociali e delle finanze pubbliche.
La raccomandazione intende offrire ai paesi dell’UE un modello per risolvere il problema.
PUNTI CHIAVE
Raccomandazioni per i paesi dell’UE
Le persone in cerca di lavoro devono essere incoraggiate a registrarsi presso un servizio per l’impiego, attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Entro 18 mesi di disoccupazione, i disoccupati dovrebbero ricevere l’offerta di un accordo di inserimento lavorativo, che includa:
un punto di contatto unico per aiutarli a trovare un’occupazione;
una valutazione individuale che illustri le prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i precedenti tentativi connessi alla ricerca di lavoro;
una combinazione dei vari servizi pertinenti forniti dalle diverse organizzazioni;
un orientamento individuale da parte dei servizi per l’impiego e di altri partner;
obiettivi e obblighi chiari, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione.
L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe riportare in dettaglio quali sono i servizi offerti al disoccupato. A seconda della disponibilità in ogni paese dell’UE, e delle circostanze individuali, l’accordo potrebbe anche includere:
l’assistenza nella ricerca di un lavoro e sul posto di lavoro;
la convalida dell’apprendimento non formale* e informale*;
la riabilitazione, la consulenza e l’orientamento;
l’istruzione in generale e l’istruzione e la formazione professionale;
l’esperienza di lavoro;
l’assistenza sociale;
l’educazione e la cura della prima infanzia;
i servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine;
la consulenza per la gestione del debito;
l’assistenza abitativa e per la mobilità.
L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato adattandosi ai cambiamenti delle circostanze. Fra i fornitori di servizi ci dovrebbero essere scambi sicuri e protetti delle informazioni relative al sostegno precedente e alle valutazioni, mentre per i disoccupati migliori informazioni sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione. Se del caso, tali opportunità possono trovarsi in regioni diverse e in altri paesi europei, in particolare tramite il portale europeo della mobilità professionale (EURES).
Legami più stretti con i datori di lavoro
I paesi dell’UE dovrebbero inoltre:
incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione;
sviluppare servizi per i datori di lavoro come il controllo delle offerte di lavoro, il sostegno al collocamento, il tutoraggio e la formazione sul luogo di lavoro e il sostegno post-collocamento;
concentrare gli incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale.
Valutazione e monitoraggio
L’attuazione dovrebbe essere monitorata all’interno del comitato per l’occupazione dell’UE, in particolare:
la percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro;
la sostenibilità del loro inserimento;
l’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo.
I servizi pubblici per l’impiego dovrebbero essere valutati e dovrebbe essere incoraggiata la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche.
I paesi dell’UE e la Commissione dovrebbero cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo per lo sviluppo rurale.
Raccomandazioni per la Commissione
La Commissione è invitata a:
sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro;
sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI);
valutare le iniziative intraprese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Disoccupazione di lungo periodo» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Apprendimento non formale: apprendimento organizzato (ad esempio guidato da un insegnante o da una persona con più esperienza rispetto all’individuo cui si rivolge) che può anche non essere basato su un programma di studi. Si basa sulle competenze di un singolo studente ma non si traduce in una qualifica formale, come ad esempio il movimento scout.
Apprendimento informale: apprendimento che non si basa su un programma di studi e che non si traduce in qualifiche. L’insegnante è qualcuno con più esperienza rispetto al discente, ad esempio un genitore che insegna l’alfabeto a un bambino.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pagg. 1-5)
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015 pagg. 28-32) | 7,613 | 73 |
31990L0428 | false | Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi
Gazzetta ufficiale n. L 224 del 18/08/1990 pag. 0060 - 0061 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 33 pag. 0178
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 26 giugno 1990 relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (90/428/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 42 e 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che gli equini figurano in quanto animali vivi nell'elenco di prodotti contenuti nell'allegato II del trattato; considerando che, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equini e l'aumento della produttività del settore, occorre stabilire a livello comunitario norme in materia di scambi intracomunitari di equini destinati a concorsi; considerando che l'allevamento dei cavalli, e in particolare dei cavalli da corsa, rientra generalmente nell'ambito delle attività agricole; che esso costituisce una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola; considerando che nella Comunità esistono disparità tra le norme che disciplinano l'accesso ai concorsi; che tali disparità possono costituire un ostacolo per gli scambi intracomunitari; considerando che gli scambi di equini destinati a concorsi e la partecipazione a tali concorsi possono essere compromessi dalle disparità esistenti nelle regolamentazioni concernenti la destinazione di una percentuale dell'importo delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dell'allevamento negli Stati membri; che l'instaurazione di un libero accesso ai concorsi presuppone l'armonizzazione di dette regolamentazioni; considerando che, in attesa di questa armonizzazione, conviene, soprattutto per mantenere ed incrementare la produttività nel settore, autorizzare gli Stati membri a riservare una percentuale delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dei loro allevamenti; che occorre tuttavia fissare un massimale per questa percentuale; considerando che è opportuno adottare le misure di applicazione in taluni settori di carattere tecnico; che è necessario, per l'attuazione delle misure previste, definire una procedura che instauri una cooperazione stretta ed efficace fra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato zootecnico permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, sono applicabili le definizioni contenute nell'articolo 2 della direttiva 90/427/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle norme zootecniche e genealogiche che disciplinano gli scambi intracomunitari di equini (4). Inoltre, si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. Articolo 3 1. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fra equini registrati nello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini registrati in un altro Stato membro. 2. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni tra equini originari dello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini originari di un altro Stato membro. Articolo 4 1. Il disposto dell'articolo 3 concerne, in particolare: a) i criteri e in particolare i limiti, minimi o massimi, per l'iscrizione al concorso, b) la valutazione durante il concorso, c) le vincite o i proventi inerenti al concorso. 2. Tuttavia, - gli obblighi di cui all'articolo 3 lasciano impregiudicata la facoltà di organizzare: a) concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; b) concorsi regionali, ai fini di una selezione degli equini; c) manifestazioni di carattere storico o tradizionale. Lo Stato membro che intende avvalersi di tale facoltà, ne informa preventivamente e in maniera generale, la Commissione; - gli Stati membri sono autorizzati a riservare, per ciascun concorso o tipo di concorso, tramite organismi ufficialmente abilitati o riconosciuti a tal fine, una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi di cui al paragrafo 1, lettera c) per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento. Tale percentuale non dovrà superare il 30 % nel 1991, il 25 % nel 1992 e il 20 % dal 1993. I criteri per la distribuzione di tali fondi nello Stato membro interessato vengono comunicati alla Commissione e agli altri Stati membri nell'ambito del comitato zootecnico permanente. Anteriormente al 31 dicembre 1992, il Consiglio riesaminerà le condizioni di applicazione di queste disposizioni in base ad una relazione della Commissione che tenga conto dei progressi di armonizzazione realizzati sull'insieme dei problemi sollevati dalle condizioni di allevamento dei cavalli da concorso, corredata di proposte appropriate sulle quali il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata. 3. Le modalità generali di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la procedura indicata all'articolo 6. Articolo 5 1. In attesa delle decisioni da adottare a norma dell'articolo 4 della direttiva 90/427/CEE, nell'ipotesi in cui venga negata l'iscrizione a un concorso ad un equino registrato in uno Stato membro, i motivi del diniego devono essere comunicati per iscritto al proprietario o al suo mandatario. 2. Nel caso contemplato dal paragrafo 1, il proprietario o il suo mandatario ha il diritto di ottenere il parere di un esperto, alle condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 89/662/CEE (5) che sono applicabili mutatis mutandis. 3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione del presente articolo, secondo la procedura prevista all'articolo 6. Articolo 6 Nel caso in cui si fa riferimento alla procedura prevista al presente articolo, il Comitato zootecnico permanente, istituito con la decisione 77/505/CEE (6), delibera conformemente alle regole fissate nell'articolo 11 della direttiva 88/661/CEE (7). Articolo 7 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 1g luglio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 1990. Per il Consiglio Il Presidente M. O'KENNEDY (1) GU n. C 327 del 30. 12. 1989, pag. 61. (2) GU n. C 149 del 18. 6. 1990. (3) GU n. C 62 del 12. 3. 1990, pag. 46.(4) Vedi pagina 55 della presente Gazzetta ufficiale.(5) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 13. (6) GU n. L 206 del 12. 8. 1977, pag. 11. (7) GU n. L 382 del 31. 12. 1988, pag. 16. | Norme sugli scambi di cavalli e asini destinati ai concorsi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce le norme relative agli scambi intracomunitari di equini, ovvero gli animali domestici delle specie equine (cavallo) o asinine (asino), o delle razze incrociate (muli e bardotti), destinati ai concorsi.
Tali norme sono volte a superare gli ostacoli esistenti negli scambi di equini eliminando le disparità fra i paesi dell'UE per quanto riguarda le condizioni di partecipazione nei concorsi.
PUNTI CHIAVE
La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi nell'ambito dell'Unione europea (UE).
Il tipo di concorso
Si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura.
La partecipazione ai concorsi
Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fondate sul luogo di origine o di registrazione degli equini nell'UE. In altre parole, tutti gli equini dei paesi dell'UE vanno trattati alla stessa maniera per quanto riguarda:
i criteri d'iscrizione al concorso;
la valutazione durante il concorso;
le vincite o i proventi inerenti al concorso.
Tuttavia, tale obbligo lascia impregiudicata la facoltà di organizzare:
concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza;
concorsi regionali, ai fini di una selezione;
manifestazioni di carattere storico o tradizionale.
I paesi dell'UE sono autorizzati a riservare una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento nel paese in cui il concorso si svolge.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 17 luglio 1990. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o luglio 1991.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
«Informazione per gli Stati membri» sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (GU L 224 del 18.8.1990, pag. 60-61)
Le successive modifiche alla direttiva 90/428/CEE sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Decisione 92/216/CEE della Commissione, del 26 marzo 1992, relativa alla raccolta di dati riguardanti i concorsi di equini di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 90/428/EEC (GU L 104 del 22.4.1992, pag. 77)
Si veda la versione consolidata. | 3,314 | 952 |
32014D0415 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 24 giugno 2014
relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà
(2014/415/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 222, paragrafo 3, prima frase,
vista la proposta congiunta della Commissione europea e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
La presente decisione riguarda l'attuazione da parte dell'Unione dell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) («clausola di solidarietà»). Essa non riguarda l'attuazione da parte degli Stati membri della clausola di solidarietà a norma dell'articolo 222, paragrafo 2, TFUE. Conformemente alla dichiarazione (n. 37) relativa all'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, uno Stato membro può scegliere i mezzi più appropriati per assolvere ai suoi obblighi di solidarietà nei confronti di un altro Stato membro.
(2)
A norma dell'articolo 222, paragrafo 1 TFUE, l'Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo. È opportuno garantire la coerenza e la complementarità dell'azione dell'Unione e degli Stati membri, a vantaggio dello Stato membro che invoca la clausola di solidarietà e al fine di evitare la duplicazione degli sforzi. Dal momento che gli Stati membri devono coordinarsi in sede di Consiglio per assolvere i propri obblighi di solidarietà a norma dell'articolo 222, paragrafo 2 TFUE, è opportuno disporre di modalità di coordinamento in seno al Consiglio per quanto riguarda l'attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà.
(3)
Le modalità di coordinamento in seno al Consiglio dovrebbero basarsi sui dispositivi integrati dell'UE per la risposta politica alle crisi (IPCR), approvati dal Consiglio il 25 giugno 2013, in cui si afferma che l'IPCR sosterrà anche i dispositivi per l'applicazione della clausola di solidarietà. È opportuno che il Consiglio adegui i dispositivi IPCR, in particolar modo in caso di riesame.
(4)
L'attuazione della clausola di solidarietà dell'Unione dovrebbe basarsi per quanto possibile sugli strumenti esistenti, dovrebbe aumentare l'efficacia potenziando il coordinamento ed evitando sovrapposizioni, dovrebbe funzionare senza risorse supplementari, dovrebbe fornire un'interfaccia semplice e chiara per gli Stati membri a livello dell'Unione e dovrebbe rispettare le competenze conferite a ciascuna istituzione e a ciascun servizio dell'Unione.
(5)
La clausola di solidarietà impone all'Unione di mobilitare tutti gli strumenti di cui dispone. Gli strumenti pertinenti comprendono la strategia di sicurezza interna dell'Unione europea, il meccanismo di protezione civile dell'Unione europea istituito dalla decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («meccanismo dell'Unione»), la decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
(6)
Occorre definire chiaramente il campo di applicazione delle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà.
(7)
Per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo, il quadro strategico dell'azione dell'Unione è rappresentato dal documento riguardante la strategia antiterrorismo dell'Unione europea. Sono stati istituiti vari strumenti per rafforzare la protezione delle infrastrutture critiche nei settori dell'energia e dei trasporti (3). Alcune azioni sono altresì state intraprese a seguito della comunicazione della Commissione intitolata «La politica antiterrorismo dell'UE: principali risultati e sfide future», come ad esempio azioni volte ad aumentare la cooperazione tra le autorità di contrasto, rafforzare la prevenzione della radicalizzazione, in particolare attraverso l'istituzione di una rete di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione, ed a limitare l'accesso dei terroristi alle fonti di finanziamento, agli esplosivi (4) e ai materiali o agenti chimici, biologici, radiologici e nucleari, nonché azioni volte a rafforzare la sicurezza degli esplosivi.
(8)
È opportuno definire, a livello di Unione, un meccanismo di invocazione e un meccanismo di riduzione progressiva per le modalità di cui alla presente decisione basato su una richiesta politica ad alto livello dello Stato membro interessato, attraverso un punto di accesso unico a livello dell'Unione.
(9)
I dispositivi di risposta a livello dell'Unione dovrebbero permettere di migliorare l'efficacia attraverso un miglior coordinamento sulla base degli strumenti esistenti.
(10)
Il meccanismo dell'Unione mira a potenziare la cooperazione fra gli Stati membri e l'Unione e a facilitare il coordinamento nel campo della protezione civile. La decisione n. 1313/2013/UE ha istituito il centro di coordinamento della risposta alle emergenze («ERCC»), che garantisce una capacità operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7 ed è a disposizione degli Stati membri e della Commissione allo scopo di conseguire gli obiettivi del meccanismo dell'Unione.
(11)
Il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) dispone di strutture dotate di competenze nel settore militare e dell'intelligence, nonché della rete delle delegazioni che possono anch'esse contribuire a rispondere a minacce o catastrofe sul territorio degli Stati membri o a crisi aventi una dimensione esterna. A seconda della crisi, altre strutture e agenzie dell'Unione nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della PSDC dovrebbero fornire, se del caso, contributi in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione.
(12)
Ove necessario e possibile in considerazione dell'urgenza, i dispositivi di risposta a livello dell'Unione dovrebbero essere completati dall'adozione di atti giuridici o dalla modifica di atti esistenti, a norma delle pertinenti disposizioni dei trattati.
(13)
La presente decisione non comporterà implicazioni nel settore della difesa. Se una crisi richiede un intervento di pertinenza della PESC o della PSDC, la relativa decisione dovrebbe essere presa dal Consiglio in conformità delle pertinenti disposizioni dei trattati.
(14)
La presente decisione lascia impregiudicato l'articolo 42, paragrafo 7, del trattato sull'Unione europea.
(15)
La comunicazione della Commissione intitolata «La strategia di sicurezza interna dell'UE in azione: cinque tappe verso un'Europa più sicura» ha definito l'obiettivo di aumentare la capacità dell'Unione di reagire a crisi e catastrofi attraverso una serie di azioni, tra cui il pieno ricorso alla clausola di solidarietà. Come ricordato dal Consiglio nelle sue conclusioni del 24 e del 25 febbraio 2011, aumentare la resilienza dell'Europa alle crisi e alle catastrofi è fondamentale per rafforzare ulteriormente la libertà, la sicurezza e la giustizia nell'Unione.
(16)
Per consentire all'Unione e agli Stati membri di agire in modo efficace, il Consiglio europeo valuterà regolarmente i rischi cui è esposta l'Unione. Su richiesta del Consiglio europeo dovrebbero essere elaborate relazioni su specifici rischi.
(17)
Conformemente all'articolo 346, paragrafo 1, lettera a), del TFUE, nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza.
(18)
Il 22 novembre 2012 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione 2012/2223, dal titolo «Clausole di difesa reciproca e di solidarietà dell'UE: dimensioni politiche ed operative».
(19)
La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e dovrebbe essere applicata conformemente a tali diritti e principi.
(20)
Poiché l'obiettivo della presente decisione, ovvero l'attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione, può essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la presente decisione non va al di là di quanto necessario per conseguire tale obiettivo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Obiettivo generale e oggetto
1. La presente decisione stabilisce le norme e le procedure per l'attuazione da parte dell'Unione dell'articolo 222 TFUE («clausola di solidarietà»).
2. Al fine di garantire la coerenza e la complementarità dell'azione dell'Unione e degli Stati membri, il coordinamento a livello politico della risposta all'invocazione della clausola di solidarietà è assicurato dal Consiglio mediante gli IPCR. L'assistenza alla gestione dei dispositivi IPCR è fornita dal segretariato generale del Consiglio (SGC), dalla Commissione e dal SEAE.
3. Le modalità a livello dell'Unione si basano sui meccanismi esistenti istituiti presso il Consiglio, la Commissione, il SEAE e le agenzie dell'Unione per fornire informazioni e assistenza. Se del caso, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e il SEAE contribuiscono adottando iniziative e fornendo informazioni pertinenti e sostegno nell'ambito di competenza dell'AR.
4. I pertinenti strumenti dell'Unione e i dispositivi IPCR seguono le proprie procedure e possono essere attivi prima dell'invocazione e dopo la riduzione graduale delle modalità previste dalla presente decisione.
5. Tali modalità ai sensi della presente decisione migliorano l'efficienza grazie a un maggiore coordinamento nella risposta tra l'Unione e gli Stati membri.
Articolo 2
Campo d'applicazione
1. In caso di attacco terroristico o di catastrofe naturale o provocata dall'uomo, indipendentemente dal fatto che si verifichino all'interno o al di fuori del territorio degli Stati membri, la presente decisione si applica:
a)
nel territorio degli Stati membri cui si applicano i trattati, inteso come territorio terrestre, acque interne, acque territoriali e spazio aereo;
b)
quando interessano infrastrutture (quali impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) situate nelle acque territoriali, nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di uno Stato membro.
Quando fa ricorso alle modalità di cui alla presente decisione, e in particolare quando mobilita gli strumenti di cui dispone, l'Unione è vincolata dal diritto internazionale e non pregiudica i diritti degli Stati non membri.
2. La presente decisione non comporta implicazioni nel settore della difesa.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente decisione si intende per:
a) «catastrofe»: qualsiasi situazione che colpisce o rischia di colpire gravemente le persone, l'ambiente o i beni, compreso il patrimonio culturale;
b) «attacco terroristico»: un reato di terrorismo, quale definito nella decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI (5);
c) «crisi»: una catastrofe o un attacco terroristico con una tale ampiezza di impatto o rilevanza politica da richiedere un coordinamento e una risposta strategici tempestivi a livello politico dell'Unione;
d) «risposta»: qualsiasi azione intrapresa in caso di catastrofe o attacco terroristico per affrontarne gli effetti negativi immediati.
Articolo 4
Invocazione della clausola di solidarietà
1. In caso di catastrofe o attacco terroristico, lo Stato membro interessato può invocare la clausola di solidarietà se, dopo essersi avvalso delle possibilità offerte dai mezzi e dagli strumenti esistenti a livello nazionale e dell'Unione, ritiene che la crisi oltrepassi chiaramente le capacità di risposta di cui dispone.
2. Le autorità politiche dello Stato membro interessato presentano la propria invocazione alla presidenza del Consiglio. L'invocazione è altresì presentata al presidente della Commissione europea tramite il ERCC.
Articolo 5
Dispositivi di risposta a livello dell'Unione
1. Una volta invocata la clausola di solidarietà, il Consiglio assicura il controllo politico e la direzione strategica della risposta dell'Unione all'invocazione della clausola di solidarietà, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'AR. A tal fine, la presidenza del Consiglio attiva immediatamente i dispositivi IPCR se non sono già in uso, e quindi informa tutti gli Stati membri in merito all'invocazione della clausola di solidarietà.
2. Al contempo, e conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, la Commissione e l'AR:
a)
individuano tutti i pertinenti strumenti dell'Unione che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi, compresi strumenti e strutture settoriali, operativi, strategici o finanziari, e adottano tutte le misure necessarie previste da tali strumenti;
b)
individuano le capacità militari che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi con il sostegno dello Stato maggiore dell'UE;
c)
individuano e propongono l'uso di strumenti e risorse che rientrano nella sfera di competenza delle agenzie dell'Unione e che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi;
d)
indicano al Consiglio se gli strumenti esistenti sono mezzi sufficienti per assistere lo Stato membro interessato dopo l'invocazione della clausola di solidarietà;
e)
elaborano periodicamente relazioni conoscitive e analisi integrate della situazione per informare e favorire il coordinamento e il processo decisionale a livello politico in sede di Consiglio conformemente all'articolo 6 della presente decisione.
3. Ove opportuno, e conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, la Commissione e l'AR presentano proposte al Consiglio, riguardanti in particolare:
a)
le decisioni sulle misure straordinarie non previste dagli strumenti esistenti;
b)
le richieste di capacità militari che eccedono la portata delle vigenti disposizioni in materia di protezione civile; o
c)
le misure a sostegno di una risposta rapida da parte degli Stati membri.
4. Sfruttando i dispositivi IPCR, la presidenza del Consiglio assicura la coerenza del trattamento in seno al Consiglio e della risposta complessiva a livello politico dell'Unione, anche in materia di sviluppo e aggiornamento delle proposte di azione, nel rispetto del diritto di iniziativa della Commissione e dell'AR, entro i rispettivi settori di competenza. In ciò la presidenza riceverà sostegno e consulenza dall'SGC, dalla Commissione e dal SEAE nonché, in caso di attacco terroristico, dal coordinatore antiterrorismo dell'UE. A seconda della crisi, le strutture e le agenzie dell'Unione nel settore della PESC/PSDC forniscono, se del caso, contributi in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione.
5. La presidenza del Consiglio informa il presidente del Consiglio europeo e il presidente del Parlamento europeo in merito all'invocazione della clausola di solidarietà e agli importanti conseguenti sviluppi.
6. Al momento dell'invocazione della clausola di solidarietà l'ERCC funge da punto di contatto 24 ore su 24, 7 giorni su 7 a livello di Unione con le autorità competenti degli Stati membri e le altre parti interessate, fatte salve le responsabilità esistenti a livello di Commissione e AR e le reti informative esistenti. L'ERCC agevolerà la produzione di relazioni conoscitive e analisi integrate della situazione (ISAA), in collaborazione con la sala situazione dell'Unione e gli altri centri di crisi dell'UE in conformità dell'articolo 6 della presente decisione.
Articolo 6
Relazioni di conoscenza e analisi integrate della situazione
Le ISAA saranno adeguate alle esigenze del livello politico dell'Unione definito dalla presidenza del Consiglio, e consentiranno una visione strategica d'insieme della situazione in seno al Consiglio, conformemente ai dispositivi IPCR. Tali relazioni riuniscono i contributi convalidati messi a disposizione su base volontaria dagli Stati membri, dalla Commissione, dal SEAE e dalle agenzie dell'Unione competenti, nonché dalle organizzazioni internazionali competenti. In caso di un'invocazione in relazione ad un attacco terroristico, le valutazioni e i briefing dell'intelligence sono trattati separatamente mediante i canali esistenti.
Articolo 7
Ritiro
Il ritiro dei dispositivi di risposta di cui alla presente decisione segue la stessa procedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Lo Stato membro che ha invocato la clausola di solidarietà indica, non appena ritiene di farlo, che non vi è più l'esigenza di mantenere attiva l'invocazione.
Articolo 8
Valutazione dei rischi a livello dell'Unione
1. Per la valutazione periodica dei rischi che l'Unione si trova ad affrontare, il Consiglio europeo può chiedere alla Commissione, all'AR e alle agenzie dell'Unione, se del caso, di elaborare relazioni su minacce specifiche.
2. Salvo diversamente disposto dal Consiglio europeo, tali relazioni si basano unicamente sulle valutazioni disponibili dei rischi, elaborate da istituzioni, organismi e agenzie pertinenti dell'Unione secondo le vigenti modalità, e sulle informazioni fornite volontariamente da parte degli Stati membri, evitando al contempo la duplicazione degli sforzi. Il coordinatore antiterrorismo dell'UE è associato all'elaborazione di tali relazioni, se del caso. Conformemente all'articolo 346, paragrafo 1, lettera a) TFUE, nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza.
Articolo 9
Riesame
1. Le modalità di cui alla presente decisione sono riesaminate periodicamente in base alle esigenze individuate, e in ogni caso entro un termine di 12 mesi a decorrere dalla cessazione della loro invocazione, al fine di garantire che i pertinenti insegnamenti vengano identificati e affrontati. Il riesame si svolge in sede di Consiglio sulla base di una relazione comune elaborata dalla Commissione e dall'AR.
2. Se del caso, tale decisione può essere rivista. In tal caso, conformemente all'articolo 222, paragrafo 3, del TFUE, il Consiglio è assistito dal comitato politico e di sicurezza e dal comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna.
3. Se del caso, il Consiglio può adattare i dispositivi IPCR, in particolare per rispondere alle esigenze individuate dal Consiglio nel contesto di un riesame o a seguito di una revisione della presente decisione.
Articolo 10
Incidenza finanziaria
Le risorse finanziarie necessarie per l'attuazione della presente decisione sono mobilizzate entro i limiti di spesa annuali convenuti e a seconda del campo di applicazione degli attuali strumenti dell'Unione e rispettano i massimali annuali del quadro finanziario pluriennale.
Articolo 11
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, il 24 giugno 2014
Per il Consiglio
Il presidente
E. VENIZELOS
(1) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 924).
(2) Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1).
(3) Quali definite dalla direttiva 2008/114/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (GU L 345 del 23.12.2008, pag. 75).
(4) Regolamento (UE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di (GU L 39 del 9.2.2013, pag. 1).
(5) Decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3). | Attuazione della clausola di solidarietà dell'UE
Decisione 2014/415/UE del Consiglio relativa all'attuazione da parte dell'Uniione europea della clausola di solidarietà
ATTO
Decisione del Consiglio 2014/415/UE, del 24 giugno 2014, relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà.
SINTESI
La clausola di solidarietà consente all'Unione europea (UE) e ai paesi dell'UE di agire congiuntamente per aiutare un altro paese dell'UE vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo.
COSA FA QUESTA DECISIONE?
La decisione stabilisce le norme e le procedure per l'applicazione della clausola di solidarietà. Assicura che tutte le parti interessate a livello nazionale e a livello unionale collaborino insieme per rispondere rapidamente, in modo efficace e coerente in caso di attacchi terroristici o catastrofi naturali o provocate dall'uomo.
PUNTI CHIAVE
La clausola si applica:
—
a catastrofi naturali o attacchi terroristici all'interno del territorio terrestre, delle acque territoriali o dello spazio aereo dell'Unione europea;
—
alla protezione delle infrastrutture (ad esempio impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) nelle acque territoriali dei paesi dell'UE;
—
indipendentemente dal fatto che la crisi abbia origine all'interno o al di fuori dell'UE.
Invocare la clausola di solidarietà
Il paese UE colpito può invocare la clausola di solidarietà, se ritiene che la crisi oltrepassi le proprie capacità di risposta.
Deve rivolgere la sua richiesta alla presidenza del Consiglio e al presidente della Commissione europea attraverso il centro di coordinamento della risposta alle emergenze della Commissione (ERCC).
Meccanismo di reazione dell'UE
Una volta invocata la clausola di solidarietà, l'UE mobilita tutti gli strumenti e le strutture di cui dispone, compresi gli strumenti settoriali, operativi, strategici o finanziari, come il meccanismo di protezione civile dell'UE, gli strumenti previsti dalla strategia di sicurezza interna dell'UE e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
Il Consiglio assicura la direzione politica e strategica della risposta, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'Alto rappresentante. Attiva subito i dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi (IPCR) per garantire una reazione coerente a livello unionale.
Parallelamente, la Commissione e l'Alto rappresentante dell'Unione europea:
—
individuano tutti gli strumenti e le capacità che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi,
—
fanno proposte al Consiglio relative a misure eccezionali o a misure a sostegno di una rapida reazione dei paesi dell'UE.
QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione si applica dal 20 luglio 2014.
CONTESTO
La clausola di solidarietà dell'UE mette in atto l'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Decisione 2014/415/UE
21.7.2014
-
GU L 192 dell'1.7.2014, pag. 53-58
Rettifica
-
-
GU L 221 del 25.7.2014, pag. 26
Rettifica
-
-
GU L 275 del 17.9.2014, pag. 7 | 7,304 | 113 |
31998R2866 | false | Regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio del 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro
Gazzetta ufficiale n. L 359 del 31/12/1998 pag. 0001 - 0002
REGOLAMENTO (CE) N. 2866/98 DEL CONSIGLIO del 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea (1),(1) considerando che a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 4, del trattato, la terza fase dell'Unione economica e monetaria avrà inizio il 1 gennaio 1999; che il Consiglio riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo ha confermato, il 3 maggio 1998, che Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica in data 1 gennaio 1999 (2);(2) considerando che a partire dal 1 gennaio 1999 l'euro sarà la moneta degli Stati membri partecipanti, in conformità al regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (3); che l'introduzione dell'euro presuppone l'adozione dei tassi di conversione ai quali l'euro sostituirà le monete nazionali ed in base ai quali l'euro sarà diviso in unità monetarie nazionali; che i tassi di conversione indicati nell'articolo 1 sono quelli definiti nell'articolo 1, terzo trattino, del regolamento (CE) n. 974/98;(3) considerando che a norma del regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ogni riferimento all'ecu contenuto in uno strumento giuridico è sostituito da un riferimento all'euro ad un tasso di un euro per un ecu; che l'articolo 109 L, paragrafo 4, seconda frase, stabilisce che l'adozione dei tassi di conversione non deve di per sé modificare il valore esterno dell'ecu; che ciò viene garantito adottando, come tassi di conversione, i tassi di cambio delle monete degli Stati membri rispetto all'ecu determinati dalla Commissione il 31 dicembre 1998, in base alla procedura consueta per il calcolo dei tassi ufficiali giornalieri relativi all'ecu;(4) considerando che i ministri degli Stati membri che adottano l'euro come loro moneta unica, i governatori delle banche centrali degli stessi Stati membri, la Commissione e l'Istituto monetario europeo/la Banca centrale europea hanno emesso, il 3 maggio 1998 (5) ed il 26 settembre 1998, due comunicati sulla determinazione e sull'adozione dei tassi di conversione fissati irrevocabilmente per l'euro;(5) considerando che il regolamento (CE) n. 1103/97 stabilisce che i tassi di conversione sono adottati con riferimento ad un euro espresso in ciascuna delle monete nazionali degli Stati membri partecipanti; che, per garantire un alto grado di precisione, tali tassi saranno formati da sei cifre significative e non verranno definiti tassi inversi o bilaterali tra le monete degli Stati membri partecipanti,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1I tassi di conversione fissati irrevocabilmente tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro sono i seguenti:1 euro // = 40,3399 franchi belgi // = 1,95583 marchi tedeschi // = 166,386 pesete spagnole // = 6,55957 franchi francesi // = 0,787564 sterline irlandesi // = 1 936,27 lire italiane // = 40,3399 franchi lussemburghesi // = 2,20371 fiorini olandesi // = 13,7603 scellini austriaci // = 200,482 escudi portoghesi // = 5,94573 marchi finlandesiArticolo 2Il presente regolamento entra in vigore il 1 gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 31 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER | Tassi di conversione fra l'euro e le valute nazionali
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento fissa irrevocabilmente i tassi di conversione tra l'euro e le monete dei paesi della zona euro.
Tali tassi sono stati adottati il 31 dicembre 1998 quando i primi undici paesi dell'UE hanno adottato l'euro (Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia).
PUNTI CHIAVE
Per diventare un membro della zona euro, la terza fase dell'unione economica e monetaria dell'UE, un paese dell'UE deve soddisfare determinate condizioni economiche e legali, note come criteri di convergenza. Tali criteri sono stati pensati per garantire che tali paesi possano dimostrare stabilità (entro determinati limiti) di prezzi, di posizione finanziaria del loro governo, del tasso di scambio e dei tassi d'interesse nel lungo termine.
Il regolamento è stato modificato a più riprese per determinare i tassi di conversione dei nuovi paesi che sono entrati nella zona euro:
Grecia nel 2001;
Slovenia nel 2007;
Cipro e Malta nel 2008;
Slovacchia nel 2009;
Estonia nel 2011;
Lettonia nel 2014;
Lituania nel 2015.
Ai sensi dell'articolo 140 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i tassi di conversione tra l'euro e le monete dei paesi dell'UE sono fissati dal Consiglio dell'UE. Il Consiglio delibera all'unanimità dei paesi della zona euro e del paese interessato, su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea.
I tassi di conversione sono fissati irrevocabilmente:
1 euro =
Tasso di cambio
Vecchia moneta nazionale
40,34
franchi belgi
1,96
marchi tedeschi
15,65
corone estoni
340,75
dracme greche
166,39
pesete spagnole
6,56
franchi francesi
0,79
sterline irlandesi
1 936,27
lire italiane
0,59
lire sterline cipriote
40,34
franchi lussemburghesi
0,43
lire maltesi
2,20
fiorini olandesi
13,76
scellini austriaci
200,48
escudi portoghesi
239,64
tàlleri sloveni
30,13
corone slovacche
5,95
marchi finlandesi
0.70
Lats lettone
3.45
Litas lituano
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 1o gennaio 1999.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
«Adozione dell'euro» sul sito Internet della Commissione europea
«Utilizzo dell'euro» sul sito Internet della Banca centrale europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro (GU L 359 del 31.12.1998, pag. 1–2)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2866/98 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. | 2,464 | 880 |
31997F0827 | false | 97/827/GAI: Azione comune del 5 dicembre 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata
Gazzetta ufficiale n. L 344 del 15/12/1997 pag. 0007 - 0009
AZIONE COMUNE del 5 dicembre 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (97/827/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista la relazione del Gruppo ad alto livello sulla criminalità organizzata, approvata dal Consiglio europeo di Amsterdam il 16/17 giugno 1997, in particolare la raccomandazione n. 15 del piano di azione,viste le conclusioni del Consiglio sulla suddetta relazione,vista l'esperienza acquisita nell'ambito del Gruppo di azione finanziaria internazionale in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro,vista la decisione del Consiglio del 26 giugno 1997, relativa al regime applicabile agli esperti nazionali distaccati presso il Segretariato generale del Consiglio nel quadro dell'attuazione del programma di intensificazione della lotta alla criminalità organizzata,considerando la necessità di migliorare l'attuazione a livello nazionale degli strumenti adottati nel quadro dell'Unione e in altra sede, in particolare per lottare contro la criminalità organizzata;considerando che il compito dell'attuazione incombe innanzitutto a ciascuno Stato membro e che nel contesto della loro concertazione in seno all'Unione europea, gli Stati membri svolgono un'azione di reciproco incoraggiamento per migliorare gli strumenti di cooperazione sottoscritti a livello internazionale;considerando che è peraltro utile istituire un meccanismo che, sulla scia di questa concertazione permetta agli Stati membri di valutare, su una base di eguaglianza e di reciproca fiducia, l'attuazione da parte di ciascuno Stato membro degli strumenti di cooperazione destinati alla lotta contro la criminalità organizzata internazionale;esaminato il punto di vista del Parlamento europeo (1), a seguito di una consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 Oggetto 1. Fatte salve le competenze della Comunità, è istituito, in base alle modalità definite in appresso, un meccanismo di valutazione a pari livello dell'applicazione e dell'attuazione sul piano nazionale degli atti e strumenti dell'Unione e degli altri atti e strumenti internazionali in materia penale, della legislazione, delle politiche e delle prassi che ne derivano sul piano nazionale e delle azioni di cooperazione internazionale seguite in materia di lotta contro la criminalità organizzata negli Stati membri.2. Ciascuno Stato membro si impegna affinché le proprie autorità nazionali collaborino pienamente con i gruppi di valutazione istituiti nel quadro della presente azione comune, ai fini della sua applicazione, nel rispetto delle norme giuridiche e deontologiche applicabili a livello nazionale.Articolo 2 Temi di valutazione 1. Per ogni ciclo di valutazione, il tema preciso, nonché l'ordine degli Stati membri da valutare, almeno cinque all'anno, sono definiti, su proposta della presidenza, dai membri del gruppo di lavoro pluridisciplinare sulla lotta contro la criminalità organizzata (GMD).2. La valutazione è preparata dalla presidenza del Consiglio, assistita dal Segretariato generale del Consiglio. La Commissione è pienamente associata ai lavori.3. Il primo ciclo di valutazione inizia al più tardi tre mesi dopo l'entrata in vigore della presente azione comune.Articolo 3 Designazione degli esperti 1. Ciascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio, su iniziativa della presidenza, il nome di un massimo di tre esperti che abbiano, per quanto riguarda il tema di valutazione, un'esperienza approfondita in materia di lotta contro la criminalità organizzata, in particolare nell'ambito di un servizio incaricato dell'applicazione delle leggi quale polizia, dogana, l'autorità giudiziaria o altra pubblica autorità, e che siano disposti a partecipare ad almeno un ciclo di valutazione.2. La presidenza elabora l'elenco degli esperti designati dagli Stati membri e la trasmette ai membri del GMD.Articolo 4 Gruppo di valutazione Sulla base dell'elenco di cui all'articolo 3, paragrafo 2, la presidenza costituisce un gruppo di tre esperti per ciascuno Stato membro da sottoporre a valutazione, avendo cura che non siano cittadini dello Stato in questione. II nome degli esperti prescelti è comunicato al GMD. Essi formano il gruppo di valutazione. In funzione dei temi da valutare, la Commissione può assistere ai lavori dei gruppi di esperti. In tutti i suoi compiti il gruppo di valutazione è assistito dal Segretariato generale del Consiglio.Articolo 5 Elaborazione del questionario La presidenza, assistita dal Segretariato generale del Consiglio, elabora un questionario, che serve per la valutazione di tutti gli Stati membri, nel quadro del tema preciso definito conformemente all'articolo 2, paragrafo 1 e lo sottopone per approvazione al GMD. Tale questionario è diretto a raccogliere tutte le informazioni utili per poter procedere alla valutazione. Lo Stato membro valutato provvede a rispondere al questionario entro il termine prescritto e nel modo più completo possibile accludendo, se necessario, tutte le disposizioni giuridiche e i dati tecnici e pratici necessari.Articolo 6 Visita in loco Dopo aver ricevuto la risposta al questionario, il gruppo di valutazione si reca nello Stato membro valutato per incontrarvi le autorità politiche, amministrative, di polizia, doganali o giudiziarie, o qualsiasi altro organo pertinente, secondo un programma di visite stabilito dallo Stato membro visitato, che tiene conto delle richieste formulate dal gruppo di valutazione.Articolo 7 Elaborazione del progetto di relazione Entro un mese dalla visita di cui all'articolo 6, il gruppo di valutazione elabora un progetto di relazione e lo invia, per parere, allo Stato membro valutato. Qualora lo ritenga necessario, essa adegua la propria relazione in funzione delle osservazioni che le sono inviate dallo Stato membro valutato.Articolo 8 Discussione e adozione della relazione 1. La presidenza trasmette, in via riservata, il progetto di relazione ai membri del GMD, corredato delle osservazioni dello Stato membro valutato delle quali il gruppo di valutazione non avesse eventualmente tenuto conto.2. La riunione del GMD inizia con una presentazione del progetto di relazione da parte dei membri del gruppo di valutazione. Il rappresentante dello Stato membro valutato fornisce in seguito tutti i commenti, le informazioni o i chiarimenti che ritenga necessari. Il GMD discute successivamente il progetto di relazione e adotta le proprie conclusioni per consensus.3. La presidenza informa il Consiglio una volta all'anno del risultato dei cicli di valutazione. Il Consiglio, qualora lo ritenga necessario, può trasmettere raccomandazioni allo Stato membro interessato, invitandolo a comunicargli i progressi compiuti entro il termine da esso fissato.4. Nel rispetto dell'articolo 9, paragrafo 2, la presidenza informa ogni anno il Parlamento europeo dell'attuazione del meccanismo di valutazione.5. Al termine di un ciclo completo di valutazione il Consiglio adotta le misure adeguate.Articolo 9 Riservatezza 1. I gruppi di esperti della valutazione sono tenuti a rispettare la riservatezza di tutte le informazioni raccolte nell'ambito della loro missione. A tal fine gli Stati membri devono controllare che i loro esperti designati a norma dell'articolo 3 dispongano, all'occorrenza, di un livello adeguato di sicurezza.2. La relazione elaborata nel quadro della presente azione comune è riservata. Tuttavia, lo Stato membro valutato, può, sotto la propria responsabilità, rendere pubblica la relazione. Qualora volesse pubblicare degli estratti, deve ottenere l'accordo del Consiglio.Articolo 10 Valutazione del meccanismo Entro la fine del primo ciclo di valutazione di tutti gli Stati membri, il Consiglio esamina le modalità e il campo di applicazione del meccanismo e adegua, se del caso, la presente azione comune.Articolo 11 Entrata in vigore La presente azione comune entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Articolo 12 Pubblicazione nella Gazzetta ufficiale La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 5 dicembre 1997.Per il ConsiglioIl PresidenteM. FISCHBACH(1) Parere espresso il 20 novembre 1997 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). | Valutazione a pari livello delle misure dei paesi dell’Unione europea per la lotta alla criminalità organizzata
Un’azione comune dell’Unione europea (UE) introduce un meccanismo che consente lo svolgimento di valutazioni a pari livello dei sistemi giuridici dei paesi dell’Unione in relazione alle varie misure contro la criminalità organizzata.
ATTO
Azione comune 97/827/GAI, del 5 dicembre 1997, adottata dal Consiglio sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell’applicazione e dell’attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata.
SINTESI
PUNTI CHIAVE
La valutazione è preparata dalla presidenza del Consiglio, che lavora a fianco del Segretariato generale del Consiglio e della Commissione europea.
Ogni paese dell’UE deve individuare da uno a tre esperti con esperienza nelle materie da valutare (ossia polizia, dogana, autorità giudiziaria) e comunicarne i nomi alla presidenza del Consiglio. Successivamente la presidenza del Consiglio sceglie tre esperti dall’elenco di nomi affinché conducano la valutazione di un paese dell’UE, garantendo al tempo stesso che i tre esperti in questione non siano cittadini del paese dell’Unione sottoposto a valutazione.
Ogni ciclo di valutazioni si concentra su un tema specifico concordato dai paesi dell’UE, che si accordano inoltre sull’ordine dei paesi da valutare e sul questionario sulla base del quale il gruppo di valutazione deve condurre il proprio lavoro in ogni paese dell’Unione. Lo scopo è raccogliere tutte le informazioni utili alla conduzione della valutazione. In seguito al completamento del questionario, il gruppo di valutazione visita il paese dell’UE in questione e incontra le parti interessate (ad esempio autorità politiche, amministrative, di polizia, della dogana e giudiziarie). Ogni paese dell’UE deve garantire che le proprie autorità collaborino pienamente con i gruppi di valutazione istituiti ai sensi della presente azione comune.
Il progetto di relazione è inviato al paese dell’UE interessato per un parere entro un mese dalla visita. Una volta accettate ed eseguite eventuali modifiche, la presidenza del Consiglio trasmette il progetto di relazione ai membri del consiglio competente per ulteriori considerazioni e per l’adozione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Azione comune 97/827/GAI
15.12.1997
-
GU L 344 del 15.12.1997, pag. 7-9
ATTI COLLEGATI
Decisione 2002/996/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, che istituisce un meccanismo di valutazione dei sistemi giuridici e della loro attuazione a livello nazionale nella lotta contro il terrorismo (GU L 349 del 24.12.2002, pag. 1-3). | 3,464 | 522 |
32017R1563 | false | REGOLAMENTO (UE) 2017/1563 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 settembre 2017
relativo alla scambio transfrontaliero tra l'Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa («trattato di Marrakech») è stato firmato a nome dell'Unione il 30 aprile 2014 (3). Esso impone alle parti contraenti di prevedere eccezioni o limitazioni al diritto d'autore e ai diritti connessi per la realizzazione e la diffusione di copie, in formati accessibili, di determinate opere e di altro materiale protetto, e per lo scambio transfrontaliero di tali copie.
(2)
I beneficiari del trattato di Marrakech sono le persone non vedenti, le persone che soffrono di una disabilità visiva che non può essere migliorata in modo tale da garantire una funzionalità visiva sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità, le persone che soffrono di disabilità percettive o di lettura, compresa la dislessia o qualsiasi altro disturbo dell'apprendimento che impediscano loro di leggere materiale stampato in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tali disabilità, e le persone che, a causa di una disabilità fisica, non sono in grado di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere, per cui, in conseguenza di tali menomazioni o disabilità, dette persone non sono in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella delle persone che non soffrono di tali menomazioni o disabilità.
(3)
Le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa continuano a incontrare numerosi ostacoli nell'accesso ai libri e ad altro materiale stampato che sono protetti dal diritto d'autore e dai diritti connessi. La necessità di rendere disponibile a tali persone un maggior numero di opere e altro materiale protetto in formati accessibili e di migliorarne in modo significativo la circolazione e la diffusione è stata riconosciuta a livello internazionale.
(4)
Conformemente al parere 3/15 della Corte di giustizia dell'Unione europea (4), le eccezioni o limitazioni, previste dal trattato di Marrakech, al diritto d'autore e ai diritti connessi per la realizzazione e la diffusione di copie in formati accessibili di determinate opere e di altro materiale dovranno essere poste in esecuzione nel quadro dell'ambito armonizzato dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Lo stesso vale per i regimi di esportazione e importazione previsti da detto trattato, in quanto essi hanno in definitiva come scopo quello di autorizzare la comunicazione al pubblico o la distribuzione, sul territorio di una parte, di copie in formato accessibile pubblicate nel territorio di un'altra parte senza dover ricevere il consenso dei titolari dei diritti.
(5)
La direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) mira ad attuare gli obblighi che l'Unione deve soddisfare ai sensi del trattato di Marrakech in modo armonizzato al fine di migliorare la disponibilità in tutti gli Stati membri dell'Unione di copie in formato accessibile per i beneficiari e la circolazione delle stesse nel mercato interno, e impone agli Stati membri di introdurre un'eccezione obbligatoria a determinati diritti che sono armonizzati dal diritto dell'Unione. Il presente regolamento mira ad attuare gli obblighi previsti dal trattato di Marrakech per quanto riguarda i regimi di esportazione e importazione di copie in formato accessibile a fini non commerciali a vantaggio dei beneficiari tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech e a stabilire le condizioni per tali esportazioni e importazioni in modo uniforme nel quadro dell'ambito armonizzato dalle direttive 2001/29/CE e (UE) 2017/1564 al fine di garantire che tali misure siano applicate coerentemente in tutto il mercato interno e non pregiudichino l'armonizzazione dei diritti esclusivi e delle eccezioni contenute nelle suddette direttive.
(6)
Il presente regolamento dovrebbe assicurare che le copie in formato accessibile di libri, compresi gli e-book, riviste, quotidiani, rotocalchi o altre pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e di altro materiale stampato, anche in formato audio, digitale o analogico, realizzate in qualsiasi Stato membro in conformità delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva (UE) 2017/1564 possano essere distribuite, comunicate o rese disponibili a un beneficiario o a un'entità autorizzata, di cui al trattato di Marrakech, in paesi terzi che sono parti del trattato di Marrakech. I formati accessibili includono, ad esempio, Braille, stampa a grandi caratteri, e-book adattati, audiolibri e trasmissioni radiofoniche. Tenuto conto dell'«obiettivo non commerciale» del trattato di Marrakech (7), la distribuzione, la comunicazione al pubblico o la messa a disposizione al pubblico di copie in formato accessibile per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa o le entità autorizzate nel paese terzo dovrebbero essere effettuate unicamente senza scopo di lucro da entità autorizzate stabilite nello Stato membro.
(7)
Il presente regolamento dovrebbe inoltre consentire l'importazione da un paese terzo delle copie in formato accessibile realizzate in conformità dell'attuazione del trattato di Marrakech e l'accesso a tali copie da parte dei beneficiari nell'Unione e delle entità autorizzate stabilite in uno Stato membro, a fini non commerciali, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. Dette copie in formato accessibile dovrebbero poter circolare nel mercato interno alle stesse condizioni delle copie in formato accessibile realizzate nell'Unione in conformità della direttiva (UE) 2017/1564.
(8)
Al fine di migliorare la disponibilità di copie in formato accessibile e impedire la diffusione non autorizzata di opere o di altro materiale, le entità autorizzate che si occupano della distribuzione, della comunicazione al pubblico o della messa a disposizione al pubblico di copie in formato accessibile dovrebbero rispettare determinati obblighi. Le iniziative degli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi del trattato di Marrakech e lo scambio di copie in formato accessibile con i paesi terzi che sono parti di tale trattato nonché a sostenere le entità autorizzate nello scambiare e mettere a disposizione le informazioni dovrebbero essere incoraggiate. Tali iniziative potrebbero comprendere la definizione di orientamenti o migliori prassi in materia di realizzazione e diffusione di copie in formati accessibili in consultazione con i rappresentanti delle entità autorizzate, dei beneficiari e dei titolari di diritti.
(9)
È fondamentale che qualsiasi trattamento di dati personali effettuato a norma del presente regolamento rispetti i diritti fondamentali, compreso il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta») ed è assolutamente necessario che tale trattamento sia anche conforme alle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 95/46/CE (8) e 2002/58/CE (9), che disciplinano il trattamento dei dati personali, come può essere effettuato dalle entità autorizzate nel quadro del presente regolamento e sotto la vigilanza delle autorità competenti degli Stati membri, in particolare le autorità pubbliche indipendenti designate dagli Stati membri.
(10)
La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità («CRPD»), di cui l'Unione è parte, garantisce alle persone con disabilità il diritto di accedere alle informazioni e all'istruzione e il diritto di partecipare alla vita culturale, economica e sociale su base di eguaglianza con gli altri. La CRPD impone alle parti aderenti alla convenzione di adottare tutte le misure opportune, in conformità del diritto internazionale, per garantire che le normative che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole o discriminatorio all'accesso ai prodotti culturali da parte delle persone con disabilità.
(11)
A norma della Carta, è vietata qualsiasi forma di discriminazione, comprese quelle fondate sulla disabilità, e il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantire loro l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità è riconosciuto e rispettato dall'Unione.
(12)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire attuare in modo uniforme gli obblighi ai sensi del trattato di Marrakech per quanto riguarda l'esportazione e l'importazione tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti del trattato di Marrakech di copie in formato accessibile di determinate opere o di altro materiale, a fini non commerciali a vantaggio dei beneficiari nonché stabilire le condizioni per tali esportazioni e importazioni, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(13)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e i principi sanciti in particolare dalla Carta e dalla CRPD. Esso dovrebbe essere interpretato e applicato conformemente a tali diritti e principi,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
Il presente regolamento stabilisce norme uniformi per lo scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech senza l'autorizzazione del titolare dei diritti, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, nel quadro dell'ambito armonizzato dalle direttive 2001/29/CE e (UE) 2017/1564,.al fine di evitare di mettere a repentaglio l'armonizzazione dei diritti esclusivi e delle eccezioni nel mercato interno.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«opera o altro materiale», opere sotto forma di libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altri generi di pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e relative illustrazioni, su qualsiasi supporto, anche in formato audio, quali gli audiolibri, e in formato digitale, protette da diritto d'autore o da diritti connessi e pubblicate o altrimenti rese lecitamente accessibili al pubblico;
2)
«beneficiario», indipendentemente da altre forme di disabilità, una persona:
a)
non vedente;
b)
che soffre di una disabilità visiva che non può essere migliorata in modo tale da garantire una funzionalità visiva sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità e che quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di una tale disabilità;
c)
che soffre di una disabilità percettiva o di lettura e quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità; o
d)
che soffre di una disabilità fisica che le impedisce di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere;
3)
«copia in formato accessibile», copia di un'opera o di altro materiale realizzata in una maniera o formato alternativi che consentano al beneficiario di accedervi, anche consentendo a tale persona di avere accesso in maniera agevole e confortevole come una persona che non ha alcuna delle menomazioni né alcuna delle disabilità di cui al punto 2;
4)
«entità autorizzata stabilita in uno Stato membro», un'entità che è autorizzata o riconosciuta da uno Stato membro per fornire ai beneficiari, senza scopo di lucro, istruzione, formazione, possibilità di lettura adattata o accesso alle informazioni. Nella definizione rientrano anche gli enti pubblici o le organizzazioni senza scopo di lucro che forniscono ai beneficiari gli stessi servizi in quanto loro attività primarie, obblighi istituzionali, o come parte delle loro missioni di interesse pubblico.
Articolo 3
Esportazione di copie in formato accessibile nei paesi terzi
Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro possono distribuire, comunicare o rendere disponibile ai beneficiari o a un'entità autorizzata stabilita in un paese terzo che è parte del trattato di Marrakech una copia in formato accessibile di un'opera o di altro materiale realizzata in conformità della normativa nazionale adottata a norma della direttiva (UE) 2017/1564.
Articolo 4
Importazione di copie in formato accessibile dai paesi terzi
I beneficiari o le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro possono importare o altrimenti ottenere o accedere e quindi utilizzare, conformemente alla normativa nazionale adottata a norma della direttiva (UE) 2017/1564, una copia in formato accessibile di un'opera o di altro materiale che sia stata loro distribuita, comunicata o resa disponibile da un'entità autorizzata in un paese terzo che è parte del trattato di Marrakech.
Articolo 5
Obblighi delle entità autorizzate
1. Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro che effettuano le operazioni di cui agli articoli 3 e 4 stabiliscono e seguono le proprie prassi al fine di provvedere a:
a)
distribuire, comunicare e rendere disponibili le copie in formato accessibile unicamente ai beneficiari o ad altre entità autorizzate;
b)
adottare opportune misure per prevenire la riproduzione, la distribuzione, la comunicazione al pubblico e la messa a disposizione del pubblico non autorizzate delle copie in formato accessibile;
c)
prestare la dovuta diligenza nel trattare le opere o altro materiale e le loro copie in formato accessibile e a registrare tutte le operazioni effettuate;
d)
pubblicare e aggiornare, se del caso sul proprio sito web, o tramite altri canali online o offline, informazioni sul modo in cui esse rispettano gli obblighi di cui alle lettere da a) a c).
Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro stabiliscono e seguono le prassi di cui al primo comma nel pieno rispetto delle norme applicabili al trattamento dei dati personali dei beneficiari di cui all'articolo 6.
2. Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro che effettuano le operazioni di cui agli articoli 3 e 4 forniscono le seguenti informazioni in modo accessibile, su richiesta, a qualsiasi beneficiario, altre entità autorizzate o titolari dei diritti:
a)
l'elenco delle opere o di altro materiale per cui dispongono di copie in formato accessibile e i formati disponibili; e
b)
il nome e i contatti delle entità autorizzate con le quali hanno avviato lo scambio di copie in formato accessibile a norma degli articoli 3 e 4.
Articolo 6
Protezione dei dati personali
Il trattamento dei dati personali nel quadro del presente regolamento è effettuato in conformità delle direttive 95/46/CE e 2002/58/CE.
Articolo 7
Riesame
Entro l'11 ottobre 2023, la Commissione procede a una valutazione del presente regolamento e presenta in una relazione le principali conclusioni al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, se del caso unitamente a proposte di modifica del presente regolamento.
Gli Stati membri forniscono alla Commissione le informazioni necessarie per la preparazione della relazione di valutazione.
Articolo 8
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Si applica a decorrere dal 12 ottobre 2018.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 13 settembre 2017
Per il Parlamento europeo
Il presidente
A. TAJANI
Per il Consiglio
Il presidente
M. MAASIKAS
(1) Parere del 5 luglio 2017 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) .
(2) Posizione del Parlamento europeo del 6 luglio 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 17 luglio 2017.
(3) Decisione 2014/221/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, del trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 1).
(4) Parere della Corte di Giustizia del 14 febbraio 2017, 3/15; ECLI:EU:C:2017:114, punto 112.
(5) Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).
(6) Direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 settembre 2017, relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (cfr. pag. 6 della presente Gazzetta ufficiale).
(7) Parere della Corte di Giustizia del 14 febbraio 2017, 3/15; ECLI:EU:C:2017:114, punto 90.
(8) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). Tale direttiva sarà abrogata e sostituita, a decorrere dal 25 maggio 2018, dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(9) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37). | Regolamento sull’attuazione del Trattato di Marrakech nell’UE
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme sul modo in cui opere e altro materiale* in copie in formato accessibile* sono condivisi tra i paesi dell’Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e senza che sia necessario il permesso del detentore del copyright.
PUNTI CHIAVE
Trattato di Marrakech
Il Trattato di Marrakech prevede che le parti contraenti adottino leggi nazionali per promuovere la produzione libraria in formati accessibili, ad esempio, Braille, e-book, audiolibri o stampa a grandi caratteri, destinati alle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. Tali leggi dovrebbero facilitare la condivisione di questi articoli al di là delle frontiere nazionali senza bisogno dell’autorizzazione del titolare del diritto d’autore. Il trattato è stato firmato nel 2013 e ratificato dall’UE il 1 ottobre 2018. L’Unione è diventata parte del trattato il 1 gennaio 2019.
Il presente regolamento
Una entità autorizzata* da un paese dell’Unione può mettere a disposizione di beneficiari*, o di entità autorizzate in paesi non-UE che sono parti del trattato, versioni accessibili di libri o di altro materiale consentite dalla direttiva (UE) 2017/1564, direttiva per l’attuazione del trattato di Marrakech nell’UE, e tali oggetti possono anche essere importati e usati da tali persone o entità.
Un’entità autorizzata deve:prevenire la riproduzione e la distribuzione non autorizzate al pubblico delle copie in formato accessibile; registrare tutte le operazioni effettuate con le opere e le copie in formato accessibile; pubblicare informazioni sul modo in cui essa rispetta gli obblighi; rispettare le regole di trattamento di dati personali dei beneficiari; fornire le seguenti informazioni in modo accessibile, su richiesta, a qualsiasi beneficiario, altre entità autorizzate o titolari dei diritti:l’elenco delle opere per cui dispongono di copie in formato accessibile e i formati disponibili; ei contatti delle entità autorizzate coinvolte nello scambio di copie in formato accessibile. Revisione
Entro l’11 ottobre 2023, la Commissione europea valuterà il funzionamento del regolamento e ne renderà conto al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, con eventuali proposte di modifica del regolamento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 12 ottobre 2018.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Attuazione del Trattato di Marrakech nel diritto dell’UE (Commissione europea) UE aderisce al Trattato di Marrakesh (Servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Opera o altro materiale: opere sotto forma di libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altri generi di pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e relative illustrazioni, su qualsiasi supporto, anche in formato audio, quali gli audiolibri, e in formato digitale, protette da diritto d’autore o da diritti connessi e pubblicate o altrimenti rese lecitamente accessibili al pubblico.
Copia in formato accessibile: copia di un’opera o di altro materiale realizzata in una maniera o formato che consenta al beneficiario di accedervi in maniera agevole, come una persona che non abbia alcuna delle menomazioni né disabilità contemplate dal regolamento.
Entità autorizzata: un’entità che è autorizzata o riconosciuta da un paese per fornire ai beneficiari, senza scopo di lucro, istruzione, formazione, possibilità di lettura adattata o accesso alle informazioni.
Beneficiario: una persona non vedente, che soffre di una disabilità visiva o di una disabilità percettiva o di lettura e quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità, o che non è in grado di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2017/1563 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2017, relativo alla scambio transfrontaliero tra l’Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 242 del 20.9.2017, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2018/254 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 1).
Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 3).
Direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2017, relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 242 del 20.9.2017, pag. 6).
Decisione 2014/221/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, del trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 1). | 7,899 | 1,348 |
32001L0110 | false | Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele
Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0047 - 0052
Direttiva 2001/110/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001concernente il mieleIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali devono conformarsi i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 74/409/CEE del Consiglio, del 22 luglio 1974, relativa all'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri concernenti il miele(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali relativamente alla nozione di miele, alle sue varietà e alle caratteristiche che esso deve avere, potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 74/409/CEE con le relative modifiche, ha pertanto fissato definizioni, specificato le diverse varietà di miele che possono essere immesse sul mercato con adeguate denominazioni, stabilito norme comuni per la composizione e determinato le principali diciture che devono figurare sull'etichettatura, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) Per ragioni di chiarezza è opportuno provvedere alla rifusione della direttiva 74/409/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di commercializzazione del miele e per adeguarla alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli agenti patogeni e i metodi di analisi.(5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(5) dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni. Tenuto conto dello stretto legame esistente tra qualità e origine del miele, è necessario garantire un'informazione completa su questi punti per evitare di indurre in errore il consumatore sulla qualità del prodotto. Gli interessi specifici del consumatore concernenti le caratteristiche geografiche del miele e la piena trasparenza a tale proposito rendono necessaria l'indicazione, sull'etichetta, del paese d'origine in cui il miele è stato raccolto.(6) Non deve essere ritirato né il polline né alcun altro costituente particolare del miele, a meno che ciò sia inevitabile al momento dell'eliminazione di materie organiche e inorganiche estranee. Quest'operazione può essere realizzata mediante filtraggio. Qualora il filtraggio porti all'eliminazione di una quantità importante di polline, è necessario informarne correttamente il consumatore con un'appropriata menzione sull'etichetta.(7) Il miele, la cui denominazione sia completata con indicazioni concernenti l'origine floreale o vegetale, regionale, territoriale o topografica, o con criteri di qualità specifici, non può essere addizionato con miele filtrato. Al fine di migliorare la trasparenza del mercato, l'etichettatura dei mieli filtrati o destinati all'industria deve essere obbligatoria per qualsiasi transazione sul mercato alla rinfusa.(8) Come sottolineato nella comunicazione, del 24 giugno 1994, al Parlamento europeo e al Consiglio sulla situazione dell'apicoltura europea, la Commissione può adottare metodi di analisi per garantire il rispetto delle caratteristiche di composizione e di qualsiasi indicazione specifica supplementare per qualsiasi tipo di miele commercializzato nella Comunità.(9) È opportuno tenere conto dei risultati dei lavori relativi alla nuova norma Codex per il miele, adeguata, ove necessario, alle esigenze specifiche della Comunità.(10) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(11) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(12) Onde evitare la creazione di nuovi ostacoli alla libera circolazione, gli Stati membri dovrebbero astenersi dall'adottare, per i prodotti di cui trattasi, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Questi prodotti soddisfano i requisiti di cui all'allegato II.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle seguenti condizioni:1) Il termine "miele" è riservato al prodotto definito nell'allegato I, punto 1 ed è utilizzato nel commercio per designare tale prodotto;2) le denominazioni di vendita di cui all'allegato I, punti 2 e 3, sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Queste denominazioni possono essere sostituite dalla semplice denominazione di vendita "miele", a eccezione del miele filtrato, del miele di favo, del miele in pezzi di favo o favo tagliato nel miele e del miele per uso industriale.Tuttavia,a) ove si tratti di miele per uso industriale, la menzione "unicamente ad uso culinario" deve essere riportata in immediata prossimità della denominazione del prodotto;b) a esclusione del miele filtrato e del miele per uso industriale, le denominazioni possono essere completate da indicazioni che fanno riferimento:- all'origine floreale o vegetale, se il prodotto è interamente o principalmente ottenuto dalla pianta indicata e ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisicochimiche e microscopiche,- all'origine regionale, territoriale o topografica, se il prodotto proviene interamente dall'origine indicata,- a criteri di qualità specifici;3) se il miele per uso industriale è utilizzato come ingrediente di un prodotto alimentare composto, il termine "miele" può essere utilizzato nella denominazione di vendita di tale prodotto alimentare composto invece del termine "miele per uso industriale". Tuttavia, l'elenco degli ingredienti riporta la denominazione completa di cui all'allegato I, punto 3;4) a) il paese o i paesi d'origine in cui il miele è stato raccolto devono essere indicati sull'etichetta.Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o paesi terzi l'indicazione può essere sostituita da una delle seguenti, a seconda del caso:- "miscela di mieli originari della CE",- "miscela di mieli non originari della CE",- "miscela di mieli originari e non originari della CE".b) Ai fini della direttiva 2000/13/CE e in particolare degli articoli 13, 14, 16 e 17 della medesima, i dettagli da fornire conformemente alla precedente lettera a) sono considerati indicazioni ai sensi dell'articolo 3 di tale direttiva.Articolo 3Ove si tratti di miele filtrato e di miele per uso industriale, i contenitori per merce alla rinfusa, gli imballaggi e i documenti commerciali indicano chiaramente la denominazione completa del prodotto di cui all'allegato I, parte 2, lettera b), punto VIII e parte 3.Articolo 4La Commissione può adottare metodi per verificare la conformità del miele alle disposizioni della presente direttiva. Tali metodi sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2. Sino all'adozione di tali metodi gli Stati membri di avvalgono, ogniqualvolta possibile, di metodi convalidati internazionalmente riconosciuti, quali i metodi approvati del Codex Alimentarius, per verificare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva.Articolo 5Per i prodotti definiti nell'allegato I, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 6Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in appresso sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2:- l'adeguamento della presente direttiva alla legislazione comunitaria generale in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 71. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in appresso denominato "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(7).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8La direttiva 74/409/CEE è abrogata a decorrere dal 1o agosto 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 9Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva, anteriormente al 1o agosto 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare la commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I, conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 1o agosto 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 1o agosto 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 1o agosto 2004 in conformità della direttiva 74/409/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano dette disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 10La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 10.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 91.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 221 del 12.8.1974, pag. 10. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985 della Spagna e del Portogallo.(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI1. Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare.2. Le principali varietà di miele sono:a) secondo l'origine:i) miele di fiori o miele di nettare:miele ottenuto dal nettare di piante;ii) miele di melata:miele ottenuto principalmente dalle sostanze secrete da insetti succhiatori (Hemiptera) che si trovano su parti vive di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante.b) secondo il metodo di produzione e/o di estrazione:iii) miele di favo:miele immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o di sottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d'api, non contenenti covata e venduto in favi anche interi;iv) miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele:miele che contiene uno o più pezzi di miele in favo;v) miele scolato:miele ottenuto mediante scolatura dei favi disopercolati non contenenti covata;vi) miele centrifugato:miele ottenuto mediante centrifugazione dei favi disopercolati non contenenti covata;vii) miele torchiato:miele ottenuto mediante pressione dei favi non contenenti covata, senza riscaldamento o con riscaldamento moderato a un massimo di 45 °C;viii) miele filtrato:miele ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da avere come risultato un'eliminazione significativa dei pollini.3. Miele per uso industriale:miele che a) è adatto all'uso industriale o come ingrediente in altri prodotti alimentari destinati ad essere successivamente lavorati e che b) può:- avere un gusto o un odore anomali, o- avere iniziato un processo di fermentazione, o essere effervescente,- essere stato surriscaldato.ALLEGATO IICARATTERISTICHE DI COMPOSIZIONE DEL MIELEIl miele è essenzialmente composto da diversi zuccheri, soprattutto da fruttosio e glucosio nonché da altre sostanze quali acidi organici, enzimi e particelle solide provenienti dalla raccolta del miele. Il colore del miele può variare da una tinta quasi incolore al marrone scuro. Esso può avere una consistenza fluida, densa o cristallizzata (totalmente o parzialmente). Il sapore e l'aroma variano ma risultano dalla pianta d'origine.Al miele immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano non è aggiunto alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun'altra aggiunta se non di miele. Nei limiti del possibile, il miele deve essere privo di sostanze organiche e inorganiche estranee alla sua composizione. Fatto salvo il punto 3 dell'allegato I, esso non deve avere un sapore o odore anomali, né avere iniziato un processo di fermentazione, né presentare un grado di acidità modificato artificialmente, né essere stato riscaldato in modo da distruggerne o inattivarne sensibilmente gli enzimi naturali.Fermo restando il punto viii), parte 2 dell'allegato I, è vietato estrarre polline o componenti specifiche del miele, salvo qualora sia inevitabile nell'estrazione di sostanze estranee inorganiche o organiche.Al momento dell'immissione sul mercato in quanto tale e utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, il miele deve presentare le seguenti caratteristiche di composizione:1. Tenore di zuccheri1.1. Tenore di fruttosio e glucosio (somma dei due):>SPAZIO PER TABELLA>1.2. Tenore di saccarosio:>SPAZIO PER TABELLA>2. Tenore d'acqua:>SPAZIO PER TABELLA>3. Tenore di sostanze insolubili nell'acqua:>SPAZIO PER TABELLA>4. Conduttività elettrica:>SPAZIO PER TABELLA>5. Acido libero:>SPAZIO PER TABELLA>6. Indice diastasico e tenore di idrossimetilfurfurale (HMF), determinati dopo trattamento e miscela:a) indice diastasico (scala di Schade):>SPAZIO PER TABELLA>b) HMF:>SPAZIO PER TABELLA> | Norme di etichettatura dell’Unione europea per il miele
L’Unione europea (UE) definisce norme specifiche per il miele a completamento delle norme sugli alimenti.
ATTO
Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele.
SINTESI
L’Unione europea (UE) definisce norme specifiche per il miele a completamento delle norme sugli alimenti.
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Oltre a norme sulla composizione e la definizione del miele, specifica i tipi di prodotti del miele che possono essere venduti con determinate denominazioni e le norme sull’etichettatura, la presentazione e le informazioni sull’origine.
PUNTI CHIAVE
La direttiva completa le norme generali dell’Unione sull’etichettatura alimentare, stabilite nel regolamento (UE) n. 1169/2011. Le informazioni essenziali per i consumatori devono essere presenti sulle etichette e, in particolare, le etichette devono contenere il paese d’origine del miele e le denominazioni del prodotto, come stabilito nell’allegato I.
Definizione
Il miele è una sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano sulle piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare.
Composizione
Il miele, immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, deve rispettare i criteri di composizione stabiliti nell’allegato II della direttiva.
La direttiva 2014/63/UE chiarisce che il polline è un componente naturale, piuttosto che un ingrediente del miele.
Etichette
La direttiva 2014/63/UE chiarisce inoltre i requisiti per l’etichettatura qualora il miele sia originario di più di un paese dell’UE o di un paese terzo. In tali casi, l’indicatore del paese d’origine può essere sostituito da una delle seguenti indicazioni, a seconda del caso:
«miscela di mieli originari dell’UE»;
«miscela di mieli non originari dell’UE»;
«miscela di mieli originari e non originari dell’UE».
In determinati casi, queste denominazioni possono essere sostituite dalla semplice denominazione di vendita «miele» (a eccezione del «miele filtrato», del «miele di favo», del «del miele in pezzi di favo o favo tagliato nel miele» e del «miele per uso industriale»).
Le informazioni sull’origine regionale, territoriale o topografica, sull’origine floreale o vegetale, oppure su criteri di qualità specifici possono completare tale etichettatura (a eccezione del «miele filtrato» e del «miele per uso industriale»).
La direttiva 2014/63/UE consente alla Commissione europea di adottare ulteriori norme (atti delegati) che stabiliscono due parametri per il criterio di «principalmente» per quanto concerne l’origine floreale o vegetale del miele e per il contenuto minimo di polline del miele filtrato in seguito all’estrazione di sostanze estranee inorganiche o organiche.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva 2001/110/CE si applica a decorrere dal 1o febbraio 2002. La direttiva 2014/63/UE si applica a decorrere dal 23 giugno 2014. Il miele per la vendita o etichettato prima del 24 giugno 2015 può continuare a essere venduto fino all’esaurimento delle scorte.
TERMINI CHIAVE
Miele filtrato: miele ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da avere come risultato un’eliminazione significativa dei pollini.
Miele di favo: miele immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o di sottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d’api, non contenenti covata e venduto in favi anche interi.
Miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele: miele che contiene uno o più pezzi di miele in favo.
Miele per uso industriale: la menzione «unicamente ad uso culinario» deve essere riportata in immediata prossimità della denominazione del prodotto.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2001/110/CE
1.2.2002
31.7.2003
GU L 10 del 12.1.2002, pag. 47-52
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2014/63/UE
23.6.2014
24.6.2015
GU L 164 del 3.6.2014, pag. 1-5
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18-63). | 6,507 | 575 |
32014D0486 | false | DECISIONE 2014/486/PESC DEL CONSIGLIO
del 22 luglio 2014
relativa alla missione consultiva dell'Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 14 aprile 2014 il Consiglio ha manifestato la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, sostegno della polizia e stato di diritto, nonché ad elaborare un quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina, che esamini tutte le opzioni, anche attraverso un'eventuale missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
(2)
L'8 maggio 2014 il ministro degli esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale esprime interesse per lo schieramento di una missione in ambito PSDC in Ucraina.
(3)
Il 12 maggio 2014 il Consiglio ha ribadito la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, ha salutato con favore il quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina e ha affidato al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il compito di preparare un concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale missione civile in ambito PSDC. Ha inoltre sottolineato l'importanza del coordinamento e della complementarità con l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e altri soggetti internazionali.
(4)
Il 23 giugno 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle riforme del settore della sicurezza civile.
(5)
L'11 luglio 2014, il ministro degli Esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'AR nella quale accetta lo schieramento di una missione in ambito CSDP.
(6)
L'EUAM Ucraina sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
L'Unione conduce una missione consultiva per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) per assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, compresa polizia e stato di diritto.
Articolo 2
Mandato
1. A sostegno degli impegni assunti dall'Ucraina per le riforme del settore della sicurezza, la missione civile in ambito PSDC senza compiti esecutivi offre ai competenti organi ucraini tutoraggio e consulenza per elaborare rinnovate strategie in materia di sicurezza e mettere quindi in atto opportuni sforzi di riforma globali e coerenti, al fine di:
—
creare un quadro concettuale per la pianificazione e l'attuazione di riforme che porti a servizi di sicurezza sostenibili in grado di garantire lo stato di diritto, in modo tale da contribuire a rafforzarne la legittimità e accrescere la fiducia dell'opinione pubblica, nel pieno rispetto dei diritti umani e coerentemente con il processo di riforma costituzionale,
—
riorganizzare e ristrutturare i servizi di sicurezza in modo da ripristinare il controllo e la responsabilità su di essi.
Al fine di raggiungere i suoi obiettivi, l'EUAM Ucraina opera secondo i parametri definiti nel concetto di gestione della crisi (CMC) approvato dal Consiglio il 23 giugno 2014 e nei documenti del piano operativo.
2. Nell'ambito del proprio mandato iniziale la missione presta assistenza nel processo operativo della riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la rapida preparazione e attuazione delle misure di riforma.
Articolo 3
Catena di comando e struttura
1. L'EUAM Ucraina dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi.
2. Il comando dell'EUAM Ucraina è situato a Kiev.
3. L'EUAM Ucraina è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell'EUAM Ucraina
1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina, non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale.
2. Il nucleo avanzato dell'EUAM Ucraina ha il compito di preparare l'installazione della missione dal punto di vista logistico, infrastrutturale e della sicurezza, nonché fornire gli elementi necessari alla preparazione dei documenti del piano operativo e della seconda scheda finanziaria.
Articolo 5
Comandante civile dell'operazione
1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina. La CPCC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUAM Ucraina.
2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina.
3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico.
4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR.
5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale.
6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto.
Articolo 6
Capomissione
1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo.
2. Il capomissione rappresenta l'EUAM Ucraina per quanto di sua competenza. Il capomissione può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUAM Ucraina, sotto la sua responsabilità generale.
3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUAM Ucraina, anche per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione della missione.
4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE.
Articolo 7
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUAM Ucraina. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma del TUE. Tale autorizzazione include in particolare la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e modificare il concetto delle operazioni (CONOPS) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUAM Ucraina restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni che rientrano nelle loro rispettive aree di competenza.
Articolo 8
Personale
1. Il personale dell'EUAM Ucraina è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere.
2. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona.
3. L'EUAM Ucraina può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno.
4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUAM Ucraina e i membri del personale interessati.
Articolo 9
Status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale
Lo status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUAM Ucraina, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Articolo 10
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUAM Ucraina, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dall'Ucraina, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUAM Ucraina.
2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUAM Ucraina hanno diritti ed obblighi identici a quelli degli Stati membri, in termini di gestione quotidiana della missione EUAM Ucraina.
3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori.
4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUAM Ucraina.
Articolo 11
Sicurezza
1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUAM Ucraina a norma dell'articolo 5.
2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUAM Ucraina e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUAM Ucraina, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE.
3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE.
4. In materia di sicurezza il personale dell'EUAM Ucraina riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di schieramento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento nel teatro delle operazioni, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione.
5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (1).
Articolo 12
Capacità di vigilanza
La capacità di vigilanza è attivata per l'EUAM Ucraina.
Articolo 13
Disposizioni giuridiche
L'EUAM Ucraina ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione.
Articolo 14
Disposizioni finanziarie
1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUAM Ucraina fino al 30 novembre 2014 è pari a 2 680 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio.
2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. La partecipazione di persone fisiche e giuridiche all'aggiudicazione di contratti d'appalto da parte dell'EUAM Ucraina è aperta senza limitazioni. Inoltre, non si applica alcuna regola di origine per i beni acquistati dall'EUAM Ucraina. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUAM Ucraina.
3. L'EUAM Ucraina è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine la missione EUAM Ucraina firma un accordo con la Commissione.
4. Fatte salve le disposizioni sullo status dell'EUAM Ucraina e del suo personale, l'EUAM Ucraina è competente per eventuali richieste di indennizzo e obblighi derivanti dall'attuazione del mandato, fatta eccezione per eventuali richieste di indennizzo in relazione a una colpa grave del capomissione, di cui quest'ultimo si assume la responsabilità.
5. L'attuazione delle disposizioni finanziarie non pregiudica la catena di comando di cui agli articoli 4, 5 e 6 e i requisiti operativi dell'EUAM Ucraina, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre.
6. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3.
Articolo 15
Cellula di progetto
1. L'EUAM Ucraina dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUAM Ucraina agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all'EUAM Ucraina e a sostegno dei suoi obiettivi.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUAM Ucraina è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUAM Ucraina, se il progetto è:
—
è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione, o
—
è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione.
L'EUAM Ucraina conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né l'AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a disposizione da tali Stati.
3. I contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi sono soggetti ad accettazione da parte del CPS.
Articolo 16
Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione
1. L'AR garantisce la coerenza nell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso.
2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Ucraina al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Ucraina. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Kiev impartisce al capo della missione EUAM Ucraina direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUAM Ucraina e il capo delegazione a Kiev procedono a consultazioni.
3. È instaurata una cooperazione tra l'EUAM Ucraina e la missione dell'UE di assistenza alle frontiere per i valichi Moldova/Ucraina (EUBAM Moldova/Ucraina).
4. Inoltre, è opportuno ricercare una cooperazione sistematica, un coordinamento e una complementarietà con le attività di altri partner internazionali, in particolare con l'OSCE, al fine di garantire un'azione efficace.
Articolo 17
Comunicazione di informazioni
1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUAM Ucraina, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE.
2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUAM Ucraina, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento interno del Consiglio (2).
4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione e/o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE.
Articolo 18
Revisione strategica
Il mandato iniziale dell'EUAM Ucraina ha una durata di due anni. Una revisione strategica è effettuata un anno dopo l'avvio della missione.
Articolo 19
Entrata in vigore e durata
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Essa si applica per un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUAM Ucraina.
Fatto a Bruxelles, il 22 luglio 2014
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
(2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio del 1o dicembre 2009 relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35). | Missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Autorizza una missione consultiva dell’UE per assistere l’Ucraina nella riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la polizia e lo stato di diritto.
PUNTI CHIAVE
Mandato
L’EUAM Ucraina è una missione civile di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che offre tutoraggio e consulenza agli organi ucraini competenti al fine di:fornire consulenza strategica sulla riforma del settore della sicurezza civile per sviluppare strategie nel settore della sicurezza civile; sostenere l’attuazione delle riforme con consulenze pratiche, formazione e progetti; fornire cooperazione e coordinamento per assicurare che gli sforzi di riforma siano concertati con gli attori ucraini e internazionali.Priorità
L’EUAM ha 5 priorità:gestione delle risorse umane; indagine giudiziaria; ordine pubblico; polizia di prossimità; chiarimento delle competenze.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante dell’operazione civile (CivOpCdr). Egli:comanda e controlla la missione sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza;riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è:responsabile dell’EUAM Ucraina in loco e ne esercita il comando e il controllo;direttamente responsabile nei confronti del COC e agisce secondo le sue istruzioni;si coordina con la delegazione dell’UE in Ucraina per garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Ucraina.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 1° dicembre 2014. La validità della decisione è stata estesa fino al 31 maggio 2024.
CONTESTO
EUAM Ucraina (Servizio europeo per l’azione esterna)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2014/486/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014, relativa alla missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 42).
Le successive modifiche alla decisione 2014/486/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2019/992 del comitato politico e di sicurezza, del 4 giugno 2019, relativa alla nomina del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM Ucraina/1/2019) (GU L 160 del 18.6.2019, pag. 24).
Decisione (PESC) 2018/1662 del comitato politico e di sicurezza, del 25 ottobre 2018, che proroga il mandato del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM UCRAINA/1/2018) (GU L 278 dell’ 8.11.2018, pag. 18). | 6,973 | 490 |
32012D0443 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 23 luglio 2012
indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria
(2012/443/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro.
(2)
Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno».
(3)
L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali.
(4)
La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014.
(5)
Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati.
(6)
Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR.
(7)
Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario.
(8)
I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche.
(9)
Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo.
(10)
Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi.
(11)
Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria.
(12)
Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche.
(13)
La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria.
La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione.
2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario.
3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti:
a)
individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU;
b)
per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili;
c)
per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012.
4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti:
a)
gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE;
b)
a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR);
c)
è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE;
d)
è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España;
e)
sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno;
f)
i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse;
g)
sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio;
h)
è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità;
i)
sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico;
j)
sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato;
k)
è potenziato il registro pubblico dei crediti.
5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario.
6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari.
Articolo 2
Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012
Per il Consiglio
La presidente
C. ASHTON
(1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81. | Assistenza finanziaria alla Spagna
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario.
PUNTI CHIAVE
Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi.
Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb.
In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva:
individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche;
ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti;
segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb;
rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance.
Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati.
Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 24 luglio 2012.
CONTESTO
Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF).
I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012.
Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI.
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea)
«Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4)
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10) | 6,205 | 362 |
32009D0496 | false | DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI
del 26 giugno 2009
relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea
(2009/496/CE, Euratom)
IL PARLAMENTO EUROPEO,
IL CONSIGLIO,
LA COMMISSIONE,
LA CORTE DI GIUSTIZIA,
LA CORTE DEI CONTI,
IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO,
IL COMITATO DELLE REGIONI,
visto il trattato sull’Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 8 della decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, dell’8 aprile 1965, relativa all’installazione provvisoria di talune istituzioni e di taluni servizi delle Comunità (1), ha disposto che venisse insediato a Lussemburgo l’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee (di seguito denominato «l’Ufficio»). Questa disposizione ha trovato infine attuazione con la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom (2).
(2)
Dal momento che il personale dell’Ufficio è soggetto alle norme e ai regolamenti applicabili ai funzionari e altri agenti delle Comunità europee, è opportuno tener conto delle loro recenti modifiche.
(3)
Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3), di seguito denominato «regolamento finanziario», contempla specifiche disposizioni sul funzionamento dell’Ufficio.
(4)
Il settore editoriale è teatro di un considerevole sviluppo tecnologico, di cui occorre tener conto per il funzionamento dell’Ufficio.
(5)
Per motivi di chiarezza, è opportuno abrogare la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom e sostituirla con la presente decisione,
DECIDONO:
Articolo 1
L’Ufficio delle pubblicazioni
1. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (di seguito denominato «l’Ufficio») è un organismo interistituzionale il cui compito è di provvedere, nelle migliori condizioni possibili, all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni delle Comunità europee e dell’Unione europea.
A tal fine, l’Ufficio provvede, da un lato, affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi e contribuisce, dall’altro, ad elaborare, sotto il profilo tecnico, e a realizzare le politiche di informazione e di comunicazione nei settori di sua competenza.
2. La gestione dell’Ufficio compete al direttore, che segue gli orientamenti strategici stabiliti dal comitato direttivo. Ad eccezione delle disposizioni specifiche attinenti alla vocazione interistituzionale dell’Ufficio contemplate dalla presente decisione, l’Ufficio segue le procedure amministrative e finanziarie della Commissione. Nel definire le suddette procedure, la Commissione tiene conto della natura specifica dell’Ufficio.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione, valgono le seguenti definizioni:
1) «edizione»: qualsiasi azione necessaria alla concezione, alla verifica, all’attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo, alla produzione, alla catalogazione, all’indicizzazione, alla diffusione, alla promozione, alla vendita, al deposito e all’archiviazione delle pubblicazioni, in qualsiasi forma e veste e secondo qualsiasi procedimento presente o futuro;
2) «pubblicazione»: testo pubblicato su qualsiasi supporto o formato recante un numero internazionale normalizzato e/o un numero di catalogo;
3) «pubblicazioni obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prevista dai trattati o da altri testi normativi;
4) «pubblicazioni non obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prerogativa di ciascuna istituzione;
5) «gestione dei diritti di autore»: conferma, da parte del servizio autore, della titolarità dei diritti di autore o di riutilizzazione e gestione, da parte dell’Ufficio, dei suddetti diritti per le pubblicazioni di cui esso cura l’edizione;
6) «proventi netti delle vendite»: totale degli importi fatturati al netto degli sconti commerciali concessi e delle spese di gestione, d’incasso e di banca;
7) «istituzioni»: istituzioni, organi e organismi istituiti dai trattati o sulla base dei trattati.
Articolo 3
Competenze dell’Ufficio
1. L’Ufficio esplica le proprie competenze nei seguenti settori:
a)
edizione della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (di seguito denominata «Gazzetta ufficiale») di cui garantisce l’autenticità;
b)
edizione delle altre pubblicazioni obbligatorie;
c)
edizione o coedizione delle pubblicazioni non obbligatorie affidate all’Ufficio nell’ambito delle prerogative di ciascuna istituzione, in particolare delle attività di comunicazione delle istituzioni;
d)
edizione o coedizione di pubblicazioni su propria iniziativa, tra cui quelle intese a promuoverne i servizi; a tal fine, l’Ufficio può commissionare traduzioni stipulando contratti di servizio;
e)
sviluppo, manutenzione e aggiornamento dei servizi di edizione elettronica destinati al grande pubblico;
f)
messa a disposizione del pubblico di tutta la legislazione e degli altri testi ufficiali;
g)
conservazione e messa a disposizione del pubblico in formato elettronico di tutte le pubblicazioni delle istituzioni;
h)
attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo per le pubblicazioni delle istituzioni;
i)
gestione dei diritti di riproduzione e di traduzione delle pubblicazioni delle istituzioni;
j)
promozione e vendita delle pubblicazioni e dei servizi da esso offerti al pubblico.
2. L’Ufficio fornisce consigli e assistenza alle istituzioni nei seguenti ambiti:
a)
programmazione e pianificazione dei loro programmi di pubblicazione;
b)
realizzazione dei loro progetti editoriali indipendentemente dalle modalità di edizione;
c)
impaginazione e concezione dei loro progetti editoriali;
d)
informazioni sulle tendenze del mercato editoriale negli Stati membri e sui temi e i titoli a più vasta diffusione;
e)
determinazione della tiratura e individuazione dei piani di diffusione;
f)
fissazione dei prezzi delle pubblicazioni e relativa vendita;
g)
promozione, diffusione e valutazione delle loro pubblicazioni gratuite o a pagamento;
h)
analisi, valutazione e costruzione dei siti e dei servizi Internet destinati al pubblico;
i)
elaborazione dei contratti quadro riguardanti le attività editoriali;
j)
sorveglianza tecnologica dei sistemi editoriali.
Articolo 4
Responsabilità delle istituzioni
1. Ogni istituzione ha competenza esclusiva a decidere in materia di pubblicazione.
2. Le istituzioni si avvalgono dei servizi dell’Ufficio per procedere all’edizione delle loro pubblicazioni obbligatorie.
3. Le istituzioni possono procedere all’edizione delle loro pubblicazioni non obbligatorie senza l’intervento dell’Ufficio. In tal caso, le istituzioni chiedono l’attribuzione del numero internazionale normalizzato e/o del numero di catalogo all’Ufficio, cui trasmettono una copia elettronica della pubblicazione, quale che sia il formato, nonché eventualmente due copie cartacee.
4. Le istituzioni si impegnano a garantire la titolarità dei diritti di riproduzione, traduzione e diffusione di tutti gli elementi costitutivi di una pubblicazione.
5. Per le loro pubblicazioni le istituzioni si impegnano a definire un piano di diffusione, approvato dall’Ufficio.
6. Le istituzioni possono sottoscrivere con l’Ufficio convenzioni di servizio intese a definire le modalità di collaborazione.
Articolo 5
Compiti dell’Ufficio
1. L’esecuzione dei compiti dell’Ufficio comporta in particolare le seguenti operazioni:
a)
raggruppamento dei documenti da editare;
b)
preparazione, concezione grafica, correzione, impaginazione e verifica dei testi e di altri elementi, indipendentemente dal formato o dal supporto, nel rispetto, da una parte, delle indicazioni fornite dalle istituzioni e, dall’altra, delle regole di presentazione grafica e linguistica stabilite in collaborazione con le istituzioni;
c)
indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni;
d)
analisi documentaria dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale;
e)
consolidazione dei testi legislativi;
f)
gestione, sviluppo, aggiornamento e diffusione del thesaurus multilingue Eurovoc;
g)
stampa per il tramite dei fornitori;
h)
controllo dell’esecuzione dei lavori;
i)
controllo della qualità;
j)
collaudo qualitativo e quantitativo;
k)
diffusione fisica ed elettronica della Gazzetta ufficiale, dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale e delle altre pubblicazioni non obbligatorie;
l)
deposito;
m)
archiviazione fisica ed elettronica;
n)
ristampa delle pubblicazioni esaurite e stampa su richiesta;
o)
costituzione di un catalogo consolidato delle pubblicazioni istituzionali;
p)
vendita, comprese l’emissione di fatture, la riscossione e la devoluzione dei proventi e la gestione dei crediti;
q)
promozione;
r)
creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle mailing list delle istituzioni e creazione di mailing list mirate.
2. Nell’ambito delle sue competenze, o in forza di poteri di ordinatore su delega delle istituzioni, l’Ufficio provvede:
a)
all’aggiudicazione di appalti pubblici, definendone gli oneri giuridici;
b)
al monitoraggio finanziario dei contratti conclusi con i fornitori;
c)
alla liquidazione delle spese, che comprende in particolare la fase di collaudo qualitativo e quantitativo e l’apposizione della dicitura «visto per pagamento»;
d)
all’autorizzazione delle spese;
e)
alle operazioni di entrata.
Articolo 6
Comitato direttivo
1. È istituito un comitato direttivo nel quale sono rappresentate le istituzioni firmatarie. Ne sono membri il cancelliere della Corte di giustizia, il segretario generale aggiunto del Consiglio e i segretari generali delle altre istituzioni, o i loro rappresentanti. La Banca centrale europea partecipa ai lavori del comitato direttivo in veste di osservatore.
2. Il comitato direttivo nomina il presidente tra i suoi membri per una durata di due anni.
3. Il comitato direttivo si riunisce almeno quattro volte l’anno su iniziativa del presidente o su domanda di un’istituzione.
4. Il comitato direttivo approva il proprio regolamento interno, pubblicato nella Gazzetta ufficiale.
5. Salvo disposizioni contrarie, le decisioni del comitato direttivo sono adottate a maggioranza semplice.
6. Ciascuna istituzione firmataria della presente decisione dispone di un voto in seno al comitato direttivo.
Articolo 7
Compiti e responsabilità del comitato direttivo
1. In deroga alle disposizioni dell’articolo 6, il comitato direttivo adotta all’unanimità, nel comune interesse delle istituzioni e nell’ambito delle competenze dell’Ufficio, le seguenti decisioni:
a)
su proposta del direttore, definisce gli obiettivi strategici e le norme di funzionamento dell’Ufficio;
b)
definisce gli orientamenti di politica generale dell’Ufficio, in particolare per quanto riguarda la vendita, la diffusione e l’edizione, e garantisce il contributo dell’Ufficio alla messa a punto e alla realizzazione di politiche di informazione e comunicazione nei settori di sua competenza;
c)
in base ad un progetto elaborato dal direttore dell’Ufficio, approva una relazione annuale di gestione rivolta alle istituzioni in cui rende conto dell’attuazione della strategia e delle prestazioni dell’Ufficio. Anteriormente al 1o maggio di ogni anno trasmette la relazione sull’esercizio precedente alle istituzioni;
d)
approva lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio;
e)
approva i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio, che il direttore dell’Ufficio adotta;
f)
rivolge alle istituzioni suggerimenti intesi ad agevolare il buon andamento dell’Ufficio.
2. Il comitato direttivo tiene conto degli orientamenti emananti dalle istanze interistituzionali in materia di comunicazione e informazione istituite a tal fine. Il presidente del comitato direttivo incontra ogni anno le suddette istanze.
3. Il presidente del comitato direttivo, in qualità di rappresentate della cooperazione interistituzionale, è l’interlocutore dell’autorità di discarico per le decisioni strategiche negli ambiti di competenza dell’Ufficio.
4. Il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’Ufficio definiscono di comune accordo le regole di informazione reciproca e di comunicazione che ne formalizzano i rapporti. L’accordo è trasmesso per informazione ai membri del comitato direttivo.
Articolo 8
Direttore dell’Ufficio
Il direttore dell’Ufficio, sotto l’autorità del comitato direttivo e nei limiti delle competenze di quest’ultimo, è responsabile del buon andamento dell’Ufficio. Per l’applicazione delle procedure amministrative e finanziarie, esso agisce sotto l’autorità della Commissione.
Articolo 9
Compiti e responsabilità del direttore dell’Ufficio
1. Il direttore dell’Ufficio provvede al segretariato del comitato direttivo, al quale rende conto dell’esercizio delle proprie funzioni sulla base di relazioni trimestrali.
2. Il direttore dell’Ufficio rivolge al comitato direttivo qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell’Ufficio.
3. Previa consultazione del comitato direttivo per un parere, il direttore dell’Ufficio definisce la natura e la tariffa delle prestazioni che l’Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni.
4. Il direttore dell’Ufficio adotta, previa approvazione del comitato direttivo, i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio. Egli definisce, d’accordo con il contabile della Commissione, le modalità della cooperazione contabile tra l’Ufficio e le istituzioni.
5. Il direttore dell’Ufficio, nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio, definisce un progetto di stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio. Previa approvazione da parte del comitato direttivo, queste proposte sono trasmesse alla Commissione.
6. Il direttore dell’Ufficio decide se e in base a quali modalità possono essere effettuate le pubblicazioni provenienti da terzi.
7. Il direttore dell’Ufficio partecipa alle attività interistituzionali in materia di informazione e comunicazione negli ambiti di competenza dell’Ufficio.
8. Per quanto riguarda l’edizione della legislazione e i documenti ufficiali relativi alla procedura legislativa, compresa la Gazzetta ufficiale, il direttore dell’Ufficio:
a)
sollecita, presso le sedi competenti di ciascuna istituzione, le decisioni di massima da applicare congiuntamente;
b)
presenta proposte per il miglioramento della struttura e della veste della Gazzetta ufficiale e dei testi legislativi ufficiali;
c)
presenta alle istituzioni proposte sull’armonizzazione della veste dei testi da pubblicare;
d)
esamina le difficoltà riscontrate nelle operazioni correnti e, ai fini del loro superamento, formula le necessarie istruzioni nell’ambito dell’Ufficio e le opportune raccomandazioni per le istituzioni.
9. Conformemente al regolamento finanziario, il direttore dell’Ufficio redige una relazione annuale di attività in cui rende conto della gestione degli stanziamenti delegati dalla Commissione e da altre istituzioni in forza del regolamento finanziario. La relazione è indirizzata alla Commissione e alle istituzioni interessate, nonché, per informazione, al comitato direttivo.
10. Il direttore dell’Ufficio e i membri della Commissione responsabili dei rapporti con l’Ufficio stabiliscono di comune accordo le modalità di informazione e di consultazione nell’ambito della delega degli stanziamenti della Commissione e dell’esecuzione del bilancio.
11. Il direttore dell’Ufficio è responsabile del conseguimento degli obiettivi strategici approvati dal comitato direttivo e della buona gestione dell’Ufficio, delle sue attività e della gestione del bilancio.
12. In caso di assenza o impedimento del direttore dell’Ufficio si applicano le norme sulla supplenza in base al grado e all’anzianità, se non altrimenti disposto dal comitato direttivo, su proposta del presidente o del direttore dell’Ufficio.
13. Il direttore dell’Ufficio informa le istituzioni con una relazione trimestrale sulla pianificazione e l’utilizzo delle risorse e l’avanzamento dei lavori.
Articolo 10
Personale
1. La Commissione provvede alla nomina del direttore generale e del direttore, previo parere favorevole unanime del comitato direttivo. Al direttore generale e ai direttori si applicano le norme della Commissione in materia di mobilità e valutazione dei quadri superiori (gradi AD 16/AD 15/AD 14). Quando, per un funzionario che riveste un tale incarico, stanno per decorrere i termini per la mobilità previsti di regola dalla normativa applicabile, la Commissione informa il comitato direttivo che può esprimersi sul caso con un parere unanime.
2. Il comitato direttivo partecipa attivamente alle procedure previste, eventualmente, prima della nomina dei funzionari e degli agenti dell’Ufficio chiamati a rivestire le funzioni di direttore generale (gradi AD 16/AD 15) e di direttore (gradi AD 15/AD 14) e, in particolare, per quanto riguarda la redazione degli avvisi di posto vacante, l’esame delle candidature e la designazione delle commissioni giudicatrici dei concorsi per tali posti.
3. Per quanto riguarda i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio, le competenze dell’autorità investita del potere di nomina (AIPN) e dell’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (AACC) sono esercitate dalla Commissione. La Commissione può delegare alcune delle sue competenze al suo interno e al direttore dell’Ufficio. Tale delega è soggetta alle stesse condizioni previste per i direttori generali della Commissione.
4. Fatto salvo il paragrafo 2, i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio sono soggetti alle disposizioni e alle procedure adottate dalla Commissione per l’attuazione dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, alle stesse condizioni previste per i funzionari e gli agenti della Commissione in servizio a Lussemburgo.
5. I funzionari di tutte le istituzioni sono informati dei posti vacanti presso l’Ufficio, non appena l’AIPN e l’AACC decidono di coprire tali posti.
6. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo in merito alla gestione del personale.
Articolo 11
Aspetti finanziari
1. Gli stanziamenti destinati all’Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all’interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, sono indicati in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, con suddivisioni identiche a quelle delle sezioni di bilancio.
2. La tabella dell’organico dell’Ufficio figura in un allegato della tabella dell’organico della Commissione.
3. Ogni istituzione svolge la funzione di ordinatore per gli stanziamenti del proprio bilancio riguardanti la linea «spese di pubblicazione».
4. Per gli stanziamenti iscritti nella propria sezione, ciascuna istituzione può delegare i poteri di ordinatore al direttore dell’Ufficio, stabilendo i limiti e le condizioni di tale delega, conformemente al regolamento finanziario. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo circa dette deleghe.
5. La gestione finanziaria e di bilancio dell’Ufficio è effettuata nel rispetto del regolamento finanziario e delle relative modalità di esecuzione e del quadro finanziario in vigore alla Commissione, compresi gli stanziamenti delegati dalle istituzioni diverse dalla Commissione.
6. La contabilità dell’Ufficio è conforme alle norme e ai metodi contabili approvati dal contabile della Commissione. L’Ufficio tiene conti distinti per la vendita della Gazzetta ufficiale e per la vendita delle pubblicazioni. I proventi netti delle vendite sono devoluti alle istituzioni.
Articolo 12
Sorveglianza
1. La funzione di revisore interno è svolta nell’Ufficio dal revisore interno della Commissione, conformemente al regolamento finanziario. L’Ufficio assicura una capacità di audit interno, secondo modalità analoghe a quelle previste per le direzioni generali e i servizi della Commissione. Le istituzioni possono chiedere al direttore dell’Ufficio di inserire revisioni specifiche nel programma di lavoro delle revisioni interne elaborato dall’Ufficio.
2. Nell’ambito della missione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), l’Ufficio risponde a qualsiasi quesito riguardante le sue competenze. Al fine di garantire la tutela degli interessi dell’Unione europea, il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’OLAF siglano un accordo sulle modalità di informazione reciproca.
Articolo 13
Reclami e domande
1. Nei limiti delle sue competenze, l’Ufficio è tenuto a rispondere alle domande del Mediatore europeo e del garante europeo della protezione dei dati.
2. Qualsiasi azione legale nei settori di competenza dell’Ufficio è intentata contro la Commissione.
Articolo 14
Accesso del pubblico ai documenti
1. Il direttore dell’Ufficio prende le decisioni di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (4). In caso di rifiuto, le decisioni riguardanti le domande di conferma sono prese dal segretariato generale della Commissione.
2. L’Ufficio istituisce un registro dei documenti conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1049/2001.
Articolo 15
Abrogazione
La decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom è abrogata.
I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione.
Articolo 16
Entrata in vigore
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles e a Lussemburgo, 26 giugno 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
K. SCHWARZENBERG
Per la Commissione
Il presidente
J. M. BARROSO
Per la Corte di giustizia
Il presidente
V. SKOURIS
Per la Corte dei conti
Il presidente
V. M. SILVA CALDEIRA
Per il Comitato economico e sociale europeo
Il presidente
M. SEPI
Per il Comitato delle regioni
Il presidente
L. VAN DEN BRANDE
(1) GU 152 del 13.7.1967, pag. 18.
(2) GU L 183 del 22.7.2000, pag. 12.
(3) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
(4) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. | Ufficio delle pubblicazioni
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Specifica il ruolo, le responsabilità, i compiti e la struttura organizzativa dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea.
PUNTI CHIAVE
Ruolo
L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (UP) è un organismo inter-istituzionale il cui compito è provvedere all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni dell’Unione europea (UE). L’UP è responsabile per la diffusione in vari formati cartacei ed elettronici di pubblicazioni di carattere normativo e generale, tra cui:La Gazzetta ufficiale dell’UE in 23 lingue (24 quando è richiesto anche l’irlandese); Una lista di siti web per cittadini, governi e aziende dell’UE, tra cui:EUR-Lex,Portale Open Data dell’UE,EU Bookshop,Tenders Electronic Daily,Servizio comunitario di informazione in materia di ricerca e sviluppo. L’UP garantisce anche la conservazione a lungo termine dei contenuti prodotti dalle istituzioni e dagli organismi dell’UE.
Inoltre, l’UP fornisce consulenza e assistenza alle istituzioni dell’UE in diverse aree, tra cui:programmazione e pianificazione dei programmi di pubblicazione; informazioni sulle tendenze del mercato delle pubblicazioni nei paesi dell’UE e sugli argomenti di massimo interesse per il pubblico; supervisione tecnologica sui sistemi di publishing. Compiti
L’UP ha diversi compiti specifici, tra cui:raccolta e ordinamento di documenti per la pubblicazione; preparazione, progettazione grafica, correzione, impaginazione e controllo dei testi per la pubblicazione; indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; analisi documentale dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e su altri testi ufficiali; consolidamento di atti giuridici; gestione, sviluppo. aggiornamento e distribuzione di EuroVoc, il thesaurus multilingue dell’Unione europea; organizzazione della stampa delle pubblicazioni da parte dei fornitori dell’Ufficio; controllo di qualità di tutti gli aspetti inerenti alla produzione; distribuzione della Gazzetta ufficiale, di testi ufficiali al di fuori di quanto pubblicato nella Gazzetta ufficiale e altre pubblicazioni non obbligatorie (tramite EUR-Lex, Pubblicazioni dell’UE oppure come stampe fisiche); archiviazione fisica ed elettronica; creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle liste di distribuzione delle varie istituzioni e creazione di liste di distribuzione mirate. Responsabilità delle istituzioniOgni istituzione è tenuta ad utilizzare i servizi dell’UP per la pubblicazione delle proprie pubblicazioni obbligatorie. Per quanto riguarda le pubblicazioni facoltative, ciascuna istituzione dell’UE può decidere se utilizzare i servizi dell’UP o no. Quando un’istituzione dell’UE pubblica materiale senza il coinvolgimento dell’UP, è comunque tenuta a chiedere all’Ufficio un identificativo (ai fini della classificazione delle pubblicazioni in modo inequivocabile ed esclusivo) e a fornire all’Ufficio copie della pubblicazione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
La decisione è stata applicata dal 1 luglio 2009.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (Europa).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pagg. 41-47)
Le successive modifiche alla direttiva 2009/496/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 8,098 | 116 |
31999D0879 | false | 1999/879/CE: Decisione del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 331 del 23/12/1999 pag. 0071 - 0072
DECISIONE DEL CONSIGLIOdel 17 dicembre 1999relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE(1999/879/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) ai sensi dell'articolo 1 della decisione 90/218/CEE del Consiglio, del 25 aprile 1990, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST)(3), gli Stati membri devono provvedere affinché, fino al 31 dicembre 1999, non sia autorizzata nei rispettivi territori l'immissione sul mercato della somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte;(2) in virtù dell'articolo 2, paragrafo 2, della suddetta decisione, il Consiglio ha incaricato la Commissione di affidare ad un gruppo di personalità scientifiche indipendenti il compito di valutare, in collaborazione con gli Stati membri, gli effetti dell'impiego della BST tenendo conto del parere del comitato per i medicinali veterinari, in particolare per quanto concerne l'incidenza dell'impiego di tale prodotto sui casi di mastite;(3) l'articolo 2, paragrafo 1, della suddetta decisione autorizza gli Stati membri a procedere a prove pratiche limitate di impiego della somatotropina bovina, sotto il controllo di un veterinario ufficiale, al fine di ottenere altri dati scientifici che possano essere presi in considerazione dal Consiglio al momento della decisione finale; la Commissione non ha ricevuto alcuna informazione in merito a tali prove e, in considerazione del divieto stabilito dalla decisione, non è necessario che se ne autorizzi il proseguimento;(4) il protocollo sulla protezione e il benessere degli animali annesso al trattato invita la Comunità e gli Stati membri a tenere pienamente conto, nella formulazione e nell'attuazione della politica agricola comunitaria, delle esigenze in materia di salute e benessere degli animali;(5) con decisione 78/923/CEE(4), la Comunità ha approvato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (in appresso denominata "la convenzione") ed ha depositato il relativo strumento di approvazione; tutti gli Stati membri hanno ratificato la suddetta convenzione;(6) ai sensi del punto 18 dell'allegato alla direttiva 98/58/CE del Consiglio, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti(5), nessun'altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali o l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere;(7) la BST non viene prodotta per scopi terapeutici ma solo per aumentare la produzione di latte;(8) il 10 marzo 1999, il comitato scientifico per la salute e il benessere degli animali (CSSBA) ha adottato la relazione sull'impatto dell'utilizzazione di somatotropina bovina sulla salute e il benessere degli animali, in cui si afferma che la BST aumenta il rischio di mastite clinica e la durata della relativa cura, che aumenta l'incidenza di disturbi alle zampe e ai piedi, che può avere effetti negativi sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nel punto di iniezione;(9) per salvaguardare la salute e la produttività dei bovini da latte, è importante ridurre al minimo i fattori di stress che possono produrre un aumento di malattie quali mastiti, lesioni dei piedi e reazioni nel punto di iniezione; il CSSBA è del parere che l'uso della BST provochi un aumento di tali patologie, che risultano dolorose e debilitanti e possono incidere negativamente sul benessere degli animali e provocare un aumento della morbilità degli stessi; il CSSBA ritiene dunque che la BST non dovrebbe essere somministrata alle vacche da latte,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 1Dal momento in cui la presente decisione ha effetto, gli Stati membri provvedono affinché sia proibita nel territorio della Comunità, l'immissione sul mercato di somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte.Articolo 2Le aziende che acquistano o producono sostanze a base di somatotropina bovina e le aziende autorizzate a commercializzare a qualsiasi titolo tali sostanze devono tenere registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzati a fini diversi dall'immissione sul mercato di cui all'articolo 1 nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. Le informazioni di cui sopra devono essere messe a disposizione dell'autorità competente su richiesta di quest'ultima; nel caso dei registri informatizzati deve esserne fornita una versione stampata.Articolo 3Il divieto di cui all'articolo 1 non incide sulla produzione e sulle importazioni di somatotropina bovina negli Stati membri ai fini dell'esportazione di questo prodotto verso i paesi terzi.Articolo 4La decisione 90/218/CEE è abrogata.Articolo 5La presente decisione ha effetto il 1o gennaio 2000.Articolo 6Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, addì 17 dicembre 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteK. HEMILÄ(1) Parere espresso il 16 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) Parere espresso il 9 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 116 dell'8.5.1990, pag. 27. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 94/936/CE del Consiglio (GU L 366 del 31.12.1994, pag. 19).(4) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.(5) GU L 221 dell'8.8.1998, pag. 23. | Norme dell'Unione europea sulla commercializzazione e l'impiego della somatotropina bovina
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa intende disciplinare l'immissione sul mercato e l'impiego, all'interno dell'Unione europea (UE), della somatotropina bovina, un ormone della crescita bovina che aumenta la produzione di latte.
PUNTI CHIAVE
La decisione vieta l'immissione sul mercato dell'UE della somatotropina bovina ai fini di commercializzazione e impiego nel trattamento delle vacche da latte, sotto qualsiasi forma.
Resta autorizzata la produzione o importazione della somatotropina bovina nei paesi dell'UE ai fini dell'esportazione in paesi extra UE.
Inoltre, le imprese che producono o sono autorizzate a commercializzare somatotropina, devono tenere dei registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzatia fini diversi dall'immissione sul mercato, nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati.
CONTESTO
Ai sensi della direttiva 2001/82/CE, nessuna sostanza, con l'eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale se non è stato dimostrato da studi scientifici di benessere degli animali o da consolidata esperienza che il suo effetto non è nocivo per la salute o il benessere degli animali.
La somatotropina è prodotta solo per aumentare la produzione di latte e il Comitato scientifico dell'UE sulla salute e il benessere degli animali [sostituito dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, istituita ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002] ha dichiarato, nel marzo 1999, che l'ormone ha aumentato il rischio di infezioni e potrebbe influire negativamente sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nei bovini.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 1999/879/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE (GU L 331 del 23.12.1999, pag. 71-72) | 2,669 | 1,006 |
32001D0887 | false | 2001/887/GAI: Decisione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione
Gazzetta ufficiale n. L 329 del 14/12/2001 pag. 0001 - 0002
Decisione del Consigliodel 6 dicembre 2001relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione(2001/887/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro(3), stabilisce che a decorrere dal 1o gennaio 2002 le banconote denominate in euro cominciano ad essere immesse in circolazione ed obbliga gli Stati membri partecipanti ad assicurare sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche in euro.(2) È opportuno integrare e potenziare il dispositivo di protezione dell'euro, varato con strumenti precedenti, mediante disposizioni che instaurino, relativamente alla repressione dei reati di falsificazione dell'euro, una cooperazione stretta fra le competenti autorità degli Stati membri, la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali, l'Europol e l'Eurojust.(3) Il 29 maggio 2000 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro(4).(4) Il 28 giugno 2001 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(5) e il regolamento (CE) n. 1339/2001 che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(6),DECIDE:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione valgono le seguenti definizioni:a) "banconote false" e "monete false", le banconote e le monete così definite dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1338/2001;b) "falsificazione e reati connessi con la falsificazione dell'euro", i comportamenti, in relazione all'euro, descritti agli articoli 3, 4 e 5 della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio;c) "autorità competenti", le autorità designate dagli Stati membri, in particolare gli uffici centrali nazionali, ai fini dell'accentramento delle informazioni, dell'accertamento e del relativo perseguimento della falsificazione e dei reati connessi con la falsificazione dell'euro;d) "convenzione di Ginevra", la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, firmata a Ginevra il 20 aprile 1929, e relativo protocollo;e) "convenzione Europol", la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia(7).Articolo 2Perizie sulle banconote e sulle moneteGli Stati membri provvedono a che, nell'ambito dei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro:a) le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi (CNA) designato o istituito a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001; eb) le necessarie perizie sulle monete sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi delle monete (CNAC) designato o istituito a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001.Articolo 3Comunicazione degli esiti delle perizieGli Stati membri assicurano che gli esiti delle perizie compiute dai CNA e dai CNAC a norma dell'articolo 2 siano comunicati all'Europol ai sensi delle disposizioni della convenzione Europol.Articolo 4Obbligo di segnalazione1. Gli Stati membri assicurano che gli uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra comunichino all'Europol, conformemente alla convenzione Europol, le informazioni da essi accentrate in merito ai procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro, comprese le informazioni ottenute da paesi terzi. Gli Stati membri e l'Europol cooperano per determinare quali informazioni devono essere comunicate. Le informazioni contengono, almeno, l'identificazione delle persone coinvolte, le circostanze in cui i reati sono stati scoperti, le circostanze del sequestro e i collegamenti con altri casi.2. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro le competenti autorità degli Stati membri si avvalgono, se del caso, di tutti gli strumenti offerti dall'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e poi degli strumenti di cooperazione offerti dall'Eurojust quando sarà stato istituito, ai sensi delle disposizioni previste negli strumenti che istituiscono l'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e l'Eurojust.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Verwilghen(1) GU C 75 del 7.3.2001, pag. 1.(2) Parere espresso il 23 ottobre 2001 (Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.(4) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1.(5) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.(6) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.(7) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 30 novembre 2000 (GU C 358 del 13.12.2000, pag. 2). | Protezione dell’euro dalle falsificazioni
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La presente decisione mira a garantire che, nell’ambito delle indagini sulla contraffazione dell’euro, siano eseguite analisi coerenti ed efficaci sulle banconote e monete contraffatte e che tali informazioni siano condivise fra i paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
In vista dell’introduzione dell’euro il 1o gennaio 2002, la decisione ha integrato una serie di norme esistenti sulla protezione dell’euro dalla falsificazione, nello specifico:
la decisione quadro del Consiglio 2000/383/GAI, sostituita dalla direttiva 2014/62/UE,sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione;
il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio che definisce altre misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione.
Durante le investigazioni sulla falsificazione dell’euro, i paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che i Centri nazionali di analisi (CNA) svolgano le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false, mentre i Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) devono svolgere tali perizie per le monete sospettate di essere false. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere i risultati di tali perizie all’Ufficio europeo di polizia (Europol).
Gli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE responsabili delle investigazioni sulla falsificazione dell’euro e reati correlati hanno l’obbligo di comunicare all’Europol informazioni centralizzate sulle investigazioni, comprese le informazioni ottenute dai paesi extra UE. Dovrebbero essere inviate almeno le seguenti informazioni:
l’identificazione delle persone coinvolte;
la descrizione dei reati;
le circostanze in cui i reati sono stati scoperti;
le circostanze del sequestro;
i collegamenti con altri casi.
Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell’euro le competenti autorità dei paesi dell’UE dovranno avvalersi di tutti gli strumenti offerti dall’Eurojust.
La decisione 2005/37/CE della Commissione istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE), il cui ruolo è quello di proteggere le monete dell’euro dalla falsificazione. A tal fine esso analizza e classifica le monete falsificate e assiste le autorità nazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 14 dicembre 2001.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
Lotta alla falsificazione (Commissione europea);
Misure antifalsificazione (Banca centrale europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell’euro dalla falsificazione (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1-2)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6-10)
Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73-74)
Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1-8) | 3,181 | 658 |
32010D0765 | false | DECISIONE 2010/765/PESC DEL CONSIGLIO
del 2 dicembre 2010
sull’azione dell’UE volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) per via aerea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2,
considerando quando segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio ha adottato una strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l’Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della fabbricazione, del trasferimento e della circolazione illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) nonché la loro eccessiva accumulazione e la diffusione incontrollata sono cruciali per quattro delle cinque sfide suddette.
(2)
Il 15-16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) e relative munizioni (la «strategia dell’UE sulle SALW»). La strategia dell’UE sulle SALW promuove lo sviluppo di una politica di lotta attiva contro la rete di traffico illecito di SALW (intermediari e vettori illegali) che utilizzano gli spazi aerei, marittimi e terrestri dell’Unione, mediante l’elaborazione di meccanismi di allarme e di cooperazione.
(3)
Il piano d’azione della strategia dell’UE sulle SALW sottolinea anche la necessità di migliorare l’impatto delle missioni di gestione delle crisi prevedendo, nel loro mandato, misure che consentano la messa in atto di un controllo delle frontiere (o degli spazi aerei, terrestri e marittimi della zona di conflitto) e il disarmo.
(4)
A partire dal 2007 il gruppo di lavoro del Consiglio dell’UE «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN) e il Centro di situazione congiunto dell’UE (SITCEN) hanno sviluppato un’iniziativa dell’UE tesa ad ostacolare il traffico illecito di SALW per via aerea, attraverso il miglioramento dello scambio, tra gli Stati membri, di informazioni pertinenti sui vettori aerei sospetti. Per l’istituzione di questo sistema di scambio di informazioni, il CODUN e il SITCEN hanno collaborato con l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e con il relativo progetto di valutazione del meccanismo di contrasto del traffico illecito (CIT-MAP). Nell’ambito di tale iniziativa il CODUN ha recentemente deciso di studiare come conferire maggiore operatività ed efficacia a tale iniziativa dell’UE, facendo in modo che le informazioni pertinenti siano aggiornate e trattate con tempestività.
(5)
Anche altre organizzazioni internazionali e regionali hanno riconosciuto il rischio che incombe sulla sicurezza internazionale a causa del commercio illecito di SALW per via aerea. Nel 2007 il Foro dell’OSCE per la sicurezza e la cooperazione ha tenuto una sessione straordinaria su questo tema e nel 2008 l’assemblea parlamentare dell’OSCE ha adottato una risoluzione in cui si chiedeva il completamento, l’adozione e l’attuazione di una guida dell’OSCE sulle migliori prassi in materia di trasporto aereo illecito di SALW. Analogamente, gli Stati partecipanti all’intesa di Wassenaar hanno adottato nel 2007 le «Migliori pratiche per prevenire i trasferimenti destabilizzanti di SALW tramite trasporto aereo». Inoltre, numerose relazioni del gruppo di esperti del Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’Africa occidentale e la regione dei Grandi laghi hanno ripetutamente documentato il ruolo centrale svolto dalle società di trasporto merci per via aerea coinvolte nel traffico illecito di SALW.
(6)
L’azione prevista nella presente decisione non persegue obiettivi connessi con il miglioramento della sicurezza del trasporto aereo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Al fine di attuare la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di SALW e relative munizioni (la «strategia dell’UE sulle SALW»), l’Unione persegue i seguenti obiettivi:
a)
migliorare gli strumenti e le tecniche a disposizione delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi nonché degli Stati membri per effettuare controlli efficaci e mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi;
b)
accrescere la sensibilizzazione e le competenze tecniche del pertinente personale internazionale e nazionale per quanto riguarda le migliori prassi nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di merci sospettati di traffico di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi.
2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’Unione adotta le seguenti misure:
a)
sviluppo e test di funzionamento pratico di un prototipo di software dedicato per la gestione del rischio di traffico per via aerea, da mettere a disposizione delle pertinenti missioni di gestione delle crisi e delle autorità internazionali e nazionali, comprendente una banca dati aggiornata regolarmente riguardante, tra l’altro, le compagnie aeree, gli aeromobili, i numeri di immatricolazione e le rotte di trasporto;
b)
sviluppo e test di funzionamento pratico di un prototipo di sistema sicuro di gestione del rischio e divulgazione di informazioni;
c)
elaborazione e pubblicazione di un manuale e relativo materiale formativo, nonché prestazione di assistenza tecnica per facilitare l’uso e l’adattamento del prototipo di software e del sistema sicuro di gestione del rischio e dell’informazione, anche attraverso l’organizzazione di seminari regionali destinati a formare le pertinenti missioni di gestione delle crisi e le autorità internazionali e nazionali.
Una descrizione particolareggiata del progetto figura nell’allegato.
Articolo 2
1. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell’attuazione della presente decisione.
2. Il SIPRI è incaricato dell’attuazione tecnica dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2.
3. Il SIPRI svolge tale compito sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con il SIPRI.
Articolo 3
1. L’importo di riferimento finanziario per l’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è pari a 900 000 EUR.
2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 1. A tal fine, essa conclude un accordo di finanziamento con il SIPRI. L’accordo prevede che il SIPRI assicuri la visibilità del contributo dell’UE corrispondente alla sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio sulle eventuali difficoltà di detto processo e sulla data di conclusione dell’accordo di finanziamento.
Articolo 4
L’AR riferisce al Consiglio in merito all’attuazione della presente decisione sulla base delle relazioni periodiche bimestrali elaborate dal SIPRI. Tali relazioni costituiscono la base della valutazione effettuata dal Consiglio. La Commissione trasmette informazioni sugli aspetti finanziari dell’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o sei mesi dopo la data di adozione della presente decisione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine.
Articolo 6
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2010.
Per il Consiglio
Il presidente
M. WATHELET
ALLEGATO
1. Quadro generale
La presente decisione si basa sull’iniziativa del CODUN intesa ad affrontare le minacce poste dal traffico di SALW e di altri merci destabilizzanti per via aerea. Nell’ambito dell’iniziativa del CODUN, la presente decisione si inserisce nel contesto di altri progetti avviati dal Consiglio in collaborazione con il SITCEN, con il Club di Budapest e con il SIPRI. La presente decisione prevede lo sviluppo software, prototipi di sistemi attuativi, programmi di formazione e di sensibilizzazione destinati alle pertinenti missioni di gestione delle crisi, nonché alle autorità internazionali e nazionali allo scopo di migliorare il controllo, l’aggiornamento e la divulgazione delle informazioni relative agli operatori di trasporto aereo di merci sospetti che operano in Africa e a partire da altre regioni. Nell’attuazione della presente decisione è opportuno garantire un buon coordinamento con altri progetti pertinenti finanziati nel quadro dei programmi comunitari e di altre decisioni del Consiglio al fine di rafforzare l’impatto dell’azione dell’Unione nella prevenzione del commercio illecito di SALW.
2. Obiettivi
I progetti descritti in appresso riguarderanno tre settori identificati dal CODUN e da altri attori partecipanti all’iniziativa dell’UE volta a contrastare il traffico di SALW per via aerea:
a)
la necessità di sviluppare un sistema sicuro che fornisca dati aggiornati sulle compagnie e gli aeromobili che abitualmente effettuano doppie iscrizioni dei propri attivi e spostano le loro attività onde eludere l’individuazione;
b)
la fornitura di software e di una formazione in materia di gestione del rischio onde consentire alle pertinenti missioni di gestione delle crisi e alle autorità internazionali e nazionali di monitorare e di individuare con maggiore efficacia un numero sempre più elevato di operatori di trasporto aereo di merci sospettati di essere coinvolti nel traffico di SALW o nella circolazione di flussi di altre merci destabilizzanti per via aerea;
c)
l’esigenza di sensibilizzare, offrire formazione e supporto tecnico alle organizzazioni multilaterali, alle missioni, agli organismi regionali e agli Stati in Africa e in altre regioni allo scopo di rafforzarne la capacità di monitorare e individuare i soggetti coinvolti nel traffico di SALW o nella circolazione di altre merci destabilizzanti per via aerea.
3. Descrizione del progetto
3.1. Progetto 1: Ideazione di un pacchetto di software e attuazione di un progetto pilota per il monitoraggio, l’aggiornamento e la divulgazione di informazioni sugli operatori di trasporto aereo di merci sospettati di traffico illecito di SALW
3.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto è volto al miglioramento degli strumenti e delle tecniche che le pertinenti missioni di gestione delle crisi, le autorità internazionali e le autorità nazionali dei paesi terzi nonché gli Stati membri hanno a disposizione per effettuare controlli efficaci e mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi.
3.1.2. Descrizione del progetto
Nel quadro di questo progetto saranno intraprese le seguenti attività:
a)
sviluppo di un pacchetto software di gestione del rischio di traffico illecito per via aerea destinato alle organizzazioni multilaterali, alle missioni e a determinati paesi terzi;
b)
sviluppo di un prototipo di sistema integrato sicuro di gestione del rischio e divulgazione delle informazioni;
c)
test di funzionamento pratico del pacchetto software in consultazione con l’AR e i pertinenti organi del Consiglio;
d)
test di funzionamento pratico del sistema integrato di divulgazione delle informazioni in consultazione con l’AR e con i pertinenti organi del Consiglio;
e)
elaborazione di un manuale e di relativo materiale formativo per facilitare l’uso e l’adozione dei sistemi indicati alle lettere a) e b) da parte delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, nonché degli Stati membri;
f)
presentazione del software definitivo e del corrispondente manuale e materiale formativo in un seminario conclusivo cui verranno invitati a partecipare i soggetti interessati (fino a 80 persone).
Il progetto sarà attuato lungo un arco di tempo adeguato che tenga conto della necessità di consultare i vari soggetti interessati e di coordinarsi con essi, sotto il controllo dell’AR. Il progetto sarà attuato in sei fasi.
Fase preparatoria
Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, svilupperà un pacchetto software, degli strumenti di gestione del rischio, nonché un sistema integrato di divulgazione di informazioni e di dati disaggregati, ricorrendo alle pertinenti opzioni della tecnologia dell’informazione.
Fase di inserimento dei dati
Ricorrendo unicamente alle informazioni da fonte aperta, il progetto inserirà dati ottenuti dalle pertinenti fonti allo scopo di creare banche dati globali, capaci di fornire informazioni sufficienti che consentano di disporre di strumenti accurati di gestione, individuazione e profilo del rischio.
Fase esplorativa
Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, procederà ad una valutazione dei vari siti, regioni, organizzazioni e missioni in cui il prototipo di pacchetto che usa dati da fonti aperte potrebbe essere sottoposto al test di funzionamento pratico in condizioni ottimali.
Fase di test di funzionamento pratico
Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, avvierà una fase di test di funzionamento pratico in collaborazione con i partner identificati nella fase esplorativa.
Fase di valutazione e di adattamento
A seguito del test di funzionamento pratico, il SIPRI valuterà e adeguerà il software tenendo conto dell’esperienza e degli insegnamenti tratti dalla fase di test di funzionamento pratico. Ne emergerà un prodotto finale che sarà reso disponibile con l’accordo dei vari soggetti interessati.
Fase di presentazione
La versione definitiva del software e del materiale formativo sarà presentata, in un evento specificamente organizzato, ai soggetti interessati (fino a 80 persone) che hanno partecipato al suo sviluppo e sono stati riconosciuti come utenti finali del software.
3.1.3. Risultati del progetto
Il progetto:
a)
rafforzerà la capacità delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, nonché degli Stati membri di monitorare le attività degli operatori di trasporto aereo di merci sospettati di traffico di SALW per via aerea;
b)
offrirà gli strumenti e i prototipi di sistemi necessari ad aumentare il numero di divieti di sospette spedizioni illecite di SALW per via aerea da parte delle organizzazioni multilaterali, delle missioni e degli Stati in Africa e in altre regioni;
c)
potenzierà la capacità degli Stati membri di scambiare informazioni, in condizioni di sicurezza, sugli operatori di trasporto aereo di merci grazie a tecniche di disaggregazione dei dati e ad altri meccanismi di profilazione.
3.1.4. Beneficiari del progetto
I beneficiari del progetto saranno il pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità nazionali e internazionali. La selezione degli specifici beneficiari che effettueranno il test del pacchetto di prototipo di software terrà conto di variabili quali la presenza sul campo di missioni europee o multilaterali di gestione delle crisi, la necessità di ottimizzare le risorse, la disponibilità di assistenza a livello locale, la volontà politica e la capacità delle autorità locali e nazionali di contrastare il commercio illecito di SALW per via aerea. Il SIPRI proporrà un elenco ristretto di beneficiari che sarà successivamente avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
3.2. Progetto 2: Rafforzare la consapevolezza sulle prassi di monitoraggio, individuazione e gestione del rischio nei confronti dei vettori aerei di trasporto merci coinvolti nel traffico di SALW per via aerea e nei flussi di altre merci destabilizzanti attraverso pubblicazioni, azioni di formazione e di sensibilizzazione.
3.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto è volto ad accrescere la sensibilizzazione e le competenze tecniche del pertinente personale internazionale e nazionale sulle migliori prassi nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di trasporto merci sospettati di traffico di SALW per via aerea.
3.2.2. Descrizione del progetto
Nel quadro di questo progetto saranno intraprese le seguenti attività:
a)
elaborazione e pubblicazione di un manuale e di relativo materiale formativo da distribuire a un massimo di 250 persone operanti in organizzazioni multilaterali, in missioni o presso Stati;
b)
attraverso l’organizzazione di un massimo di tre seminari regionali, formazione e sensibilizzazione di 80-100 membri del personale operanti per specifici servizi o cellule nell’ambito delle missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, con un effetto moltiplicatore previsto grazie alla distribuzione di materiale per «formare i formatori»;
c)
trattamento dei risultati e delle valutazioni derivanti dalle attività di formazione e di sensibilizzazione e, su questa base, sviluppo di un modello di migliori prassi per lo scambio di informazioni su questo tema nell’ambito del competente personale internazionale e nazionale;
d)
presentazione dei risultati del modello di migliori prassi in un seminario conclusivo cui verranno invitati a partecipare i pertinenti soggetti (fino a 80 persone).
3.2.3. Risultati del progetto
Il progetto:
a)
accrescerà la sensibilizzazione del personale che presta servizio presso organizzazioni multilaterali, missioni e Stati sulle migliori prassi nel settore del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di trasporto merci sospettati di traffico di SALW per via aerea e di flussi di altre merci destabilizzanti;
b)
contribuirà ad uniformare le migliori prassi in questo campo attraverso la pubblicazione e la divulgazione di un manuale sulle tecniche di monitoraggio, individuazione e analisi della gestione del rischio;
c)
guiderà l’istituzione di migliori prassi nel coordinamento delle informazioni attraverso azioni di formazione e di sensibilizzazione per il personale operante per specifici servizi o cellule nell’ambito di organizzazioni multilaterali, missioni o Stati.
3.2.4. Beneficiari del progetto
I beneficiari del progetto saranno il pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità nazionali e internazionali. La selezione degli specifici beneficiari delle azioni di formazione sarà effettuata sulla base di un elenco ristretto di beneficiari proposto dal SIPRI, che dovrà essere avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
4. Sedi
Le sedi per il test di funzionamento pratico e il seminario conclusivo del progetto 3.1 e per le attività di formazione e di sensibilizzazione e il seminario conclusivo del progetto 3.2, saranno determinate tenendo conto della volontà di ottimizzare le risorse e minimizzare l’impronta di carbonio nonché dell’assistenza disponibile a livello locale. Il SIPRI proporrà un elenco ristretto di sedi raccomandate che dovrà essere avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
5. Durata
La durata totale stimata dei progetti è di 24 mesi.
6. Ente incaricato dell’attuazione
L’attuazione tecnica della presente decisione sarà affidata al SIPRI, il quale assicurerà la visibilità del contributo dell’UE e svolgerà tale compito sotto la responsabilità dell’AR.
7. Relazioni
Il SIPRI elaborerà relazioni periodiche bimestrali, nonché una relazione dopo il completamento di ciascuna delle attività descritte. Le relazioni dovrebbero essere presentate all’AR non oltre sei settimane dal completamento delle pertinenti attività. | Azione volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere
Per contribuire alla lotta contro il traffico di armi di piccolo calibro e leggere (SALW) per via aerea, la presente decisione prevede lo sviluppo di software, prototipi di sistemi attuativi e programmi di formazione per il monitoraggio e la divulgazione delle informazioni relative agli operatori di trasporto aereo di merci sospetti.
ATTO
Decisione 2010/765/PESC del Consiglio, del 2 dicembre 2010, sull'azione dell'UE volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) per via aerea.
SINTESI
La presente decisione definisce i progetti dell'Unione europea (UE) volti a contrastare il commercio illecito di armi di piccolo calibro e leggere (SALW) per via aerea, nel quadro dell'attuazione della strategia dell'UE sulle SALW. Questi progetti mirano a rafforzare:
gli strumenti e le tecniche utilizzati per effettuare controlli mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW;
le competenze tecniche nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di merci sospettati di traffico di SALW.
Progetto 1: Pacchetto software e sistema informatico per la gestione del rischio di traffico per via aerea
Il progetto intende migliorare il monitoraggio degli operatori di trasporto aereo di merci sospetti da parte delle missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e nazionali di paesi terzi e paesi dell'UE, il divieto di spedizioni sospette di SALW per via aerea e lo scambio sicuro di informazioni tra i paesi dell'UE sugli operatori di trasporto aereo di merci. Esso consisterà:
nello sviluppo di un software di gestione del rischio di traffico per via aerea e di un prototipo di sistema sicuro di gestione del rischio e divulgazione di informazioni;
nel test di funzionamento pratico del prototipo di software e del sistema di divulgazione di informazioni;
nell'elaborazione e pubblicazione di un manuale e relativo materiale formativo sul prototipo di software e sul sistema di divulgazione delle informazioni;
nella presentazione del software, del relativo manuale e materiale formativo nell'ambito di seminari rivolti ai soggetti pertinenti.
Progetto 2: Pubblicazioni e formazione nelle pratiche di gestione del rischio di traffico aereo
Questo progetto accrescerà la sensibilizzazione del personale pertinente sulle migliori prassi nel settore del monitoraggio, dell'individuazione e dell'analisi della gestione del rischio nei confronti dei vettori aerei di trasporto merci sospettati, contribuirà a uniformare le migliori prassi in questo campo, nonché all'istituzione di migliori prassi nel coordinamento delle informazioni. Le attività da perseguire nell'ambito del progetto consistono:
nell'elaborazione e diffusione di un manuale e relativo materiale formativo al personale interessato nelle organizzazioni multilaterali, nelle missioni e agli Stati;
nella formazione del pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità internazionali e nazionali di paesi terzi attraverso l'organizzazione di seminari regionali;
nello sviluppo di un modello per le migliori prassi in materia di scambio di informazioni tra il personale pertinente sulla base dei risultati delle attività di formazione e nella presentazione di questo modello in un seminario rivolto ai soggetti interessati.
Attuazione del progetto
Sotto la responsabilità dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) è incaricato dell'attuazione tecnica dei progetti. La Commissione concluderà un accordo di finanziamento con il SIPRI, al fine di controllare efficacemente la gestione delle spese destinate all'attuazione dei progetti (9 000 000 EUR).
La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento, o sei mesi dopo la data della sua adozione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo di recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2010/765/PESC
2.12.2010
-
GU L 327 dell’11.12.2010
See also
Sito del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulle armi leggere e di piccolo calibro (SALW) (EN) | 7,411 | 193 |
31980L0181 | false | Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 039 del 15/02/1980 pag. 0040 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 10 pag. 0181 edizione speciale greca: capitolo 13 tomo 9 pag. 0090 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 10 pag. 0181 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 10 pag. 0292 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 10 pag. 0292
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1979 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (80/181/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la direttiva 71/354/CEE del Consiglio, del 18 ottobre 1971, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura (1), modificata da ultimo dalla direttiva 76/770/CEE (2), vista la proposta della Commissione (3), visto il parere del Parlamento europeo (4), visto il parere del Comitato economico e sociale (5), considerando che le unità di misura sono indispensabili per qualsiasi strumento di misura per esprimere una misurazione effettuata e fornire l'indicazione di grandezza ; che le unità di misura sono impiegate nella maggior parte dei settori delle attività umane ; che nell'utilizzarle è necessario assicurare la maggior chiarezza possibile ; che è quindi necessario disciplinare il loro impiego all'interno della Comunità nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo; considerando tuttavia che, nel settore dei trasporti internazionali, esistono convenzioni o accordi internazionali che vincolano la Comunità o gli Stati membri ; che queste convenzioni o accordi devono essere rispettati; considerando che le legislazioni degli Stati membri che prescrivono l'impiego di unità di misura differiscono da uno Stato membro all'altro e pertanto ostacolano le transazioni commerciali ; che, di conseguenza, per eliminare detti ostacoli è necessario armonizzare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative; considerando che le unità di misura sono oggetto di risoluzioni internazionali prese nell'ambito della conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) istituita dalla convenzione del metro, firmata a Parigi in data 20 maggio 1875, cui aderiscono tutti gli Stati membri ; che queste risoluzioni hanno creato il «sistema internazionale delle unità di misura» (SI); considerando che in data 18 ottobre 1971 il Consiglio ha adottato la direttiva 71/354/CEE intesa ad armonizzare le legislazioni degli Stati membri al fine di eliminare gli ostacoli agli scambi mediante approvazione a livello comunitario del sistema internazionale delle unità ; che la direttiva 71/354/CEE è stata modificata dall'atto di adesione e dalla direttiva 76/770/CEE; considerando che dette disposizioni comunitarie non hanno eliminato tutti gli ostacoli in questo settore ; che ai sensi della direttiva 76/770/CEE si prevede di esaminare prima del 31 dicembre 1979 la situazione delle unità di misura, dei nomi e dei simboli riportati nel capitolo D del relativo allegato ; che inoltre si è rivelato necessario riesaminare la situazione di talune altre unità di misura; considerando che, per evitare notevoli difficoltà, è necessario prevedere un periodo transitorio affinché possano essere eliminate le unità di misura non compatibili con il sistema internazionale ; che è tuttavia indispensabile permettere agli Stati membri che lo desiderino di imporre al più presto sul proprio territorio le disposizioni del solo capitolo I dell'allegato ; che è quindi necessario, a livello comunitario, limitare questo periodo di transizione pur lasciando agli Stati membri la facoltà di non utilizzarlo interamente; considerando che, durante il periodo transitorio, è indispensabile mantenere una situazione chiara in materia di impiego di unità di misura negli scambi tra gli Stati membri, in particolare allo scopo di proteggere il consumatore ; che l'obbligo imposto agli Stati membri di accettare l'impiego di indicazioni aggiuntive sui prodotti e sulle attrezzature importate da altri Stati membri durante questo periodo transitorio, è conforme a tal fine; (1)GU n. L 243 del 29.10.1971, pag. 29. (2)GU n. L 262 del 27.9.1976, pag. 204. (3)GU n. C 81 del 28.3.1979, pag. 6. (4)GU n. C 127 del 21.5.1979, pag. 80. (5)Parere reso il 24/25 ottobre 1979 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). considerando tuttavia che l'applicazione sistematica di siffatta soluzione a tutti gli strumenti di misura e, tra l'altro, agli strumenti medici, non è necessariamente auspicabile ; che gli Stati membri devono quindi poter esigere che, sul proprio territorio, gli strumenti di misura rechino le indicazioni di grandezza in una sola unità di misura legale; considerando che la presente direttiva non pregiudica la fabbricazione continua di prodotti già immessi in commercio ; che essa riguarda tuttavia l'immissione in commercio e l'impiego di prodotti e di attrezzature che recano indicazioni di grandezza in unità di misura che non sono più unità di misura legali, e che sono necessari per completare o per sostituire pezzi o parti di prodotti, attrezzature e strumenti di misura già immessi in commercio ; che è quindi necessario che gli Stati membri autorizzino l'immissione in commercio e l'impiego, anche quando non recano indicazioni di grandezza in unità di misura che non sono più legali, di questi prodotti e di queste attrezzature di complemento o di sostituzione al fine di permettere l'impiego continuo di prodotti, attrezzature o strumenti già immessi in commercio; considerando che l'Organizzazione internazionale per l'unificazione (ISO) ha approvato in data 1º marzo 1974 una norma internazionale relativa alla rappresentazione delle unità SI e di altre unità per l'uso in sistemi che comprendono serie limitate di caratteri ; che di conseguenza è opportuno che la Comunità applichi le soluzioni che sono già state approvate su un piano internazionale più vasto nella norma ISO 2955 del 1º marzo 1974; considerando che le disposizioni comunitarie in materia di unità di misura sono frazionate in numerosi testi comunitari ; che la materia delle unità di misura riveste una tale importanza che è indispensabile potersi riferire ad un testo comunitario unico ; che, pertanto, la presente direttiva riunisce tutte le disposizioni comunitarie in materia e che è quindi opportuno abrogare la direttiva 71/354/CEE, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Le unità di misura legali ai sensi della presente direttiva, che dovono essere utilizzate per esprimere grandezze, sono: a) quelle che figurano nel capitolo I dell'allegato; b) quelle che figurano nel capitolo II dell'allegato sino ad una data fissata dagli Stati membri ; tale data non può comunque superare il 31 dicembre 1985; c) quelle che figurano nel capitolo III dell'allegato soltanto negli Stati membri in cui esse erano autorizzate il 21 aprile 1973 e sino ad una data fissata da questi Stati membri ; questa data non potrà superare la data limite che sarà fissata dal Consiglio, sulla base dell'articolo 100 del trattato, prima del 31 dicembre 1989. Articolo 2 a) Gli obblighi derivanti dall'articolo 1 riguardano gli strumenti di misura impiegati, le misurazioni effettuate e le indicazioni di grandezza espresse in unità di misura : nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo. b) La presente direttiva non pregiudica l'impiego nel settore della navigazione marittima ed aerea e del traffico ferroviario di unità diverse da quelle rese obbligatorie dalla presente direttiva ma che sono contemplate da convenzioni o da accordi internazionali che vincolano la Comunità o gli Stati membri. Articolo 3 1. Ai sensi della presente direttiva si ha un'indicazione aggiuntiva qualora un'indicazione espressa con un'unità del capitolo I dell'allegato è accompagnata da una o piú indicazioni espresse con unità che non figurano nel capitolo I. 2. L'impiego delle indicazioni aggiuntive è autorizzato fino al 31 dicembre 1989. 3. Tuttavia gli Stati membri possono esigere che gli strumenti di misura rechino le indicazioni di grandezza in un'unica unità di misura legale. 4. L'indicazione espressa con l'unità di misura che figura nel capitolo I deve prevalere. Le indicazioni espresse con le unità di misura che non figurano nel capitolo I devono essere espresse in particolare in caratteri di dimensioni al massimo pari a quelle dei caratteri della corrispondente indicazione in unità che figurano nel capitolo I. 5. L'impiego delle indicazioni aggiuntive può essere prorogato oltre il 31 dicembre 1989. Articolo 4 L'impiego di unità di misura che non sono legali o hanno cessato di esserlo è autorizzato - per i prodotti e le attrezzature già immessi in commercio e/o in servizio alla data di adozione della presente direttiva; - per i pezzi e le parti di prodotti e di attrezzature necessari per completare o per sostituire pezzi o parti di prodotti e di attrezzature di cui sopra. Per i dispositivi di indicazione degli strumenti di misura può essere tuttavia prescritto l'impiego di unità di misura legali. Articolo 5 La norma internazionale ISO 2955 del 1º marzo 1974, «Elaborazione dell'informazione - Rappresentazioni di unità SI e di altre unità per l'uso in sistemi che comprendono serie limitate di caratteri», deve essere applicata nel settore disciplinato dal suo paragrafo 1. Articolo 6 La direttiva 71/354/CEE è abrogata in data 1º ottobre 1981. Tuttavia, in deroga alle disposizioni della direttiva 71/354/CEE, gli Stati membri autorizzano o continuano a tollerare, alle condizioni precisate nell'articolo 1 della presente direttiva, l'utilizzazione oltre il 31 dicembre 1979 delle seguenti unità di misura: >PIC FILE= "T0013353"> Articolo 7 a) Gli Stati membri adottano e pubblicano anteriormente al 1º luglio 1981 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva e ne informano la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1º ottobre 1981. b) Dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri provvedano inoltre a comunicare alla Commissione, in tempo utile affinché quest'ultima possa presentare le sue osservazioni, qualsiasi progetto di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che essi intendano emanare nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1979. Per il Consiglio Il Presidente J. TUNNEY ALLEGATO CAPITOLO I UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA a) 1. UNITÀ SI, LORO MULTIPLI E SOTTOMULTIPLI DECIMALI 1.1. Unità SI di base >PIC FILE= "T0013354"> Le definizioni delle unità SI di base sono le seguenti: Unità di lunghezza Il metro è la lunghezza pari a 1 650 763,73 lunghezze d'onda nel vuoto della radiazione corrispondente alla transizione fra i livelli 2 P10 e 5 d5 dell'atomo di cripto 86. (11a CGMP, 1960, ris. 6). Unità di massa Il chilogrammo è l'unità di massa ; esso è pari alla massa del prototipo internazionale del chilogrammo. (3a CGMP, 1901, pag. 70 del resoconto). Unità di tempo Il secondo è la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo del cesio 133. (13a CGMP, 1967, ris. 1). Unità di intensità di corrente elettrica >PIC FILE= "T0013394"> (CIPM, 1946, ris. 2, approvata dalla 9a CGPM, 1948). Unità di temperatura termodinamica Il kelvin, unità di temperatura termodinamica, è la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua. (13a CGMP, 1967, ris. 4). Unità di quantità di materia La mole è la quantità di materia di un sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi in 0,012 chilogrammi di carbonio 12. Quando si usa la mole, le entità elementari devono essere specificate ; esse possono essere atomi, molecole, ioni, elettroni, altre particelle, oppure raggruppamenti specificati di tali particelle. (14a CGMP, 1971, ris. 3). Unità di intensità luminosa >PIC FILE= "T0013395"> (16a CGPM, 1979, ris. 3). 1.1.1. Nome e simbolo speciali dell'unità SI di temperatura nel caso della temperatura Celsius >PIC FILE= "T0013355"> La temperatura Celsius t è definita dalla differenza t = T - T0 tra due temperature termodinamiche T e T0 con T0 = 273,15 kelvin. Un intervallo o una differenza di temperatura possono essere espressi in kelvin o in gradi Celsius. L'unità «grado Celsius» è uguale all'unità «kelvin». 1.2. Altre unità SI 1.2.1. Unità supplementari SI >PIC FILE= "T0013356"> (11a GCMP, 1960, ris. 12). Le definizioni delle unità supplementari SI sono le seguenti: Unità di angolo piano Il radiante è l'angolo piano compreso tra due raggi che, sulla circonferenza di un cerchio, intercettano un arco di lunghezza pari a quella del raggio. (Norma internazionale ISO 31 - I, dicembre 1965). Unità di angolo solido Lo steradiante è l'angolo solido, che, avendo il vertice al centro di una sfera, delimita sulla superficie di questa un'area pari a quella di un quadrato di lato uguale al raggio della sfera. (Norma internazionale ISO 31 - I, dicembre 1965). 1.2.2. Unità derivate SI Le unità derivate in modo coerente dalle unità SI di base e dalle unità supplementari SI vengono indicate mediante espressioni algebriche sotto forma di prodotti di potenze delle unità SI di base e delle unità supplementari SI con un fattore numerico pari ad 1. 1.2.3. Unità derivate SI che hanno nomi e simboli speciali >PIC FILE= "T0013357"> Alcune unità derivate dalle unità SI di base o supplementari possono essere espresse impiegando le unità del capitolo I. In particolare, alcune unità derivate SI possono essere espresse con i nomi e i simboli speciali riportati nella tabella di cui sopra, per esempio : l'unità SI della viscosità dinamica può essere espressa come m-1 7 kg 7 s-1 oppure N 7 s 7 m-2 oppure Pa 7 s. 1.3. Prefissi e loro simboli che servono a designare taluni multipli e sottomultipli decimali >PIC FILE= "T0013358"> I nomi ed i simboli dei multipli e sottomultipli decimali dell'unità di massa vengono formati mediante l'aggiunta dei prefissi alla parola «grammo» e dei loro simboli al simbolo «g». Per designare alcuni multipli e sottomultipli decimali di un'unità derivata la cui espressione si presenta sotto forma di una frazione, un prefisso può essere legato indifferentemente alle unità che figurano al numeratore, al denominatore o in entrambi. Sono vietati i prefissi composti, cioè formati mediante giustapposizione di più prefissi di cui sopra. 1.4. Nomi e simboli speciali autorizzati di multipli e sottomultipli decimali di unità SI >PIC FILE= "T0013359"> Avvertenza : I prefissi ed i simboli di cui al punto 1.3 si applicano alle unità ed ai simboli elencati nella tabella del punto 1.4. 2. UNITÀ DEFINITE IN BASE ALLE UNITÀ SI, MA CHE NON SONO MULTIPLI O SOTTOMULTIPLI DECIMALI DI QUESTE >PIC FILE= "T0013360"> Avvertenza : I prefissi di cui al punto 1.3 si applicano soltanto ai nomi «grado» e «gon» ed i relativi simboli soltanto al simbolo «gon». 3. UNITÀ DEFINITE INDIPENDENTEMENTE DALLE SETTE UNITÀ SI DI BASE L'unità di massa atomica è pari a 1/12 della massa di un atomo del nuclide 12C. L'elettronvolt è l'energia cinetica acquisita da un elettrone che passa nel vuoto da un punto ad un altro che abbia un potenziale superiore di 1 volt. >PIC FILE= "T0013361"> Il valore di queste unità, espresso in unità SI, non è conosciuto esattamente. I valori indicati sono estratti dal bollettino CODATA n. 11, del dicembre 1973, del Consiglio internazionale delle Unioni scientifiche. Avvertenza : A quese due unità ed ai loro simboli si applicano i prefissi ed i simboli di cui al punto 1.3. 4. UNITÀ E NOMI DI UNITÀ AMMESSI UNICAMENTE IN SETTORI DI APPLICAZIONE SPECIALIZZATI >PIC FILE= "T0013362"> 5. UNITÀ COMPOSTE Combinando le unità di cui al capitolo I si costituiscono unità composte. CAPITOLO II UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA b) GRANDEZZE, NOMI DI UNITÀ, SIMBOLI E VALORI >PIC FILE= "T0013363"> Avvertenza : I prefissi ed i loro simboli di cui al punto 1.3 del capitolo I si applicano alle unità ed ai simboli indicati nel presente punto, ad eccezione del millimetro di mercurio e del suo simbolo e del simbolo g. Fino alla data indicata nell'articolo 1, lettera b), le unità di cui al capitolo II possono essere combinate tra di loro o con quelle del capitolo I per costituire unità composte. CAPITOLO III UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA c) GRANDEZZE, NOMI DI UNITÀ, SIMBOLI E VALORI APPROSSIMATI >PIC FILE= "T0013364"> Fino alla data prevista conformemente all'articolo 1, lettera c), le unità di cui al capitolo III possono essere combinate tra di loro o con quelle del capitolo I per costituire unità composte. | Unità di misura nell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva elenca e definisce le unità legali che devono essere utilizzate nell’Unione europea (Unione) per esprimere le grandezze. Essa specifica che nell’Unione sono applicabili le unità di misura metriche/il sistema internazionale delle unità di misura (SI)*.
La decisione 80/181/CEE è stata oggetto di varie modifiche. L’ultima, introdotta dalla direttiva (UE) 2019/1258 della Commissione ai fini dell’adattamento al progresso tecnico, ne modifica l’allegato per quanto riguarda le definizioni delle unità SI di base.
PUNTI CHIAVE
Nell’Unione, le unità SI sono obbligatorie nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo.
Le unità SI derivano dalle risoluzioni internazionali adottate dalla conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) alla quale aderiscono tutti i paesi dell’Unione.
La direttiva elenca e definisce, in una serie di allegati, le unità di misura ammesse e quelle obbligatorie, tra cui quelle seguenti.Le unità SI di base Tempo: secondo (s).Lunghezza: metro (m).Massa: chilogrammo (kg).Intensità di corrente elettrica: ampere (A).Temperatura termodinamica: kelvin (K).Quantità di materia: mole (mol).Intensità luminosa: candela (cd). Oltre 20 unità di misura derivate dall’SI, con nomi e simboli speciali [ad esempio: frequenza: hertz (Hz), forza: newton (N), resistenza elettrica: ohm (Ω)]. I prefissi che indicano multipli e sottomultipli decimali (ad esempio: chilo: 103 e k, milli: 10-3 e m). Unità ammesse unicamente in settori specifici (ad esempio: vergenza dei sistemi ottici: diottria, massa delle pietre preziose: carato metrico). Unità composte.Le definizioni delle unità si basano su costanti naturali, così da permettere la misurazione precisa anche su scala molto ridotta. Per questo possono essere utilizzate non solo nella vita di tutti i giorni ma anche per scopi che richiedono una precisione molto elevata, come la ricerca scientifica o applicazioni tecnologiche avanzate.
Esenzioni: nel settore della navigazione marittima ed aerea e del traffico ferroviario, la direttiva non pregiudica l’impiego di unità diverse contemplate negli accordi internazionali che vincolano l’Unione o i paesi dell’Unione.
Solo in Irlanda, e in circostanze limitate, sono applicabili deroghe:le unità mile, yard, foot e inch continuano ad essere ammesse sui cartelli stradali e per la misurazione di distanze e velocità; l’unità pint continua ad essere ammessa per la vendita di latte in recipienti a rendere e per la birra e il sidro alla spina; per le transazioni in metalli preziosi, è possibile continuare a usare la troy ounce.Indicazioni aggiuntive
La direttiva ammette inoltre l’impiego di indicazioni aggiuntive (indicazioni di quantità espresse in unità di misura che non figurano nella direttiva). Tali indicazioni, tuttavia, non possono essere utilizzate da sole ma possono solo affiancarsi alle unità SI elencate e definite nella direttiva, che devono prevalere.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 1o ottobre 1981 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 1o luglio 1981.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Unità di misura (Commissione europea) Conferenza generale dei pesi e delle misure (BIPM-CGPM) Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO).
TERMINI CHIAVE
Sistema internazionale di unità di misura (SI): sistema di unità di misura fisiche basato su metro, chilogrammo, secondo, kelvin, candela e mole, insieme a una serie di prefissi che servono a indicare multipli o sottomultipli decimali. È la versione moderna del sistema metrico ed è l’unico sistema di misura con uno status ufficiale in quasi tutti i paesi del mondo.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (GU L 39 del 15.2.1980, pag. 40).
Le successive modifiche alla direttiva 80/181/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 7,093 | 993 |
31989L0108 | false | Direttiva 89/108/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0034 - 0037 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0049
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana (89/108/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che la fabbricazione e lo smercio dei prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, in appresso denominati «alimenti surgelati», rivestono un'importanza sempre maggiore nella Comunità: considerando che le differenze fra le legislazioni nazionali riguardanti gli alimenti surgelati ne ostacolano la libera circolazione; che dette differenze possono creare condizioni di concorrenza ineguali e pertanto incidere direttamente sull'instaurazione e suI funzionamento del mercato comune; considerando che, di conseguenza, è necessario ravvicinare dette legislazioni; considerando che a tale scopo occorre dare alla legislazione comunitaria il campo d'applicazione più vasto possibile, che si estenda a tutti i surgelati per l'alimentazione umana e includa non soltanto i prodotti destinati a essere forniti tali e quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, ma anche quelli che subiranno trasformazioni o entreranno a far parte di successive preparazioni; considerando tuttavia che questa regolamentazione non deve applicarsi a prodotti che non siano presentati in commercio come alimenti surgelati; considerando che in ogni caso è opportuno stabilire i criteri generali cui deve essere conforme qualsiasi alimento surgelato; considerando che in seguito potranno essere emanate all'occorrenza, per taluni gruppi di alimenti surgelati, disposizioni speciali a complemento dei criteri generali, secondo la procedura applicabile a ciascuno di questi gruppi; considerando che il surgelamento mira a conservare le caratteristiche intrinseche degli alimenti mediante un processo di congelamento rapido e che é necessario raggiungere in tutti i punti del prodotto una temperatura pari o inferiore a -18 oC; considerando che ad una temperatura di - 18 oC qualsiasi attività microbiologica in grado di alterare la qualità di un prodotto alimentare è sospesa e che ne deriva la necessità di mantenere almeno questa temperatura, sia pure con una certa tolleranza tecnicamente inevitabile, durante l'immagazzinamento e la distribuzione degli alimenti surgelati prima della loro immissione sul mercato per il consumatore finale; considerando che taluni aumenti della temperatura sono inevitabili per motivi tecnici e che quindi possono essere tollerati a condizione che non nuocciano alla qualità dei prodotti, cosa questa che può essere garantita se si osservano le buone prassi di conservazione e di distribuzione, tenuto conto in particolare del livello di rotazione delle scorte; considerando che le prestazioni di alcuni impianti tecnici attualmente utilizzati per la distribuzione locale degli alimenti surgelati non sono tali da garantire sempre il rispetto integrale dei limiti di temperatura imposti dalla presente direttiva e che si deve pertanto prevedere un regime transitorio che consenta di ammortizzare normalmente il materiale esistente; considerando che la presente direttiva può limitarsi ad enunciare gli obiettivi da raggiungere per quanto riguarda tanto l'attrezzatura utilizzata per l'operazione di surgelamento, quanto le temperature da rispettare nelle installazioni e nelle attrezzature di immagazzinamento, di manipolazione, di trasporto e di distribuzione; considerando che è compito degli Stati membri di garantire, mediante controlli ufficiali, che il materiale utilizzato sia tale da soddisfare questi obiettivi; considerando che siffatto controllo rende inutile qualsiasi sistema di accertamento ufficiale negli scambi commercial: considerando che è opportuno prevedere la possibilità di utilizzare fluidi criogeni, il che implica il loro contatto diretto con gli alimenti surgelati; che, pertanto, detti fluidi debbono essere sufficientemente inerti per non cedere agli alimenti un quantitativo di costituenti che possa presentare un pericolo per la salute umana, modificare in modo inaccettabile la composizione degli alimenti od alterare le loro caratteristiche organolettiche; considerando che per conseguire questo obiettivo occorre definire l'elenco delle sostanze in questione e fissarne i criteri di purezza nonché le condizioni di impiego; considerando che gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe sono soggetti, per quanto riguarda l'etichettatura, alle norme istituite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura, la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale e la relativa pubblicità (3), modificata da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE (4); che la presente direttiva deve pertanto limitarsi a prescrivere le diciture specifiche per gli alimenti surgelati; considerando che al fine di agevolare gli scambi è opportuno fissare anche le norme sull'etichettatura degli alimenti surgelati non destinati ad essere venduti tal quali al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe; considerando che per semplificare ed accelerare la procedura, è opportuno affidare alla Commissione l'adozione di misure esecutive di carattere tecnico; considerando che, in tutti i casi per i quali il Consiglio conferisce alla Commissione competenze per l'esecuzione di norme stabilite nel settore dei prodotti alimentari, occorre fissare una procedura che instauri una stretta cooperazione . tra gli Stati membri e la Commissione irt sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, istituito dalla decisione 69/414/CEE del Consiglio (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva riguarda i prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, denominati qui di seguito «alimenti surgelati». 2. Ai sensi della presente direttiva, si intendono per «alimenti surgelati» i prodotti alimentari: - che sono stati sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto «surgelamento», che permette di superare con la rapidità necessaria in funzione della natura del prodotto la zona di cristallizzazione massima del prodotto e di far sì che la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti - dopo la stabilizzazione termica - sia mantenuta ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18oCe - che sono commercializzati in modo che risulti che hanno questa caratteristica. I gelati non sono considerati alimenti surgelati ai sensi della presente direttiva. 3. L'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate Ie disposizioni comunitarie derivanti: a) da una organizzazione comune dei mercati nei settori dell'agricoltura e della pesca; b) dall'igiene veterinaria. Articolo 2 Solo i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2 possono avere le denominazioni previste agli articoli 8 e 9. Articolo 3 1. Le materie prime usate per la fabbricazione degli alimenti surgelati devono essere di qualità sana, leale e commerciale e possedere il necessario grado di freschezza. 2. La preparazione dei prodotti da trattare e l'operazione di surgelamento devono essere effettuate senza indiigio mediante attrezzature tecniche idonee a ridurre al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche. Articolo 4 I mezzi criogeni il cui uso a contatto diretto con i surgelati è autorizzato, ad esclusione di tutti gli altri, sono i seguenti: - aria, - azoto, - anidride carbonica. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono mantenere sino al 31 dicembre 1992 le legislazioni nazionali che autorizzano l'utilizzazione del diclorodifluormetano (R 12). I criteri di purezza cui tali mezzi criogeni devono rispondere sono fissati, se del caso, secondo la procedura prevista all'articolo 12. Articolo 5 1. La temperatura degli alimenti surgelati deve essere stabile e mantenuta, in tutti i punti del prodotto, a -18 oC o meno, con eventuali brevi fluttuazioni verso l'alto di 3 oC al massimo durante il trasporto. 2. Tuttavia, entro i limiti delle buone prassi di conservazione e di distribuzione, durante la distribuzione locale e negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale sono ammesse tolleranze della temperatura del prodotto, alle condizioni seguenti: a) tali tolleranze non devono superare i 3oC: b) esse possono tuttavia raggiungere i 6oC negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, se ed in quanto gli Stati membri lo decidano. In questo caso gli Stati membri scelgono la temperatura in base alla rotazione delle scorte o dei prodotti nel commercio al dettaglio e informano la Commissione sulle misure prese e sui motivi che le giustificano. La Commissione riesaminerà la tolleranza prevista dalla presente lettera sulla scorta delle innovazioni tecniche e, se del caso, presenterà al Consiglio, entro il 31 dicembre 1992, proposte in merito. 3. Durante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri possono, per la distribuzione locale, autorizzare tolleranze fino a 6 oC. Articolo 6 1. Gli Stati membri: a) si assicurano che gli impianti usati per il surgelamento, l'immagazzinamento, il trasporto, la distribuzione locale e gli armadi e i banconi frigoriferi di vendita siano tali da garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla presente direttiva; b) effettuano un controllo ufficiale mediante sondaggio delle temperature degli alimenti surgelati. 2. Gli Stati membri si astengono dall'esigere che, in vista o all'atto della commercializzazione degli alimenti surgelati, il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1 sia attestato da un certificato ufficiale. Articolo 7 Gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere condizionati dal fabbricante oppure dal condizionatore negli imballaggi preliminari appropriati atti a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche o di altro genere e dalla disseccazione. Articolo 8 1. La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti contemplati dalla presente direttiva e destinati tal quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, alle seguenti condizioni: a) la denominazione di vendita è completata dalla o dalle seguenti menzioni: - in spagnolo «ultracongelado» o «congelado rapidamente», - in danese «dybfrossen», - in tedesco «tiefgefroren» o «Tiefkuehlkost» o «tiefgekuehlt» o «gefrostet», - in greco «baqeíaw katácyjhw» o «taxeíaw yperkatecygména», - in inglese «quick-frozen», - in francese «surgelé», - in italiano «surgelato», - in neerlandese «diepvries», - in portoghese «ultracongelado»; b) l'indicazione della data di conservazione minima deve essere corredata dell'indicazione del periodo in cui i surgelati possono essere immagazzinati presso il destinatario e dell'indicazione della temperatura di conservazione e/o dell'attrezzatura richiesta per la conservazione; c) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare un'indicazione che permetta di individuare la partita; d) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare una chiara avvertenza del tipo «non ricongelare dopo scongelamento». Articolo 9 1. L'etichettatura dei prodotti definiti nell'articolo 1, paragrafo 2 e non destinati ad essere forniti al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe comporta soltanto le diciture obbligatorie seguenti: a) la denominazione di vendita completata conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a); b) il contenuto netto espresso in unità di massa; c) una dicitura che consenta di individuare la partita; d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del produttore o del confezionatore oppure di un rivenditore stabilito all'interno della Comunità. 2. Le indicazioni di cui al paragrafo 1 figurano sull'imballaggio, sul recipiente o sulla confezione o su un'etichetta ivi apposta. 3. II presente articolo lascia impregiudicate eventuali disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di metrologia. Articolo 10 Gli Stati membri non possono, per ragioni riguardanti le caratteristiche di fabbricazione, la confezione o letichettatu- ra, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, conformi alla presente direttiva e alle misure prese per la sua applicazione. Articolo 11 Le modalità relative al prelievo di campioni, al controllo delle temperature degli alimenti surgelati ed al controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e delle attrezzature di immagazzinamento e di conservazione sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 12, prima dello scadere di un termine di ventiquattro mesi a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 12 1. Ove si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente per i prodotti alimentari è chiamato a pronunciarsi dal suo presidente, su iniziativa di quest'ultimo oppure su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da attuare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema in esame. II comitato si pronuncia alla maggioranza qualificata prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato. II presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure proposte quando sono conformi al parere del comitato. b) Quando le misure proposte non sono conformi al parere del comitato, oppure in mancanza di detto parere, la Commissione presenta immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. II Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se allo scadere di un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato adito il Consiglio non ha adottato misure, la Commissione adotta le misure proposte. Anrticolo 13 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Dette misure devono: - permettere, al più tardi diciotto mesi dopo la notifica (6) della direttiva, il commercio di prodotti conformi alla presente direttiva; - vietare, al più tardi ventiquattro mesi dopo la notifica della direttiva, il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva. 2. per quanto riguarda gli armadi e i banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, gli Stati membri possono, diirante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, mantenere le legislazioni esistenti al momento dell'applicazione della presente direttiva. In tal caso gli Stati membri ne informano la Commissione precisando i motivi che giustificano la loro decisione. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988. Per il Consiglio Il Presidente V. PAPANDREOU (1) GU n. C 175 del 15. 7. 1985, pag. 296 e GU n. C 12 del l6. 1. 1989. (2) GU n. C 104 del 25. 4. 1985, pag. 17.(3) GU n. L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1 (4) GU n. L 144 del 29. 5. 1986, pag. 38. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.(6) La presente direttiva è stata notificata agli Stati membri il 10 gennaio 1989. | Alimenti surgelati
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce norme a livello UE che disciplinano il congelamento rapido, l’imballaggio, l’etichettatura e l’ispezione dei prodotti alimentari surgelati.
PUNTI CHIAVE
Processo di congelamento rapidoGli alimenti surgelati sono quelli sottoposti al processo di «surgelamento», in cui la zona di temperatura di massima cristallizzazione viene superata il più rapidamente possibile e il prodotto viene quindi mantenuto (dopo la stabilizzazione termica) a una temperatura di -18 °C o inferiore. Il congelamento rapido deve essere effettuato senza indugio, mediante attrezzature tecniche idonee, con materie prime di qualità sana, leale e commerciale. Solo aria, azoto e anidride carbonica che soddisfano specifici criteri di purezza possono essere utilizzati come mezzi criogeni (cioè a temperature molto basse). La Commissione europea stabilisce i criteri di purezza. Deviazioni dalla temperatura di -18 °C per gli alimenti surgelati sono consentite durante il trasporto e la distribuzione locale e negli espositori al dettaglio. In tali casi le fluttuazioni verso l’alto non devono superare i 3 °C.Imballaggio dei prodottiGli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere imballati in un preconfezionamento atto a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche e dalla disseccazione. L’etichettatura degli alimenti surgelati deve includere la denominazione di vendita, l’indicazione «surgelato» e l’identificazione della partita. Le altre informazioni obbligatorie variano in base al consumatore previsto per il prodotto.Consumatori finali, ristoranti, ospedali, mense: data di conservazione minima, indicazione del periodo durante il quale i surgelati possono essere conservati presso l’acquirente, indicazione della temperatura di conservazione e dell’attrezzatura richiesta per la conservazione.Altre: il contenuto netto e l’identità del produttore, confezionatore o rivenditore.Controlli ufficialiGli Stati membri devono garantire che le apparecchiature utilizzate per gli alimenti surgelati siano conformi alla direttiva e devono effettuare controlli ufficiali casuali sulla temperatura del prodotto.Alla Commissione è conferito il potere di adottare misure dettagliate per il campionamento e il monitoraggio della temperatura nei modi di trasporto, deposito e conservazione.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore dal 10 gennaio 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 10 luglio 1990 per il commercio di prodotti conformi alla direttiva. Gli Stati membri dovevano vietare il commercio di prodotti non conformi alla direttiva entro il 10 gennaio 1991.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/108/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 34).
Le successive modifiche alla direttiva 89/108/CEE sono state incorporate nell’atto originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 37/2005 della Commissione, del 12 gennaio 2005, sul controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e nei locali di immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 10 del 13.1.2005, pag. 18).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 92/2/CEE della Commissione, del 13 gennaio 1992, che fissa le modalità di campionamento e il metodo comunitario di analisi per il controllo delle temperature degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 34 dell’11.2.1992, pag. 30). | 5,897 | 932 |
31998R2532 | false | Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni
Gazzetta ufficiale n. L 318 del 27/11/1998 pag. 0004 - 0007
REGOLAMENTO (CE) N. 2532/98 DEL CONSIGLIO del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea (in appresso denominato «il trattato»), in particolare l'articolo 108 A, paragrafo 3, e l'articolo 34.3 del protocollo n. 3 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (in appresso denominato «lo statuto»),vista la raccomandazione della Banca centrale europea (in appresso denominata «la BCE») (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere della Commissione (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 106, paragrafo 6, del trattato e all'articolo 42 dello statuto e alle condizioni stabilite nell'articolo 109K del trattato, paragrafo 5, e al punto 7 del protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;(1) considerando che il presente regolamento, conformemente alle disposizioni congiunte degli articoli 34.3 e 43.1 dello statuto, al paragrafo 8 del protocollo n. 11 e al paragrafo 2 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, non conferisce alcun potere e non impone alcun obbligo agli Stati membri non partecipanti;(2) considerando che, in virtù dell'articolo 34.3 dello statuto, il Consiglio stabilisce i limiti e le condizioni in base ai quali la BCE ha il potere di infliggere alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti e dalle decisioni da essa adottati;(3) considerando che le violazioni degli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE possono verificarsi nelle diverse aree di competenza della BCE;(4) considerando che è opportuno, al fine di garantire un contesto uniforme per l'irrogazione delle sanzioni nei diversi settori di competenza della BCE, che tutte le disposizioni generali e procedurali per l'irrogazione di tali sanzioni siano contenute in un unico regolamento del Consiglio; che altri regolamenti del Consiglio prevedono sanzioni specifiche per settori specifici ma rinviano al presente regolamento per i principi e le procedure relative all'irrogazione di tali sanzioni;(5) considerando che per garantire un regime efficiente di amministrazione delle sanzioni il presente regolamento deve lasciare un margine discrezionale alla BCE sia per quanto concerne le relative procedure sia per la loro attuazione, nei limiti e alle condizioni previsti dal presente regolamento;(6) considerando che il Sistema europeo di banche centrali (il «SEBC») e la BCE hanno ricevuto l'incarico di predisporre la loro piena operatività nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (in appresso denominata «terza fase»); che la tempestività dei preparativi è essenziale per consentire al SEBC di adempiere ai suoi compiti nella terza fase; che elemento essenziale dei preparativi è l'adozione, prima della terza fase, del regime di irrogazione di sanzioni alle imprese che non abbiano soddisfatto gli obblighi ad esse imposti da regolamenti e decisioni della BCE; che è opportuno informare quanto prima gli operatori del mercato delle modalità che la BCE ritenga eventualmente necessario stabilire per l'irrogazione di sanzioni; che è pertanto necessario che la BCE disponga, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, di un potere normativo;(7) considerando che le disposizioni del presente regolamento possono essere applicate efficacemente soltanto se gli Stati membri partecipanti adottano le misure necessarie per garantire che le autorità nazionali abbiano il potere, conformemente all'articolo 5 del trattato, di collaborare pienamente con la BCE e di apportarle un sostegno totale nell'attuazione della procedura per infrazione prevista dal presente regolamento;(8) considerando che la BCE deve avvalersi delle banche centrali nazionali per espletare i compiti del SEBC per quanto possibile e opportuno;(9) considerando che le decisioni che impongono un obbligo pecuniario, in virtù del presente regolamento, costituiscono titolo esecutivo conformemente all'articolo 192 del trattato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende/intendono per:1) «Stato membro partecipante», uno Stato membro che ha adottato la moneta unica conformemente al trattato;2) «banca centrale nazionale», la banca centrale di uno Stato membro partecipante;3) «imprese», le persone fisiche o giuridiche, soggetti privati o pubblici, ad eccezione dei soggetti pubblici nell'esercizio delle loro funzioni di autorità pubblica, residenti o stabilite in uno Stato membro partecipante, che siano tenute agli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE, nonché le filiali o altri uffici permanenti di imprese situate in uno Stato membro partecipante e la cui amministrazione centrale o sede legale è situata al di fuori di uno Stato membro partecipante;4) «infrazione», il mancato rispetto da parte di un'impresa di un obbligo sancito da un regolamento o una decisione della BCE;5) «ammenda», l'importo forfettario che un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione;6) «penalità di mora», le somme di denaro che, in caso di infrazione protratta, un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione; queste sono calcolate per ciascun giorno di protratta infrazione, a decorrere dalla notifica all'impresa di una decisione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, che impone la cessazione di tale infrazione;7) «sanzione», tanto l'ammenda quanto la penalità di mora inflitte a seguito di un'infrazione.Articolo 2 Sanzioni 1. Ove non diversamente previsto da specifici regolamenti del Consiglio, i limiti per la BCE nell'irrogazione alle imprese di ammende e di penalità di mora sono i seguenti:a) ammende: fino all'ammontare massimo di 500 000 euro; eb) penalità di mora: fino all'ammontare massimo di 10 000 euro per ciascun giorno di protratta infrazione. Le penalità di mora possono essere irrogate con riferimento ad un periodo massimo di sei mesi a decorrere dalla data di notifica all'impresa della decisione, conformemente all'articolo 3, paragrafo 1.2. Nel decidere se irrogare una sanzione e nello stabilire la sanzione appropriata, la BCE si attiene al principio di proporzionalità.3. La BCE tiene conto, se pertinenti, delle circostanze del caso specifico, quali:a) da un lato, la buona fede e il grado di correttezza dell'impresa nell'interpretazione e nell'applicazione dell'obbligo a essa derivante da un regolamento o da una decisione della BCE, nonché il grado di diligenza e di cooperazione mostrato dall'impresa o, dall'altro lato, qualsiasi prova di malafede da parte dei rappresentanti dell'impresa;b) la gravità degli effetti dell'infrazione;c) la reiterazione, frequenza o durata dell'infrazione da parte dell'impresa;d) i profitti conseguiti dall'impresa a seguito dell'infrazione;e) la dimensione economica dell'impresa; ef) le precedenti sanzioni irrogate da altre autorità alla stessa impresa e basate sugli stessi fatti.4. Laddove l'infrazione consista nel mancato adempimento di un obbligo, l'applicazione di una sanzione non esenta l'impresa dall'adempimento di tale obbligo, salvo che la decisione adottata ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, stabilisca espressamente il contrario.Articolo 3 Norme procedurali 1. La decisione di avviare o meno una procedura per infrazione è adottata dal comitato esecutivo della BCE, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad esso rivolta a tal fine dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. La stessa decisione può altresì essere adottata dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad essa rivolta a tal fine dalla BCE.Tale decisione è notificata per iscritto all'impresa interessata, all'autorità di vigilanza competente e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione o alla BCE. Con essa vengono resi noti all'impresa gli elementi delle contestazioni mosse nei suoi confronti e le prove su cui tali contestazioni si basano. Se del caso, con tale decisione si richiede di porre termine alla presunta infrazione e si informa l'impresa interessata della possibile irrogazione di penalità di mora.2. La decisione di cui al paragrafo 1 può esigere che l'impresa si sottoponga ad una procedura per infrazione. Nel quadro dell'applicazione di tale procedura, la BCE o, se del caso, la banca centrale nazionale, può:a) richiedere l'esibizione di documenti;b) esaminare i libri e i registri contabili dell'impresa;c) eseguire copie o estratti dei libri e dei registri contabili; ed) richiedere chiarimenti scritti o orali.Qualora un'impresa ostacoli lo svolgimento della procedura per infrazione, lo Stato membro partecipante sul cui territorio sono ubicati i locali di cui trattasi fornisce il sostegno necessario, in particolare facendo in modo che la BCE o la banca centrale nazionale abbia accesso ai locali dell'impresa, affinché possano essere esercitati i poteri di cui sopra.3. L'impresa interessata ha il diritto di essere ascoltata dalla BCE o, se del caso, dalla banca centrale nazionale. Le è concesso un periodo non inferiore a trenta giorni per presentare le proprie difese.4. Il comitato esecutivo della BCE, appena possibile dopo essere stato adito dalla banca centrale nazionale che ha avviato la procedura per infrazione o previa consultazione della banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, adotta una decisione motivata sull'esistenza di un'infrazione commessa da un'impresa e sulla eventuale sanzione da irrogare.5. L'impresa interessata riceve notifica scritta della decisione ed è informata del suo diritto di richiederne il riesame. Tale decisione è notificata anche alle competenti autorità di vigilanza e alla banca centrale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione.6. L'impresa interessata ha il diritto di chiedere al consiglio direttivo della BCE il riesame della decisione presa dal comitato esecutivo. La richiesta è presentata entro trenta giorni dalla ricezione della notifica di tale decisione e contiene tutte le informazioni e le allegazioni a difesa. Tale richiesta è indirizzata in forma scritta al consiglio direttivo della BCE.7. La decisione del consiglio direttivo della BCE in risposta alla richiesta di riesame avanzata ai sensi del paragrafo 6 comprende i motivi della decisione ed è notificata per iscritto all'impresa interessata, alle autorità di vigilanza competenti per quell'impresa e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. Con la notificazione si informa l'impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale. Nel caso in cui il consiglio direttivo della BCE non assuma alcuna decisione entro due mesi dalla richiesta, l'impresa interessata può proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione del comitato esecutivo conformemente al trattato.8. Nessuna sanzione è applicata nei confronti dell'impresa fino a quando la decisione non diventa definitiva per una delle seguenti cause:a) scadenza del periodo di trenta giorni di cui al paragrafo 6 senza che l'impresa abbia presentato richiesta di riesame al consiglio direttivo della BCE;b) notifica da parte del consiglio direttivo della BCE della propria decisione all'impresa oppure scadenza del periodo di cui al precedente paragrafo 7 senza che il consiglio direttivo abbia preso una decisione.9. Gli introiti provenienti da sanzioni inflitte dalla BCE appartengono alla BCE.10. Nel caso in cui un'infrazione riguardi esclusivamente una funzione attribuita al SEBC in virtù del trattato e dallo statuto, una procedura per infrazione può essere avviata soltanto sulla base del presente regolamento, a prescindere dall'esistenza di leggi o di regolamenti nazionali che prevedano una procedura distinta. Nel caso in cui un'infrazione riguardi anche una o più aree non di competenza del SEBC, il diritto di avviare una procedura per infrazione ai sensi del presente regolamento è indipendente da ogni diritto che la competente autorità nazionale ha di avviare una distinta procedura in relazione a tali aree non di competenza del SEBC. Sono salve l'applicazione della legge penale e le competenze di vigilanza prudenziale negli Stati membri partecipanti.11. Se è stato accertato con decisione che un'impresa ha commesso un'infrazione, tale impresa deve sostenere le spese relative alla procedura per infrazione.Articolo 4 Limiti temporali 1. Il potere di prendere la decisione di avviare una procedura per infrazione, previsto dal presente regolamento, si estingue allo scadere di un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione abbiano constatato per la prima volta l'infrazione e, in ogni caso, allo scadere di cinque anni dalla data in cui è stata commessa l'infrazione oppure, in caso di infrazione protratta, allo scadere di cinque anni dalla cessazione dell'infrazione.2. Il potere di prendere la decisione di irrogare sanzioni per le infrazioni previste dal presente regolamento si estingue allo scadere di un anno dalla data della decisione di avviare la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 1.3. Il potere di avviare una procedura per l'applicazione delle sanzioni si estingue allo scadere di sei mesi dalla data in cui la decisione è divenuta esecutiva in virtù dell'articolo 3, paragrafo 8.Articolo 5 Mezzi di ricorso La Corte di giustizia delle Comunità europee ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo 172 del trattato per quanto riguarda le decisioni definitive che impongono una sanzione.Articolo 6 Disposizioni generali e potere normativo 1. In caso di conflitto tra le disposizioni del presente regolamento e le disposizioni di altri regolamenti del Consiglio che autorizzano la BCE ad irrogare sanzioni, prevalgono le disposizioni di questi ultimi.2. Nei limiti e alle condizioni stabiliti dal presente regolamento, la BCE può adottare regolamenti al fine di specificare ulteriormente i meccanismi in base ai quali è possibile irrogare sanzioni nel rispetto di quanto stabilito nel presente regolamento nonché indirizzi intesi a coordinare e armonizzare le procedure relative all'attuazione della procedura per infrazione.Articolo 7 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.L'articolo 6 paragrafo 2 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. I restanti articoli si applicano dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER(1) GU C 246 del 6. 8. 1998, pag. 9.(2) GU C 328 del 26. 10. 1998.(3) Parere espresso l'8 ottobre 1998 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). | Il potere della BCE di irrogare sanzioni
SINTESI
La Banca centrale europea (BCE) conduce la politica monetaria dell’area dell’euro, con l’obiettivo primario di mantenere la stabilità dei prezzi, inoltre vigila sulle banche dell’area dell’euro e degli altri paesi dell’UE che hanno scelto di partecipare al meccanismo di vigilanza unico.
Nell’esercizio della sua politica monetaria e dei suoi compiti di vigilanza, la BCE può irrogare sanzioni alle imprese (ad esempio agli enti creditizi) che non rispettano gli atti giuridici della BCE o dell’UE.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la BCE può infliggere alle imprese ammende e penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dagli atti legali della BCE e dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Il limite massimo per le ammende alle imprese è di 500 000 EUR, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il doppio della quantità dei profitti ricavati o delle perdite evitate a causa della violazione o il 10 % del fatturato annuo totale dell’impresa.
Il limite massimo per le penalità di mora è di 10 000 EUR per ogni giorno di violazione, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il 5 % del fatturato medio giornaliero per ogni giorno di violazione.
Quando si considera una sanzione, la BCE tiene conto:
della buona fede e della correttezza dell’impresa interessata,
della gravità degli effetti dell’infrazione,
dei profitti conseguiti dall’impresa a seguito dell’infrazione,
della dimensione economica dell’impresa,
delle eventuali precedenti sanzioni irrogate all’impresa per la stessa infrazione da altre autorità competenti.
Il comitato esecutivo decide se avviare una procedura d’infrazione.
L’impresa interessata ha non meno di 30 giorni di tempo per presentare la sua difesa alla BCE o alla sua banca centrale nazionale.
Il comitato esecutivo adotta una decisione motivata sull’opportunità di irrogare sanzioni all’impresa. Entro 30 giorni dal ricevimento della decisione, l’impresa può chiedere al consiglio direttivo di rivedere la decisione, in mancanza di ciò, la decisione diventa definitiva.
Se richiesto, il consiglio direttivo rivedrà la decisione del comitato esecutivo e informerà l’impresa interessata della sua conclusione. Esso informerà l’impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale.
La procedura di infrazione deve essere attivata entro un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale della giurisdizione in cui si è verificata l’infrazione hanno constatato l’infrazione. Allo scadere di questo termine, decade il diritto.
Il regolamento (UE) 2015/159 del Consiglio ha aggiunto nuove disposizioni per consentire alla BCE di irrogare sanzioni nell’esercizio dei suoi compiti di vigilanza. Le nuove regole stabiliscono le ammende, i termini e le modalità che si applicano in questi casi.
ATTO
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni. (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.-7) | 5,585 | 131 |
31993L0011 | false | Direttiva 93/11/CEE della Commissione, del 15 marzo 1993, concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale
Gazzetta ufficiale n. L 093 del 17/04/1993 pag. 0037 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 12 pag. 0167 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 12 pag. 0167
DIRETTIVA 93/11/CEE DELLA COMMISSIONE del 15 marzo 1993 concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturaleLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 89/109/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l'articolo 3, considerando che le norme comunitarie previste dalla presente direttiva sono non solo necessarie, ma indispensabili al raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, i quali non possono essere attuati a livello dei singoli Stati membri, e che d'altra parte la loro realizzazione a livello comunitario è gia prevista dalla direttiva 89/109/CEE; considerando che è dimostrata la possibilità di liberazione, da tettarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale, di N-nitrosammine e di sostanze che possono trasfomarsi in N-nitrosammine (sostanze N-nitrosabili); considerando che il comitato scientifico dell'alimentazione umana ha espresso il parere secondo cui le N-nitrosammine e le sostanze N-nitrosabili possono creare rischi per la salute umana a causa della loro tossicità ed è pertanto raccomandabile che la migrazione di dette sostanze attraverso gli oggetti soprammenzionati sia tenuta sotto i limiti di rilevamento di un metodo sufficientemente sensibile; considerando che secondo l'articolo 2 della direttiva 89/109/CEE i materiali e gli oggetti allo stato di prodotti finiti non devono cedere i loro costituenti ai prodotti alimentari in quantità tali da costituire un pericolo per la salute umana; considerando che per le tettarelle tale obiettivo può essere adeguatamente raggiunto con una direttiva specifica, ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 89/109/CEE; considerando che l'impiego di succhiotti può determinare lo stesso tipo di rischio e che pertanto è opportuno adottare le medesime disposizioni anche per tali oggetti; considerando che è necessario agire immediatamente e che perciò la presente direttiva si limita a stabilire norme specifiche relative alla liberazione delle nitrosammine e sostanze N-nitrosabili da terrarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale, rinviando ad una direttiva più generale, riguardante gli elastomeri e la gomma naturale, la soluzione di altri problemi relativi alle tettarelle ed ai succhiotti; considerando che con la presente direttiva è opportuno stabilire le norme di base e i criteri generali per determinare la liberazione di N-nitrosammine e sostanze N-nitrosabili, rinviando la definizione di un metodo di analisi dettagliato; considerando che il metodo di analisi riportato negli allegati è adottato come provvedimento temporaneo sino a che siano disponibili altri risultati sulla validità di questo metodo e su possibili metodi alternativi; considerando che la Commissione si è impegnata a promuovere ulteriori ricerche sui metodi di analisi per rivedere la metodologia proposta e a prendere in considerazione la definizione di tolleranze analitiche alla luce di tali ricerche; considerando che le misure previste in questa direttiva sono conformi al parere del comitato permanente per i prodotti alimentari, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 89/109/CEE. Essa riguarda la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili, da tettarelle e succhiotti di elastomero o di gomma naturale. Articolo 2 Le tettarelle e i succhiotti di cui all'articolo 1 non devono liberare, alla prova di migrazione con il liquido simulante la saliva alle condizioni specificate nell'allegato I, nessuna N-nitrosammina o sostanza N-nitrosabile rilevabile con un metodo convalidato conforme ai criteri di cui all'allegato II ed idoneo a rilevare le seguenti quantità: - 0,01 mg del totale delle N-nitrosammine liberate/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale), - 0,1 mg del totale di sostanze N-nitrosabili/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale). Articolo 3 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva a decorrere dal 1° aprile 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Gli Stati membri: - permettono, a decorrere dal 1° aprile 1994, la vendita e l'uso di succhiotti e tettarelle rispondenti al disposto della presente direttiva; - essi vietano, a partire dal 1° aprile 1995, la vendita e l'uso di succhiotti e tettarelle non rispondenti al disposto della presente direttiva. 2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 15 marzo 1993. Per la Commissione Martin BANGEMANN Membro della Commissione ALLEGATO I NORME DI BASE PER ACCERTARE LA LIBERAZIONE DI N-NITROSAMMINE E DI SOSTANZE N-NITROSABILI 1. Liquido per la prova di liberazione (soluzione di saliva per la prova) Per preparare il liquido per la prova di cessione, disciogliere 4,2 g di bicarbonato di sodio (NaHCO3), 0,5 mg di cloruro di sodio (NaCl), 0,2 g di carbonato di potassio (K2CO3) e 30,0 mg di nitrito di sodio (NaNO2) in un litro di acqua distillata o di acque di qualità equivalente. Il pH della soluzione deve essere pari a 9. 2. Condizioni di prova Immersione di campioni di materiale ottenuto a partire da un numero adeguato di succhiotti o tettarelle nel liquido della prova di liberazione per una durata di 24 ore ad una temperatura di 40 °C (± 2 °C). ALLEGATO II CRITERI APPLICABILI AL METODO DI DETERMINAZIONE DELLA LIBERAZIONE DI N-NITROSAMMINE E DI SOSTANZE N-NITROSABILI 1. La liberazione delle N-nitrosammine è determinata in un'aliquota di ciascuna soluzione ottenuta secondo l'allegato I. Le N-nitrosammine vengono estratte da una aliquota servendosi di diclorometano (DCM) non contenente nitrosammine e sono determinate per via gascromatografica. 2. La liberazione di sostanze N-nitrosabili è determinata in un'altra aliquota ciascuna soluzione ottenuta secondo l'allegato I. Le sostanze nitrosabili sono trasformate in nitrosammine per acidificazione di un aliquota con acido cloridrico. Quindi le nitrosammine sono estratte dalla soluzione mediante DCM e determinate per via gascromatografica. | Liberazione di N-nitrosammine dalle tettarelle di gomma naturale
La legislazione comunitaria armonizza le disposizioni relative alla liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale.
ATTO
Direttiva 93/11/CEE della Commissione, del 15 marzo 1993, concernente la liberazione di N-nitrosammine e di sostanze N-nitrosabili da succhiotti e tettarelle di elastomero o di gomma naturale.
SINTESI
La presente direttiva è una misura specifica ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1935/2004 relativo ai materiali destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.
I succhiotti e le tettarelle di elastomero o di gomma naturale possono liberare N-nitrosammine e sostanze che possono trasformarsi in N-nitrosammine (sostanze N-nitrosabili), che possono creare rischi per la salute umana a causa della loro tossicità.
Pertanto, la migrazione di dette sostanze non deve superare i seguenti limiti:
0,01 mg del totale delle N-nitrosammine liberate/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale);
0,1 mg del totale di sostanze N-nitrosabili/kg (delle parti di succhiotto o tettarella in elastomero o gomma naturale).
Tali limiti devono essere controllati mediante una prova, alle condizioni specificate nell'allegato della presente direttiva. L'allegato descrive altresì il metodo di analisi da utilizzare.
I succhiotti e le tettarelle non conformi alla presente direttiva sono vietati a partire dal 1° aprile 1995.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 93/11/CEE
24.3.1993
1.4.1994
GU L 93 del 17.4.1993
See also
Sito della DG "Salute e consumatori" (EN). | 2,936 | 600 |
32009D0102 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 4 novembre 2008
relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria
(2009/102/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF),
considerando quanto segue:
(1)
Con decisione 2009/103/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco all’Ungheria.
(2)
Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti l’Ungheria deve far fronte ad un fabbisogno di finanziamento esterno importante per il 2008 e il 2009 stimato in circa 20 miliardi di EUR, dato che a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e finanziario potrebbero registrare un importante deterioramento, con un accelerazione dei flussi netti in uscita dei portafogli di capitali.
(3)
È opportuno fornire all’Ungheria un sostegno comunitario fino a 6,5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che è stato istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. È opportuno che tale assistenza sia fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale di 10,5 miliardi di DSP (circa 12,5 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 novembre 2008. Anche la Banca mondiale ha accettato di fornire all’Ungheria un prestito di 1 miliardo di EUR.
(4)
È opportuno che l’assistenza sia gestita dalla Commissione, la quale, previa consultazione del CEF, dovrebbe convenire con le autorità ungheresi le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario. Tali condizioni dovrebbero essere fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie dovrebbero essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
(5)
È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Ungheria ed in questo modo contribuire all’attuazione del programma di politica economica del governo nell'ambito delle attuali condizioni economiche e finanziarie,
DECIDE:
Articolo 1
1. La Comunità mette a disposizione dell’Ungheria un prestito di medio termine per un importo massimo di 6,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di cinque anni.
2. Questo sostegno finanziario della Comunità copre un periodo di due anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione.
Articolo 2
1. La Commissione gestisce l'assistenza in modo coerente con gli impegni dell’Ungheria e con le raccomandazioni del Consiglio, in particolare nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme, del programma di convergenza e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi.
2. La Commissione concorda con le autorità ungheresi, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare l’assistenza finanziaria come previsto all’articolo 3, paragrafo 4. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Le condizioni finanziarie devono essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito.
3. La Commissione, in collaborazione con il CEF, verifica periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o la ristrutturazione delle condizioni finanziarie.
Articolo 3
1. La Commissione mette a disposizione il sostegno finanziario comunitario all’Ungheria in un massimo di cinque quote, la cui entità è fissata nel memorandum d’intesa.
2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa, nonché sulla base della proposta del Parlamento ungherese di modifiche legislative del progetto preliminare del bilancio 2009, che mira a raggiungere un deficit del 2,6 % del PIL e che comprende le misure di previsione degli obiettivi di bilancio.
3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata.
4. La Commissione, dopo aver ottenuto il parere del CEF, decide in merito allo svincolo delle quote successive. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo ungherese rafforzato dall'accordo dell’FMI e incluso altresì nel prossimo programma di convergenza dell’Ungheria ed in particolare nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa.
Tali condizioni politiche dovrebbero includere, tra l'altro:
a)
i progressi nel risanamento di bilancio previsto dal governo nell'ambito del nuovo programma che è in linea con la raccomandazione del Consiglio a titolo della procedura per i disavanzi eccessivi del 10 ottobre 2006, nonché con il parere del Consiglio del novembre 2007 relativo all’aggiornamento del programma di convergenza, con particolare riguardo agli obiettivi in materia di disavanzo per il 2009;
b)
misure specifiche di controllo della spesa sottostanti il programmato processo di risanamento;
c)
progressi nel processo di riforma della governance di bilancio attraverso il rafforzamento del quadro istituzionale e l'introduzione a medio termine di norme fiscali sulla falsariga del progetto preliminare attualmente in discussione dinanzi al Parlamento ungherese;
d)
riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario e miglioramento della capacità delle autorità di affrontare efficacemente questioni relative alla solvibilità e alla liquidità; e
e)
altre riforme strutturali sostenute nel contesto della strategia di Lisbona, come il rafforzamento degli incentivi a lavorare al fine di sostenere l’occupazione e contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine.
La Repubblica di Ungheria è destinataria della presente decisione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 4 novembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
A. VONDRA
(1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1.
(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale. | Sostegno finanziario all’Ungheria
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito un sostegno finanziario all’Ungheria tra il 2008 e il 2010,
sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002 che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti.
PUNTI CHIAVE
Nel novembre 2008, l’UE ha stabilito che l’Ungheria avrebbe dovuto ricevere 20 miliardi di EUR per il periodo 2008-2009. Il finanziamento è stato erogato da:
UE: 6,5 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti;
Fondo monetario internazionale (FMI): circa 12,5 miliardi di euro;
Banca mondiale: 1 miliardo di euro.
In cambio dei prestiti, l’Ungheria ha accettato di fare progressi:
nel consolidamento fiscale* e nel controllo delle spese;
nella riforma della governance di bilancio;
nella stabilità dei prezzi;
nella stabilità del settore bancario;
nelle riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario;
in varie riforme strutturali.
Complessivamente l’Ungheria ha ricevuto 5,5 miliardi di euro dall’UE e 8,7 miliardi di euro dall’FMI. Non ha richiesto il sostegno della Banca mondiale.
Con la fine del programma nel novembre 2010, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese.
La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che l’Ungheria aveva rimborsato più del 70 % del prestito dell’UE.
Nel novembre 2011, l’Ungheria ha chiesto una seconda tornata di aiuti finanziari all’UE ma alla fine non si sono rivelati necessari perché il paese è stato in grado di finanziarsi da solo sui mercati internazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 5 novembre 2008.
CONTESTO
Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali.
Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro.
L’Ungheria ha avanzato una prima richiesta di assistenza nell’ottobre 2008 in seguito a gravi turbolenze sui mercati e alle difficoltà del governo a rifinanziare il proprio debito.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Assistenza per la bilancia dei pagamenti all’Ungheria» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Consolidamento fiscale: il processo di riduzione del disavanzo pubblico e dell’accumulo del debito.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/102/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (GU L 37 del 6.2.2009, pagg. 5-6)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 1-3)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 3,168 | 305 |
32009L0024 | false | DIRETTIVA 2009/24/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il contenuto della direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (3), è stato modificato (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno provvedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per crearli autonomamente.
(3)
I programmi per elaboratore hanno un ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie e, di conseguenza, si può affermare che la tecnologia dei programmi per elaboratore riveste una fondamentale importanza per lo sviluppo industriale della Comunità.
(4)
Alcune differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore conferita dalle leggi degli Stati membri hanno effetti diretti e negativi sul funzionamento del mercato interno dei programmi per elaboratore.
(5)
È necessario eliminare le differenze esistenti che producono tali effetti e impedire che ne sorgano di nuove, mentre non occorre eliminare, o impedire che sorgano, quelle differenze che non pregiudicano in misura sostanziale il funzionamento del mercato interno.
(6)
La disciplina giuridica comunitaria della tutela dei programmi per elaboratore può quindi limitarsi, in una prima fase, a stabilire che gli Stati membri sono tenuti ad attribuire ai programmi per elaboratore la tutela riconosciuta dalle leggi sul diritto di autore alle opere letterarie, nonché a determinare i soggetti e gli oggetti tutelati, i diritti esclusivi dei quali i soggetti tutelati devono potersi avvalere per autorizzare o vietare determinati atti, e la durata della tutela medesima.
(7)
Ai sensi della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» indica programmi in qualsiasi forma, compresi quelli incorporati nell'hardware; questo termine comprende anche i lavori preparatori di progettazione per realizzare un programma, a condizione che siano di natura tale da consentire la realizzazione di un programma per elaboratore in una fase successiva.
(8)
Per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un'opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma.
(9)
La Comunità è pienamente impegnata nella promozione della normalizzazione internazionale.
(10)
I programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico e con gli utenti; a tale scopo è necessaria un'interconnessione e un'interazione logica e, ove opportuno, materiale per consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e con gli utenti in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare. Le parti del programma che assicurano tale interconnessione e interazione fra gli elementi del software e dell'hardware sono generalmente denominate «interfacce». Tale interconnessione e interazione funzionale è generalmente denominata «interoperabilità»; l'interoperabilità può essere definita come la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate.
(11)
Per dissipare ogni dubbio, occorre precisare che solo l'espressione di un programma per elaboratore è oggetto di tutela e che le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. Conformemente a detto principio del diritto d'autore, le idee e i principi che sono alla base della logica, degli algoritmi e dei linguaggi di programmazione non sono tutelati a norma della presente direttiva. Conformemente alla legislazione e alla giurisprudenza degli Stati membri, nonché alle convenzioni internazionali sul diritto d'autore, l'espressione di tali idee e principi deve essere tutelata dal diritto d'autore.
(12)
Ai fini della presente direttiva, per «locazione» s'intende il mettere a disposizione per l'utilizzazione, per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma per elaboratore o una copia dello stesso; tale termine non comprende il prestito pubblico, che esula pertanto dagli obiettivi della presente direttiva.
(13)
I diritti esclusivi dell'autore di impedire la riproduzione non autorizzata della sua opera dovrebbero essere oggetto di un'eccezione di portata limitata nel caso di un programma per elaboratore, al fine di consentire la riproduzione tecnicamente necessaria all'uso di tale programma da parte del legittimo acquirente; ciò significa che il contratto non può vietare gli atti di caricamento e di svolgimento necessari per l'utilizzazione di una copia di un programma legittimamente acquisita e l'atto di correzione dei suoi errori. In assenza di clausole contrattuali specifiche, in particolare nel caso di vendita di una copia di un programma, il legittimo acquirente di detta copia può eseguire qualsiasi altro atto necessario per l'utilizzazione di detta copia, conformemente allo scopo previsto della stessa.
(14)
A una persona avente il diritto di utilizzare un programma per elaboratore non si deve impedire di eseguire gli atti necessari per osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, a condizione che tali atti non costituiscano una violazione del diritto d'autore sul programma stesso.
(15)
La riproduzione, la traduzione, l'adattamento o la trasformazione non autorizzati della forma del codice in cui è stata messa a disposizione una copia di un programma per elaboratore costituiscono una violazione dei diritti esclusivi dell'autore. Possono comunque sussistere circostanze in cui tale riproduzione del codice e la traduzione della sua forma sono indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma creato autonomamente. Si deve pertanto ritenere che, solo in tali limitate circostanze l'esecuzione degli atti di riproduzione e traduzione della forma del codice, da parte o per conto di una persona avente il diritto di usare una copia del programma, è legittima e compatibile con una prassi corretta e pertanto essa non richiede l'autorizzazione del titolare del diritto. Uno degli obiettivi di tale eccezione è di consentire l'interconnessione di tutti gli elementi di un sistema informatico, compresi quelli di fabbricanti differenti, perché possano funzionare insieme. L'applicazione della suddetta eccezione ai diritti esclusivi dell'autore non deve arrecare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entrare in conflitto con il normale impiego del programma.
(16)
La tutela dei programmi per elaboratore a norma delle leggi sul diritto d'autore non deve pregiudicare l'applicazione, in casi opportuni, di altre forme di tutela; tuttavia qualsiasi disposizione contrattuale non conforme alle disposizioni della presente direttiva riguardanti la decompilazione o alle eccezioni di cui alla presente direttiva relative alla possibilità di fare una copia di riserva o all’osservazione, studio o sperimentazione del funzionamento di un programma dovrebbe essere considerata nulla.
(17)
Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato se un fornitore in posizione dominante rifiuta di mettere a disposizione l'informazione necessaria all'interoperatività, quale definita nella presente direttiva.
(18)
Le disposizioni della presente direttiva non ostano a specifiche norme del diritto comunitario già in vigore per quanto riguarda la pubblicazione delle interfacce nel settore delle telecomunicazioni né a decisioni del Consiglio relative alla normalizzazione nel campo delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni.
(19)
La presente direttiva non pregiudica le deroghe previste dalle normative nazionali, in virtù della convenzione di Berna, riguardo ai punti non contemplati dalla direttiva.
(20)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto della tutela
1. Conformemente alle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri tutelano i programmi per elaboratore, mediante diritto d'autore, come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. Ai fini della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» comprende il materiale preparatorio per la progettazione di un programma.
2. La tutela ai sensi della presente direttiva si applica a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore. Le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva.
3. Un programma per elaboratore è tutelato se originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore. Per determinare il diritto alla tutela non sono presi in considerazione altri criteri.
4. Le disposizioni della presente direttiva si applicano anche ai programmi creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi tutti gli atti conclusi e i diritti acquisiti prima di quella data.
Articolo 2
Titolarità dei programmi
1. L'autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione degli Stati membri lo permetta, la persona giuridica designata da tale legislazione come titolare del diritto.
Qualora la legislazione di uno Stato membro riconosca le opere collettive, la persona considerata creatrice dell'opera dalla legislazione di tale Stato ne è ritenuto l'autore.
2. Allorché un programma per elaboratore è creato congiuntamente da un gruppo di persone fisiche, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi.
3. Qualora i programmi siano creati da un lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell'esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato, salvo disposizioni contrattuali contrarie.
Articolo 3
Beneficiari della tutela
La tutela è riconosciuta a tutte le persone fisiche o giuridiche aventi i requisiti previsti dalla legislazione nazionale sul diritto di autore applicata alle opere letterarie.
Articolo 4
Attività riservate
1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6, i diritti esclusivi del titolare, ai sensi dell'articolo 2, comprendono il diritto di effettuare o autorizzare:
a)
la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale di un programma per elaboratore con qualsivoglia mezzo, in qualsivoglia forma. Nella misura in cui operazioni come il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedono una riproduzione, tali operazioni devono essere sottoposte ad autorizzazione da parte del titolare del diritto;
b)
la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altra modifica di un programma per elaboratore e la riproduzione del programma che ne risulti, fatti salvi i diritti della persona che modifica il programma;
c)
qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale e di copie dello stesso.
2. La prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia all'interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l'ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso.
Articolo 5
Deroghe relative alle attività riservate
1. Salvo disposizioni contrattuali specifiche, non sono soggetti all'autorizzazione del titolare del diritto gli atti indicati nell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), allorché tali atti sono necessari per un uso del programma per elaboratore conforme alla sua destinazione, da parte del legittimo acquirente, nonché per la correzione di errori.
2. Il contratto non può impedire che una persona abilitata a usare il programma faccia una copia di riserva qualora tale uso lo richieda.
3. La persona che ha il diritto di utilizzare una copia di un programma può, senza chiederne l'autorizzazione al titolare del diritto, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato ogni elemento del programma, quando essa effettua le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma che ha il diritto di effettuare.
Articolo 6
Decompilazione
1. Per gli atti di riproduzione del codice e di traduzione della sua forma ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), non è necessaria l'autorizzazione del titolare dei diritti qualora l'esecuzione di tali atti al fine di modificare la forma del codice sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma per elaboratore creato autonomamente, purché sussistano le seguenti condizioni:
a)
tali atti siano eseguiti dal licenziatario o da un'altra persona che abbia il diritto di utilizzare una copia del programma o, per loro conto, da una persona abilitata a tal fine;
b)
le informazioni necessarie per ottenere l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili alle persone indicate alla lettera a); e
c)
gli atti in questione siano limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù della sua applicazione:
a)
siano utilizzate a fini diversi dalla realizzazione dell'interoperabilità del programma creato autonomamente;
b)
siano comunicate a terzi, fatta salva la necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato autonomamente;
c)
siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un programma sostanzialmente simile nella sua espressione, o per ogni altro atto che violi il diritto di autore.
3. Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche, le disposizioni del presente articolo non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego del programma.
Articolo 7
Misure speciali di tutela
1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 4, 5 e 6, gli Stati membri stabiliscono, conformemente alle legislazioni nazionali, appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti:
a)
ogni atto di messa in circolazione di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita;
b)
la detenzione a scopo commerciale di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita;
c)
ogni atto di messa in circolazione, o la detenzione a scopo commerciale, di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l'elusione di dispositivi tecnici eventualmente applicati a protezione di un programma.
2. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro, conformemente alla legislazione dello Stato membro interessato.
3. Gli Stati membri possono prevedere il sequestro di qualsiasi mezzo contemplato dal paragrafo 1, lettera c).
Articolo 8
Applicazione continuata di altre disposizioni giuridiche
Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione di altre eventuali disposizioni giuridiche come quelle in materia di diritti brevettuali, marchi commerciali, concorrenza sleale, segreto industriale, tutela dei prodotti che incorporano semiconduttori, nonché in materia di diritto contrattuale.
Qualsiasi disposizione contrattuale non conforme all'articolo 6 o alle eccezioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 3 è nulla.
Articolo 9
Comunicazione
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 10
Abrogazione
La direttiva 91/250/CEE, modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II.
Articolo 11
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 12
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 204 del 9.8.2008, pag. 24.
(2) Parere del Parlamento europeo del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42.
(4) Cfr. allegato I, parte A.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata e relativa modifica
(di cui all’articolo 10)
Direttiva 91/250/CEE del Consiglio
(GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42)
Direttiva 93/98/CEE del Consiglio
(GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9)
limitatamente all’articolo 11, paragrafo 1
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 10)
Direttiva
Termine di attuazione
91/250/CEE
31 dicembre 1992
93/98/CEE
30 giugno 1995
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 91/250/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 2, paragrafo 1, prima frase
Articolo 2, paragrafo 1, primo comma
Articolo 2, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 2, paragrafi 2 e 3
Articolo 2, paragrafi 2 e 3
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 4, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 4, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 4, lettera c), prima frase
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 4, lettera c), seconda frase
Articolo 4, paragrafo 2
Articoli 5, 6 e 7
Articoli 5, 6 e 7
Articolo 9, paragrafo 1, prima frase
Articolo 8, primo comma
Articolo 9, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 8, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 10, paragrafo 1
—
Articolo 10, paragrafo 2
Articolo 9
—
Articolo 10
—
Articolo 11
Articolo 11
Articolo 12
—
Allegato I
—
Allegato II | Tutela giuridica dei programmi per elaboratore
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a chiarire ed eliminare le differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore nei diversi paesi dell’Unione europea (UE), onde contribuire al buon funzionamento del mercato interno.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE sono tenuti a tutelare i programmi per elaboratore mediante il diritto d’autore.
Questi programmi devono essere protetti come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche.
I programmi per elaboratore comprendono il materiale preparatorio per la loro progettazione.
Ambito di applicazione
La tutela ai sensi della presente direttiva si applica:
a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore, ma non alle idee e ai principi su cui si basa un programma per elaboratore o qualsiasi elemento in esso contenuto;
a un programma per elaboratore originale in quanto risultato della creazione intellettuale dell’autore;
ai programmi per elaboratore creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi gli eventuali atti conclusi e i diritti acquisiti anteriormente a tale data.
Titolarità
L’autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione nazionale lo permetta, una persona giuridica, ovvero una società o altra entità giuridica.
Allorché un programma è creato congiuntamente da un gruppo di persone, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi.
Qualora il programma sia creato da un lavoratore dipendente nell’ambito delle sue mansioni su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell’esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato.
Diritti esclusivi del titolare
Il titolare dei diritti di un programma per elaboratore può effettuare o autorizzare:
la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma;
la traduzione, l’adattamento, l’adeguamento e ogni altra modifica del programma;
la distribuzione del programma.
Limitazioni ai diritti esclusivi del titolare (senza bisogno di previa autorizzazione del titolare dei diritti)
Un legittimo acquirente di un programma può riprodurre, tradurre, adattare, organizzare o modificare il programma, nella misura in cui ciò sia necessario per utilizzare il programma in conformità alla sua destinazione.
La persona che ha il diritto di utilizzare un programma per elaboratore può farne una copia di riserva qualora tale uso lo richieda.
Detta persona può altresì osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato qualsiasi elemento del programma.
Decompilazione
*
La previa autorizzazione del titolare dei diritti non è necessaria qualora la riproduzione del codice o la traduzione della sua forma sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità * con altri programmi di un nuovo programma per elaboratore.
Si applicano le seguenti condizioni:
tali atti sono eseguiti dal licenziatario o da un’altra persona che ha il diritto di utilizzare una copia del programma;
le informazioni necessarie per ottenere l’interoperabilità non sono già facilmente e rapidamente accessibili;
gli atti in questione sono limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l’interoperabilità.
Misure speciali di tutela
I paesi dell’UE stabiliscono appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti:
messa in circolazione di una copia illecita di un programma per elaboratore;
detenzione a scopo commerciale di una copia del programma;
messa in circolazione a scopo commerciale di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l’elusione di dispositivi tecnici a protezione del programma.
Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro conformemente alle disposizioni nazionali dei paesi dell’UE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 25 maggio 2009. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992, ossia la data indicata nella direttiva 91/250/CEE, codificata dalla direttiva 2009/24/CE.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
Tutela dei programmi per elaboratore.
* TERMINI CHIAVE
Decompilazione: la conversione del codice di programma in un linguaggio di programmazione di livello superiore che può essere letto da un essere umano.
Interoperabilità: la capacità di un sistema o di un prodotto di lavorare con altri sistemi o prodotti senza la necessità di ulteriori interventi da parte del consumatore.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (versione codificata) (GU L 111 del 5.5.2009, pag. 16-22) | 7,281 | 806 |
32015D2071 | false | DECISIONE (UE) 2015/2071 DEL CONSIGLIO
del 10 novembre 2015
che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse dell'Unione europea, il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro in relazione agli articoli da 1 a 4 del protocollo per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L'Unione promuove la ratifica delle convenzioni internazionali sul lavoro classificate dall'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) come aggiornate, per contribuire agli sforzi dell'Unione volti a promuovere i diritti umani e un lavoro dignitoso per tutti, nonché ad eradicare la tratta degli esseri umani sia all'interno che all'esterno dell'Unione. La protezione dei principi e diritti fondamentali nel lavoro ne costituisce un elemento essenziale.
(2)
La Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, integrata dal protocollo del 2014, è una convenzione fondamentale dell'ILO e riguarda la regolamentazione che richiama norme fondamentali del lavoro.
(3)
Nella misura in cui il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro («protocollo»), contempla la tutela delle vittime della criminalità di cui all'articolo 82, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'Unione ha già adottato norme comuni che disciplinano in ampia misura tale materia, in particolare attraverso la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) e la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Il protocollo può incidere su tali norme comuni.
(4)
L'articolo 19, paragrafo 4, della Costituzione dell'ILO, sull'adozione e la ratifica delle convenzioni, si applica per analogia ai protocolli, che sono accordi internazionali vincolanti, soggetti a ratifica e collegati a convenzioni.
(5)
Poiché solo gli Stati possono essere parti del protocollo, l'Unione non può ratificarlo.
(6)
Gli Stati membri dovrebbero pertanto essere autorizzati a ratificare il protocollo, agendo congiuntamente nell'interesse dell'Unione, per le parti di competenza dell'Unione a norma dell'articolo 82, paragrafo 2, TFUE.
(7)
Gli articoli da 1 a 4 del protocollo contengono obblighi riguardanti la normativa dell'Unione relativa alla protezione delle vittime di reato. Tali disposizioni rientrano pertanto nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo V, TFUE, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2.
(8)
L'articolo 82, paragrafo 2, TFUE costituisce l'unica base giuridica su cui dovrebbe fondarsi la presente decisione. Il protocollo, in particolare l'articolo 4, fa riferimento anche allo status in materia di soggiorno delle vittime del lavoro forzato od obbligatorio, nella misura in cui ciò è necessario per consentire a tali vittime di disporre di adeguati ed efficaci mezzi di ricorso. Tuttavia, tale obiettivo, che è in relazione all'articolo 79 TFUE, è solo accessorio, mentre gli obiettivi di cui all'articolo 82, paragrafo 2, TFUE sono identificabili quali scopi e componenti preponderanti.
(9)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente atto, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione.
(10)
Il Regno Unito e l'Irlanda sono vincolati dalla direttiva 2011/36/UE e dalla direttiva 2012/29/UE, e partecipano pertanto all'adozione della presente decisione.
(11)
Gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a ratificare il protocollo per quanto riguarda le materie relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale di cui agli articoli da 1 a 4 del medesimo. Le parti del protocollo che rientrano nella competenza conferita all'Unione diverse dalle parti relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale formeranno oggetto di una decisione adottata parallelamente alla presente decisione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Gli Stati membri sono autorizzati a ratificare il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, per le parti del protocollo, contenute negli articoli da 1 a 4, che rientrano nella competenza conferita all'Unione europea ai sensi dell'articolo 82, paragrafo 2, TFUE.
Articolo 2
Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie a depositare quanto prima, e preferibilmente entro il 31 dicembre 2016, i loro strumenti di ratifica del protocollo presso il direttore generale dell'Ufficio internazionale del lavoro.
Articolo 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 10 novembre 2015
Per il Consiglio
Il presidente
P. GRAMEGNA
(1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1).
(2) Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57). | Protocollo dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato: ratifica da parte dei paesi dell’Unione europea
SINTESI
CHE COSA FANNO LE DECISIONI?
Autorizzano i governi dell’Unione europea (UE) a ratificare il protocollo adottato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) nel 2014 e li invitano a farlo entro la fine del 2016. Ciò dà un nuovo impulso alla Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’ILO per quanto riguarda la prevenzione del ricorso al lavoro forzato, in particolare negli ambiti della tratta di esseri umani, della protezione delle vittime e dell’accesso ai mezzi di ricorso.
PUNTI CHIAVE
Il protocollo sul lavoro forzato dell’ILO disciplina ambiti di politica sociale e cooperazione giudiziaria in materia penale che rientrano nella competenza dell’UE.
In quest’ottica, l’UE non può ratificare il protocollo: solo i singoli paesi dell’UE possono farlo. Le due decisioni autorizzano i governi dell’UE a ratificare il testo, «agendo congiuntamente nell’interesse dell’Unione».
La decisione 2015/2037 copre vari settori di politica sociale indicati nel protocollo, come ad esempio il rapporto di lavoro, l’orario di lavoro, il lavoro tramite agenzia interinale e la salute e la sicurezza sul lavoro, già oggetto della legislazione dell’UE.
La decisione 2015/2071 disciplina le questioni di materia penale contemplate nel protocollo, come ad esempio la tutela delle vittime della criminalità. L’UE ha già legiferato in questo ambito mediante le direttive sulla lotta alla tratta di esseri umani e sulla protezione delle vittime.
Sulla base della sua opzione di opt-out concernente lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la Danimarca non è vincolata dalla decisione 2015/2071.
I paesi che ratificano il protocollo sul lavoro forzato sono tenuti ad elaborare una politica nazionale e un piano d’azione, nonché a impegnarsi in una cooperazione internazionale tesa a reprimere il lavoro forzato, in consultazione con le parti sociali. Essi devono adottare misure volte a prevenire il lavoro forzato, a migliorare la protezione delle vittime e a fornire a queste ultime l’accesso ai vari mezzi di ricorso, compreso il risarcimento.
CONTESTO
Il lavoro forzato è quel lavoro eseguito in maniera non volontaria e sotto coercizione, universalmente riconosciuto come reato a partire dalla storica Convenzione sul lavoro forzato n. 29 dell’ILO adottata nel 1930.
Tuttavia, secondo le stime dell’ILO, in tutto il mondo ben 20,9 milioni di persone sono ancora vittime del lavoro forzato. La vasta maggioranza di esse va ricercata nell’economia privata, in particolare nelle forme della tratta di esseri umani e dello sfruttamento di manodopera. Il protocollo e la raccomandazione sul lavoro forzato, adottate dall’ILO nel 2014, intendono accelerare la lotta globale contro qualsiasi forma di lavoro forzato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
Si applicano a partire dal 12 novembre 2015. I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per depositare gli strumenti di ratifica entro il 31 dicembre 2016.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
le norme internazionali sul lavoro forzato sul sito Internet dell’Organizzazione internazionale del lavoro
ATTI
Decisione (UE) 2015/2037 del Consiglio, del 10 novembre 2015, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse dell’Unione europea, il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’Organizzazione internazionale del lavoro per quanto riguarda le questioni relative alla politica sociale (GU L 298 del 14.11.2015, pag. 23-24)
Decisione (UE) 2015/2071 del Consiglio, del 10 novembre 2015 che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse dell’Unione europea, il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’Organizzazione internazionale del lavoro in relazione agli articoli da 1 a 4 del protocollo per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 301 del 18.11.2015, pag. 47-48)
ATTI COLLEGATI
Protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato, 1930 | 3,186 | 51 |
32001L0114 | false | Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 015 del 17/01/2002 pag. 0019 - 0023
Direttiva 2001/114/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 76/118/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti taluni tipi di latte conservato potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 76/118/CEE è stata perciò concepita per definire taluni tipi di latte conservato e per stabilire norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità europea.(4) Detta direttiva dovrebbe essere adeguata alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli additivi autorizzati, le regole igieniche e le norme sanitarie fissate dalla direttiva 92/46/CEE(5).(5) Per motivi di chiarezza, occorre procedere alla rifusione della direttiva 76/118/CEE in un nuovo testo allo scopo di rendere più accessibili le norme sulle condizioni per la produzione e l'immissione in commercio di taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Fatta salva la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(7), l'aggiunta di vitamine ai prodotti di cui alla presente direttiva è autorizzata in alcuni Stati membri. Tuttavia non si può decidere di estendere tale possibilità a tutta la Comunità. Pertanto gli Stati membri sono liberi di autorizzare o vietare l'aggiunta di vitamine nelle loro produzioni nazionali, garantendo in ogni caso la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità, conformemente alle norme e ai principi derivanti dal trattato.(8) Per i prodotti destinati ai lattanti, si applica la direttiva 91/321/CEE, del 14 maggio 1991, sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento(8).(9) Secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(10) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(11) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato definiti nell'allegato I.Articolo 2Fatta salva la direttiva 90/496/CEE, gli Stati membri possono autorizzare l'aggiunta di vitamine ai prodotti definiti nell'allegato I.Articolo 3La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I alle condizioni seguenti:1) a) Le denominazioni di vendita di cui all'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e, salva la lettera b), sono utilizzate nel commercio per designarli.b) In alternativa alle denominazioni di cui alla lettera a), l'allegato II fornisce un elenco di denominazioni specifiche. Esse possono essere usate nella lingua ed alle condizioni ivi specificate.2) L'etichettatura indica la percentuale di grassi del latte espressa in peso in rapporto al prodotto finito, esclusi i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1, lettere d) e g) e punto 2, lettera d), nonché la percentuale di estratto secco senza grassi ottenuto dal latte per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1. Questa indicazione figura accanto alla denominazione di vendita.3) Per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 2, sull'etichettatura figurano le raccomandazioni concernenti il metodo di diluizione o di ricostituzione, ivi compresa l'indicazione del tenore di grassi del prodotto diluito o ricostituito.4) Nel caso in cui prodotti di peso unitario inferiore a 20 g siano condizionati in un imballaggio esterno, le indicazioni richieste dal presente articolo possono figurare solo su detto imballaggio esterno, ad eccezione della denominazione di vendita di cui al punto 1, lettera a).5) L'etichettatura dei prodotti definiti nell'allegato I, sezione 2 deve indicare che il prodotto "non è un alimento per lattanti minori di 12 mesi".Articolo 4Per i prodotti definiti negli allegati I e II, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 5Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alle procedure di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(10).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7La direttiva 76/118/CEE è abrogata a decorrere dal 17 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 8Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui all'allegato I, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, entro il 17 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 17 luglio 2004.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ed etichettati entro il 17 luglio 2004 in conformità della direttiva 76/118/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 20.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 49. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 268 del 14.9.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/71/CE (GU L 368 del 31.12.1994, pag. 33).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(8) GU L 175 del 4.7.1991, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/50/CE (GU L 139 del 2.6.1999, pag. 29).(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(10) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Latte parzialmente disidratatoDesigna il prodotto liquido, con o senza aggiunta di zuccheri, ottenuto direttamente, mediante parziale eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato o da un miscuglio di tali prodotti, eventualmente con aggiunta di panna o di latte totalmente disidratato o di questi due prodotti; nel prodotto finito, l'aggiunta di latte totalmente disidratato non deve eccedere il 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato senza aggiunta di zuccheria) Latte concentrato ricco di grassiLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 15 % di grassi e non meno del 26,5 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.b) Latte concentrato o latte intero concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 7,5 % di grassi e non meno del 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.c) Latte parzialmente scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno del 7,5 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.d) Latte scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato con aggiunta di zuccherie) Latte concentrato zuccherato o latte intero concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'8 % di grassi e non meno del 28 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.f) Latte parzialmente scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno dell'8 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.g) Latte scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.2. Latte totalmente disidratatoDesigna il prodotto solido ottenuto direttamente mediante eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato, dalla panna o da un miscuglio di tali prodotti e il cui tenore di acqua è inferiore o uguale al 5 % in peso del prodotto finito.a) Latte in polvere ricco di grassi o polvere di latte ricco di grassiLatte disidratato con un tenore minimo di grassi del 42 % in peso.b) Latte in polvere, latte intero in polvere, polvere di latte o polvere di latte interoLatte disidratato con un tenore di grassi pari o superiore al 26 % e inferiore al 42 % in peso.c) Latte parzialmente scremato in polvere o polvere di latte parzialmente scrematoLatte disidratato il cui tenore di grassi è superiore all'1,5 % e inferiore al 26 % in peso.d) Latte scremato in polvere o polvere di latte scrematoLatte disidratato con un tenore massimo di grassi dell'1,5 % in peso.3. Trattamentia) Per la fabbricazione dei prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g), è autorizzato il trattamento mediante lattosio in quantità aggiuntiva non superiore allo 0,03 % in peso.b) Fatta salva la direttiva 92/46/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992, che stabilisce le norme sanitarie per la produzione e la commercializzazione di latte crudo, di latte trattato termicamente e di prodotti a base di latte, la conservazione dei prodotti di cui ai punti 1 e 2 si ottiene:- mediante trattamento termico (sterilizzazione, UHT, ecc.), per i prodotti di cui al punto 1, lettere da a) a d),- mediante aggiunta di saccarosio, per i prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g),- mediante disidratazione, per i prodotti di cui al punto 2.4. Aggiunte autorizzateConformemente all'articolo 2, l'aggiunta di vitamine è autorizzata per i prodotti definiti nel presente allegato, fatta salva la direttiva 90/496/CEE.ALLEGATO IIDENOMINAZIONI SPECIFICHE PER TALUNI PRODOTTI FIGURANTI NELL'ALLEGATO Ia) In lingua inglese l'espressione "evaporated milk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b) contenente, in peso, non meno del 9 % di grassi e del 31 % di estratto secco totale ottenuto dal latte;b) in lingua francese le espressioni "lait demi-écrémé concentré" e "lait demi-écrémé concentré non sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche evaporada semidesnatada" e in lingua olandese le espressioni "geëvaporeerde halfvolle melk" o "halfvolle koffiemelk", e in lingua inglese l'espressione "evaporated semi-skimmed milk" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera c) contenente, in peso, tra il 4 % ed il 4,5 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale;c) in lingua danese l'espressione "kondenseret kaffefløde" e in lingua tedesca l'espressione "kondensierte Kaffeesahne" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera a);d) in lingua danese l'espressione "flødepulver", in lingua tedesca le espressioni "Rahmpulver" e "Sahnepulver", in lingua francese l'espressione "crème en poudre", in lingua olandese l'espressione "roompoeder", in lingua svedese l'espressione "gräddpulver" e in lingua finlandese l'espressione "kermajauhe" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera a);e) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé concentré sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche condensada semidesnatada" e in lingua olandese l'espressione "gecondenseerde halfvolle melk met suiker" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera f) con un tenore di grassi, in peso, compreso tra il 4 % ed il 4,5 % e di estratto secco totale ottenuto dal latte non inferiore al 28 %;f) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé en poudre" e in lingua olandese l'espressione "halfvolle-melkpoeder" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 14 % e il 16 %;g) in portoghese l'espressione "leite em pó meio gordo" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 13 % e il 26 %;h) in lingua olandese l'espressione "koffiemelk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b);i) in lingua finlandese l'espressione "rasvaton maitojauhe" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera d);j) in lingua spagnola l'espressione "leche en polvo semidesnatada" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 10 % e il 16 %. | Latte conservato
Il latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato al consumo umano deve essere conforme alle specifiche disposizioni previste dalla direttiva 2001/114/CE. Tali disposizioni completano le regole generali di etichettatura dei prodotti alimentari previste dal diritto comunitario.
ATTO
Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana [Cfr. atto(i) modificativo(i)].
SINTESI
Il latte conservato è definito in base alla composizione e ai processi di preparazione, al fine di promuovere un uso commerciale corretto e non fuorviante nelle rispettive denominazioni.
Latte conservato
I prodotti oggetto della presente direttiva sono:
il latte parzialmente disidratato (zuccherato o meno);
il latte totalmente disidratato (contenente differenti percentuali di grasso).
Inoltre, la direttiva definisce le denominazioni specifiche utilizzate in alcuni paesi e in certe lingue (Cfr. allegato II della direttiva).
Etichettatura
La presente direttiva stabilisce le disposizioni specifiche per l'etichettatura del latte conservato. Tali disposizioni si applicano fatte salve le norme generali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. L'etichettatura del latte conservato deve contenere:
la percentuale di grasso (ad eccezione del latte condensato, del latte concentrato scremato e del latte in polvere parzialmente scremato);
la percentuale di latte solido non grasso (per i diversi tipi di latte parzialmente disidratato);
il metodo di diluizione o di ricostituzione (per il latte in polvere);
che il prodotto non è inteso per l'alimentazione dei neonati sotto i dodici mesi (per il latte in polvere).
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2001/114/CE
17.1.2002
17.7.2003
GU L 15 del 17.1.2002
Atto(i) modificativo(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2007/61/CE
7.10.2007
31.8.2008
GU L 258 del 4.10.2007
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n.
1021/2013
del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013].
Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati. | 6,372 | 679 |
31995R1469 | false | Regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, del 22 giugno 1995, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia»
Gazzetta ufficiale n. L 145 del 29/06/1995 pag. 0001 - 0003
REGOLAMENTO (CE) N. 1469/95 DEL CONSIGLIO del 22 giugno 1995 relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione « garanzia » IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il Consiglio europeo, nel vertice di Copenaghen del giugno 1993 ed in quello di Essen del dicembre 1994, ha sottolineato l'importanza della lotta contro le frodi e le irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario; che è opportuno prendere provvedimenti più severi, onde garantire che le risorse comunitarie stanziate per l'attuazione della politica agraria comune (PAC) non vengano concesse a persone e società che non presentino sufficienti garanzie di affidabilità in merito alla corretta esecuzione delle operazioni in causa; considerando che, secondo l'articolo 8 del regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, relativo al finanziamento della politica agricola comune (4), gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per accertare se le operazioni finanziate dal FEAOG siano reali e regolari, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità; considerando che il regolamento (CEE) n. 595/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell'ambito del finanziamento della politica agricola comune, nonché all'instaurazione di un sistema d'informazione in questo settore, e che abroga il regolamento (CEE) n. 283/72 (5) prevede, tra l'altro, che gli Stati membri comunichino sistematicamente alla Commissione le irregolarità accertate e le procedure giudiziarie o amministrative volte a sanzionare gli autori di tali irregolarità, per tenerla regolarmente informata sulla natura delle pratiche fraudolente e per consentirle di recuperare le somme indebitamente versate; considerando che è necessario completare tali disposizioni istituendo un regime comunitario in base al quale tutte le autorità nazionali competenti possano identificare gli operatori che - in occassione di gare o in vista di restituzioni all'esportazione o in sede di vendita a prezzo ridotto di prodotti d'intervento - abbiano commesso, intenzionalmente o per negligenza grave, un'irregolarità ai danni delle risorse comunitarie o sui quali gravi un fondato sospetto in tal senso; che su questa base occorre determinare tutta una serie di provvedimenti, i quali, tenuta presente la gravità dell'infrazione ed a seconda che quest'ultima sia accertata o solo presunta, vadano da un'intensificazione dei controlli fino all'esclusione degli operatori dalla partecipazione ad operazioni da stabilirsi, quando si accerti che l'operato degli interessati rispondeva a un'intenzione fraudolenta; considerando che, per fornire agli operatori tutte le garanzie necessarie, occorre riprendere nella sostanza, per quanto concerne in particolare il rispetto del carattere riservato e del segreto d'ufficio nonché le norme nazionali di procedura penale, le disposizioni corrispondenti del regolamento (CEE) n. 595/91; che, in materia di protezione dei dati, possono esser rese applicabili le disposizioni previste a tal fine nella normativa relativa all'assistenza reciproca in materia doganale e agricola; considerando che il presente regime deve applicarsi in via complementare alle disposizioni specifiche già adottate o ancora da adottare nel quadro della PAC al fine di impedire le irregolarità, in particolare alle disposizioni che la Commissione, nell'ambito delle sue competenze confermate dalla Corte di giustizia, ha adottato in materia di controlli e sanzioni; considerando che peraltro, in una prospettiva orizzontale di lotta contro le frodi, il 7 luglio 1994 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (CE, Euratom) del Consiglio relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (1); che, quando il Consiglio avrà adottato tale regolamento, il quadro giuridico comune previsto per tutti i settori delle politiche comunitarie si applicherà anche ai provvedimenti istituiti dal presente regolamento; che, nell'attesa, è opportuno disporre che le modalità d'applicazione del presente regolamento possano provvisoriamente comprendere regole analoghe, specie per quanto riguarda la definizione delle irregolarità in causa, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È istituito un dispositivo comunitario volto a identificare e far conoscere quanto prima a tutte le competenti autorità degli Stati membri ed ai servizi della Commissione gli operatori che, in base a precedenti esperienze, presentano un rischio di inaffidabilità quanto alla corretta esecuzione dei loro obblighi relativamente alle gare, restituzioni all'esportazione e vendite a prezzo ridotto di prodotti d'intervento, finanziate dal FEAOG, sezione « garanzia ». 2. Ai fini del presente regolamento, per « operatori che presentano un rischio di inaffidabilità » si intendono gli operatori che, in qualità di persone fisiche o giuridiche: a) secondo quanto risulta da una decisione definitiva di un'autorità amministrativa o giudiziaria hanno commesso, intenzionalmente o per negligenza grave, un'irregolarità rispetto alle pertinenti disposizioni comunitarie ed hanno indebitamente beneficiato o tentato di beneficiare di un vantaggio finanziario, e b) hanno in proposito formato oggetto, in base a fatti concreti, di un primo verbale amministrativo o giudiziario da parte delle autorità competenti dello Stato membro. 3. Fino all'entrata in vigore di disposizioni orizzontali che definiscano l'irregolarità, ai comportamenti di cui al paragrafo 2, lettera a) si applicano le modalità indicate all'articolo 5. Articolo 2 1. Le procedure di identificazione e di notifica sono avviate su iniziativa dello Stato membro in cui si è manifestato il rischio di inaffidabilità dell'operatore. 2. Qualora uno Stato membro venga meno all'obbligo di cui al paragrafo 1, la Commissione, nell'ambito delle disposizioni giuridiche esistenti, si assicura che lo Stato membro interessato metta in atto il presente regime di identificazione e di notifica. Articolo 3 1. Nei confronti degli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera a) gli Stati membri prendono i seguenti provvedimenti: a) intensificazione dei controlli delle operazioni condotte dall'operatore, e/o b) sospensione del pagamento degli importi per operazioni in corso da stabilirsi e, se del caso, sospensione dello svincolo della cauzione costituita per tali operazioni, fino all'accertamento amministrativo di un'irregolarità o dell'assenza d'irregolarità, e/o c) esclusione dell'operatore per un periodo e per operazioni da stabilirsi. I provvedimenti di cui alle lettere b) e c) sono decisi dalle competenti autorità dello Stato membro in base a criteri fissati secondo la procedura di cui all'articolo 5, tenendo debitamente conto del rischio che lo stesso operatore possa commettere nuove irregolarità. Tali provvedimenti sono adottati dopo l'espletamento delle eventuali formalità ad essi relative, previste dalle legislazioni degli Stati membri. 2. Agli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b) si applicano unicamente i provvedimenti previsti al paragrafo 1, lettere a) e b). 3. Qualora proceda essa stessa, in caso di gara, alle aggiudicazioni, la Commissione adotta o propone allo Stato membro, a seconda dei casi, uno o più d'uno dei provvedimenti previsti al paragrafo 1. Articolo 4 1. I provvedimenti di cui all'articolo 3 sono adottati nel rispetto dei seguenti principi, conformemente alla legislazione interna dello Stato membro: a) audizione preventiva e diritto d'appello dell'operatore in questione per ciò che riguarda i provvedimeti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c) ed eventualmente lettera b); b) proporzionalità tra l'irregolarità commessa o presunta e l'applicazione di uno dei provvedimenti previsti all'articolo 3, paragrafo 1, nel quadro di disposizioni da adottare secondo la procedura di cui all'articolo 5; c) non discriminazione tra gli operatori. 2. Gli Stati membri e la Commissione adottano tutti i provvedimenti di sicurezza necessari affinché sia garantito il carettere riservato delle informazioni che essi si scambiano. Tali informazioni non possono, in particolare, essere comunicate a persone diverse da quelle che, negli Stati membri o nell'ambito delle istituzioni comunitarie, sono autorizzate a conoscerle in virtù delle loro funzioni, a meno che lo Stato membro che le ha comunicate abbia dato il suo esplicito consenso. Le informazioni comunicate o acquisite ai sensi del presente regolamento, sotto qualsiasi forma, sono coperte dal segreto d'ufficio e godono della protezione concessa ad informazioni dello stesso genere dalla legislazione interna dello Stato membro che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni che si applicano alle istituzioni comunitarie. Inoltre, esse non possono essere utilizzate per fini diversi da quelli previsti dal presente regolamento, a meno che le autorità che le hanno fornite non lo abbiano espressamente consentito e a condizione che le disposizioni vigenti nello Stato membro in cui ha sede l'autorità che le ha ricevute non ostino a tale comunicazione o utilizzazione. Per quanto concerne la protezione dei dati, si applicano le disposizioni previste a tal fine nella regolamentazione relativa alla reciproca assistenza in materia doganale e agricola. 3. Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano l'applicazione, negli Stati membri, delle vigenti norme di procedura penale o di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in materia penale. Esse non ostano all'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o di procedimenti successivamente avviati per mancata ottemperanza alla normativa agricola, delle informazioni ottenute in applicazione del presente regolamento; in quest'ultimo caso, le competenti autorità dello Stato membro che ha fornito le suddette informazioni sono informate di tale utilizzazione. Tuttavia, gli Stati membri adottano le misure necessarie sul piano amministrativo per far sì che le disposizioni del comma precedente siano applicate in modo da non ostacolare l'efficace applicazione del presente regolamento per quanto riguarda gli operatori di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b). Qualora le disposizioni nazionali prevedano il segreto istruttorio, la comunicazione delle informazioni prevista dal presente regolamento è subordinata all'autorizzazione della competente autorità giudiziaria. L'autorità amministrativa competente agisce con sollecitudine al fine di ottenere tale autorizzazione. Articolo 5 Le modalità d'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la procedura prevista dall'articolo 13 del regolamento (CEE) n. 729/70 e riguardano, tra l'altro: - le comunicazioni che devono essere effettuate dagli Stati membri; - la natura dei legami esistenti tra varie persone fisiche o giuridiche che possono indurre a considerarle come operatori ai sensi del presente regolamento; - le condizioni alle quali gli operatori possono evitare la sospensione dei pagamenti di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b) mediante il deposito di una garanzia. Articolo 6 L'applicazione delle disposizioni del presente regolamento è complementare all'applicazione delle disposizioni specifiche adottate nel quadro della PAC. Articolo 7 Entro il 6 luglio 1997 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in merito all'applicazione del presente regolamento e, sulla scorta dell'esperienza acquisita, propone le modifiche che si dovranno eventualmente apportare al dispositivo istituito dal presente regolamento. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il settimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 22 giugno 1995. Per il Consiglio Il Presidente Ph. VASSEUR | Regime unionale per identificare taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia»
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
È volto a istituire un regime per identificare gli operatori (vale a dire, gli agricoltori) che presentano un rischio di inaffidabilità e darne notifica alle autorità competenti nei paesi dell’UE e alla Commissione europea a livello unionale. Concerne le gare, le restituzioni all’esportazione e le vendite di prodotti di intervento a prezzo ridotto finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia».
PUNTI CHIAVE
Le procedure di identificazione e la notifica devono essere avviate su iniziativa del paese dell’UE in cui si è manifestato il rischio di inaffidabilità dell’operatore. Qualora un paese dell’UE venga meno all’obbligo, la Commissione deve assicurarsi che tale paese metta in atto il presente regime di identificazione e di notifica. I paesi dell’UE possono prendere provvedimenti nei confronti degli operatori. Tra questi rientrano in particolare:l’intensificazione dei controlli delle operazioni condotte dall’operatore;la sospensione del pagamento degli importi per operazioni in corso da stabilirsi e, se del caso, sospensione dello svincolo della cauzione costituita per tali operazioni, fino all’accertamento di un’irregolarità;l’esclusione dell’operatore per un periodo e per operazioni da stabilirsi. Tali provvedimenti sono adottati nel rispetto dei seguenti principi, conformemente alla legislazione interna del paese dell’UE:l’audizione preventiva e il diritto d’appello dell’operatore in questione;la proporzionalità tra l’irregolarità commessa o presunta e i provvedimenti da applicare;la non discriminazione tra gli operatori. I paesi dell’UE e la Commissione devono adottare tutti i provvedimenti necessari affinché sia garantito il carattere riservato delle informazioni che si scambiano conformemente al regolamento in esame. Tale regolamento integra le norme specifiche nel quadro della politica agricola comune.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 6 luglio 1996.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Finanziamento della politica agricola comune (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, del 22 giugno 1995, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione «garanzia» (GU L 145 del 29.6.1995, pag. 1).
DOCUMENTO COLLEGATO
Regolamento (CE) n. 745/96 della Commissione, del 24 aprile 1996, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1469/95 del Consiglio, relativo ai provvedimenti da prendere nei confronti di taluni beneficiari di operazioni finanziate dal FEAOG, sezione garanzia (GU L 102 del 25.4.1996, pag. 15). | 4,607 | 593 |
32008D0234 | false | DECISIONE N. 234/2008/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell’11 marzo 2008
che istituisce il comitato consultivo europeo di statistica e che abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La consultazione degli utenti e dei produttori di informazioni statistiche e dei rispondenti alla richiesta di fornire tali informazioni è fondamentale ai fini della preparazione e dello sviluppo della politica dell’informazione statistica comunitaria.
(2)
Il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale istituito con la decisione 91/116/CEE del Consiglio (3) assiste attualmente il Consiglio e la Commissione in sede di coordinamento degli obiettivi della politica dell’informazione statistica comunitaria, tenendo conto delle esigenze degli utenti e dei costi sostenuti dai produttori e dai fornitori di informazioni.
(3)
Sebbene il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale abbia dato prova della propria utilità, i cambiamenti intervenuti nella Comunità, in particolare il suo allargamento a 27 Stati membri, rendono necessario apportare numerose modifiche al ruolo, al mandato, alla composizione e alle procedure di tale comitato. Nell’interesse della chiarezza è opportuno sostituirlo con un nuovo comitato consultivo europeo di statistica (di seguito «il comitato»).
(4)
Il comitato dovrebbe contribuire a una stretta cooperazione durante il processo di pianificazione del programma al fine di migliorare la governanza del Sistema statistico europeo e di accrescere la qualità delle statistiche comunitarie. A tal fine è opportuno che sia mantenuta una stretta collaborazione con il comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4) del Consiglio, e con il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, istituito con la decisione 91/115/CEE del Consiglio (5).
(5)
È opportuno raggiungere un giusto equilibrio tra la necessità di una riduzione del numero dei componenti del comitato, onde consentirgli di operare con efficienza in una Comunità allargata, e l’esigenza di assicurare la rappresentanza di tutte le parti interessate alle statistiche comunitarie come richiesto dal Consiglio nelle sue conclusioni dell’8 novembre 2005.
(6)
Per conseguire gli obiettivi di migliorare la valutazione e l’equilibrio tra i benefici e i costi dei bisogni statistici comunitari e di riequilibrare e di ridurre l’onere imposto dalla normativa statistica comunitaria, facendo così meglio fronte alla crescita della domanda, il comitato dovrebbe svolgere un ruolo più incisivo in sede di preparazione e di attuazione del programma statistico comunitario.
(7)
Il comitato dovrebbe raccogliere i pareri degli utenti, dei rispondenti e dei produttori di informazioni statistiche sugli obiettivi della politica dell’informazione statistica comunitaria.
(8)
È pertanto opportuno abrogare la decisione 91/116/CEE,
DECIDONO:
Articolo 1
Comitato consultivo europeo di statistica
1. È istituito il comitato consultivo europeo di statistica (di seguito «il comitato»).
2. Il comitato assiste il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione garantendo che le esigenze degli utenti e i costi sostenuti dai produttori e dai fornitori di informazioni siano presi in considerazione in sede di coordinamento delle priorità e degli obiettivi strategici della politica dell’informazione statistica comunitaria.
3. Tale assistenza riguarda tutti i settori statistici pertinenti alla politica dell’informazione statistica comunitaria.
Articolo 2
Compiti
1. La Commissione consulta il comitato nelle prime fasi del processo di preparazione del programma statistico comunitario. Il comitato formula un parere pronunciandosi in particolare:
a)
sulla pertinenza del programma statistico comunitario rispetto alle esigenze inerenti all’integrazione e allo sviluppo europei espresse dalle istituzioni comunitarie, dalle amministrazioni nazionali e regionali, dalle diverse categorie economiche e sociali e dal mondo scientifico;
b)
sulla pertinenza del programma statistico comunitario rispetto alle attività della Comunità, tenuto conto degli sviluppi economici, sociali e tecnici;
c)
sull’equilibrio, in termini di priorità e risorse, tra i diversi settori del programma statistico comunitario, il programma di lavoro statistico annuale della Commissione e la possibilità di ridefinire le priorità del lavoro statistico;
d)
sull’adeguatezza delle risorse necessarie per l’attuazione del programma statistico comunitario, compresi i costi direttamente sostenuti dalle autorità nazionali e comunitarie, e sull’appropriatezza alle esigenze degli utenti dell’ampiezza, del grado di dettaglio e dei costi delle statistiche comunitarie;
e)
sui costi connessi alla trasmissione dell’informazione statistica da parte dei fornitori di informazioni e sulle possibilità di ridurre l’onere della risposta, in particolare quello che grava sulle piccole e medie imprese.
2. Il comitato richiama inoltre l’attenzione della Commissione sui settori in cui può risultare necessario sviluppare nuove attività statistiche e consiglia la Commissione in merito al modo in cui migliorare la pertinenza delle statistiche comunitarie per gli utenti, tenuto conto dei costi gravanti sui produttori e sui fornitori di informazioni.
Articolo 3
Relazioni con le istituzioni comunitarie e gli altri organi
1. Su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il comitato formula un parere su questioni inerenti alle esigenze degli utenti e ai costi sostenuti dai fornitori di dati, in merito allo sviluppo della politica dell’informazione statistica comunitaria, alle priorità del programma statistico comunitario, alla valutazione delle statistiche esistenti, alla qualità dei dati e alla politica di diffusione.
2. Il comitato formula pareri e presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione relazioni sulle esigenze degli utenti e sui costi sostenuti dai fornitori di dati in sede di produzione e diffusione delle statistiche comunitarie ogniqualvolta lo giudichi necessario per assolvere i suoi compiti.
La Commissione riferisce annualmente sul modo in cui ha tenuto conto dei pareri del comitato.
3. Nello svolgimento dei propri compiti, il comitato collabora con il comitato del programma statistico e con il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti. Esso informa regolarmente questi due comitati sui suoi pareri relativi ai compiti descritti all’articolo 2 e trasmette loro i pareri e le relazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo.
4. Il comitato stabilisce contatti con i consigli nazionali degli utenti delle statistiche.
Articolo 4
Composizione e procedura di nomina
1. Il comitato è composto di 24 membri, come segue:
a)
dodici membri sono nominati dalla Commissione previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio. Essi agiscono in maniera indipendente. In vista della nomina di tali dodici membri ciascuno Stato membro comunica alla Commissione il nominativo di tre candidati altamente qualificati nel settore statistico. La Commissione si sforza di garantire che la selezione dei dodici membri rappresenti pariteticamente utenti, rispondenti e altri soggetti interessati alle statistiche comunitarie (compresa la comunità scientifica, le parti sociali e la società civile). I dodici membri esercitano le proprie funzioni a titolo personale;
b)
undici membri sono nominati direttamente dalle istituzioni e dagli organi cui appartengono, come segue:
i)
un membro rappresentante del Parlamento europeo;
ii)
un membro rappresentante del Consiglio;
iii)
un membro rappresentante del Comitato economico e sociale europeo;
iv)
un membro rappresentante del Comitato delle regioni;
v)
un membro rappresentante della Banca centrale europea;
vi)
due membri rappresentanti del comitato del programma statistico;
vii)
un rappresentante della confederazione delle industrie della Comunità europea (BusinessEurope);
viii)
un rappresentante della Confederazione europea dei sindacati (CES);
ix)
un rappresentante dell’Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese;
x)
il garante europeo della protezione dei dati;
c)
il direttore generale di Eurostat è componente di diritto del comitato consultivo di statistica, ma non dispone di diritto di voto.
2. L’elenco dei membri del comitato è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C.
Articolo 5
Durata del mandato
1. Il mandato conferito ai membri del comitato ha una durata di cinque anni, rinnovabile una volta. Alla scadenza del loro mandato i membri restano in carica fino alla loro sostituzione o al rinnovo della loro nomina.
2. Un membro che si dimetta prima della scadenza del suo mandato è sostituito per la parte rimanente del suo mandato da un membro nominato conformemente all’articolo 4.
Articolo 6
Struttura e funzionamento
1. Il comitato elegge il proprio presidente tra i membri nominati dalla Commissione. Il mandato del presidente è di cinque anni, rinnovabile una volta.
2. Il presidente convoca il comitato almeno una volta all’anno, di propria iniziativa o su richiesta di almeno un terzo dei membri dello stesso.
3. Per la formulazione di pareri su questioni statistiche di particolare complessità, il comitato può, in accordo con la Commissione, istituire gruppi di lavoro temporanei presieduti da un membro del comitato. La composizione di ciascun gruppo di lavoro si presenta equilibrata sotto il profilo dell’esperienza professionale e della distribuzione geografica degli esperti di cui è costituito. I presidenti di tali gruppi illustrano i risultati dei loro lavori presentando una relazione in una riunione del comitato.
4. Per lo svolgimento dei suoi compiti, il comitato può commissionare studi e organizzare seminari.
5. I rappresentanti di tutti i servizi della Commissione interessati possono partecipare alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro in qualità di osservatori.
Il presidente può autorizzare altri osservatori a partecipare alle riunioni del comitato.
6. La Commissione provvede ai compiti di segreteria per il comitato e per i gruppi di lavoro.
7. Le spese del comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione.
Articolo 7
Procedure decisionali
Le procedure decisionali dettagliate del comitato sono specificate nel suo regolamento interno.
Articolo 8
Riservatezza
Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare informazioni cui hanno avuto accesso in ragione delle procedure del comitato o dei gruppi di lavoro, nel caso in cui la Commissione li informi che dette informazioni sono di carattere riservato per giustificati motivi o che rispondere a richieste di pareri o a questioni sollevate comporterebbe la divulgazione di dette informazioni riservate.
Articolo 9
Regolamento interno
Previa consultazione della Commissione il comitato adotta il proprio regolamento interno. Tale regolamento è trasmesso per informazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 91/116/CEE è abrogata.
Articolo 11
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il 15 giugno 2008.
Fatto a Strasburgo, addì 11 marzo 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. LENARČIČ
(1) GU C 97 del 28.4.2007, pag. 1.
(2) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 febbraio 2008.
(3) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 21. Decisione modificata dalla decisione 97/255/CE (GU L 102 del 19.4.1997, pag. 32).
(4) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.
(5) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione sostituita dalla decisione 2006/856/CE (GU L 332 del 30.11.2006, pag. 21). | Comitato consultivo europeo di statistica
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Istituisce il comitato consultivo europeo di statistica, un organo consultivo che contribuisce allo sviluppo e all’attuazione della politica d’informazione statistica dell’UE.
Essa abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio.
PUNTI CHIAVE
Il comitato contribuisce a una stretta cooperazione durante il processo di pianificazione del programma statistico al fine di migliorare la governance del sistema statistico europeo e di accrescere la qualità della statistica europea.
Il comitato raccoglie i pareri di utenti, soggetti intervistati e produttori di informazioni statistiche sugli obiettivi della politica dell’informazione statistica dell’UE.
Missione
La Commissione europea deve consultare il comitato durante la preparazione del programma statistico dell’UE.
Fornisce pareri sul programma, occupandosi in particolare:della rilevanza del programma rispetto ai requisiti di integrazione e sviluppo europei; della rilevanza del programma in relazione alle attività dell’UE in termini di sviluppo economico, sociale e tecnico; dell’equilibrio di priorità e risorse tra le diverse aree del programma; dell’adeguatezza delle risorse necessarie per attuare il programma; dei costi di produzione sostenuti dai fornitori di informazioni statistiche. Il comitato dà consigli e pareri alla Commissione in merito allo sviluppo e all’uso di informazioni statistiche dell’UE.
Relazioni con altri organismi e istituzioni
Su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione, il comitato rilascia pareri su:la politica d’informazione statistica dell’UE; le priorità del programma statistico comunitario; la valutazione delle statistiche esistenti; la qualità dei dati e la politica di diffusione. Assolve il suo compito cooperando con il comitato del sistema statistico europeo.
Composizione
Il comitato è composto da ventiquattro membri nominati per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta.
I membri sono scelti in maniera equilibrata da:la Commissione, che nomina dodici membri dopo essersi consultata con il Parlamento europeo e il Consiglio, usando una lista fornita dai paesi dell’UE. La Commissione si impegna a garantire che la selezione dei dodici membri rappresenti, in egual misura, utenti, soggetti intervistati e altre parti interessate alle statistiche dell’UE; le istituzioni e gli organismi cui essi appartengono, che nominano undici membri (1 rappresentante per organizzazione: Parlamento europeo, Consiglio, Comitato economico e sociale europeo, Comitato delle regioni, Banca centrale europea, Comitato del sistema statistico europeo [2 rappresentanti], BusinessEurope, Confederazione europea dei sindacati, Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese, Garante europeo della protezione dei dati. Il direttore generale di Eurostat è un membro ex-officio* senza diritto di voto). Il comitato elegge il proprio presidente per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta.
La segreteria del Comitato è fornita dalla Commissione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È in vigore dal 15 giugno 2008.
CONTESTO
Il Comitato consultivo statistico europeo sostituisce il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale.
Per ulteriori informazioni consultare:Comitato consultivo europeo di statistica (Eurostat).
TERMINI CHIAVE
Ex-officio: in virtù della sua posizione o carica che, in questo caso, è quella di direttore generale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione n. 234/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo, che istituisce il comitato consultivo europeo di statistica e abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio (GU L 73 del 15.3.2008, pag. 13). | 4,834 | 117 |
32008F0675 | false | DECISIONE QUADRO 2008/675/GAI DEL CONSIGLIO
del 24 luglio 2008
relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questo obiettivo presuppone che le informazioni relative alle decisioni di condanna pronunciate negli Stati membri possano essere prese in considerazione al di fuori dello Stato membro di condanna per prevenire nuovi reati e in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale.
(2)
Il 29 novembre 2000, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il Consiglio ha adottato il programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (2), il quale prevede «l’adozione di uno o più strumenti volti ad introdurre il principio secondo cui il giudice di uno Stato membro deve essere in grado di tener conto delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri per valutare i precedenti penali del delinquente, prendere in considerazione la recidiva e determinare la natura delle pene e le modalità di esecuzione applicabili».
(3)
La presente decisione quadro è intesa a stabilire un obbligo minimo per gli Stati membri di prendere in considerazione le decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri. Essa non dovrebbe impedire pertanto agli Stati membri di prendere in considerazione, conformemente alle rispettive legislazioni ed allorché dispongono di informazioni pertinenti, ad esempio, le decisioni definitive di autorità amministrative le cui decisioni possono dar luogo a un ricorso dinanzi a una giurisdizione competente in materia penale, che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato o per un atto punibile in base al diritto nazionale perché configura una violazione di legge.
(4)
Alcuni Stati membri attribuiscono effetti alle condanne penali pronunciate in altri Stati membri, mentre altri prendono in considerazione soltanto le decisioni di condanna nazionali.
(5)
È opportuno stabilire il principio secondo il quale a una decisione di condanna pronunciata in uno Stato membro dovrebbero attribuirsi negli altri Stati membri effetti equivalenti a quelli attribuiti alle condanne nazionali conformemente al diritto nazionale, sia che si tratti di effetti di fatto sia che si tratti di effetti di diritto processuale o sostanziale esistenti nel diritto nazionale. Tuttavia, la presente decisione quadro non mira ad armonizzare le conseguenze attribuite dalle diverse legislazioni nazionali all’esistenza di condanne precedenti e l’obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti pronunciate in altri Stati membri è previsto soltanto nella misura in cui le condanne nazionali precedenti siano prese in considerazione in base al diritto nazionale.
(6)
A differenza di altri strumenti, la presente decisione quadro non mira a far eseguire in uno Stato membro decisioni giudiziarie prese in altri Stati membri, quanto a far sì che, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale in un altro Stato membro, si attribuiscano delle conseguenze a una condanna precedentemente comminata in uno Stato membro nella misura in cui, in base al diritto dell’altro Stato membro in questione, siffatte conseguenze vengano attribuite alle precedenti condanne nazionali.
Pertanto, la presente decisione quadro non prevede alcun obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti, ad esempio qualora le informazioni ottenute ai sensi degli strumenti applicabili non siano sufficienti, qualora una decisione di condanna nazionale non sia stata possibile riguardo all’atto per cui la condanna precedente è stata emessa, o qualora la pena comminata in precedenza non sia contemplata dall’ordinamento giuridico nazionale.
(7)
Gli effetti attribuiti alle decisioni di condanna degli altri Stati membri dovrebbero essere equivalenti a quelli attribuiti alle decisioni nazionali, sia nella fase precedente al processo penale, sia nel processo penale vero e proprio, sia nella fase di esecuzione della pena.
(8)
Se nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro sono disponibili informazioni su una decisione di condanna precedente in un altro Stato membro, occorrerebbe nella misura del possibile evitare che la persona abbia un trattamento meno favorevole di quello che avrebbe se la condanna precedente fosse stata pronunciata da un giudice nazionale.
(9)
L’articolo 3, paragrafo 5, dovrebbe essere interpretato, conformemente tra l’altro al considerando 8, in modo che se in occasione di un nuovo procedimento penale il tribunale nazionale, tenendo conto di una pena irrogata precedentemente in un altro Stato membro, ritiene che l’irrogazione di una pena di un certo livello entro i limiti del diritto nazionale sia sproporzionatamente dura per l’autore del reato in considerazione della sua situazione, e se lo scopo della pena può essere raggiunto con una condanna più mite, esso può ridurre di conseguenza il livello della pena qualora ciò fosse stato possibile in casi meramente nazionali.
(10)
La presente decisione quadro deve sostituire le disposizioni dell’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali relative alla presa in considerazione delle condanne penali nelle relazioni tra gli Stati membri firmatari di detta convenzione.
(11)
La presente decisione quadro rispetta il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea nella misura in cui persegue l’obiettivo di ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Tale obiettivo non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri con un’azione unilaterale e presuppone un’azione concertata a livello dell’Unione europea. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.
(12)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(13)
La presente decisione quadro rispetta la varietà delle soluzioni e delle procedure nazionali necessarie per tener conto di precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro. L’esclusione della possibilità di riesame di una precedente decisione di condanna non dovrebbe impedire agli Stati membri di pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli della precedente decisione di condanna. Tuttavia, l’iter di emissione di tale decisione non dovrebbe rendere impossibile, dati i tempi e le procedure o formalità necessari, pronunciare una decisione che produca effetti equivalenti a quelli di una precedente decisione di condanna pronunciata in un altro Stato membro.
(14)
L’interferenza con una decisione di condanna o la sua esecuzione comprende tra l’altro situazioni in cui, secondo la legislazione nazionale del secondo Stato membro, la sanzione comminata da una precedente decisione di condanna deve essere assorbita o inclusa in un’altra sanzione, che deve quindi essere effettivamente eseguita, nella misura in cui la prima sentenza non sia già stata eseguita o la sua esecuzione non sia stata trasferita al secondo Stato membro,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
Articolo 1
Oggetto
1. La presente decisione quadro è intesa a stabilire le condizioni secondo le quali, nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, sono prese in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate nei confronti della stessa persona per fatti diversi in altri Stati membri.
2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro per «condanna» si intende ogni decisione definitiva di una giurisdizione penale che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato.
Articolo 3
Considerazione, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, di una condanna pronunciata in un altro Stato membro
1. Ciascuno Stato membro assicura che, nel corso di un procedimento penale nei confronti di una persona, le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, riguardo alle quali sono state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all’assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari, siano prese in considerazione nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che sono attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale.
2. Il paragrafo 1 si applica nella fase precedente al processo penale, in quella del processo penale stesso e in occasione dell’esecuzione della condanna, in particolare per quanto riguarda le norme di procedura applicabili, comprese quelle relative alla detenzione cautelare, alla qualifica del reato, al tipo e al livello della pena comminata nonché alle norme che disciplinano l’esecuzione della decisione.
3. Il fatto di prendere in considerazione precedenti decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri come previsto nel paragrafo 1 non comporta né interferenza con tali decisioni di condanna precedenti, né con qualsiasi altra decisione relativa alla loro esecuzione da parte dello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, né di revocarle o di riesaminarle.
4. A norma del paragrafo 3, il paragrafo 1 non si applica nella misura in cui, se la precedente decisione di condanna è una condanna nazionale nello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, il fatto di prendere in considerazione la precedente decisione di condanna comporterebbe, a norma della legislazione di detto Stato membro, interferenze con la precedente decisione di condanna o con qualsiasi altra decisione relativa alla sua esecuzione, né con la loro revoca o riesame.
5. Se il reato per il quale è in corso un nuovo procedimento è stato commesso prima che sia stata pronunciata o completamente eseguita la precedente condanna, i paragrafi 1 e 2 non comportano per gli Stati membri richiesti di applicare la legislazione nazionale sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento.
Tuttavia, gli Stati membri garantiscono che in tali casi i propri tribunali possano tener conto in altro modo di condanne precedenti pronunciate in altri Stati membri.
Articolo 4
Rapporti con altri strumenti giuridici
La presente decisione quadro sostituisce, nell’ambito degli Stati membri parti della convenzione, l’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali, fatta salva la sua applicazione tra gli Stati membri e i paesi terzi.
Articolo 5
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per conformarsi alla presente decisione quadro entro il 15 agosto 2010.
2. Gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni che recepiscono nella legislazione nazionale gli obblighi imposti loro a norma della presente decisione quadro.
3. In base alle informazioni ricevute, la Commissione presenta, entro il 15 agosto 2011, una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente decisione quadro, corredata, se del caso, di proposte legislative.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
B. HORTEFEUX
(1) Parere del 27 settembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10. | Le decisioni di condanna in altri paesi hanno valore in occasione di un nuovo procedimento penale
Un paese dell’Unione europea (UE) dovrebbe dare peso equivalente alle decisioni di condanna emesse in altri paesi dell’Unione rispetto a quelle emesse dai propri tribunali.
ATTO
Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale.
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE QUADRO?
La presente decisione quadro stabilisce i criteri per i quali le decisioni di condanna emesse precedentemente in un paese dell’UE vengono tenute in considerazione durante un nuovo procedimento penale in un altro paese dell’Unione contro la stessa persona, ma per fatti diversi.
PUNTI CHIAVE
Nell’ambito di un nuovo procedimento penale, i paesi dell’UE devono garantire che le decisioni di condanna emesse precedentemente in un altro paese dell’Unione vengano tenute in considerazione alle stesse condizioni delle decisioni di condanna interne emesse precedentemente.
Tali decisioni di condanna emesse precedentemente devono essere tenute in considerazione nella fase preliminare e processuale, nonché al momento di esecuzione della sentenza. Dovrebbero essere tenute in debita considerazione soprattutto rispetto alle norme di procedura applicabili riguardanti:
la detenzione preventiva;
la definizione del reato;
il tipo e il grado della sentenza;
le norme che regolano l’esecuzione della decisione.
Nel caso in cui decisioni di condanna emesse precedentemente siano tenute in considerazione dal paese dell’UE che ha avviato il nuovo procedimento penale, ciò non deve risultare in un’interferenza, in una revoca o in un riesame delle decisioni di condanna emesse precedentemente.
L’effetto della decisione quadro può inoltre essere limitato se il reato per il quale è in atto il nuovo procedimento penale è stato commesso prima che la decisione di condanna precedente venisse emessa o resa pienamente esecutiva. I paesi dell’UE non devono applicare le loro norme nazionali sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento. Tuttavia, i tribunali devono garantire di tenere in considerazione per altri scopi tali decisioni di condanna emesse precedentemente.
Una relazione del 2014 sull’attuazione della decisione quadro ha riportato il valore aggiunto nel promuovere la fiducia nella legislazione penale e nelle decisioni giudiziarie nel settore europeo della giustizia. Tuttavia, fra i paesi dell’UE che avevano attuato la decisione, sono state riscontrate considerevoli differenze di adeguamento alla normativa. 13 paesi dell’UE su 22 sono stati valutati positivamente in merito all’attuazione delle clausole della normativa.
Il 1o dicembre 2014 il Regno Unito (1) ha notificato alla Commissione la propria volontà di partecipare alla decisione quadro. Tale volontà è stata confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione.
CONTESTO
Il Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) è un sistema computerizzato istituito nel 2012 dalla decisione 2009/316/GAI del Consiglio. Consente ai paesi dell’UE di scambiarsi rapidamente e facilmente informazioni sulle decisioni di condanna penale. ECRIS garantisce il funzionamento pratico della presente decisione quadro.
Per maggiori informazioni, consultare le pagine riguardanti il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) sul sito Internet della Commissione europea.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio
15.8.2008
15.8.2010
GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32-34
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione negli Stati membri della decisione quadro 2008/675/GAI, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, COM(2014) 312 final del 2.6.2014.
Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9). | 4,958 | 450 |
32000D0057 | false | 2000/57/CE: Decisione della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [notificata con il numero C(1999) 4016]
Gazzetta ufficiale n. L 021 del 26/01/2000 pag. 0032 - 0035
DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 22 dicembre 1999sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[notificata con il numero C(1999) 4016](2000/57/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità(1), in particolare l'articolo 1 e l'articolo 7,considerando quanto segue:(1) Secondo la decisione n. 2119/98/CE, occorre istituire una rete comunitaria per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, con l'assistenza della Commissione, al fine di migliorare la prevenzione e il controllo nella Comunità delle categorie di malattie trasmissibili indicate nell'allegato di detta decisione. Tale rete deve essere usata per la sorveglianza epidemiologica di dette malattie e per un sistema di allarme rapido e di reazione.(2) Le malattie e i problemi sanitari speciali da assoggettare al sistema comunitario di allarme rapido e di reazione deve rispecchiare le esigenze attuali della Comunità, in particolare il valore aggiunto rappresentato da una reazione a livello comunitario.(3) Il sistema di allarme rapido e di reazione deve affrontare le questioni sollevate dalle competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro, oppure messe in evidenza su dati raccolti a norma dell'articolo 4 della decisione n. 2119/98/CE.(4) La presente decisione deve agevolare l'integrazione di questa rete comunitaria con altre reti di allarme rapido istituite a livello nazionale e comunitario, per malattie e settori speciali coperti dal sistema di allarme rapido e di reazione. Di conseguenza, ai fini della sua esecuzione, la rete comunitaria deve operare in primo luogo tramite il sistema EUPHIN-HSSCD (sistema di sorveglianza sanitaria per le malattie trasmissibili nell'ambito della rete europea d'informazione sanitaria pubblica), il quale consiste di tre componenti:a) un sistema di allarme rapido e di reazione per casi di minacce specificate al pubblico, trasmessi dalle competenti autorità sanitarie pubbliche di ciascuno Stato membro, responsabili della decisione delle misure che possono essere necessarie per la protezione della sanità pubblica;b) scambio di informazioni tra strutture riconosciute ed autorità degli Stati membri competenti per la sanità pubblica;c) reti specifiche per malattie selezionate per la sorveglianza epidemiologica, composte di strutture riconosciute e autorità degli Stati membri.(5) Lo sviluppo di nuove tecnologie utili deve essere seguito regolarmente, tenendone conto per il miglioramento del sistema operativo EUPHIN-HSSCD.(6) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito dall'articolo 7 della decisione n. 2119/98/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria è riservato ai casi di cui all'allegato I (in prosieguo: "i casi"), o alle indicazioni dei medesimi, i quali, da soli o in associazione con altri casi simili, rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica.2. Le strutture o autorità in ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza, l'elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria o qualsiasi altro sistema comunitario di raccolta.Articolo 21. Le procedure di scambio di informazioni indicanti un caso sono descritte nell'allegato II, sezione 1 (livello 1: scambio d'informazioni).2. Le procedure da seguire qualora un caso rappresenti una minaccia sanitaria potenziale o reale sono descritti nell'allegato II, sezione 2 (livello 2: minaccia potenziale) e sezione 3 (livello 3: minaccia reale).3. Le procedure da seguire per la fornitura di informazioni al pubblico in generale e degli addetti interessati sono descritte nell'allegato II, sezione 4.Articolo 31. Ogni anno, entro il 31 marzo, le autorità competenti degli Stati membri presentano alla Commissione un rapporto analitico sui casi intervenuti e sulle procedure applicate nell'ambito del sistema di allarme rapido e di reazione. Inoltre le autorità competenti degli Stati membri possono presentare rapporti specifici sui casi di particolare rilevanza.2. La Commissione, sulla base dei rapporti, esamina l'esercizio del sistema di allarme rapido e di reazione in un rapporto annuale, e, se del caso, propone modificazioni.Articolo 4La presente decisione ha effetto a decorrere dal 1o gennaio 2000.Articolo 5Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999.Per la CommissioneDavid BYRNEMembro della Commissione(1) GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1.ALLEGATO ICasi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità.2. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità.3. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità.4. L'insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un'azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo.ALLEGATO IIProcedure di informazione, consulenza e cooperazione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Livello di attivazione 1: scambio d'informazioni1) Qualora informazioni raccolte in uno o più Stati membri o provenienti da altre fonti riconosciute indichino la probabilità dell'insorgere di un caso, l'autorità preposta alla determinazione di misure volte a tutelare la sanità pubblica in ciascuno Stato membro interessato fornisce senza indugio, tramite la rete, informazioni sulle circostanze e il quadro generale alle sue controparti in altri Stati membri e alla Commissione. Una volta ricevute dette informazioni, le autorità competenti degli Stati membri interessati si pronunciano riguardo alla necessità di azioni da parte di altri Stati membri o di azioni comunitarie coordinate con l'assistenza della Commissione.2) La Commissione e gli Stati membri interessati provvedono a un tempestivo scambio reciproco delle informazioni ricevute, e tengono aggiornati altri Stati membri.3) Le autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.4) La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di assicurare la trasparenza e l'efficacia di qualsiasi eventuale azione.2. Livello di attivazione 2: minaccia potenzialeQualora le informazioni riguardo a un caso o le indicazioni relative a un simile evento indichino una potenziale minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) informano senza indugio le loro controparti in altri Stati membri e la Commissione sulla natura e la portata della minaccia potenziale nonché sulle misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.2.1. Verifica e valutazioneLe autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.Per qualsiasi ulteriore indagine negli Stati membri saranno disponibili forme di assistenza tecnica quali consulenze epidemiologiche in loco, strutture di laboratorio e altre consulenze indispensabili. Esse saranno assicurate dalla Comunità o da singoli Stati membri, su richiesta da parte dello Stato membro interessato.La Commissione fornirà la propria assistenza per il coordinamento delle misure precauzionali volte ad affrontare qualsiasi possibile minaccia per la sanità pubblica.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di coordinare le azioni necessarie.2.2. DeattivazioneQualora la valutazione finale dei rischi concluda che non si è sviluppata una minaccia alla sanità pubblica, e qualora non sia necessaria nessuna azione ad eccezione di quelle locali, le competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro interessato comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata delle misure che hanno preso o intendono prendere.Qualora entro tre giorni non vi siano obiezioni da parte di altri Stati membri o della Commissione, non è necessaria alcuna ulteriore azione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione.3. Livello di attivazione 3: minaccia realeQualora un caso risulti una minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.3.1. Coordinamento delle misureLe competenti autorità sanitarie pubbliche nello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate.Gli Stati membri e la Commissione coordinano le ulteriori misure da prendere a livello comunitario conformemente agli articoli 3 e 6 della decisione n. 2119/98/CE.La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di delegati nominati dal comitato, al fine di coordinare le azioni.3.2. DeattivazioneIl sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.4. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessatiQualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.La Commissione e gli Stati membri informano gli addetti interessati e il pubblico in generale su tutti gli orientamenti concordati a livello comunitario e comunicano loro senza indugio l'avvenuta cessazione della minaccia per la sanità pubblica. | Sistema di allerta precoce e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili
Il sistema di allarme rapido e di reazione è un elemento della rete generale di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili istituita nella Comunità nel 1998. Il presente regolamento prevede l’utilizzo del sistema solo nei casi che rappresentano una minaccia sanitaria potenziale a livello comunitario. Stabilisce inoltre le procedure che regolano il funzionamento del sistema. Le disposizioni di questo regolamento garantiscono la protezione dei dati personali quando la ricerca di contatti viene effettuata su scala europea.
ATTO
Decisione 2000/57/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 21 del 26.1.2000] [Cfr. atti modificativi].
SINTESI
CASI DA RIFERIRE
Il sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete comunitaria è riservato ai casi di portata comunitaria, o alle indicazioni dei medesimi, i quali rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica. Gli Stati membri notificano tali casi, poi raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative a questi casi. Il campo d’applicazione dell’EWRS comprende anche la notifica e il coordinamento delle contromisure progettate o adottate per rispondere ai casi che rappresentano una minaccia sanitaria. Il coordinamento fra gli Stati membri avviene con l’assistenza della Commissione.
I casi di malattie trasmissibili e le misure sanitarie prese per porvi rimedio devono essere notificati contemporaneamente all'EWRS e all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)(EN) se costituiscono un’emergenza di portata internazionale in virtù del regolamento sanitario internazionale (RSI 2005).
I casi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione sono i seguenti:
focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità;
aggregazioni spaziali o temporali di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità;
aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità;
l’insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un’azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo;
manifestazioni patologiche o eventi che creano un rischio di malattia trasmissibile e misure associate, riferiti all’OMS conformemente all’RSI 2005.
Le autorità competenti di ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, a tutte le misure progettate o adottate per rimediarvi o alle indicazioni di tali casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza o l’elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria.
RICERCA DI CONTATTI
Quando le autorità competenti degli Stati membri attuano misure allo scopo di rintracciare persone che sono state esposte ad una fonte di agenti infettivi e che corrono potenzialmente il rischio di sviluppare, o che hanno sviluppato, una malattia trasmissibile di rilevanza comunitaria («ricerca di contatti»), vengono talvolta scambiati in seno all’EWRS dati personali. Per lo scambio dei dati personali, gli Stati membri coinvolti nella ricerca di contatti devono imperativamente utilizzare un canale di comunicazione selettivo. Questo canale di comunicazione assicura garanzie adeguate alla comunicazione dei dati di carattere personale nel quadro dell’EWRS e dovrebbe assicurare che circolino solo i dati personali adeguati, pertinenti e non eccessivi nel quadro dell’EWRS. Per la ricerca di contatti è stato specificamente compilato un elenco indicativo dei dati personali. L’elenco include informazioni:
sul viaggiatore;
sugli accompagnatori;
sui recapiti delle persone da contattare in caso di emergenza.
Fa fede in questo caso la legislazione europea sulla protezione dei dati personali (direttiva 96/45/CE e regolamento 45/2001/CE).
PROCEDURE
La decisione prevede procedure d’informazione, consulenza e cooperazione fra gli Stati membri da un lato, e con la Commissione. Tali procedure si applicano a tre livelli:
Livello di attivazione 1: scambio d’informazioni
Il livello di attivazione 1 si applica quando informazioni raccolte a livello nazionale indicano la probabilità dell’insorgere di un caso che minaccia la salute. In questo caso, devono intercorrere scambi rapidi di informazioni fra la Commissione e gli Stati membri interessati. Le informazioni raccolte devono essere valutate senza indugio dalle autorità sanitarie nazionali competenti.
Livello di attivazione 2: minaccia potenziale
In caso di minaccia potenziale per la sanità pubblica devono essere adottate procedure di informazione, consulenza e cooperazione analoghe. Sono previste fasi di verifica e valutazione delle informazioni e di deattivazione del sistema.
Livello di attivazione 3: minaccia reale
Nel caso di una minaccia reale, le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri.
Coordinamento delle misure
Le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate. Gli Stati membri e la Commissione possono adottare ulteriori misure da prendere a livello comunitario. La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.
Deattivazione
Il sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.
Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessati
Qualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2000/57/CE
23.12.1999
-
GU L 21 del 26.1.2000
Atto(i) modificatore(i)
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 351/2008/CE
1.5.2008
-
GU L 117 dell’1.5.2008
Decisione 2009/547/CE
-
-
GU L 181 del 14.7.2009
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità durante il 2006 e il 2007 (decisione 2000/57/CE) (Testo rilevante ai fini del SEE) [COM(2009) 228 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 20 marzo 2007, sul funzionamento durante il 2004 ed il 2005 del sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (Decisione 2000/57/CE) [COM(2007) 121 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 29 marzo 2005 – Relazione sul funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (decisione 2000/57/CE) nel 2002 e 2003 [COM(2005) 104 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità.
See also
Per maggiori informazioni si rimanda al sito «Sanità pubblica» (EN) della Commissione europea. | 6,016 | 876 |
32002D0621 | false | 2002/621/CE: Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore, del 25 luglio 2002, relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee
Gazzetta ufficiale n. L 197 del 26/07/2002 pag. 0056 - 0059
Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatoredel 25 luglio 2002relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee(2002/621/CE)I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE, DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio(1),vista la decisione del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, in particolare l'articolo 5(2),considerando quanto segue:(1) In virtù dell'articolo 27 dello statuto, le istituzioni devono fare in modo che le assunzioni assicurino loro la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità, senza distinzione di razza, di credo politico, filosofico o religioso, di sesso o orientamento sessuale e indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro situazione familiare.(2) L'allegato III dello statuto definisce all'articolo 1, punto 1, terzo comma, le competenze della commissione paritetica comune e, all'articolo 3, secondo comma, le modalità di designazione dei membri della giuria per l'organizzazione dei concorsi generali,DECIDONO:Articolo 1Compiti dell'Ufficio1. L'Ufficio è incaricato di organizzare concorsi generali al fine di garantire alle istituzioni delle Comunità europee i servizi di funzionari reclutati nelle migliori condizioni finanziarie e di professionalità. L'Ufficio stabilisce l'elenco dei candidati risultati idonei per consentire alle istituzioni l'assunzione di personale altamente qualificato e rispondente ai bisogni definiti dalle stesse istituzioni.2. Più in particolare, l'Ufficio ha i seguenti compiti:a) a richiesta di una singola istituzione organizza concorsi generali al fine di stabilire elenchi di idoneità per la nomina dei funzionari. I concorsi sono organizzati nel rispetto delle disposizioni dello statuto, sulla base dei criteri armonizzati fissati in conformità dell'articolo 6, lettera c) e del programma di lavoro approvato dal consiglio di amministrazione;b) agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le necessità future in materia di personale manifestate dalle istituzioni e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità nei tempi opportuni;c) mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente alle competenze richieste per le differenti categorie del personale delle istituzioni;d) gestione e controllo dell'utilizzo degli elenchi degli idonei stabiliti sulla base dei concorsi interistituzionali;e) presenta alle istituzioni relazioni annuali sulle sue attività.Articolo 2Responsabilità delle istituzioniL'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti sulla base delle "quote" approvate dal consiglio di amministrazione come previsto dall'articolo 6, lettera i), per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione conformemente alle disposizioni dell'articolo 3 dell'allegato III dello statuto.Articolo 3Altri servizi1. Sulla base di un accordo tra il direttore dell'Ufficio e qualsiasi organo, ufficio o agenzia, l'Ufficio può organizzare procedure di selezione finalizzate all'assunzione di personale da parte di tale organo, ufficio o agenzia. Prima di concludere un tale accordo, il direttore dell'Ufficio chiede l'approvazione del consiglio di amministrazione. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall'Ufficio.2. Se del caso, l'Ufficio può fornire un sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici o agenzie.3. Su richiesta di un'istituzione, l'Ufficio organizza la procedura di selezione degli altri agenti al fine di stabilire elenchi di idonei e/o basi di dati a cui tutte le istituzioni possano attingere per l'assunzione di altri agenti.4. Queste attività sono incluse nel programma di lavoro dell'Ufficio conformemente all'articolo 6, lettera f), purché l'istituzione in questione presenti la domanda tempestivamente.Articolo 4Reclami e domande1. Il direttore dell'Ufficio esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90, dello statuto per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti dell'Ufficio.2. In caso di reclami, il direttore dell'Ufficio, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.3. L'Ufficio risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.Articolo 5Consiglio di amministrazione1. È istituito un consiglio di amministrazione dell'Ufficio composto da un membro per ognuna delle istituzioni (designato dalle stesse) e tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati di comune accordo dai comitati del personale delle istituzioni.2. Il consiglio di amministrazione designa un presidente che viene scelto tra i suoi membri con votazione a maggioranza semplice e che resta in carica due anni.3. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno con votazione a maggioranza semplice dopo averlo sottoposto all'esame delle istituzioni.4. Il consiglio di amministrazione si riunisce su iniziativa del presidente o su richiesta di uno dei membri.5. Quando il consiglio di amministrazione adotta una decisione a maggioranza semplice ogni istituzione dispone di un voto. In caso di parità il voto del presidente è decisivo.6. Quando il consiglio di amministrazione delibera a maggioranza qualificata, i voti sono ripartiti come segue tra le istituzioni: Commissione, 18 voti; Parlamento europeo, 7 voti; Consiglio, 7 voti; Corte di giustizia, 3 voti; Corte dei conti, 2 voti; Comitato economico e sociale: 2 voti; Comitato delle regioni, 2 voti; Mediatore europeo, 1 voto. La maggioranza qualificata è di 24 voti.Articolo 6Funzioni del consiglio di amministrazioneNell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:a) approva, a maggioranza qualificata, le norme di funzionamento dell'Ufficio;b) approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa dell'Ufficio su proposta del direttore dello stesso;c) nel rispetto dell'accordo da concludere tra i segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, il cancelliere della Corte di giustizia, i segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e il rappresentante del Mediatore europeo relativo ai principi comuni di una politica armonizzata di selezione e di assunzione e ai principi di utilizzo degli elenchi degli idonei come pure delle disposizioni statutarie in materia, approva, a maggioranza qualificata sulla base delle proposte presentate dal direttore dell'Ufficio, i principi della politica di selezione che sarà messa in atto da quest'ultimo;d) nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, uno stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Ufficio, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; in questo stesso ambito propone alla Commissione gli adeguamenti dell'organico dell'Ufficio che esso ritiene necessari;e) approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che l'Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;f) sulla base di una proposta del direttore dell'Ufficio, approva all'unanimità il programma di lavoro e, in particolare, la pianificazione e il calendario dei concorsi da organizzare. Il programma di lavoro deve includere anche i servizi non connessi con i concorsi generali organizzati per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie;g) approva, a maggioranza qualificata, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, una relazione annua di gestione che riguarda in particolare tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dall'Ufficio; anteriormente al 1o maggio di ogni anno, sulla scorta della contabilità analitica, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente;h) approva, a maggioranza semplice, aggiornandola ogni tre anni, una ripartizione giusta ed equilibrata dei costi variabili e diretti da imputare a fini analitici a ciascuna delle istituzioni;i) sulla base delle necessità in materia di assunzioni, decide, a maggioranza semplice, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti;j) approva, a maggioranza semplice, le condizioni alle quali l'Ufficio può concedere il suo accordo alle istituzioni per l'organizzazione di concorsi propri conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione delle istituzioni.Articolo 7Nomina del personale1. L'Ufficio è guidato da un direttore nominato dalla Commissione, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del direttore, e in particolare alla redazione degli avvisi di posto vacante e all'esame delle candidature.2. Il direttore dell'Ufficio è l'autorità che ha il potere di nomina del personale dell'Ufficio.3. La Commissione, per quanto riguarda il direttore dell'Ufficio, e quest'ultimo per quanto riguarda il personale di cui è l'autorità che ha il potere di nomina, informano il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma di contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari e altri agenti.4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati in tempo utile dei posti vacanti presso l'Ufficio, non appena l'AIPN abbia deciso di coprire tali posti.5. Il direttore dell'Ufficio è designato per un periodo di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile per una volta.Articolo 8Funzioni del direttore dell'Ufficio, gestione del personale1. Il direttore dell'Ufficio è responsabile del buon funzionamento dello stesso. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Provvede al segretariato del consiglio di amministrazione e rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni, presentandogli qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell'Ufficio.2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni sul lavoro e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è completo e l'Ufficio può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.Articolo 9Aspetti finanziari1. La dotazione dell'Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è indicata in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni di bilancio.2. L'organico dell'Ufficio è allegato a quello della Commissione.3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione e per quanto riguarda la dotazione dell'Ufficio iscritta in allegato, la Commissione delega al direttore dell'Ufficio i poteri di ordinatore e fissa i limiti e le condizioni per l'esercizio di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dall'Ufficio a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.4. La contabilità dell'Ufficio viene tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili stabiliti dal contabile della Commissione. L'Ufficio mantiene una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.Articolo 10RiesameLa presente decisione viene riesaminata dopo un periodo di tre anni dall'istituzione dell'Ufficio.Articolo 11Data di entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Per il Parlamento europeoIl segretario generaleJ. PriestleyPer il ConsiglioIl segretario generale aggiuntoP. De BoissieuPer la CommissioneIl segretario generaleD. O'SullivanPer la Corte di giustiziaIl presidenteR. GrassPer la Corte dei contiIl segretario generaleM. HervéPer il Comitato economico e socialeIl segretario generaleP. VenturiniPer il Comitato delle regioniIl segretario generaleV. FalconeIl MediatoreJ. Söderman(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.(2) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale. | Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO)
QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI?
La decisione 2002/620/CE istituisce l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) responsabile per l’assunzione del personale delle istituzioni, agenzie e organi dell’UE. La decisione 2002/621/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento dell’EPSO.
PUNTI CHIAVE
CompitiL’EPSO è responsabile del funzionamento del processo di selezione del personale per le istituzioni, le agenzie e gli organi dell’UE. A tal fine, organizza concorsi generali dai cui risultati stabilisce l’elenco dei candidati idonei. Agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le esigenze future in materia di personale e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità. Mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente ai profili di competenza richiesti. Gestisce e controlla l’utilizzo degli elenchi di candidati ritenuti idonei stabiliti sulla base dei concorsi. Procedure di selezioneCiascuna istituzione dell’UE deve mettere a disposizione dell’EPSO un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione. La decisione di nominare i candidati idonei è presa dall’autorità con il potere di nomina dell’istituzione, agenzia o organo dell’UE pertinente. Servizi aggiuntivi
L’EPSO può inoltre:accordarsi per organizzare procedure di selezione finalizzate all’assunzione di personale da parte di qualunque organo, ufficio o agenzia. Prima di accordarsi in tal senso, il direttore dell’EPSO ha bisogno dell’approvazione del consiglio di amministrazione dell’EPSO. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall’EPSO; fornire sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici e agenzie; organizzare le procedure di selezione delle categorie diverse dai funzionari, come agenti contrattuali e agenti temporanei, e stabilire elenchi di candidati idonei. Consiglio di amministrazioneL’EPSO dispone di un consiglio di amministrazione composto da un membro per istituzione e da tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati dai comitati del personale delle istituzioni (sindacati). I compiti principali del consiglio di amministrazione comprendono:l’approvazione delle norme di funzionamento dell’EPSO e della sua struttura organizzativa;l’approvazione dei principi che disciplinano la politica di selezione dell’EPSO;l’approvazione delle tariffe dei servizi aggiuntivi forniti dall’EPSO;la decisione sulle modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell’EPSO un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti. Nomina del personale dell’EPSO
La Commissione europea nomina il direttore dell’EPSO previo parere favorevole del consiglio di amministrazione in merito al candidato. Il direttore è responsabile del corretto funzionamento dell’EPSO e della nomina del suo personale. Il direttore è designato per un periodo di 5 anni, rinnovabile per una volta.
Bilancio e contabilità
Il bilancio dell’EPSO rientra nella sezione del bilancio dell’UE relativa alla Commissione europea. La contabilità dell’EPSO deve essere tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili della Commissione. Deve mantenere una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Le decisioni 2002/620/CE e 2002/621/CE si applicano dal 26 luglio 2002.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Ufficio europeo di selezione del personale (Europa).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee - Dichiarazione dell’Ufficio del Parlamento europeo (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 53-55)
Decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56-59)
Le successive modifiche alla direttiva 2002/621/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 5,791 | 563 |
31992H0241 | false | 92/241/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini
Gazzetta ufficiale n. L 123 del 08/05/1992 pag. 0016 - 0018
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 31 marzo 1992 sulla custodia dei bambini (92/241/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che al punto 16, terzo comma della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai Capi di Stato e di governo di undici Stati membri al Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, si dichiara: « È altresì opportuno sviluppare misure che consentano agli uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari. »; considerando che la Commissione ha previsto la presente raccomandazione nel suo programma di azione relativo all'applicazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori; considerando che la Commissione, nel suo terzo programma di azione a medio termine sulle pari opportunità per uomini e donne (1991-1995), ha ravvisato la necessità di ulteriori azioni in questo settore; considerando che la Commissione, nella sua comunicazione sulle politiche familiari trasmessa al Consiglio il 24 agosto 1989, ha sottolineato l'importanza di un'intensificazione dei lavori concernenti la custodia dei bambini; considerando che i metodi di custodia dei bambini, il congedo parentale e il congedo di maternità sono elementi di un tutto che consente ai lavoratori di conciliare le loro responsabilità familiari con le ambizioni professionali; considerando che gli Stati membri devono prendere e/o stimolare iniziative, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con questi vari attori; considerando che la conciliazione delle responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini deve essere vista in un'ampia prospettiva che tenga anche conto degli interessi e delle particolari necessità dei bambini delle diverse fasce d'età; che è importante, per raggiunger questo fine, promuovere una politica globale volta a rendere possibile tale conciliazione; considerando che è essenziale promuovere il benessere dei bambini e delle famiglie garantendo il soddisfacimento delle loro diverse esigenze e tenendo conto che le responsabilità derivanti dalla custodia di bambini e dalla loro educazione esistono prima e durante il periodo di scolarità e in particolare durante i primi anni di vita; considerando che in tutti gli Stati membri la domanda di servizi di custodia di bambini, a prezzi abbordabili per i genitori, è superiore all'offerta esistente; considerando che la carenza di servizi di costo contenuto di custodia dei bambini nonché di altre iniziative volte a conciliare le responsabilità di cura ed educazione dei figli con il lavoro dei genitori, o con l'istruzione e la formazione che questi seguono per ottenere un impiego, rappresenta un grave ostacolo all'accesso e ad una più efficace partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla parità delle possibilità con gli uomini, alla piena partecipazione delle donne a tutti i settori della società e ad un'efficace utilizzazione dei loro talenti, nonché delle loro qualificazioni e attitudini, nell'attuale situazione demografica; considerando inoltre che, al riguardo, esistono disparità tra gli Stati membri e tra le regioni degli Stati membri; considerando che più adeguati servizi di custodia dei bambini possono facilitare la libera circolazione dei lavoratori sul mercato del lavoro europeo; considerando che i servizi di custodia di bambini possono essere pubblici, privati, individuali o collettivi; considerando che la custodia dei bambini è una nozione vasta che può implicare l'organizzazione di servizi di custodia corrispondenti alle esigenze dei bambini, la concessione di congedi speciali a genitori, lo sviluppo di un ambiente, di strutture e di un'organizzazione del lavoro appropriati e la divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali, familiari ed educative derivanti dalla custodia di bambini; considerando che, in taluni Stati membri, a motivo del basso livello del reddito nazionale e della necessità di ridurre rigorosamente l'aumento delle spese pubbliche, il ruolo delle autorità pubbliche può essere sottoposto a particolari costrizioni; considerando che la clausola tipo inclusa nei quadri comunitari di sostegno relativi alla politica strutturale stabilisce che le azioni e misure intraprese in tale contesto devono essere conformi alla politica e legislazione comunitaria in materia di pari opportunità per uomini e donne, contribuendo eventualmente alla loro attuazione, e che in particolare si deve tener conto delle esigenze, in fatto di formazione e infrastruttura, che facilitano la partecipazione delle donne con figli al mercato del lavoro; considerando inoltre che nell'ambito dell'iniziativa comunitaria NOW (1991-1993), finanziata dai Fondi strutturali e mirante a promuovere pari opportunità per le donne nel campo dell'occupazione e della formazione professionale, sono previste misure complementari per la custodia dei bambini atte a facilitare l'accesso delle donne con figli al mercato del lavoro e a corsi di formazione professionale, RACCOMANDA QUANTO SEGUE: Articolo 1 Oggetto Si raccomanda agli Stati membri di adottare e/o stimolare gradualmente iniziative che consentano agli uomini e alle donne di conciliare le loro responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini. Articolo 2 Settori di iniziative Si raccomanda a tal fine agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative nei quattro settori seguenti: 1) organizzazione di servizi di custodia di bambini mentre i genitori: - lavorano, - seguono corsi di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, - sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro. Ai fini della presente raccomandazione, si intende per « servizi di custodia di bambini » qualsiasi forma di custodia di bambini pubblica o privata, individuale o collettiva; 2) concessione di congedi speciali ai genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 3) ambiente, strutture e organizzazione del lavoro, al fine di adeguarli alle esigenze dei lavoratori con figli; 4) divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali e di quelle familiari e di educazione risultanti dalla custodia di bambini. Articolo 3 Servizi di custodia di bambini Per quanto riguarda i servizi di custodia di bambini, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) consentire a genitori che lavorano, seguono corsi di istruzione o formazione per ottenere un lavoro, o sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, l'accesso per quanto possibile a servizi locali di custodia di bambini. In questo contesto, occorre in particolare provvedere affinché: - i servizi siano offerti a costi contenuti che i genitori possano affrontare; - i servizi concilino un'assistenza affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza e un'educazione generale e un approccio pedagogico; - si tenga conto delle esigenze dei genitori e dei bambini nel determinare l'accesso ai servizi; - i servizi siano disponibili in tutte le aree e regioni degli Stati membri, comprese le aree urbane e rurali; - i servizi siano accessibili ai bambini aventi esigenze particolari, per esempio di ordine linguistico, e a quelli che vivono in famiglie monoparentali, e rispondano alle loro necessità; 2) incoraggiare la flessibilità e la varietà dei servizi di custodia dei bambini come elementi di una strategia volta ad accrescere le possibilità di scelta e soddisfare le diverse preferenze, esigenze e situazioni dei bambini e delle famiglie, pur preservando una coerenza fra i vari servizi; 3) provvedere a che la formazione iniziale e permanente degli addetti ai servizi di custodia dei bambini sia conforme all'importanza e al valore sociale ed educativo del loro lavoro; 4) incoraggiare i servizi in questione ad operare in stretta collaborazione con i genitori e con le collettività locali, prevedendo regolari contatti e scambi di informazioni, in modo da rispondere alle esigenze dei genitori e a situazioni locali particolari; 5) incoraggiare le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, conformemente alle rispettive responsabilità, ad apportare un contributo finanziario alla creazione e/o al funzionamento di servizi di custodia di bambini, omogenei e di costo contenuto, con possibilità di scelta per i genitori. Articolo 4 Congedi speciali Per quanto riguarda i congedi speciali concessi ai genitori che svolgono un lavoro subordinato e hanno responsabilità in fatto di custodia ed educazione di bambini, si raccomanda agli Stati membri, in funzione delle rispettive responsabilità delle parti sociali, delle autorità nazionali, regionali o locali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le parti sociali, le autorità nazionali, regionali o locali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o di stimolare iniziative, volte a tener conto, realisticamente, della maggiore partecipazione delle donne al lavoro. Queste iniziative prevedono, in particolare, congedi speciali per consentire a genitori che svolgono un lavoro subordinato, uomini e donne, che lo desiderano, di esercitare efficacemente le loro responsabilità professionali, familiari e di educatori, adottando, fra l'altro, modalità flessibili nell'organizzazione dei congedi. Articolo 5 Ambiente, strutture e organizzazione del lavoro Per quanto riguarda l'ambiente, le strutture e l'organizzazione del lavoro, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti nonché dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) sostenere azioni, in particolare nell'ambito di contratti collettivi, volte a creare un ambiente, delle strutture e un'organizzazione del lavoro che tengano conto delle esigenze di tutti i genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 2) valorizzare le modalità di esecuzione del lavoro delle persone occupate nei servizi di custodia di bambini e sottolinearne l'importanza sociale; 3) promuovere azioni, tra l'altro nel settore pubblico, che servano di esempio per lo sviluppo di iniziative in questo campo. Articolo 6 Divisione delle responsabilità Per quanto riguarda le responsabilità derivanti dalla custodia ed educazione dei bambini, si raccomanda agli Stati membri di promuovere e di incoraggiare, nel rispetto dell'autonomia degli individui, una maggiore partecipazione degli uomini al fine di assicurare una più equa ripartizione delle responsabilità parentali tra uomini e donne e permettere a queste ultime una partecipazione più efficace al mercato del lavoro. Articolo 7 Relazione della Commissione Gli Stati membri informano la Commissione, entro tre anni dalla data di adozione della presente raccomandazione, delle misure prese per attuarla, in modo da permettere alla Commissione di elaborare una relazione sull'attuazione della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, addì 31 marzo 1992. Per il Consiglio Il Presidente Vitor MARTINS (1) GU n. C 242 del 17. 9. 1991, pag. 3. (2) GU n. C 326 del 16. 12. 1991, pag. 279. (3) GU n. C 40 del 17. 2. 1992, pag. 88. | Custodia dei bambini: equilibrio fra lavoro e vita privata per uomini e donne
Raccomandazione 92/241/CEE sulla custodia dei bambini
ATTO
Raccomandazione del Consiglio 92/241/CEE, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini (GU L 123 dell’8.5.1992, pagg. 16-18)
SINTESI
CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE?
Promuove pari opportunità per madri e padri al fine di conciliare il lavoro con la vita familiare, incoraggiando i paesi dell’Unione europea (UE) ad assumere e/o sostenere iniziative che aiutino i genitori a gestire le loro responsabilità di custodia dei bambini.
PUNTI CHIAVE
La raccomandazione affronta le aree seguenti:
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provvedere ai servizi di custodia dei bambini nel caso in cui i genitori lavorino, studino o seguano un corso di formazione, oppure stiano cercando attivamente un lavoro;
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garantire permessi speciali ai genitori lavoratori che sono responsabili della custodia dei figli;
—
rendere l’ambiente lavorativo più adatto alle necessità delle lavoratrici e dei lavoratori con figli;
—
attuare misure che favoriscano la condivisione fra uomini e donne di responsabilità occupazionali e di custodia dei figli.
Raccomanda che i servizi di custodia dei bambini:
—
abbiano un prezzo ragionevole;
—
combinino una custodia affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza con un’educazione generale e un approccio pedagogico;
—
siano in grado di andare incontro alle necessità dei bambini con bisogni speciali, ad esempio con difficoltà di linguaggio, e dei bambini di famiglie monoparentali.
Permessi speciali
Per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, i paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare iniziative quali i permessi, sia per le madri che per i padri.
Ambiente lavorativo
I paesi dell’UE dovrebbero assumere e/o incoraggiare iniziative volte a:
—
rendere il lavoro più conciliabile con la custodia dei bambini, in particolare attraverso accordi collettivi fra datori di lavoro e sindacati;
—
garantire retribuzioni e condizioni lavorative dignitose per il personale impiegato nei servizi di custodia dei bambini;
—
promuovere azioni nel settore pubblico che possano servire da esempio per il resto dell’economia.
Condivisione delle responsabilità
I paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare una maggiore partecipazione degli uomini agli obblighi di custodia dei bambini, per raggiungere una condivisione più equa delle responsabilità parentali e per permettere alle donne di avere un ruolo più consistente nel mercato del lavoro.
Ulteriori informazioni sulla pagina dedicata agli obiettivi dell’UE per la custodia dei bambini.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Obiettivi di Barcellona - Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva [COM(2013) 322 final del 29.5.2013] | 4,536 | 583 |
32014R0522 | false | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 522/2014 DELLA COMMISSIONE
dell'11 marzo 2014
che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la Commissione dovrebbe dare esecuzione alle risorse dei fondi strutturali per l'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione destinate alle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile (nel seguito «azioni innovative»).
(2)
L'articolo 92, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013 consente alla Commissione di eseguire le risorse destinate alle azioni innovative nell'ambito della gestione indiretta di cui all'articolo 60 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(3)
Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla gestione delle azioni innovative da parte di un'entità o di un organismo a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 966/2012.
(4)
Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione delle azioni innovative che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per far sì che siano selezionate proposte di qualità elevata, è opportuno fissare le procedure e i criteri per la selezione delle azioni innovative tenendo conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione.
(5)
La Commissione dovrebbe definire i temi per la selezione delle azioni innovative in modo da garantire che gli inviti a presentare proposte affrontino questioni urbane che potranno diventare sempre più importanti per l'Unione nei prossimi anni,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Gestione delle azioni innovative
1. La Commissione designa una o più entità o uno o più organismi a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio per le azioni innovative a livello dell'Unione a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (nel seguito «entità delegata»).
Oltre a soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 60, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l'entità delegata dispone di comprovata esperienza nella gestione dei fondi dell'Unione in diversi Stati membri.
2. La Commissione stipula un accordo di delega con l'entità delegata conformemente all'articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e tale accordo di delega, oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (4), contiene disposizioni relative:
a)
a orientamenti per i richiedenti e i beneficiari;
b)
a un programma di lavoro annuale da sottoporre per approvazione alla Commissione;
c)
all'organizzazione degli inviti per selezionare le azioni innovative;
d)
alla valutazione dell'ammissibilità dei richiedenti;
e)
alla creazione di un gruppo di esperti, di concerto con la Commissione, al fine di valutare e classificare le proposte;
f)
alla selezione delle azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti, di concerto con la Commissione;
g)
all'obbligo di fornire al beneficiario un documento che precisi le condizioni per il sostegno, secondo le indicazioni della Commissione;
h)
all'analisi delle relazioni presentate dai beneficiari e dei pagamenti ai beneficiari;
i)
al monitoraggio delle singole azioni innovative;
j)
all'organizzazione di eventi di comunicazione;
k)
alla diffusione dei risultati, di concerto con la Commissione;
l)
all'audit delle singole azioni innovative per garantire che esse utilizzino la sovvenzione conformemente ai principi della sana gestione finanziaria;
m)
a un contributo finanziario a sostegno dei compiti di gestione dell'entità delegata che deve essere fornito sotto forma di contributo forfettario ai costi operativi dell'entità delegata e stabilito sulla base dell'importo dei fondi dell'Unione, destinati a sovvenzioni, conferiti a tale entità.
3. L'entità delegata fornisce alla Commissione i documenti di cui all'articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché tutte le informazioni necessarie per la valutazione dell'attuazione delle azioni innovative.
Articolo 2
Selezione delle azioni innovative
1. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base di inviti a presentare proposte, tenendo conto dei temi definiti ogni anno dai servizi della Commissione.
2. Le seguenti autorità possono chiedere un sostegno per la realizzazione di azioni innovative:
a)
qualsiasi autorità urbana di un'unità amministrativa locale definita in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia e comprendente almeno 50 000 abitanti;
b)
qualsiasi associazione o gruppo di autorità urbane di unità amministrative locali, definite in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia, con una popolazione totale di almeno 50 000 abitanti; può trattarsi anche di associazioni o gruppi transfrontalieri, associazioni o gruppi di diverse regioni e/o Stati membri.
3. Il gruppo di esperti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera e), formula raccomandazioni riguardanti le azioni innovative da selezionare. Il gruppo di esperti ha una composizione equilibrata dal punto di vista geografico ed è presieduto dalla Commissione. Nel formulare le sue raccomandazioni il gruppo di esperti considera, in particolare, i seguenti criteri:
a)
contenuto innovativo della proposta e capacità della proposta di identificare o sperimentare nuove soluzioni;
b)
qualità della proposta;
c)
coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione della proposta;
d)
capacità di dimostrare risultati misurabili;
e)
trasferibilità delle soluzioni proposte.
Il gruppo di esperti garantisce che nelle sue raccomandazioni si tenga conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione.
4. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti e di concerto con la Commissione.
5. L'importo concesso a ogni azione innovativa non può essere superiore a 5 000 000 EUR.
6. Ogni azione innovativa è realizzata entro un periodo massimo di tre anni.
Articolo 3
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, l'11 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(4) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1). | Sviluppo urbano sostenibile: progetti innovativi
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento dettaglia come le azioni innovative portate avanti da città di paesi membri nel settore dello sviluppo urbano sostenibile vengono selezionate per finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), e come tale processo di selezione viene gestito.
PUNTI CHIAVE
Il Regolamento (UE) n. 1301/2013 dà disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo dell’UE sugli investimenti a favore della crescita e dell’occupazione, mentre il Regolamento (UE) n. 1303/2013 (disposizioni comuni sul FESR, sul FSE, sul Fondo di coesione, sul FEASR e sul FEAMP (2014-2020) attribuisce alla Commissione europea la responsabilità di investire risorse in azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile. Queste iniziative aderiscono ai principi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, della Nuova agenda urbana, e della Politica regionale e urbana dell’UE.
Il Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 fornisce dettagli sulle modalità di applicazione dei suddetti regolamenti.I progetti saranno selezionati attraverso inviti alla presentazione di proposte su temi definiti ogni anno dalla Commissione. Possono candidarsi aree urbane aventi più di 50 000 abitanti. Nelle aree di paesi dell’Unione in cui non sono presenti grandi città, le autorità urbane possono associarsi e presentare una proposta comune. Il FESR contribuisce fino a 5 milioni di EUR per progetto. La durata massima di ogni progetto prevista inizialmente era di tre anni, tuttavia questa è stata successivamente portata a quattro anni per consentire lo sviluppo completo delle iniziative. La Commissione designa un organismo a livello dell’Unione a cui affidare la supervisione del bilancio per il programma di azioni innovative, e la responsabilità di:fornire orientamenti per i richiedenti; valutare l’ammissibilità dei richiedenti; creare un gruppo di esperti al fine di valutare le proposte; selezionare le azioni innovative; emettere i pagamenti ai beneficiari; monitorare le singole azioni innovative; organizzare eventi di comunicazione; diffondere i risultati; attivare controlli sulla solidità della gestione finanziaria. Criteri di selezione
Nel formulare le sue raccomandazioni su quali azioni innovative finanziare, il gruppo di esperti considera i seguenti criteri:contenuto altamente innovativo della proposta, in particolare riguardo a soluzioni nuove per l’Europa; progetti che abbiano obiettivi chiaramente definiti, dimostrino un adeguato lavoro di preparazione e tempi di realizzazione e aspettative di finanziamento realistici; i progetti potranno beneficiare di fonti esterne di competenza quali università, ONG e società private; risultati che siano misurabili, trasferibili e potenzialmente applicabili ad altre aree urbane.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è stato applicato dal 9 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sviluppo urbano sostenibile (Commissione europea) L’agenda urbana per l’UE (Commissione europea) Iniziativa Urban Innovative Actions (Hauts-de-France)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 della Commissione, dell’ 11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 148 del 20.5.2014, pag. 1).
Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 522/2014 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289).
Cfr. la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Cfr. la versione consolidata. | 4,400 | 335 |
32009R0116 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 116/2009 DEL CONSIGLIO
del 18 dicembre 2008
relativo all'esportazione di beni culturali
(Versione codificata)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 133,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio, del 9 dicembre 1992, relativo all'esportazione di beni culturali (1), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
Ai fini del mantenimento del mercato interno è necessario adottare una normativa per gli scambi con i paesi terzi, la quale assicuri la protezione dei beni culturali.
(3)
Sembra necessario prendere misure in particolare per garantire che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne della Comunità.
(4)
Un siffatto sistema dovrebbe prevedere l'obbligo di presentare una licenza rilasciata dallo Stato membro competente, prima dell'esportazione dei beni culturali contemplati dal presente regolamento. Ciò richiede una precisa definizione del campo di applicazione di dette misure e delle loro modalità di attuazione. La realizzazione del sistema dovrebbe presentare la massima semplicità ed efficacia.
(5)
Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (3).
(6)
Data la notevole esperienza acquisita dalle autorità degli Stati membri nell'applicare il regolamento (CE) n. 515/97 del Consiglio, del 13 marzo 1997, relativo alla mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e alla collaborazione tra queste e la Commissione per assicurare la corretta applicazione delle normative doganale e agricola (4), detto regolamento dovrebbe essere applicato nel presente settore.
(7)
L'allegato I del presente regolamento ha lo scopo di definire le categorie di beni culturali che dovrebbero formare oggetto di particolare protezione negli scambi con i paesi terzi, ferma restando la libertà degli Stati membri di definire i beni da considerare patrimonio nazionale ai sensi dell'articolo 30 del trattato,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizione
Fatti salvi i poteri degli Stati membri ai sensi dell'articolo 30 del trattato, per «beni culturali» s'intendono, ai fini del presente regolamento, i beni elencati nell'allegato I.
Articolo 2
Licenza di esportazione
1. L'esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Comunità è subordinata alla presentazione di una licenza di esportazione.
2. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato:
a)
da un'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovava lecitamente e definitivamente il bene culturale alla data del 1o gennaio 1993;
b)
oppure, dopo la suddetta data, da un'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio il bene culturale si trova dopo essere stato lecitamente e definitivamente spedito da un altro Stato membro o dopo essere stato importato da un paese terzo o reimportato da un paese terzo in seguito a una spedizione lecita da uno Stato membro verso detto paese terzo.
Tuttavia, fermo restando il paragrafo 4, lo Stato membro competente conformemente al primo comma, lettera a) o lettera b), può non richiedere licenze di esportazione per i beni culturali elencati nell'allegato I, categoria A.1, primo e secondo trattino, qualora detti beni abbiano un interesse archeologico o scientifico limitato e purché non provengano direttamente da scavi, scoperte o siti archeologici in uno Stato membro e la loro presenza sul mercato sia lecita.
La licenza di esportazione può essere negata, ai sensi del presente regolamento, qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico nello Stato membro di cui trattasi.
Se necessario, l'autorità di cui al primo comma, lettera b), prende contatto con le autorità competenti dello Stato membro da cui il bene culturale proviene, in particolare le autorità competenti ai sensi della direttiva 93/7/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (5).
3. La licenza di esportazione è valida in tutta la Comunità.
4. Fatte salve le disposizioni dei paragrafi da 1 a 3, l'esportazione diretta dal territorio doganale della Comunità di beni del patrimonio nazionale di valore artistico, storico o archeologico che non rientrano nella definizione di beni culturali ai sensi del presente regolamento è soggetta alla normativa nazionale dello Stato membro di esportazione.
Articolo 3
Autorità competenti
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco delle autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione di beni culturali.
2. La Commissione pubblica l'elenco di queste autorità, nonché le eventuali modifiche dello stesso, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C.
Articolo 4
Presentazione della licenza
La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente per accettare tale dichiarazione.
Articolo 5
Restrizione del numero degli uffici doganali competenti
1. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per espletare le formalità di esportazione di beni culturali.
2. Quando si avvalgono della possibilità di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione l'elenco degli uffici doganali debitamente abilitati.
La Commissione pubblica tali informazioni nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C.
Articolo 6
Cooperazione amministrativa
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, si applicano mutatis mutandis le disposizioni del regolamento (CE) n. 515/97, in particolare quelle relative alla riservatezza delle informazioni.
Oltre a cooperare ai sensi del primo comma, gli Stati membri fanno tutto il necessario per stabilire, sul piano dei loro rapporti reciproci, una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti di cui all'articolo 4 della direttiva 93/7/CEE.
Articolo 7
Misure di attuazione
Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento, in particolare quelle relative al formulario da utilizzare (ad esempio, il modello e le caratteristiche tecniche), sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2.
Articolo 8
Comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Articolo 9
Sanzioni
Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento e adottano ogni provvedimento necessario per assicurare l’applicazione delle sanzioni stesse. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 10
Relazione
1. Ogni Stato membro informa la Commissione delle misure che prende per l'esecuzione del presente regolamento.
La Commissione comunica tali informazioni agli altri Stati membri.
2. Ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione del presente regolamento.
Il Consiglio, su proposta della Commissione, procede ogni tre anni a esaminare e se del caso a rivalutare gli importi indicati nell'allegato I, per tener conto degli indicatori economici e monetari nella Comunità.
Articolo 11
Abrogazione
Il regolamento (CEE) n. 3911/92, come modificato dai regolamenti elencati all'allegato II, è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III.
Articolo 12
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) GU L 395 del 31.12.1992, pag. 1.
(2) Cfr. allegato II.
(3) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(4) GU L 82 del 22.3.1997, pag. 1.
(5) GU L 74 del 27.3.1993, pag. 74.
ALLEGATO I
Categorie di beni culturali di cui all'articolo 1
1.
Reperti archeologici aventi più di 100 anni, provenienti da:
—
scavi e scoperte terrestri o sottomarini
9705 00 00
—
siti archeologici
9706 00 00
—
collezioni archeologiche
2.
Elementi costituenti parte integrante di monumenti artistici, storici o religiosi e provenienti dallo smembramento dei monumenti stessi, aventi più di 100 anni
9705 00 00
9706 00 00
3.
Quadri e pitture diversi da quelli appartenenti alla categoria 4 o 5, fatti interamente a mano, su qualsiasi supporto e con qualsiasi materiale (1)
9701
4.
Acquerelli, guazzi e pastelli eseguiti interamente a mano, su qualsiasi supporto (1)
9701
5.
Mosaici, diversi da quelli delle categorie 1 o 2, realizzati interamente a mano, con qualsiasi materia, e disegni fatti interamente a mano su qualsiasi supporto e con qualsiasi materia (1)
6914
9701
6.
Incisioni, stampe, serigrafie e litografie originali e relative matrici, nonché manifesti originali (1)
Capitolo 49
9702 00 00
8442 50 99
7.
Opere originali dell'arte statuaria o dell'arte scultoria e copie ottenute con il medesimo procedimento dell'originale (1), diverse da quelle della categoria 1
9703 00 00
8.
Fotografie, film e relativi negativi (1)
3704
3705
3706
4911 91 80
9.
Incunaboli e manoscritti, comprese le carte geografiche e gli spartiti musicali, isolati o in collezione (1)
9702 00 00
9706 00 00
4901 10 00
4901 99 00
4904 00 00
4905 91 00
4905 99 00
4906 00 00
10.
Libri aventi più di 100 anni, isolati o in collezione
9705 00 00
9706 00 00
11.
Carte geografiche stampate aventi più di 200 anni
9706 00 00
12.
Archivi di qualsiasi natura e supporto, comprendenti elementi aventi più di 50 anni
3704
3705
3706
4901
4906
9705 00 00
9706 00 00
13.
a)
Collezioni (2) ed esemplari provenienti da collezioni di zoologia, botanica, mineralogia, anatomia
9705 00 00
b)
Collezioni (2) aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico
9705 00 00
14.
Mezzi di trasporto aventi più di 75 anni
9705 00 00
Capitoli 86-89
15.
Altri oggetti d'antiquariato non contemplati dalle categorie da A.1 a A.14
a)
aventi fra 50 e 100 anni:
giocattoli, giochi
Capitolo 95
vetrerie
7013
articoli di oreficeria
7114
mobili e oggetti d'arredamento
Capitolo 94
strumenti ottici, fotografici o cinematografici
Capitolo 90
strumenti musicali
Capitolo 92
orologi
Capitolo 91
opere in legno
Capitolo 44
vasellame
Capitolo 69
arazzi
5805 00 00
tappeti
Capitolo 57
carte da parati
4814
armi
Capitolo 93
b)
aventi più di 100 anni
9706 00 00
I beni culturali rientranti nelle categorie da A.1 a A.15 sono disciplinati dal presente regolamento soltanto se il loro valore è pari o superiore ai valori di cui al punto B.
B. Valori applicabili a talune categorie di cui al punto A (in EUR)
Valori:
qualunque ne sia il valore
—
1 (Reperti archeologici)
—
2 (Smembramento di monumenti)
—
9 (Incunaboli e manoscritti)
—
12 (Archivi)
15 000
—
5 (Mosaici e disegni)
—
6 (Incisioni)
—
8 (Fotografie)
—
11 (Carte geografiche stampate)
30 000
—
4 (acquerelli, guazzi e pastelli)
50 000
—
7 (Arte statuaria)
—
10 (Libri)
—
13 (Collezioni)
—
14 (Mezzi di trasporto)
—
15 (Altri oggetti)
150 000
—
3 (Quadri)
Il rispetto delle condizioni relative ai valori deve essere accertato al momento della presentazione della domanda di licenza di esportazione. Il valore è quello del bene culturale nello Stato membro di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento.
Per gli Stati membri che non adottano l'euro, i valori espressi in euro nell'allegato I sono convertiti e espressi nelle monete nazionali al tasso di cambio del 31 dicembre 2001 pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Tale controvalore nelle monete nazionali è rivisto ogni due anni dal 31 dicembre 2001 in poi. Il calcolo del controvalore si basa sulla media del valore quotidiano di tali monete, espresso in euro, relativo al periodo di ventiquattro mesi terminante l'ultimo giorno del mese di agosto che precede la revisione avente effetto dal 31 dicembre. Questo metodo di calcolo è riesaminato, su proposta della Commissione, dal comitato consultivo dei beni culturali, in linea di principio due anni dopo la prima applicazione. Per ogni revisione i valori espressi in euro e i loro controvalori in moneta nazionale sono periodicamente pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea nei primi giorni del mese di novembre precedente la data da cui ha effetto la revisione.
(1) Aventi più di 50 anni e non appartenenti all'autore.
(2) Quali definite dalla Corte di giustizia nella sentenza n. 252/84: «Gli oggetti da collezione ai sensi della voce 97.05 della TDC sono quelli che possiedono le qualità richieste per far parte di una collezione, cioè gli oggetti relativamente rari, che non sono normalmente usati secondo la loro destinazione originaria, che formano oggetto di transazioni speciali al di fuori del mercato abituale degli analoghi oggetti di uso comune e hanno un valore elevato.»
ALLEGATO II
Regolamento abrogato e sue modificazioni successive
Regolamento (CEE) n. 3911/92 del Consiglio
(GU L 395 del 31.12.1992, pag. 1)
Regolamento (CE) n. 2469/96 del Consiglio
(GU L 335 del 24.12.1996, pag. 9)
Regolamento (CE) n. 974/2001 del Consiglio
(GU L 137 del 19.5.2001, pag. 10)
Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1)
limitatamente all’allegato I, punto 2
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CEE) n. 3911/92
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, alinea
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, alinea
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 2, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 4
Articoli da 3 a 9
Articoli da 3 a 9
Articolo 10, primo comma
Articolo 10, paragrafo 1, primo comma
Articolo 10, secondo comma
Articolo 10, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 10, terzo comma
Articolo 10, paragrafo 2, primo comma
Articolo 10, quarto comma
—
Articolo 10, quinto comma
Articolo 10, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 11
Articolo 11
Articolo 12
Allegato, punti A.1, A.2 e A.3
Allegato I, punti A.1, A.2 e A.3
Allegato, punto A.3 bis
Allegato I, punto A.4
Allegato, punto A.4
Allegato I, punto A.5
Allegato, punto A.5
Allegato I, punto A.6
Allegato, punto A.6
Allegato I, punto A.7
Allegato, punto A.7
Allegato I, punto A.8
Allegato, punto A.8
Allegato I, punto A.9
Allegato, punto A.9
Allegato I, punto A.10
Allegato, punto A.10
Allegato I, punto A.11
Allegato, punto A.11
Allegato I, punto A.12
Allegato, punto A.12
Allegato I, punto A.13
Allegato, punto A.13
Allegato I, punto A.14
Allegato, punto A.14
Allegato I, punto A.15
Allegato, punto B
Allegato I, punto B
—
Allegato II
—
Allegato III | Esportazione di beni culturali
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Ai fini della protezione dei beni culturali europei, il regolamento garantisce che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'Unione europea (UE) mediante le licenze di esportazione.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento definisce le regole sull'esportazione dei beni culturali ai fini della loro protezione. Esso garantisce, in particolare, che le esportazioni di beni culturali siano sottoposte a controlli uniformi alle frontiere esterne dell'UE. Le categorie di beni culturali oggetto del presente regolamento sono elencate all'allegato I.
Licenze di esportazione
L'esportazione di beni culturali al di fuori del territorio della Comunità è soggetta alla presentazione di una licenza di esportazione. La licenza di esportazione è rilasciata, su richiesta dell'interessato, dall'autorità competente dello Stato membro ed è valida in tutta la Comunità. La licenza di esportazione può essere negata da uno Stato membro qualora i beni culturali in questione siano contemplati da una legislazione che tutela il patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico nello Stato membro di cui trattasi. In alcune circostanze, uno Stato membro può autorizzare le esportazioni di alcuni beni culturali senza una licenza.
La licenza di esportazione è presentata, a sostegno della dichiarazione di esportazione, al momento dell'espletamento delle formalità doganali di esportazione, presso l'ufficio doganale competente. Gli Stati membri possono limitare il numero degli uffici doganali competenti per espletare le formalità relative ai beni culturali.
Il regolamento di esecuzione (UE) n. 1081/2012 della Commissione stabilisce le norme che disciplinano la redazione, il rilascio e l'utilizzo delle licenze di esportazione di cui al regolamento (CE) n. 116/2009.
Esso specifica le tipologie di licenza da rilasciare, il loro utilizzo ed il loro periodo di validità. Vi sono tre tipi di licenza:
licenza normale: utilizzata in circostanze normali per ogni esportazione soggetta al regolamento (CE) n. 116/2009 e valida per 1 anno;
licenza aperta specifica: concerne l'esportazione temporanea ripetuta di uno specifico bene culturale da parte del suo proprietario per l'utilizzo e/o l'esposizione in paesi terzi ed è valida per 5 anni;
licenza aperta generale: rilasciata ad un museo o ad altri enti per quanto riguarda l'esportazione temporanea di qualsiasi merce appartenente alla loro collezione permanente che sia esportata temporaneamente dall'UE in un paese non UE per l'esposizione su base regolare. La licenza è valida per 5 anni.
Negli allegati I, II e II sono forniti modelli esemplificativi dei tre moduli.
Attuazione
Ai fini dell'attuazione del presente regolamento, è essenziale che vi sia mutua assistenza tra le autorità amministrative degli Stati membri e che queste collaborino con la Commissione europea. Inoltre, deve essere stabilita una cooperazione tra le autorità doganali e le autorità competenti degli Stati membri.
Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento, le quali devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO
Il regolamento (UE) n. 116/2009 è la versione codificata di un atto originale (regolamento (CEE) n. 3911/92) e delle sue successive modifiche. È applicato dal 2 marzo 2009.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si consulti:
«Beni culturali» sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo all'esportazione di beni culturali (versione codificata) (GU L 39 del 10.2.2009, pag. 1-7)
DOCUMENTI CORRELATI
Elenco delle autorità competenti per il rilascio delle licenze di esportazione dei beni culturali, pubblicato conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (GU C 164 del 16.7.2009, pag. 6-20).
Elenco degli uffici doganali abilitati ad espletare le formalità di esportazione dei beni culturali, pubblicato conformemente all'articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (GU C 134 del 13.6.2009, pag. 9-13). | 7,133 | 55 |
31997R1255 | false | Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 174 del 02/07/1997 pag. 0001 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 1255/97 DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEEIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e che modifica le direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE (1), in particolare l'articolo 13, paragrafo 2 e l'articolo 14,vista la proposta della Commissione,considerando che, per migliorare il benessere di certe categorie di animali trasportati, la direttiva 91/628/CEE stabilisce prescrizioni riguardanti la durata massima del viaggio, dopo la quale gli animali devono essere scaricati, nutriti e abbeverati e fatti riposare per almeno 24 ore prima di far loro riprendere il viaggio;considerando che tali interruzioni obbligatorie nel trasporto di animali a lunga distanza avvengono nei punti di sosta;considerando che è necessario stabilire criteri applicabili in tutta la Comunità relativamente ai punti di sosta, onde garantire le migliori condizioni di benessere per gli animali che vi soggiornano, nonché prevedere talune disposizioni particolari in materia di polizia sanitaria;considerando che, onde facilitare il controllo del funzionamento dei punti di sosta, nonché dei veicoli e degli animali che li attraversano, è necessario prevedere la tenuta di un registro e occuparsi di alcune altre questioni amministrative;considerando che, per garantire che il viaggio degli animali trasportati prosegua nelle migliori condizioni possibili di benessere, l'autorità competente deve accertare la loro idoneità a proseguire il viaggio;considerando che, in attesa di misure volte alla riscossione di un canone comunitario per le spese determinate dal controllo veterinario per accertare l'idoneità degli animali a proseguire il viaggio, occorre precisare che gli Stati membri hanno la possibilità, nel rispetto delle norme generali del trattato, di mettere tali spese a carico dell'operatore interessato;considerando che, per assicurare l'osservanza di determinate norme applicabili nei punti di sosta, occorre adeguare alle nuove disposizioni il ruolino di marcia di cui al capitolo VIII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE;considerando che è importante fissare in primo luogo le norme riguardanti i punti di sosta per solipedi domestici ed animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina;considerando che il comitato veterinario scientifico ha raccomandato certi requisiti minimi per i punti di sosta, che sono stati presi in considerazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica unicamente ai punti di sosta nella Comunità europea che accolgono durante almeno 24 ore solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina secondo le disposizioni di cui al capitolo VII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE e fatte salve le direttive 64/432/CEE (2), 80/213/CEE (3), 85/511/CEE (4), 89/608/CEE (5), 90/425/CEE (6), 90/426/CEE (7), 91/68/CEE (8), 91/496/CEE (9), 92/102/CEE (10) e 93/119/CE (11).2. I punti di sosta di cui al paragrafo 1 devono rispettare i criteri comunitari previsti dal presente regolamento.Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si applicano, ove necessario, le definizioni di cui all'articolo 2 delle direttive 64/432/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE e 91/628/CEE.Articolo 3 1. Gli Stati membri provvedono affinché i punti di sosta siano approvati dall'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovano.2. Ai fini della concessione del riconoscimento, l'autorità competente quale definita all'articolo 2, paragrafo 6 della direttiva 90/425/CEE provvede affinché i punti di sosta soddisfino i requisiti di cui all'allegato I del presente regolamento; tali punti di sosta devono inoltre:a) essere situati in una zona non soggetta a divieto o restrizione secondo la pertinente legislazione comunitaria;b) essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale che vigila in particolare alla osservanza delle disposizioni del presente regolamento;c) funzionare nel rispetto di tutte le disposizioni comunitarie pertinenti in materia di rispetto delle norme di polizia sanitaria, movimento degli animali e protezione degli animali al momento della macellazione;d) essere oggetto di ispezioni regolari per controllare che le condizioni di riconoscimento continuino ad essere soddisfatte.3. L'autorità competente rilascia un numero di riconoscimento a ciascun punto di sosta approvato. Tale riconoscimento può essere limitato ad una o più specie particolari o a alcune categorie di animali e di qualifica sanitaria. L'autorità competente notifica alla Commissione l'elenco dei punti di sosta approvati, nonché gli eventuali aggiornamenti. La Commissione comunica tali informazioni agli Stati membri nell'ambito del comitato veterinario permanente.4. L'autorità competente può sospendere o ritirare il riconoscimento in caso di mancata osservanza del presente articolo o di altre disposizioni appropriate del presente regolamento, oppure in caso di modifica della qualifica sanitaria della zona di ubicazione o di inosservanza delle norme relative al benessere degli animali. Il riconoscimento può essere nuovamente attribuito quando l'autorità competente abbia la garanzia che il punto di sosta soddisfi nuovamente tutte le disposizioni del presente regolamento.Articolo 4 1. I punti di sosta devono essere usati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.2. Tuttavia, in deroga al precedente paragrafo del presente articolo, gli Stati membri possono inoltre riconoscere come punti di sosta i centri di raccolta quali definiti all'articolo 2, lettera o) della direttiva 64/432/CEE, a condizione che, allorché sono utilizzati come punti di sosta:a) soddisfino sia le prescrizioni pertinenti dell'articolo 11 della direttiva 64/432/CEE che le prescrizioni del presente regolamento;b) siano utilizzati esclusivamente per tale attività nel periodo in causa;c) non siano utilizzati per l'acquisto e la vendita degli animali contemplati dal presente regolamento.3. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata caratteristica della specie in causa e per i quali i punti di sosta sono stati approvati, possono essere presenti contemporaneamente nei punti di sosta, onde evitare qualsiasi rischio il compromettere la loro qualifica sanitaria.Articolo 5 Il proprietario o la persona fisica o giuridica che gestisce un punto di sosta è responsabile dell'osservanza delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. A tal fine esso è tenuto in particolare:a) ad ammettere unicamente gli animali certificati e identificati secondo le normative comunitarie pertinenti, in particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3. A tal fine, egli verifica o fa verificare i documenti sanitari o altri documenti di accompagnamento relativi alle specie o alle categorie interessate e in maniera casuale i marchi di identificazione degli animali;b) a provvedere affinché, fatte salve le disposizioni di cui all'allegato I, parte B, punto 3, gli animali siano tenuti nei punti di sosta nello stesso gruppo che costituiva la partita di origine e che ciascuna partita sia alloggiata in installazioni totalmente separate la cui gestione deve avvenire secondo le istruzioni del veterinario ufficiale, al fine in particolare di evitare qualsiasi contatto che possa compromettere la qualifica sanitaria degli animali;c) a provvedere affinché gli animali che soggiornano nei punti di sosta siano nutriti ed abbeverati al momento opportuno, tenendo conto della specie in questione, ed a disporre a tal fine dei quantitativi adeguati;d) ad accudire gli animali che soggiornano nei punti di sosta e, ove necessario, a prendere tutte le disposizioni per assicurare il benessere degli animali e la conformità ai requisiti di salute animale;e) a rivolgersi, in caso di necessità, ad un veterinario- affinché agli animali che si ammalano o si feriscono durante il periodo in cui sono sotto la sua responsabilità venga prestato il trattamento veterinario opportuno e- affinché, se necessario, l'animale in causa sia macellato immediatamente o abbattuto o gli sia praticata l'eutanasia secondo la direttiva 93/119/CE;f) a utilizzare personale che possieda le attitudini, conoscenze e capacità professionali adeguate e che a tal fine disponga di una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione, ovvero vanti un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione degli animali in questione nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata a tali animali;g) ad adottare le misure necessarie per garantire che tutti coloro che procedono alla manipolazione degli animali nei punti di sosta rispettino le disposizioni pertinenti in materia di benessere degli animali;h) a iscrivere in un registro o supporto informatico, da conservare e tenere a disposizione dell'autorità competente, per almeno tre anni, i dati di cui all'allegato I, parte C, punto 7;i) a segnalare il più rapidamente possibile all'autorità competente le anomalie riscontrate.Articolo 6 1. Prima della partenza degli animali dal punto di sosta, il veterinario ufficiale o un veterinario designato a tal fine dall'autorità competente conferma sul ruolino di marcia, modificato a tal fine in base all'allegato II, che gli animali sono idonei a continuare il viaggio.Gli Stati membri possono stabilire che le spese sostenute per il suddetto controllo veterinario siano a carico dell'operatore interessato.2. Le norme relative allo scambio di informazioni tra autorità per conformarsi ai requisiti del presente regolamento sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 91/628/CEE.Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ. VAN AARTSEN(1) GU n. L 340 dell'11. 12. 1991, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE (GU n. L 148 del 30. 6. 1995, pag. 52).(2) GU n. 121 del 29. 7. 1964, pag. 1977/64. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE.(3) GU n. L 47 del 21. 2. 1980, pag. 1.(4) GU n. L 315 del 26. 11. 1985, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU n. L 351 del 2. 12. 1989, pag. 34.(6) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/118/CEE (GU n. L 62 del 15. 3. 1993, pag. 49).(7) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 42. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(8) GU n. L 46 del 19. 2. 1991, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/953/CE (GU n. L 371 del 31. 12. 1994, pag. 14).(9) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/43/CE (GU n. L 162 dell'1. 7. 1996, pag. 1).(10) GU n. L 355 del 5. 12. 1992, pag. 32. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(11) GU n. L 340 del 31. 12. 1993, pag. 21.ALLEGATO I CRITERI COMUNITARI PER I PUNTI DI SOSTA A. MISURE SANITARIE E D'IGIENE 1. Ogni punto di sosta devea) avere le apparecchiature idonee alla pulitura e alla disinfezione di tutti i fabbricati, attrezzature, impianti e veicoli,b) essere costruito con materiali tali da poter essere adeguatamente e facilmente puliti e disinfettati,c) essere pulito e disinfettato prima e dopo ogni utilizzazione secondo le istruzioni del veterinario ufficiale.2. Il responsabile del punto di sosta deve fornire attrezzature pulite e tute di protezione, riservati esclusivamente a chiunque entri nel punto di sosta e mettere a disposizione le apparecchiature idonee alla loro pulitura e disinfezione.3. Le lettiere devono essere rimosse quando una partita di animali viene allontanata da un recinto e dopo esser state pulite e disinfettate secondo quanto previsto dal punto 1, lettera c) sostituite con lettiere fresche.4. I punti di sosta devono essere completamente evacuati dagli animali per un periodo di almeno 24 ore dopo un massimo di sei giorni di utilizzazione e dopo che sono state effettuate le operazioni di pulitura e di disinfezione e prima dell'arrivo di un'altra partita di animali.B. COSTRUZIONE E IMPIANTI 1. Oltre alle disposizioni di cui all'allegato, capitolo 1, parte A, punto 4 della direttiva 91/628/CEE applicabili ai mezzi di trasporto per il carico e lo scarico degli animali, ogni punto di sosta deve disporre di adeguate attrezzature e impianti per il carico e scarico degli animali dai mezzi di trasporto. In particolare le attrezzature e gli impianti devono avere un pavimento antisdrucciolevole e, ove occorra, devono essere muniti di protezioni laterali. Ponti, rampe e passerelle devono essere provvisti di parapetti o altri mezzi di protezione onde impedire che gli animali possano cadere. Le rampe di carico e scarico devono avere la minima inclinazione possibile. I corridoi nei quali passano gli animali devono essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli ed essere concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi. È necessario evitare assolutamente che tra il pavimento del veicolo e la rampa o tra la rampa e il pavimento della zona di scarico vi sia un dislivello o un gradino tale da costringere gli animali a saltare o da farli scivolare o inciampare.A decorrere dal 1° luglio 1999 tutti i punti di sosta devono essere costantemente muniti di un numero sufficiente di rampe fisse o mobili costruite e usate in modo che gli animali non debbano salire e scendere per pendenze superiori a 20° durante il carico e lo scarico.2. Tutti gli impianti dei punti di sosta usati per accogliere gli animali devono:a) essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli e concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi;b) aver una tettoria ed un'adeguata protezione laterale onde proteggere gli animali da condizioni climatiche avverse;c) disporre di adeguati impianti per tenere, ispezionare, eventualmente esaminare, nutrire e abbeverare gli animali e per conservare i mangimi;d) disporre, secondo la capacità di accoglienza, di ventilazione e drenaggio idonei per la specie di animali accolti;e) disporre di illuminazione naturale o artificiale di intensità sufficiente a consentire l'ispezione di tutti gli animali in qualsiasi momento; se necessario, dovrebbe essere disponibile un'adeguata illuminazione di riserva;f) disporre di apparecchiature per legare gli animali per i quali esista tale necessità; in questo caso gli animali devono essere legati in modo da non soffrire inutilmente e da poter alimentarsi, bere o coricarsi senza difficoltà;g) disporre, in funzione delle specie in questione, di sufficiente spazio per consentire agli animali di coricarsi contemporaneamente e di arrivare agevolmente agli impianti di abbeveraggio e alimentazione;h) avere un'adeguata disponibilità di materiale per lettiere. Tale materiale deve essere sistemato in ciascun recinto in modo da rispettare le esigenze di ciascuna specie o categoria di animali accolti;i) essere costruiti e mantenuti in modo da evitare che gli animali vengano a contatto con oggetti appuntiti o pericolosi oppure con superfici danneggiate che possano causar loro ferite.3. I punti di sosta devono avere adeguati impianti che consentano l'alloggio separato di animali ammalati, feriti o bisognosi di particolari attenzioni.4. Nei punti di sosta devono essere disponibili impianti idonei per tutto il personale che frequenta ed utilizza i locali.5. I punti di sosta devono disporre di sistemi adeguati per il deposito e l'eliminazione di materiali di scarto e per il deposito delle carcasse, in attesa che siano portate via e distrutte a norma della direttiva 90/667/CEE (1).C. MODALITÀ OPERATIVE 1. Gli animali devono essere scaricati al più presto dopo il loro arrivo. Tuttavia in caso di ritardi inevitabili, tenuto conto in particolare delle condizioni climatiche e dei periodi di attesa, occorre assicurare che gli animali beneficino delle migliori condizioni di benessere.2. Durante le operazioni di carico e scarico occorre provvedere affinché gli animali non siano spaventati, eccitati o maltrattati e occorre evitare che siano rovesciati. Gli animali non devono essere sollevati o trascinati per la testa, le corna, le orecchie, le zampe, la coda o il vello, in modo da evitare ferite o sofferenze inutili. Ove occorra, gli animali devono essere guidati individualmente.3. Per gli spostamenti degli animali in tutti gli impianti:a) devono essere previsti dei corridoi per assecondare le loro tendenze gregarie;b) gli strumenti destinati a guidare gli animali devono essere usati soltanto a questo fine e gli strumenti che provocano scariche elettriche devono essere evitati il più possibile; possono comunque essere usati soltanto per i bovini ed i suini adulti che rifiutano di muoversi, a condizione che le scariche non durino più di due secondi, siano adeguatamente intervallate e che gli animali dispongano davanti a loro di spazio sufficiente per muoversi. Le scariche possono essere applicate soltanto ai muscoli posteriori;c) gli animali non devono essere percossi, né subire pressioni su qualsiasi parte sensibile del corpo, in particolare non si deve loro schiacciare, torcere o rompere la coda, né colpire gli occhi. È vietato prenderli a pugni o a calci;d) il personale addetto agli animali nei punti di sosta non deve detenere né usare pungoli o altri strumenti appuntiti. Si possono usare bastoni o altri strumenti per guidare gli animali purché non causino ferite o sofferenze inutili quando entrano in contatto con il corpo dell'animale.4. Gli animali che arrivano dopo essere stati sottoposti a temperature elevate in condizioni di tempo umido devono poter essere rinfrescati al più presto con metodi appropriati.5. Gli animali devono essere nutriti e abbeverati in modo che ogni capo accolto nel punto di sosta possa almeno disporre di un quantitativo sufficiente di acqua pulita e di mangime adeguato per soddisfare le sue esigenze fisiologiche durante il soggiorno e per la prevista durata del viaggio fino al successivo punto di sosta in cui sarà nutrito. I punti di sosta possono accogliere animali con speciali esigenze alimentari quali, ad esempio, i giovani vitelli che hanno bisogno di un alimento liquido, soltanto se adeguatamente attrezzati e provvisti di personale in grado di soddisfare tali esigenze.6. Le condizioni e lo stato degli animali devono essere ispezionati dal personale del punto di sosta al momento dell'arrivo e almeno una volta ogni 12 ore durante il soggiorno nel punto di sosta.7. Il registro di cui all'articolo 5, lettera h) della presente direttiva deve contenere i dati seguenti:a) data e ora di completamento dello scarico e di inizio del ricarico degli animali di ogni partita;b) data e durata del vuoto sanitario di cui alla parte A, punto 4 del presente allegato;c) numero/numeri del certificato sanitario/dei certificati sanitari relativi a ciascuna partita;d) eventuali osservazioni utili sulla salute o sullo stato di benessere degli animali e in particolare:- caratteristiche e numero degli animali trovati morti al momento dello scarico nel punto di sosta o morti durante il soggiorno nello stesso;- caratteristiche e numero degli animali trovati gravemente feriti al momento dello scarico, feritisi durante il soggiorno o che vengono ritenuti non idonei per spostamenti ulteriori;e) nomi e indirizzi del trasportatore e degli autisti e numeri di immatricolazione dei veicoli.(1) GU n. L 363 del 27. 12. 1990, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994. | Il benessere degli animali durante il trasporto: norme relative ai punti di sosta
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme relative ai punti di sosta in cui gli animali devono riposare per almeno 12 ore durante pause obbligatorie nei viaggi di lunga distanza all’interno dell’Unione europea (UE). Queste regole sono concepite per garantire condizioni ottimali per il loro benessere.
PUNTI CHIAVE
I punti di sosta devono:
trovarsi in luoghi non soggetti a restrizioni di polizia sanitaria;
essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale;
essere oggetto di ispezioni regolari almeno due volte all’anno;
essere conformi a tutte le norme dell’UE sulla salute degli animali;
rispettare dettagliate misure di salute e igiene, criteri di costruzione e regole operative. Tali norme riguardano lo strame, le lettiere, le operazioni di carico e scarico delle attrezzature e il trattamento degli animali durante il loro soggiorno.
I punti di sosta vengono utilizzati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.
Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata possono essere presenti contemporaneamente.
L’autorità nazionale competente approva e assegna un numero a ciascun punto di sosta. L’approvazione può essere limitata a determinate specie o categorie di animali e alle loro condizioni di salute.
I proprietari dei punti di sosta devono:
accettare esclusivamente animali certificati o identificati in base alle normative dell’UE rilevanti;
garantire che gli animali vengano accuditi, nutriti e abbeverati secondo necessità;
chiamare un veterinario, se necessario, per trattare o inoltrare a destinazione un animale;
utilizzare personale che abbia ricevuto una formazione e possieda le competenze professionali adeguate;
notificare alle autorità competenti la partenza di una consegna entro un giorno lavorativo;
informare l’autorità competente delle irregolarità il prima possibile.
Nel caso di gravi violazioni delle norme riguardanti la salute o il benessere degli animali, i paesi dell’UE devono sospendere l’utilizzo di un punto di sosta e devono informare la Commissione europea e gli altri paesi dell’UE in merito.
Prima che gli animali lascino il punto di sosta, un veterinario ufficiale deve verificare che siano idonei a proseguire il viaggio.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 1o gennaio 1999.
CONTESTO
Il trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, riconosce che gli animali sono esseri senzienti. Di conseguenza, le politiche dell’UE devono rispettare tutti i requisiti relativi al loro benessere.
L’UE ha adottato normative separate per quanto concerne:
il benessere degli animali trasportati all’interno dell’UE;
la protezione degli animali durante il trasporto internazionale.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Benessere degli animali: i traguardi più significativi» sul sito Internet della Commissione europea.
ATTO
Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio, del 25 giugno 1997, riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall’allegato della direttiva 91/628/CEE (GU L 174 del 2.7.1997, pagg. 1-6)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44)
Decisione 2004/544/CE del Consiglio, del 21 giugno 2004, relativa alla firma della Convenzione europea sulla protezione degli animali nei trasporti internazionali (GU L 241 del 13.7.2004, pag. 21) | 7,747 | 511 |
32003D0752 | false | 2003/752/CE: Decisione n. 190, del 18 giugno 2003, concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia (Testo rilevante ai fini del SEE e dell'accordo UE/Svizzera.)
Gazzetta ufficiale n. L 276 del 27/10/2003 pag. 0004 - 0018
Decisione n. 190del 18 giugno 2003concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia(Testo rilevante ai fini del SEE e dell'accordo UE/Svizzera)(2003/752/CE)LA COMMISSIONE AMMINISTRATIVA,vista la decisione n. 189 della commissione amministrativa, del 18 giugno 2003, volta a sostituire la tessera europea d'assicurazione malattia ai moduli necessari all'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio per quanto riguarda l'accesso alle cure durante un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza,considerando quanto segue:(1) Il rilascio della tessera europea d'assicurazione malattia avviene a cura dell'istituzione dello stato competente o di residenza. Per facilitare l'assunzione a carico ed il rimborso delle cure dispensate sulla base della tessera europea, è necessario che i tre principali soggetti interessati, ovvero gli assicurati, i prestatori di cure e le istituzioni, possano riconoscere agevolmente ed accettare la tessera europea grazie ad un modello unico e a specificazioni uniformi.(2) I dati che dovranno figurare sulla tessera europea d'assicurazione malattia in maniera visibile sono definiti dall'articolo 6 della decisione n. 189 della commissione amministrativa. L'introduzione di una tessera europea d'assicurazione malattia dotata di menzioni scritte è la prima tappa di un processo che sfocerà nella soppressione degli attuali moduli cartacei e nell'utilizzo di un supporto elettronico per accedere alle cure sanitarie in occasione di un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza. Tuttavia le istituzioni competenti degli Stati membri che lo desiderassero possono comunque fin dalla prima tappa inserire i dati in questione anche in un supporto elettronico (chip o banda magnetica).(3) Quando circostanze eccezionali impediscono all'interessato di presentare la tessera europea, viene rilasciato un certificato provvisorio sostitutivo in base ad un modello uniforme,DECIDE:Articolo 1Il modello e le specificazioni della tessera europea d'assicurazione malattia sono stabiliti secondo le modalità definite all'allegato 1 della presente decisione.Articolo 2Il modello del certificato provvisorio sostitutivo è stabilito secondo le modalità definite dall'allegato 2 della presente decisione.Articolo 3La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essa è applicabile a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione.Il presidente della commissione amministrativaTheodora TsotsorouALLEGATO 1DISPOSIZIONI TECNICHE RIGUARDANTI IL MODELLO DI TESSERA EUROPEA D'ASSICURAZIONE MALATTIA1. IntroduzioneConcordemente alle decisioni in materia della commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, la tessera europea di assicurazione malattia contiene una serie "basilare" di dati leggibili "a occhio" da utilizzarsi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si è assicurati o residenti, al fine di:- identificare la persona assicurata, l'istituzione competente e la tessera,- dichiarare il diritto ad ottenere cure durante una permanenza temporanea in un altro Stato membro.I modelli riprodotti qui di seguito sono basati sulle caratteristiche tecniche definite nel presente documento; tuttavia essi vanno considerati come esempi puramente indicativi.Illustrazione 1: Esempio per la parte frontale>PIC FILE= "L_2003276IT.000602.TIF">Illustrazione 2: Esempio per il retro>PIC FILE= "L_2003276IT.000603.TIF">Mentre l'ordine dei dati leggibili "a occhio nudo" è identico nei due modelli, ovvero a prescindere dal lato usato dalla tessera europea di assicurazione malattia, sono state definite strutture diverse per i due lati (fronte e retro). Ciò è il risultato del compromesso raggiunto tra il modello unico richiesto per la tessera europea e le differenze strutturali tra i due lati, nello sforzo di mantenere uno stile uniforme tra fronte e retro della tessera.2. Riferimenti normativi>SPAZIO PER TABELLA>3. Specificazioni3.1. DefinizioniLa parte frontale (fronte) è la parte nella quale è inserito l'eventuale microprocessore. La parte posteriore (retro) è la parte nella quale è applicata l'eventuale banda magnetica. Qualora non vi sia né un microprocessore né una banda magnetica, la parte frontale sarà quella in cui saranno presentate le informazioni elencate nel presente documento.3.2. Struttura globaleIl formato della tessera europea di assicurazione malattia è conforme al formato ID-1 (altezza 53,98 mm, larghezza 85,60 mm e spessore 0,76 mm). Tuttavia, qualora la tessera europea di assicurazione malattia assuma la forma di un adesivo da applicare sul retro di una tessera nazionale, il criterio ID-1 relativo allo spessore non è applicabile.3.2.1. Tessera europea di assicurazione malattia: parte frontale della tesseraLo sfondo è diviso in due parti da un'asse verticale che divide la superficie della tessera in due parti, la parte 1 sulla sinistra (larghezza 53 mm) e la parte 2 sulla destra.Si è provveduto a posizionare 4 marcatori tramite una serie di linee guida:- 3 linee guida verticali:a) a 5 mm dal margine sinistro della tessera;b) a 21,5 mm dal margine sinistro della tessera;c) a 1 mm dal margine destro della tessera;- 3 linee guida orizzontali:d) a 2 mm dal margine superiore della tessera;e) a 17 mm dal margine superiore della tessera;f) a 5 mm dal margine inferiore della tessera.a) Tessera senza microprocessore>PIC FILE= "L_2003276IT.000801.TIF">b) Tessera con microprocessore>PIC FILE= "L_2003276IT.000802.TIF">3.2.2. Tessera europea di assicurazione malattia: retro della tesseraLo sfondo è diviso in due parti da un'asse che taglia in due parti uguali la sezione orizzontale della tessera. La parte 1 è la parte superiore, la parte 2 quella inferiore.Si è provveduto a posizionare 5 marcatori tramite una serie di linee guida:- simmetrici:g) a 9 mm dal margine sinistro della tessera;h) al centro della tessera;i) a 9 mm dal margine destro della tessera;- verticali:j) a 3 mm dal margine sinistro della tessera;k) a 3 mm dal margine destro della tessera;- orizzontali:l) al centro della tessera;m) a 2 mm dal margine inferiore della tessera.c) Con banda magnetica>PIC FILE= "L_2003276IT.000901.TIF">d) Senza banda magnetica>PIC FILE= "L_2003276IT.000902.TIF">3.3. Sfondo ed elementi grafici3.3.1. Colori dello sfondoI colori dello sfondo sono disposti come segue(1):- la parte 1 è di colore blu scuro mescolato a porpora(2),- la parte 2 è di un tono grigio/blu(3) con sfumature leggermente più scure dal centro ai margini della tessera,- lo spazio per i dati è composto da strisce bianche da usare come sfondo per ciascuna delle righe individuali destinate ai dati (cfr. qui di seguito).Per la parte 2 e per lo spazio riservato ai dati è stato usato un effetto ombra al fine di creare un effetto rilievo in presenza di luce proveniente dall'angolo superiore sinistro della tessera. Lo spazio libero ha lo stesso colore della parte 2 (senza effetto ombra) o dello spazio dati.3.3.2. Marchio europeoIl marchio europeo è composto dalle stelle europee colorate in bianco:- quando si trova sul fronte della tessera, ha un diametro di 15 mm ed è posizionato verticalmente al di sotto della linea guida "d" nonché orizzontalmente sulla parte 2 dello sfondo,- quando si trova sul retro della carta, esso ha un diametro di 10 mm ed è posizionato simmetricamente lungo l'asse verticale "i" nonché allineato centralmente con lo spazio libero.Si utilizzerà un marchio alternativo per i paesi in cui una tessera europea deve essere rilasciata ma che non sono membri dell'Unione europea.3.3.3. Spazio per datiL'area riservata allo spazio per dati è composta da strisce bianche riservate ai dati (5 se sul fronte e 4 se sul retro) di altezza pari a 4 mm con interspazi di 2 mm:- qualora si trovi sul fronte della tessera, lo spazio per i dati è localizzato centralmente tra le linee guida verticali "b" e "c" e quelle orizzontali "e" ed "f",- qualora si trovi sul retro della tessera, lo spazio per i dati è collocato simmetricamente lungo l'asse verticale "h" e tra le linee guida verticali "j" e "k" nonché al di sopra di quella orizzontale "m".3.3.4. Spazio liberoLo spazio libero è un'area collocata sul retro della tessera europea ed è a disposizione degli Stati membri. Esso può ad esempio essere usato come striscia per la firma o per inserirvi testi, logo o altro. Il contenuto di tale spazio non ha tuttavia valore legale ma un mero valore informativo.Tale spazio è posizionato come segue:- qualora la tessera europea sia "applicata" sul fronte di una tessera, il retro è una zona libera, senza specifiche,- qualora la tessera europea sia "applicata" sul retro di un'altra tessera, uno spazio libero, con nessuna specifica a parte quella relativa alle sue dimensioni, rimane disponibile sul retro della carta (altezza 10 mm e larghezza 52 mm). Esso è collocato simmetricamente lungo l'asse verticale "h" nonché al centro dello spazio disponibile tra la banda magnetica e gli spazi previsti per i dati, e può essere utilizzato dall'autorità che rilascia la tessera per apporre una striscia o un testo,- qualora non vi sia banda magnetica, lo spazio libero è di 20 mm invece che di 10 mm.3.4. Elementi riguardanti dati predefiniti3.4.1. Denominazione della tessera>SPAZIO PER TABELLA>3.4.2. Didascalia>SPAZIO PER TABELLA>3.4.3. Stato che rilascia la tessera>SPAZIO PER TABELLA>3.5. Elementi riguardanti dati personaliGli elementi riguardanti i dati personali hanno le seguenti caratteristiche comuni:- conformità a EN 1387 per quanto riguarda il set di caratteri: alfabeto latino n. 1 (ISO 8859-1),- qualora fosse necessario abbreviare degli elementi a causa dello spazio limitato, ciò deve essere indicato mediante un punto fermo.I dati verranno stampati tramite laser o tramite trasferimento termico, ma comunque non impressi in rilievo.Ciascun elemento dei dati verrà disposto in base alla disposizione seguente:Illustrazione 3: Modello relativo al fronte dello spazio dati>PIC FILE= "L_2003276IT.001201.TIF">Illustrazione 4: Modello relativo al retro dello spazio dati>PIC FILE= "L_2003276IT.001202.TIF">3.5.1. Identificazione del modulo>SPAZIO PER TABELLA>3.5.2. Elementi relativi ai dati riguardanti il titolare della tesseraSi noti che il titolare della tessera può non essere l'assicurato, bensì un beneficiario, in quanto la tessera è individuale.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.5.3. Elementi relativi ai dati riguardanti l'istituzione competente>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.5.4. Elementi relativi ai dati riguardanti la tessera>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.6. Requisiti di sicurezzaL'autorità che rilascia la tessera conserva la piena responsabilità riguardo a tutte le misure di sicurezza, trovandosi nella posizione migliore per valutare i rischi ed attuare le contromisure del caso.Nei casi in cui sarà collocata sul retro di una tessera nazionale, la tessera europea beneficerà di tutte le misure di sicurezza applicate alla tessera nazionale. Tuttavia, come misura di sicurezza supplementare, si suggerisce di mantenere alcuni dati identici sui due lati della tessera.Qualora venissero giudicati necessari ulteriori accorgimenti di sicurezza (ad esempio, l'inserimento di una fotografia del titolare), essi verranno collocati sull'altra faccia della tessera.(1) I dettagli tecnici sulla disposizione dei colori sono disponibili su richiesta presso la segreteria della commissione amministrativa. Essi saranno forniti in un formato adatto alle pratiche in uso presso il settore tipografico professionale (ad esempio in forma di file Quark Xpress. Sono previsti 4 colori CYMK e tutte le immagini saranno in formato TIFF).(2) I riferimenti CMYK per questo colore sono C78 M65 Y21 K7.(3) I riferimenti CMYK per il grigio sono C33 M21 Y13 K1 e per il blu sono C64 M46 Y16 K2.ALLEGATO 2MODELLO DEL CERTIFICATO PROVVISORIO SOSTITUTIVO DELLA TESSERA EUROPEA D'ASSICURAZIONE MALATTIA1. IntroduzioneIl certificato europeo di assicurazione malattia (qui di seguito denominato "il certificato") può essere rilasciato alla persona assicurata esclusivamente su richiesta e per sostituire provvisoriamente la tessera europea.Il certificato ha il medesimo formato in tutti gli Stati membri e contiene, nello stesso ordine, gli stessi dati della tessera europea di assicurazione malattia (spazi 1-9) nonché i dati necessari per accertare l'origine e la validità del certificato (spazi a-d).2. Modello di certificatoCfr. pagina seguente.>PIC FILE= "L_2003276IT.001801.TIF"> | Tessera europea d’assicurazione malattia
SINTESI
CHE COSA FANNO QUESTE DECISIONI?
Introducono una tessera europea d’assicurazione malattia standard in sostituzione dei moduli E111 ed E111B utilizzati in precedenza. Permette ai cittadini che soggiornano temporaneamente in un altro paese dell’Unione europea (UE) di beneficiare di procedure di rimborso semplificate per tutte le prestazioni sanitarie ricevute.
PUNTI CHIAVE
La tessera viene emessa gratuitamente dall’autorità nazionale competente del titolare, che stabilisce il periodo di validità della tessera stessa.
La tessera può essere utilizzata in tutti e 28 i paesi dell’UE, nonché in Islanda, in Liechtenstein, in Norvegia e in Svizzera, alle medesime condizioni applicabili ai cittadini di detti paesi.
La tessera garantisce che l’istituzione che presta le cure mediche a un «residente temporaneo» sia rimborsata.
Su di essa compaiono il nome, la data di nascita, un numero d’identificazione personale del titolare e i dettagli relativi all’organizzazione che fornisce l’assicurazione sanitaria al titolare.
Qualora un assicurato non sia in grado di fornire la tessera, potrà richiedere un certificato sostitutivo provvisorio con validità limitata.
La tessera è stata elaborata in base a un formato e specifiche uniformi al fine di assicurarne un riconoscimento agevole da parte del personale medico e delle compagnie di assicurazione.
La tessera non costituisce un’alternativa valida all’assicurazione di viaggio e non copre alcuna spesa di assistenza sanitaria privata.
CONTESTO
Maggiori informazioni: Tessera europea d’assicurazione malattia
ATTO
2003/751/CE: decisione n. 189, del 18 giugno 2003, volta a sostituire la tessera europea d’assicurazione malattia ai moduli necessari all’applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio per quanto riguarda l’accesso alle cure durante un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza
2003/752/CE: decisione n. 190, del 18 giugno 2003, concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia
2003/753/CE: decisione n. 191, del 18 giugno 2003, relativa alla sostituzione dei moduli E 111 ed E 111 B con la tessera europea d’assicurazione malattia
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
2003/751/CE: decisione n. 189
18.6.2003
—
GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 1-3.
2003/752/CE: decisione n. 190
18.6.2003
—
GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 4-18.
2003/753/CE: decisione n. 191
18.6.2003
—
GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 19-21. | 5,316 | 639 |
31989L0384 | false | Direttiva 89/384/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1989, che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all'allegato A della direttiva 85/397/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 181 del 28/06/1989 pag. 0050 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 29 pag. 0189 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 29 pag. 0189
*****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1989 che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all'allegato A della direttiva 85/397/CEE (89/384/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 85/397/CEE del Consiglio, del 5 agosto 1985, concernente i problemi sanitari e di polizia sanitaria negli scambi intracomunitari di latte trattato termicamente (1), modificata dal regolamento (CEE) n. 3768/85 (2), e in particolare l'articolo 11, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione, considerando che la direttiva 85/397/CEE indica nell'allegato A, capitolo VI, punto D, le norme da rispettare per l'ammissione del latte crudo nell'azienda di trattamento o nel centro di raccolta o di normalizzazione; considerando che, per tener conto delle differenze di raccolta, è necessario precisare a quale stadio può essere effettuato il controllo del punto di refrigerazione in modo che a questa esigenza venga ottemperato uniformemente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Gli Stati membri provvedono a che il controllo del punto di refrigerazione del latte crudo di cui al capitolo VI, punto D dell'allegato A della direttiva 85/397/CEE sia effettuato secondo le seguenti modalità: 1) Il latte crudo di ciascuna azienda produttrice deve essere sottoposto a controllo regolare mediante prelievi effettuati per sondaggio. In caso di fornitura diretta del latte da una sola azienda produttrice allo stabilimento di trattamento i prelievi vanno effettuati sia durante l'operazione di raccolta del latte presso l'azienda, purché siano prese precauzioni per impedire frodi durante il trasporto, sia prima dello scarico presso lo stabilimento di trattamento quando il latte è fornito direttamente dal conduttore dell'azienda. Qualora i risultati di un controllo inducano l'autorità competente a sospettare l'aggiunta di acqua al latte, essa preleva presso l'azienda un campione ufficiale. Un campione ufficiale è un campione rappresentativo del latte di una mungitura mattutina o serale totalmente controllata, iniziata non meno di 11 e non più di 13 ore dopo la mungitura precedente. In caso di forniture provenienti da più aziende produttrici i prelievi possono essere effettuati soltanto al momento dell'ammissione del latte crudo nello stabilimento di trattamento o presso il centro di raccolta o di normalizzazione, purché sia comunque effettuato nelle aziende un controllo mediante prelievo di campioni. Qulora dai controlli effettuati risulti un superamento della norma di cui al punto D del capitolo VI dell'allegato A della direttiva 85/397/CEE, vengono effettuati prelievi in tutte le aziende presso le quali è stata fatta la raccolta del latte crudo in questione. Se necessario, l'autorità competente effettua prelievi di campioni ufficiali ai sensi del punto 1), terzo comma. 2) Se i risultati del controllo eliminano il sospetto di aggiunta di acqua il latte crudo può essere utilizzato per la produzione di latte trattato termicamente. Articolo 2 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o luglio 1990. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1989. Per il Consiglio Il Presidente C. ROMERO HERRERA (1) GU n. L 226 del 24. 8. 1985, pag. 13. (2) GU n. L 362 del 31. 12. 1985, pag. 8. | Criteri igienici per il latte crudo e trattato termicamente
SINTESI
L’Unione europea (UE) stabilisce criteri igienici per il latte trattato termicamente (latte pastorizzato, UHT o sterilizzato) per gli scambi intra-UE.
CHE COSA FANNO I PRESENTI ATTI?
Direttiva 89/384/CEE
La direttiva descrive le procedure per il controllo del punto di refrigerazione del latte crudo consegnato alle aziende di trattamento o ai centri di raccolta o di normalizzazione. Il latte crudo di ciascuna azienda produttrice deve essere sottoposto a controllo regolare mediante prelievi effettuati per sondaggio.
Qualora i risultati del controllo provino che non vi è stata l’aggiunta di acqua, il latte crudo può essere usato per produrre latte trattato termicamente. In caso contrario, devono essere svolti ulteriori controlli e, qualora i sospetti vengano confermati, il latte non deve essere immesso sul mercato.
Decisione 92/608/CEE
Questa decisione stabilisce i metodi di analisi e di prova del latte trattato termicamente destinato al consumo umano.
Descrive l’applicazione dei metodi di riferimento di analisi e di prova, la fissazione di criteri di attendibilità e la raccolta dei campioni.
I metodi di analisi e di prova per il latte trattato termicamente destinato al consumo umano diretto consistono nel determinare:
—
la materia secca,
—
il tenore di materia grassa,
—
il tenore di materia secca non grassa (ovvero lattosio, proteine, minerali, acidi ed enzimi),
—
il tenore di azoto totale,
—
il tenore proteico,
—
la massa volumica del prodotto.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I PRESENTI ATTI?
Direttiva 89/384/CEE del Consiglio: a decorrere dal 26 giugno 1989.
Decisione 92/608/CEE del Consiglio: a decorrere dal 31 dicembre 1992.
ATTI
Direttiva 89/384/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1989, che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all’allegato A della direttiva 85/397/CEE (GU L 181 del 28.6.1989, pag. 50)
Decisione 92/608/CEE del Consiglio, del 14 novembre 1992, che stabilisce metodi di analisi e di prova del latte trattato termicamente, destinato al consumo umano diretto (GU L 407 del 31.12.1992, pagg. 29-46)
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (GU L 139 del 30.4.2004, pagg. 55-205)
Le modifiche e le correzioni successive al regolamento (CE) n. 853/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1664/2006 della Commissione, del 6 novembre 2006, che modifica il regolamento (CE) n. 2074/2005 per quanto riguarda le misure di attuazione per taluni prodotti di origine animale destinati al consumo umano e che abroga talune misure di attuazione (GU L 320 del 18.11.2006, pagg. 13-45) | 2,395 | 969 |
31993L0051 | false | Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa
Gazzetta ufficiale n. L 205 del 17/08/1993 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 51 pag. 0186 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 51 pag. 0186
DIRETTIVA 93/51/CEE DELLA COMMISSIONE del 24 giugno 1993 che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essaLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 77/93/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (1), modificata da ultimo dalla direttiva 93/19/CEE del Consiglio (2), in particolare l'articolo 6, paragrafo 7, primo e secondo trattino, considerando che l'applicazione del regime fitosanitario comunitario alla Comunità quale zona senza frontiere interne comporta il riconoscimento di « zone protette » istituite per determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci nei confronti di uno o più organismi nocivi; considerando che a norma della direttiva 77/93/CEE, a decorrere dal 1o giugno 1993, i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II non possono essere introdotti in una determinata zona protetta e non possono esservi spostati se su di essi, sul loro imballaggio o sui veicoli che li trasportano non è apposto un passaporto delle piante valido per tale zona, rilasciato ufficialmente in conformità all'articolo 10, paragrafo 1 della stessa direttiva; che tali disposizioni non si applicano qualora siano soddisfatte determinate garanzie per il trasporto di vegetali, prodotti vegetali e altre voci attraverso una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi; che tali disposizioni possono essere rispettate con condizioni meno rigorose di quelle previste all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva summenzionata per i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa; considerando che, in mancanza di garanzie ovunque accettate, queste devono essere fissate tenendo conto delle particolari condizioni in cui tali spostamenti sono effettuati, onde garantire una sufficiente sicurezza sul piano fitosanitario; considerando che le misure previste dalla presente direttiva sono conformi al parere del comitato fitosanitario permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 2 quando i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE, non originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) della direttiva 77/93/CEE, vengono spostati attraverso la zona di cui trattasi per essere avviati verso una destinazione finale al di fuori di detta zona e senza un passaporto delle piante valido per la medesima. 2. Devono essere rispettate le condizioni seguenti: a) l'imballaggio utilizzato o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci di cui al paragrafo 1 devono essere puliti, esenti dagli organismi di cui al paragrafo 1 e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi; b) subito dopo il condizionamento, l'imballaggio o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci in parola devono essere sigillati secondo rigorose norme fitosanitarie in modo da garantire che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta interessata e che l'identità resti immutata, nonché in modo da rispondere alle esigenze degli organismi ufficiali responsabili di cui alla direttiva 77/93/CEE; l'imballaggio o il veicolo devono restare sigillati durante tutto il trasporto attraverso la zona protetta considerata; c) i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci menzionati nel paragrafo 1 devono essere accompagnati da un documento normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti suddetti provengono dall'esterno della zona protetta considerata e che la loro destinazione finale si trova al di fuori di detta zona. 3. Qualora nel corso di un controllo ufficiale predisposto a norma dell'articolo 11, paragrafo 7 della direttiva 77/93/CEE ed eseguito all'interno della zona considerata si constati che i requisiti di cui all'articolo 1, paragrafo 2 non sono soddisfatti, si prendono immediatamente - se del caso - le seguenti misure ufficiali, fatte salve le misure da adottare se i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci non soddisfano le condizioni fissate dalla direttiva 77/93/CEE: - sigillatura dell'imballaggio, - trasporto sotto controllo ufficiale dei vegetali, dei prodotti vegetali e delle altre voci verso una destinazione al di fuori della zona protetta considerata. Articolo 2 1. Gli Stati membri stabiliscono di applicare condizioni meno rigorose ai vegetali, ai prodotti vegetali e alle altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi e spostati all'interno di tale zona. 2. Ai fini del paragrafo 1 si può applicare la seguente condizione meno rigorosa: i controlli ufficiali di cui all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva 77/93/CEE possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nella direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette della Comunità (3). Articolo 3 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro la data stabilita all'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 91/683/CEE del Consiglio (4). Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione le disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 24 giugno 1993. Per la Commissione René STEICHEN Membro della Commissione (1) GU n. L 26 del 31. 1. 1977, pag. 20. (2) GU n. L 96 del 22. 4. 1993, pag. 33. (3) GU n. L 250 del 29. 8. 1992, pag. 37. (4) GU n. L 376 del 31. 12. 1991, pag. 29. | Trasporto di determinati vegetali e prodotti vegetali attraverso zone protette
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Intende integrare le norme sulla salute dei vegetali (attualmente contenute nella direttiva 2000/29/CE) volte a proteggerli dall’introduzione nelle zone protette* designate dell’UE di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, contro la loro diffusione. Questi organismi comprendono insetti, nematodi (un verme dell’ampio phylum Nematoda, come i vermi cilindrici e le trichine) e batteri. La direttiva consente ai paesi dell’UE di permettere lo spostamento di determinati vegetali all’interno di o attraverso zone protette senza la necessità di un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta, purché siano soddisfatte alcune condizioni specifiche.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE possono richiedere la designazione di protezione speciale da organismi nocivi per tutto o parte del loro territorio. Una zona protetta viene definita in relazione a un particolare organismo nocivo. Le norme generali stabiliscono che i vegetali, i prodotti vegetali o altre voci (ad esempio certi tipi di legno o di terreno) potenzialmente portatori di organismi nocivi concernenti talune zone protette, quando vengono introdotti in tale zona o spostati all’interno di essa, devono essere accompagnati da un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta. Tuttavia, per quanto riguarda lo spostamento attraverso una zona protetta di vegetali, prodotti vegetali o altre voci non originari di tale zona, la direttiva 93/51/CEE prevede le seguenti condizioni:l’imballaggio e i veicoli utilizzati per trasportare i vegetali devono essere puliti ed esenti dagli organismi interessati e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi;subito dopo l’imballaggio e il carico, l’imballaggio o il veicolo utilizzati devono essere sigillati in modo che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta e devono restare sigillati durante il trasporto;i prodotti vegetali devono essere accompagnati da un documento, normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti provengono dall’esterno della zona protetta e che la loro destinazione si trova al di fuori della stessa. Qualora venga eseguito un controllo ufficiale e si constati che le suddette condizioni non sono state soddisfatte, l’imballaggio viene sigillato e i prodotti vegetali vengono trasportati, sotto controllo ufficiale, al di fuori della zona protetta. Condizioni simili si applicano ai prodotti vegetali originari di una determinata zona protetta e spostati all’interno della stessa. Tuttavia, i controlli ufficiali possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nelle norme dettagliate sulle modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento delle zone protette (direttiva 92/70/CEE). Queste indagini dettagliate vengono svolte annualmente e comprendono il prelievo di campioni di vegetali, prodotti vegetali e substrato di coltivazione nelle zone in questione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 24 luglio 1993 e doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° giugno 1993 (la data indicata nella direttiva 91/683/CEE del Consiglio, un atto che è stato successivamente abrogato e sostituito dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio).
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Zone protette (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Zona protetta: designata in base alla sussistenza del pericolo che un particolare organismo nocivo possa diffondersi grazie a condizioni ambientali favorevoli.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all’interno di essa (GU L 205 del 17.8.1993, pag. 24).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 652/2014 e (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le direttive 69/464/CEE, 74/647/CEE, 93/85/CEE, 98/57/CE, 2000/29/CE, 2006/91/CE e 2007/33/CE del Consiglio (GU L 317 del 23.11.2016, pag. 4).
Regolamento (CE) n. 690/2008 della Commissione, del 4 luglio 2008, relativo al riconoscimento di zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario nella Comunità (rifusione) (GU L 193 del 22.7.2008, pag. 1).
Le successive modifiche alla direttiva 2000/29/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU L 169 del 10.7.2000, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette nella Comunità (GU L 250 del 29.8.1992, pag. 37). | 4,141 | 726 |
32015D0772 | false | DECISIONE (UE) 2015/772 DEL CONSIGLIO
dell'11 maggio 2015
che istituisce il comitato per l'occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 150,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 5 del trattato stabilisce che l'Unione debba prendere misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione.
(2)
Il titolo IX della parte terza del trattato stabilisce le procedure attraverso le quali gli Stati membri e l'Unione dovrebbero adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici.
(3)
Nell'adempimento dei suoi compiti, tra i quali rientrano l'attività di consulenza e il contributo ai lavori del Consiglio e della Commissione, il comitato per l'occupazione («comitato») dovrebbe contribuire a far sì che la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforme economiche siano formulati e attuati in modo coerente e reciprocamente vantaggioso.
(4)
Il comitato dovrebbe collaborare strettamente con le parti sociali, in particolare con quelle rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione istituito dalla decisione 2003/174/CE del Consiglio (1).
(5)
Nelle conclusioni del 27 e 28 giugno 2013 il Consiglio europeo ha affermato che la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria dovrebbe essere rafforzata. Innanzitutto è importante monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale e del mercato del lavoro in seno all'Unione economica e monetaria, in particolare utilizzando gli opportuni indicatori sociali e dell'occupazione nell'ambito del semestre europeo. È altresì importante assicurare un migliore coordinamento delle politiche occupazionali e sociali pur rispettando pienamente le competenze nazionali.
(6)
Nelle conclusioni del 24 e 25 ottobre 2013 il Consiglio europeo ha stabilito che il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente potenziato secondo le procedure esistenti, pur nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Il Consiglio europeo ritiene che ciò richieda maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, al fine di assicurare la coerenza di tali politiche in linea con i comuni obiettivi.
(7)
È opportuno che la presente decisione rispecchi lo sviluppo del semestre europeo e il ruolo del comitato stesso in tale processo. In particolare, il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (2) prevede che il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale debbano essere consultati nell'ambito del semestre europeo laddove opportuno. Inoltre, il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce che gli esami approfonditi debbano tenere conto, ove opportuno, delle raccomandazioni o degli inviti rivolti dal Consiglio agli Stati membri. Esso prevede inoltre che un piano d'azione correttivo per ogni Stato membro per il quale sia stata avviata una procedura per gli squilibri eccessivi debba tenere conto dell'impatto economico e sociale delle azioni politiche e debba essere coerente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti in materia di occupazione.
(8)
È opportuno che il comitato e gli organi dell'Unione impegnati nel coordinamento delle politiche sociali ed economiche, in particolare il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica e il comitato per la protezione sociale, operino in stretta collaborazione. Se del caso e ove convenuto di comune accordo tra i comitati interessati, la cooperazione del comitato con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica può includere l'organizzazione di riunioni congiunte, in particolare nel contesto dei rispettivi ruoli dei comitati nell'ambito del semestre europeo.
(9)
Per adempiere efficacemente al mandato conferito dal trattato e consentire la necessaria flessibilità per adattarsi al calendario delle attività del comitato, in particolare nell'ambito del ciclo del semestre europeo, le disposizioni in materia di governance riguardo al funzionamento del comitato dovrebbero essere riesaminate al fine di assicurare efficienza e continuità.
(10)
È opportuno abrogare la decisione 2000/98/CE del Consiglio (4),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Istituzione
È istituito un comitato per l'occupazione («comitato») a carattere consultivo per promuovere il coordinamento in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro fra gli Stati membri, nel pieno rispetto del trattato e tenendo debitamente conto delle competenze delle istituzioni e degli organi dell'Unione
Articolo 2
Compiti
1. I compiti del comitato sono i seguenti:
a)
seguire la situazione dell'occupazione e le politiche in materia di occupazione negli Stati membri e nell'Unione;
b)
fatto salvo l'articolo 240 del trattato, formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa e contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio di cui all'articolo 148 del trattato.
2. Ai fini del paragrafo 1, il comitato si adopera, in particolare, per:
a)
promuovere la presa in considerazione dell'obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione;
b)
contribuire alla procedura di adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza tra gli orientamenti in materia di occupazione e tali indirizzi di massima e contribuire alle sinergie tra la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente;
c)
partecipare attivamente al dialogo macroeconomico a livello dell'Unione;
d)
contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell'ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo;
e)
promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra gli Stati membri e con la Commissione.
3. Ogni anno, il comitato adotta un programma di lavoro, tenendo conto delle priorità strategiche del Consiglio e della Commissione. Il programma di lavoro è trasmesso al Consiglio.
4. Il comitato può far ricorso a esperti esterni qualora ciò risulti appropriato per lo svolgimento dei suoi lavori.
Articolo 3
Composizione
1. Ciascuno Stato membro e la Commissione nominano due membri titolari del comitato. Possono del pari nominare due membri supplenti.
2. I membri titolari del comitato e i membri supplenti sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro negli Stati membri.
3. Gli Stati membri e la Commissione si adoperano con ogni mezzo per raggiungere un equilibrio di genere nella composizione del comitato.
Articolo 4
Funzionamento
1. Il comitato elegge fra i membri nominati dagli Stati membri il suo presidente, che resta in carica per un periodo di due anni. Il presidente può essere rieletto una sola volta per un ulteriore periodo di due anni. In casi debitamente giustificati, il comitato può decidere di prorogare il mandato del presidente per un periodo massimo di otto mesi al fine di garantire l'efficienza e la continuità del suo lavoro. Il presidente può rimanere in carica per un periodo totale di quattro anni e otto mesi.
2. Il presidente è assistito da quattro vicepresidenti, dei quali due sono eletti dal comitato tra i suoi membri per un periodo di due anni, rinnovabile una volta. Il terzo vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che in quel momento detiene la presidenza del Consiglio. Il quarto vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che succederà alla presidenza.
3. Il presidente delega il suo diritto di voto al suo supplente.
4. Le riunioni del comitato sono convocate dal presidente, di sua iniziativa o su richiesta della maggioranza dei membri del comitato.
5. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno.
6. Le spese sono rimborsate secondo le norme amministrative in vigore.
7. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato. La Commissione nomina segretario un membro del suo personale, il quale agisce, insieme al personale che lo coadiuva, su istruzioni del comitato quando assiste quest'ultimo nello svolgimento dei suoi compiti. Il segretario cura i contatti con il segretariato generale del Consiglio per l'organizzazione delle riunioni.
8. Il comitato lavora, ove opportuno, in cooperazione con altri organi e comitati pertinenti, che trattano questioni di politica sociale ed economica, quali il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato dell'istruzione e il consiglio di direzione della rete europea di servizi pubblici per l'impiego.
Articolo 5
Gruppi di lavoro
1. Il comitato può commissionare lo studio di questioni specifiche ai propri membri supplenti oppure può istituire a tal fine gruppi di lavoro. La presidenza di un tale gruppo di lavoro è assunta da uno dei vicepresidenti del comitato, da un membro titolare o da un membro supplente del comitato, da un funzionario della Commissione o da un membro del gruppo di lavoro stesso nominato dal comitato.
2. La Commissione fornisce ai gruppi di lavoro il sostegno analitico e organizzativo adeguato.
3. I gruppi di lavoro possono far ricorso all'aiuto di esperti.
4. Il comitato può parimenti istituire con altri comitati o organi gruppi di lavoro congiunti, le cui norme di funzionamento sono determinate congiuntamente.
Articolo 6
Consultazione delle parti sociali
Nell'adempimento del proprio mandato il comitato consulta le parti sociali. In tale contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione.
Articolo 7
Disposizioni transitorie
Il mandato dei membri eletti conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE prosegue fino al termine del periodo stabilito conformemente all'articolo 4 della presente decisione. La data d'inizio di tale periodo è considerata la data dell'elezione avvenuta conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE.
Articolo 8
Abrogazione
La decisione 2000/98/CE è abrogata a decorrere dalla data della prima riunione del comitato successiva all'entrata in vigore della presente decisione. La riunione ha luogo entro quattro mesi dalla data di adozione della presente decisione.
Articolo 9
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2015
Per il Consiglio
Il presidente
J. DŪKLAVS
(1) Decisione 2003/174/CE del Consiglio, del 6 marzo 2003, che istituisce un Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione (GU L 70 del 14.3.2003, pag. 31).
(2) Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1).
(3) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
(4) Decisione del Consiglio, del 24 gennaio 2000, che istituisce il comitato per l'occupazione (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21). | Comitato per l’occupazione
Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE).
ATTO
Decisione (UE) 2015/772 del Consiglio, dell’11 maggio 2015, che istituisce il comitato per l’occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE
SINTESI
Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Essa stabilisce i compiti del comitato per l’occupazione, che deve contribuire alla procedura che ha portato all’adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza di tali politiche con gli orientamenti sull’occupazione.
Il Comitato deve contribuire anche alle sinergie tra la strategia europea per l’occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente.
Essa stabilisce altresì le norme riguardanti la composizione, il funzionamento e i gruppi di lavoro del Comitato.
PUNTI CHIAVE
I compiti del Comitato sono i seguenti:
seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia di occupazione nei paesi dell’UE;
contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio sulla stesura degli indirizzi di massima che i paesi dell’UE devono tener conto nelle loro politiche occupazionali;
formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa.
Nello svolgimento di tali compiti, il Comitato deve tenere presente l’obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione delle politiche dell’UE. Deve altresì cercare di:
contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell’ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo;
promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra i paesi dell’UE e con la Commissione.
Esso adotta un programma di lavoro ogni anno e invia una copia alla Commissione.
Ciascun paese dell’UE e la Commissione nominano due membri del comitato. Tali membri sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro. I membri eleggono un presidente e quattro vicepresidenti.
La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato e designa un membro del personale con funzioni di segretario.
Nell’esercizio delle sue funzioni, il comitato deve consultare le parti sociali. In questo contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione.
Il Comitato opera in stretta collaborazione con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica. Ciò può includere l’organizzazione di riunioni congiunte nel contesto del semestre europeo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
A decorrere dal 15 maggio 2015.
CONTESTO
Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (titolo IX) stabilisce le procedure attraverso le quali i paesi dell’UE dovrebbero lavorare insieme per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare per la promozione di una forza lavoro qualificata, adeguatamente formata e adattabile per rispondere ai mutamenti economici. La creazione di un comitato per l’occupazione consultivo è inscritta in questo contesto.
La presente decisione sostituisce la precedente decisione 2000/98/CE che istituiva il comitato per l’occupazione, al fine di tener conto degli sviluppi del semestre europeo e del ruolo del Comitato in questo processo.
Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sul comitato per l’occupazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione (UE) 2015/772
15.5.2015
-
GU L 121 del 14.5.2015, pag. 12-15
ATTI COLLEGATI
Raccomandazione di Raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione [COM (2015) 99 final del 2.3.2015] | 4,992 | 156 |
31997L0081 | false | Direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES - Allegato : Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale
Gazzetta ufficiale n. L 014 del 20/01/1998 pag. 0009 - 0014
DIRETTIVA 97/81/CE DEL CONSIGLIO del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CESIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto l'accordo sulla politica sociale allegato al protocollo (n. 14) sulla politica sociale del trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,(1) considerando che, sulla base del protocollo (n. 14) sulla politica sociale, gli Stati membri, ad eccezione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (qui di seguito denominati «Stati membri»), desiderosi di attuare la Carta sociale del 1989 hanno convenuto un accordo sulla politica sociale;(2) considerando che le parti sociali, in forza dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, possono richiedere congiuntamente che gli accordi a livello comunitario siano attuati in base a una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione;(3) considerando che il punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce tra l'altro che «la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di tali condizioni, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro temporaneo e il lavoro stagionale»;(4) considerando che il Consiglio non ha deliberato sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le distorsioni di concorrenza (1), né sulla modifica a tale proposta (2), né sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le condizioni di lavoro (3);(5) considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di provvedimenti per promuovere l'occupazione e la parità di opportunità tra donne e uomini e hanno richiamato l'esigenza di adottare misure volte ad incrementare l'intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività;(6) considerando che la Commissione, in ottemperanza all'articolo 3 paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria relativa alla flessibilità dell'orario di lavoro e alla sicurezza dei lavoratori;(7) considerando che la Commissione, convinta a seguito di tale consultazione che un'azione comunitaria era opportuna, ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta in questione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(8) considerando che le organizzazioni intercategoriali a carattere generale [Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), Centro europeo dell'impresa pubblica (CCEP), Confederazione europea dei sindacati (CES)] hanno informato la Commissione, con lettera congiunta del 19 giugno 1996, che intendevano avviare il procedimento previsto all'articolo 4 dell'accordo sulla politica sociale; che esse hanno chiesto alla Commissione, con lettera congiunta del 12 marzo 1997, un periodo supplementare di tre mesi; che la Commissione ha concesso tale periodo;(9) considerando che il 6 giugno 1997 dette organizzazioni intercategoriali hanno concluso un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e che esse hanno trasmesso alla Commissione la loro domanda congiunta affinché sia data attuazione a tale accordo quadro, conformemente all'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(10) considerando che il Consiglio, nella sua risoluzione del 6 dicembre 1994 relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione (4), ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere convenzioni, in quanto sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(11) considerando che le parti firmatarie hanno inteso concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale enunciante i principi generali e le prescrizioni minime in materia di lavoro a tempo parziale; che esse hanno espresso la volontà di stabilire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni verso i lavoratori a tempo parziale e di contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale su basi accettabili sia ai datori di lavoro che ai lavoratori;(12) considerando che le parti sociali hanno voluto attribuire particolare attenzione al lavoro a tempo parziale, pur dichiarando di voler di esaminare l'esigenza di accordi analoghi per altre forme di lavoro;(13) considerando che nelle conclusioni del Consiglio europeo di Amsterdam i Capi di Stato e di governo dell'Unione europea si sono vivamente rallegrati dell'accordo concluso dalle parti sociali in materia di lavoro a tempo parziale;(14) considerando che l'atto appropriato per l'attuazione dell'accordo quadro è costituito dalla direttiva del Consiglio ai sensi dell'articolo 189 del trattato; che tale atto vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi;(15) considerando che gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere meglio realizzati a livello comunitario, ai sensi dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità enunciati nell'articolo 3 B del trattato; che la presente direttiva non eccede quanto è necessario per raggiungere tali obiettivi;(16) considerando che, per quanto riguarda i termini impiegati nell'accordo quadro e non precisamente definiti in materia specifica, la presente direttiva lascia agli Stati membri il compito di definirli in conformità del diritto e/o delle prassi nazionali, come nel caso di altre direttive adottate in materia sociale che adoperano termini simili, a condizione che le definizioni rispettino il contenuto dell'accordo quadro;(17) considerando che la Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva del Consiglio, conformemente alle proprie comunicazioni del 14 dicembre 1993 sull'attuazione del protocollo sulla politica sociale e del 18 settembre 1996 sull'andamento e sul futuro del dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ciascuna clausola dell'accordo quadro;(18) considerando che la Commissione ha elaborato la propria proposta di direttiva in ottemperanza all'articolo 2, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, il quale prevede che la legislazione in campo sociale «evita d'imporre obblighi amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese»;(19) considerando che la Commissione, in linea con la sua comunicazione del 14 dicembre 1993 riguardante l'attuazione del protocollo (n. 14) sulla politica sociale, ha informato il Parlamento europeo sottoponendogli il testo della sua proposta di direttiva contenente l'accordo quadro;(20) considerando che la Commissione ha inoltre informato il Comitato economico e sociale;(21) considerando che la clausola 6, paragrafo 1 dell'accordo quadro dispone che gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli;(22) considerando che la clausola 6, paragrafo 2 dell'accordo quadro dispone che l'attuazione della presente direttiva non può giustificare alcun regresso rispetto alla situazione vigente in ciascuno Stato membro;(23) considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze;(24) considerando che l'articolo F, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea afferma che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;(25) considerando che gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, su loro richiesta congiunta, l'attuazione della presente direttiva a condizione che essi prendano tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prestabiliti dalla stessa;(26) considerando che l'attuazione dell'accordo quadro concorre alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 1 dell'accordo sulla politica sociale,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva è intesa ad attuare l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997 tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP e CES) riportato nell'allegato.Articolo 2 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 20 gennaio 2000 o procurano che entro tale data le parti sociali mettano in atto le disposizioni necessarie mediante accordi; gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Gli Stati membri possono fruire di un periodo supplementare non superiore ad un anno, ove sia necessario in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto collettivo.Essi devono informare immediatamente la Commissione di tali circostanze.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi hanno adottato o adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 3 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 15 dicembre 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ.-C. JUNCKER(1) GU C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 6.(2) GU C 305 del 5. 12. 1990, pag. 8.(3) GU C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 4.(4) GU C 368 del 23. 12. 1994, pag. 6.ALLEGATO UNIONE DELLE CONFEDERAZIONI DELL'INDUSTRIA E DEI DATORI DI LAVORO DELL'EUROPA CONFEDERAZIONE EUROPEA DEI SINDACATI CENTRO EUROPEO DELLE IMPRESE A PARTECIPAZIONE STATALE ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE PreamboloIl presente accordo quadro è un contributo alla strategia globale europea per l'occupazione. Il lavoro a tempo parziale ha avuto, negli ultimi anni, importanti effetti sull'occupazione. Pertanto, le parti firmatarie del presente accordo hanno dedicato un'attenzione particolare a questa forma di lavoro. Le parti hanno intenzione di prendere in considerazione la necessità di ricercare accordi analoghi per altre forme di lavoro flessibili.Riconoscendo la diversità delle situazioni nei diversi Stati membri e riconoscendo che il lavoro a tempo parziale è caratteristico dell'occupazione in certi settori ed attività, il presente accordo enuncia principi generali e prescrizioni minime relative al part-time. Esso rappresenta la volontà delle parti sociali di definire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e per contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale, su basi che siano accettabili sia per i datori di lavoro, sia per i lavoratori.Il presente accordo riguarda le condizioni di lavoro dei lavoratori a tempo parziale, riconoscendo che le questioni relative ai regimi legali di sicurezza sociale rinviano alle decisioni degli Stati membri. Nel quadro del principio di non-discriminazione, le parti firmatarie hanno tenuto conto della dichiarazione sull'occupazione del Consiglio europeo di Dublino del dicembre 1996, dichiarazione nella quale il Consiglio sottolineava, tra l'altro, la necessità di rendere i sistemi di sicurezza sociale più favorevoli all'occupazione, sviluppando «sistemi di protezione sociale capaci di adattarsi ai nuovi modelli di lavoro e di offrire una tutela sociale appropriata alle persone assunte nel quadro di queste nuove forme di lavoro». Le parti firmatarie ritengono che tale dichiarazione debba essere resa operativa.La CES, l'UNICE e il CEEP chiedono alla Commissione di sottomettere il presente accordo quadro al Consiglio, affinché questi, mediante una decisione, renda vincolanti queste prescrizioni negli Stati membri che hanno aderito all'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo sulla politica sociale annesso al trattato che istituisce la Comunità europea.Le parti firmatarie del presente accordo domandano che la Commissione, nella sua proposta finalizzata all'attuazione del presente accordo, chieda agli Stati membri che adottino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla decisione del Consiglio al più tardi due anni dopo l'adozione della decisione o di assicurarsi (1) che le parti sociali mettano in essere le disposizioni necessarie attraverso un accordo prima della fine del periodo indicato. Gli Stati membri possono, per tener conto, se necessario, di difficoltà particolari o di un'attuazione mediante contratto collettivo, disporre al massimo di un anno supplementare per conformarsi alla presente disposizione.Senza pregiudizio per il ruolo dei tribunali nazionali e della Corte di giustizia, le parti firmatarie del presente accordo chiedono che ogni questione relativa all'interpretazione del presente accordo a livello europeo venga rimessa in primo luogo a loro da parte della Commissione perché possano fornire il loro parere.Considerazioni generali1. Visto l'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale annesso al trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 3, paragrafo 4 e l'articolo 4, paragrafo 2;2. considerando che l'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale prevede che gli accordi conclusi a livello comunitario siano messi in atto, su richiesta congiunta delle parti firmatarie, attraverso una decisione del Consiglio su proposta della Commissione;3. considerando che la Commissione, nel suo secondo documento di consultazione sulla flessibilità dell'orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori ha annunciato la sua intenzione di proporre una misura comunitaria giuridicamente vincolante;4. considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di promuovere l'occupazione e le pari opportunità tra donne e uomini e hanno auspicato l'assunzione di misure che abbiano come obiettivo un «aumento dell'intensità occupazionale della crescita, in particolare attraverso un'organizzazione del lavoro più flessibile che risponda tanto agli auspici dei lavoratori quanto alle esigenze della concorrenza»;5. considerando che le parti firmatarie del presente accordo attribuiscono importanza alle misure che facilitino l'accesso al tempo parziale per uomini e donne che si preparano alla pensione, che vogliono conciliare vita professionale e familiare e approfittare delle possibilità di istruzione e formazione per migliorare le loro competenze e le loro carriere, nell'interesse reciproco di datori di lavoro e lavoratori e secondo modalità che favoriscano lo sviluppo delle imprese;6. considerando che il presente accordo rinvia agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione di tali principi generali, delle prescrizioni minime e delle disposizioni ivi contenute, al fine di tener conto della situazione in ogni Stato membro;7. considerando che il presente accordo prende in conto la necessità di rispondere alle esigenze della politica sociale, di favorire la competitività dell'economia della Comunità e di evitare l'imposizione di vincoli amministrativi, finanziari e giuridici che impediscano la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese;8. considerando che le parti sociali si trovano nella posizione migliore per trovare soluzioni corrispondenti ai bisogni dei datori di lavoro e dei lavoratori e che, di conseguenza, deve essere loro assegnato un ruolo centrale nell'attuazione e nell'applicazione del presente accordo,LE PARTI FIRMATARIE HANNO CONCLUSO IL PRESENTE ACCORDO:Clausola 1: OggettoIl presente accordo quadro ha per oggetto:a) di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;b) di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori.Clausola 2: Campo di applicazione1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge, contratto collettivo o in base alle prassi in vigore in ogni Stato membro.2. Gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, e/o le parti sociali a livello appropriato conformemente alle prassi nazionali relative alle relazioni industriali, possono, per ragioni obiettive, escludere totalmente o parzialmente dalle disposizioni del presente accordo i lavoratori a tempo parziale che lavorano su base occasionale. Queste esclusioni dovrebbero essere riesaminate periodicamente al fine di stabilire se le ragioni obiettive che le hanno determinate rimangono valide.Clausola 3: DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:1) «lavoratore a tempo parziale», il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile;2) «lavoratore a tempo pieno comparabile», il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l'anzianità e le qualifiche/competenze.Qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento, il paragone si effettuerebbe con riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza di contratto collettivo applicabile, conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali.Clausola 4: Principio di non-discriminazione1. Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.2. Dove opportuno, si applica il principio «pro rata temporis».3. Le modalità di applicazione della presente clausola sono definite dagli Stati membri e/o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione europea e delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali.4. Quando ragioni obiettive lo giustificano, gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, e/o le parti sociali possono, se del caso, subordinare l'accesso a condizioni di impiego particolari ad un periodo di anzianità, ad una durata del lavoro o a condizioni salariali. I criteri di accesso dei lavoratori a tempo parziale a condizioni di impiego particolari dovrebbero essere riesaminati periodicamente tenendo conto del principio di non-discriminazione previsto alla clausola 4.1.Clausola 5: Possibilità di lavoro a tempo parziale1. Nel quadro della clausola 1 del presente accordo e del principio di non-discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno:a) gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge o alle prassi nazionali, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli;b) le parti sociali, agendo nel quadro delle loro competenze a delle procedure previste nei contratti collettivi, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli.2. Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non dovrebbe, in quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento, senza pregiudizio per la possibilità di procedere, conformemente alle leggi, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali, a licenziamenti per altre ragioni, come quelle che possono risultare da necessità di funzionamento dello stabilimento considerato.3. Per quanto possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione:a) le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale che si renda disponibile nello stabilimento;b) le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo parziale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento dell'orario, se tale opportunità si presenta;c) la diffusione in tempo utile di informazioni sui posti a tempo parziale e a tempo pieno disponibili nello stabilimento, in modo da facilitare il trasferimento da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale e viceversa;d) le misure finalizzate a facilitare l'accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell'impresa, ivi comprese le posizioni qualificate e con responsabilità direzionali, e nei casi appropriati, le misure finalizzate a facilitare l'accesso dei lavoratori a tempo parziale alla formazione professionale per favorire carriera e mobilità professionale;e) la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell'impresa.Clausola 6: Disposizioni per l'attuazione1. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli rispetto a quelle previste nel presente accordo.2. L'attuazione delle disposizioni del presente accordo non costituisce giustificazione valida per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dal presente accordo e ciò senza pregiudizio per il diritto degli Stati membri e/o le parti sociali di sviluppare, tenuto conto dell'evoluzione della situazione, disposizioni legislative, normative o contrattuali differenti, e senza pregiudizio per l'applicazione della clausola 5.1 purché il principio di non-discriminazione contemplato alla clausola 4.1 sia rispettato.3. Il presente accordo non reca pregiudizio al diritto delle parti sociali di concludere, a livello appropriato, ivi compreso il livello europeo, contratti che adattino e/o integrino le sue disposizioni in modo da tener conto dei bisogni specifici delle parti sociali interessate.4. Il presente accordo non reca pregiudizio alle disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare a quelle relative alla parità di trattamento o alle pari opportunità uomo/donna.5. La prevenzione e la composizione di controversie e ricorsi che derivino dall'applicazione del presente accordo saranno affrontate conformemente alla legge, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali.6. Se una delle parti ne fa richiesta, le parti firmatarie rivedranno il presente accordo cinque anni dopo la data della decisione del Consiglio.(1) Ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4 dell'accordo sulla politica sociale del trattato che istituisce la Comunità europea. | Lavoro a tempo parziale
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Si propone di attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concordato tra datori di lavoro e sindacati (le parti sociali) dell’Unione europea (UE).
L’accordo si propone di eliminare la discriminazione ingiustificata dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale. Mira inoltre a contribuire allo sviluppo di lavoro a tempo parziale su base volontaria e consente ai dipendenti e ai datori di lavoro di organizzare l’orario di lavoro in modo da adattarsi alle esigenze di entrambe le parti.
PUNTI CHIAVE
A chi si applica?
Si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge in ogni paese dell’UE. Chi lavora solo su base occasionale può essere escluso per ragioni oggettive, previa consultazione tra il paese dell’UE interessato e le sue parti sociali.
Non discriminazione
I lavoratori a tempo parziale non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive. Condizioni di impiego particolari possono essere subordinate ad un periodo di anzianità, ad una durata del lavoro o a condizioni salariali, a seguito di una consultazione tra i paesi dell’UE e le parti sociali.
Accesso al lavoro a tempo parziale
I paesi dell'UE e le parti sociali dovrebbero identificare, rivedere e, se del caso, eliminare qualsiasi ostacolo di natura giuridica o amministrativa che possa ridurre le possibilità di lavoro a tempo parziale. Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale o viceversa non dovrebbe costituire motivo valido per il suo licenziamento.
Il ruolo dei datori di lavoro
I datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione interamente:
le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale che si renda disponibile;
le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo parziale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento dell’orario, se tale opportunità si presenta;
la diffusione in tempo utile di informazioni sui posti a tempo parziale e a tempo pieno;
le misure finalizzate a facilitare l’accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell’impresa;
la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell’impresa.
Attuazione
I paesi dell’UE o le parti sociali possono introdurre norme più favorevoli di quelle previste nell’accordo. Tuttavia, l’attuazione dell’accordo non è un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori a tempo parziale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
E in vigore dal 20 gennaio 1998. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 20 gennaio 2000.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare la pagina relativa alle condizioni di lavoro e al avoro a tempo parziale sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES - Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9-14)
Modifiche successive alla direttiva 97/81/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Misure nazionali di attuazione
Relazione dei servizi della Commissione sull’attuazione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, 21.1.2003
Questa relazione è integrata da due studi:
Relazione della Commissione - Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia) (2007)
Relazioni (sintesi esecutive) sull’attuazione della direttiva 1997/81/CE in Bulgaria e in Romania (2009) | 8,097 | 912 |
31965R0019 | false | Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate
Gazzetta ufficiale n. 036 del 06/03/1965 pag. 0533 - 0535 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale danese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0031 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0035 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0059 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085
REGOLAMENTO N. 19/63/CEE DEL CONSIGLIO del 2 marzo 1963 relative all'applicazione dell'articolo 63, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordateIL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,Visto il Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, e in particolare l'articolo 87,Vista la proposta della Commissione,Visto il parere del Parlamento Europeo (1),Visto il parere del Comitato economico e sociale (2),Considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni-richieste da tali disposizioni;Considerando che le modalità d'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 devono essere stabilite per regolamento basato sull'articolo 87;Considerando che, dato il gran numero di notifiche depositate in applicazione del regolamento n. 17 (3), è opportuno, al fine di facilitarne il compito, porre la Commissione in grado di dichiarare, mediante regolamento, inapplicabili a talune categorie di accordi e di pratiche concordate le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1;Considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri, quando sarà stata acquisita un'esperienza sufficiente a seguito di decisioni individuali e sarà possibile definire le categorie di accordi e di pratiche concordate per le quali le condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3 potranno essere considerate soddisfatte;Considerando che la Commissione ha indicato, con la propria azione e in particolare col regolamento n. 153 (4), che nessun alleggerimento delle procedure previste dal regolamento n. 17 può essere preso in considerazione per alcuni tipo di accordi o di pratiche concordate che siano particolarmente suscettibili di falsare il giuoco della concorrenza nel mercato comune;Considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17, la Commissione può decidere che una dicharazione rilasciata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato abbia effetto retroattivo; che conviene che la Commissione possa prendere tale decisione anche in un regolamento;Considerando che, in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17, mediante decisione della Commissione, possono essere sottratti al divieto di cui all'articolo 83, paragrafo 1, accordi, decisioni e pratiche concordate, specie se modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio mediante regolamento a tali accordi e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento d'esenzione;Considerando che, se non si trovano riunite le condizioni menzionate all'articolo 85, paragrafo 3, un'esenzione non può restare acquisita; che, quindi, la Commissione deve avere la facoltà di stabilire, mediante decisione, le condizioni alle quali dovrà soddisfare un accordo o una pratica concordata che, a motivo di particolari circostanze, riveli effetti incompatibili con l'articolo 85, paragrafo 3,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17 del Consiglio, la Commissione può dichiarare mediante regolamento e in conformità dell'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato che l'articolo 85, paragrafo 1 non è applicabile a categorie di accordi ai quali partecipano soltanto due imprese ea) - nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra a fornire determinati prodotti soltanto ad essa, ai fini della rivendita all'interno di una parte determinata del territorio del mercato comune, oppure- nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra ad acquistare determinati prodotti soltanto da essa, ai fini della rivendita, oppure- nei quali sono stati conclusi tra le due imprese, ai fini della rivendita, impegni esclusivi di fornitura e di acquisto dello stesso tipo di quelli previsti nei due precedenti capoversi,b) che comportano limitazioni imposte in rapporto all'acquisto o all'utilizzazione di diritti relativi alla proprietà industriale - in particolare ai brevetti, modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali o marchi - o ai diritti derivanti da contratti di cessione o di concessione di procedimenti di fabbricazione o di cognizioni relative all'utilizzazione o all'applicazione di tecniche industriali.2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi ai quali si applica e precisare in particolare:a) le restrizioni o le clausole che non possono figurare negli accordi;b) le clausole che devono figurare negli accordi o le altre condizioni che devono essere soddisfatte.3. I paragrafi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, alle categorie di pratiche concordate alle quali partecipano soltanto due imprese.Articolo 21. Un regolamento, emanato in virtù dell'articolo 1, è adottato per una durata limitata.2. Può essere abrogato o modificato quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione; in tal caso è previsto un periodo di adattamento per gli accordi e le pratiche concordate, contemplati dal regolamento anteriore.Articolo 3Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17.Articolo 41. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3:- se sono modificati entro tre mesi dall'entrata in vigore del regolamento, in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e- se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento.2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1° febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data.3. Il beneficio delle disposizioni stabilite a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1; né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi.Articolo 5Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, invitando tutti gli interessati a comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa stabilito, che non può essere inferiore ad un mese.Articolo 61. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti:a) prima di pubblicare un progetto di regolamento,b) prima di adottare un regolamento.2. L'articolo 10, paragrafi 5 e 6 del regolamento n. 17, relativo alla consultazione del Comitato consultivo, è applicabile, in quanto compatibile, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione.Articolo 7Se la Commissione costata d'ufficio o su domanda di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi o pratiche concordate previsti in un regolamento, adottato in virtù dell'articolo 1, hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste all'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato, essa può, ritirando il beneficio dell'applicazione di detto regolamento, prendere una decisione in conformità agli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17, senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 17.Articolo 8La Commissione trasmette al Consiglio, prima del 1° gennaio 1970, una proposta di regolamento intesa ad apportare al presente regolamento le modifiche che appariranno necessarie in relazione all'esperienza acquisita.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 2 marzo 1965.Per il ConsiglioIl PresidenteM. COUVE DE MURVILLE | Norme UE su pratiche concordate e accordi tra società
QUAL È LO SCOPO DELL’ARTICOLO 101 DEL TFUE E DEL REGOLAMENTO?
L’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE1 vieta gli accordi e le pratiche concordate* tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra i paesi dell’UE e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno del mercato unico dell’UE.
L’articolo 101, paragrafo 2 stabilisce che tutti gli accordi che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, sono nulli a meno che non siano esentati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3.
L’articolo 101, paragrafo 3, tuttavia, consente eccezioni a questa regola quando tali accordi o pratiche:favoriscono la produzione o la distribuzione di beni; o promuovono il progresso economico o tecnico; e consentono ai consumatori una giusta quota del beneficio risultante. Il regolamento applica l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE a determinati tipi di accordi e pratiche concordate tra società in cui i loro benefici a favore della concorrenza sono superiori al loro impatto anticoncorrenziale.
1 Nota: L’articolo 101 era in precedenza l’articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Amsterdam. In precedenza, era l’articolo 85 del trattato di Roma.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento autorizza la Commissione europea ad applicare l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE mediante regolamento, a determinate categorie di accordi verticali* e alle pratiche concordate corrispondenti che rientrano nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE.
Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la Commissione, previa consultazione delle parti interessate e del comitato consultivo in materia di pratiche restrittive e posizioni dominanti, può adottare un regolamento che dichiara che l’articolo 101, paragrafo 1, non si applica a un caso individuale o a categorie di accordi:stipulati da due o più imprese, ciascuna delle quali opera a un livello diverso della catena di produzione o di distribuzione, riguardanti le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi; a cui partecipano solo due società e che contengono restrizioni in relazione all’acquisizione o all’utilizzo di diritti di proprietà industriale, quali brevetti, modelli di utilità, disegni o marchi commerciali, o diritti derivanti da contratti di cessione o diritti d’uso, di un metodo di fabbricazione o conoscenza relativo all’uso o all’applicazione di processi industriali. Il regolamento della Commissione definisce le categorie di accordi a cui si applica e stabilisce le restrizioni o le clausole che non possono essere contenute negli accordi. Le stesse regole si applicano in relazione alle categorie di pratiche concordate.
Il regolamento può anche stabilire le condizioni che possono comportare l’esclusione dalla sua applicazione di determinate reti parallele di accordi simili o pratiche concordate che operano su un determinato mercato.
Tali disposizioni:vengono adottate per un periodo determinato; possono essere modificate o abrogate se le circostanze sulle quali sono basate sono cambiate; possono essere emesse con effetto retroattivo. A seguito di un libro verde della Commissione del 1997 sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza dell’UE, il regolamento 19/65 è stato modificato, insieme al regolamento n. 17/62 (il primo regolamento sulla politica della concorrenza dell’UE adottato per attuare gli articoli 85 e 86 del trattato di Roma) a gettare le basi per un unico regolamento di esenzione per categoria (BER) per gli accordi verticali di fornitura e distribuzione (regolamento (UE) n. 330/2010).
La Commissione ha inoltre emesso orientamenti sulle restrizioni verticali che chiariscono le condizioni per l’applicazione del regolamento BER.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 6 marzo 1965.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Accordi esentati (articolo 101, paragrafo 3 del TFUE) (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Pratiche concordate: pratiche che, con o senza un accordo formale concluso tra le parti, sono anticoncorrenziali. Esse possono derivare da contatti diretti o indiretti tra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti.
Accordi verticali: accordi tra imprese che operano a diversi livelli della catena di fornitura, ad esempio, in cui una società fornisce i materiali di produzione della seconda società.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 88-89).
Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pagg. 35-37)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 19/65/EEC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Orientamenti sulle restrizioni verticali (GU C 130, del 19.5.2010, pagg. 1-46)
Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pagg. 1-7)
Si veda la versione consolidata.
Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria (COM(96) 721 final, del 20.1.1997)
CEE Consiglio:Regolamento n. 17 Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1959-1962 pagg. 87-93)
Si veda la versione consolidata. | 4,941 | 1,024 |
32009D0902 | false | DECISIONE 2009/902/GAI DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1),
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha concluso che era necessario sviluppare misure di prevenzione della criminalità, scambiare migliori prassi e rafforzare la rete delle autorità nazionali competenti per la prevenzione della criminalità e la cooperazione tra le organizzazioni nazionali impegnate in tale settore, precisando che le priorità per tale cooperazione potrebbero essere, innanzi tutto, la delinquenza giovanile, la criminalità urbana e la criminalità connessa alla droga. A tal fine si auspicava un esame della possibilità di un programma finanziato dalla Comunità.
(2)
A norma della raccomandazione n. 6 della strategia dell'Unione europea per l'inizio del nuovo millennio relativa alla prevenzione e al controllo della criminalità organizzata (2), il Consiglio dev'essere opportunamente assistito da esperti qualificati in materia di prevenzione della criminalità, quali i punti focali nazionali, o mediante la costituzione di una rete di esperti appartenenti alle organizzazioni nazionali incaricate della prevenzione della criminalità.
(3)
La decisione 2001/427/GAI del Consiglio ha istituito la rete europea di prevenzione della criminalità (3).
(4)
Una valutazione esterna della rete europea di prevenzione della criminalità, effettuata nel 2008-2009, ha individuato possibilità di consolidamento della rete che sono state accettate dal consiglio di amministrazione della REPC e che rendono necessaria l'abrogazione della decisione 2001/427/GAI e la sua sostituzione con una nuova decisione del Consiglio relativa alla rete.
(5)
La valutazione ha individuato la necessità di un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti nazionali nelle attività della rete.
(6)
Per consolidare la rete è necessaria una serie di modifiche, ivi comprese le modifiche delle disposizioni relative ai punti di contatto, al segretariato, alla struttura del consiglio di amministrazione e alle sue funzioni, inclusa la nomina del presidente.
(7)
Le modifiche relative alla composizione della rete dovrebbero essere efficaci ed efficienti in termini di costi, in base alle precedenti esperienze degli Stati membri in materia di finanziamento ed espletamento delle attività di segretariato e delle altre attività della rete. Il consiglio di amministrazione dovrebbe cooperare maggiormente per esplorare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento mediante il bilancio generale dell'Unione europea. Ciò potrebbe essere realizzato sulla base di partenariati quadro o includendo la rete nell'elenco degli organismi riconosciuti in situazione di monopolio del pertinente programma di finanziamento.
(8)
Le altre disposizioni dovrebbero essere basate sulla decisione 2001/427/GAI,
DECIDE:
Articolo 1
Istituzione
È istituita una rete europea di prevenzione della criminalità (in appresso «la rete»). Essa succede alla rete europea di prevenzione della criminalità istituita con la decisione 2001/427/GAI.
Articolo 2
Oggetto
1. La rete contribuisce a sviluppare i vari aspetti della prevenzione della criminalità a livello dell'Unione, tenendo conto della strategia dell'Unione Europea in materia di prevenzione della criminalità, e fornisce sostegno alle azioni di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale.
2. La prevenzione della criminalità comprende tutte le misure che mirano, o altrimenti concorrono, a contrastare la criminalità e a diminuire il senso di insicurezza dei cittadini, sia quantitativamente che qualitativamente, scoraggiando le attività criminali direttamente o mediante il ricorso a politiche e azioni intese a ridurre il potenziale criminoso e a limitarne le cause. Essa include l'azione dei governi, delle autorità competenti, delle istituzioni giudiziarie del settore penale, delle autorità locali e delle associazioni specializzate che hanno istituito in Europa, del settore privato e del volontariato, dei ricercatori e del pubblico, con il sostegno dei mezzi di comunicazione.
Articolo 3
Struttura e composizione
1. La rete è composta da un consiglio di amministrazione e da un segretariato, così come dai punti di contatto che possono essere designati da ciascuno Stato membro.
2. Il consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti nazionali, con un presidente e un comitato esecutivo.
3. Ciascuno Stato membro nomina un rappresentante nazionale e può nominare un supplente.
4. Il presidente è nominato tra i rappresentanti nazionali.
5. Il comitato esecutivo è guidato dal presidente ed è composto da un massimo di altri sei membri del consiglio di amministrazione e da un rappresentante designato dalla Commissione.
Articolo 4
Funzioni della rete
La rete, in particolare:
a)
facilita la cooperazione, i contatti e gli scambi d'informazioni e di esperienze tra gli operatori nel settore della prevenzione della criminalità;
b)
raccoglie, valuta e comunica le informazioni basate su elementi di valutazione, incluse le buone prassi sulle azioni di prevenzione in atto;
c)
organizza conferenze, in particolare una conferenza annuale sulle migliori prassi, ed altre attività, compreso il premio annuale europeo per la prevenzione della criminalità, intese a raggiungere gli obiettivi della rete e a condividerne ampiamente i risultati;
d)
fornisce la necessaria consulenza al Consiglio e alla Commissione;
e)
riferisce ogni anno al Consiglio sulle sue attività tramite il consiglio di amministrazione e le competenti strutture operative. Il Consiglio è invitato ad approvare la relazione e a trasmetterla al Parlamento europeo;
f)
sviluppa ed attua un programma di lavoro basato su una strategia chiaramente definita che tenga conto dell'identificazione delle pertinenti minacce della criminalità e della maniera di farvi fronte.
Articolo 5
Scambio di informazioni
Per raggiungere i suoi obiettivi la rete:
a)
privilegia un approccio pluridisciplinare;
b)
si tiene in stretto rapporto, tramite i rappresentanti nazionali e i punti di contatto, con gli organismi incaricati della prevenzione della criminalità, con le autorità locali, con i partenariati locali e con la società civile, nonché con gli istituti di ricerca e le organizzazioni non governative degli Stati membri;
c)
crea e tiene aggiornato il proprio sito web contenente le relazioni periodiche e qualsiasi altra informazione utile, in particolare una raccolta delle migliori prassi;
d)
si adopera per utilizzare e promuovere i risultati dei progetti pertinenti per la prevenzione della criminalità finanziati nell'ambito dei programmi dell'Unione.
Articolo 6
Responsabilità
1. Il Comitato esecutivo sostiene il presidente per assicurare, tra l'altro:
a)
l'elaborazione della strategia della rete che è approvata dal consiglio di amministrazione;
b)
l'efficace funzionamento del consiglio di amministrazione, e
c)
l'elaborazione e l'esecuzione del programma di lavoro.
2. Tra le funzioni del consiglio di amministrazione rientrano:
a)
la garanzia del corretto funzionamento della rete conformemente alla presente decisione, comprese le decisioni sull'organizzazione pratica delle attività del segretariato;
b)
l'elaborazione e l'adozione del regolamento finanziario;
c)
l'approvazione della strategia della rete, che contribuisca a sviluppare la prevenzione della criminalità a livello dell'Unione;
d)
l'adozione e la garanzia della realizzazione del programma di lavoro della rete;
e)
l'adozione di una relazione annuale sulle attività della rete.
3. Il consiglio di amministrazione adotta all'unanimità il proprio regolamento interno che include, tra l'altro, le disposizioni sulla nomina e la durata del mandato del presidente e dei membri del comitato esecutivo, sulle modalità di decisione del consiglio di amministrazione, sul regime linguistico, sui compiti, l'organizzazione e le risorse del segretariato e sulle modalità amministrative della cooperazione con altre strutture di cui all'articolo 8.
4. Il segretariato assiste il consiglio di amministrazione, è operativo a titolo permanente, a beneficio totale della rete, nel rispetto della riservatezza richiesta e ha i seguenti compiti:
a)
fornire supporto amministrativo e generale per la preparazione di riunioni, seminari e conferenze; redigere la relazione annuale e il programma di lavoro, sostenere l'attuazione del programma di lavoro e fungere da punto focale per la comunicazione con i membri della rete;
b)
svolgere una funzione di analisi e di supporto per individuare l'attività di ricerca in corso nel settore della prevenzione della criminalità e le relative informazioni utili per la rete;
c)
assumere la responsabilità generale di ospitare, sviluppare e aggiornare il sito web della rete.
5. Ogni rappresentante nazionale promuove le attività della rete a livello nazionale e locale e facilita la fornitura, l'aggiornamento e lo scambio di materiale relativo alla prevenzione della criminalità tra il relativo Stato membro e la rete.
6. I punti di contatto assistono i rappresentanti nazionali nello scambio di informazioni e competenze sulla prevenzione della criminalità a livello nazionale nell'ambito della rete.
7. Il segretariato riferisce al presidente e al comitato esecutivo, che ne controllano l'operato.
8. Gli Stati membri sono responsabili del finanziamento della rete e delle sue attività. Tramite il consiglio di amministrazione, gli Stati membri cooperano per assicurare il finanziamento efficiente in termini di costi della rete e delle sue attività.
9. Il paragrafo 8 non osta alla possibilità di chiedere ed ottenere un sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea.
Articolo 7
Riunioni del consiglio
Il consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta per semestre su convocazione del presidente.
Articolo 8
Cooperazione con altre strutture
La rete può cooperare con altre strutture competenti in materia di prevenzione della criminalità qualora sia pertinente al raggiungimento dei suoi obiettivi.
Articolo 9
Valutazione
La Commissione presenta al Consiglio una relazione di valutazione in merito alle attività della rete concentrandosi in particolare sull'efficienza dei lavori della rete e del segretariato, tenendo debito conto dell'interazione tra la rete ed altri soggetti pertinenti entro 30 novembre 2012. In base ai risultati di tale valutazione sono individuate eventuali opportunità che potrebbero essere realizzate ad esempio trasferendo il segretariato ad un'agenzia esistente.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 2001/427/GAI è abrogata.
Articolo 11
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno dell'adozione.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU C 222 del 15.9.2009, pag. 2.
(2) GU C 124 del 3.5.2000, pag. 1.
(3) GU L 153 dell'8.6.2001, pag. 1. | Cooperazione europea in materia di prevenzione della criminalità
Decisione 2009/902/GAI del Consiglio che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC)
ATTO
Decisione 2009/902/UE del Consiglio, del 30 novembre 2009, che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI.
SINTESI
La politica sulla prevenzione della criminalità nell’Unione europea (UE) si rafforza grazie alla cooperazione tra autorità a livello nazionale e locale e altri esperti e professionisti del settore.
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Istituisce la rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) per contribuire allo sviluppo di misure di prevenzione della criminalità nell’UE. Oltre a fornire un quadro per la cooperazione tra i paesi dell’UE, la rete supporta anche le attività di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale.
PUNTI CHIAVE
La REPC si occupa di:
—
facilitare la cooperazione, i contatti e gli scambi d’informazioni tra le parti interessate;
—
raccogliere, valutare e condividere le informazioni sulla prevenzione della criminalità;
—
organizzare conferenze e attività per sviluppare la prevenzione della criminalità e condividere i risultati di questo lavoro sulla prevenzione della criminalità;
—
fornire la necessaria competenza alle istituzioni europee (Consiglio e Commissione);
—
riferire annualmente al Consiglio sulle sue attività;
—
sviluppare e attuare un programma di lavoro che tenga conto delle pertinenti minacce della criminalità.
Gli obiettivi della REPC sono raggiunti attraverso un programma di lavoro annuale, nell’ambito di una strategia pluriennale (2010-2015).
La rete è composta da:
—
un consiglio di amministrazione , responsabile della sua gestione complessiva;
—
un segretariato , che fornisce supporto amministrativo al consiglio di amministrazione;
—
punti di contatto, che sostengono gli scambi di informazioni e di competenze tra i rappresentanti nazionali.
Attività
La REPC svolge una serie di attività, tra cui:
—
la promozione di buone pratiche, attraverso un database che contiene esempi di iniziative e progetti di prevenzione della criminalità (che vanno dalla prevenzione del crimine violento alla criminalità informatica);
—
l’organizzazione della conferenza sulle migliori prassi, un evento annuale rivolto ai politici, ai professionisti e ai ricercatori per la condivisione di esperienze e buone prassi in materia di prevenzione della criminalità e di sicurezza nei paesi dell’UE;
—
la presentazione del premio europeo per la prevenzione della criminalità , volto a premiare il miglior progetto europeo di prevenzione della criminalità. Il concorso è aperto a qualsiasi progetto, iniziativa o pacchetto di misure volto a ridurre la criminalità e la paura del crimine nel quadro del tema indicato;
—
la raccolta e la promozione di risultati e attività basati sulla ricerca per prevenire la criminalità. I«kit di strumenti» su aspetti specifici della prevenzione della criminalità hanno lo scopo di informare, sostenere e ispirare gli operatori locali e i decisori politici attraverso conoscenze pratiche proposte sotto forma di un documento di facile lettura;
—
creare e mantenere un archivio di studi, articoli e altri documenti in materia di prevenzione della criminalità accessibile attraverso il motore di ricerca di una biblioteca online sul sito Web della rete REPC.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
A decorrere dal 30 novembre 2009.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet sulla rete europea di prevenzione della criminalità .
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2009/902/GAI
30.11.2009
-
GU L 321 dell’8.12.2009, pag. 44-46 | 4,636 | 286 |
21997A1115(01) | false | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana - Atto finale - Dichiarazione comune sull'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e il Sudafrica
Gazzetta ufficiale n. L 313 del 15/11/1997 pag. 0026 - 0037
ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricanaLA COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominata «la Comunità», da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA SUD-AFRICANA, per conto della Repubblica Sudafricana (in appresso denominata «Sudafrica») dall'altra,in appresso denominati le «parti»;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERANDO che la Comunità europea e il Sudafrica stanno attuando programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio agevolando ogni ulteriore cooperazione;CONSIDERANDO che detta cooperazione, ove possibile e giustificato, deve andare anche a vantaggio della Comunità per lo sviluppo dell'Africa meridionale;CONSIDERANDO che a tale scopo è auspicabile che sia istituito un quadro per la cooperazione;CONSIDERANDO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica costituisce parte della cooperazione globale tra la Comunità ed i suoi Stati membri, da un lato, e il Sudafrica, dall'altro;CONSIDERANDO che con decisione n. 1110/94/CE il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno adottato un programma quadro delle azioni della Comunità europea nel settore della ricerca, dello sviluppo tecnologico e della dimostrazione (1994-1998), in appresso denominato «Quarto programma quadro»;CONSIDERANDO che, fatte salve le pertinenti disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, il presente accordo e le eventuali attività svolte in sua applicazione lasciano assolutamente impregiudicata la potestà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con il Sudafrica in campo scientifico, tecnologico, della ricerca e sviluppo e di stipulare, se del caso, accordi a tal fine,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivi Le parti promuovono e agevolano la cooperazione tra la Comunità e il Sudafrica nei settori d'interesse comune in cui sostengono attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione volte a far progredire la scienza e/o la tecnologia.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività di cooperazione»: ogni attività svolta a norma del presente accordo, ivi compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo derivanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta e, eventualmente, le parti stesse ritengano necessaria;c) «proprietà intellettuale»: la definizione che ne dà l'articolo 2 della Convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta»: ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione condotti con o senza contributo finanziario di una delle due parti o di entrambe e che comporti la collaborazione dei partecipanti della Comunità e del Sudafrica;e) «partecipante» o «ente di ricerca»: qualsiasi persona fisica o giuridica, università, istituto di ricerca o altro organismo o impresa, nonché le Parti stesse, che si impegni a partecipare ad una attività di cooperazione.Articolo 3 Principi L'attività di cooperazione è svolta sulla base dei seguenti principi:a) la reciprocità dei vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; ec) nell'ambito delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, la tutela efficace della proprietà intellettuale e l'equa distribuzione dei diritti di proprietà intellettuale, secondo quanto disposto nell'allegato, che costituisce parte integrante del presente accordo.Articolo 4 Portata della cooperazione La cooperazione a norma del presente accordo può coprire tutte le attività di ricerca e sviluppo tecnologico e dimostrazione (in appresso denominate RST) connesse al Quarto programma quadro e tutte le analoghe attività RST effettuate in Sudafrica.Articolo 5 Modalità della cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:a) i) la partecipazione di enti di ricerca sudafricani a progetti RST connessi con il Quarto programma quadro e reciprocamente la partecipazione di enti di ricerca della Comunità europea a progetti sudafricani in aree di ricerca analoghe; per quanto riguarda la partecipazione sudafricana ai progetti RST comunitari, essa è soggetta alle norme applicabili per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università agli specifici programmi RST della Comunità (1);ii) ai fini della partecipazione degli enti di ricerca sudafricani allo specifico programma di RST nell'ambito della cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali (1994-1998) il Sudafrica è considerato un paese in via di sviluppo;b) l'utilizzazione in comune delle strutture di ricerca;c) le visite e gli scambi di addetti alla ricerca, ingegneri e tecnici;d) la partecipazione di esperti a seminari, simposi e corsi pratici;e) le reti scientifiche e la formazione di ricercatori;f) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, le normative e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;g) altre attività che possono essere raccomandate dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, secondo le politiche ed i programmi delle parti.Ad esclusione dei progetti di cui alla lettera a) ii), i progetti RST saranno attuati solo dopo l'approvazione da parte dei partecipanti di un piano congiunto di gestione tecnologica, come indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6 Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia a) Il presente accordo è gestito dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia; esso è composto da rappresentanti della Commissione e del Sudafrica; esso adotta il proprio regolamento interno.b) I compiti del comitato consistono nel:1) promuovere e sottoporre a verifica le attività di cooperazione previste dal presente accordo;2) formulare raccomandazioni a norma dell'articolo 5, lettera g);3) fornire pareri alle parti sulle modalità di promuovere la cooperazione secondo i principi che ispirano il presente accordo;4) verificare se l'accordo funziona in maniera efficace ed efficiente;5) redigere una relazione annuale, destinata alle parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese a norma del presente accordo.c) Il comitato si riunisce di comune accordo alternativamente nella Comunità e nel Sudafrica.d) Le spese sostenute dal comitato o per suo conto sono a carico della parte nei cui confronti i membri sono responsabili. Le spese diverse da quelle di viaggio e alloggio occasionate direttamente dalle riunioni del comitato sono a carico della parte ospitante.Articolo 7 Finanziamento a) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi e alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi delle parti.b) Le spese sostenute dai partecipanti per le attività di cooperazione non richiedono alcun trasferimento di fondi da una parte all'altra, ad esclusione della partecipazione di cui all'articolo 5, lettera a) ii).Articolo 8 Circolazione del personale e delle attrezzature Ogni parte adotta ogni misura ragionevole e si adopera al meglio, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature del (dei) partecipante(i) destinati o impiegati nelle attività di cooperazione a norma del presente accordo.Articolo 9 Divulgazione ed utilizzazione delle informazioni Gli enti di ricerca con sede nel Sudafrica che partecipano a progetti RST della Comunità sono tenuti, in materia di proprietà, divulgazione e utilizzazione delle informazioni, nonché di diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla loro partecipazione, a conformarsi alle regole previste per la divulgazione dei risultati della ricerca realizzati mediante gli specifici programmi RST della Comunità nonché a quanto stabilito nell'allegato al presente accordo.Gli enti di ricerca con sede nella Comunità che partecipano a progetti RST sudafricani godono, in materia di proprietà, divulgazione e utilizzazione delle informazioni, nonché di diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla loro partecipazione, dei medesimi diritti e sono soggetti ai medesimi obblighi previsti per gli enti di ricerca sudafricana nonché a quanto stabilito nell'allegato al presente accordo.Articolo 10 Ambito di applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Sudafrica.Articolo 11 Entrata in vigore, denuncia e soluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si notificano reciprocamente per iscritto che sono stati completati gli adempimenti richiesti dal loro ordinamento giuridico.b) Il presente accordo è concluso per la durata del Quarto programma quadro ed è prorogabile di comune accordo tra le parti (rinnovo tacito) per gli specifici programmi che danno esecuzione a successivi programmi quadro della Comunità.c) L'accordo può essere emendato dalle parti di comune accordo. Gli emendamenti entrano in vigore alla data in cui le parti si sono notificate per iscritto che sono stati completati gli adempimenti previsti dal loro ordinamento giuridico.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso scritto di sei mesi. La scadenza o la denuncia del presente accordo lascia impregiudicata la validità e la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso o i diritti e gli obblighi specifici maturati a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia connessa con l'interpretazione o l'attuazione del presente accordo è risolta per mutuo consenso delle parti.Articolo 12 Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Bruselas, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y seis.Udfærdiget i Bruxelles den femte december nitten hundrede og seksoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am fünften Dezember neunzehnhundertsechsundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá Ýîé.Done at Brussels on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-six.Fait à Bruxelles, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-seize.Fatto a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei.Gedaan te Brussel, de vijfde december negentienhonderd zesennegentig.Feito em Bruxelas, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e seis.Tehty Brysselissä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäkuusi.Som skedde i Bryssel den femte december nittonhundranittiosex.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the Republic of South Africa>RIFERIMENTO A UN FILM>(1) Decisione 94/763/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, relativa alle norme per la partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università ai programmi specifici di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione della Comunità europea (GU L 306 del 30. 11. 1994, pag. 8).ALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. PROPRIETÀ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI1. L'attività di ricerca svolta in base al presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti a detta ricerca congiunta elaborano programmi comuni di gestione della tecnologia (PCGT) (1) che contengono, almeno, i principi applicabili in materia di proprietà e di utilizzazione, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) derivanti dalla ricerca congiunta.Tali programmi devono essere approvati dall'organismo finanziatore responsabile o dal dipartimento della parte che si occupa del finanziamento della ricerca prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo cui essi si riferiscono. I PCGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, dei requisiti imposti dalle norme legislative applicabili in materia, nonché della necessità di stabilire procedure di soluzione delle controversie e, infine, di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I PCGT disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca e di informazione svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI derivanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate da un determinato PCGT sono attribuite secondo le procedure descritte alla sezione I, punto 1, applicando i principi stabiliti nel medesimo PCGT. In caso di disaccordo che non possa essere risolto con la procedura di soluzione delle controversie concordata, le informazioni o la PI non attribuite diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta di cui esse sono il risultato e ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Secondo la normativa applicabile in materia, ciascuna parte provvede affinché l'altra parte e i partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti in base ai principi enunciati nella sezione I del presente allegato.4. Pur assicurando il mantenimento delle condizioni di concorrenza nei settori oggetto all'accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti a norma del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'attuazione di norme internazionali.II. OPERE OGGETTO DI DIRITTO D'AUTOREPer i diritti d'autore appartenenti alle parti o ai partecipanti si applica una disciplina conforme alla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHEFatta salva la sezione IV, se non altrimenti convenuto nel PCGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dai partecipanti. Oltre a questa norma generale, si applica la seguente procedura:1. Nell'eventualità che una parte o un ente pubblico di tale parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta a norma del presente accordo, l'altra parte ha diritto, previa autorizzazione scritta rilasciata dall'editore, ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione di tali pubblicazioni al pubblico.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche risultanti dalla ricerca congiunta svolta a norma del presente accordo e realizzate da editori indipendenti.3. Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore, destinata alla divulgazione al pubblico e redatta in base alla presente clausola, devono riportare i nomi dell'autore o degli autori, a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono menzionare anche, in modo chiaramente visibile, il sostegno dato congiuntamente dalle parti.IV. INFORMAZIONI NON DIVULGABILIA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna parte o i partecipanti individuano senza indugio, e preferibilmente in sede di elaborazione del PCGT, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:- la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;- il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;- i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo per mantenerne la segretezza.2. Di norma, ai partecipanti non è richiesto di fornire alle parti informazioni non divulgabili. Tuttavia, qualora dovessero venire a conoscenza di tali informazioni, le parti ne rispettano il carattere particolare e non le rivelano né all'esterno, né al loro interno, né tra di loro senza il consenso scritto del partecipante, o dei partecipanti, cui appartengono le informazioni. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.3. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni non divulgabili, scambiate tra di esse a norma del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra parte, ad esempio apponendovi un particolare contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.4. Le informazioni non divulgabili comunicate a norma del presente accordo e ricevute dall'altra parte possono essere divulgate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.5. Previo assenso scritto della parte che fornisce le informazioni non divulgabili a norma del presente accordo, la parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 3. Le parti cooperano nell'istituire apposite procedure per richiedere e ottenere il suddetto assenso preliminare scritto. Ciascuna parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni raccolte in seguito al distacco di personale, all'utilizzazione di attrezzature o all'esecuzione di progetti comuni, sono trattate dalle parti o dai partecipanti in base ai principi stabiliti alla sezione IV, lettera A del presente allegato, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare in anticipo e per iscritto.C. ControlloCiascuna parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute a norma del presente accordo siano sottoposte a controllo nel modo ivi previsto. Se una parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui alle lettere A o B, ne informa immediatamente l'altra parte che può essere lesa da tale divulgazione. Le parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.Appendice Caratteristiche indicative dei programmi comuni di gestione della tecnologia (PCGT) Il PCGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PCGT, di norma, disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi le intese per la pubblicazione comune dei risultati, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PCGT può inoltre contenere disposizioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulle norme che regolano la comunicazione di informazioni non divulgabili, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.(1) Le caratteristiche indicative dei PCGT sono esposte nell'appendice.ATTO FINALE I plenipotenziariDEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,da un lato, eDELLA REPUBBLICA SUDAFRICANA,dall'altro,riuniti a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei per la firma dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana,hanno, al momento di firmare l'accordo,- adottato la seguente dichiarazione comune delle parti contraenti:Dichiarazione comune sull'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e il SudafricaLa dichiarazione di cui sopra è acclusa al presente atto finale.DICHIARAZIONE COMUNE SULL'ACCORDO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO TRA LA COMUNITÀ EUROPEA E IL SUDAFRICA La Comunità europea e il Sudafrica ribadiscono la loro ferma volontà di rafforzare la cooperazione scientifica e tecnologica e si rallegrano della conclusione del presente accordo che consentirà una collaborazione ancor più stretta tra le due parti a vantaggio delle attività di ricerca e di sviluppo tecnologico, compresa la dimostrazione, in vari settori di interesse comune.La Comunità europea e il Sudafrica dichiarano il loro impegno ad adoperare le loro migliori energie affinché le attività svolte nell'ambito del presente accordo abbiano una ripercussione favorevole anche sulla più ampia regione dell'Africa australe, contribuendo così ad uno sviluppo economico e sociale armonioso e sostenibile, come previsto nella dichiarazione dell'Unione europea e della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe (SADC), adottata alla Conferenza ministeriale svoltasi a Berlino nel settembre 1994, e confermato alla Conferenza ministeriale che si è tenuta a Windhoek nell'ottobre 1996.Hecho en Bruselas, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y seis.Udfærdiget i Bruxelles den femte december nitten hundrede og seksoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am fünften Dezember neunzehnhundertsechsundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá Ýîé.Done at Brussels on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-six.Fait à Bruxelles, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-seize.Fatto a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei.Gedaan te Brussel, de vijfde december negentienhonderd zesennegentig.Feito em Bruxelas, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e seis.Tehty Brysselissä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäkuusi.Som skedde i Bryssel den femte december nittonhundranittiosex.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the Republic of South Africa>RIFERIMENTO A UN FILM> | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Sud Africa
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione nel campo della scienza e della tecnologia volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività scientifiche e tecnologiche in settori di interesse comune.
La decisione adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su:beneficio reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Ambiti di cooperazione
L’accordo riguarda tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (RST) connesse al programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE e tutte le analoghe attività RST effettuate in Sud Africa.
Attività
Le attività di cooperazione possono includere:la partecipazione reciproca degli enti di ricerca (ossia centri di ricerca, aziende, università) ai progetti; l’utilizzazione in comune delle strutture di ricerca; le visite e gli scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; la partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; le reti scientifiche e la formazione di ricercatori; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; altre attività che possono essere raccomandate dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’11 novembre 1997. È stato concluso per la durata del 4° programma quadro per la ricerca e l’innovazione e viene rinnovato per ogni nuovo programma quadro.
CONTESTO
Questo accordo completa l’accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione.
Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:Il Sud Africa e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Sud Africa, consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Sud Africa (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Sud Africa (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pagg. 26-37).
Decisione 97/763/CE del Consiglio, del 10 novembre 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pag. 25).
Informazioni sulla data di entrata in vigore dell’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pag. 38). | 8,102 | 508 |
31999L0022 | false | Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici
Gazzetta ufficiale n. L 094 del 09/04/1999 pag. 0024 - 0026
DIRETTIVA 1999/22/CE DEL CONSIGLIOdel 29 marzo 1999relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologiciIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),considerando che il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio(3), richiede che sia dimostrata la disponibilità di adeguati impianti per la sistemazione e il mantenimento di esemplari viventi di un gran numero di specie prima che ne sia permessa l'importazione nella Comunità; che esso vieta inoltre l'esposizione al pubblico per scopi commerciali delle specie elencate nell'allegato A, salvo deroga specifica accordata per fini didattici, di ricerca o di allevamento;considerando che la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(4), e la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(5), vietano la cattura, il possesso e il commercio di un gran numero di specie, ma ammettono deroghe per motivi specifici, ad esempio per fini didattici e di ricerca, di ripopolamento, di reintroduzione e di allevamento;considerando che la corretta applicazione della normativa comunitaria presente e futura sulla conservazione della fauna selvatica e l'esigenza che i giardini zoologici svolgano adeguatamente il loro importante ruolo nell'ambito della conservazione delle specie, dell'istruzione pubblica e/o della ricerca scientifica rendono necessaria una base comune per la normativa degli Stati membri in merito al rilascio di licenze e all'ispezione dei giardini zoologici, alla custodia degli animali in dette strutture, alla formazione del personale e all'istruzione dei visitatori;considerando che occorre un'azione sul piano comunitario affinché i giardini zoologici, in tutta la Comunità, contribuiscano alla salvaguardia della biodiversità, seguono gli obblighi di adottare misure per la conservazion ex situ assunti a norma dell'articolo 9 della convenzione sulla diversità biologica;considerando che numerose organizzazioni, quali l'Associazione europea dei giardini zoologici e degli acquari, hanno elaborato orientamenti per il mantenimento e la sistemazione degli animali nei giardini zoologici che potrebbero servire, se del caso, per l'elaborazione e l'adozione di norme nazionali,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviLa presente direttiva ha lo scopo di proteggere la fauna selvatica e di salvaguardare la biodiversità prevedendo che gli Stati membri adottino misure in materia di licenze e ispezioni dei giardini zoologici nella Comunità, potenziando così il ruolo dei giardini zoologici in fatto di conservazione della biodiversità.Articolo 2DefinizioneAi fini della presente direttiva, per giardino zoologico si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l'anno, animali vivi di specie selvatiche ad esclusione dei circhi, dei negozi di animali da compagnia e dei complessi che gli Stati membri non assoggettano ai requisiti della presente direttiva per il fatto che non espongono un numero significativo di animali o di specie e che tale esenzione non compromette gli obiettivi della presente direttiva.Articolo 3Requisiti applicabili ai giardini zoologiciGli Stati membri adottano misure, a norma degli articoli 4, 5, 6 e 7 volte a garantire che tutti i giardini zoologici attuino le seguenti misure di conservazione:- partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie e/o ad azioni di formazione nelle pertinenti tecniche di conservazione e/o a scambi di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l'allevamento in cattività, il ripopolamento o la reintroduzione di specie nella vita selvatica;- promuovere l'istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;- sistemare gli animali in condizioni volte a soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie, in particolare provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie e mantenere un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;- impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall'esterno;- tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico, per le singole specie.Articolo 4Licenze e ispezioni1. Gli Stati membri adottano misure per il rilascio di licenze e l'ispezione dei giardini zoologici, esistenti e di futura creazione, al fine di garantire il rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3.2. Tutti i giardini zoologici devono disporre di una licenza entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva ovvero, nel caso dei giardini zoologici nuovi, prima dell'apertura al pubblico.3. Ciascuna licenza contiene condizioni volte a far osservare i requisiti di cui all'articolo 3. Il rispetto delle condizioni è soggetto a sorveglianza, tra l'altro mediante ispezioni regolari; vengono adottate misure appropriate volte a garantire tale rispetto.4. Prima di concedere, negare, prorogare o modificare sensibilmente una licenza, viene svolta dalle autorità competenti degli Stati membri un'ispezione al fine di accertare se siano state rispettate o no le condizioni della licenza, sia quelle già esistenti che quelle proposte.5. Se il giardino zoologico non ha una licenza a norma della presente direttiva o le condizioni della licenza non sono rispettate, il giardino zoologico o parte di esso:a) viene chiuso al pubblico dall'autorità competente; e/ob) si conforma ai requisiti imposti dall'autorità competente per garantire che le condizioni della licenza siano rispettate.In caso di mancata conformità a tali requisiti entro un termine appropriato non superiore a due anni stabilito dall'autorità competente, quest'ultima revoca o modifica la licenza e chiude il giardino zoologico o parte di esso.Articolo 5I requisiti per il rilascio della licenza di cui all'articolo 4 non si applicano quando uno Stato membro può dimostrare, con prova considerata soddisfacente dalla Commissione, che l'obiettivo della presente direttiva, definito nell'articolo 1, e che i requisiti applicabili ai giardini zoologici, stabiliti nell'articolo 3, sono realizzati e costantemente rispettati mediante un sistema di regolamentazione e registrazione. Un tale sistema dovrebbe, tra l'altro, contenere disposizioni relative all'ispezione ed alla chiusura dei giardini zoologici equivalenti a quelle di cui ai paragrafi 4 e 5 dell'articolo 4.Articolo 6Chiusura di giardini zoologiciNel caso in cui un giardino zoologico o parte di essi sia chiuso, l'autorità competente accerta che gli animali interessati vengano trattati o rimossi in condizioni che lo Stato membro reputa appropriata e conformi alle finalità e alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 7Autorità competentiGli Stati membri designano le autorità competenti ai fini della presente direttiva.Articolo 8SanzioniGli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di infrazione alle disposizioni nazionali adottate in base alla presente direttiva. Le sanzioni stabilite sono efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 aprile 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 10Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, il 29 marzo 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteF. MÜNTEFERING(1) GU C 204 del 15.7.1996, pag. 63.(2) Parere del Parlamento europeo del 29 gennaio 1998 (GU C 56 del 23.2.1998, pag. 34). Posizione comune del Consiglio del 20 luglio 1998 (GU C 364 del 25.11.1998, pag. 9) e decisione del Parlamento europeo del 10 febbraio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2307/97 della Commissione (GU L 325 del 27.11.1997, pag. 1).(4) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/49/CE della Commissione (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).(5) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/62/CE della Commissione (GU L 305 dell'8.11.1997, pag. 42). | Il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Promuove la protezione e la conservazione delle specie animali selvatiche rafforzando il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità.
Prevede specifiche norme per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici, al fine di assicurare che essi rispettino le misure di conservazione e di protezione necessarie.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
Per «giardino zoologico» si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti animali vivi di specie selvatiche, a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l’anno.
I circhi e i negozi di animali da compagnia sono esclusi dalla direttiva.
I paesi dell’UE possono anche esentare taluni complessi dalla direttiva, qualora non espongano un numero significativo di animali o specie al pubblico e qualora tale esenzione non comprometta gli obiettivi della direttiva.
Condizioni
La direttiva impone ai paesi dell’UE di adottare misure relative al rilascio di licenze e allo svolgimento di ispezioni regolari nei giardini zoologici, al fine di verificare che le condizioni richieste per il loro rilascio siano soddisfatte.
Per ottenere una licenza di esercizio, i giardini zoologici devono:
partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie, uno scambio di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l’allevamento in cattività (ripopolamento o reintroduzione di specie nella vita selvatica ecc.);
promuovere l’istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;
sistemare gli animali in condizioni in grado di soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie:
provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie;
mantenendo un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;
impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche (ad esempio, specie esotiche invasive) per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall’esterno;
tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico per le singole specie.
Licenze e ispezione
I paesi dell’UE devono adottare misure per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici al fine di garantire il rispetto delle misure per la conservazione richieste.
Tutti i giardini zoologici devono essere in possesso di una licenza.
Ciascuna licenza deve contenere le condizioni volte a far osservare le misure necessarie di conservazione e protezione.
Le autorità competenti dei paesi dell’UE devono svolgere un’ispezione prima di concedere, negare, prorogare o modificare sostanzialmente una licenza.
Se il giardino zoologico non rispetta anche solo parzialmente i requisiti legali, l’autorità competente dovrà chiudere al pubblico il giardino zoologico o la parte di esso non conforme.
In caso di parziale o totale chiusura di un giardino zoologico, gli animali interessati devono essere trattati o rimossi in condizioni che il paese dell’UE interessato ritiene appropriate e compatibili con le disposizioni della direttiva.
Buone pratiche
Nel 2015, la Commissione europea ha pubblicato il documento sulle buone pratiche della direttiva europea sui giardini zoologici. Lo scopo è di aiutare i paesi dell’UE a rispettare maggiormente i requisiti della direttiva, attraverso la condivisione di esperienze e buone pratiche.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 9 aprile 1999. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 9 aprile 2002.
ATTO
Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94 del 9.4.1999, pag. 24-26) | 4,218 | 878 |
32002L0014 | false | Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori
Gazzetta ufficiale n. L 080 del 23/03/2002 pag. 0029 - 0034
Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consigliodell'11 marzo 2002che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l'articolo 137, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 251(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 23 gennaio 2002,considerando quanto segue:(1) Ai sensi dell'articolo 136 del trattato, la Comunità e gli Stati membri si prefiggono in particolare di promuovere il dialogo sociale.(2) Il punto 17 della carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori prevede, tra l'altro, che occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(3) La Commissione ha consultato le parti sociali a livello comunitario sul possibile orientamento di un'azione comunitaria in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori nelle imprese della Comunità.(4) La Commissione, a seguito di tale consultazione, ha ritenuto che un'azione comunitaria fosse auspicabile ed ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Queste hanno trasmesso alla Commissione i loro pareri.(5) Al termine di tale seconda fase di consultazione le parti sociali non hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare il processo che potrebbe condurre alla conclusione di un accordo.(6) L'esistenza di quadri giuridici a livello comunitario e nazionale, intesi a garantire il coinvolgimento dei lavoratori nell'andamento delle imprese e nelle decisioni che li riguardano, non ha sempre impedito che decisioni gravi che interessavano dei lavoratori fossero adottate e rese pubbliche senza che fossero state preventivamente osservate procedure adeguate di informazione e di consultazione.(7) Occorre intensificare il dialogo sociale e le relazioni di fiducia nell'ambito dell'impresa per favorire l'anticipazione dei rischi, sviluppare la flessibilità dell'organizzazione del lavoro e agevolare l'accesso dei lavoratori alla formazione nell'ambito dell'impresa in un quadro di sicurezza, promuovere la sensibilizzazione dei lavoratori alle necessità di adattamento, aumentare la disponibilità dei lavoratori ad impegnarsi in misure e azioni intese a rafforzare la loro occupabilità, promuovere il coinvolgimento dei lavoratori nella conduzione dell'impresa e nella determinazione del suo futuro, nonché rafforzare la competitività dell'impresa.(8) Occorre, in particolare, promuovere e intensificare l'informazione e la consultazione sulla situazione e l'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa, nonché, quando dalla valutazione effettuata dal datore di lavoro risulta che l'occupazione nell'ambito dell'impresa può essere minacciata, sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in termini di formazione e di miglioramento delle competenze dei lavoratori, al fine di evitare tali effetti negativi o attenuarne le conseguenze e di rafforzare l'occupabilità e l'adattabilità dei lavoratori suscettibili di essere interessati da tali effetti.(9) L'informazione e la consultazione in tempo utile costituiscono una condizione preliminare del successo dei processi di ristrutturazione e di adattamento delle imprese alle nuove condizioni indotte dalla globalizzazione dell'economia, in particolare mediante lo sviluppo di nuove procedure di organizzazione del lavoro.(10) La Comunità ha definito e attua una strategia per l'occupazione, imperniata sui concetti di anticipazione, prevenzione e occupabilità, che si desidera integrare quali elementi fondamentali in tutte le politiche pubbliche suscettibili di incidere positivamente sull'occupazione, anche a livello delle imprese, attraverso l'intensificazione del dialogo sociale, al fine di facilitare un cambiamento coerente con il mantenimento dell'obiettivo prioritario dell'occupazione.(11) Lo sviluppo del mercato interno deve realizzarsi in modo armonioso, preservando i valori essenziali sui quali si basano le nostre società, in particolare facendo beneficiare tutti i cittadini dello sviluppo economico.(12) L'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria comporterà l'approfondimento e l'accelerazione delle pressioni competitive a livello europeo, esigendo un accompagnamento sociale più intenso a livello nazionale.(13) I quadri giuridici in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori esistenti a livello comunitario e nazionale sono spesso eccessivamente orientati al trattamento a posteriori dei processi di cambiamento, trascurano i fattori economici delle decisioni e non favoriscono una reale anticipazione dell'evoluzione dell'occupazione nell'ambito dell'impresa e la prevenzione dei rischi.(14) Il complesso di queste evoluzioni politiche, economiche, sociali e giuridiche impone un adattamento del quadro giuridico esistente, che prevede strumenti giuridici e pratici che consentano l'esercizio del diritto all'informazione e alla consultazione.(15) La presente direttiva non pregiudica i sistemi nazionali in cui l'esercizio concreto di tale diritto implica una manifestazione collettiva di volontà da parte dei relativi titolari.(16) La presente direttiva non pregiudica i sistemi che prevedono dispositivi di coinvolgimento diretto dei lavoratori, a condizione che questi possano in tutti i casi scegliere di esercitare il loro diritto all'informazione e alla consultazione tramite i rispettivi rappresentanti.(17) Poiché gli scopi dell'azione proposta, precedentemente menzionati, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri, trattandosi di stabilire un quadro per l'informazione e la consultazione dei lavoratori adeguato al nuovo contesto europeo sopra descritto, e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione prevista, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(18) Con tale quadro generale ci si prefigge di definire prescrizioni minime applicabili ovunque nella Comunità senza impedire agli Stati membri di prevedere disposizioni più favorevoli per i lavoratori.(19) Con tale quadro generale si intende altresì evitare vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da contrastare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese. Sembra appropriato, di conseguenza, limitare il campo d'applicazione della presente direttiva, secondo la scelta fatta dagli Stati membri, alle imprese che impiegano almeno 50 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 20 addetti.(20) Ciò tiene conto, senza recare pregiudizio, di altre misure e prassi nazionali volte a promuovere il dialogo sociale nelle imprese non coperte dalla presente direttiva, nonché nelle amministrazioni pubbliche.(21) Tuttavia, in via transitoria, gli Stati membri in cui non esiste un sistema istituzionale di informazione e consultazione dei lavoratori o un sistema di rappresentanza dei lavoratori dovrebbero avere la possibilità di limitare ulteriormente il campo di applicazione della presente direttiva in relazione al numero dei lavoratori.(22) Il quadro comunitario in questo settore dovrebbe limitare al livello minimo possibile gli oneri imposti alle imprese e agli stabilimenti, pur garantendo l'esercizio effettivo dei diritti accordati.(23) L'obiettivo di cui alla presente direttiva sarà raggiunto mediante l'instaurazione di un quadro generale che comprende i principi, le definizioni e le modalità dell'informazione e della consultazione, che spetterà agli Stati membri rendere concreti e adattare alle realtà nazionali, se del caso assegnando alle parti sociali un ruolo di rilievo che permetta loro di definire in piena libertà, mediante accordo, le modalità di informazione e di consultazione più conformi alle loro necessità e ai loro desideri.(24) È opportuno non incidere su un certo numero di specificità nel settore dell'informazione e della consultazione dei lavoratori che sussistono in alcuni diritti nazionali e di cui beneficiano le imprese che perseguono fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini di informazione o di espressione di opinioni.(25) Occorre proteggere le imprese e gli stabilimenti dalla divulgazione di talune informazioni particolarmente sensibili.(26) È opportuno consentire al datore di lavoro di non informare né consultare allorquando ciò nuocerebbe gravemente all'impresa o allorquando è tenuto a dare immediato seguito ad un'ingiunzione rivoltagli da un'autorità di controllo o di supervisione.(27) L'informazione e la consultazione comportano diritti e responsabilità per le parti sociali a livello dell'impresa o dello stabilimento.(28) Devono essere applicabili procedure amministrative o giudiziarie, nonché sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate alla gravità delle infrazioni, in caso di violazione degli obblighi ai sensi della presente direttiva.(29) La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le disposizioni, qualora siano più specifiche, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti(6).(30) La presente direttiva non dovrebbe incidere su altri diritti di informazione e di consultazione dei lavoratori, compresi quelli che derivano dalla direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie per informare e consultare i lavoratori(7).(31) L'applicazione delle disposizioni della presente direttiva non dovrebbe costituire una ragione sufficiente per giustificare una riduzione generale della protezione dei lavoratori nei settori da essa contemplati,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e principi1. La presente direttiva si prefigge di istituire un quadro generale che stabilisca prescrizioni minime riguardo al diritto all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o stabilimenti situati nella Comunità.2. Le modalità di informazione e di consultazione sono definite e applicate, in conformità della legislazione nazionale e delle prassi in materia di rapporti di lavoro vigenti nei singoli Stati membri, in modo tale da garantire l'efficacia dell'iniziativa.3. In occasione della definizione o dell'applicazione delle modalità di informazione e di consultazione, il datore di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori operano in uno spirito di cooperazione nel rispetto dei loro diritti e obblighi reciproci, tenendo conto nel contempo degli interessi dell'impresa o dello stabilimento e di quelli dei lavoratori.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:a) "imprese", le imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno fini di lucro, situate sul territorio degli Stati membri;b) "stabilimento", una unità di attività definita conformemente alle leggi e prassi nazionali situata sul territorio di uno Stato membro e nella quale l'attività economica è svolta in modo stabile con l'ausilio di risorse umane e materiali;c) "datore di lavoro", la persona fisica o giuridica parte dei contratti o rapporti di lavoro con i lavoratori, conformemente alle leggi e prassi nazionali;d) "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato, è tutelata come un lavoratore nell'ambito del diritto nazionale del lavoro e conformemente alle prassi nazionali;e) "rappresentanti dei lavoratori", i rappresentanti dei lavoratori previsti dalle leggi e/o prassi nazionali;f) "informazione", la trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentir loro di prendere conoscenza della questione trattata e esaminarla;g) "consultazione", lo scambio di opinioni e l'instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro.Articolo 3Campo di applicazione1. La presente direttiva si applica, a seconda della scelta fatta dagli Stati membri:a) alle imprese che impiegano in uno Stato membro almeno 50 addetti ob) agli stabilimenti che impiegano in uno Stato membro almeno 20 addetti.Gli Stati membri determinano le modalità di calcolo delle soglie di lavoratori impiegati.2. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi di cui alla presente direttiva, gli Stati membri possono prevedere disposizioni specifiche applicabili alle imprese o agli stabilimenti che perseguono direttamente e principalmente fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini d'informazione o espressione di opinioni, a condizione che, alla data di entrata in vigore della presente direttiva, tali disposizioni particolari esistano già nel diritto nazionale.3. Gli Stati membri possono prevedere, in deroga alla presente direttiva, disposizioni particolari applicabili agli equipaggi delle navi d'alto mare.Articolo 4Modalità dell'informazione e della consultazione1. Nel rispetto dei principi enunciati all'articolo 1 e fatte salve le disposizioni e/o prassi in vigore più favorevoli ai lavoratori, gli Stati membri determinano le modalità di esercizio del diritto all'informazione e alla consultazione al livello adeguato in conformità del presente articolo.2. L'informazione e la consultazione riguardano:a) l'informazione sull'evoluzione recente e quella probabile delle attività dell'impresa o dello stabilimento e della situazione economica;b) l'informazione e la consultazione sulla situazione, la struttura e l'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa o dello stabilimento, nonché sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in caso di minaccia per l'occupazione;c) l'informazione e la consultazione sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro, comprese quelle di cui alle disposizioni comunitarie citate all'articolo 9, paragrafo 1.3. L'informazione avviene ad un dato momento, secondo modalità e con un contenuto appropriati, suscettibili in particolare di permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato e di preparare, se del caso, la consultazione.4. La consultazione avviene:a) assicurando che la scelta del momento, le modalità e il contenuto siano appropriati;b) al livello pertinente di direzione e di rappresentanza, in funzione dell'argomento trattato;c) sulla base delle informazioni pertinenti fornite dal datore di lavoro, in conformità dell'articolo 2, lettera f), e del parere che i rappresentanti dei lavoratori hanno il diritto di formulare;d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere un incontro con il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata al loro eventuale parere;e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che dipendono dal potere di direzione del datore di lavoro di cui al paragrafo 2, lettera c).Articolo 5Informazione e consultazione che derivano da un accordoGli Stati membri possono affidare alle parti sociali al livello adeguato, anche a livello dell'impresa o dello stabilimento, il compito di definire liberamente e in qualsiasi momento mediante accordo negoziato le modalità di informazione e consultazione dei lavoratori. Tali accordi nonché gli accordi esistenti alla data di cui all'articolo 11 così come le eventuali proroghe dei medesimi, possono prevedere, nel rispetto dei principi enunciati all'articolo 1 e alle condizioni e nei limiti definiti dagli Stati membri, disposizioni diverse da quelle di cui all'articolo 4.Articolo 6Informazioni riservate1. Gli Stati membri dispongono che, nelle condizioni e nei limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali, i rappresentanti dei lavoratori, nonché gli esperti che eventualmente li assistono, non siano autorizzati a rivelare né ai lavoratori né a terzi, informazioni che siano state loro espressamente fornite in via riservata, nel legittimo interesse dell'impresa o dello stabilimento. Tale obbligo sussiste anche al termine del loro mandato, a prescindere dal luogo in cui si trovino. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare i rappresentanti dei lavoratori e eventuali loro consulenti a trasmettere informazioni riservate a lavoratori o a terzi vincolati da un obbligo di riservatezza.2. Gli Stati membri dispongono che, in casi specifici e nelle condizioni e limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali, il datore di lavoro non sia obbligato a comunicare informazioni o a procedere a consultazioni che, secondo criteri obiettivi, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento delle imprese o degli stabilimenti interessati o da arrecare loro danno.3. Fatte salve le procedure nazionali esistenti gli Stati membri prevedono procedure amministrative o giudiziarie di ricorso qualora il datore di lavoro esiga la riservatezza o non fornisca informazioni in conformità dei paragrafi 1 e 2. Essi possono prevedere inoltre procedure destinate a salvaguardare la riservatezza delle informazioni in questione.Articolo 7Protezione dei rappresentanti dei lavoratoriGli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori godano, nell'esercizio delle loro funzioni, di una protezione e di garanzie sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono stati loro affidati.Articolo 8Difesa dei diritti1. Gli Stati membri dispongono misure idonee in caso di inosservanza della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. In particolare, essi si adoperano affinché sussistano procedure amministrative o giudiziarie intese a fare rispettare gli obblighi che derivano dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri dispongono sanzioni adeguate applicabili in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Relazione tra la presente direttiva e altre disposizioni comunitarie e nazionali1. La presente direttiva non pregiudica le procedure specifiche di informazione e consultazione di cui all'articolo 2 della direttiva 98/59/CE e all'articolo 7 della direttiva 2001/23/CE.2. La presente direttiva non pregiudica i provvedimenti adottati in base alle direttive 94/45/CE e 97/74/CE.3. La presente direttiva non pregiudica altri diritti in materia di informazione, consultazione e partecipazione vigenti negli ordinamenti nazionali.4. L'applicazione della presente direttiva non costituisce una ragione sufficiente a giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori nel settore contemplato dalla direttiva stessa.Articolo 10Misure transitorieFatto salvo l'articolo 3 uno Stato membro in cui, alla data dell'entrata in vigore della presente direttiva, non esiste un regime legale, generale e permanente di informazione e consultazione dei lavoratori, né un regime legale, generale e permanente di rappresentanza dei lavoratori sul luogo di lavoro che consenta ai lavoratori di essere rappresentati a tale scopo, può limitare l'applicazione delle disposizioni nazionali che attuano la presente direttiva:a) alle imprese che impiegano almeno 150 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 100 addetti fino al 23 marzo 2007; eb) alle imprese che impiegano almeno 100 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 50 addetti nell'anno successivo alla data di cui alla lettera a).Articolo 11Recepimento della direttiva1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 marzo 2005, o si accertano che le parti sociali entro tale data mettano in atto di comune accordo le disposizioni necessarie. Gli Stati membri devono adottare tutte le disposizioni necessarie che permettano loro di essere in qualsiasi momento in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 12Verifica da parte della CommissioneEntro il 23 marzo 2007, la Commissione riesamina, in consultazione con gli Stati membri e le parti sociali a livello comunitario, l'applicazione della presente direttiva e propone al Consiglio, se del caso, le necessarie modifiche.Articolo 13Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 11 marzo 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 2 del 5.1.1999, pag. 3.(2) GU C 258 del 10.9.1999, pag. 24.(3) GU C 144 del 16.5.2001, pag. 58.(4) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 223), confermato il 16 settembre 1999 (GU C 54 del 25.2.2000, pag. 55). Posizione comune del Consiglio del 27 luglio 2001 (GU C 307 del 31.10.2001, pag. 16) e decisione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2002 e decisione del Consiglio del 18 febbraio 2002.(5) GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16.(6) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 16.(7) GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64. Direttiva modificata dalla direttiva 97/74/CE (GU L 10 del 16.1.1998, pag. 22).Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissionesulla rappresentanza dei lavoratori"Per quanto riguarda la rappresentanza dei lavoratori, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione rammentano le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee dell'8 giugno 1994 nelle cause C-382/92 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori nel caso di trasferimenti di imprese) e C-383/92 (Licenziamenti collettivi)" | Norme generali dell'UE sull'informazione e consultazione dei lavoratori
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce i principi generali relativi ai diritti minimi di informazione* e consultazione* dei lavoratori nelle imprese con sede nell'Unione europea (UE). La legislazione nazionale e la prassi delle relazioni industriali determinano il modo in cui tali principi vengono applicati.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell'UE possono:
scegliere se la normativa si applichi alle imprese con almeno 50 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 20 addetti;
prevedere norme specifiche per le imprese che perseguono principalmente fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici;
disporre che il datore di lavoro non sia obbligato a informare o consultare i rappresentanti dei lavoratori qualora ciò crei notevoli difficoltà al funzionamento dell'impresa.
L'informazione e la consultazione riguardano i dati dell'impresa relativi:
all'evoluzione recente e probabile delle attività e la situazione economica;
alla struttura e all'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa, segnatamente in caso di minaccia per l'occupazione;
alle decisioni che potrebbero comportare cambiamenti in materia di organizzazione del lavoro o di contratti di lavoro.
La consultazione deve avvenire:
assicurando che il momento, le modalità e il contenuto siano appropriati;
al livello pertinente di direzione e di rappresentanza dei lavoratori, in funzione dell'argomento trattato;
sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro e del parere dei rappresentanti dei lavoratori;
in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere un incontro con il datore di lavoro e di ottenere una risposta al loro eventuale parere;
al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che potrebbero comportare cambiamenti in materia di organizzazione del lavoro o di contratti di lavoro.
I rappresentanti dei lavoratori e i loro consulenti non devono rivelare alcuna informazione che sia stata loro fornita in via riservata.
La normativa originaria concedeva ai paesi dell'UE la possibilità di escludere gli equipaggi delle navi d'alto mare. Tale esenzione è stata rimossa da una modifica del 2015.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 23 marzo 2002. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 23 marzo 2005.
CONTESTO
All'inizio del 2015, la Commissione europea ha consultato i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori sull'opportunità di fondere le tre direttive seguenti in un unico testo legislativo: il quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, i licenziamenti collettivi e i trasferimenti delle imprese.
Tale esercizio sta inoltre considerando la possibilità di allineare meglio i concetti di «informazione» e «consultazione».
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Informazione e consultazione dei lavoratori» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Informazione: dati trasmessi dal datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentir loro di prendere conoscenza di una questione ed esaminarla.
Consultazione: scambio di opinioni e instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori (GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29-34)
Le modifiche e correzioni successive alla direttiva 2002/14/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Documento a fini di consultazione: Prima fase di consultazione delle parti sociali ai sensi dell'articolo 154 TFUE sul consolidamento delle direttive UE relative all'informazione e alla consultazione dei lavoratori (C(2015) 2303 final del 10.4.2015) | 7,917 | 554 |
31998L0049 | false | Direttiva 98/49/CE del Consiglio del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea
Gazzetta ufficiale n. L 209 del 25/07/1998 pag. 0046 - 0049
DIRETTIVA 98/49/CE DEL CONSIGLIO del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 51 e 235,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che la libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali della Comunità; che il trattato prevede che il Consiglio, con deliberazione unanime, adotti in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori;(2) considerando che la protezione sociale dei lavoratori è garantita da regimi legali di sicurezza sociale integrati da regimi complementari di sicurezza sociale;(3) considerando che la legislazione già adottata dal Consiglio al fine di proteggere i diritti previdenziali dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità e dei loro familiari, in particolare il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (4), e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (5), riguarda unicamente i regimi pensionistici legali; che il sistema di coordinamento previsto in tali regolamenti non si estende ai regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo;(4) considerando che il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta dei provvedimenti più appropriati per il conseguimento dell'obiettivo dell'articolo 51 del trattato; che il sistema di coordinamento previsto nei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e, in particolare, le regole in materia di cumulo non sono appropriati per i regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo, e che dovrebbero pertanto essere assoggettati a misure specifiche, la prima delle quali è la presente direttiva, per tener conto della loro natura speciale e delle loro caratteristiche, come pure della diversità di tali regimi negli e tra gli Stati membri;(5) considerando che nessuna pensione o prestazione dovrebbe essere simultaneamente assoggettata alle disposizioni della presente direttiva e a quelle dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e che, quindi, non può essere assoggettato alle disposizioni della presente direttiva alcun regime pensionistico complementare rientrante nell'ambito di applicazione di tali regolamenti in virtù di una dichiarazione all'uopo fatta da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 1, lettera j) del regolamento (CEE) n. 1408/71;(6) considerando che nella raccomandazione 92/442/CEE, del 27 luglio 1992, relativa alla convergenza degli obiettivi e delle politiche della protezione sociale (6), il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di «favorire, qualora necessario, la messa a punto delle condizioni di acquisizione dei diritti alla pensione di quiescenza, in particolare alla pensione complementare, al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori dipendenti»;(7) considerando che si può contribuire al conseguimento di tale obiettivo riservando ai lavoratori che si spostano, o il cui luogo di lavoro si sposta da uno Stato membro ad un altro, un trattamento, per quanto concerne la tutela dei loro diritti a pensione complementare, uguale a quello riservato ai lavoratori che rimangono all'interno del medesimo Stato membro o il cui luogo di lavoro cambia ma rimane all'interno del medesimo Stato membro;(8) considerando che la libertà di circolazione delle persone, che è uno dei diritti fondamentali sanciti nel trattato, non è limitata ai lavoratori subordinati ma si applica anche ai lavoratori autonomi;(9) considerando che il trattato non prevede competenze diverse da quelle di cui all'articolo 235 per adottare appropriate disposizioni in materia di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi;(10) considerando che, al fine di rendere effettivo l'esercizio del diritto alla libera circolazione, i lavoratori e gli altri aventi diritto dovrebbero disporre di talune garanzie di parità di trattamento in merito al mantenimento dei diritti a pensione acquisiti derivanti da regimi pensionistici complementari;(11) considerando che gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le prestazioni nell'ambito di regimi pensionistici complementari vengano erogate agli iscritti e agli ex iscritti, nonché agli altri aventi diritto ai sensi di tali regimi pensionistici in tutti gli Stati membri, dal momento che qualunque restrizione alla libera circolazione dei pagamenti e dei capitali è vietata dall'articolo 73 B del trattato;(12) considerando che, per facilitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione, le normative nazionali dovrebbero, ove necessario, essere adattate affinché sia possibile continuare a versare contributi ad un regime pensionistico complementare riconosciuto in uno Stato membro da parte o per conto di lavoratori distaccati in un altro Stato membro, ai sensi del titolo II del regolamento (CE) n. 1408/71;(13) considerando che al riguardo il trattato esige non solo l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità tra lavoratori degli Stati membri, ma altresì l'eliminazione di ogni provvedimento nazionale che possa impedire o rendere meno agevole l'esercizio, da parte di tali lavoratori, delle libertà fondamentali garantite dal trattato, quali interpretate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in successive sentenze;(14) considerando che i lavoratori che esercitano il loro diritto alla libera circolazione dovrebbero essere adeguatamente informati dai datori di lavoro, dagli amministratori o da altri responsabili della gestione dei regimi pensionistici complementari, in particolare in merito alle scelte ed alle alternative loro offerte;(15) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni degli Stati membri in materia di azione collettiva intesa a difendere gli interessi professionali;(16) considerando che, vista la diversità dei regimi complementari di sicurezza sociale, la Comunità dovrebbe definire unicamente un quadro generale di obiettivi e che, pertanto, una direttiva risulta lo strumento giuridico adeguato;(17) considerando che, in conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti nell'articolo 3 B del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di ciò che è necessario per raggiungere detti obiettivi,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO I OBIETTIVO E AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Obiettivo della presente direttiva è tutelare i diritti degli iscritti a regimi pensionistici complementari che si spostano da uno Stato membro all'altro, contribuendo così alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi all'interno della Comunità. Tale tutela riguarda i diritti a pensione a titolo di regimi pensionistici complementari sia volontari sia obbligatori, ad eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1408/71.Articolo 2 La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri.CAPO II DEFINIZIONI Articolo 3 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) «pensione complementare» le pensioni di anzianità e, ove previsto dalle norme di un regime pensionistico complementare stabilite in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, le prestazioni di invalidità e di reversibilità destinate a integrare o a sostituire le prestazioni erogate dai regimi legali di sicurezza sociale per gli stessi casi;b) «regimi pensionistici complementari», tutti i regimi pensionistici di categoria stabiliti in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come contratti di assicurazione di gruppo, regimi a ripartizione convenuti da uno o più rami o settori, regimi basati su fondi pensione o promesse di pensione garantite da riserve contabili, o qualsiasi sistema collettivo o altro sistema analogo, intesi a fornire una pensione complementare a lavoratori subordinati o autonomi;c) «diritti a pensione», tutte le prestazioni alle quali hanno diritto, ai sensi delle disposizioni di un regime pensionistico complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale, gli iscritti a tale regime e altri aventi diritto;d) «diritti a pensione acquisiti», diritti a prestazioni conseguiti dopo aver soddisfatto le condizioni stabilite da un regime di pensione complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale;e) «lavoratore distaccato», persona che è distaccata per lavoro in un altro Stato membro e che ai sensi del titolo II del regolamento (CEE) n. 1408/71 continua ad essere soggetta alla legislazione dello Stato membro di origine; «distacco» va inteso nello stesso senso;f) «contributo», qualsiasi versamento fatto o ritenuto fatto ad un regime pensionistico complementare.CAPO III MISURE DI PROTEZIONE DEI DIRITTI A PENSIONE COMPLEMENTARE DI LAVORATORI CHE SI SPOSTANO ALL'INTERNO DELLA COMUNITÀ Articolo 4 Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti dagli iscritti ad un regime pensionistico complementare nei confronti dei quali non vengono più versati contributi per il fatto di spostarsi da uno Stato membro ad un altro, nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nel primo Stato membro. Il presente articolo si applica anche alle altre persone aventi diritto a titolo delle norme del regime pensionistico complementare in questione.Articolo 5 Pagamenti transfrontalieri Gli Stati membri assicurano che negli altri Stati membri i regimi pensionistici complementari eroghino agli iscritti, nonché agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi, tutte le prestazioni dovute in base a detti regimi, al netto delle imposte e delle spese di transazione eventualmente applicabili.Articolo 6 Contributi a regimi pensionistici complementari versati da e per conto di lavoratori distaccati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire che i contributi ad un regime pensionistico complementare con sede in uno Stato membro continuino ad essere versati da o per conto del lavoratore distaccato che è iscritto a detto regime, durante il periodo del suo distacco in un altro Stato membro.2. Qualora in base al paragrafo 1 i contributi continuino ad essere versati ad un regime pensionistico complementare in uno Stato membro, il lavoratore distaccato e - se applicabile - il suo datore di lavoro sono esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro.Articolo 7 Informazione degli iscritti Gli Stati membri adottano misure per far sì che i datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare informino adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro. Tali informazioni corrispondono almeno a quelle fornite agli iscritti al regime nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 8 Gli Stati membri possono stabilire che le disposizioni dell'articolo 6 si applichino unicamente ai distacchi che iniziano il o dopo il 25 luglio 2001.Articolo 9 Gli Stati membri introducono nei loro ordinamenti giuridici interni i provvedimenti necessari per consentire alle persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione delle disposizioni della presente direttiva di far valere i loro diritti in via giurisdizionale, previo eventuale ricorso ad altre autorità competenti.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 36 mesi dalla sua entrata in vigore o garantiscono che entro tale data le parti sociali introducano le disposizioni necessarie tramite accordi. Essi sono tenuti ad adottare le misure che consentano loro in ogni momento di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva e le comunicano immediatamente alla Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del suddetto riferimento sono stabilite dagli Stati membri.Gli Stati membri indicano alla Commissione le autorità nazionali da contattare per quanto riguarda l'applicazione della presente direttiva.2. Entro il 25 gennaio 2002 gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nell'ambito contemplato dalla presente direttiva.3. In base alle informazioni fornite dagli Stati membri la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale, entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.La relazione illustra l'applicazione della presente direttiva e, se del caso, propone gli emendamenti che dovessero risultare necessari.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. COOK(1) GU C 5 del 9. 1. 1998, pag. 4.(2) GU C 152 del 18. 5. 1998.(3) GU C 157 del 25. 5. 1998, pag. 26.(4) GU L 149 del 5. 7. 1971, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(5) GU L 74 del 27. 3. 1972, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(6) GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 49. | Salvaguardia dei diritti a pensione complementare
La presente direttiva ha lo scopo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, pur salvaguardando i loro diritti a pensione complementare quando si spostano da uno Stato membro all'altro. Questa protezione riguarda entrambi i regimi pensionistici, sia volontari che obbligatori , ad eccezione dei regimi di sicurezza sociale di cui al regolamento (CE) n. 883/2004.
ATTO
Direttiva 98/49/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea.
SINTESI
La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri.
La presente direttiva prevede quattro misure principali per la salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità:
Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione
Gli Stati membri devono, per le persone che hanno lasciato un regime pensionistico complementare perché sono andate a lavorare in un altro Stato membro, adottare le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro.
La direttiva 2014/50/UE, che deve essere integrata nella legislazione nazionale dei paesi dell'UE entro il 21.5.2018, assicura che chiunque abbia diritti a pensione complementare non li perda quando va a vivere o lavorare in un altro paese dell'UE. Si richiede che:
i diritti a pensione complementare debbano essere garantiti dopo 3 anni di lavoro al più tardi. Se è richiesta un'età minima, essa non deve essere superiore ai 21 anni;
i diritti dei lavoratori che lasciano un regime pensionistico di categoria prima del pensionamento debbano essere mantenuti e trattati come i diritti di quelli che rimangono nel regime, per quanto riguarda questioni come l'indicizzazione.
Pagamenti transfrontalieri
Gli Stati membri provvedono affinché i regimi pensionistici complementari eroghino i pagamenti in altri Stati membri, al netto di eventuali imposte e spese di transazione, di tutte le prestazioni dovute in virtù di questi regimi complementari.
Lavoratori distaccati e pensioni complementari
I lavoratori distaccati hanno la possibilità di rimanere nel regime pensionistico del loro paese d'origine durante il periodo di distacco in un altro Stato membro. I lavoratori distaccati e, se del caso, i loro datori di lavoro sono quindi esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro.
Informazione degli iscritti
I datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare devono informare adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro.
Ai sensi della direttiva 2014/50/UE, i lavoratori in un regime pensionistico complementare possono chiedere in che modo l'interruzione del lavoro o lo spostamento influenzi i loro diritti a pensione complementare e le condizioni che si applicherebbero per il futuro trattamento di tali diritti.
Le persone che hanno lasciato il regime devono essere informate circa il valore e il trattamento dei loro diritti.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 98/49/CE
25.7.1998
25.1.2002
GU L 209 del 25.7.1998
ATTI COLLEGATI
Libro verde del 7 luglio 2010 Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa [COM (2010)365 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale].
Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari [Gazzetta ufficiale L 128 del 30.4.2014]. | 5,834 | 900 |
31994L0011 | false | Direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore
Gazzetta ufficiale n. L 100 del 19/04/1994 pag. 0037 - 0041 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 26 pag. 0039 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 26 pag. 0039
DIRETTIVA 94/11/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 marzo 1994 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatoreIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando conformemente alla procedura prevista all'articolo 189 B del trattato, considerando che in alcuni Stati membri esiste una normativa sull'etichettatura delle calzature, intesa a tutelare e informare il pubblico nonché a assicurare i legittimi interessi dell'industria; considerando che la disparità tra tali normative rischia di creare ostacoli agli scambi intracomunitari e di pregiudicare il funzionamento del mercato interno; considerando che è opportuno, per evitare i problemi dovuti alla coesistenza di sistemi diversi, specificare gli elementi esatti di un sistema comune di etichettatura per le calzature; considerando che la risoluzione del Consiglio, del 9 novembre 1989, sulle future priorità per il rilancio della politica di protezione dei consumatori (3), invita a compiere degli sforzi per migliorare l'informazione sui prodotti destinati ai consumatori; considerando che è nell'interesse reciproco dei consumatori e dell'industria della calzatura introdurre un sistema che riduca i rischi di frode, indicando la natura esatta dei materiali impiegati nelle componenti principali delle calzature; considerando che nella risoluzione del Consiglio del 5 aprile 1993, sulle future misure in materia di etichettatura dei prodotti nell'interesse dei consumatori (4), l'etichettatura è considerata un mezzo importante per garantire una migliore informazione e una maggiore trasparenza per i consumatori nonché per garantire il funzionamento armonioso del mercato interno; considerando che l'armonizzazione delle legislazioni nazionali costituisce il mezzo idoneo per sopprimere questi ostacoli al libero scambio; che tale obiettivo non può essere raggiunto in modo soddisfacente dai singoli Stati membri; che la presente direttiva stabilisce soltanto i requisiti indispensabili alla libera circolazione dei prodotti ai quali si applica, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica all'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore finale. Ai fini della presente direttiva, si intendono per «calzature»: tutti i prodotti dotati di suole intesi a proteggere o coprire il piede, comprese le parti messe in commercio separatamente di cui all'allegato I. Un elenco non esaustivo dei prodotti contemplati dalla presente direttiva figura all'allegato II. Sono esclusi dalla presente direttiva: - le calzature d'occasione, usate; - le calzature di protezione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva del Consiglio 89/686/CEE (5); - le calzature contemplate dalla direttiva 76/769/CEE del Consiglio (6); - le calzature aventi il carattere di giocattoli. 2. L'etichetta contiene le informazioni sulla composizione delle calzature secondo le modalità di cui all'articolo 4. i) L'etichetta deve fornire informazioni sulle tre parti della calzatura quali definite nell'allegato I, e cioè a) tomaia, b) rivestimento della tomaia e suola interna, c) suola esterna. ii) La composizione delle calzature deve essere indicata conformemente al disposto dell'articolo 4 mediante simboli o informazioni scritte per i materiali indicati nell'allegato I. iii) Per la tomaia, la determinazione dei materiali ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1 e all'allegato I verrà effettuata senza tener conto degli accessori o dei rinforzi quali bordure proteggicaviglia, ornamenti, fibbie, linguette, occhielli o accessori simili. iv) Per la suola esterna la classificazione si basa sul volume dei materiali in essa contenuti secondo il disposto dell'articolo 4. Articolo 2 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che solo le calzature conformi ai requisiti di etichettatura della presente direttiva possano avere accesso al mercato, fatte salve altre disposizioni comunitarie in materia. 2. Qualora vengano immesse sul mercato calzature non conformi alle disposizioni in materia di etichettatura, lo Stato membro competente adotta le opportune misure previste nella legislazione nazionale. Articolo 3 Fatti salvi altri obblighi contenuti nella normativa comunitaria, gli Stati membri non possono vietare o impedire la commercializzazione sul loro territorio di calzature conformi ai requisiti di etichettatura della presente direttiva, applicando disposizioni nazionali non armonizzate che disciplinano l'etichettatura di determinate calzature o di calzature in generale. Articolo 4 1. L'etichetta fornisce informazioni sul materiale determinato ai sensi dell'allegato I che costituisce almeno l'80 % della superficie della tomaia, del rivestimento della tomaia e suola interna della calzatura e almeno l'80 % del volume della suola esterna. Se nessun materiale raggiunge almeno l'80 % è opportuno fornire informazioni sulle due componenti principali. 2. Tali informazioni sono fornite sulle calzature. Il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Comunità può scegliere simboli o informazioni scritte almeno nella (nelle) lingua (lingue) che può (possono) essere determinata (determinate) dallo Stato membro di consumo in conformità del trattato, definiti e illustrati nell'allegato I. Nelle disposizioni nazionali gli Stati membri fanno in modo che i consumatori siano correttamente informati del significato dei simboli. Essi vigilano affinché tali disposizioni non creino ostacoli agli scambi. 3. Ai sensi della presente direttiva l'etichettatura consiste nel munire almeno uno degli articoli di ciascun paio di calzature delle indicazioni prescritte. L'etichetta può essere stampata, incollata, goffrata o applicata a un supporto attaccato. 4. L'etichetta deve essere visibile, saldamente applicata e accessibile e la dimensione dei simboli deve essere sufficiente a rendere agevole la comprensione delle informazioni contenute sull'etichetta. L'etichetta non deve poter indurre in errore il consumatore. 5. Il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Comunità ha l'obbligo di fornire l'etichetta ed è responsabile dell'esattezza delle informazioni in essa contenute. Se né il fabbricante, né il suo rappresentante hanno sede nella Comunità, tale obbligo incombe alla persona responsabile della prima immissione nella Comunità. Il venditore al dettaglio deve assicurarsi della presenza sulle calzature in vendita dell'idonea etichetta prescritta dalla presente direttiva. Articolo 5 Informazioni scritte supplementari apposte se del caso sull'etichetta potranno accompagnare le indicazioni richieste ai sensi della presente direttiva. Gli Stati membri tuttavia non possono vietare od ostacolare l'immissione sul mercato di calzature conformi al disposto della presente direttiva, come previsto all'articolo 3. Articolo 6 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 settembre 1995 e ne informano immediatamente la Commissione. 2. Essi applicano le disposizioni di cui al paragrafo 1 a decorrere dal 23 marzo 1996. Lo stock fatturato consegnato al venditore al dettaglio prima di questa data non è soggetto a queste disposizioni fino al 23 settembre 1997. 3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 4. La Commissione sottopone al Consiglio, tre anni dopo l'applicazione della presente direttiva, una relazione valutativa che tenga conto delle eventuali difficoltà incontrate dagli operatori nell'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e presenta, se del caso, adeguate proposte di revisione. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 23 marzo 1994. Per il Parlamento europeo Il Presidente E. KLEPSCH Per il Consiglio Il Presidente Th. PANGALOS (1) GU n. C 74 del 25. 3. 1992, pag. 10. (2) GU n. C 287 del 4. 11. 1992, pag. 36. (3) GU n. C 294 del 22. 11. 1989, pag. 1. (4) GU n. C 110 del 20. 4. 1993, pag. 3. (5) GU n. L 399 del 30. 12. 1989, pag. 18. (6) GU n. L 262 del 27. 9. 1976, pag. 201. ALLEGATO I 1. Definizione delle parti di calzature da identificare e simboli o informazioni scritte corrispondenti Simbolo Informazione scritta a) Tomaia La tomaia è la superficie esterna dell'elemento strutturale attaccato alla suola esterna. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Tige D Obermaterial IT Tomaia NL Bovendeel EN Upper DK Overdel GR AAÐÁÍÙ ÌAAÑÏÓ ES Empeine P Parte superior b) Rivestimento della tomaia e suola interna Si tratta della fodera e del sottopiede che costituiscono l'interno della calzatura. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Doublure et semelle de propreté D Futter und Decksohle IT Fodera e sottopiede NL Voering en inlegzool EN Lining and sock DK Foring og bindsaal GR OEÏAEÑAAÓ ES Forro y plantilla P Forro e Palmilha c) Suola esterna Si tratta della superficie inferiore della calzatura soggetta ad usura abrasiva e attaccata alla tomaia. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Semelle extérieure D Laufsohle IT Suola esterna NL Buitenzool EN Sole DK Ydersaal GR ÓÏËÁ ES Suela P Sola 2. Definizione dei materiali e simboli corrispondenti I simboli dei materiali devono figurare sull'etichetta, vicino ai simboli che si riferiscono alle tre parti della calzatura, come specificato all'articolo 4 e al punto 1 di questo allegato. Simbolo Informazione scritta a) i) Cuoio Termine generale per designare la pelle o il pellame di un animale che ha conservato la sua struttura fibrosa originaria più o meno intatta, conciato in modo che non marcisca. I peli o la lana possono essere stati asportati o no. Il cuoio è anche ottenuto da pelli o pellame tagliati in strati o in segmenti, prima o dopo la conciatura. Se però la pelle o il pellame conciati sono disintegrati meccanicamente e/o ridotti chimicamente in particelle fibrose, pezzetti o polveri e, successivamente, con o senza l'aggiunta di un elemento legante, vengono trasformati in fogli o in altre forme, detti fogli o forme non possono essere denominati «cuoio». Se il cuoio ha uno strato di rivestimento, indipendentemente da come sia stato applicato, o uno strato accoppiato a colla, tali strati non devono essere superiori a 0,15 mm. In questa maniera, tutti i tipi di cuoio sono coperti, fatti salvi altri obblighi giuridici, ad esempio, la Convenzione di Washington. Qualora, nell'ambito delle informazioni scritte supplementari facoltative di cui all'articolo 5, venga utilizzata la dicitura «cuoio pieno fiore», essa si applica alla pelle che comporta la grana originaria quale si presenta quando l'epidermide sia stata ritirata e senza che nessuna pellicola di superficie sia stata eliminata mediante sfioratura, scarnatura o spaccatura. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Cuir D Leder IT Cuoio NL Leder EN Leather DK Laeder GR AEAAÑÌÁ ES Cuero P Couros e peles curtidas Simbolo Informazione scritta a) ii) Cuoio rivestito Un prodotto nel quale lo strato di rivestimento o l'accoppiatura a colla non superano un terzo dello spessore totale del prodotto, ma sono superiori a 0,15 mm. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Cuir enduit D Beschichtetes Leder IT Cuoio rivestito NL Gecoat leder EN Coated leather DK Overtrukket laeder GR AAÐAAÍAEAAAEÕÌAAÍÏ AEAAÑÌÁ ES Cuero untado P Couro revestido b) Materie tessili naturali e materie tessili sintetiche o non tessute Per «materie tessili» s'intendono tutti i prodotti che rientrano nella direttiva 71/307/CEE, tenendo conto di tutte le sue modifiche. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Textile D Textil IT Tessili NL Textiel EN Textile DK Tekstilmaterialer GR ÕÑÁÓÌÁ ES Textil P Téxteis c) Altre materie >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Autres matériaux D Sonstiges Material IT Altre materie NL Overige materialen EN Other materials DK Andre materialer GR ÁËËÁ ÕËÉÊÁ ES Otros materiales P Outros materiais ALLEGATO II ESEMPI DI CALZATURE CONTEMPLATE DALLA PRESENTE DIRETTIVA L'espressione «calzature» può coprire tutti gli articoli, dai sandali la cui superficie esterna è fatta semplicemente di lacci o strisce regolabili fino agli stivali la cui superficie esterna copre gamba e coscia. Sono pertanto inclusi tra questi prodotti: i) scarpe con o senza tacco da portare all'interno o all'esterno; ii) stivali fino alla caviglia, stivali a metà gamba, stivali fino al ginocchio e stivali che coprono le cosce; iii) sandali di vario tipo, «espadrilles» (scarpe con tomaia in tela e suole in materia vegetale intrecciata), scarpe da tennis, scarpe da jogging e per altre attività sportive, scarpe da bagno e altre calzature di tipo sportivo; iv) calzature speciali concepite per un'attività sportiva e che sono o possono essere munite di punte, ramponi, attacchi, barrette o accessori simili, calzature per il pattinaggio, lo sci, la lotta, il pugilato e il ciclismo. Sono anche comprese le calzature cui sono fissati dei pattini, da ghiaccio o a rotelle; v) scarpe da ballo; vi) calzature in un unico pezzo formato in gomma o plastica, esclusi gli articoli «usa e getta» in materiale poco resistente (carta, fogli di plastica, ecc., senza suole riportate); vii) calosce portate sopra altre calzature, in alcuni casi prive di tacco; viii) calzature «usa e getta» con suole riportate concepite in genere per essere usate soltanto una volta; ix) calzature ortopediche. Per motivi di chiarezza e di omogeneità e fatte salve le disposizioni citate nella descrizione dei prodotti contemplati nella presente direttiva, i prodotti cui si riferisce il capitolo 64 della nomenclatura combinata («NC») possono in linea di massima considerarsi come rientranti nell'ambito di applicazione della presente direttiva. | Etichettatura delle calzature
L’etichettatura delle calzature e dei relativi componenti fornisce ai clienti le informazioni necessarie per consentire loro di operare scelte informate all’atto dell’acquisto. Contribuisce inoltre a proteggere il settore dalla concorrenza sleale e a migliorare il funzionamento del mercato interno nell’Unione europea (UE).
ATTO
Direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore
SINTESI
L’etichettatura delle calzature e dei relativi componenti fornisce ai clienti le informazioni necessarie per consentire loro di operare scelte informate all’atto dell’acquisto. Contribuisce inoltre a proteggere il settore dalla concorrenza sleale e a migliorare il funzionamento del mercato interno nell’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Stabilisce le regole relative all’etichettatura delle calzature per quanto riguarda:
il contenuto e la forma dell’etichetta;
la responsabilità dell’etichettatura.
PUNTI CHIAVE
Devono essere etichettati solo i materiali che costituiscono almeno l’80 % della superficie della tomaia, del rivestimento della tomaia e della suola interna della calzatura e almeno l’80 % del volume della suola esterna. Se nessun materiale raggiunge almeno l’80 % è opportuno fornire informazioni sui due materiali principali.
L’etichetta deve fornire informazioni sui tre componenti della calzatura:
tomaia;
rivestimento della tomaia e suola interna;
suola esterna.
L’etichetta può recare informazioni scritte o simboli.
L’etichetta deve essere visibile, ben fissata e accessibile.
L’etichetta deve essere:
stampata o goffrata sulla calzatura;
attaccata alla calzatura, ad esempio per mezzo di un’etichetta adesiva;
fissata, ad esempio tramite un elemento di chiusura o un laccio.
L’etichetta deve apparire almeno su uno dei due articoli che compongono il paio di scarpe, stivali ecc.
I produttori dell’UE hanno l’obbligo di fornire l’etichetta e sono responsabili dell’esattezza delle informazioni in essa contenute o, se la calzatura è importata, la responsabilità è della prima persona che introduce la calzatura nel mercato dell’UE. I venditori sono comunque tenuti ad assicurarsi che le calzature che vendono rechino l’adeguata etichettatura.
Gli allegati specificano:
le definizioni (ad esempio la tomaia, la suola ecc.) e i simboli corrispondenti o le indicazioni scritte relative alle parti della calzatura da identificare (allegato I);
gli esempi di calzature contemplate dalla direttiva sono contenuti nell’allegato II. La direttiva non riguarda, ad esempio, le calzature utilizzate dai dipendenti al fine di garantire la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, che invece rientrano tra le norme unionali sull’equipaggiamento di protezione personale.
Nell’UE esiste inoltre un marchio Ecolabel volontario per le calzature. Questo marchio aiuta i consumatori a identificare le calzature il cui ciclo di vita (produzione, uso e smaltimento) ha un impatto ridotto sull’ambiente.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 94/11/CE
9.5.1994
23.09.1995
GU L 100 del 19.4.1994, pag. 37-41
Atti modificatori
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2006/96/CE
1.1.2007
1.1.2007
GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81-106
Direttiva 2013/15/UE
1.7.2013
1.7.2013
GU L 158 del 10.6.2013, pag. 172-183
Le modifiche successive alla direttiva 94/11/CE sono state incorporate nel testo base. Questa versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. | 5,954 | 917 |
32013D0034 | false | DECISIONE 2013/34/PESC DEL CONSIGLIO
del 17 gennaio 2013
relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha riconosciuto che i drammatici cambiamenti avvenuti in Mali hanno richiesto un riesame delle azioni che l’Unione dovrebbe intraprendere per sostenere il ripristino di un governo democratico e dello stato di diritto nell’insieme del territorio del Mali. Ha chiesto all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e alla Commissione di presentare proposte concrete per l’azione dell’Unione in diversi settori al fine di rispondere all’evolvere della situazione.
(2)
Con lettera del 18 settembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha chiesto il sostegno dell’Unione per ripristinare l’integrità territoriale del Mali.
(3)
Nella risoluzione 2071 (2012) sulla situazione in Mali, adottata il 12 ottobre 2012, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, esprimendo profonda preoccupazione per le conseguenze dell’instabilità nel nord del Mali sulla regione e al suo esterno e sottolineando la necessità di rispondere rapidamente per preservare la stabilità in tutta la regione del Sahel, ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali.
(4)
Nelle conclusioni del 15 ottobre 2012 il Consiglio ha chiesto che i lavori di pianificazione di un’eventuale missione militare nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) siano proseguiti e approfonditi con urgenza, elaborando in particolare un concetto di gestione della crisi relativo alla riorganizzazione e all’addestramento delle forze di difesa maliane, tenendo conto delle condizioni necessarie per il buon esito di tale eventuale missione, compreso il sostegno pieno e totale delle autorità maliane e la definizione di una strategia di uscita.
(5)
Nelle conclusioni del 19 novembre 2012 il Consiglio ha accolto con favore la presentazione del concetto di gestione della crisi da parte dell’AR e ha chiesto ai gruppi competenti di esaminarlo urgentemente per consentire al Consiglio di approvarlo nel dicembre 2012.
(6)
Il 10 dicembre 2012 il Consiglio ha approvato un concetto di gestione della crisi concernente un’eventuale missione militare di formazione nel quadro della PSDC in Mali. Il Consiglio ha sottolineato che una missione in Mali sarebbe un elemento fondamentale nell’approccio globale dell’Unione quale elaborato nella strategia per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel.
(7)
Con lettera datata 24 dicembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha trasmesso all’AR una lettera di invito in cui ha espresso apprezzamento per lo spiegamento di una missione militare di formazione dell’UE in Mali.
(8)
Il comitato politico e di sicurezza (CPS) dovrebbe esercitare, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico sulla missione militare dell’Unione, assicurarne la direzione strategica e adottare le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, del trattato sull’Unione europea (TUE).
(9)
È necessario negoziare e concludere accordi internazionali relativi allo status delle unità e del personale dell’UE e alla partecipazione di Stati terzi alle missioni dell’Unione.
(10)
È opportuno che le spese operative derivanti dalla presente decisione, che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, siano a carico degli Stati membri, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, TUE e conformemente alla decisione 2011/871/PESC del Consiglio, del 19 dicembre 2011, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (1).
(11)
A norma dell’articolo 5 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. La Danimarca non partecipa all’attuazione della presente decisione e non contribuisce pertanto al finanziamento della presente missione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
1. L’Unione conduce una missione militare di formazione (EUTM Mali), per fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane (FAM) che operano sotto il controllo delle legittime autorità civili, al fine di contribuire al ripristino della loro capacità militare per consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale maliana e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
2. L’obiettivo dell’EUTM Mali è rispondere alle esigenze operative delle FAM fornendo:
a)
sostegno nella formazione a favore delle capacità delle FAM;
b)
formazione e consulenza in materia di comando, controllo, catena logistica e risorse umane, nonché formazione in materia di diritto umanitario internazionale, protezione di diritti civili e umani.
3. L’EUTM Mali mira a rafforzare le condizioni per il corretto controllo politico da parte delle legittime autorità civili delle FAM.
4. Le attività dell’EUTM Mali sono condotte in stretto coordinamento con altri attori coinvolti nel sostegno alle FAM, in particolare con le Nazioni Unite (ONU) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas).
Articolo 2
Nomina del comandante della missione dell’UE
1. Il generale di brigata François LECOINTRE è nominato comandante della missione dell’UE.
2. Il comandante della missione dell’UE esercita le funzioni di comandante dell’operazione dell’UE e di comandante della forza dell’UE.
Articolo 3
Designazione della sede del comando della missione
1. Il comando della missione dell’EUTM Mali ha sede in Mali. Esso svolge le funzioni di comando operativo e di comando della forza.
2. Il comando della missione comprende una cellula di sostegno a Bruxelles.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell’EUTM Mali
La decisione sull’avvio dell’EUTM Mali è adottata dal Consiglio previa approvazione del piano della missione e delle regole di ingaggio.
Articolo 5
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS esercita, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico e la direzione strategica dell’EUTM Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38 TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando. Essa include inoltre le competenze necessarie per adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’UE. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUTM Mali restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente dal presidente del Comitato militare dell’UE (EUMC) relazioni sulla condotta dell’EUTM Mali. Il CPS può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
Articolo 6
Direzione militare
1. L’EUMC sorveglia la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’UE.
2. L’EUMC riceve periodicamente relazioni del comandante della missione dell’UE. Esso può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
3. Il presidente dell’EUMC agisce in qualità di punto di contatto primario con il comandante della missione dell’UE.
Articolo 7
Coerenza della risposta e del coordinamento dell’Unione
1. L’AR garantisce l’attuazione della presente decisione e ne assicura altresì la coerenza con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il comandante della missione dell’UE riceve orientamenti politici locali dal capo della delegazione dell’Unione a Bamako in stretto coordinamento con il coordinatore UE per il Sahel.
3. L’EUTM Mali si coordina con la missione dell’Unione in ambito PSDC in Niger (EUCAP SAHEL Niger) per esplorare possibili sinergie.
4. L’EUTM Mali coordina le sue attività con le attività bilaterali degli Stati membri in Mali, nonché con altri attori internazionali nella regione, in particolare l’ONU, l’Unione africana (UA), l’Ecowas e attori bilaterali compresi gli Stati Uniti e il Canada, nonché con attori regionali chiave.
Articolo 8
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatta salva l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’EUTM Mali.
2. Il Consiglio autorizza il CPS a invitare gli Stati terzi a offrire un contributo e ad adottare, su raccomandazione del comandante della missione dell’UE e dell’EUMC, le pertinenti decisioni in merito all’accettazione dei contributi proposti.
3. Le modalità particolareggiate relative alla partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Quando l’Unione e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle missioni di gestione delle crisi dell’Unione, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUTM Mali.
4. Gli Stati terzi che forniscono un contributo militare significativo all’EUTM Mali hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell’EUTM Mali, a quelli degli Stati membri che vi partecipano.
5. Il Consiglio autorizza il CPS ad adottare le pertinenti decisioni sull’istituzione di un comitato dei contributori, qualora Stati terzi forniscano contributi militari significativi.
Articolo 9
Status del personale diretto dall’UE
Lo status delle unità e del personale diretti dall’UE, compresi i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie per l’espletamento e il corretto svolgimento della missione, sono oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE.
Articolo 10
Disposizioni finanziarie
1. I costi comuni dell’EUTM Mali sono gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC.
2. L’importo di riferimento finanziario per i costi comuni dell'EUTM Mali è pari a 12,3 milioni di EUR. La percentuale dell’importo di riferimento di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2011/871/PESC è pari al 50 % e la percentuale dell’impegno di cui all’articolo 32, paragrafo 3, della decisione 2011/871/PESC è pari al 70 %.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, secondo necessità e in funzione dei bisogni dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE, prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (2):
a)
fino al livello previsto nei pertinenti accordi sulla sicurezza delle informazioni conclusi tra l’Unione e lo Stato terzo in questione; oppure
b)
fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» negli altri casi.
2. L’AR è altresì autorizzato a comunicare all’ONU e all’Ecowas, in funzione dei bisogni operativi dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dell’ONU e dell’Ecowas.
3. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
4. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUTM Mali, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (3).
5. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi da 1 a 4, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui ai paragrafi 2 e 3 al personale del servizio europeo per l’azione esterna e/o al comandante della missione dell’UE.
Articolo 12
Entrata in vigore e termine
1. La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione.
2. Il mandato dell’EUTM Mali termina 15 mesi dopo l’adozione della decisione del Consiglio di avviare l’EUTM Mali.
3. La presente decisione è abrogata a decorrere dalla data di chiusura della sede del comando della missione, conformemente alla pianificazione approvata per la conclusione dell’EUTM Mali e fatte salve le procedure relative alle attività di revisione e rendimento dei conti dell’EUTM Mali di cui alla decisione 2011/871/PESC.
Fatto a Bruxelles, il 17 gennaio 2013
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) GU L 343 del 23.12.2011, pag. 35.
(2) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17.
(3) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35). | Missione dell’Unione europea per la formazione nel Mali (EUTM Mali)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa autorizza una missione militare dell’Unione per contribuire alle forze armate maliane (FAM) al fine di ripristinare la capacità militare del Mali e consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
PUNTI CHIAVE
Risoluzione 2071 (2012) delle Nazioni UniteLa risoluzione del 2012 sulla situazione nel Mali ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali. La decisione intende rispondere a tale invito.Scopi
Il mandato dell’EUTM Mali è stato rinnovato per quattro volte, la più recente in marzo 2020 tramite la decisione (PESC) 2020/434 che ha inoltre ridefinito gli obiettivi strategici della missione come segue:contribuire a migliorare la capacità operativa delle FAM sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali, fornendo alle FAM:consulenza militare, formazione, ivi compresa la formazione pre-schieramento, istruzione e tutoraggio militari, attraverso l’accompagnamento non esecutivo fino al livello tattico.Ciò dovrebbe consentire all’EUTM Mali di dare seguito alle attività delle FAM e di monitorarne i risultati e il comportamento, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; sostenere il G5 Sahel, rendendo operative la forza congiunta del G5 Sahel e le forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel.La decisione comprende inoltre un aumento indicativo della dotazione finanziaria della missione a 133,7 milioni di euro per un periodo di quattro anni dal 19 maggio 2020 al 18 maggio 2024.
Attività
Le attività dell’EUTM Mali si basano su quattro linee di intervento:formazione delle unità militari maliane; consulenza alle FAM a tutti i livelli; contributi al miglioramento del sistema di istruzione militare, dalle scuole ai livelli ministeriali; consulenza e formazione alle sedi della forza congiunta del G5 Sahel.Controllo politico e direzione strategicaIl Comitato politico e di sicurezza (CPS) esercita il controllo politico e assicura la direzione strategica dell’EUTM Mali sotto la responsabilità del Consiglio e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Al CPS sono conferiti taluni poteri dal Consiglio, che comprendono il potere di:modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando;adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’Unione. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. Il Comitato militare dell’Unione monitora la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’Unione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 17 gennaio 2013. La validità della decisione è stata prorogata fino al 18 maggio 2024 dalla decisione (PESC) 2020/434.
CONTESTO
Nell’ambito della politica estera dell’Unione e in particolare della sua politica di sicurezza e di difesa comune, l’Unione ha adottato una strategia di sicurezza e sviluppo per il Sahel (che copre la Mauritania, il Mali e il Niger e parti del Burkina Faso e del Ciad).
Per ulteriori informazioni, si consulti:EUTM Mali — Chi siamo (EUTM Mali).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2013/34/PESC del Consiglio, del 17 gennaio 2013, relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 14 del 18.1.2013, pag. 19).
Le modifiche successive alla decisione 2013/34/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (PESC) 2020/434 del Consiglio, del 23 marzo 2020, che modifica la decisione 2013/34/PESC relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 89 del 24.3.2020, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, del 27 marzo 2015, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) e che abroga la decisione 2011/871/PESC (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 39). | 5,891 | 354 |
32017R1130 | false | REGOLAMENTO (UE) 2017/1130 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 14 giugno 2017
che definisce le caratteristiche dei pescherecci
(rifusione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione della proposta ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio (3) ha subito sostanziali modifiche (4). Poiché si rendono necessarie nuove modifiche, a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione.
(2)
Nel contesto della politica comune della pesca, si fa riferimento alle caratteristiche dei pescherecci quali la lunghezza, la larghezza, la stazza, la data di entrata in servizio e la potenza del motore.
(3)
È della massima importanza utilizzare norme identiche per determinare le caratteristiche dei pescherecci al fine di uniformare le condizioni di esercizio di detta attività nell'Unione. Tali norme dovrebbero essere in linea con le norme della politica comune della pesca.
(4)
È opportuno che le definizioni stabilite nel presente regolamento tengano conto delle iniziative prese da organizzazioni internazionali specializzate.
(5)
Di conseguenza, è opportuno tener conto della convenzione delle Nazioni Unite sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare, firmata a Ginevra il 29 aprile 1958, della convenzione internazionale sulla misurazione della stazza delle navi firmata il 23 giugno 1969 a Londra («convenzione del 1969») e della convenzione internazionale sulla sicurezza dei pescherecci, firmata il 2 aprile 1977 a Torremolinos.
(6)
Per i pescherecci di lunghezza fuori tutto inferiore a 15 m la metodologia esposta nell'allegato I della convenzione del 1969 appare, talvolta, inadeguata. Per tali pescherecci si rende pertanto opportuna una definizione più semplice della stazza lorda.
(7)
L'Organizzazione internazionale per l'unificazione (ISO) ha messo a punto norme per i motori a combustione interna che sono ampiamente applicate negli Stati membri.
(8)
Al fine di adattare al progresso tecnico il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO che stabilisce i requisiti per la determinazione della potenza continua del motore, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardo all'adozione delle necessarie modifiche al riferimento alla pertinente norma internazionale ISO. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016 (5). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Disposizioni di carattere generale
Le definizioni delle caratteristiche dei pescherecci stabilite nel presente regolamento si applicano a tutta la normativa dell'Unione concernente la pesca.
Articolo 2
Lunghezza
1. Per lunghezza di una nave si intende la lunghezza fuori tutto, ovvero la distanza, misurata in linea retta, tra il punto estremo anteriore della prua e il punto estremo posteriore della poppa.
Ai fini della presente definizione:
a)
la prua comprende l'ossatura stagna dello scafo, il castello di prua, la ruota di prora e la murata, ove esista, ma non i bompressi e il parapetto;
b)
la poppa comprende l'ossatura stagna dello scafo, l'arcaccia, il casseretto, lo scivolo di poppa e la murata, ma non il parapetto, il buttafuori, l'apparato motore di propulsione, i timoni con l'apparecchio di governo, le scale d'immersione e le piattaforme.
La lunghezza fuori tutto va misurata in metri con approssimazione ai due decimali.
2. Quando la normativa dell'Unione fa riferimento alla lunghezza tra le perpendicolari, quest'ultima equivale alla distanza misurata fra la perpendicolare anteriore e la perpendicolare posteriore quali sono definite dalla convenzione internazionale sulla sicurezza dei pescherecci.
La lunghezza tra le perpendicolari va misurata in metri con approssimazione ai due decimali.
Articolo 3
Larghezza
La larghezza di una nave corrisponde alla larghezza massima quale definita nell'allegato I della Convenzione internazionale della misurazione della stazza delle navi («convenzione del 1969»).
La larghezza fuori tutto va misurata in metri con approssimazione ai due decimali.
Articolo 4
Stazza
1. La stazza lorda dei pescherecci aventi una lunghezza fuori tutto pari o superiore a 15 m dev'essere misurata conformemente all'allegato I della convenzione del 1969.
2. La stazza lorda dei pescherecci aventi una lunghezza fuori tutto inferiore a 15 m deve essere misurata secondo la formula esposta nell'allegato I del presente regolamento.
3. Quando la normativa dell'Unione fa riferimento alla stazza netta, quest'ultima è definita come indicato nell'allegato I della convenzione del 1969.
Articolo 5
Potenza del motore
1. Per potenza del motore si intende la potenza massima continua ottenibile al volano di ciascun motore e che può essere applicata alla propulsione della nave per via meccanica, elettrica, idraulica o in altro modo. Tuttavia, quando un riduttore è integrato nel motore, la potenza è misurata alla flangia dell'apparato di trasmissione del riduttore.
Non sarà fatta alcuna deduzione per le macchine ausiliarie azionate dal motore.
L'unità di potenza del motore è espressa in kilowatt (kW).
2. La potenza continua del motore è determinata conformemente ai requisiti fissati dall'Organizzazione internazionale per l'unificazione nel quadro delle norme internazionali raccomandate ISO 3046/1, seconda edizione, ottobre 1981.
3. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 7 riguardo alla modifica al paragrafo 2 del presente articolo al fine di adattare al progresso ternico il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO.
Articolo 6
Data di entrata in servizio
La data di entrata in servizio corrisponde alla data del primo rilascio di un certificato ufficiale di sicurezza.
In deroga al primo comma, la data di entrata in servizio corrisponde alla data della prima iscrizione in un registro ufficiale dei pescherecci:
a)
qualora non sia stato rilasciato alcun certificato ufficiale di sicurezza; o
b)
per i pescherecci entrati in servizio prima del 1o dicembre 1986.
Articolo 7
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 5, paragrafo 3 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 20 luglio 2017. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all'articolo 5, paragrafo 3, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016.
5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
6. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo sia il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 8
Abrogazione
Il regolamento (CEE) n. 2930/86 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III.
Articolo 9
Disposizioni finali
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 14 giugno 2017
Per il Parlamento europeo
Il presidente
A. TAJANI
Per il Consiglio
Il presidente
H. DALLI
(1) GU C 34 del 2.2.2017, pag. 140.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 4 aprile 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 maggio 2017.
(3) Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio, del 22 settembre 1986, che definisce le caratteristiche dei pescherecci (GU L 274 del 25.9.1986, pag. 1).
(4) Cfr. allegato II.
(5) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1.
ALLEGATO I
PESCHERECCI DI NUOVA COSTRUZIONE DI LUNGHEZZA FUORI TUTTO INFERIORE A 15 METRI
La stazza lorda dei pescherecci di nuova costruzione la cui lunghezza fuori tutto è inferiore a 15 metri è definita secondo la seguente formula:
GT = K1 · V
dove: K1 = 0,2 + 0,02 log10 V
e V rappresenta il volume, ottenuto come segue:
V = a1 (Loa · B1 · T1)
dove:
Loa
=
lunghezza fuori tutto (articolo 2 del presente regolamento)
B1
=
larghezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969
T1
=
altezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969
a1
=
funzione di Loa
PESCHERECCI DI LUNGHEZZA FUORI TUTTO INFERIORE A 15 METRI GIÀ IN SERVIZIO IL 1O GENNAIO 1995
La stazza lorda dei pescherecci già in servizio il 1o gennaio 1995 la cui lunghezza fuori tutto è inferiore a 15 metri è così definita:
GT = K1 · V
dove: V rappresenta il volume, ottenuto come segue:
V = a2 (Loa · B1 · T1)
dove:
Loa
=
lunghezza fuori tutto (articolo 2 del presente regolamento)
B1
=
larghezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969
T1
=
altezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969
a2
=
funzione di Loa
Le funzioni a1 e a2 devono essere determinate in base a un'analisi statistica di un insieme di campioni rappresentativi delle flotte degli Stati membri. Esse devono essere specificate, unitamente alle definizioni delle dimensione B1 e T1, e alle norme dettagliate per l'applicazione delle formule, in una decisione della Commissione.
ALLEGATO II
REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA
Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio
(GU L 274 del 25.9.1986, pag. 1)
Regolamento (CE) n. 3259/94 del Consiglio
(GU L 339 del 29.12.1994, pag. 11)
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CEE) n. 2930/86
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a)
—
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 1, lettera d)
—
Articolo 4, paragrafo 1, lettera e)
—
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
—
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 9
Articolo 7, paragrafo 2
—
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III | Caratteristiche dei pescherecci dell’UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento definisce le caratteristiche tecniche dei pescherecci dell’UE.
Esso modifica e abroga il regolamento (CEE) n. 2930/86 in linea con l’impegno dell’UE di semplificare e chiarire il diritto comunitario.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento stabilisce le norme per la lunghezza, l’ampiezza, la stazza, la potenza del motore e la data di messa in servizio dei pescherecci nell’UE.
Tali definizioni sono in linea con quelle contenute nelle seguenti convenzioni internazionali:la Convenzione internazionale concernente la pesca e la conservazione delle risorse biologiche d’alto maredel 1958; la Convenzione internazionale sulla stazzatura delle navidel 1969; la Convenzione internazionale sulla sicurezza della navi da pescadel 1977. Lunghezza dell’imbarcazione — la lunghezza complessiva, definita come la distanza in linea retta tra il punto più avanzato dell’arco e quello più avanzato della poppa. La lunghezza complessiva è misurata in metri con una precisione di due cifre decimali.
Ampiezza dell’imbarcazione — l’ampiezza massima come definita nell’Allegato I della convenzione internazionale sulla stazzatura delle navi. L’ampiezza complessiva è misurata in metri con una precisione di due cifre decimali.
La stazza lorda di pescherecci di lunghezza complessiva pari o superiore a 15 metri viene definita come specificato nell’Allegato I della convenzione internazionale sulla stazzatura delle navi.
La stazza lorda di pescherecci di lunghezza complessiva inferiore a 15 metri viene definita ai sensi della formula specificata nell’Allegato I del presente regolamento.
La potenza del motore è il totale della potenza massima continua che può essere ottenuta al comando del volano di ciascun motore e che può essere applicata alla propulsione dell’imbarcazione mediante mezzi meccanici, elettrici, idraulici o di altra natura. Tuttavia, quando al motore è incorporato un cambio, la potenza viene misurata sulla flangia di uscita del cambio. Nessuna detrazione può essere fatta sulle macchine ausiliarie azionate dal motore. L’unità in cui viene espressa la potenza del motore è il chilowatt (kW).
La potenza costante del motore è determinata in conformità ai requisiti adottati dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione definita nella norma internazionale ISO 3046/1, seconda edizione, ottobre 1981. La Commissione europea può adottare atti delegati per adeguare il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO che stabilisce i requisiti per la determinazione della potenza continua del motore sulle basi del progresso tecnico.
La data di messa in servizio è la data del primo rilascio di un certificato ufficiale di sicurezza. Tuttavia, potrebbe anche essere la data della prima iscrizione in un registro ufficiale dei pescherecci:se un certificato di sicurezza ufficiale non viene rilasciato; o: nel caso di pescherecci entrati in servizio prima del 1 dicembre 1986.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal giovedì 20 luglio 2017. Il Regolamento (UE) 2017/1130 ha modificato e sostituito il Regolamento (CCE) N. 2930/86 (e le sue successive modifiche).
CONTESTO GENERALE
Poiché la legislazione UE che disciplina le caratteristiche delle navi da pesca è stata modificata varie volte, per motivi di chiarezza le norme sono state riformulate per garantire che le attività di pesca nell’UE possano essere svolte in condizioni uniformi.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2017/1130 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (riformulazione) (GU L 169, 30.6.2017, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento del Consiglio (CEE) N. 2930/86 del 22 settembre 1986 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (GU L 274, 25.9.1986, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale | 5,452 | 1,094 |
41989X1230 | false | Risoluzione del Consiglio e dei ministri del lavoro e degli affari sociali, riuniti in sede di Consiglio del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell'occupazione
Gazzetta ufficiale n. C 328 del 30/12/1989 pag. 0001 - 0002
RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI DEL LAVORO E DEGLI AFFARI SOCIALI, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell'occupazione (89/328/01) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE E I MINISTRI DEL LAVORO E DEGLI AFFARI SOCIALI, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la risoluzione del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa ad un programma di azione per l'aumento dell'occupazione (1), vista la risoluzione del Consiglio, del 5 giugno 1989, concernente la formazione professionale continua (2), viste le conclusioni delle riunioni del Consiglio europeo tenutesi ad Hannover il 27 e 28 giugno 1988, a Rodi il 2 e 3 dicembre 1988 e a Madrid il 26 e 27 giugno 1989, considerando che la realizzazione del mercato interno darà un ulteriore impulso alla crescita, consentendo in tal modo la creazione a medio termine di un notevole numero di nuovi posti di lavore negli Stati membri; considerando che una prima fase di inasprimento della concorrenza e di intensificazione delle ristrutturazioni potrà comportare perdite e trasformazioni di posti di lavoro, localizzate in talune regioni e taluni settori; considerando che uno dei presupposti indispensabili al successo di questi mutamenti è costituito dall'individuazione, con sufficiente anticipo, dei problemi da parte di tutti i protagonisti di questo processo, onde limitare al massimo gli effetti negativi prevedibili durante tale periodo transitorio e ampliare invece il più possibile gli effetti positivi pronosticati a medio termine; considerando del resto che in numerosi settori cominciano a emergere segnali di carenza di manodopera qualificata e che in taluni Stati membri, a causa della particolare situazione demografica, la popolazione attiva è in diminuzione; considerando che le politiche dell'occupazione sono di competenza degli Stati membri; considerando che, conformemente al diritto comunitario, la Commissione ha un ruolo importante da svolgere nel settore dell'occupazione; considerando che le parti sociali devono essere strettamente associate ad un'azione di indagine e di ricerca di soluzioni concrete e che da tale cooperazione potrà scaturire un miglioramento delle economie degli Stati membri; considerando che occorre fornire ai protagonisti della vita economica e sociale i dati conoscitivi necessari per definire strategie adattate alla situazione occupazionale nei settori interessati dal completamento del mercato interno, INVITANO la Commissione e gli Stati membri a creare un osservatorio europeo dell'occupazione con il compito di analizzare, su base permanente, l'evoluzione prevedibile dell'occupazione, in particolare nei settori interessati dal completamento del mercato interno, tenuto conto dei lavori già effettuati a livello comunitario, ovverosia di : - raccogliere presso gli Stati membri dati disponibili sulle prospettive di evoluzione dell'occupazione e delle qualifiche nei settori d'attività più direttamente interessati dal completamento del mercato interno; - provvedere alla sintesi dei dati raccolti, che consenta di individuare gli orientamenti che caratterizzano l'evoluzione di tali settori; - curare la divulgazione generale, in una prospettiva operativa, dei risultati dei lavori di cui al trattino precedente, a tutti i responsabili economici e sociali e in particolare alle parti sociali della Comunità; INVITANO la Commissione, in collegamento con gli Stati membri e previa consultazione delle parti sociali, a presentare loro periodicamente i temi e i settori di attività che costituiscono l'oggetto del compito assegnato all'osservatorio, nonché a presentare al Consiglio, in occasione del dibattito annuale sull'occupazione, la sintesi dei lavori effettuati su questi temi e su questi settori; INVITANO la Commissione a prendere, già dall'inizio del 1990, le opportune disposizioni per la creazione dell'osservatorio, facendo appello alle risorse umane e finanziarie di cui dispone; INVITANO gli Stati membri a collaborare con la Commissione per garantire il funzionamento dell'osservatorio; INVITANO in particolare ciascuno degli Stati membri a designare un coordinatore nazionale incaricato di fornire i dati di cui al punto 1, primo trattino e di offrire alla Commissione tutto l'ausilio richiesto per il compimento della sua missione, costituendo in tal modo una rete a livello comunitario al fine di concorrere all'adempimento del compito di cui al punto 1; RITENGONO che i dati forniti nel quadro dell'osservatorio dovrebbero contribuire a consentire agli Stati membri ed alla Commissione di riflettere, tra l'altro, sul miglioramento dell'impatto del Fondo sociale europeo sull'occupazione e sulla creazione di posti di lavoro. (1) GU n. C 340 del 31. 12. 1986, pag. 1. (2) GU n. C 148 del 15. 6. 1989, pag. 1. | Osservatorio europeo dell'occupazione (OEO)
L’osservatorio europeo dell’occupazione (OEO) ha come obiettivo quello di facilitare gli scambi di informazioni tra gli Stati membri e analizzare le tendenze dei mercati del lavoro nell’Unione europea (UE). L’osservatorio assiste la Commissione europea nell’elaborazione della politica europea dell’occupazione.
ATTO
Risoluzione del Consiglio dei ministri del Lavoro e degli affari sociali, riuniti in sede di Consiglio del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell’occupazione [GU C 328 del 30.12.1989].
SINTESI
L’Osservatorio europeo dell’occupazione (OEO) è un sistema d’informazione sulle politiche occupazionali e sulle tendenze dei mercati del lavoro nell’Unione europea (UE). La sua missione è analizzare l’evoluzione prevedibile dei mercati dell’occupazione in particolare nei settori d’attività più interessati dal completamento del mercato interno.
Le sue missioni principali sono:
la raccolta di informazioni e di dati statistici negli Stati membri dell’UE;
l’analisi delle grandi evoluzioni per settore;
la diffusione dei risultati presso i responsabili economici e sociali, in particolare le parti sociali europee.
L'osservatorio si compone dei rappresentanti degli Stati membri, dei paesi candidati a entrare nell'UE e dei paesi membri dello Spazio economico europeo (SEE). Esso funziona attraverso una cellula direttiva e una rete di esperti.
Sistema comunitario di documentazione sull’occupazione (SYSDEM)
Il SYSDEM (DE) (EN) (FR) è una rete di esperti appartenenti a istituti di ricerca nazionali indipendenti. Tale rete contribuisce alla realizzazione delle missioni dell’OEO attraverso:
la produzione di relazioni di valutazione e di ricerca riguardo all'impatto della politica del mercato del lavoro;
l’analisi delle priorità politiche in materia di occupazione;
l’analisi dei programmi nazionali di riforma per l'occupazione.
See also
Sito Internet dell'Osservatorio europeo dell’occupazione (DE) (FR) (EN) | 2,139 | 928 |
31970L0157 | false | Direttiva 70/157/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore
Gazzetta ufficiale n. L 042 del 23/02/1970 pag. 0016 - 0020 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 1 pag. 0117 edizione speciale danese: serie I capitolo 1970(I) pag. 0095 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 1 pag. 0117 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1970(I) pag. 0111 - 0116 edizione speciale greca: capitolo 13 tomo 1 pag. 0061 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 1 pag. 0189 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 1 pag. 0189
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 6 febbraio 1970 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore (70/157/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che le prescrizioni tecniche alle quali devono soddisfare i veicoli a motore ai sensi delle legislazioni nazionali concernono tra l'altro il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento; considerando che queste prescrizioni differiscono da uno Stato membro all'altro ; che ne risulta la necessità che le stesse prescrizioni siano adottate da tutti gli Stati membri, a titolo complementare ovvero in sostituzione delle attuali regolamentazioni in tali Stati, segnatamente al fine di permettere l'applicazione, per ogni tipo di veicolo, della procedura di omologazione CEE che forma oggetto della direttiva del Consiglio del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (3), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ai sensi della presente direttiva, s'intende per veicolo ogni veicolo a motore destinato a circolare su strada, con o senza carrozzeria, che abbia almeno quattro ruote e una velocità massima per costruzione superiore ai 25 km/h, ad eccezione dei veicoli che si spostano su rotaie, delle trattrici e macchine agricole e delle macchine operatrici. Articolo 2 Gli Stati membri non possono rifiutare l'omologazione CEE né l'omologazione di portata nazionale di un veicolo per motivi concernenti il livello sonoro ammissibile e il dispositivo di scappamento, se questi rispondono alle prescrizioni di cui all'allegato. Articolo 3 Le modifiche che sono necessarie per adeguare al progresso tecnico le prescrizioni dell'allegato, eccetto quelle dei punti I.1. e I.4.1.4., sono adottate a norma della procedura prevista all'articolo 13 della direttiva del Consiglio relativa all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Articolo 4 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di diciotto mesi a decorrere dalla sua notifica e ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri prendono cura di comunicare alla Commissione il testo delle essenziali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore contemplato dalla presente direttiva. Articolo 5 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addí 6 febbraio 1970. Per il Consiglio Il Presidente P. HARMEL (1)GU n. C 160 del 18.12.1969, pag. 7. (2)GU n. C 48 del 16.4.1969, pag. 16. (3)Vedi pag. 1 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO I. LIVELLI SONORI AMMISSIBILI I.1. Limiti Il livello sonoro dei veicoli di cui all'articolo 1 della presente direttiva, misurato nelle condizioni previste dal presente allegato, non deve superare i seguenti limiti: >PIC FILE= "T0002118"> I.2. Strumenti di misura Le misure del rumore provocato dai veicoli sono effettuate mediante in fonometro conforme al tipo descritto nella pubblicazione n. 179, prima edizione 1965, della Commissione elettrotecnica internazionale. I.3. Condizioni di misura Le misure sono effettuate a veicolo vuoto, in una zona sgombra e sufficientemente silenziosa (rumore circostante e rumore del vento inferiori di almeno 10 dB (A) al rumore da misurare). Questa zona può essere costituita, per esempio, da uno spazio aperto di 50 metri di raggio, la cui parte centrale, per almeno 20 metri di raggio, deve essere praticamente orizzontale e rivestita di cemento, di asfalto o altro materiale analogo e non deve essere ricoperta di neve farinosa, di erbe alte, terra soffice o cenere. Il rivestimento della pista deve essere tale che i pneumatici non producano rumore eccessivo. Questa condizione è valida soltanto per la misura del rumore dei veicoli in movimento. Le misure sono fatte con tempo sereno e vento debole. Nessun'altra persona all'infuori dell'osservatore che effettua la lettura dello strumento deve rimanere nelle vicinanze del veicolo o del microfono, poiché la presenza di spettatori può influenzare sensibilmente le letture dello strumento, quando tali spettatori si trovano nelle vicinanze del veicolo o del microfono. Ogni punta estranea alle caratteristiche del livello sonoro generale non è presa in considerazione nella lettura. I.4. Metodo di misura I.4.1. Misura del rumore dei veicoli in movimento (per l'omologazione) Si effettuano almeno due misure su ciascun lato del veicolo. Possono essere effettuate misure preliminari di regolazione, che però non sono prese in considerazione. Il microfono è collocato a 1,2 metri dal suolo e a una distanza di 7,5 metri dall'asse di marcia CC del veicolo, misurata secondo la perpendicolare PP' a tale asse (figura 1). Sulla pista di prova sono tracciate due linee AA' e BB' parallele alla linea PP' e situate a 10 metri anteriormente e posteriormente a tale linea. I veicoli sono portati a velocità costante alle condizioni in appresso specificate, fino alla linea AA'. In questo momento, l'acceleratore è spinto a fondo con la massima rapidità possibile. L'acceleratore è mantenuto in questa posizione fino a che la parte posteriore del veicolo (1) abbia superato la linea BB', poi viene staccato il più rapidamente possibile La massima intensità rilevata costituisce il risultato della misura. I.4.1.1. Veicolo senza cambio Il veicolo si avvicina alla linea AA' ad una velocità costante corrispondente alla più bassa delle tre velocità seguenti: - velocità corrispondente ad una velocità di rotazione del motore uguale ai tre quarti della velocità di rotazione per la quale il motore sviluppa la sua massima potenza; - velocità corrispondente ad una velocità di rotazione del motore uguale ai tre quarti della velocità di rotazione massima consentita dal regolatore; - 50 km orari. I.4.1.2. Veicoli con cambio a mano Il cambio è obbligatoriamente innestato: I.4.1.2.1. nella seconda marcia, se il veicolo è munito di due, tre o quattro rapporti; I.4.1.2.2. nella terza marcia se il cambio comporta più di quattro rapporti; I.4.1.2.3. nella marcia corrispondente alla massima velocità del veicolo, se il sistema di trasmissione è a doppia demoltiplicazione, (ruotismo intermedio o differenziale a doppio rapporto di demoltiplicazione). Il veicolo si avvicina alla linea AA' ad una velocità costante corrispondente alla più bassa delle tre velocità seguenti: - velocità corrispondente ad una velocità di rotazione del motore uguale ai tre quarti della velocità di rotazione per la quale il motore sviluppa la sua massima potenza; - velocità corrispondente ad una velocità di rotazione del motore uguale ai tre quarti della velocità di rotazione massima consentita dal regolatore; - 50 km orari. I.4.1.3. Veicoli con cambio automatico Il veicolo si avvicina alla linea AA' ad una velocità costante uguale alla più bassa delle due velocità seguenti: - 50 km orari; - i tre quarti della sua velocità massima. Quando è possibile una scelta, è utilizzata la posizione «marcia normale» in città. I.4.1.4. Interpretazione dei risultati I.4.1.4.1. Per tener conto delle imprecisioni degli strumenti di misura, il risultato di ogni misura è dato dal valore letto sullo strumento, diminuito di 1 dB (A). I.4.1.4.2. Le misure sono considerate valide se il divario fra due misure consecutive effettuate sullo stesso lato del veicolo non supera 2 dB (A). I.4.1.4.3. Il valore preso in considerazione è il risultato più elevato delle misure. Se tale valore è superiore di 1 dB (A) al livello massimo ammissibile per la categoria alla quale appartiene il veicolo, si procede ad una seconda serie di due misure. Tre dei quattro risultati cosí ottenuti devono rientrare nei limiti prescritti. (1)Se l'insieme del veicolo comprende un rimorchio o un semirimorchio, non sarà tenuto conto del rimorchio o del semirimorchio per il passaggio della linea BB'. >PIC FILE= "T0002119"> I.4.2. Misura del rumore dei veicoli fermi I.4.2.1. Posizione del fonometro Il punto di misura è il punto X indicato nella figura 2 che si trova a una distanza di 7 metri dalla piú vicina superficie del veicolo. Il microfono è collocato a 1,2 metri dal suolo. I.4.2.2. Numero di misure Si effettuano almeno due misure. I.4.2.3. Condizioni di prova del veicolo Il motore di un veicolo senza regolatore di velocità è portato al regime che dà un numero di giri equivalente ai tre quarti del numero dei giri al minuto che, secondo il costruttore, corrisponde alla potenza massima del motore. Il numero di giri al minuto del motore è misurato mediante uno strumento indipendente, per esempio un banco a rulli e un tachimetro. Se il motore è munito di un regolatore di velocità, che impedisce che il motore superi il numero di giri corrispondente alla sua potenza massima, lo si fa girare alla velocità massima consentita dal regolatore. Prima di procedere alle misure, il motore è portato alla sua temperatura normale di funzionamento. I.4.2.4. Interpretazione dei risultati Tutte le letture del livello sonoro sono indicate nel verbale. È indicato eventualmente anche il criterio di valutazione della potenza del motore. Nel verbale deve figurare anche il carico del veicolo. Le misure sono considerate valide se il divario fra due misure consecutive effettuate sullo stesso lato del veicolo non supera 2 dB (A). È considerato risultato della misura il valore più elevato. >PIC FILE= "T0002120"> II. DISPOSITIVO DI SCAPPAMENTO (SILENZIATORE) II.1. Se il veicolo è munito di dispositivi destinati a ridurre il rumore dello scappamento (silenziatore), si osservano le prescrizioni del presente punto II. Se il condotto di aspirazione del motore è munito di un filtro ad aria, necessario per garantire l'osservanza del livello sonoro ammissibile, tale filtro si considera parte del silenziatore e le prescrizioni del presente punto II sono del pari applicabili a questo filtro. II.2. Lo schema del dispositivo di scappamento deve essere allegato alla scheda di omologazione del veicolo. II.3. Sul silenziatore dovranno essere indicati in caratteri ben leggibili ed indelebili la marca ed il tipo. II.4. I materiali assorbenti fibrosi possono essere impiegati nella costruzione del silenziatore solo se sono soddisfatte le seguenti condizioni: II.4.1. I materiali assorbenti fibrosi non devono trovarsi nelle parti del silenziatore attraversate dai gas. II.4.2. Dispositivi adeguati devono garantire il mantenimento in posto dei materiali assorbenti fibrosi per tutta la durata di utilizzazione del silenziatore. II.4.3. I materiali assorbenti fibrosi devono resistere ad una temperatura superiore di almeno il 20 % alla temperatura di funzionamento che si può presentare nella parte del silenziatore in cui si trovano i materiali assorbenti fibrosi. | Veicoli a motore e rimorchi: livello sonoro ammissibile
Lo scopo di questa direttiva è quello di attuare le normative dell'Unione Europea relative alla rumorosità dei veicoli sulla base di una completa armonizzazione.
ATTO
Direttiva 70/157/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative al livello sonoro ammissibile e al dispositivo di scappamento dei veicoli a motore [Gazzetta ufficiale L 42 del 23.2.1970].
SINTESI
Le direttive si applicano a qualsiasi veicolo a motore destinato a circolare su strada con o senza carrozzeria, che abbia almeno quattro ruote e una velocità massima per costruzione superiore ai 25 km/h, ad eccezione dei veicoli che si spostano su rotaie, dei trattori agricoli e forestali e di tutte le macchine mobili.
Le direttive fissano limiti per il livello sonoro delle parti meccaniche e dei dispositivi di scarico dei veicoli interessati. I valori limite vanno da 74 dB(A) per le autovetture a 80 dB(A) per i veicoli per il trasporto di merci di grande potenza.
Per specifiche categorie di veicoli sono stabiliti i valori ammissibili:
autovetture;
veicoli per il trasporto pubblico;
veicoli per il trasporto di merci.
Gli Stati membri sono tenuti a pubblicare i valori del livello di rumore per l'omologazione entro il 1o ottobre 1994.
Pertanto gli Stati membri non possono, per ragioni relative al livello sonoro ammissibile e dispositivi di scarico:
rifiutare o vietare la vendita, l'immatricolazione, la commercializzazione o l'uso di veicoli conformi alle disposizioni della direttiva;
vietare la commercializzazione di un dispositivo scarico o di un'entità tecnica se conformi a un tipo omologato per il quale è stata concessa l'omologazione.
Possono essere autorizzati gli incentivi fiscali concessi dagli Stati membri per incoraggiare nuovi limiti da rispettare in anticipo se sono:
non discriminatori;
per un periodo limitato;
di importo significativamente inferiore al costo dell'apparecchiatura montata;
applicati a veicoli muniti di apparecchio consentendo la conformità in anticipo alle norme europee.
Procedura di omologazione per ogni tipo di veicolo, dispositivo di scarico ed entità tecnica (silenziatore e dispositivi silenziatori di sostituzione):
la domanda di omologazione CEE deve essere presentata dal fabbricante o dal suo rappresentante autorizzato;
deve contenere le informazioni richieste dalle direttive esistenti;
devono essere presentate le diverse prove di omologazione;
ove il tipo di veicolo, dispositivo di scarico o entità tecnica soddisfi i requisiti della prova, l'autorità competente dello Stato membro in questione rilascia un certificato di omologazione CEE.
La presente direttiva è stata abrogata dal regolamento (UE) n. 540/2014 a partire dal 30.6.2027.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 70/157/CEE
10.2.1970
10.8.1971 - 1.7.1973
GU L 42 del 23.2.1970
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 73/350/CEE
16.11.1973
-
GU L 321 del 22.11.1973
Direttiva 77/212/CEE
10.3.1977
31.3.1977
GU L 66 del 12.3.1977
Direttiva 81/334/CEE
28.4.1981
31.12.1981
GU L 131 del 18.5.1981
Direttiva 84/372/CEE
5.7.1984
30.9.1984
GU L 196 del 26.7.1984
Direttiva 84/424/CEE
4.9.1984
31.12.1984
GU L 238 del 6.9.1984
Direttiva 87/354/CEE
29.6.1987
31.12.1987
GU L 192 del 11.7.1987
Direttiva 89/491/CEE
25.7.1989
1.1.1990
GU L 238 del 15.8.1989
Direttiva 92/97/CEE
16.11.1992
30.6.1993
GU L 371 del 19.12.1992
Direttiva 96/20/CEE
3.5.1996
30.9.1996
GU L 92 del 13.4.1996
Direttiva 99/101/CE
17.1.2000
31.3.2000
GU L 334 del 28.12.1999
Direttiva2007/34/CE
5.7.2007
5.7.2007
GU L 155 del 15.6.2007
Direttiva 2013/15/UE
1.7.2013
1.7.2013
GU L 158 del 10.6.2013.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 540/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo al livello sonoro dei veicoli a motore e i dispositivi silenziatori di sostituzione, che modifica la direttiva 2007/46/CE e che abroga la direttiva 70/157/CEE [Gazzetta ufficiale L 158 del 27.5.2014]. | 5,536 | 1,001 |
31971R2821 | false | Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate
Gazzetta ufficiale n. L 285 del 29/12/1971 pag. 0046 - 0048 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale danese: serie I capitolo 1971(III) pag. 0896 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1971(III) pag. 1032 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0088 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014
REGOLAMENTO (CEE) N. 2821/71 DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1971 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 87, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale, considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, del trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni richieste da tali disposizioni; considerando che le modalità di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, devono essere stabilite con regolamento basato sull'articolo 87; considerando che la creazione di un mercato comune esige l'adattamento delle imprese alle condizioni di tale mercato ampliato e che la cooperazione delle imprese può costituire un mezzo adeguato per conseguire tale scopo; considerando che gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate in materia di cooperazione tra imprese, che permettono a queste di lavorare più razionalmente e di adattare la loro produttività e la loro competitività al mercato ampliato, possono, se rientrano nel divieto dell'articolo 85, paragrafo 1, esserne esentati a certe condizioni ; che la necessità di tale misura si impone particolarmente per gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate che riguardano l'applicazione di norme e di tipi, la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di procedimenti fino allo stadio dell'applicazione industriale e l'utilizzazione dei relativi risultati, nonché la specializzazione; considerando che è opportuno porre la Commissione in grado di dichiarare mediante regolamento inapplicabili le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, a talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate, per facilitare alle imprese una cooperazione economicamente auspicabile e senza inconvenienti sotto l'aspetto della politica della concorrenza; considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri; considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (1), la Commissione può disporre che una decisione adottata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato si applichi con effetto retroattivo ; che conviene che la Commissione possa adottare tale decisione anche in un regolamento; considerando che in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17 possono essere sottratti al divieto, mediante decisione della Commissione, gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate, specie se essi sono modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 ; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio, mediante regolamento, a tali accordi, decisioni e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento di esecuzione; considerando che non è escluso che in un caso specifico le condizioni enumerate all'articolo 85 paragrafo 3, non siano riunite ; che la Commissione deve avere la facoltà di regolare tale caso in applicazione del regolamento n. 17 con decisione avente effetto futuro, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17, la Commissione può dichiarare, mediante regolamento ed in conformità all'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, che l'articolo 85, paragrafo 1, non è applicabile a categorie di accordi tra imprese, di decisioni di associazioni di imprese e di pratiche concordate che hanno come oggetto: a) l'applicazione di norme e di tipi; b) la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi fino allo stadio dell'applicazione industriale, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, (1)GU n. 13 del 21.2.1962, pag. 204/62. comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; c) la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. 2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applica e precisare in particolare: a) le restrizioni o le clausole che possono o che non possono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate; b) le clausole che devono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate o le altre condizioni che devono essere soddisfatte. Articolo 2 1. Un regolamento emanato in virtù dell'articolo 1 è adottato per una durata limitata. 2. Può essere abrogato o modificato, quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione ; in tal caso, è previsto un periodo di adattamento per gli accordi, decisioni e pratiche concordate contemplati dal regolamento anteriore. Articolo 3 Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi, decisioni e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17. Articolo 4 1. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi, decisioni e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3: - se sono modificati entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e - se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento. 2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi, decisioni e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1º febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data. 3. Il beneficio delle disposizioni adottate a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1, né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi. Articolo 5 Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa fissato, che non può essere inferiore ad un mese. Articolo 6 1. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia d'intese e di posizioni dominanti: a) prima di pubblicare un progetto di regolamento, b) prima di adottare un regolamento. 2. I paragrafi 5 e 6 dell'articolo 10 del regolamento n. 17, relativi alla consultazione del Comitato consultivo, sono applicabili, in quanto compatibili, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione. Articolo 7 Se la Commissione costata d'ufficio o su richiesta di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, essa può, revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento, prendere una decisione in conformità degli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17 senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento n. 17. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1971. Per il Consiglio Il Presidente M. PEDINI | Concorrenza: esenzione di taluni accordi fra società concorrenti
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
La Commissione europea può concedere delle esenzioni a titolo individuale a determinati accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfano le condizioni d'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE) (attuale articolo 101, par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)).
Può altresì concedere, mediante regolamento, delle esenzioni per categoria.
Il presente regolamento abilita la Commissione a concedere l'esenzione a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate mediante un'esenzione per categoria.
Campo d'applicazione
Il presente regolamento abilita la Commissione ad applicare, mediante regolamento, l'articolo 101, paragrafo 3, del TFUE, a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate che hanno per oggetto:
la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete;
la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione.
Condizioni dei regolamenti d'esenzione
I regolamenti di esenzione adottati dalla Commissione devono rispettare una serie di condizioni. Devono:
contenere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applicano e precisare le restrizioni, le clausole e le altre condizioni che vi possono figurare;
essere applicabili per una durata limitata. Possono però essere abrogati o modificati;
applicarsi con effetto retroattivo agli accordi che, al momento della loro entrata in vigore, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (CEE), che è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio. Tuttavia non si applicano agli accordi esistenti alla data del 13 marzo 1962 né a quelli che avrebbero dovuto essere notificati entro il 1o febbraio 1963.
I regolamenti così definiti devono rispettare la seguente procedura di approvazione :
la proposta di regolamento deve essere pubblicata, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicare alla Commissione le loro osservazioni;
la Commissione consulta il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti prima di pubblicare un progetto di regolamento o di adottare un regolamento;
se la Commissione constata d'ufficio o su richiesta di un paese dell’Unione europea (UE) o di persone fisiche o giuridiche che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento così definito hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 101, paragrafo 3, essa può prendere una decisione revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è entrato in vigore il 18 gennaio 1972. Nel caso dei paesi candidati all'adesione, il presente regolamento entra in vigore alla data dell'adesione del paese all’UE.
ATTO
Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, par. 3 del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche consolidate (GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46–48).
Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 2821/71 sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha solo un scopo documentale.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1–25). Si veda la versione consolidata. | 4,012 | 1,003 |
32004R0533 | false | Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione
Gazzetta ufficiale n. L 086 del 24/03/2004 pag. 0001 - 0002
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consigliodel 22 marzo 2004relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazioneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 181 A, paragrafo 2, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno 2000 ha confermato che il suo obiettivo resta quello della massima integrazione possibile dei paesi dei Balcani occidentali nel contesto politico ed economico dell'Europa e ha riconosciuto che tutti i paesi interessati sono candidati potenziali all'adesione all'Unione europea.(2) Nella dichiarazione adottata a Zagabria il 24 novembre 2000 in occasione del vertice tra i Capi di Stato o di Governo dell'Unione europea e dei paesi partecipanti al processo di stabilizzazione e di associazione si riconosce che la prospettiva dell'adesione viene offerta sulla base del rispetto dei criteri definiti al Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e dei progressi compiuti nell'attuazione degli accordi di stabilizzazione e di associazione, in particolare quelli sulla cooperazione regionale.(3) Il Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 ha ribadito la sua determinazione ad appoggiare appieno ed efficacemente la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali affermando che diverranno parte integrante dell'Unione europea una volta soddisfatti i criteri stabiliti. Ha approvato le conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2003, compresa l'allegata "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali: Procedere verso l'integrazione europea", la quale esamina come potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, prevedendo, tra l'altro, l'elaborazione di partenariati europei.(4) Nella dichiarazione adottata a Salonicco il 21 giugno 2003 in occasione del vertice tra l'Unione europea e i Balcani occidentali, l'"Agenda di Salonicco" è considerata un programma comune che l'Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali s'impegnano ad attuare. Il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato resta il contesto generale per tutta la durata del cammino europeo dei Balcani occidentali verso la loro futura adesione.(5) I partenariati europei per i paesi dei Balcani occidentali indicheranno le azioni da intraprendere in via prioritaria al fine di sostenere gli sforzi compiuti da tali paesi per avvicinarsi all'Unione europea e fungeranno da parametri in base ai quali misurare i progressi realizzati. Essi saranno adattati alle esigenze specifiche di ciascun paese e al suo specifico stadio di preparazione, nonché alle specificità del processo di stabilizzazione e di associazione, inclusa la cooperazione regionale. Per preparare i partenariati europei si terranno consultazioni informali con ciascun paese e, se del caso, con la comunità internazionale allargata.(6) I partenariati europei, opportunamente aggiornati, servono per aiutare i paesi dei Balcani occidentali a prepararsi in vista dell'adesione in un contesto coerente e ad elaborare piani nazionali che specifichino i tempi delle riforme e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.(7) L'assistenza comunitaria dovrebbe concentrarsi sulle sfide da definire nell'ambito dei partenariati europei, i quali forniranno un orientamento per l'assistenza finanziaria e osserveranno principi, priorità e condizioni prestabiliti.(8) Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali sarà fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, in particolare il regolamento (CE) n. 2666/2000 del Consiglio(2), del 5 dicembre 2000, relativo all'assistenza all'Albania, alla Bosnia Erzegovina, alla Croazia, alla Repubblica federale di Jugoslavia e all'ex Repubblica di Macedonia e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1628/96 e modifica dei regolamenti (CEE) n. 3906/89, (CEE) n. 1360/90 e delle decisioni 97/256/CE e 1999/311/CE; il presente regolamento è pertanto privo di implicazioni finanziarie.(9) La programmazione delle risorse finanziarie che compongono l'assistenza comunitaria dovrebbe fondarsi sulle priorità dei partenariati europei ed essere decisa in conformità delle procedure indicate nei rispettivi strumenti finanziari.(10) La revisione delle priorità dei partenariati europei potrebbe avere un notevole impatto politico sulle relazioni con i paesi dei Balcani occidentali. È pertanto opportuno che il Consiglio adotti i principi, le priorità e le condizioni applicabili a ciascun partenariato.(11) Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente le relazioni annuali sul processo di stabilizzazione e di associazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, come definiti dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999 (qui di seguito denominati "paesi partner"). I partenariati europei forniscono un quadro delle priorità risultanti dall'analisi delle diverse situazioni dei paesi partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'Unione europea, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.Articolo 2Il Consiglio decide a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni da inserire nei partenariati europei, nonché qualsiasi successivo adeguamento.Articolo 3Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 marzo 2004.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Cowen(1) Parere reso il 10 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 306 del 7.12.2000, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2415/2001 (GU L 327 del 12.12.2001, pag. 3). | Partenariati europei con i Balcani occidentali
Nel quadro del processo di stabilizzazione e di associazione a favore dei paesi dei Balcani Occidentali, l'Unione europea istituisce partenariati europei con l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, secondo la definizione data dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tali partenariati definiscono un quadro per gli ambiti d'azione prioritari ed un quadro finanziario nell'intento di favorire la stabilità e la prosperità di quei paesi e della regione, in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, dal momento che sono riconosciuti come candidati potenziali all'adesione. In quanto paese candidato con cui sono stati avviati negoziati di adesione, la Croazia beneficia di un partenariato per l'adesione.
ATTO
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione [Cfr atti modificativi].
SINTESI
L'Unione europea (UE) adotta con i paesi dei Balcani occidentali la stessa metodologia seguita per i nuovi Stati membri e paesi aderenti. Di conseguenza, il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato continua a rappresentare il quadro generale del percorso europeo dei paesi dei Balcani occidentali fino all'adesione.
Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, il Montenegro e la Serbia, incluso il Kosovo, secondo la definizione stabilita dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999.
La Croazia, con cui sono stati avviati i negoziati di adesione, beneficia di un partenariato per l'adesione che tiene conto della sua qualità specifica di paese candidato.
I partenariati europei (al pari del partenariato per l'adesione della Croazia) sono intesi a sostenere il processo di stabilizzazione e di associazione dei paesi dei Balcani occidentali, così come il rispetto dei criteri di Copenaghen in vista della futura adesione. Essi forniscono un quadro coerente per le riforme da intraprendere e un quadro finanziario. I paesi interessati definiscono, dal canto loro, piani di azione che specificano i tempi e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.
Meccanismo dei partenariati europei
I partenariati europei definiscono un quadro per le priorità che risultano dall'analisi della situazione del singolo paese partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.
I partenariati europei vengono riveduti regolarmente, in base ai progressi compiuti da ciascun paese e delle sue nuove priorità via via identificate. Il Consiglio adotta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni che devono figurare nei partenariati europei, oltre ad eventuali modifiche ulteriori.
Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente in base alle relazioni annuali.
Assistenza finanziaria
I partenariati europei forniscono anche un quadro all'assistenza finanziaria, il cui scopo è principalmente l'attuazione delle priorità e degli obiettivi individuati.
Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione, l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali è fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, ovvero il programma CARDS, e lo strumento di assistenza preadesione (IAP). L' IAP è infatti destinato a sostituire il programma CARDS per il periodo 2007-2013.
Contesto
Il Consiglio europeo di Feira, del giugno 2000, ha riconosciuto che tutti i paesi dei Balcani occidentali sono candidati potenziali per l'adesione all'Unione europea. Tale prospettiva esige il rispetto dei criteri politici, economici ed istituzionali definiti dal Consiglio europeo di Copenhagen del 1993 (articoli 6 e 49 del trattato sull'Unione europea), come riconosciuto nella dichiarazione di Zagabria del novembre 2000 tra l'UE e i paesi che partecipano al processo di stabilizzazione e di associazione, e successivamente riaffermato dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003.
L' "Agenda di Salonicco" (EN) del giugno 2003 individua gli strumenti per potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, in particolare mediante l'elaborazione di partenariati europei.
La Croazia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono entrambi paesi candidati, qualità che è stata loro riconosciuta rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Inoltre, gli Stati membri hanno avviato i negoziati di adesione con la Croazia il 3 ottobre 2005.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 533/2004
27.3.2004
-
GU L 86 del 24.3.2004
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 269/2006
20.2.2006
-
GU L 47 del 17.2.2006
Regolamento (CE) n. 229/2008
18.3.2008
-
GU L 73 del 15.3.2008 | 3,870 | 867 |
32010R1218 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1218/2010 DELLA COMMISSIONE
del 14 dicembre 2010
relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate (1),
pubblicato il progetto del presente regolamento,
sentito il parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 2821/71 conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (*1) a categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e aventi per oggetto la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per realizzare la specializzazione stessa.
(2)
Il regolamento (CE) n. 2658/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi di specializzazione (2) definisce le categorie di accordi di specializzazione che la Commissione ha considerato rispondenti, in linea di principio, alle condizioni stabilite nell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva acquisita nell’applicazione di tale regolamento — la cui scadenza è prevista il 31 dicembre 2010 — e di altre esperienze maturate successivamente all'adozione medesimo, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria.
(3)
Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa e il quadro legislativo. Al di sotto di un certo livello di potere di mercato si può in genere presumere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, che gli effetti positivi degli accordi di specializzazione prevalgano sugli eventuali effetti negativi per la concorrenza.
(4)
Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101 paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi rientranti nel campo di applicazione del paragrafo 1 dello stesso articolo. Nella valutazione individuale degli accordi di cui all'articolo 101 paragrafo 1 del trattato si deve tenere conto di diversi fattori ed in particolare della struttura del mercato rilevante.
(5)
Il beneficio dell’esenzione stabilito mediante il presente regolamento deve essere limitato agli accordi che si possano, con sufficiente certezza, presumere conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(6)
Gli accordi di specializzazione della produzione hanno maggiori possibilità di migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti quando le parti possiedono competenze, beni o attività complementari in quanto, concentrando la loro attività di fabbricazione su determinati prodotti, possono operare in modo più razionale e offrire i prodotti a prezzi ridotti. Lo stesso vale in linea generale per gli accordi di specializzazione relativi alla preparazione di servizi. È ragionevole presumere che, in presenza di una concorrenza effettiva, gli utilizzatori beneficeranno di una congrua parte dei vantaggi che ne derivano.
(7)
Tali vantaggi possono discendere dagli accordi in base ai quali una parte rinuncia parzialmente o totalmente, a favore di un’altra, a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi («specializzazione unilaterale»), dagli accordi in base ai quali ciascuna parte rinuncia, parzialmente o totalmente, a favore di un’altra, a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi («specializzazione reciproca») e dagli accordi in base ai quali le parti si impegnano a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi in comune («produzione comune»). Nel contesto del presente regolamento, i concetti di specializzazione unilaterale e reciproca non presuppongono che parti riducano la propria capacità ma è sufficiente che riducano i propri volumi di produzione. Il concetto di produzione comune non presuppone che le parti riducano la loro produzione individuale al di fuori dell’ambito d'applicazione dell'accordo di produzione comune.
(8)
La natura degli accordi di specializzazione unilaterali e reciproci presuppone che le parti operino nel medesimo settore merceologico. Non è necessario che esse operino nel medesimo settore geografico. L’applicazione del presente regolamento ad accordi di specializzazione unilaterale e reciproca deve essere pertanto limitata alle situazioni in cui le parti operano negli stessi settori merceologici. Accordi di produzione in comune possono essere conclusi tra soggetti che operano già nel medesimo settore merceologico ma anche soggetti che desiderano entrare in un determinato settore merceologico mediante la conclusione dell’accordo. Gli accordi di produzione comune devono quindi essere inclusi nel campo d’applicazione del presente regolamento indipendentemente dal fatto che le parti operino già nello stesso settore merceologico.
(9)
Affinché i benefici della specializzazione vengano conseguiti senza che una delle parti abbandoni completamente il mercato a valle della produzione, gli accordi di specializzazione unilaterale e reciproca devono essere inclusi nell’ambito del presente regolamento solo qualora prevedano obblighi di fornitura e di acquisto o la distribuzione in comune. Gli obblighi di fornitura e di acquisto possono, ma non devono, avere carattere esclusivo.
(10)
Qualora la quota delle parti sul mercato rilevante dei prodotti oggetto dell'accordo di specializzazione non superi un determinato limite, si può presumere che gli accordi determinino di norma vantaggi economici in termini di economie di scala o di diversificazione, ovvero di migliori tecnologie produttive, e riservino agli utilizzatori una congrua parte di tali vantaggi. Tuttavia, qualora i prodotti fabbricati nell’ambito dell'accordo di specializzazione siano prodotti intermedi che una o più parti utilizzano, totalmente o parzialmente, per la fabbricazione di determinati prodotti a valle da esse successivamente venduti sul mercato, l’esenzione di cui al presente regolamento deve essere subordinata altresì alla condizione che la quota detenuta dalle parti sul mercato rilevante dei prodotti a valle non superi un determinato limite. In tal caso, prendendo in considerazione soltanto la quota di mercato delle parti a livello del prodotto intermedio non si terrebbe conto del rischio potenziale di esclusione dal mercato o di aumento dei prezzi dei fattori di produzione cui sarebbero esposti i concorrenti a livello dei prodotti a valle. Comunque, nemmeno in caso di superamento delle quote di mercato massime stabilite nel presente regolamento o di inadempimento di altre condizioni poste dal medesimo si deve presumere che gli accordi di specializzazione ricadano sotto il disposto dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(11)
Il presente regolamento non deve esentare accordi che contengano restrizioni non indispensabili per il conseguimento degli effetti positivi prodotti dagli accordi di specializzazione. In linea generale, accordi recanti determinati tipi di gravi restrizioni della concorrenza, relative alla fissazione dei prezzi praticati nei confronti di terzi, alla limitazione della produzione o delle vendite ed alla ripartizione di mercati o clienti devono essere esclusi dal beneficio della esenzione indipendentemente dalla quota di mercato detenuta dalle parti.
(12)
La quota massima di mercato, l’esclusione di taluni accordi dall’esenzione e le condizioni previste dal presente regolamento garantiscono in linea di massima che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano ai partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte considerevole dei prodotti o dei servizi in questione.
(13)
La Commissione può revocare il beneficio del presente regolamento, a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (3), qualora constati che, in un caso determinato, un accordo esentato a norma del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato.
(14)
A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza dello Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento nel territorio dello Stato membro stesso o in una parte di esso quando ritenga, in un caso particolare, che un accordo esentato ai sensi del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio medesimo o in una parte di esso, sempreché tale territorio si configuri come un settore geografico distinto.
(15)
Il beneficio del presente regolamento può essere revocato a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare qualora i mercati rilevanti siano molto concentrati e la concorrenza già scarsa a causa di posizioni individuali occupate da altri operatori economici del settore o di legami esistenti tra altri operatori economici per effetto di accordi paralleli di specializzazione.
(16)
Al fine di facilitare la conclusione di accordi di specializzazione, che possono avere per le parti incidenze di ordine strutturale, il periodo di vigenza del presente regolamento deve essere fissato in dodici anni,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a)
per «accordo di specializzazione» s'intende un accordo di specializzazione unilaterale, un accordo di specializzazione reciproca o un accordo di produzione in comune;
b)
per «accordo di specializzazione unilaterale» s'intende qualsiasi accordo tra due soggetti operanti nello stesso settore merceologico, in forza del quale una parte si obbliga a cessare interamente o parzialmente la fabbricazione di determinati prodotti o ad astenersi dalla fabbricazione di determinati prodotti e ad acquistarli dall’altra parte, la quale si impegna a fabbricare e fornire i prodotti in questione;
c)
per «accordo di specializzazione reciproca» s'intende qualsiasi accordo tra due o più soggetti operanti nello stesso settore merceologico, in forza del quale due o più parti si obbligano reciprocamente a cessare interamente o parzialmente la fabbricazione di prodotti distinti e ad acquistarli dalle controparti le quali si impegnano a fabbricare e fornire i prodotti questione stessi; o
d)
per «accordo di produzione comune» s'intende qualsiasi accordo in forza del quale due o più parti convengono di fabbricare in comune determinati prodotti;
e)
per «accordo» s'intende qualsiasi accordo, decisione di associazioni d'imprese o pratica concordata;
f)
per «prodotto» s'intende qualsiasi bene o servizio, inclusi sia i beni o servizi intermedi che i beni o servizi finali, ad eccezione dei servizi di distribuzione e locazione;
g)
per «produzione» o «fabbricazione» s'intende la produzione di beni o la preparazione di servizi, anche nell'ambito della subfornitura;
h)
per «preparazione di servizi» s'intendono le attività a monte della prestazione di servizi ai clienti;
i)
per «mercato rilevante» s'intende il settore merceologico e geografico rilevante cui appartengono i prodotti di specializzazione nonché, qualora i prodotti di specializzazione siano prodotti intermedi utilizzati internamente da una o più parti, in modo totale o parziale, per la fabbricazione di prodotti a valle, anche il settore merceologico e geografico rilevante cui appartengono i prodotti a valle;
j)
per «prodotti di specializzazione» s'intendono i prodotti fabbricati in base ad un accordo di specializzazione;
k)
per «prodotti a valle» s'intendono i prodotti fabbricati da una o più parti utilizzando prodotti di specializzazione, e venduti dalle parti stesse sul mercato;
l)
per «impresa concorrente» s'intende qualsiasi concorrente effettivo o potenziale;
m)
per «concorrente effettivo» s'intende qualsiasi impresa che operi sullo stesso mercato rilevante;
n)
per «concorrente potenziale» s'intende qualsiasi impresa che, secondo quanto può presumersi in base a considerazioni realistiche e non a una semplice possibilità teorica, è disposta, in assenza dell'accordo di specializzazione e sul presupposto di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, ad effettuare entro un termine non superiore a tre anni gli investimenti supplementari necessari o altre spese di conversione necessarie al fine di penetrare sul mercato interessato;
o)
per «obbligo di fornitura esclusiva» s'intende l’obbligo di astenersi dal fornire il prodotto di specializzazione ad imprese concorrenti non partecipanti all’accordo;
p)
per «obbligo di acquisto esclusivo»s'intende l’obbligo di acquistare il prodotto di specializzazione esclusivamente presso una parte dell'accordo;
q)
per «distribuzione comune» si intende:
i)
la distribuzione dei prodotti effettuata dalle parti attraverso un gruppo, un organismo o un’impresa comuni; o
ii)
la distribuzione dei prodotti effettuata dalle parti mediante designazione di un terzo quale distributore, su base esclusiva o meno, purché questi non sia un’impresa concorrente;
r)
per «distribuzione» s'intende la distribuzione comprendente la vendita di beni e la prestazione di servizi.
2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa» e «parte» includono le imprese collegate.
Per «imprese collegate» si intendono:
a)
le imprese nelle quali una parte dell’accordo di specializzazione detiene, direttamente o indirettamente:
i)
il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o
ii)
il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o
iii)
il diritto di gestire gli affari dell’impresa;
b)
le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di specializzazione i diritti o poteri di cui alla lettera a);
c)
le imprese nei confronti delle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o poteri di cui alla lettera a);
d)
le imprese nelle quali una parte dell’accordo di specializzazione e una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), ovvero due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o poteri di cui alla lettera a);
e)
le imprese nelle quali i diritti o poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente:
i)
dalle parti dell’accordo di specializzazione o dalle imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o
ii)
da una o più parti dell’accordo di specializzazione, o da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d), e una o più imprese terze.
Articolo 2
Esenzione
1. L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile agli accordi di specializzazione conformemente al paragrafo 3 dello stesso articolo e alle condizioni stabilite dal presente regolamento.
Tale esenzione si applica nella misura in cui gli accordi di specializzazione contengano restrizioni della concorrenza rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato.
2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi di specializzazione contenenti disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà immateriale a favore di una o più parti, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale di tali accordi, ma siano direttamente collegate e necessarie all'esecuzione degli stessi.
3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi di specializzazione con i quali:
a)
le parti assumono obblighi di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva; o
b)
le parti convengono di non vendere in modo indipendente i prodotti fabbricati nel contesto dell’accordo di specializzazione, ma di effettuarne la distribuzione in comune.
Articolo 3
Quota massima di mercato
L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 % su alcun mercato rilevante.
Articolo 4
Restrizioni fondamentali
L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi di specializzazione che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno segue per oggetto quanto segue:
a)
la fissazione dei prezzi in caso di vendita di prodotti a terzi, ad eccezione della fissazione dei prezzi praticati nei confronti di clienti diretti nell'ambito della distribuzione comune;
b)
la limitazione della produzione o delle vendite, ad eccezione:
i)
delle disposizioni relative alle quantità di prodotti concordate nel contesto di accordi di specializzazione unilaterale o reciproca o relative alla fissazione della capacità e del volume di produzione nell'ambito di accordi di produzione comune; e
ii)
della fissazione di obiettivi di vendita nell'ambito della distribuzione comune;
c)
la ripartizione di mercati o clienti.
Articolo 5
Applicazione della quota massima di mercato
Ai fini dell’applicazione della quota massima di mercato di cui all’articolo 3, si applicano le norme seguenti:
a)
la quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato;
b)
la quota di mercato è calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente;
c)
la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), è ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che possiedono i diritti o poteri elencati alla lettera a) dello stesso secondo comma;
d)
se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 3 non è superiore al 20 %, ma successivamente supera tale limite senza tuttavia eccedere il 25 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui il limite del 20 % è stato superato per la prima volta;
e)
se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 3 non è superiore al 20 %, ma successivamente supera il 25 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi per tutto l’anno civile successivo all’anno in cui il limite del 25 % è stato superato per la prima volta;
f)
i benefici di cui alle lettere d) ed e) non possono essere cumulati in modo tale che il risultante periodo superi i due anni civili.
Articolo 6
Periodo transitorio
Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica durante il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2012 agli accordi già in vigore al 31 dicembre 2010 che non rispondono alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento ma soddisfano quelle di cui al regolamento (CE) n. 2658/2000.
Articolo 7
Periodo di vigenza
Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 2011.
Esso scade il 31 dicembre 2022.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 14 dicembre 2010.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46.
(*1) A decorrere dal 1o dicembre 2009, l'articolo 81 del trattato CE è diventato l' articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). Tali due articoli sono sostanzialmente identici. Ai fini del presente regolamento, i riferimenti all’articolo 101 del TFUE si intendono fatti, se del caso, all’articolo 81 del trattato CE. Il TFUE ha inoltre introdotto talune modifiche terminologiche, come la sostituzione di «Comunità» con «Unione» e «mercato comune» con «mercato interno». Nel presente regolamento sarà usata costantemente la terminologia del TFUE.
(2) GU L 304 del 5.12.2000, pag. 3.
(3) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. | Esenzione per accordi di specializzazione
Il presente regolamento prevede un’esenzione per categoria e, attraverso tale esenzione, si propone di garantire una protezione efficace della concorrenza e offrire la necessaria certezza del diritto per le parti che contraggono accordi di specializzazione.
ATTO
Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione.
SINTESI
L’articolo 101, paragrafo 1 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) non è applicabile agli accordi di specializzazione * (compresi gli accordi di produzione comune), purché l’accordo non preveda restrizioni fondamentali della concorrenza e la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 %. L’esenzione prevista dal regolamento (CEE) n.
2821/71 si estende anche agli accordi di specializzazione che contengono disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale di tali accordi, ma siano invece direttamente collegate e necessarie all’esecuzione degli stessi. Inoltre, il presente regolamento prevede un’esenzione laddove le parti assumano obblighi di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva dei prodotti che fabbricano nel contesto dell’accordo di specializzazione o di produzione comune.
La quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato detenuta dalle parti può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili. Se, dopo un certo periodo, la quota di mercato supera la soglia del 20 % senza tuttavia eccedere il 25 %, l’esenzione continua ad applicarsi per due anni. Tuttavia, se la quota di mercato supera il 25 %, l’esenzione si applica per tutto l’anno successivo.
Restrizioni fondamentali
L’esenzione non si applica agli accordi di specializzazione che, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto:
la fissazione dei prezzi;
la limitazione della produzione o delle vendite;
la ripartizione di mercati o clienti.
Termini chiave dell'atto
Accordo di specializzazione:
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore - Data di scadenza
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (UE) n. 1218/2010
1.1.2011 – 31.12.2022
-
GU L 335, 18.12.2010 | 7,029 | 253 |
32003R0450 | false | Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all'indice del costo del lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 069 del 13/03/2003 pag. 0001 - 0005
Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 febbraio 2003relativo all'indice del costo del lavoro(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Una serie di statistiche, di cui gli indici del costo del lavoro costituiscono un elemento essenziale, è importante per comprendere il processo inflazionistico e la dinamica del mercato del lavoro.(2) La Comunità e, in particolare, le autorità economiche e monetarie e le autorità responsabili dell'occupazione, devono disporre di indici del costo del lavoro regolari e tempestivi per seguire l'evoluzione del costo stesso.(3) Il piano d'azione relativo alle esigenze statistiche dell'Unione economica e monetaria, elaborato dalla Commissione europea (Eurostat) in stretta collaborazione con la Banca centrale europea, indica come prioritaria l'istituzione di una base giuridica per le statistiche congiunturali del costo del lavoro.(4) I vantaggi di una raccolta a livello comunitario di dati completi su tutti i segmenti dell'economia dovrebbero essere valutati in base alle possibilità di trasmetterli e agli oneri inerenti alla risposta per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).(5) Il regolamento è conforme al principio di sussidiarietà stabilito dall'articolo 5 del trattato. L'elaborazione di norme statistiche comuni per gli indici del costo del lavoro è possibile unicamente in base a un atto giuridico comunitario, in quanto solo la Commissione può coordinare la necessaria armonizzazione delle informazioni statistiche a livello comunitario, mentre la raccolta dei dati e l'elaborazione di indici del costo del lavoro comparabili possono essere organizzate dagli Stati membri.(6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(5), fornisce il quadro generale per l'elaborazione degli indici del costo del lavoro nell'ambito del presente regolamento.(7) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(8) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7) è stato consultato a norma dell'articolo 3 di detta decisione,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione di un quadro comune per l'elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro nella Comunità. Gli Stati membri elaborano indici del costo del lavoro per le attività economiche di cui all'articolo 4.Articolo 2Definizioni1. L'indice del costo del lavoro (ICL) è l'indice Laspeyres del costo del lavoro per ora lavorata; si tratta di un indice concatenato annualmente e basato su una struttura fissa dell'attività economica corrispondente al livello della sezione della NACE REV. 1, vale a dire la classificazione stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee(8). Ulteriori disaggregazioni delle sezioni NACE REV. 1, da includere nella struttura fissa, sono definite a norma dell'articolo 4, paragrafo 1. La formula da utilizzare per il calcolo dell'ICL figura nell'allegato del presente regolamento.2. Il costo del lavoro rappresenta il complesso delle spese trimestrali sostenute dal datore di lavoro per l'impiego della manodopera. Le voci del costo del lavoro e il personale totale impiegato sono definiti in base all'allegato II, sezioni A e D (voci D.1, D.4 e D.5 e loro suddivisioni, escluse le voci D.2 e D.3) del regolamento (CE) n. 1726/1999 della Commissione, del 27 luglio 1999, recante applicazione del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sul costo del lavoro(9).3. Le ore lavorate sono definite in base al regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(10), allegato A, capitolo 11, punti 11.26.-11.31.4. Le specifiche tecniche dell'indice, compresa la revisione del sistema di ponderazione, possono essere ridefinite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 3Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica a tutte le attività definite nelle sezioni C-O della NACE REV. 1.2. L'inclusione delle attività economiche definite nelle sezioni L, M, N ed O della NACE REV. 1 nel campo d'applicazione del presente regolamento è stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.3. L'ICL rappresenta tutte le unità statistiche definite nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità(11).Articolo 4Disaggregazione delle variabili1. I dati vengono disaggregati per attività economiche di cui alle sezioni della NACE REV. 1 e mediante ulteriori disaggregazioni non oltre il livello delle divisioni NACE REV. 1 (livello a due cifre) o raggruppamenti di divisioni, tenendo conto dei contributi all'occupazione complessiva ed ai costi del lavoro a livelli nazionali e di Comunità, quali definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Gli indici del costo del lavoro sono forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso:a) costo totale del lavoro;b) retribuzioni lorde, definite sulla base della voce D.11 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999;c) contributi sociali a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti, definiti come la somma delle voci D.12 e D.4, meno la voce D.5, di cui all'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999.2. Viene fornito un indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche secondo la definizione che figura alla voce D.1111 2 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999, disaggregato per attività economiche, definite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, e basato sulla classificazione NACE REV. 1, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.Articolo 5Frequenza e dati retrospettivi1. I dati per l'ICL vengono calcolati per la prima volta per il primo trimestre del 2003 e, successivamente, di trimestre in trimestre (con scadenza il 31 marzo, il 30 giugno, il 30 settembre e il 31 dicembre di ogni anno).2. I dati retrospettivi per il periodo compreso tra il primo trimestre del 1996 e il quarto trimestre del 2002 vengono messi a disposizione dagli Stati membri. Tali dati sono forniti per ciascuna delle sezioni C-K della NACE REV. 1, nonché per le componenti del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1.Articolo 6Trasmissione dei risultati1. I dati di cui all'articolo 4 sono comunicati sotto forma di indice. Le ponderazioni utilizzate per il calcolo dell'indice, ai sensi dell'allegato del presente regolamento, sono allo stesso tempo messe a disposizione per la pubblicazione.Il formato tecnico appropriato da utilizzare per la trasmissione dei risultati di cui all'articolo 4 e le procedure di adeguamento da applicare ai dati sono definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. Entro 70 giorni dalla fine del periodo di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati con la disaggregazione di cui all'articolo 4, nonché i metadati, definiti come le spiegazioni necessarie per interpretare le variazioni dei dati derivanti da cambiamenti metodologici o tecnici o dovute a mutamenti del mercato del lavoro.3. I dati retrospettivi di cui all'articolo 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) contemporaneamente agli ICL del primo trimestre del 2003.Articolo 7FontiGli Stati membri possono elaborare le stime necessarie combinando le fonti che seguono conformemente al principio della semplificazione amministrativa:a) indagini per le quali le unità statistiche definite dal regolamento (CEE) n. 696/93 devono fornire informazioni tempestive, precise e complete;b) altre fonti adeguate, compresi i dati amministrativi, se idonei in termini di tempestività e pertinenza;c) procedure di stima statistica adeguate.Articolo 8Qualità1. I dati attuali e retrospettivi trasmessi soddisfano criteri di qualità distinti che devono essere definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. A partire dal 2003 gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali sulla qualità, il cui contenuto è definito secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 9Periodi di transizione e deroghe1. Per l'attuazione del presente regolamento possono essere concessi, secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, periodi di transizione non superiori a due anni a decorrere dalla sua data di entrata in vigore.2. Durante i periodi di transizione la Commissione può accettare deroghe alle disposizioni del presente regolamento nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedono consistenti adeguamenti dei sistemi statistici nazionali.Articolo 10Studi di fattibilità1. Secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, la Commissione determina una serie di studi di fattibilità che devono essere realizzati dagli Stati membri, in particolare da quelli che non sono in grado di fornire i dati per le sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3, paragrafo 2) o l'indice disaggregato delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche (articolo 4, paragrafo 2).2. Tali studi sono svolti tenendo conto dei vantaggi prodotti dalla raccolta dei dati rispetto alle spese derivanti da tale raccolta e ai relativi oneri per le imprese, al fine di valutare:a) come possono essere ottenuti per le sezioni L, M, N ed O della NACE gli indici trimestrali del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1; eb) come può essere ottenuto l'indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche di cui all'articolo 4, paragrafo 2.3. Entro il 31 dicembre 2004 gli Stati membri che realizzano gli studi di fattibilità presentano alla Commissione una relazione provvisoria sui loro risultati. Entro il 31 dicembre 2005 tali Stati membri presentano alla Commissione una relazione definitiva sugli studi di fattibilità.4. Gli studi di fattibilità di cui al paragrafo 2, lettera a), tengono conto dei risultati degli studi pilota di cui agli allegati del regolamento (CE, Euratom) n. 58/97 del Consiglio, del 20 dicembre 1996, relativo alle statistiche strutturali sulle imprese(12).5. Le misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici di cui all'articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, compresa la riduzione al minimo dell'onere dei dichiaranti.6. L'applicazione delle misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rende possibile la trasmissione di dati per il primo trimestre del 2007, a condizione che i risultati dello studio di fattibilità consentano la produzione di dati di qualità sufficiente nel rispetto del rapporto costi/benefici.Articolo 11Misure di attuazioneLe misure di attuazione del presente regolamento, incluse quelle per tener conto dei mutamenti tecnici ed economici, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Esse riguardano in particolare:a) la definizione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, delle disaggregazioni da includere nella struttura fissa;b) le specifiche tecniche dell'indice (articolo 2);c) l'inclusione delle sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3);d) la disaggregazione per attività economica degli indici (articolo 4);e) il formato per la trasmissione dei risultati e le procedure di adeguamento da applicare (articolo 6);f) i criteri distinti di qualità per i dati attuali e retrospettivi trasmessi e i contenuti delle relazioni sulla qualità (articolo 8);g) il periodo di transizione (articolo 9);h) la determinazione degli studi di fattibilità e le decisioni derivanti dai loro risultati (articolo 10); ei) la metodologia per il concatenamento dell'indice (allegato).Articolo 12Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13RelazioniOgni due anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. Tale relazione valuta in particolare la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi.La prima relazione viene presentata entro il 31 dicembre dell'anno successivo all'entrata in vigore del presente regolamento e si riferisce unicamente alle azioni poste in atto dagli Stati membri al fine di predisporre l'applicazione del presente regolamento.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 27 febbraio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 184.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 107.(3) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 5.(4) Parere del Parlamento europeo del 28 febbraio 2002 (GU C 293 E del 28.11.2002, pag. 20), posizione comune del Consiglio del 23 settembre 2002 (GU C 269 E del 5.11.2002, pag. 10) e decisione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 29/2002 della Commissione (GU L 6 del 10.1.2002, pag. 3).(9) GU L 203 del 3.8.1999, pag. 28.(10) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(11) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.(12) GU L 14 del 17.1.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2056/2002 (GU L 317 del 21.11.2002, pag. 1).ALLEGATOFormula da utilizzare per il calcolo dell'ICL:1) Definizioni:wit= costo della manodopera per ora lavorata dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo thit= ore lavorate dai dipendenti nell'attività economica i nel periodo tWij= wij * hij = costo della manodopera dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo annuale j2) La formula Laspeyres di base da utilizzare per il calcolo dell'ICL per il periodo t con periodo annuo di base j è definita come segue:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>3) La metodologia per il concatenamento dell'indice sarà definita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.4) Il sistema di ponderazione utilizzato per il calcolo dell'indice e menzionato all'articolo 6, paragrafo 1, utilizza i valori seguenti:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>ove Wij i e j vengono definiti al punto 1 del presente allegato. Tali ponderazioni dovrebbero essere utilizzate per il calcolo dell'indice entro due anni dal periodo a cui si riferiscono. | Statistiche comunitarie comparabili del costo del lavoro
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il suo scopo è stabilire norme comuni per l’elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro* (ICL) nell’Unione europea (UE).
Gli ICL misurano il costo del lavoro quale fattore produttivo.
PUNTI CHIAVE
Copertura
Gli ICL riguardano tutte le imprese, indipendentemente dal numero di dipendenti, e tutte le attività economiche che rientrano nell’ambito della classificazione statistica delle attività economiche dell’Unione europea, la NACE*, salvo alcune eccezioni come l’agricoltura, la professione forestale, i nuclei familiari e le organizzazioni d’oltremare.
Il primo calcolo dei dati per l’ICL è stato fatto secondo la NACE REV. 2 (vale a dire l’ultima versione della classificazione NACE) per il primo trimestre del 2009. Successivamente, sono stati calcolati di trimestre in trimestre, ogni anno.
Fonti dei dati
Su base trimestrale, gli istituti di statistica dei paesi dell’UE raccolgono dati da vari campioni che analizzano e da registri amministrativi tenuti dalle imprese. Devono trasmettere questi dati alla Commissione europea (Eurostat) entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre.
Gli ICL devono essere forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso:
costo totale del lavoro;
retribuzioni lorde;
contributi sociali dei dipendenti a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti.
Garanzia della qualità
Eurostat controlla tutti i dati ICL trasmessi dai paesi dell’UE per garantirne la completezza e la coerenza.
Comitato
Il comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, assiste e fornisce consulenza alla Commissione, anche per quanto riguarda le bozze di legge.
Relazione
Ogni due anni, la Commissione trasmette una relazione sull’attuazione del regolamento al Parlamento europeo e al Consiglio. Questa relazione valuta la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi (ad esempio, i dati per il periodo che va dal primo trimestre del 2000 al quarto trimestre del 2008).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 2 aprile 2003.
CONTESTO
L’indice del costo del lavoro mostra lo sviluppo a breve termine del costo del lavoro e i costi totali su base oraria della manodopera per l’intera economia o per vari sottosettori.
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Costo del lavoro» sul sito Internet di Eurostat.
* TERMINI CHIAVE
Costo del lavoro: il costo principale a carico dei datori di lavoro per impiegare il personale. Comprende le retribuzioni lorde, i contributi previdenziali dei dipendenti e le imposte sull’occupazione. Non comprende i costi della formazione professionale o le spese di assunzione.
NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (la classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea). Sono state elaborate più versioni dal 1970.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 69 del 13.03.2003, pag. 1-5)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 450/2003 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (ICL), COM(2015) 42 final del 3.2.2015.
Regolamento (CE) n. 1216/2003, del 7 luglio 2003, recante applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 169 dell’8.7.2003, pag. 37-43).
Si veda la versione consolidata. | 6,745 | 637 |
32006D0688 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 5 ottobre 2006
che istituisce un meccanismo d'informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell'asilo e dell'immigrazione
(2006/688/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 66,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, noto come programma dell’Aia, per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sollecita l’avvio della seconda fase di sviluppo di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere, che è iniziata il 1o maggio 2004 e si fonda, tra l'altro, su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni.
(2)
Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, lo sviluppo di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione ha determinato un’interdipendenza maggiore fra le politiche degli Stati membri in questi settori, rendendo essenziale un maggiore coordinamento delle politiche nazionali ai fini del rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
(3)
Nelle conclusioni del 14 aprile 2005, il Consiglio «Giustizia e affari interni» ha chiesto l'istituzione di un sistema d'informazione reciproca tra i responsabili delle politiche di migrazione e di asilo degli Stati membri, fondato sulla necessità di comunicare informazioni relative alle misure che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale e atto a consentire uno scambio di opinioni tra Stati membri e Commissione su richiesta di uno degli Stati membri o della Commissione.
(4)
Il meccanismo d'informazione dovrebbe basarsi sulla solidarietà, la trasparenza e la fiducia reciproca e offrire un canale flessibile, rapido e snello per lo scambio d'informazioni e di opinioni, a livello di Unione europea, sulle misure nazionali in materia di asilo e di immigrazione.
(5)
Ai fini dell'applicazione della presente decisione, fra le misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale si annoverano intenzioni politiche, programmazioni a lungo termine, normativa adottata e in fase di progetto, decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno e decisioni amministrative che si ripercuotono su un numero consistente di persone.
(6)
Le informazioni dovrebbero essere comunicate al più tardi quando le misure in questione diventano di dominio pubblico; tuttavia, s'incoraggiano gli Stati membri a trasmetterle il prima possibile.
(7)
Per motivi di efficienza e accessibilità, è opportuno che una rete basata sul web costituisca un elemento essenziale del meccanismo d’informazione sulle misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione.
(8)
La possibilità di scambiare opinioni sulle misure nazionali dovrebbe venire a integrare lo scambio d'informazioni attraverso una rete basata sul web.
(9)
Il meccanismo d'informazione istituito dalla presente decisione non dovrebbe pregiudicare il diritto degli Stati membri di chiedere in qualsiasi momento, a norma del regolamento interno del Consiglio, che si tenga nell'ambito del Consiglio una discussione ad hoc su misure nazionali.
(10)
Poiché gli obiettivi della presente decisione, ossia lo scambio d'informazioni sicuro e la consultazione fra gli Stati membri, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa degli effetti della presente decisione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(11)
Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione.
(12)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. La presente decisione istituisce un meccanismo di scambio reciproco di informazioni sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale.
2. Il meccanismo di cui al paragrafo 1 consente di preparare scambi di opinioni e dibattiti su dette misure.
Articolo 2
Informazioni da comunicare
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri informazioni sulle misure che intendono adottare, o hanno recentemente adottato, nei settori dell’asilo e dell’immigrazione, laddove dette misure siano di dominio pubblico e possano avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale.
Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico. Ai fini del presente paragrafo valgono gli obblighi in materia di riservatezza e di protezione dei dati eventualmente applicabili ad una data misura.
Ciascuno Stato membro ha la responsabilità di valutare se le proprie misure nazionali possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale.
2. Le informazioni a norma del paragrafo 1 sono comunicate attraverso la rete di cui all'articolo 3 mediante il modulo di segnalazione allegato alla presente decisione.
3. La Commissione o uno Stato membro possono chiedere ulteriori precisazioni riguardo alle informazioni che un altro Stato membro ha comunicato attraverso la rete. In tal caso, lo Stato membro in questione dispone di un mese per fornire ulteriori precisazioni.
Non possono essere chieste ulteriori precisazioni a norma del presente paragrafo riguardo alle informazioni relative a decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno.
4. Gli Stati membri possono avvalersi della possibilità di fornire ulteriori precisazioni, di cui al paragrafo 3, anche per comunicare, di propria iniziativa oppure su richiesta della Commissione o di un altro Stato membro, informazioni su misure che esulano dall'obbligo di cui al paragrafo 1.
Articolo 3
La rete
1. La rete per lo scambio di informazioni a norma della presente decisione è basata sul web.
2. La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete, compresi la struttura, i contenuti e l'accesso ad essa. Misure adeguate garantiscono la riservatezza di tutte le informazioni reperibili sulla rete o di parte di esse.
3. Per l'effettiva messa in opera della rete, la Commissione si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri.
4. Una funzionalità specifica della rete consentirà alla Commissione e agli Stati membri di chiedere ad uno o più Stati membri sia ulteriori precisazioni sulle misure comunicate, in conformità dell'articolo 2, paragrafo 3, sia altre informazioni, in conformità dell'articolo 2 paragrafo 4.
5. Gli Stati membri designano i referenti nazionali con accesso alla rete e ne informano la Commissione.
6. Laddove necessario per lo sviluppo della rete, la Commissione può concludere accordi con istituzioni della Comunità europea e con enti di diritto pubblico costituiti in virtù dei trattati che istituiscono le Comunità europee o costituiti nell'ambito dell'Unione europea.
La Commissione informa il Consiglio ogniqualvolta sia presentata una siffatta richiesta di accesso e ogniqualvolta sia autorizzato l'accesso dell'istituzione e/o ente in questione.
Articolo 4
Scambio di opinioni, relazione generale e discussioni a livello ministeriale
1. La Commissione elabora ogni anno una relazione generale per ricapitolare le principali informazioni comunicate dagli Stati membri. Al fine di predisporre tale relazione individuando gli elementi d'interesse comune, gli Stati membri si associano alla Commissione nel lavoro preparatorio, che può comprendere riunioni tecniche nell'arco del periodo coperto dalla relazione, durante le quali gli esperti degli Stati membri possono procedere ad uno scambio di opinioni sulle informazioni comunicate a norma dell'articolo 2.
La relazione generale è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.
2. Fatta salva la possibilità di tenere consultazioni ad hoc nell'ambito del Consiglio, la relazione generale della Commissione costituisce la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e immigrazione.
Articolo 5
Valutazione e riesame
La Commissione valuta il funzionamento del meccanismo due anni dopo l’entrata in vigore della presente decisione e a intervalli regolari in seguito. La Commissione propone, se del caso, modifiche della presente decisione.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 7
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 5 ottobre 2006.
Per il Consiglio
Il presidente
K. RAJAMÄKI
(1) Parere emesso il 3 maggio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
ALLEGATO | Meccanismo d’informazione reciproca sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione punta a intensificare lo scambio di informazioni tra gli Stati dell’UE sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione.
Essa istituisce una procedura d’informazione formale tra i paesi dell’UE e la Commissione europea, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento delle politiche di immigrazione e di asilo tra i paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Scambio e trasmissione delle informazioni
Il meccanismo d’informazione reciproca consente lo scambio di informazioni tra la Commissione e i paesi dell’UE sulle leggi nazionali in materia di asilo e di immigrazione.
I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere le misure che intendono adottare o che hanno recentemente adottato:attraverso una rete basata sul web; e mediante il modulo di segnalazione allegato alla decisione. Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico
I paesi dell’Unione europea sono tenuti a comunicare alla Commissione e agli altri paesi dell’UE soltanto le misure che potrebbero avere un impatto significativo:in altri paesi dell’UE; a livello dell’UE in generale. Sviluppo e gestione della rete
La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete. Per la messa in opera della rete, essa si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri (nota come CIRCA). La rete consente alla Commissione e agli Stati membri di chiedere a uno o più Stati membri ulteriori precisazioni sulle misure comunicate.
Le misure specifiche nazionali notificate in questo modo possono dare luogo ad uno scambio di opinioni tra esperti dei paesi dell’UE e la Commissione.
Oltre a queste discussioni tecniche, la Commissione elabora ogni anno una relazione per ricapitolare le principali informazioni comunicate dai paesi dell’UE. La relazione sarà presentata al Parlamento europeo e al Consiglio e costituirà la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e di immigrazione.
Valutazione
Nel 2009 la Commissione ha pubblicato una relazione di valutazione del funzionamento del meccanismo d’informazione reciproca. Tra aprile 2007 e il 30 settembre 2009, solo 16 paesi dell’UE hanno trasmesso informazioni tramite il meccanismo d’informazione reciproca solo su 45 misure. Non sono state effettuate comunicazioni relative a decisioni definitive degli organi giurisdizionali di ultimo grado.
Il formato in cui sono state redatte le comunicazioni era raramente omogeneo e il modulo di segnalazione allegato alla decisione non veniva sempre utilizzato.
A volte venivano forniti solo il titolo inglese e il testo nella lingua originale, con conseguenti problemi di comprensione. Erano presenti inoltre differenze nel contenuto dei moduli di segnalazione presentati: alcuni erano relativamente completi, mentre altri fornivano solo una descrizione sommaria senza fornire un’indicazione della natura della misura.
La relazione concludeva che il meccanismo di informazione reciproca non aveva raggiunto i suoi obiettivi poiché la quantità di informazioni presentate era formale. Tuttavia, poiché era stato operativo solo per un breve periodo, la Commissione ha ritenuto prematuro proporre emendamenti alla decisione.
Il meccanismo di informazione reciproca per le misure nazionali in materia di asilo e immigrazione non è stato attivato né dalla Commissione né dai paesi dell’UE, nemmeno durante i due anni di intenso afflusso di migranti in Europa, nel 2015 e nel 2016. Invece, i paesi dell’UE (le presidenze dell’Unione europea) sembravano preferire utilizzare il meccanismo di informazione sulle crisi dell’Unione europea per scambiare dati sui flussi migratori. La richiesta di informazioni è stata poi gradualmente rilevata dalle agenzie competenti dell’Unione europea, EASO e FRONTEX, che oggi forniscono la maggior parte dei dati sulla migrazione necessari per gestire il flusso migratorio attuale. Ulteriori informazioni su importanti sviluppi nel campo della migrazione nei paesi dell’UE sono regolarmente aggiornate attraverso i bollettini della rete europea sulla migrazione che vengono regolarmente prodotti ogni trimestre.
Malgrado ciò, non si può escludere che il meccanismo di informazione reciproca possa rivelarsi utile nei futuri scambi di informazioni sulla migrazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea e quindi la sua esistenza è ancora giustificabile.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È stata applicata a partire dal 3 novembre 2006.
CONTESTO
Le misure nazionali nei settori dell’immigrazione e dell’asilo potrebbero avere un impatto su altri paesi dell’UE. Ciò è dovuto:alla mancanza di controlli di frontiera nell’area Schengen; alle strette relazioni economiche e sociali tra i paesi dell’UE; e allo sviluppo di politiche comuni in materia di visti, immigrazione e asilo. Per maggiori informazioni, consultare:Rete europea delle migrazioni a livello nazionale (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2006/688/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (GU L 283 del 14.10.2006, pag. 40).
DOCUMENTO CORRELATO
Relazione della Commissione ai sensi degli articoli 4 e 5 della decisione del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (COM/2009/0687 def. del 17.12.2009). | 4,690 | 771 |
31995R2988 | false | Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità
Gazzetta ufficiale n. L 312 del 23/12/1995 pag. 0001 - 0004
REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 2988/95 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 1995 relativo alla tutela degli interessi finanziari delle ComunitàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando che all'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, finanziato con risorse proprie, provvede la Commissione nei limiti degli stanziamenti concessi e in conformità dei principi di una buona gestione finanziaria; che, per assolvere tale compito, la Commissione coopera strettamente con gli Stati membri; considerando che oltre la metà delle spese della Comunità è versata ai destinatari tramite gli Stati membri; considerando che le modalità di tale gestione decentrata e di sistemi di controllo sono regolate da disposizioni dettagliate diverse a seconda delle politiche comunitarie in questione; che occorre tuttavia combattere in tutti i settori contro le lesioni agli interessi finanziari delle Comunità; considerando che l'efficacia di tale lotta contro gli atti lesivi degli interessi finanziari delle Comunità richiede la predisposizione di un contesto giuridico comune a tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie; considerando che le condotte che danno luogo a irregolarità nonché le misure e sanzioni amministrative relative sono previste in normative settoriali conformi al presente regolamento; considerando che le condotte di cui sopra comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee; considerando che le sanzioni amministrative comunitarie debbono assicurare un'adeguata tutela di tali interessi; che occorre stabilire regole generali da applicarsi a tali sanzioni; considerando che il diritto comunitario prevede sanzioni amministrative comunitarie nel quadro della politica agricola comune; che tali sanzioni dovranno anche essere previste in altri campi; considerando che le misure e sanzioni comunitarie adottate nel quadro della realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune costituiscono parte integrante dei regimi di aiuto; che esse hanno una finalità propria la quale lascia impregiudicata, sul piano del diritto penale, la valutazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri della condotta degli operatori economici interessati; che la loro efficacia deve essere garantita dall'applicazione immediata della norma comunitaria nonché dalla piena applicazione di tutte le misure comunitarie, giacché l'adozione di misure conservative non abbia consentito di conseguire tale obiettivo; considerando che, in virtù dell'esigenza generale di equità e del principio di proporzionalità, nonché alla luce del principio « ne bis in idem » occorre prevedere, nel rispetto dell'« acquis » comunitario e delle disposizioni previste dalle normative comunitarie specifiche esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, adeguate disposizioni per evitare il cumulo delle sanzioni pecuniarie comunitarie e delle sanzioni penali nazionali irrogate per gli stessi fatti alla stessa persona; considerando che, ai fini dell'applicazione del presente regolamento, un procedimento penale può essere considerato concluso qualora l'autorità nazionale competente e l'interessato abbiano concluso una transazione; considerando che il presente regolamento si applica lasciando impregiudicata l'applicazione del diritto penale degli Stati membri; considerando che il diritto comunitario obbliga la Commissione e gli Stati membri di vigilare acché le risorse di bilancio delle Comunità siano utilizzate ai fini previsti; che è opportuno prevedere regole comuni che si applichino in via complementare rispetto alla normativa vigente; considerando che i trattati non prevedono poteri specifici necessari ai fini dell'adozione di disposizioni materiali di portata orizzontale relative ai controlli, alle misure e alle sanzioni al fine di assicurare la tutela degli interessi finanziari delle Comunità; che pertanto occorre far ricorso all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA; considerando che le disposizioni generali aggiuntive relative ai controlli e alle verifiche in loco saranno adottate successivamente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: TITOLO I Principi generali Articolo 1 1. Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è adottata una normativa generale relativa a dei controlli omogenei e a delle misure e sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario. 2. Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. Articolo 2 1. I controlli e le misure e sanzioni amministrative sono istituiti solo qualora risultino necessari per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Essi devono avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un'adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. 2. Nessuna sanzione amministrativa può essere irrogata se non è stata prevista da un atto comunitario precedente all'irregolarità. In caso di successiva modifica delle disposizioni relative a sanzioni amministrative contenute in una normativa comunitaria si applicano retroattivamente le disposizioni meno rigorose. 3. Le disposizioni del diritto comunitario determinano la natura e la portata delle misure e sanzioni amministrative necessarie alla corretta applicazione della normativa considerata, in funzione della natura e della gravità dell'irregolarità, del beneficio concesso o del vantaggio ricevuto e del grado di responsabilità. 4. Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, le procedure relative all'applicazione dei controlli, delle misure e sanzioni comunitari sono disciplinate dal diritto degli Stati membri. Articolo 3 1. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall'esecuzione dell'irregolarità di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore e comunque non inferiore a tre anni. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l'irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. La prescrizione delle azioni giudiziarie è interrotta per effetto di qualsiasi atto dell'autorità competente, portato a conoscenza della persona interessata, che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l'irregolarità. Il termine di prescrizione decorre nuovamente dal momento di ciascuna interruzione. Tuttavia, la prescrizione è acquisita al più tardi il giorno in cui sia giunto a scadenza un termine pari al doppio del termine di prescrizione senza che l'autorità competente abbia irrogato una sanzione, fatti salvi i casi in cui la procedura amministrativa sia stata sospesa a norma dell'articolo 6, paragrafo 1. 2. Il termine di esecuzione della decisione che irroga sanzioni amministrative è di tre anni. Esso decorre dal giorno in cui la decisione diventa definitiva. I casi di interruzione e di sospensione sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni di diritto nazionale. 3. Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1 e al paragrafo 2. TITOLO II Misure e sanzioni amministrative Articolo 4 1. Ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto: - mediante l'obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti; - mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. 2. L'applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 è limitata alla revoca del vantaggio indebitamente ottenuto aumentato, se ciò è previsto, di interessi che possono essere stabiliti in maniera forfettaria. 3. Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso. 4. Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni. Articolo 5 1. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare le seguenti sanzioni amministrative: a) il pagamento di una sanzione amministrativa; b) il versamento di un importo superiore alle somme indebitamente percette o eluse aumentato, se del caso, di interessi; tale importo complementare, determinato in base a una percentuale da stabilire nelle pertinenti normative, non può superare il livello assolutamente necessario a conferirgli carattere dissuasivo; c) la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso dalla normativa comunitaria anche se l'operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; d) l'esclusione o la revoca dell'attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell'irregolarità; e) la revoca temporanea di un'autorizzazione o di un riconoscimento necessari per poter beneficiare di un regime di aiuti comunitari; f) la perdita di una garanzia o cauzione costituita ai fini dell'osservanza delle condizioni previste da una normativa o la ricostituzione dell'importo di una garanzia indebitamente liberata; g) altre sanzioni, di carattere esclusivamente economico, aventi natura e portata equivalenti, contemplate dalle normative settoriali adottate dal Consiglio in funzione delle necessità proprie del settore di cui trattasi e nel rispetto delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione del Consiglio. 2. Fatte salve le disposizioni delle normative settoriali vigenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, le altre irregolarità possono unicamente dar luogo alle sanzioni non assimilabili ad una sanzione penale previste al paragrafo 1, purché tali sanzioni siano indispensabili per la corretta applicazione della normativa. Articolo 6 1. Fatte salve le misure e sanzioni amministrative comunitarie adottate sulla base dei regolamenti settoriali esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento, l'imposizione delle sanzioni pecuniarie, quali le sanzioni amministrative, può essere sospesa con decisione dell'autorità competente qualora sia stato avviato, per gli stessi fatti, un procedimento penale contro la persona interessata. La sospensione del procedimento amministrativo sospende il termine di prescrizione di cui all'articolo 3. 2. Se il procedimento penale non è proseguito, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso. 3. Allorché il procedimento penale è concluso, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso purché ciò non sia contrario ai principi generali del diritto. 4. Allorché il procedimento amministrativo è ripreso, l'autorità amministrativa provvede affinché sia irrogata una sanzione almeno equivalente a quella prevista dalla normativa comunitaria, potendo tener conto di qualsiasi sanzione irrogata dall'autorità penale per gli stessi fatti alla stessa persona. 5. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 4 non si applicano alle sanzioni pecuniarie che costituiscono parte integrante dei regimi di sostegno finanziario e possono essere applicate indipendentemente ad eventuali sanzioni penali se, e nella misura in cui, non sono assimilabili a tali sanzioni. Articolo 7 Le misure e sanzioni amministrative comunitarie possono applicarsi agli operatori economici di cui all'articolo 1, ossia alle persone fisiche o giuridiche, nonché agli altri organismi cui il diritto nazionale riconosce capacità giuridica, che abbiano commesso l'irregolarità. Possono parimenti applicarsi alle persone che hanno partecipato all'esecuzione dell'irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa. TITOLO III Controlli Articolo 8 1. Gli Stati membri adottano, secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, le misure necessarie per assicurare la regolarità e l'effettività delle operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari delle Comunità. 2. Le misure di controllo sono adeguate alle specificità di ciascun settore e sono proporzionate agli obiettivi perseguiti. Esse tengono conto delle prassi e delle strutture amministrative esistenti negli Stati membri e sono stabilite in modo tale da non dar luogo a vincoli economici e a costi amministrativi eccessivi. La natura e la frequenza dei controlli e delle verifiche in loco che gli Stati membri debbono eseguire, nonché le relative modalità della loro esecuzione sono stabilite, se del caso, dalle normative settoriali, al fine di garantire l'applicazione uniforme ed efficace delle normative in questione e, in particolare, di prevenire ed individuare le irregolarità. 3. Le normative settoriali contengono le disposizioni necessarie per assicurare un controllo equivalente mediante il ravvicinamento delle procedure e dei metodi di controllo. Articolo 9 1. Fatti salvi i controlli eseguiti dagli Stati membri secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e fatti salvi i controlli eseguiti dalle istituzioni comunitarie secondo le disposizioni del trattato CE, in particolare l'articolo 188 C, la Commissione fa eseguire, sotto la propria responsabilità, la verifica: a) della conformità delle pratiche amministrative con le norme comunitarie; b) dell'esistenza dei documenti giustificativi necessari e della loro concordanza con le entrate e le spese delle Comunità di cui all'articolo 1; c) delle condizioni in cui sono eseguite e verificate tali operazioni finanziarie. 2. Inoltre, essa può effettuare controlli e verifiche sul posto alle condizioni previste dalle normative settoriali. Prima di effettuare i controlli e le verifiche, secondo la normativa in vigore, la Commissione ne informa lo Stato membro interessato in modo da ottenere tutta l'assistenza necessaria. Articolo 10 Saranno successivamente adottate disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco secondo le procedure di cui all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES | Lotta contro la frode: controlli nei paesi dellUnione europea
I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*.
ATTO
Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee
SINTESI
I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*.
CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
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Mira a combattere le frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione europea (il bilancio dell’UE - denaro dei contribuenti).
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Stabilisce un insieme comune di norme giuridiche per tutti i settori contemplati dalle politiche dell’UE.
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In particolare, prevede controlli, misure e sanzioni amministrative nel caso in cui le regole di finanziamento UE non siano rispettate.
PUNTI CHIAVE
Più della metà della spesa dell’UE è corrisposta ai beneficiari attraverso i governi e le agenzie dei paesi dell’UE. Sia questo sistema di gestione decentrata che il monitoraggio dell’utilizzo della spesa sono regolati da norme dettagliate che variano a seconda del settore interessato.
I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per garantire che le operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari dell’Unione europea siano corrette e regolari. Le misure in materia di controlli devono essere proporzionate agli obiettivi perseguiti in modo da non comportare eccessivi vincoli economici o costi amministrativi. Devono anche tener conto delle prassi e delle strutture amministrative presenti nei paesi dell’UE.
La Commissione europea è responsabile di verificare che:
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le pratiche amministrative siano conformi alle norme UE;
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siano presenti i documenti giustificativi necessari e che coincidano con le entrate e le spese dell’Unione europea;
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le operazioni finanziarie siano eseguite e verificate in circostanze appropriate.
Inoltre, ai sensi del regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96, la Commissione europea potrà effettuare controlli e verifiche sul posto.
Revoca del vantaggio indebitamente ottenuto
In generale, se viene rilevata un’irregolarità, il vantaggio indebitamente ottenuto deve essere rimborsato e una quota di accompagnamento di interessi potrebbe essere calcolata su base forfettaria. Il provvedimento di revoca del vantaggio può consistere:
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nell’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percepiti;
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nella perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo.
Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare sanzioni amministrative, come ad esempio:
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il pagamento di una sanzione amministrativa;
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il pagamento di una somma aggiuntiva; tuttavia, questo non deve superare un livello che è strettamente necessario a conferirgli un carattere dissuasivo;
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la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso, anche se l’operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; o l’esclusione o la revoca dell’attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell’irregolarità;
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altre sanzioni di carattere esclusivamente economico previste dal diritto comunitario.
Principi generali
I controlli amministrativi, le misure e le sanzioni devono essere
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efficaci,
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proporzionati,
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dissuasivi.
Devono tener conto della natura e della gravità dell’irregolarità, del beneficio concesso o ricevuto e del grado di responsabilità.
Una sanzione amministrativa può essere irrogata solo se, prima dell’irregolarità, un atto o una legge dell’UE l’ha specificatamente autorizzata.
Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l’irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma.
TERMINI CHIAVE
* Irregolarità : qualsiasi atto o omissione da parte di un destinatario del finanziamento UE, che si traduce in un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95
26.12.1995
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GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1-4
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2-5) | 6,223 | 101 |
32010D0416 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 13 luglio 2010
a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1o gennaio 2011
(2010/416/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (il «trattato»), in particolare l'articolo 140, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
vista la relazione della Commissione europea,
vista la relazione della Banca centrale europea,
visto il parere del Parlamento europeo,
visto il dibattito in seno al Consiglio europeo,
vista la raccomandazione presentata dai membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri la cui valuta è l'euro,
considerando quanto segue:
(1)
La terza fase dell'Unione economica e monetaria («UEM») è iniziata il 1o gennaio 1999. Con la decisione 1998/317/CE (1) il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha stabilito che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999.
(2)
Con la decisione 2000/427/CE (2) il Consiglio ha stabilito che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001. Con la decisione 2006/495/CE (3) il Consiglio ha stabilito che la Slovenia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2007. Con le decisioni 2007/503/CE (4) e 2007/504/CE (5) il Consiglio ha stabilito che Cipro e Malta, rispettivamente, soddisfacevano le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2008. Con la decisione 2008/608/CE (6) il Consiglio ha stabilito che la Slovacchia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2009.
(3)
A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intendeva passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Da allora tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca allegato al trattato che istituisce la Comunità europea e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato o di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intendeva partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto l'avvio della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 2, del trattato.
(4)
A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. Conformemente all'articolo 4 dell'atto di adesione del 2003, la Repubblica ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria e la Polonia beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. A norma dell'articolo 5 dell’atto di adesione del 2005, la Bulgaria e la Romania beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato.
(5)
La Banca centrale europea («BCE») è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con una risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (7). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM II) sono state stabilite nell'accordo del 16 marzo 2006 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro, che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (8).
(6)
La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne beneficiano è stabilita nell'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio in conformità della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 1, del trattato. Le più recenti relazioni periodiche sulla convergenza della Commissione e della BCE sono state adottate nel maggio 2010.
(7)
La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, se necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea («statuto del SEBC e della BCE»). Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione dell'Estonia con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del SEBC e della BCE.
(8)
A norma dell'articolo 1 del protocollo n. 13 sui criteri di convergenza («il protocollo»), il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (9). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica di 12 indici mensili rispetto alla media aritmetica dei 12 indici mensili precedenti. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali.
Nel periodo di un anno che è terminato a marzo 2010, il valore di riferimento dell’inflazione è stato calcolato all'1,0 %, con Portogallo, Estonia e Belgio che rappresentavano i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, con tassi di inflazione, rispettivamente, a – 0,8 %, – 0,7 % e – 0,1 %. Nelle attuali circostanze economiche caratterizzate da un forte shock negativo comune, in cui un numero significativo di paesi affrontano episodi di tassi di inflazione negativi, sembra giustificato escludere dall'elenco dei paesi che hanno conseguito i migliori risultati quelli il cui tasso medio d'inflazione differisce nettamente dalla media dell'area euro (0,3 % nel marzo 2010) — in linea con il precedente della relazione di convergenza del 2004 —, poiché tali paesi non possono essere ragionevolmente considerati quali paesi che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi e includendoli si influirebbe fortemente sul valore di riferimento e, conseguentemente, sull'equità del criterio. Per marzo 2010, tale ragionamento conduce all'esclusione dell'Irlanda, che è il solo paese il cui tasso d'inflazione medio su dodici mesi (a – 2,3 % nel marzo 2010) si differenziava nettamente rispetto a quello dell'area euro e degli altri Stati membri, soprattutto a causa del forte rallentamento economico.
(9)
A norma dell'articolo 2 del protocollo, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del trattato significa che al momento dell'esame lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 126, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo.
(10)
A norma dell'articolo 3 del protocollo, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per un periodo di almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell'euro. Dal 1o gennaio 1999 l'ERM II fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare nelle loro relazioni il rispetto di questo criterio, la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni conclusosi il 23 aprile 2010.
(11)
A norma dell'articolo 4 del protocollo, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha superato di oltre due punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati i tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a dieci anni emesse dallo Stato. L'Estonia, che era uno degli Stati membri con i risultati migliori in termini di stabilità dei prezzi nel marzo 2010, non dispone di obbligazioni di Stato di riferimento a lungo termine armonizzate, né di titoli comparabili che possano essere utilizzati per calcolare il valore di riferimento. Di conseguenza, conformemente al testo del protocollo (che menziona i «tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi»), per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali degli altri due Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento per il periodo di un anno che termina a marzo 2010 era pari al 6,0 %, la media dei tassi d'interesse del Portogallo (4,2 %) e del Belgio (3,8 %), maggiorata di due punti percentuali.
(12)
A norma dell'articolo 5 del protocollo, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza devono essere forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito i dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle informazioni comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2010 a norma del regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (10).
(13)
Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dall'Estonia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'UEM, la Commissione può concludere che:
a)
la legislazione nazionale estone, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 130 e 131 del trattato e con lo statuto del SEBC e della BCE;
b)
per quanto riguarda il rispetto da parte dell'Estonia dei criteri di convergenza indicati nei quattro trattini dell'articolo 140, paragrafo 1, del trattato:
—
il tasso medio di inflazione dell'Estonia nei dodici mesi fino a marzo 2010 è stato pari a – 0,7 %, ossia ben inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di tale valore anche nei prossimi mesi,
—
l'Estonia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo con un disavanzo di bilancio nel 2009 pari all'1,7 % del PIL,
—
l'Estonia fa parte dell'ERM II dal 28 giugno 2004; nel biennio terminato il 23 aprile 2010, la corona estone non ha subito gravi tensioni e non si è registrata alcuna differenza in relazione alla sua parità centrale all'interno dell'ERM II dal momento della sua partecipazione al meccanismo,
—
dato il basso livello di debito pubblico lordo dell'Estonia, non sono disponibili obbligazioni statali a lungo termine o titoli analoghi da utilizzare come riferimento per valutare la sostenibilità della convergenza quale risulta dai tassi di interesse a lungo termine. La percezione del rischio sui mercati finanziari per quanto riguarda l'Estonia si è accresciuta all'apice della crisi, ma la sua evoluzione nel periodo di riferimento e una valutazione più globale della durabilità della convergenza, tenuto conto in particolare dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia, supporterebbe una valutazione positiva del rispetto da parte dell'Estonia del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine;
c)
alla luce della valutazione della compatibilità della legislazione e del rispetto dei criteri di convergenza e dei fattori aggiuntivi, l'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti dell'Estonia di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2011.
Articolo 2
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 13 luglio 2010.
Per il Consiglio
Il presidente
D. REYNDERS
(1) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 30.
(2) GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19.
(3) GU L 195 del 15.7.2006, pag. 25.
(4) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 29.
(5) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 32.
(6) GU L 195 del 24.7.2008, pag. 24.
(7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5.
(8) GU C 73 del 25.3.2006, pag. 21.
(9) GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1.
(10) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1. | Adesione dell'Estonia all'euro (2011)
L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. Essa adotterà quindi l'euro come moneta unica a partire dal 1º gennaio 2011. L'Estonia è il diciassettesimo Stato membro dell'Unione europea ad adottare l'euro.
ATTO
Decisione 2010/416/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1º gennaio 2011 [Gazzetta ufficiale L 196 del 28.7.2010].
SINTESI
Con la presente decisione, il Consiglio accerta che l'Estonia soddisfa tutte le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro:
l'Estonia soddisfa i requisiti stabiliti dai criteri di convergenza: la stabilità dei prezzi; la situazione delle finanze pubbliche; la partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo; la presenza di un tasso d'interesse a lungo termine soddisfacente;
l'Estonia dispone di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione dell'euro.
Pertanto l'Estonia adotterà l'euro a partire dal 1º gennaio 2011.
Stabilità dei prezzi
Gli Stati membri devono presentare un andamento dei prezzi sostenibile. Ai fini del criterio, il tasso d'inflazione annuale dello Stato membro dev'essere inferiore al valore di riferimento, che corrisponde alla media dei tassi di inflazione annuale dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Se il tasso d'inflazione dello Stato membro candidato non supera di oltre 1,5 punti percentuali il valore di riferimento e se il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi è considerato sostenibile, allora il criterio di stabilità dei prezzi è soddisfatto.
Il Consiglio constata che il tasso d'inflazione annuale medio in Estonia calcolato nel marzo 2010 (-0.7%) è ben inferiore al valore di riferimento (0.3%) e ritiene quindi sostenibile il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi.
Finanze pubbliche
L'Estonia non presenta alcun disavanzo di bilancio eccessivo. La situazione delle finanze pubbliche del paese è quindi soddisfacente e permette l'introduzione dell'euro.
Partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo
Il meccanismo stabilisce un tasso di cambio centrale tra l'euro e le monete nazionali degli Stati membri e autorizza fluttuazioni moderate rispetto al tasso centrale. Ciascun paese candidato all'adozione dell'euro deve aver partecipato a tale meccanismo di cambio per almeno due anni senza aver subito gravi tensioni nel corso della sua moneta.
Conformemente ai requisiti dei trattati, la corona estone ha adottato tale meccanismo di cambio nel giugno 2004 e non ha subito gravi tensioni nel biennio di esame della sua candidatura.
Tassi d'interesse a lungo termine
I tassi d'interesse a lungo termine sono calcolati in base ai tassi d'interesse delle obbligazioni a lungo termine emesse dagli Stati membri. Il Consiglio constata che il livello del debito pubblico dell'Estonia è molto basso e che non esistono quindi tassi di interesse a lungo termine appropriati per analizzare la sostenibilità della convergenza dell'Estonia.
Il Consiglio ha quindi tenuto conto dell'analisi qualitativa di vari indicatori economici e finanziari nonché dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia per valutare il rispetto del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine.
Legislazione nazionale
Oltre a soddisfare i criteri di convergenza, uno Stato membro candidato dell'euro deve anche disporre di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione della moneta unica.
Nel caso specifico, il Consiglio constata che la legislazione interna dell'Estonia non pone alcun problema all'introduzione dell'euro. Essa è infatti compatibile con lo statuto della Banca centrale europea e del sistema europeo di banche centrali (SEBC). Si ricorda che il SEBC è composto dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali degli Stati membri. L'obiettivo principale del SEBC è mantenere la stabilità dei prezzi. | 5,964 | 418 |
32003R0150 | false | Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio, del 21 gennaio 2003, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare
Gazzetta ufficiale n. L 025 del 30/01/2003 pag. 0001 - 0006
Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consigliodel 21 gennaio 2003che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militareIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 26,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) La Comunità si basa su un'unione doganale che richiede l'applicazione coerente della tariffa doganale comune alle importazioni di prodotti provenienti da paesi terzi in tutti gli Stati membri, a meno che provvedimenti comunitari specifici non dispongano altrimenti.(2) È nell'interesse della Comunità nel suo insieme che gli Stati membri siano in grado di dotare le proprie forze militari delle armi e delle attrezzature militari più adeguate e tecnologicamente più progredite. Tenuto conto dei rapidi sviluppi tecnologici che caratterizzano questo settore industriale su scala mondiale, è pratica comune delle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale acquisire armi e materiale militare da produttori o altri fornitori situati in paesi terzi. Considerato l'interesse di sicurezza degli Stati membri, è compatibile con gli interessi della Comunità che alcune di tali armi e attrezzature possano essere importate in esenzione da dazio.(3) Al fine di assicurare l'applicazione coerente di tale sospensione dei dazi è opportuno redigere un elenco comune di armi e attrezzature militari ammissibili alla sospensione dei dazi. È inoltre opportuno, considerata la natura specifica dei prodotti in questione, che le parti, componenti o sottounità destinate a essere incorporate o adattate alle merci incluse nel suddetto elenco o per la riparazione, rimessa a nuovo o manutenzione di tali merci, nonché le merci destinate a essere utilizzate per la formazione e per il collaudo di merci incluse nel suddetto elenco possano essere importate in esenzione doganale. Le importazioni di attrezzature militari non disciplinate dal presente regolamento sono soggette ai pertinenti dazi in conformità della tariffa doganale comune.(4) Tenuto conto delle diverse strutture organizzative delle autorità competenti negli Stati membri, è necessario definire, esclusivamente a fini doganali, le utilizzazioni finali dei materiali importati in conformità delle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario(2) e delle relative disposizioni di applicazione (qui di seguito denominato "codice doganale"). Al fine di limitare l'onere amministrativo per le autorità interessate, è opportuno stabilire un termine per i controlli doganali delle utilizzazioni finali.(5) Per tenere conto della tutela della riservatezza militare degli Stati membri, è necessario stabilire specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi. Una dichiarazione dell'autorità competente dello Stato membro alle cui forze sono destinate le armi o attrezzature militari, che potrebbe fungere anche da dichiarazione in dogana quale richiesta dal codice doganale, costituirebbe una garanzia adeguata dell'adempimento di dette condizioni. La dichiarazione dovrebbe avere la forma di un certificato. È opportuno precisare la forma che devono assumere tali certificati e consentire l'utilizzo di tecniche di trattamento dei dati per la dichiarazione.(6) È necessario stabilire norme volte a fare in modo che gli Stati membri forniscano informazioni circa la quantità, il valore e il numero di certificati rilasciati e le modalità per l'applicazione del presente regolamento,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Il presente regolamento stabilisce le condizioni per la sospensione autonoma dei dazi all'importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto da paesi terzi.Articolo 21. I dazi della tariffa doganale comune applicabili alle importazioni delle merci elencate nell'allegato I sono totalmente sospesi quando tali merci sono utilizzate dalle forze militari di uno Stato membro, o per conto di dette forze, individualmente o in cooperazione con altri Stati, per difendere l'integrità territoriale dello Stato membro o partecipare a operazioni internazionali di mantenimento o di sostegno della pace o per altri fini militari quali la protezione dei cittadini della Comunità europea da disordini sociali o militari.2. I suddetti dazi sono sospesi totalmente anche per:a) le parti, componenti o sottounità importate per essere incorporate o adattate alle merci incluse nell'elenco di cui agli allegati I e II o le relative parti, componenti o sottounità o per la riparazione, rimessa a nuovo o manutenzione di tali merci;b) le merci importate per essere utilizzate a fini di addestramento o per il collaudo delle merci incluse nell'elenco di cui agli allegati I e II.3. Le merci importate quali definite nell'allegato I e nel paragrafo 2 del presente articolo sono soggette alle condizioni in materia di utilizzazione finale di cui agli articoli 21 e 82 del regolamento (CEE) n. 2913/92 e delle relative disposizioni di applicazione. Il controllo doganale dell'utilizzazione finale termina tre anni dopo la data dell'immissione in libera pratica.4. L'utilizzazione delle merci elencate nell'allegato I a fini di addestramento o l'utilizzazione temporanea di tali merci nel territorio doganale della Comunità da parte delle forze militari o di altre forze a fini civili a causa di calamità naturali o impreviste non costituisce una violazione dell'utilizzazione finale di cui al paragrafo 1.Articolo 31. La richiesta di entrata per l'immissione in libera pratica di merci per le quali viene chiesto il beneficio della sospensione dei dazi a norma dell'articolo 2 è accompagnata da un certificato rilasciato dall'autorità competente dello Stato membro alle cui forze militari sono destinate le merci. Il certificato di cui all'allegato III va presentato alle autorità doganali dello Stato membro d'importazione unitamente alle merci a cui si riferisce. Esso può sostituire la dichiarazione in dogana di cui agli articoli da 59 a 76 del regolamento (CEE) n. 2913/92.2. Fatto salvo il paragrafo 1, per ragioni di riservatezza militare il certificato e le merci importate possono essere sottoposte ad altre autorità designate dallo Stato membro d'importazione a tale scopo. In tali casi l'autorità competente che rilascia il certificato invia entro il 31 gennaio ed entro il 31 luglio di ogni anno alle autorità doganali del suo Stato membro una relazione di sintesi riguardante tali importazioni. La relazione riguarda i 6 mesi immediatamente precedenti la data in cui la relazione deve essere presentata e contiene il numero e la data di rilascio dei certificati, la data di importazione ed il valore totale e peso lordo dei prodotti importati con i certificati.3. Ai fini del rilascio e della presentazione del certificato alle autorità doganali o ad altre autorità incaricate dello sdoganamento possono essere utilizzate tecniche di trattamento dei dati conformemente all'articolo 292, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CE) n. 2913/92 del Consiglio(3).4. Il presente articolo si applica mutatis mutandis alle merci importate elencate nell'allegato II.Articolo 4Ad eccezione dei casi di cui all'articolo 2, paragrafo 4, qualsiasi diversione di merci elencate nell'allegato I e all'articolo 2, paragrafo 2, dall'uso di cui all'articolo 2, paragrafo 1, ad un altro uso nel periodo di controllo doganale è notificato dall'autorità competente che rilascia il certificato o che utilizza le merci alle autorità doganali del suo Stato membro conformemente agli articoli 21 e 87 del regolamento (CEE) n. 2913/92.Articolo 51. Ogni Stato membro indica alla Commissione l'autorità competente per il rilascio del certificato di cui all'articolo 3, paragrafo 1 ed invia un esemplare del timbro da essa usato. Ogni Stato membro trasmette inoltre alla Commissione il nome dell'autorità che può svincolare le merci importate nei casi di cui all'articolo 3, paragrafo 2. La Commissione trasmette tali informazioni alle autorità doganali degli altri Stati membri.2. Se l'immissione delle merci in libera pratica avviene in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato rilasciato il certificato, le autorità doganali dello Stato membro d'importazione ne inviano una copia all'amministrazione doganale dello Stato membro la cui autorità competente ha rilasciato il certificato stesso.Se le merci sono state svincolate da altre autorità conformemente all'articolo 3, paragrafo 2, in uno Stato membro diverso da quello in cui è stato rilasciato il certificato, tali autorità ne inviano una copia direttamente alle autorità che hanno rilasciato il certificato stesso.3. L'autorità di ciascuno Stato membro autorizzata a rilasciare il certificato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, conserva una copia dei certificati rilasciati e la prova documentale necessaria per dimostrare la corretta applicazione della sospensione per un periodo di tre anni dalla data di scadenza del controllo doganale sulle merci.Articolo 6La Commissione informa gli Stati membri di ogni eventuale richiesta di uno Stato membro volta a presentare una proposta di modifica degli elenchi di cui agli allegati I e II del presente regolamento.Articolo 71. Ogni Stato membro informa la Commissione sull'attuazione amministrativa del presente regolamento entro sei mesi dalla sua entrata in vigore.2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione, entro tre mesi dalla fine di ogni anno civile, i dati indicanti il numero totale di certificati rilasciati, insieme al valore totale e peso lordo delle merci importate a norma del presente regolamento.Articolo 8Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso è applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2003.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 21 gennaio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteN. Christodoulakis(1) GU C 265 del 12.10.1988, pag. 9.(2) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 311 del 12.12.2000, pag. 17).(3) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 993/2001 della Commissione (GU L 141 del 28.5.2001, pag. 1).ALLEGATO IELENCO DI ARMI ED ATTREZZATURE MILITARI PER LE QUALI SONO SOSPESI I DAZI ALL'IMPORTAZIONE(1)28042825360136023603360436063701370237033705370738243926420249115608611662106211621763056307650673087311731473267610841384148415841884198421842484278472847985028516851885218525852685278528853185358536853985438544870187038704870587098710871187168801880288048805890189038906890790049005900690089013901490159020902290259027903090319302930393049306930794049406(1) Codici NC applicabili al 1o gennaio 2003, adottati mediante il regolamento (CE) n. 1832/2002 della Commissione, del 1o agosto 2002, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 290 del 28.10.2002, pag. 1).ALLEGATO IIELENCO DI ARMI E ATTREZZATURE MILITARI CON UN'ALIQUOTA CONVENZIONALE "ZERO" PER LE QUALI POSSONO APPLICARSI LE PROCEDURE D'IMPORTAZIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 3(1)49018426842884298430847084718517852490189019902190269301(1) Codici NC applicabili al 1o gennaio 2003, adottati mediante il regolamento (CE) n. 1832/2002 della Commissione, del 1o agosto 2002, che modifica l'allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 290 del 28.10.2002, pag. 1).ALLEGATO III>PIC FILE= "L_2003025IT.000602.TIF"> | Sospensione di dazi doganali su talune armi e attrezzature militari
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Lo scopo del regolamento è quello di sospendere i dazi all’importazione relativi ad alcune armi e attrezzature militari per consentire alle autorità degli Stati membri incaricate della difesa nazionale di dotarsi delle migliori attrezzature militari disponibili a livello mondiale.
Esso è applicabile solo alle merci importate dalle autorità incaricate della difesa militare degli Stati membri o per loro conto.
PUNTI CHIAVE
Sospensione dei dazi
Il regolamento sospende i dazi della tariffa doganale comune applicabili alle armi e alla attrezzature militari a condizione che le merci siano utilizzate da (o per conto di) le forze armate dello Stato membro, ad esempio:nella difesa territoriale degli Stati membri, nella partecipazione a operazioni internazionali di mantenimento della pace, o altre missioni quali la protezione dei cittadini della Comunità europea. L’allegato I del regolamento stabilisce l’elenco delle merci ammissibili a questa sospensione. I materiali non elencati nel regolamento e nei relativi allegati sono soggetti ai dazi, anche se vengono importati all’interno di uno Stato membro dalle forze armate.
Prodotti interessati
I prodotti su cui i dazi vengono sospesi sono armi e munizioni, compresi loro componenti e accessori, alcuni gas rari, esplosivi, detonatori, alcuni materiali fotografici e alcune sostanze chimiche.
Il regolamento applica inoltre la sospensione dei dazi doganali alle parti, ai componenti e alle sottounità destinate a essere incorporate o adattate alle merci elencate nell’allegato nonché le merci destinate a essere utilizzate per la formazione e per il collaudo.
Società private
Le società private con sede nell’Unione europea (UE) potranno importare esclusivamente le merci esenti da dazi purché esse producano le attrezzature militari relative e che forniscano i prodotti finiti alle autorità degli Stati membri incaricate della difesa. Tutti gli altri utilizzi saranno soggetti ai dazi doganali.
PROCEDURE E CONTROLLI
Certificato
La richiesta di entrata per l’immissione in libera pratica di tali merci è accompagnata da un certificato rilasciato dall’autorità competente dello Stato membro alle cui forze militari sono destinate le merci.
Il modello di tale certificato è riprodotto nell’allegato III del regolamento. Il certificato va presentato alle autorità doganali dello Stato membro d’importazione unitamente alle merci a cui si riferisce.
Riservatezza militare
Per tenere conto della tutela della riservatezza militare vi sono specifiche procedure amministrative per la concessione del beneficio della sospensione dei dazi: le autorità incaricate della difesa possono rilasciare il certificato in luogo dei normali servizi doganali. Le autorità devono essere notificate di conseguenza.
Controllo doganale
Le merci in questione sono soggette alle condizioni in materia di utilizzazione finale stabilite dal codice doganale dell’Unione europea, cioè il loro utilizzo verrà controllato. Il controllo doganale dell’utilizzazione finale termina tre anni dopo la data dell’immissione in libera pratica.
Ai fini del controllo doganale, l’autorità competente che rilascia il certificato o che utilizza le merci notifica alle autorità doganali del suo Stato membro qualsiasi diversione di merci dall’uso specificato nel regolamento.
Scambio di informazioni
Gli Stati membri devono comunicare i nomi dei soggetti autorizzati a rilasciare il certificato. La Commissione europea trasmette tali informazioni alle autorità doganali degli altri Stati membri.
Ogni Stato membro informa la Commissione sull’attuazione del presente regolamento e trasmette ogni anno alla Commissione il numero totale di certificati rilasciati, insieme al valore totale e peso lordo delle merci importate a norma del presente regolamento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Esso si applica dal 1 gennaio 2003.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Tassazione e dogane: sospensioni (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 150/2003 del Consiglio, del 21 gennaio 2003, che sospende i dazi doganali applicabili a talune armi e attrezzature ad uso militare (GU L 25 del 30.1.2003, pagg. 1—6) | 5,384 | 631 |
21994A0722(04) | false | Accordo, di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia - Dichiarazione del Consiglio e della Commissione
Gazzetta ufficiale n. L 188 del 22/07/1994 pag. 0018 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 32 pag. 0102
ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia L'AUSTRALIA e la COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominate «Parti»,RICONOSCENDO che la Comunità europea, in appresso denominata «Comunità», e l'Australia stanno attuando programmi specifici di ricerca in settori di comune interesse,TENENDO CONTO dell'accordo tra il governo dell'Australia e la Commissione delle Comunità europee in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, firmato a Canberra il 12 novembre 1986, il quale prevede la cooperazione nei settori scientifici e tecnologici di interesse reciproco attraverso lo scambio delle informazioni risultanti da ricerche in settori specifici;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica per l'Australia e la Comunità e i reciproci vantaggi ottenibili se le parti faciliteranno ulteriormente la cooperazione reciproca, nonchéDESIDEROSE di creare un contesto favorevole per la collaborazione nel campo della ricerca scientifica e tecnica, onde approfondire ed intensificare la cooperazione in settori di comune interesse e promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione dando impulso allo sviluppo sociale ed economico dell'Australia e della Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Definizioni1. «Attività di cooperazione»: ogni attività svolta ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta.2. «Informazione»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo risultanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che le Parti e/o i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta ritengano debba essere fornita o scambiata in virtù del presente accordo o dell'attività di ricerca svolta nel quadro dell'accordo stesso.3. «Proprietà intellettuale»: nel significato di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.4. «Ricerca congiunta»: ricerca condotta con i contributi congiunti delle Parti e/o basata su di essi, eventualmente con la collaborazione dei partecipanti di entrambe le Parti.5. «Partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o altro organismo, nonché le Parti stesse, che partecipa ad un progetto di ricerca in virtù del presente accordo.Articolo 2ObiettiviLe Parti si impegnano a promuovere e a favorire, nei termini stabiliti dal presente accordo, la cooperazione tra l'Australia e la Comunità nei settori di comune interesse in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 3PrincipiL'attività di cooperazione svolta in virtù del presente accordo è disciplinata dai principi seguenti:a) la reciprocità di vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di proprietà intellettuale, la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità a quanto disposto nell'allegato del presente accordo, che costituisce parte integrante di quest'ultimo; ed) il perseguimento dei benefici economici e sociali che la Comunità e l'Australia possono trarre dalle attività di cooperazione, tenuto conto dei contributi dati alle suddette attività dai rispettivi partecipanti e dalle Parti.Articolo 4Campo di applicazione1. La cooperazione comprende le attività seguenti:a) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall'Australia o dalla Comunità, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti;b) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca;c) le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;d) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; ee) le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi applicati dalle Parti.2. Ai fini del presente accordo, la cooperazione è circoscritta alle attività che rientrano nei seguenti settori:a) biotecnologia;b) ricerca medica e sanitaria;c) scienza e tecnologia marina;d) ambiente;e) tecnologia dell'informazione;f) tecnologia delle comunicazioni.3. I progetti di ricerca possono essere avviati ai sensi del presente accordo solo dopo che le Parti abbiano approvato un programma di gestione della tecnologia, conforme alle norme contenute nell'appendice del presente accordo e accettato dai partecipanti.Articolo 5Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia1. Le attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono gestite da un comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti di ciascuna delle Parti.2. I compiti del comitato consistono nel:a) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;b) autorizzare le attività di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera e) del presente accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;c) consigliare le Parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo le finalità ed i principi enunciati nel presente accordo; ed) redigere una relazione annuale, destinata alle Parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente accordo.3. Il comitato procura di riunirsi una volta all'anno, alternativamente in Europa e in Australia. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.4. Le decisioni del comitato vengono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale delle decisioni e dei principali punti discussi. Il suddetto verbale viene approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione ed è disponibile, insieme alla relazione annuale, alla successiva riunione ministeriale tra l'Australia e la Comunità.Articolo 6Divulgazione ed utilizzazione delle informazioniLa divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale, che risultano dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati ai principi enunciati nell'allegato del presente accordo.Articolo 7Finanziamento1. Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità dei fondi e al rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, delle politiche e dei programmi dell'Australia e della Comunità.2. Le spese sostenute dai partecipanti nelle attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non devono esigere alcun trasferimento di fondi da una Parte all'altra.3. Le spese sostenute da o per conto del comitato sono finanziate dalla Parte nei confronti della quale i membri sono responsabili. Le spese, diverse da quelle di viaggio e soggiorno, inerenti alle riunioni del comitato, sono finanziate dalla Parte ospite.Articolo 8Circolazione del personale e delle attrezzatureOgni Parte adotta tutte le misure necessarie e si adopera per facilitare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra Parte impiegati nelle attività di cooperazione conformemente al presente accordo.Articolo 9Altri accordiIl presente accordo lascia impregiudicata ogni cooperazione intrapresa in virtù di altri accordi o intese tra le Parti.Articolo 10Applicazione territoriale del presente accordoIl presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio dell'Australia.Articolo 11Entrata in vigore e risoluzione1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.2. Il presente accordo può essere modificato o prorogato dalle Parti in comune accordo. Le modifiche e le proroghe entrano in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la rinuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi stabiliti in conformità dell'allegato del presente accordo.Articolo 12Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.En fe de lo cual, los abajo firmantes suscriben el presente Acuerdo.Til bekræftelse heraf har undertegnede underskrevet denne aftale.Zu Urkund dessen haben die Unterzeichneten dieses Abkommen unterschrieben.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.In witness whereof the undersigned have signed this Agreement.En foi de quoi, les soussignés ont apposé leur signature au bas du présent accord.In fede di che, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Ten blijke waarvan de ondergetekenden hun handtekening onder deze overeenkomst hebben gezet.Em fé do que, os abaixo-assinados apuseram as suas assinaturas no final do presente acordo.Hecho en Canberra, el veintitrés de febrero de mil novecientos noventa y cuatro.Udfærdiget i Canberra den treogtyvende februar nitten hundrede og fireoghalvfems.Geschehen zu Canberra am dreiundzwanzigsten Februar neunzehnhundertvierundneunzig.¸ãéíå óôçí ÊáìðÝñá, óôéò åßêïóé ôñåéò Öåâñïõáñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ôÝóóåñá.Done at Canberra on the twenty-third day of February in the year one thousand nine hundred and ninety-four.Fait à Canberra, le vingt-trois février mil neuf cent quatre-vingt-quatorze.Fatto a Canberra, addì ventitré febbraio millenovecentonovantaquattro.Gedaan te Canberra, de drieëntwintigste februari negentienhonderd vierennegentig.Feito em Camberra, em vinte e três de Fevereiro de mil novecentos e noventa e quatro.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaPor AustraliaFor AustralienFür AustralienÃéá ôçí ÁõóôñáëßáFor AustraliaPour l'AustraliePer l'AustraliaVoor AustraliëPela AustráliaALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. Proprietà, attribuzione ed esercizio dei diritti1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi di gestione comune della tecnologia (PGT) (1) per quanto riguarda la proprietà e l'utilizzazione, inclusa la pubblicazione delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) che risultano dalla ricerca congiunta. Tali programmi sono approvati dalle Parti prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo a cui essi si riferiscono. I PGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, delle norme legislative applicabili in materia, delle procedure di composizione delle controversie e di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I programmi di gestione comune della tecnologia disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI risultanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate dai programmi di gestione della tecnologia sono attribuite, con l'approvazione delle Parti, secondo i principi stabiliti dai suddetti programmi, compresa la composizione delle controversie. In caso di divergenza che per validi motivi non possa essere risolta secondo la procedura di composizione delle controversie concordata, è possibile adire il comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, il quale si adopera per mediare tra i partecipanti. Ove, una volta esaurite le procedure summenzionate, la divergenza dovesse persistere, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta da cui esse provengono. Ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Ciascuna Parte garantisce che l'altra Parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella parte I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori interessati dall'accordo, ciascuna Parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da incoraggiare in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. Opere oggetto di diritto d'autorePer i diritti d'autore appartenenti alle Parti o ai loro partecipanti si applica la disciplina prevista dalla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. Pubblicazioni scientificheFatta salva la sezione IV, a meno che non sia convenuto altrimenti nel PGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dalle Parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Senza pregiudizio di questa norma generale, si applicano le seguenti regole:1) Nell'eventualità che una Parte o un ente pubblico di tale Parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo, l'altra parte ha diritto ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per quanto riguarda la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione pubblica di tali pubblicazioni.2) Le Parti garantiscono che sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche, realizzate da editori indipendenti, risultanti dalla ricerca congiunta ai sensi del presente accordo.3) Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore destinata alla divulgazione pubblica e redatta in base alla presente clausola riportano i nomi dell'autore o degli autori a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono contenere anche una menzione chiaramente visibile del sostegno cooperativo delle Parti.IV. Informazioni non divulgabiliA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna Parte o i partecipanti, secondo il caso, individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del programma di gestione della tecnologia, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:i) la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;ii) il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;iii) i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo al fine di mantenerne la segretezza.In alcuni casi, le Parti ed i partecipanti possono convenire che, qualora non sia altrimenti indicato, le informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo non siano divulgate, né in tutto né in parte.2. Ciascuna Parte provvede affinché le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra Parte, ad esempio mediante un apposito contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.3. La Parte che riceve informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo ne rispetta il carattere particolare. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla Parte che le riceve a persone del suo ambito o da essa assunte, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili siano comunicate rispettando l'obbligo di riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali, come sopra indicato.5. Previo consenso scritto della Parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo, la Parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 4. Le Parti cooperano nell'istituire procedure per richiedere e ottenere l'assenso preventivo scritto a tal fine: ciascuna Parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni relative all'assegnazione di personale, all'utilizzazione di attrezzature o a progetti comuni, sono trattate dalle Parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti nel presente accordo per le informazioni documentarie, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare nel momento in cui gli vengono comunicate.C. ControlloCiascuna Parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente accordo siano controllate come ivi previsto. Se una Parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui ai punti A o B, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.(1) Le caratteristiche indicative dei PGT sono esposte nell'appendice.Appendice Caratteristiche indicative dei Programmi di gestione della tecnologia (PGT) Il PGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PGT disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi gli accordi per la pubblicazione comune, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PGT può inoltre contenere informazioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Il Consiglio e la Commissione dichiarano che il presente accordo e qualsiasi attività decisa conformemente ad esso non pregiudicano in alcun modo la facoltà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con l'Australia nel campo della scienza, tecnologia, ricerca e sviluppo e di concludere eventualmente accordi in tal senso. | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione in ambiti di interesse comune in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori. L’accordo è stato modificato una volta nel 1999 e in particolare nel suo articolo 4, paragrafo 2, sull’ambito di applicazione.
Con queste decisioni, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo e dei successivi emendamenti per conto della Comunità europea (oggi Unione europea — UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:reciprocità dei vantaggi; lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull’azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale; e il perseguimento dei benefici economici e sociali che l’UE e l’Australia posso no trarre dalle attività di cooperazione.Ambito di applicazione
I settori di cooperazione sono definiti come segue:Per l’UE, essi possono comprendere tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione indicate dagli articoli 180, lettera a) (attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università) e 180 lettera d) (impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’UE) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con l’intesa che quest’ultima lettera si applica soltanto alle reti tra gestori di infrastrutture e ai relativi progetti di ricerca. Per l’Australia, i settori di cooperazione possono comprendere tutte le attività scientifiche e tecnologiche finanziate o condotte dal governo australiano, dai governi dei suoi Stati e territori, da organismi non governativi, ivi compresi istituti di ricerca privati e imprese, nonché da qualsiasi ente di ricerca interessato.Attività
La cooperazione comprende le attività seguenti:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche*, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall’Australia o dall’UE, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti; l’utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca; le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; e le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione tra l’UE e l’Australia per la scienza e la tecnologia.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 25 luglio 1994 e l’accordo di modifica il 9 dicembre 1999. È a tempo indeterminato e può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi.
CONTESTO
Questo accordo scientifico e tecnologico del 1994 è stato il primo accordo di cooperazione scientifica e tecnica concluso dalla Comunità europea con un paese industrializzato al di fuori dell’Europa. Esso fa parte delle più ampie relazioni bilaterali tra l’UE e l’Australia, che si basano attualmente sul quadro di partenariato del 2008 tra l’UE e l’Australia. Un nuovo accordo quadro più completo è stato firmato nel 2017 ed è applicato in via provvisoria a determinati settori dal 4 ottobre 2018.
Per ulteriori informazioni consultare:L’Australia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con l’Australia per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Australia (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Soggetti giuridici: società, organizzazioni e persone titolari di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188 del 22.7.1994, pag. 18).
Le modifiche successive sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione 99/510/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione dell’accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 195, del 28.7.1999, pag. 31).
Decisione 94/457/CE del Consiglio, del 27 giugno 1994, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188, del 22.7.1994, pag. 17).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Australia, dall’altra (GU L 237 del 15.9.2017, pag. 7). | 7,574 | 926 |
32004R0065 | false | Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati
Gazzetta ufficiale n. L 010 del 16/01/2004 pag. 0005 - 0010
Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissionedel 14 gennaio 2004che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificatiLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,visto il regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE(1), in particolare l'articolo 8,considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 1830/2003 stabilisce un quadro normativo armonizzato per assicurare la tracciabilità degli organismi geneticamente modificati (di seguito "OGM") e degli alimenti e dei mangimi ottenuti da OGM, mediante la trasmissione e la conservazione, da parte degli operatori, delle pertinenti informazioni relative a tali prodotti in tutte le fasi della loro immissione in commercio.(2) In virtù di tale regolamento, ciascun operatore che immette in commercio prodotti contenenti OGM o costituiti da OGM è tenuto a includere tra le suddette informazioni l'identificatore unico assegnato ad ogni OGM per indicarne la presenza e contraddistinguere lo specifico evento di trasformazione oggetto dell'autorizzazione all'immissione in commercio di tale OGM.(3) Per garantire la coerenza a livello comunitario e internazionale, gli identificatori unici devono essere determinati utilizzando un particolare formato.(4) L'autorizzazione all'immissione in commercio di un determinato OGM rilasciata a norma della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio(2) o di altri atti normativi comunitari deve menzionare l'identificatore unico assegnato a tale OGM. Inoltre la persona che chiede l'autorizzazione deve assicurarsi che la domanda indichi il pertinente identificatore unico.(5) Nei casi in cui siano state concesse autorizzazioni all'immissione in commercio di OGM ai sensi della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati(3) prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, è necessario assicurare che, per ciascun OGM oggetto di tali autorizzazioni, sia stato o sia determinato, assegnato e opportunamente registrato un identificatore unico.(6) Per tenere conto degli sviluppi sopravvenuti nelle sedi internazionali e mantenere la necessaria coerenza, è opportuno fare riferimento ai formati degli identificatori unici definiti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e utilizzati per la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici (OECD BioTrack Product Database) e nell'ambito del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza (Biosafety Clearing House) istituito dal protocollo di Cartagena sulla biosicurezza allegato alla convenzione sulla diversità biologica.(7) Ai fini della piena applicazione del regolamento (CE) n. 1830/2003, è essenziale che il presente regolamento si applichi con la massima urgenza.(8) Le disposizioni del presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito ai sensi dell'articolo 30 della direttiva 2001/18/CE,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO I AMBITO DI APPLICAZIONEArticolo 11. Il presente regolamento si applica agli organismi geneticamente modificati (di seguito "OGM"), che abbiano ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi della direttiva 2001/18/CE o di altra normativa comunitaria e alle domande di immissione in commercio presentate ai sensi di tale normativa.2. Il presente regolamento non si applica ai medicinali per uso umano e veterinario autorizzati a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93, del Consiglio(4), né alle domande di autorizzazione presentate ai sensi di tale regolamento.CAPO II DOMANDE DI IMMISSIONE IN COMMERCIO DI OGMArticolo 21. Le domande di immissione in commercio di OGM devono contenere un identificatore unico per ciascun OGM cui si riferiscono.2. I richiedenti generano l'identificatore unico di ciascun OGM secondo i formati riportati in allegato, previa consultazione della banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici e del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza, al fine di accertare se sia già stato determinato un identificatore unico per l'OGM in questione secondo tali formati.Articolo 3Qualora sia concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM:a) l'autorizzazione deve specificare l'identificatore unico assegnato a tale OGM;b) la Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza;c) l'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.CAPO III OGM PER I QUALI L'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO SIA STATA RILASCIATA PRIMA DELL'ENTRATA IN VIGORE DEL PRESENTE REGOLAMENTOArticolo 41. Sono assegnati identificatori unici a tutti gli OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi della direttiva 90/220/CEE prima dell'entrata in vigore del presente regolamento.2. I titolari delle relative autorizzazioni ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio, consultano la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici e il centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza al fine di accertare se sia già stato determinato un identificatore unico per l'OGM in questione secondo i formati riportati in allegato.Articolo 51. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, sia stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM per il quale è già stato determinato un identificatore unico secondo i formati riportati in allegato, si applicano i paragrafi 2, 3 e 4.2. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio, comunica per iscritto alla Commissione:a) l'avvenuta determinazione dell'identificatore unico secondo i formati riportati in allegato;b) i dati relativi all'identificatore unico.3. L'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.4. La Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza.Articolo 61. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, sia stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM per il quale non è stato ancora determinato un identificatore unico secondo i formati riportati in allegato, si applicano i paragrafi 2, 3, 4 e 5.2. Il titolare dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio determina un identificatore unico per l'OGM in questione secondo i formati riportati in allegato.3. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione comunica per iscritto i dati relativi all'identificatore unico all'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione, la quale a sua volta trasmette immediatamente tali dati alla Commissione.4. L'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.5. La Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALIArticolo 7Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, il 14 gennaio 2004.Per la CommissioneMargot WallströmMembro della Commissione(1) GU L 268 del 18.10.2003, pag. 24.(2) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1820/2003.(3) GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 15. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/18/CE.(4) GU L 214 del 24.8.1993, pag. 1.ALLEGATOFORMATO DEGLI IDENTIFICATORI UNICIIl presente allegato definisce il formato degli identificatori unici per le piante (sezione A) e per i microrganismi e gli animali (sezione B).SEZIONE A1. formato generaleIl presente allegato descrive il formato da utilizzare per gli identificatori unici degli OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio o sono in attesa di autorizzazione ai sensi della normativa comunitaria. Tale formato è costituito da tre componenti, che constano di un determinato numero di caratteri alfanumerici, corrispondenti al richiedente/titolare dell'autorizzazione, all'evento di trasformazione e a un sistema di controllo.L'identificatore è composto complessivamente da 9 caratteri alfanumerici. La prima componente corrisponde al richiedente/titolare dell'autorizzazione e comprende 2 o 3 caratteri alfanumerici. La seconda componente corrisponde all'evento di trasformazione e comprende 5 o 6 caratteri alfanumerici. La terza componente serve a fini di controllo ed è costituita da un carattere numerico finale.Esempio di identificatore unico determinato utilizzando tale formato:>PIC FILE= "L_2004010IT.000802.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000803.TIF">Di seguito sono fornite le indicazioni sulle modalità di determinazione delle tre diverse componenti dell'identificatore unico.2. Prima componente: richiedente/titolare dell'autorizzazioneI primi 2 o 3 caratteri alfanumerici indicano il richiedente/titolare dell'autorizzazione (ad esempio, le prime 2 o 3 lettere del nome dell'organizzazione richiedente/titolare dell'autorizzazione) e sono seguiti da un trattino, come nel seguente esempio:>PIC FILE= "L_2004010IT.000804.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000805.TIF">È possibile che i richiedenti abbiano già ottenuto l'assegnazione di caratteri alfanumerici per indicare la loro identità, e che detti caratteri figurino nella tabella dei codici dei richiedenti della banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici. In tal caso essi dovranno continuare ad utilizzare tali caratteri.I nuovi richiedenti non ancora identificati nella banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici non possono utilizzare i codici già esistenti riportati nella tabella dei codici dei richiedenti, ma devono informare le autorità nazionali, che procederanno all'aggiornamento della banca dati mediante l'inserimento di un nuovo codice identificativo nella tabella.3. Seconda componente: evento di trasformazioneIl secondo gruppo di 5 o 6 caratteri alfanumerici rappresenta lo specifico evento (o gli specifici eventi) di trasformazione oggetto della domanda di immissione in commercio e/o dell'autorizzazione, come nell'esempio che segue:>PIC FILE= "L_2004010IT.000806.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000807.TIF">È evidente che un singolo evento di trasformazione può avere luogo in diversi organismi, specie e varietà e che i caratteri devono essere rappresentativi dello specifico evento in questione. Ancora una volta, prima di generare gli identificatori unici i richiedenti dovranno consultare la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici per verificare gli identificatori unici assegnati ad eventi di trasformazione simili riguardanti lo stesso organismo o la stessa specie, in modo da assicurare la coerenza ed evitare duplicazioni.I richiedenti devono stabilire il proprio meccanismo interno per evitare di utilizzare la stessa designazione (ossia gli stessi caratteri) per un evento di trasformazione riguardante organismi differenti. Qualora due o più organizzazioni sviluppino eventi di trasformazione simili, le "informazioni relative al richiedente" (cfr. punto 2) devono consentire a ciascun richiedente di generare un identificatore unico per il proprio prodotto, assicurandone l'unicità rispetto agli identificatori generati da altri richiedenti.Con riferimento ai nuovi OGM che implicano più eventi di trasformazione ("gene stacking"), i richiedenti o i titolari delle autorizzazioni devono generare un nuovo identificatore unico.4. Terza componente: carattere di controlloL'ultimo carattere dell'identificatore unico serve a fini di controllo ed è separato dagli altri caratteri da un trattino, come nell'esempio che segue:>PIC FILE= "L_2004010IT.000901.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000902.TIF">Il carattere di controllo è destinato a ridurre gli errori garantendo l'integrità del codice alfanumerico introdotto dagli utenti della banca dati.Di seguito è descritta la regola per il calcolo del carattere di controllo. Il carattere di controllo è composto da un unico carattere numerico (ossia un'unica cifra) ed è calcolato sommando i valori numerici di ciascuno dei caratteri alfanumerici dell'identificatore unico. Il valore numerico dei caratteri va da>PIC FILE= "L_2004010IT.000903.TIF">a 9 per i caratteri numerici da>PIC FILE= "L_2004010IT.000904.TIF">a 9, e da 1 a 26 per i caratteri alfabetici dalla A alla Z (cfr. punti 5 e 6). Qualora il totale sia un numero a più cifre, il carattere di controllo viene calcolato sommando più volte tali cifre tra loro secondo la stessa regola fino ad ottenere un valore composto da una sola cifra.Ad esempio, il carattere di controllo per il codice CED-AB891 è calcolato nel modo seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Di conseguenza l'identificatore unico sarà: CED-AB891-6.5. Caratteri numerici da utilizzare nell'identificatore unico>PIC FILE= "L_2004010IT.000905.TIF">6. Caratteri alfabetici da utilizzare e relativi equivalenti numerici per il calcolo del carattere di controllo>PIC FILE= "L_2004010IT.001001.TIF">SEZIONE BLe disposizioni della sezione A del presente allegato si applicano ai microorganismi e agli animali, a meno che per i relativi identificatori unici non venga adottato a livello internazionale e approvato a livello comunitario un altro formato. | Organismi geneticamente modificati: identificatori unici
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce un identificatore unico*, simile a un codice a barre, specifico per ogni organismo geneticamente modificato* (OGM) immesso sul mercato. Si tratta di un elemento chiave per la tracciabilità* e l’etichettatura di alimenti e mangimi ottenuti da OGM, volto a migliorare la scelta dei consumatori e a fornire garanzie per la salute e per l’ambiente.
PUNTI CHIAVE
Per garantire la coerenza con gli sviluppi nelle sedi internazionali, viene utilizzato il formato dell’identificatore unico utilizzato dalla banca dati dei prodotti biotecnologici dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dal centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza istituito dal protocollo di Cartagena sulla biosicurezza allegato alla convenzione sulla diversità biologica.
Per ogni nuova domanda di autorizzazione all’immissione sul mercato di un OGM, il richiedente deve consultare le banche dati per accertarsi se sia già stato determinato un identificatore unico per l’OGM in questione, prima di crearne uno secondo il formato prescritto.
Qualora sia concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio di un OGM, la Commissione europea comunica al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza l’identificatore unico, che verrà iscritto nel registro comunitario degli OGM autorizzati.
A tutti gli OGM autorizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento sono stati assegnati identificatori unici in base allo stesso.
Il formato dell’identificatore unico è definito in allegato al regolamento ed è composto da nove caratteri alfanumerici. I primi due o tre caratteri alfanumerici rappresentano il nome della società o dell’organizzazione. La seconda componente di cinque o sei caratteri rappresenta l’evento di trasformazione* mentre la componente finale è un singolo carattere di controllo, separato da un trattino, ad esempio: MON-00603-1.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica a decorrere dal 16 gennaio 2004.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda la pagina «Tracciabilità ed etichettatura» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
* Identificativo unico: un codice alfanumerico composto da nove caratteri, specifico di un OGM, che gli consente di essere facilmente identificato sull’etichetta di un prodotto.
* Organismi geneticamente modificati: piante o animali allevati per raggiungere una maggiore resa o resistere alle malattie, attraverso la modificazione del loro patrimonio cellulare e genetico.
* Tracciabilità : la capacità di rintracciare gli OGM e i prodotti ottenuti da OGM, in tutte le fasi della catena di produzione e di distribuzione, facilitando un’etichettatura precisa.
* Evento di trasformazione: un termine usato per differenziare geneticamente le varietà di colture e di altri organismi modificati (trasformati) attraverso l’ingegneria genetica.
ATTO
Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l’assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati (GU L 10 del 16.1.2004, pagg. 5-10)
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 641/2004 della Commissione, del 6 aprile 2004, recante norme attuative del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la domanda di autorizzazione di nuovi alimenti e mangimi geneticamente modificati, la notifica di prodotti preesistenti e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale geneticamente modificato che è stato oggetto di una valutazione del rischio favorevole (GU L 102 del 7.4.2004, pagg. 14-25).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 641/2004 della Commissione sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE (GU L 268 del 18.10.2003, pagg. 24-28). Si veda la versione consolidata. | 6,156 | 828 |
32012H0772 | false | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 6 dicembre 2012
sulla pianificazione fiscale aggressiva
(2012/772/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
I paesi di tutto il mondo hanno sempre considerato la pianificazione fiscale come una pratica legittima. Con il passare del tempo, tuttavia, le strutture di pianificazione fiscale sono diventate sempre più sofisticate. Esse si sviluppano tra più giurisdizioni e trasferiscono effettivamente gli utili imponibili in Stati con regimi fiscali favorevoli. Una caratteristica fondamentale delle pratiche in questione è che esse riducono l’ammontare dell’imposta dovuta mediante operazioni legali in senso stretto che sono tuttavia in contrasto con lo scopo della norma.
(2)
La pianificazione fiscale aggressiva consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta. La pianificazione fiscale aggressiva può assumere svariate forme. Fra le conseguenze di questa pratica si possono citare le doppie detrazioni (ad esempio la stessa perdita è detratta sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza) e la doppia non imposizione (ad esempio i redditi che non sono tassati nello Stato della fonte sono esenti nello Stato di residenza).
(3)
Nonostante gli sforzi considerevoli, gli Stati membri hanno difficoltà a proteggere le loro basi imponibili dall’erosione dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. Le disposizioni nazionali vigenti in questo settore spesso non sono pienamente efficaci, soprattutto a causa della dimensione transnazionale di molte strutture di pianificazione fiscale e della maggiore mobilità dei capitali e delle persone.
(4)
Nella prospettiva di conseguire un migliore funzionamento del mercato interno è necessario incoraggiare tutti gli Stati membri a seguire lo stesso approccio generale nei confronti della pianificazione fiscale aggressiva, contribuendo così a ridurre le distorsioni esistenti.
(5)
A tal fine è necessario rimediare ai casi in cui un contribuente trae vantaggi fiscali organizzando i propri affari fiscali in modo che il reddito non sia tassato da nessuna delle giurisdizioni fiscali interessate (doppia non imposizione). Il persistere di tali situazioni può dar luogo a flussi artificiali di capitali e a movimenti artificiali di contribuenti nel mercato interno, danneggiando il corretto funzionamento dello stesso ed erodendo le basi imponibili degli Stati membri.
(6)
Nel 2012 la Commissione ha effettuato una consultazione pubblica sulla doppia non imposizione nel mercato interno. Poiché non è possibile risolvere tutte le questioni esaminate nell’ambito di tale consultazione con un’unica soluzione, è opportuno in un primo tempo trattare il problema legato all’utilizzo frequente di determinate strutture di pianificazione fiscale che traggono vantaggio dalle disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali e spesso comportano una doppia non imposizione.
(7)
Nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione gli Stati membri spesso si impegnano a non assoggettare a imposizione determinati elementi di reddito. Nello stabilire tale trattamento è possibile che essi non verifichino se tali elementi di reddito sono soggetti a imposta nell’altro paese aderente alla convenzione e se sussiste quindi il rischio di una doppia non imposizione. Tale rischio può verificarsi anche se gli Stati membri esentano unilateralmente elementi di redditi esteri, a prescindere dal fatto che siano soggetti a imposta nello Stato della fonte. È importante che la presente raccomandazione tratti entrambe le situazioni.
(8)
Dato che le strutture di pianificazione fiscale sono sempre più elaborate e spesso i legislatori nazionali non hanno tempo sufficiente per reagire, le specifiche misure antiabuso si rivelano in molti casi inadeguate a far fronte alle nuove strutture di pianificazione fiscale aggressiva. Tali strutture possono incidere negativamente sul gettito fiscale nazionale e sul funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno raccomandare l’adozione, da parte degli Stati membri, di una norma antiabuso generale comune intesa anche a evitare la complessità di molte norme diverse. In tale contesto è necessario tener conto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione per quanto riguarda le norme antiabuso.
(9)
Al fine di preservare l’autonomia operativa degli atti dell’Unione vigenti nel settore interessato, la presente raccomandazione non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/133/CE del Consiglio (1), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio (2) e della direttiva 2003/49/CE del Consiglio (3). La Commissione considera attualmente la possibilità di rivedere le suddette direttive al fine di attuare i principi della presente raccomandazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. Oggetto e ambito di applicazione
La presente raccomandazione riguarda la pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell’imposizione diretta.
Essa non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione la cui esecuzione potrebbe essere influenzata dalle disposizioni della raccomandazione.
2. Definizioni
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«imposta», imposta sul reddito, imposta sulle società e, se del caso, imposta sui redditi di capitale, nonché una ritenuta alla fonte di natura equivalente a una di tali imposte;
b)
«reddito», tutti gli elementi definiti tali dalla legislazione nazionale dello Stato membro che utilizza detto termine e, se del caso, gli elementi definiti come redditi di capitale.
3. Limitazione dell’applicazione di norme finalizzate a evitare la doppia imposizione
3.1.
Qualora gli Stati membri, nelle convenzioni contro la doppia imposizione che hanno concluso tra loro o con paesi terzi, si siano impegnati a non assoggettare a imposizione un determinato elemento di reddito, devono garantire che tale impegno si applica solo se l’elemento di reddito in questione è soggetto a imposta nell’altro Stato parte contraente della convenzione.
3.2.
Per dare effetto al punto 3.1 gli Stati membri sono incoraggiati a includere una clausola appropriata nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione. Tale clausola potrebbe essere così formulata:
«Ove la presente convenzione preveda che un elemento di reddito sia imponibile solo in uno degli Stati contraenti o che possa essere soggetto a imposizione in uno degli Stati contraenti, all’altro Stato contraente è preclusa l’imposizione di tale elemento solo se detto elemento è soggetto a imposta nel primo Stato contraente».
In caso di convenzioni multilaterali occorre che il riferimento all’«altro Stato contraente» sia sostituito da un riferimento agli «altri Stati contraenti».
3.3.
Se, al fine di evitare la doppia imposizione mediante norme nazionali unilaterali, gli Stati membri prevedono un’esenzione fiscale per un determinato elemento di reddito percepito in un’altra giurisdizione in cui detto elemento non è assoggettato a imposta, essi sono incoraggiati a garantire che l’elemento sia tassato.
3.4.
Ai fini dei punti 3.1, 3.2 e 3.3 un elemento di reddito dovrebbe essere considerato soggetto a imposta quando è ritenuto imponibile dalla giurisdizione interessata e non è esente da imposta, né beneficia di un credito fiscale pieno o di un’imposizione a tasso zero.
4. Norma generale antiabuso
4.1.
Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi.
4.2.
Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale:
«Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».
4.3.
Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte.
4.4.
Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni:
a)
la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme;
b)
la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale;
c)
la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente;
d)
le operazioni concluse sono di natura circolare;
e)
la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa;
f)
le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali.
4.5.
Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili.
4.6.
Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso.
4.7.
Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni:
a)
un importo non è compreso nella base imponibile;
b)
il contribuente beneficia di una detrazione;
c)
vi è una perdita a fini fiscali;
d)
non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte;
e)
l’imposta estera è compensata.
5. Seguito dato alla raccomandazione
Gli Stati membri informano la Commissione in merito alle misure adottate per conformarsi alla presente raccomandazione nonché alle eventuali modifiche apportate a tali misure.
La Commissione pubblicherà una relazione sull’applicazione della presente raccomandazione entro tre anni dalla sua adozione.
6. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 6 dicembre 2012
Per la Commissione
Algirdas ŠEMETA
Membro della Commissione
(1) GU L 310 del 25.11.2009, pag. 34.
(2) GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8.
(3) GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49. | Pianificazione fiscale aggressiva
La Commissione suggerisce modalità per intervenire sulle scappatoie e sui tecnicismi giuridici, sfruttati da talune aziende per evitare di pagare la giusta quota di imposte.
ATTO
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva.
SINTESI
Il contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva è un aspetto di un piano d'azione della Commissione, particolareggiato e complesso, messo a punto per combattere l'evasione e la frode fiscale.
Il piano illustra modalità pratiche per migliorare la cooperazione amministrativa tra i paesi UE, combattere gli abusi e la doppia non imposizione, nonché affrontare le problematiche legate ai paradisi fiscali e ai reati connessi al fisco.
Oggi, alcuni contribuenti possono usare degli accorgimenti complessi, talvolta artificiosi, per trasferire la propria sede fiscale in altre giurisdizioni all'interno o all'esterno dell'UE. Così facendo, approfittano delle incongruenze nelle leggi nazionali, per assicurarsi che talune componenti del reddito rimangano al sicuro dall'imposizione o per sfruttare le differenze delle aliquote fiscali. Si definisce questo problema pianificazione fiscale aggressiva.
La difficoltà fondamentale consiste nel fatto che una pianificazione fiscale sempre più macchinosa sposta gli utili imponibili verso altri paesi con regimi fiscali più favorevoli per i contribuenti. Questa pratica riduce l'assoggettamento alle imposte grazie ad accorgimenti che si attengono alla legge nella lettera ma ne violano lo spirito: le scappatoie giuridiche.
Sono molte le forme di pianificazione fiscale aggressiva; inoltre, fra le sue conseguenze, troviamo le doppie deduzioni (la stessa perdita, per esempio, si deduce sia nel paese d'origine che in quello di residenza) e la doppia non imposizione (il reddito non tassato nel paese dove è realizzato, per esempio, è esentasse anche nel paese di residenza).
La Commissione esorta quindi i paesi dell'UE a garantire che le convenzionisulla doppia imposizione stipulate con altri paesi UE ed extra-UE, prevedano una clausola progettata per risolvere un tipo di doppia non imposizione, specificamente individuato.
Raccomanda altresì l'utilizzo di una norma generale antiabuso per contribuire ad assicurare la coerenza e l'efficacia in un settore dove la pratica varia notevolmente da paese membro a paese membro.
In questo settore, vi sono molte altre proposte. È stata identificata, ad esempio, la vulnerabilità dell'attuale regime IVA alle frodi. La Commissione ha così deciso di istituire un forum UE sull'IVA nel quale i rappresentanti del mondo economico e le autorità tributarie possano scambiarsi opinioni sugli aspetti pratici dell'amministrazione dell'IVA applicabile alle transazioni fra i paesi UE. Inoltre, essi possono individuare e discutere le migliori pratiche, che potrebbero contribuire a linearizzare la gestione del regime IVA e a tagliare i costi di adeguamento alle normative, garantendo nel contempo anche il gettito IVA.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione
-
-
Gazzetta ufficiale L 338 del 12.12.2012.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale [COM(2012)722 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi [COM(2013)814 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La direttiva sulle società madri e figlie (direttiva 2011/96/UE), in origine, era concepita per impedire che le società dello stesso gruppo con sede in paesi UE diversi vedessero il medesimo reddito tassato due volte (doppia imposizione). Talune società hanno tuttavia sfruttato le disposizioni della direttiva e le incongruenze fra le norme fiscali nazionali per evitare del tutto la tassazione in qualsiasi paese dell'UE (doppia non imposizione).
La modifica proposta inasprirà la direttiva, affinché gli specifici meccanismi di pianificazione fiscale (i finanziamenti ibridi) non possano più fruire di esenzioni fiscali. Secondo la proposta, se è fiscalmente deducibile nel paese UE dove ha sede la società figlia, il pagamento di un finanziamento ibrido deve essere tassato nel paese UE in cui è stabilita la società madre. Questo impedirà alle società che hanno filiali in più paesi UE di pianificare i pagamenti fra le filiali in paesi diversi, in modo da beneficiare della doppia non imposizione. | 4,904 | 365 |
32009L0055 | false | DIRETTIVA 2009/55/CE DEL CONSIGLIO
del 25 maggio 2009
relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro
(Versione codificata)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 93,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (3), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Affinché la popolazione degli Stati membri diventi maggiormente consapevole delle attività della Comunità, occorre mantenere, a favore dei privati, l’azione intrapresa allo scopo di garantire, nella Comunità, le condizioni del mercato interno.
(3)
Gli ostacoli fiscali all’introduzione in uno Stato membro, da parte di privati, di beni personali che si trovano in un altro Stato membro sono tali, in particolare, da intralciare la libera circolazione delle persone nella Comunità; occorre perciò eliminarli, nei limiti del possibile, introducendo esenzioni fiscali.
(4)
Queste esenzioni fiscali possono essere applicate soltanto all’introduzione di beni che non hanno alcun carattere commerciale o speculativo e occorre fissarne pertanto i limiti e le condizioni d’applicazione.
(5)
In ragione delle disposizioni di armonizzazione adottate nei settori delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), le regole relative agli esoneri e alle franchigie all’importazione sono ormai prive di oggetto in tali settori.
(6)
La presente direttiva fa salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato I, parte B,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati qui di seguito, un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro.
2. Esulano dalla presente direttiva:
a)
l’imposta sul valore aggiunto;
b)
i diritti d’accisa;
c)
i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione dei beni di cui al paragrafo 1 all’interno del paese, quali ad esempio i diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, le tasse di circolazione stradale, i canoni televisivi.
Articolo 2
Condizioni relative ai beni
1. Sono considerati «beni personali», a norma della presente direttiva, i beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Questi beni, per la loro natura o quantità, non debbono riflettere alcuna preoccupazione d’ordine commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1 e degli articoli da 10 a 13 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (5). Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato.
2. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa per i beni personali che:
a)
sono stati acquistati alle condizioni fiscali generali del mercato interno di uno degli Stati membri e non beneficiano, in uscita dallo Stato membro di provenienza, di esenzioni o di rimborsi di imposte sui consumi. Per l’applicazione della presente direttiva si ritiene che abbiano soddisfatto tali condizioni i beni acquistati alle condizioni di cui all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE, fatto salvo il paragrafo 1, primo comma, lettera e);
b)
sono stati effettivamente destinati all’uso dell’interessato prima del trasferimento della residenza o dello stabilimento di una residenza secondaria. Gli Stati membri possono esigere che i veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza.
Per i beni di cui alla lettera a), seconda frase, gli Stati membri possono esigere:
i)
per quanto riguarda veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), roulotte da campeggio, abitazioni trasportabili, imbarcazioni da diporto e aerei da turismo, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno dodici mesi prima del trasferimento di residenza;
ii)
per quanto riguarda gli altri beni, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza.
3. Le autorità competenti richiedono la dimostrazione del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 2 per i veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo. Nel caso di beni di altro tipo detta dimostrazione è richiesta solo quando sussistono seri dubbi di frode.
Articolo 3
Condizioni relative all’introduzione
L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte entro i termini rispettivamente previsti agli articoli da 7 a 10.
Articolo 4
Obblighi posteriori all’introduzione
I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo introdotti non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i dodici mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi debitamente giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione.
Articolo 5
Condizioni specifiche relative a taluni beni
L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale nello Stato di destinazione.
Articolo 6
Norme generali per la determinazione della residenza
1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per «residenza normale» il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia per almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita.
Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale.
2. I privati forniscono la prova del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi, in particolare con la carta d’identità o mediante qualsiasi altro documento valido.
3. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione, qualora abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 o anche ai fini di taluni controlli specifici, possono chiedere qualsiasi elemento d’informazione o prove supplementari.
CAPO II
INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DI UN TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA NORMALE
Articolo 7
1. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato in occasione del trasferimento della residenza abituale.
La concessione dell’esenzione è subordinata, fatte salve le modalità eventualmente applicabili in materia di transito comunitario, alla compilazione, su carta libera, di un inventario dei beni e alla presentazione, se lo Stato lo richiede, di una dichiarazione il cui modello e contenuto siano conformi alla procedura prevista all’articolo 248 bis, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (6). Nessuna menzione del valore può essere pretesa nell’inventario.
2. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi al trasferimento della residenza normale. Quando, conformemente all’articolo 3, l’introduzione di beni avviene in più riprese nell’arco di detto periodo, gli Stati membri possono esigere la presentazione di un inventario globale cui un altro ufficio doganale può far riferimento anche in occasione dei successivi traslochi soltanto al momento della prima introduzione. Questo inventario globale può essere completato in accordo con le autorità competenti dello Stato membro di destinazione.
CAPO III
INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DELL’ARREDAMENTO DI UNA RESIDENZA SECONDARIA O DELL’ABBANDONO DI QUEST’ULTIMA
Articolo 8
1. L’esenzione di cui all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato per l’arredamento di una residenza secondaria.
L’esenzione è concessa solo qualora:
a)
la persona interessata sia proprietaria della residenza secondaria o locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi;
b)
i beni introdotti corrispondano al mobilio normale della residenza secondaria.
2. L’esenzione viene concessa inoltre, alle condizioni di cui al paragrafo 1, in caso di introduzione di beni destinati alla residenza normale o a un’altra residenza secondaria in seguito all’abbandono di una residenza secondaria, sempre che detti beni siano stati effettivamente posseduti dall’interessato e destinati all’uso di quest’ultimo prima dello stabilimento di una seconda residenza.
L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi all’abbandono della residenza secondaria.
CAPO IV
INTRODUZIONE DI BENI IN OCCASIONE DI MATRIMONIO
Articolo 9
1. Fatti salvi gli articoli da 2 a 5, chiunque, in occasione del proprio matrimonio, può introdurre in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 nello Stato membro ove conta di stabilire la propria residenza normale, beni personali acquistati o destinati a uso proprio, alle seguenti condizioni:
a)
l’introduzione deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima della data prevista per il matrimonio e che termina quattro mesi dopo la data della celebrazione;
b)
il privato deve fornire la prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio o dell’avvio delle pratiche ufficiali a tal fine.
2. Sono parimenti ammessi in esenzione i regali abitualmente offerti in occasione di un matrimonio, ricevuti da una persona che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, da persone aventi la residenza normale in uno Stato membro diverso da quello di destinazione. L’esenzione è applicabile ai regali il cui valore unitario non superi 350 EUR. Gli Stati membri possono tuttavia accordare un’esenzione per un valore superiore, purché esso non superi, per singoli regali ammessi in esenzione, 1 400 EUR.
3. Per la concessione dell’esenzione gli Stati membri possono richiedere una garanzia adeguata, qualora l’importazione venga effettuata prima della data del matrimonio.
4. Nel caso in cui il privato non fornisca la prova del proprio matrimonio entro quattro mesi dalla data dichiarata per la celebrazione, sono dovute le imposte a decorrere dal giorno dell’introduzione.
CAPO V
INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI DEL «DE CUIUS» ACQUISITI PER VIA SUCCESSORIA
Articolo 10
In deroga all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, all’articolo 4 e all’articolo 5, paragrafo 2, ma fatte salve le altre disposizioni contenute negli articoli 2, 3 e 5, qualunque privato che acquisisca per via successoria (mortis causa) la proprietà o l’usufrutto di beni personali del «de cuius», situati in uno Stato membro, può introdurre tali beni in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 in un altro Stato membro in cui ha una residenza, alle seguenti condizioni:
a)
il privato deve presentare all’autorità competente dello Stato membro di destinazione un attestato rilasciato da un notaio o da altra autorità competente dello Stato membro di provenienza, comprovante l’acquisizione per via successoria dei beni introdotti;
b)
l’introduzione deve essere effettuata entro due anni a decorrere dall’immissione nel possesso di tali beni.
CAPO VI
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 11
1. Gli Stati membri si sforzano di ridurre al massimo le formalità relative all’introduzione effettuata dai privati nei limiti e alle condizioni della presente direttiva e cercano di evitare che le formalità all’introduzione diano adito a controlli che provochino rotture importanti del carico all’entrata nello Stato di destinazione.
2. Gli Stati membri hanno la facoltà di mantenere e/o di prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva, fatta eccezione per quelle di cui all’ articolo 2, paragrafo 2, lettera a).
3. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri non possono applicare, ai sensi della presente direttiva, esenzioni fiscali all’interno della Comunità che siano meno favorevoli di quelle che essi concederebbero per le importazioni di beni personali di privati provenienti da paesi terzi.
Articolo 12
1. Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, in particolare quelle risultanti dall’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.
2. La Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta ogni due anni al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri.
Articolo 13
La direttiva 83/183/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato II.
Articolo 14
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 15
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. ŠEBESTA
(1) Parere del 16 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del 17 settembre 2008 (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 148).
(3) GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64.
(4) V. allegato I, parte A.
(5) GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1.
(6) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 13)
Direttiva 83/183/CEE del Consiglio
(GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64).
Direttiva 89/604/CEE del Consiglio
(GU L 348 del 29.11.1989, pag. 28).
Direttiva 91/680/CEE del Consiglio,
(GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1).
limitatamente all’articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino
Direttiva 92/12/CEE del Consiglio,
(GU L 76 del 23.3.1992, pag. 1).
limitatamente all’articolo 23, paragrafo 3, secondo trattino
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento
(di cui all’articolo 13)
Direttiva
Termine di recepimento
83/183/CEE
1o gennaio 1984
89/604/CEE
1o luglio 1990
91/680/CEE
1o gennaio 1993 (1)
92/12/CEE
1o gennaio 1993 (2)
(1) Essi adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie affinché il loro regime così adattato alle disposizioni previste all’articolo 1, punti da 1 a 20 e punti 22, 23 e 24 e all’articolo 2 della direttiva 91/680/CEE sia messo in vigore al 1o gennaio 1993.
(2) Tuttavia per quanto riguarda l’articolo 9, paragrafo 3, il Regno di Danimarca è autorizzato a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a questa disposizione entro e non oltre il 1o gennaio 1993.
ALLEGATO II
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 83/183/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
—
Articolo 1, paragrafo 2, lettera a)
—
Articolo 1, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto i)
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto ii)
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, ultima frase
—
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1
—
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 7, paragrafo 1, primo comma
Articolo 7, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 1, primo comma
Articolo 8, paragrafo 1, primo comma
Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, punti i) e ii)
Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b)
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 2
Articoli 9, 10 e 11
Articoli 9, 10 e 11
Articolo 12, paragrafo 1
—
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 3
Articolo 12, paragrafo 2
—
Articolo 13
—
Articolo 14
Articolo 13
Articolo 15
—
Allegato I
—
Allegato II | Franchigie fiscali: importazioni definitive di beni personali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a codificare la direttiva 83/183/CEE relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati* provenienti da un altro paese dell’EU.
PUNTI CHIAVE
Questa direttiva prevede un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva di beni personali provenienti da un altro paese dell’UE da parte di privati.
Tali beni non devono essere di natura commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica. Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato.
L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale* nel paese dell’UE di destinazione.
I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i 12 mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti del paese dell’UE di destinazione.
L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte, e per qualsiasi delle seguenti ragioni:in occasione di un trasferimento della residenza normale: tutti i beni personali devono essere introdotti entro 12 mesi dal trasferimento della residenza normale; in occasione dell’arredamento di una residenza secondaria o dell’abbandono di quest’ultima: i beni personali devono corrispondere al mobilio normale della residenza secondaria e la persona interessata deve essere proprietaria della residenza secondaria o essere locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; in occasione di matrimonio: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima la data prevista per il matrimonio e termina quattro mesi dopo la data della celebrazione e deve essere fornita prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio; acquisiti per via successoria: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata entro due anni dalla data in cui l’interessato entra in possesso dei beni personali e deve essere fornita prova dell’avvenuta acquisizione per via successoria dei beni introdotti. Con l’eccezione di talune merci, i paesi dell’UE hanno il diritto di mantenere o prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 30 giugno 2009. La direttiva 2009/55/CE codifica e sostituisce la direttiva 83/183/CEE, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984.
PAROLE CHIAVE
Beni personali: beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia.
Residenza normale: il luogo in cui una persona dimora abitualmente (per almeno 185 giorni all’anno), a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/55/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da un paese dell’UE (Versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pagg. 36-41). | 7,481 | 800 |
21998A1022(01) | false | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America - Proprietà intellettuale
Gazzetta ufficiale n. L 284 del 22/10/1998 pag. 0037 - 0044
ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'AmericaLA COMUNITÀ EUROPEA, in prosieguo denominata «la Comunità»,da una parte, eIL GOVERNO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA,dall'altra,in seguito denominati «le Parti»,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche in alcuni settori di interesse comune e che le Parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;VISTA la dichiarazione sulle relazioni CE-USA del 23 novembre 1990, la nuova agenda transatlantica e il piano d'azione comune UE-USA, adottati il 3 dicembre 1995 a Madrid;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di estendere a rafforzare le attività svolte in cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo Le Parti promuovono, sviluppano e agevolano attività svolte in cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività svolta in cooperazione», qualunque attività che le Parti intraprendono o sostengono finanziariamente a norma del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni», dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato relativo alle attività svolte in cooperazione;c) «proprietà intellettuale», la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta», ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto;e) «partecipante», qualsiasi persona fisica o giuridica, come per esempio agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, privati, imprese, centri di ricerca, università, controllate di società europee e statunitensi o qualunque altro soggetto giuridico che partecipi ad attività in cooperazione.Articolo 3 Principi Le attività in cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato sulla ripartizione equilibrata dei vantaggi previsti dall'accordo tra le Parti;b) l'offerta reciproca di opportunità di intraprendere attività in cooperazione;c) la parità di condizioni e di trattamento;d) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'attività svolta in cooperazione.Articolo 4 Settori di attività in cooperazione a) Le attività di cooperazione si svolgono nei settori seguenti:- ambiente (compresa la ricerca sul clima);- biomedicina e sanità (compresa la ricerca sull'AIDS, le malattie infettive e l'uso di stupefacenti);- agricoltura;- scienze della pesca;- ricerca ingegneristica;- energia non nucleare;- risorse naturali;- scienze dei materiali e metrologia;- tecnologie dell'informazione e della comunicazione;- telematica;- biotecnologia;- scienze e tecnologie marine;- ricerca nel campo delle scienze sociali;- trasporti;- politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.b) Le Parti possono modificare il presente elenco su raccomandazione del gruppo consultivo paritetico menzionato all'articolo 6, secondo le rispettive procedure vigenti.c) Le Parti possono condurre congiuntamente attività in cooperazione con terzi.Articolo 5 Modalità dell'attività svolta in cooperazione a) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le Parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività in cooperazione a norma del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività svolte in cooperazione possono assumere le forme seguenti:1. progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca congiunta;2. task force congiunte;3. studi in comune;4. organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop;5. formazione di ricercatori e tecnici;6. scambi o condivisione di attrezzature e materiali;7. visite e scambi di personale scientifico, di personale tecnico e di personale di altre categorie;8. scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche, nonché informazioni in materia di prassi, leggi, regolamenti e programmi riguardanti la cooperazione a norma del presente accordo.Ove opportuno, tali attività in cooperazione hanno luogo in base ad accordi di attuazione stipulati tra gli organi esecutivi delle Parti, ovvero tra le rispettive agenzie e organismi scientifici e tecnologici. Tali accordi possono disciplinare la natura e la durata della cooperazione in un determinato settore o per un fine specifico, il regime di proprietà intellettuale secondo le disposizioni dell'allegato, il sistema di finanziamento, la ripartizione dei costi ed altri aspetti rilevanti.Articolo 6 Coordinamento e agevolazione di attività in cooperazione a) Il coordinamento e l'agevolazione di attività in cooperazione a norma del presente accordo sono attuati dal Dipartimento di Stato, per conto del governo degli Stati Uniti d'America, e dalla Commissione europea, per conto della Comunità, che agiscono come organi esecutivi delle Parti.b) Gli organi esecutivi istituiscono un gruppo consultivo paritetico (in seguito denominato «GCP») preposto alla supervisione della cooperazione scientifica e tecnologica intrapresa a norma del presente accordo. Il GCP è formato da un numero limitato e uguale di rappresentanti ufficiali per ciascuna Parte.c) Il GCP può tenere consultazioni su temi generali di ricerca e di tecnologia, scambiare informazioni, istituire, ove opportuno, task force e gruppi di lavoro, consultare esperti secondo le necessità e svolgere ogni altro compito che faciliti per le Parti la comprensione reciproca delle rispettive attività e programmi connessi alla scienza e alla tecnologia.d) I compiti GCP comprendono:1. la supervisione delle attività previste dal presente accordo e la formulazione di pertinenti raccomandazioni;2. la formulazione di raccomandazioni a norma dell'articolo 4, lettera b);3. la consulenza delle Parti sulle possibili vie per incrementare la cooperazione in base ai principi enunciati nel presente accordo;4. la redazione di una relazione annuale, destinata alle Parti, sul livello, lo stato di avanzamento e l'efficacia delle attività in cooperazione intraprese in forza del presente accordo;5. l'esame dell'efficienza e dell'effettiva applicazione dell'accordo.e) Il GCP si riunisce una volta all'anno, salvo diverso accordo delle Parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità o negli Stati Uniti d'America. Il GCP stabilisce le proprie procedure interne, che sono soggette all'approvazione delle Parti.f) Le decisioni del GCP sono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale in cui sono annottate le decisioni e i principali punti discussi. Il suddetto verbale è approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione.Articolo 7 Aspetti finanziari e giuridici a) Le attività in considerazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, nonché dei programmi della Comunità e degli Stati Uniti d'America.b) Ciascuna Parte sostiene i costi relativi all'espletamento delle funzioni di sua competenza a norma del presente accordo, ivi compresi i costi della partecipazione alle riunioni del GCP. Tuttavia, i costi direttamente connessi alle riunioni del GCP, diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno, sono direttamente sostenuti dalla Parte ospitante.Articolo 8 Circolazione del personale e delle apparecchiature Ogni Parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale, dei dati e delle apparecchiature impiegati nelle attività in cooperazione di cui al presente accordo.Articolo 9 Regime di proprietà intellettuale L'attribuzione e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale a norma del presente accordo sono disciplinate dalle disposizioni dell'allegato, che forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Ove opportuno, le Parti si adoperano per ricondurre ai termini del presente accordo nuove intese in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il governo degli Stati Uniti d'America che rientrino nell'ambito dell'articolo 4.b) Il presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti da altri accordi tra le Parti, né da accordi o intese avvenuti tra ciascuna delle Parti e terzi non partecipanti, ivi compresi gli accordi e le intese tra le rispettive agenzie ed organismi scientifici e tecnologici e uno Stato membro della Comunità.Articolo 11 Campo d'applicazione territoriale Il presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio degli Stati Uniti d'America, fatta salva la possibilità di intraprendere attività in cooperazione in alto mare, nello spazio extra-atmosferico, o nei territori di paesi terzi, a norma del diritto internazionale.Articolo 12 Entrata in vigore, denuncia e risoluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni. Fatto salvo il diritto delle Parti di rivedere l'accordo nel corso dell'ultimo anno di ogni quinquennio, l'accordo può essere ulteriormente prorogato, con eventuali modificazioni, di quinquennio in quinquennio mediante accordo scritto tra le Parti.c) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione e la denuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata di eventuali intese avviate in base allo stesso, degli accordi stipulati nel suo contesto né gli specifici diritti e obblighi attribuiti a norma dell'allegato.d) L'accordo può essere modificato con l'accordo delle Parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione del presente accordo.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo è risolta di comune accordo tra le Parti.Articolo 13 Il presente accordo è redatto in duplice copia nella lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Washington DC, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y siete.Udfærdiget i Washington DC, den femte december nitten hundrede og syvoghalvfems.Geschehen zu Washington DC am fünften Dezember neunzehnhundertsiebenundneunzig.¸ãéíå óôçí ÏõÜóéãêôïí DC, óôéò 5 Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá åðôÜ.Done at Washington DC on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-seven.Fait à Washington DC, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-dix-sept.Fatto a Washington DC, addì cinque dicembre millenovecentonovantasette.Gedaan te Washington DC, de vijfde december negentienhonderd zevenennegentig.Feito em Washington DC, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e sete.Tehty Washington DC:ssä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäseitsemän.Som skedde i Washington DC den femte december nittonhundranittiosju.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòFor the Government of the United States of AmericaPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the United States of AmericaPor el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the European CommunityPor la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO PROPRIETÀ INTELLETTUALE A norma dell'articolo 9 del presente accordo,le Parti assicurano la protezione adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in forza del presente accordo e degli accordi conclusi per la sua attuazione. Ciascuna Parte si impegna a notificare tempestivamente all'altra Parte qualunque invenzione o opera tutelata da diritto d'autore, che sia creata nel contesto del presente accordo, e a provvedere tempestivamente alla protezione dei relativi diritti di proprietà intellettuale. L'attribuzione di tali diritti è disciplinata dalle disposizioni del presente allegato.I. AMBITO DI APPLICAZIONE A. Il presente allegato si applica a tutte le attività in cooperazione dalle Parti o dai loro partecipanti a norma del presente accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le Parti.B. Agli effetti del presente accordo, la definizione di «proprietà intellettuale» è quella data dall'articolo 2 della convenzione di Stoccolma del 14 luglio 1967, che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale.C. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle Parti o ai partecipanti. Ciascuna delle Parti provvede affinché l'altra Parte o i partecipanti dell'altra Parte possano ottenere i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione dei diritti tra una Parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle leggi e dalle prassi previste dall'ordinamento di tale Parte.D. Qualsiasi controversia in materia di proprietà intellettuale che sorga nell'ambito del presente accordo dovrebbe essere risolta mediante trattative tra i partecipanti interessati o, se necessario, tra le Parti. Previo accordo delle Parti, i partecipanti possono rimettere la controversia ad un collegio arbitrale, che emette una decisione vincolante. Salvo diverso accordo scritto tra i partecipanti, all'arbitrato si applicano le norme UNCITRAL.E. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui al presente allegato.II. ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI A. Ciascuna Parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di riprodurre, di distribuire al pubblico e di tradurre articoli di riviste scientifiche e tecniche, relazioni scientifiche non oggetto di esclusiva e libri, che sono diretto risultato della cooperazione intrapresa a norma del presente accordo. Ogni copia da distribuire al pubblico di un'opera tutelata dal diritto d'autore, estratta sulla base della presente disposizione deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Ogni Parte o i partecipanti di questa hanno diritto di rivedere una traduzione prima della sua distribuzione al pubblico.B. I diritti di proprietà intellettuale di qualunque tipo, ad eccezione dei diritti menzionati al paragrafo II, punto A, sono attribuiti nella maniera seguente:1. Ai ricercatori ospiti, come per esempio agli scienziati che intendono principalmente perfezionare la loro istruzione, spettano i diritti di proprietà intellettuale previsti dagli accordi con gli organismi ospitanti. Inoltre, ogni ricercatore, ospite designato come inventore ha diritto allo stesso trattamento dei cittadini del paese ospitante per quanto riguarda i premi, le gratifiche, i vantaggi e qualsiasi altro diritto accordato in base alla politica praticata dall'organismo ospitante.2. a) Per la proprietà intellettuale che sorge o può sorgere nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti o i loro partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia. Il piano di gestione della tecnologia tiene conto del contributo rispettivamente apportato dalle Parti e dai loro partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o un regime per campi di applicazione, delle legislazioni nazionali delle Parti e di ogni altro fattore ritenuto importante.b) Se le Parti o i loro partecipanti non hanno stabilito un piano di gestione della tecnologia nell'accordo iniziale di ricerca in cooperazione e non riescono a raggiungere un accordo entro un congruo periodo di tempo, non superiore a sei mesi da quando una Parte è venuta a conoscenza del fatto che sono sorti o probabilmente sorgeranno diritti di proprietà intellettuale nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti e i loro partecipanti definiscono la questione a norma del paragrafo I, punto D. In attesa della definizione della questione, la proprietà intellettuale è comune a entrambe le Parti o ai loro partecipanti, ma l'esercizio del diritto di utilizzazione economica (incluso lo sviluppo di prodotti) è subordinato al reciproco consenso.c) Per «ricerca congiunta» si intende la ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto.d) Qualora una Parte ritenga che un progetto di ricerca congiunta che rientra nell'ambito del presente accordo comporti o possa comportare la nascita o il conferimento di un tipo di diritti di proprietà intellettuale che, pur essendo tutelati da essa, non trovano tutela in tutto il territorio dell'altra Parte, le Parti aprono immediatamente una trattativa per definire l'attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale in questione. Le attività congiunte in questione saranno sospese in pendenza della trattativa, salvo diverso accordo delle Parti. Se non può essere raggiunto un accordo entro tre mesi dalla data in cui è stata richiesta l'apertura della trattativa, la cooperazione nel progetto considerato è sospesa o cessa, su richiesta di una delle Parti.III. INFORMAZIONI ESCLUSIVE Se nel contesto del presente accordo sono fornite o elaborate informazioni esclusive tempestivamente individuate come tali, ciascuna delle Parti e i propri partecipanti tutelano tali informazioni secondo le leggi, i regolamenti e le prassi amministrative applicabili. In mancanza di previa autorizzazione scritta, è fatto divieto alle Parti di rivelare a chiunque le informazioni esclusive ad eccezione di dipendenti, funzionari governativi, contraenti e subcontraenti. In ogni caso le informazioni rivelate possono essere utilizzate esclusivamente nei limite delle autorizzazioni o licenze concesse alle Parti oppure nell'ambito di lavori oggetto di contratti stipulati con le Parti e riguardanti la materia oggetto delle informazioni divulgate. Le Parti impongono o hanno imposto, mediante strumenti adeguati, quali contratti di ricerca, atti di assegnazione di borse di studio o piani di gestione della tecnologia, l'obbligo per tutti i partecipanti che ricevono tali informazioni di mantenerle segrete.Se una delle Parti si rende conto che secondo le proprie disposizioni legislative e regolamentari non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare il divieto di rivelare le informazioni esclusive, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. Per poter essere individuata come esclusiva un'informazione deve essere segreta, cioè non deve essere nota o conoscibile con mezzi leciti nella sua individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che la compongono, deve avere un valore economico effettivo o potenziale in virtù della sua segretezza, deve essere stata oggetto degli atti richiesti dalle circostanze posti in essere dal suo legittimo detentore per mantenerne la segretezza e non deve essere già in possesso del soggetto che la riceve senza che questi sia tenuto all'obbligo della riservatezza. | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e gli Stati Uniti
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici.
Con la sua decisione 98/591/CE, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE).
Il consiglio ha approvato le successive proroghe nel 2004 (Decisione 2004/756/CE), nel 2009 (Decisione 2009/306/CE — compresa una modifica dell’accordo), nel 2014 (Decisione 2014/240/UE) e nel 2018 [Decisione (UE) 2018/1578].
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:beneficio reciproco; opportunità reciproche di porre in essere attività di cooperazione; trattamento equo e corretto; scambio tempestivo delle informazioni.Cooperazione
Le aree di attività di cooperazione sono:ambiente (inclusa la ricerca sul clima); biomedicina e salute (inclusi AIDS, malattie infettive e abuso di droghe); agricoltura; scienze della pesca; ricerca ingegneristica; energia non nucleare; risorse naturali; scienze dei materiali (comprese le nanotecnologie) e metrologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; telematica; biotecnologia; scienze e tecnologie marine; ricerca in scienze sociali; trasporti; ricerca sulla sicurezza; ricerca spaziale; politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.Attività
Le attività di cooperazione possono includere:progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca comuni; task force comuni; studi comuni; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop; formazione di personale scientifico e personale tecnico; scambio o condivisione di attrezzature e materiali; visite e scambi di personale scientifico, ingegneri o altro personale qualificato; scambi di informazioni scientifiche e tecnologiche e di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 14 ottobre 1998 per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato con eventuali modifiche per ulteriori periodi di cinque anni.
L’accordo è stato prorogato quattro volte, l’ultima delle quali nel 2018, ogni volta per un ulteriore periodo di cinque anni. La seconda proroga conteneva una modifica — aggiungendo la ricerca sulla sicurezza e lo spazio all’elenco dei settori interessati dalle attività di cooperazione.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Gli Stati Uniti e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con gli Stati Uniti per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Cile (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e USA (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2018/1578 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 263 del 22.10.2018, pag. 1).
Decisione 2014/240/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 43).
Decisione 2009/306/CE del Consiglio, del 30 marzo 2009, relativa alla proroga e alla modifica dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 90 del 2.4.2009, pag. 20).
Decisione 98/591/CE del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 35).
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 37).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo di attuazione tra la Commissione europea e il governo degli Stati Uniti d’America per la cooperazione tra ricercatori finanziati separatamente dai programmi quadro dell’Unione europea e degli Stati Uniti su ricerca e innovazione, lunedì 17 ottobre 2016. | 7,960 | 505 |
32002D0348 | false | 2002/348/GAI: Decisione del Consiglio, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali
Gazzetta ufficiale n. L 121 del 08/05/2002 pag. 0001 - 0003
Decisione del Consigliodel 25 aprile 2002concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali(2002/348/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno del Belgio,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) L'obiettivo che l'Unione si prefigge ai sensi dell'articolo 29 del trattato, è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in particolare sviluppando tra gli Stati membri un'azione comune nel settore della cooperazione di polizia.(2) Il fenomeno del calcio è caratterizzato da un'estrema internazionalizzazione, dovuta ai vari campionati europei ed internazionali e ai numerosi spostamenti di tifosi. Per quanto riguarda la sicurezza in occasione delle partite di calcio, tale internazionalizzazione rende necessario un approccio che trascende la dimensione nazionale.(3) È opportuno che il calcio non sia considerato esclusivamente come una possibile fonte di problemi connessi con perturbazioni dell'ordine, della tranquillità e della sicurezza pubblici, ma come un evento che, a prescindere dai rischi potenziali, deve essere gestito in modo efficiente.(4) In particolare per prevenire e combattere la violenza legata al calcio, è essenziale scambiare informazioni, in modo da consentire ai servizi di polizia ed alle autorità competenti negli Stati membri di provvedere ai preparativi del caso e di reagire in modo appropriato.(5) Ai fini dello scambio di informazioni in occasione di un evento calcistico e tenuto conto della cooperazione internazionale tra forze di polizia necessaria in caso di partite internazionali, è essenziale creare in ciascuno Stato membro un punto permanente di informazione sul calcio avente carattere di polizia.(6) Nell'ambito del Consiglio d'Europa sono state adottate: la convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, del 28 gennaio 1981, la raccomandazione n. R (87)15 del Comitato dei Ministri, del 17 settembre 1987, tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia, nonché la convenzione europea del 19 agosto 1985, sulla violenza e le intemperanze degli spettatori in occasione di manifestazioni sportive ed in particolare di incontri calcistici.(7) Il Consiglio ha adottato, il 26 maggio 1997, l'azione comune 97/339/GAI in materia di cooperazione nel settore dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza(2) e il 9 giugno 1997, la risoluzione sulla prevenzione e repressione di atti di teppismo in occasione delle partite di calcio, mediante lo scambio di esperienze, il divieto di accedere agli stadi e una politica in materia di mezzi di comunicazione di massa(3).(8) Il Consiglio, inoltre, ha adottato, il 6 dicembre 2001, una risoluzione concernente un manuale di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro(4),DECIDE:Articolo 1Creazione di un punto nazionale d'informazione sul calcio1. Ciascuno Stato membro crea o designa un punto nazionale d'informazione sul calcio avente carattere di polizia.2. Ciascuno Stato membro notifica per iscritto al Segretariato generale del Consiglio le coordinate del suo punto nazionale d'informazione sul calcio e ogni modica successiva in virtù della presente decisione. Il Segretariato generale del Consiglio provvede a pubblicarle nella Gazzetta ufficiale.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio funge da punto di contatto diretto e centrale per lo scambio delle informazioni pertinenti e l'agevolazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia in relazione alle partite di calcio internazionali.Uno Stato membro può decidere di effettuare determinati contatti riguardanti aspetti legati al calcio tramite i servizi specificamente competenti per questi aspetti, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio ne sia quanto meno informato tempestivamente e in maniera adeguata.4. Ciascuno Stato membro provvede affinché il proprio punto nazionale d'informazione sul calcio sia in grado di assolvere con efficacia e rapidità i compiti assegnatigli.5. La presente decisione lascia impregiudicate le disposizioni nazionali in vigore, in particolare per quanto attiene alla ripartizione di competenze tra le varie autorità e i diversi servizi dello Stato membro interessato.Articolo 2Compiti del punto nazionale d'informazione sul calcio1. Il centro nazionale d'informazione sul calcio assicura ed agevola il coordinamento dello scambio di informazioni tra servizi di polizia in occasione delle partite di calcio internazionali. Possono essere scambiate informazioni anche con altre autorità incaricate dell'applicazione della legge che contribuiscono, conformemente alla ripartizione delle competenze vigente nel rispettivo Stato membro, alla pubblica sicurezza ed all'ordine pubblico.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio ha accesso, in conformità della legislazione nazionale ed internazionale applicabile in materia, alle informazioni relative ai dati di carattere personale concernenti tifosi a rischio.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio agevola, coordina o organizza l'attuazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia per quanto riguarda le partite di calcio internazionali.4. Conformemente alle disposizioni nazionali vigenti, in particolare la ripartizione delle competenze tra le diverse autorità e i diversi servizi negli Stati membri interessati, il punto nazionale d'informazione sul calcio può assumersi il compito di fornire assistenza alle autorità nazionali competenti.5. Il punto nazionale d'informazione sul calcio fornisce, per le partite internazionali, per lo meno su richiesta di un altro punto nazionale d'informazione sul calcio di uno Stato membro interessato, un'analisi dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale.Articolo 3Scambio di informazioni di polizia tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. I punti nazionali d'informazione sul calcio, su richiesta di un punto nazionale d'informazione sul calcio interessato o di propria iniziativa, procedono a scambi d'informazioni generali e alle condizioni previste al paragrafo 3, di dati di carattere personale, prima, durante e dopo l'evento calcistico internazionale.2. Le informazioni generali scambiate in occasione di un incontro di calcio internazionale sono di tipo strategico, operativo e tattico. Si intende per:- "informazioni strategiche": i dati che descrivono l'evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza,- "informazioni operative": i dati che permettono di ottenere un quadro corretto dei fatti che si verificano nell'ambito dell'evento,- "informazioni tattiche": i dati che consentono ai responsabili operativi di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza durante l'incontro.3. Lo scambio di dati di carattere personale avvengono conformemente alla legislazione nazionale e internazionale applicabile, tenendo conto dei principi della convenzione n. 108 del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale nonché - se del caso - della Raccomandazione n. R(87) 15 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 settembre 1987 tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia. Lo scambio è inteso a preparare e adottare le misure appropriate per mantenere l'ordine pubblico in occasione di un evento calcistico. In particolare, si può trattare di informazioni riguardanti individui che presentano o possono presentare una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblici.Articolo 4Modalità di comunicazione tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. Il trattamento delle informazioni relative a partite internazionali di calcio è coordinato tramite il punto nazionale d'informazione sul calcio, il quale fa sì che tutti i servizi di polizia interessati ricevano tempestivamente le informazioni necessarie. Dopo il trattamento l'informazione è sfruttata dal punto d'informazione stesso o trasmessa alle autorità e servizi di polizia interessati.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio dello Stato membro che organizza l'evento calcistico comunica, prima, durante e dopo il campionato o la partita con il(i) servizio(i) di polizia nazionale (nazionali) dello(degli) Stato(i) interessato(i), eventualmente tramite l'ufficiale di collegamento designato e messo a disposizione dallo(dagli) Stato(i) interessato(i). Si può ricorrere a tale ufficiale di collegamento per questioni riguardanti l'ordine pubblico e la sicurezza, la violenza connessa al calcio e la criminalità in generale, nella misura in cui esiste una relazione con la partita o il torneo in questione.3. I punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano in modo da garantire la riservatezza dei dati. Le informazioni scambiate, purché non riguardino dati a carattere personale, sono archiviate e possono in seguito essere consultate da altri punti nazionali d'informazione interessati, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio che ha fornito le informazioni, abbia la possibilità di definire in via preliminare una posizione in materia.Articolo 5Regime linguisticoI vari punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano nelle rispettive lingue, con copia in una lingua di lavoro comune alle parti interessate, salvo disposizioni contrarie convenute in materia tra le parti interessate.Articolo 6ValutazioneEntro due anni dall'adozione della presente decisione, il Consiglio ne valuta l'attuazione.Articolo 7Entrata in vigoreLa presente decisione ha efficacia il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Lussemburgo, addì 25 aprile 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) Parere espresso il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 147 del 5.6.1997, pag. 1.(3) GU C 193 del 24.6.1997, pag. 1.(4) GU C 22 del 24.1.2002, pag. 1. | Sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Mira a prevenire e a combattere la violenza legata al calcio al fine di garantire la sicurezza dei cittadini dell’Unione europea (UE) delineando metodi per la vigilanza coordinata a livello internazionale delle partite di calcio.Stabilisce punti nazionali d’informazione sul calcio per agevolare la condivisione delle informazioni, la cooperazione transfrontaliera e la vigilanza delle partite di calcio internazionali.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono creare un punto nazionale d’informazione sul calcio relativo alla vigilanza delle partite di calcio di carattere internazionale di alto livello, tra squadre di diversi paesi. Esso ha il compito di:coordinare e agevolare la cooperazione internazionale tra i servizi di polizia e lo scambio di informazioni;condividere informazioni sui tifosi a rischio;fornire potenziale assistenza alle autorità nazionali;mettere a disposizione degli altri paesi dell’UE una valutazione dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale.
Le informazioni vengono condivise prima, durante e dopo un incontro di calcio, come segue:informazioni strategiche, che descrivono l’evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza;informazioni operative, che forniscono un quadro dei fatti che si verificano nell’ambito dell’evento;informazioni tattiche, che consentono di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, e feedback dopo l’evento.Le informazioni sono riservate e devono essere fornite in maniera tempestiva, con garanzia che lo scambio di dati personali rispetti la legislazione interna e internazionale in vigore.La decisione 2002/348/GAI è stata modificata nel 2007 dalla Decisione 2007/412/GAI concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali.Una risoluzione del Consiglio del 2003 ha chiesto all’UE di valutare il divieto di accesso agli stadi da parte di individui che avessero precedentemente commesso atti di violenza in occasione di partite di calcio. Essa comprendeva la possibilità di estendere i divieti ad altri paesi dell’UE, accompagnata da sanzioni in caso di inadempienza.Il manuale per la cooperazione internazionale tra forze di polizia, il «manuale UE per il settore calcistico», originariamente introdotto nel 1999 e aggiornato dalle risoluzioni del Consiglio del 4 dicembre 2006, 3 giugno 2010 e 29 novembre 2016, costituisce un modello per la condivisione delle informazioni.
Il manuale fornisce indicazioni dettagliate su:raccolta di intelligence;ricognizione;ruolo degli osservatori o informatori di polizia;controllo della folla;comunicazione con i tifosi e con i mediacondizioni in base alle quali gli operatori di polizia possono offrire assistenza diretta in altri paesi.Con una decisione del 2014, la Commissione europea e la Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) ha accettato di accelerare la cooperazione e il dialogo, inserendo azioni mirate ad aumentare gli sforzi di lotta alla violenza negli stadi. Esse organizzano incontri ad alto livello almeno una volta l’anno per valutare i progressi compiuti.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata dal giovedì 9 maggio 2002.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Supporting fair play and cooperation in sport — European and international federations (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione del Consiglio 2002/348/GAI, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali (OJ L 121, 8.5.2002, pag. 1–3)
Gli emendamenti successivi alla decisione 2002/348/GAI sono stati incorporati nel testo di base. Questa versione consolidata ha semplice valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Risoluzione del Consiglio del 17 novembre 2003 per l'adozione negli Stati membri del divieto di accesso agli impianti dove si svolgono partite di calcio di rilevanza internazionale (OJ C 281, 22.11.2003, pag. 1–2)
Risoluzione del Consiglio concernente un manuale aggiornato di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro («manuale UE per il settore calcistico») (OJ C 444, 29.11.2016, pag. 1–36)
Decisione della Commissione del 14 ottobre 2014 che adotta l’accordo per la cooperazione tra la Commissione europea e l’Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) (C(2014) 7378 final del 14.10.2014) | 4,458 | 547 |
31996R2271 | false | Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti
Gazzetta ufficiale n. L 309 del 29/11/1996 pag. 0001 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 2271/96 DEL CONSIGLIO del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivantiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 73 C, 113 e 235,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),considerando che fra gli obiettivi della Comunità europea vi è anche quello di contribuire allo sviluppo armonioso del commercio mondiale e alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi internazionali;considerando che la Comunità si sforza di conseguire, nella maggiore misura possibile, l'obiettivo della libera circolazione di capitali tra Stati membri e paesi terzi e l'eliminazione delle restrizioni agli investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, allo stabilimento, alla prestazione di servizi finanziari o all'ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari;considerando che un paese terzo ha approvato talune leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi con l'intento di disciplinare l'attività di persone fisiche e giuridiche poste sotto la giurisdizione degli Stati membri;considerando che per i loro effetti extraterritoriali tali leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi violano il diritto internazionale e ostacolano il conseguimento degli obiettivi sopra menzionati;considerando che tali atti normativi, ivi compresi regolamenti e altri strumenti legislativi, e le azioni su di essi basate o da essi derivanti, incidono o potrebbero incidere sull'ordinamento giuridico costituito e avere effetti negativi sugli interessi della Comunità e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che, in presenza di tali circostanze eccezionali, è necessario avviare un'azione a livello comunitario per proteggere l'ordinamento giuridico costituito, gli interessi della Comunità e di dette persone, in particolare eliminando, neutralizzando, bloccando o altrimenti contrastando gli effetti della normativa estera interessata;considerando che la richiesta di fornire informazioni in virtù del presente regolamento non impedisce ad uno Stato membro di chiedere informazioni della stessa natura da comunicare alle autorità di tale Stato;considerando che il Consiglio ha adottato l'azione comune 96/668/PESC, del 22 novembre 1996 (2) per garantire che gli Stati membri prendano le misure necessarie per la protezione delle persone fisiche e giuridiche i cui interessi sono lesi dai suddetti atti normativi e azioni su di essi basate, qualora tali interessi non siano tutelati dal presente regolamento;considerando che la Commissione, nell'attuazione del presente regolamento, dovrebbe essere assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri;considerando che le azioni previste nel presente regolamento sono necessarie per conseguire gli obiettivi del trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che il trattato, per l'adozione di talune disposizioni del presente regolamento, prevede solo l'esercizio dei poteri contemplati dall'articolo 235,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento fornisce protezione e neutralizza gli effetti dell'applicazione extraterritoriale degli atti normativi indicati nell'allegato del presente regolamento, compresi i regolamenti e gli altri strumenti legislativi e delle azioni su di essi basate o da essi derivanti, qualora tale applicazione leda gli interessi delle persone di cui all'articolo 11 che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali connesse tra la Comunità e i paesi terzi.Il Consiglio, deliberando conformemente alle pertinenti disposizioni del trattato e nonostante le disposizioni dell'articolo 7, lettera c), può inserire o sopprimere atti normativi dall'allegato del presente regolamento.Articolo 2 Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona di cui all'articolo 11 siano lesi, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti, tale persona ne informa la Commissione nei 30 giorni successivi alla data in cui le è pervenuta l'informazione; se sono lesi gli interessi di una persona giuridica, tale obbligo incombe ai direttori, dirigenti o altre persone aventi responsabilità direttive (3).A richiesta della Commissione, tale persona fornisce tutte le informazioni pertinenti ai fini del presente regolamento conformemente alla richiesta della Commissione entro 30 giorni dalla data di quest'ultima.Tutte le informazioni sono trasmesse alla Commissione direttamente o tramite le autorità competenti degli Stati membri. Se le informazioni sono trasmesse direttamente alla Commissione, questa ne informa immediatamente le autorità competenti dello Stato membro in cui la persona che ha fornito le informazioni è residente o registrata.Articolo 3 Tutte le informazioni fornite conformemente all'articolo 2 vengono utilizzate soltanto per gli scopi indicati.Le informazioni di carattere riservato o che sono state fornite su base confidenziale sono protette dall'obbligo del segreto professionale. Esse non vengono divulgate dalla Commissione senza l'esplicita autorizzazione della persona che le ha fornite.La Commissione può rivelare tali informazioni qualora obbligata o autorizzata a farlo, in particolare in relazione ad azioni giudiziarie. In questo caso si deve tener conto dell'interesse legittimo della persona interessata a che non siano divulgati i suoi segreti commerciali.Il presente articolo non preclude alla Commissione la possibilità di divulgare informazioni di carattere generale. La divulgazione di tali informazioni non è permessa qualora ciò sia incompatibile con il loro scopo originario.In caso di violazione della riservatezza, il mittente delle informazioni ha il diritto di ottenere, secondo il caso, che siano soppresse, rettificate o non prese in considerazione.Articolo 4 Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un'autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operative gli atti normativi indicati nell'allegato o azioni su di essi basate o da essi derivanti, è accettata o eseguita in alcun modo.Articolo 5 Nessuna delle persone di cui all'articolo 11 deve rispettare, direttamente o attraverso una consociata o altro intermediario, attivamente o per omissione deliberata, richieste o divieti, comprese le richieste di tribunali stranieri, basate o derivanti, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Conformemente alle procedure di cui agli articoli 7 e 8, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, le norme contestate se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. I criteri di applicazione della presente disposizione sono fissati secondo la procedura di cui all'articolo 8. Qualora sussistano prove sufficienti che l'inosservanza causerebbe gravi danni ad una persona fisica o giuridica, la Commissione sottopone senza indugio al comitato di cui all'articolo 8 un progetto delle misure adeguate da adottare a norma del presente regolamento.Articolo 6 Qualsiasi persona di cui all articolo 11, impegnata in un'attività di cui all'articolo 1 ha diritto al risarcimento dei danni, comprese le spese giudiziali, ad essa causati dall'applicazione degli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Tale risarcimento può essere ottenuto dalla persona fisica o giuridica o da qualsiasi altra entità che ha causato danni o da qualsiasi persona che agisca per suo conto o altro intermediario.La convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale si applica ai procedimenti avviati ed alle sentenze rese ai sensi del presente articolo. Il risarcimento può essere ottenuto sulla base delle disposizioni delle sezioni da 2 a 6 del titolo II di tale convenzione, nonché, ai sensi dell'articolo 57, paragrafo 3 di tale convenzione, tramite procedimenti giudiziari avviati dinanzi ai tribunali di uno Stato membro in cui tale persona, entità, persona che agisce per suo conto o intermediario detiene dei beni.Fatti salvi altri mezzi disponibili e conformemente alla legislazione applicabile, il risarcimento potrebbe assumere la forma di sequestro e vendita di beni detenuti da tali persone, entità, persone che agiscono per loro conto o altri intermediari nella Comunità, comprese le azioni detenute in una persona giuridica registrata nella Comunità.Articolo 7 Per l'attuazione del presente regolamento la Commissione:a) informa immediatamente ed esaurientemente il Parlamento europeo e il Consiglio sugli effetti degli atti normativi, regolamenti e altri strumenti legislativi e azioni derivanti di cui all'articolo 1, in base alle informazioni ottenute ai sensi del presente regolamento, e prepara in merito periodicamente un'esauriente relazione pubblica;b) concede autorizzazioni alle condizioni stabilite nell'articolo 5, e, nello stabilire il termine entro il quale il comitato deve esprimere il suo parere, tiene interamente conto del termine che le persone soggette ad autorizzazione devono rispettare;c) inserisce o sopprime, se del caso, riferimenti a regolamenti o ad altri strumenti legislativi che derivano da atti normativi indicati nell'allegato e che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento;d) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso sulle sentenze e decisioni a cui si applicano gli articoli 4 e 6;e) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il nome e l'indirizzo delle autorità competenti degli Stati membri cui si fa riferimento nell'articolo 2.Articolo 8 Nell'attuazione del disposto dell'articolo 7, lettere b) e c), la Commissione è assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste se sono conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato o, in mancanza di parere, la Commissione presenta senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. Il Consiglio delibera alla maggioranza qualificata.Se al termine di un periodo di due settimane dalla data di presentazione al Consiglio quest'ultimo non ha deliberato, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9 Ciascuno Stato membro decide le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 10 La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente sulle misure adottate conformemente al presente regolamento e si scambiano le informazioni connesse.Articolo 11 Il presente regolamento si applica a:1) qualsiasi persona fisica residente nella Comunità (4) e che ha la cittadinanza di uno Stato membro,2) qualsiasi persona giuridica registrata nella Comunità,3) qualsiasi persona fisica o giuridica di cui all'articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 4055/86 (5),4) qualsiasi altra persona fisica residente nella Comunità, fatto salvo il caso in cui tale persona si trovi nel paese di cui ha la cittadinanza,5) qualsiasi altra persona fisica nel territorio della Comunità, compresi le sue acque territoriali e il suo spazio aereo, e a bordo di qualsiasi aeromobile o nave soggetti alla giurisdizione o al controllo di uno Stato membro, nell'esercizio della sua attività professionale.Articolo 12 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteS. BARRETT(1) Parere espresso il 25 ottobre 1996 (GU n. C 347 del 18. 11. 1996).(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Le informazioni devono pervenire all'indirizzo seguente: Commissione europea, Direzione generale I, Rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Brussels [fax (32-2) 295 65 05].(4) Ai fini del presente regolamento, per «residente nella Comunità» si intende: legalmente stabilito nella Comunità per un periodo di almeno 6 mesi entro il periodo di 12 mesi immediatamente precedente la data in cui, ai sensi del presente regolamento, insorge un obbligo o viene esercitato un diritto.(5) Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU n. L 378 del 31. 12. 1986, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3573/90 (GU n. L 353 del 17. 12. 1990, pag. 16).ALLEGATO LEGGI, REGOLAMENTI E ALTRI STRUMENTI LEGISLATIVI (1) di cui all'articolo 1 PAESE: STATI UNITI D'AMERICAATTI LEGISLATIVI1. «National Defense Authorisation Act for Fiscal Year 1993» Title XVII - «Cuban Democracy Act 1992», sections 1704 and 1706Prescrizioni:Le prescrizioni sono consolidate nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Gli obblighi imposti sono ora incorporati nel «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).2. «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996Titolo IPrescrizioni:Conformarsi all'embargo economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba, in particolare non esportando negli Stati Uniti beni o servizi di origine cubana o contenenti materiali o beni provenienti da Cuba o direttamente o attraverso paesi terzi, non trattando merci che si trovano o si trovavano precedentemente a Cuba o che sono trasportate da o attraverso Cuba, non riesportando negli Stati Uniti zucchero originario di Cuba senza notifica dell'autorità nazionale competente dell'esportatore e non importando negli Stati Uniti prodotti a base di zucchero senza assicurarsi che non sono prodotti cubani, congelando beni cubani e le operazioni finanziarie con Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Divieto di caricare o scaricare merci da un'imbarcazione in qualsivoglia luogo degli Stati Uniti o di entrare in un porto statunitense; rifiuto di importare prodotti o servizi originari di Cuba e di importare a Cuba prodotti o servizi originari degli Stati Uniti; blocco di operazioni finanziarie coinvolgenti Cuba.Titolo III e Titolo IVPrescrizioni:Porre fine a «operazioni» («trafficking») con beni precedentemente di proprietà di statunitensi (compresi cubani che hanno ottenuto la cittadinanza degli Stati Uniti) e espropriati dal regime cubano. (Le «operazioni» comprendono: uso, vendita, passaggio di proprietà, controllo, gestione e altre attività a vantaggio di una persona.)Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Procedimenti giudiziari negli Stati Uniti, basati su responsabilità venute a esistenza, contro cittadini o società dell'UE coinvolti in «operazioni» («trafficking»), terminantisi con sentenze o decisioni che impongono il pagamento di un indennizzo (multiplo) alla parte statunitense. Rifiuto di ingresso negli Stati Uniti per persone coinvolte in «operazioni» («trafficking»), compresi coniuge, figli minorenni e rappresentanti.3. «Iran and Libya Sanctions Act» del 1996Prescrizioni:Divieto di investire in Iran o Libia un importo superiore a 40 milioni di dollari USA durante un periodo di dodici mesi, che contribuisca in modo diretto e significativo ad accrescere la capacità dell'Iran o della Libia di sviluppare le rispettive risorse petrolifere. (Investimento destinato alla stipulazione d'un contratto per detto sviluppo, a garantire lo stesso, a trarne profitto, o ad acquistare parte della relativa proprietà.)N. B.: Non sono presi in considerazione gli investimenti fatti nel quadro di contratti esistenti prima del 5 agosto 1996.Rispetto dell'embargo nei confronti della Libia decretato dalle risoluzioni 748 (1992) e 883 (1993) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (2).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Misure adottate dal presidente USA per limitare le importazioni negli Stati Uniti o i contratti d'appalto per tale paese; divieto di essere designati come operatore primario o depositario di fondi governativi statunitensi; diniego di accesso a prestiti erogati da enti finanziari statunitensi; restrizioni di esportazione imposte dagli Stati Uniti; rifiuto di assistenza da parte della Export-Import Bank.REGOLAMENTI1. 1 CFR (Code of Federal Regulations) Ch. V (ed. 7-1-95 edition) Part 515 - Cuban Assets Control Regulations, subpart B (Prohibitions), E (Licenses, Authorizations and Statements of Licensing Policy) and G (Penalties)Prescrizioni:I divieti sono consolidati nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi sopra). Inoltre sono prescritte licenze e/o autorizzazioni per attività economiche concernenti Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Sanzioni pecuniarie, confisca, carcerazione in caso di violazione.(1) Ulteriori informazioni quanto alle disposizioni e ai regolamenti di cui sopra possono essere ottenute presso la Commissione europea, Direzione generale I.E.3, rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles [fax (32-2) 295 65 05].(2) Per l'attuazione di queste risoluzioni vedi il regolamento (CE) n. 3274/93 del Consiglio (GU n. L 295 del 30. 11. 1993, pag. 1). | Effetti della legislazione straniera sugli interessi finanziari dell’UE
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
L’obiettivo del regolamento è di proteggere gli interessi di persone fisiche o giuridiche dagli effetti extraterritoriali di una legislazione adottata da paesi terzi.
PUNTI CHIAVE
Le leggi coperte dal regolamento sono specificate nell’allegato. La protezione copre:gli scambi internazionali; e/o i movimenti di capitali; e le attività commerciali connesse tra l’Unione europea e i paesi terzi Il regolamento si applica a:persone fisiche residenti nell’Unione e cittadini di un paese dell’Unione; persone giuridiche costituite all’interno dell’Unione; cittadini di paesi membri che si siano stabiliti al di fuori dell’Unione e compagnie di trasporti stabilite al di fuori dell’Unione e controllate da cittadini di uno stato membro (ad es. un cittadino francese che lavori per una compagna di trasporti olandese in un paese non membro), se il loro aeromobile o nave sono registrati in quel paese in accordo con la sua legislazione; persone fisiche residenti nell’Unione, salvo il caso in cui si trovino nel loro paese di cittadinanza; ogni altra persona fisica che si trovi all’interno dell’Unione, incluse le sue acque territoriali e spazio aereo e in qualsiasi aeromobile o nave sotto la giurisdizione o il controllo di un paese membro, nell’esercizio della sua attività professionale. Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona siano lesi da una legislazione straniera, tale persona ne deve informare la Commissione europea entro 30 giorni. I 30 giorni decorrono dalla data in cui questa informazione è pervenuta alla persona.Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un’autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operativi gli atti normativi indicati nell’allegato (come ad esempio l’«Iran and Libya Sanctions Act» del 1996 degli USA) è accettata o eseguita in alcun modo. Nessuna delle persone cui si riferisce il regolamento deve rispettare richieste o divieti basati o derivanti dagli atti normativi indicati nell’allegato. Tuttavia, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, tali norme o divieti se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. Questa autorizzazione viene concessa dalla Commissione, con l’assistenza di un comitato composto da rappresentanti dei paesi membri.I paesi membri determinano le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del regolamento.
Modifiche al regolamento
Il regolamento (UE) n. 37/2014 dà alla Commissione il potere di adottare atti delegati. Stabilisce inoltre che l’attuazione del regolamento (CE) n. 2271/96 richiede condizioni uniformi per la definizione di criteri intesi ad autorizzare le persone a conformarsi integralmente o in parte a eventuali prescrizioni o divieti, tra cui le ingiunzioni di tribunali stranieri, nei casi in cui la loro inosservanza pregiudicherebbe gravemente i loro interessi o quelli dell’Unione. Tali misure dovrebbero essere adottate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. (Ruolo dei comitati nelle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione europea).
Il regolamento delegato (UE) 2018/1100 modifica l’allegato per tenere conto del fatto che nel maggio 2018 gli Stati Uniti hanno annunciato che non rinunceranno più ad applicare le loro misure restrittive nazionali nei confronti dell’Iran. Alcune di queste misure hanno un’applicazione extraterritoriale e possono avere effetti negativi sugli interessi dell’Unione e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche coinvolte in attività economiche con l’Iran.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato a partire dal 29 novembre 1996.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (GU L 309 del 29.11.1996, pagg. 1–6).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2271/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014 che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (GU L 18, 21.1.2014, pagg. 1-51).
Cfr. la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55, 28.2.2011, pagg. 13-18). | 7,174 | 908 |
32016D1841 | false | DECISIONE (UE) 2016/1841 DEL CONSIGLIO
del 5 ottobre 2016
relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Nel corso della 21a conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), tenutasi a Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre 2015, è stato adottato il testo di un accordo concernente il rafforzamento della risposta mondiale ai cambiamenti climatici.
(2)
L'accordo di Parigi è stato firmato il 22 aprile 2016 conformemente alla decisione (UE) 2016/590 (2) del Consiglio.
(3)
L'accordo di Parigi entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 parti dell'UNFCCC, che rappresentino un totale stimato di almeno il 55 % delle emissioni totali di gas a effetto serra, avranno depositato i loro strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione. Tra le parti dell'UNFCCC si annoverano l'Unione e i suoi Stati membri sono parti. Nelle sue conclusioni del 18 marzo 2016, il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità che l'Unione e i suoi Stati membri concludano l'accordo di Parigi al più presto e in tempo per esserne parti al momento dell'entrata in vigore.
(4)
L'accordo di Parigi sostituisce l'approccio adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997.
(5)
L'accordo di Parigi stabilisce, tra l'altro, un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per mantenerlo a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. A tal fine, le parti prepareranno, comunicheranno e manterranno i contributi successivi stabiliti a livello nazionale.
(6)
A partire dal 2023, nel quadro dell'accordo di Parigi, le parti faranno il punto della situazione a livello mondiale ogni cinque anni sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche e del grado di attuazione raggiunto fino a quel momento; ciò consentirà di monitorare i progressi e valutare le riduzioni delle emissioni, l'adattamento e il sostegno fornito, fermo restando che ciascun contributo successivo di una parte stabilito a livello nazionale deve rappresentare una progressione rispetto al suo precedente contributo e tradurre la sua più alta ambizione possibile.
(7)
Un obiettivo vincolante di riduzione interna in tutti i settori economici di almeno il 40 % delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, rispetto al 1990, è stato sancito nelle conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 sul quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima. Il l 6 marzo 2015 il Consiglio ha adottato il suddetto obiettivo quale contributo previsto determinato a livello nazionale dell'Unione e dei suoi Stati membri, che come tale è stato comunicato al segretariato dell'UNFCCC.
(8)
Nella sua comunicazione che accompagna la proposta dell'Unione per la firma dell'accordo di Parigi, la Commissione ha sottolineato che la transizione mondiale verso l'energia pulita richiede mutamenti nei comportamenti di investimento e incentivi nell'intero spettro delle politiche. Per l'Unione è di primaria importanza la creazione di un'Unione dell'energia resiliente, capace di garantire un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile, competitivo e a prezzi ragionevoli ai propri cittadini. Per raggiungere questo obiettivo occorre proseguire con azioni ambiziose per il clima e compiere progressi riguardo ad altri aspetti dell'Unione dell'energia.
(9)
Il Consiglio ha confermato nelle conclusioni del 18 settembre 2015 l'intenzione dell'Unione e dei suoi Stati membri di agire congiuntamente nel quadro dell'accordo di Parigi e ha accolto con favore l'intenzione della Norvegia e dell'Islanda di partecipare a tale azione congiunta.
(10)
L'azione congiunta dell'Unione e dei suoi Stati membri sarà concordata a tempo debito e riguarderà il rispettivo livello di emissioni assegnato all'Unione e ai sui Stati membri.
(11)
L'articolo 4, paragrafo 16, dell'accordo di Parigi stabilisce che il segretariato debba essere informato dell'azione congiunta e anche dei livelli di emissioni attribuiti a ciascuna parte nel periodo considerato.
(12)
L'accordo di Parigi è conforme agli obiettivi ambientali dell'Unione di cui all'articolo 191 del trattato, vale a dire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente; la protezione della salute umana; e la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
(13)
È pertanto opportuno approvare l'accordo di Parigi e la dichiarazione relativa alle competenze a nome dell'Unione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'accordo di Parigi adottato il 12 dicembre 2015 nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è approvato a nome dell'Unione.
Il testo dell'accordo di Parigi è accluso alla presente decisione.
La dichiarazione relativa alle competenze, acclusa alla presente decisione, è ugualmente approvata a nome dell'Unione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, lo strumento di ratifica presso il segretario generale delle Nazioni Unite, in conformità dell'articolo 20, paragrafo 1, dell'accordo di Parigi, unitamentealla dichiarazione relativa alle competenze.
Articolo 3
1. Gli Stati membri si adoperano per adottare le misure necessarie al fine di procedere al deposito degli strumenti di ratifica simultaneamente all'Unione o successivamente non appena possibile.
2. Gli Stati membri informano la Commissione delle loro decisioni riguardo alla ratifica dell'accordo di Parigi o, a seconda dei casi, della probabile data di espletamento delle procedure necessarie.
Articolo 4
La decisione entra in vigore il giorno successivo alla sua adozione.
Fatto a Bruxelles, il 5 ottobre 2016
Per il Consiglio
Il presidente
M. LAJČÁK
(1) Approvazione del 4 ottobre 2016.
(2) Decisione (UE) 2016/590 del Consiglio, dell'11 aprile 2016, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 103 del 19.4.2016, pag. 1). | Cambiamenti climatici: l’accordo di Parigi ratificato dall’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La presente decisione del Consiglio dell’Unione europea ratifica l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici a nome di tutti i paesi dell’Unione europea (UE).
L’accordo mira a rafforzare la risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, limitando il riscaldamento ben al di sotto di 2 oC.
PUNTI CHIAVE
In base all’accordo, i paesi dell’UE dovranno:
raggiungere l’obiettivo a lungo termine di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 oC, rispetto ai livelli pre-industriali;
proseguire gli sforzi per limitare l’aumento a 1,5 oC;
predisporre e applicare piani d’azione nazionali (contributi previsti determinati a livello nazionale) per soddisfare tali obiettivi;
comunicare reciprocamente e al pubblico i progressi che stanno compiendo rispetto ai loro impegni;
dal 2023, fare il punto della situazione a livello globale ogni cinque anni insieme ai partner internazionali, per porsi ulteriori obiettivi sulla base delle evidenze scientifiche e dei risultati conseguiti;
adottare misure per gestire l’impatto dei cambiamenti climatici che sono già inevitabili;
fornire un supporto pratico e finanziario ai paesi in via di sviluppo, per aiutarli ad adattarsi ai cambiamenti climatici.
L’azione dell’UE sui cambiamenti climatici fino ad oggi
Nel 2014, i paesi dell’UE si sono posti un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40 % entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Ciò comporterà il passaggio a forme di energia pulita, sostenibile, che devono anche essere competitive e convenienti. L’UE riconosce la necessità di incentivi per incoraggiare gli investimenti necessari in questo settore.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
Esso entra in vigore il 4 novembre 2016 e si applicherà a partire dal 2020.
CONTESTO
L’accordo rafforza la risposta globale ai cambiamenti climatici delineando le politiche odierne per raggiungere la neutralità climatica entro la fine del secolo.
È stato adottato da 195 paesi a Parigi nel dicembre 2015 e sostituisce il protocollo di Kyoto del 1997.
Approfondimenti
«Accordo di Parigi» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2016/1841 del Consiglio, del 5 ottobre 2016, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di Parigi adottato nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 282 del 19.10.2016, pagg. 1-3)
Accordo di Parigi (GU L 282 del 19.10.2016, pagg. 4-18) | 3,041 | 47 |
22000A0111(01) | false | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina
Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0032 - 0038
ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentinaLa COMUNITÀ EUROPEA (in seguito denominata "la Comunità"),da una parte, ela REPUBBLICA ARGENTINA (in seguito denominata "Argentina"),dall'altra,in seguito denominate le "parti",CONSIDERATO l'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990;CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e l'Argentina;CONSIDERATO che la Comunità europea e l'Argentina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, ivi compresi progetti di dimostrazione secondo la definizione dell'articolo 2, lettera d), in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizioni di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra l'Argentina e la Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l'Argentina in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto della ricerca congiunta e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione condotta con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che dell'Argentina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi delle parti che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto. Per "progetti di dimostrazione" si intendono progetti che sono destinati a comprovare l'efficienza economico-finanziaria di nuove tecnologie che offrono un potenziale beneficio economico, ma che non possono essere commercializzate direttamente;e) "partecipante" o "organismo" di ricerca, qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Argentina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può estendersi a tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", rientranti nella prima azione del programma quadro e definite dall'articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea e a tutte le azioni di RST analoghe condotte in Argentina nei corrispondenti settori scientifici e tecnici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione dell'Argentina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Le Parti favoriscono la partecipazione degli organismi di ricerca alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, in conformità delle rispettive politiche interne e legislazioni, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca argentini a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti argentini intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle regole e alle procedure applicabili previste dai programmi di RST di ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo previsto dall'articolo 6, lettera b), e ritenuta conforme alle politiche e alle procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato del presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Ai fini del presente accordo, le parti designano le seguenti autorità, quali organi esecutivi incaricati del coordinamento e dell'agevolazione delle attività di cooperazione: per conto dell'Argentina, il segretariato di scienza e tecnologia del ministero della Cultura e dell'Istruzione, o altra autorità che l'Argentina potrà notificare in qualsiasi momento con preavviso scritto e, per conto della Comunità, i rappresentanti della Commissione delle Comunità europee.b) Gli organi esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nella RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti ufficiali per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 del presente accordo, nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel quadro della RST ai fini dello sviluppo;2) indica, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone, ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione, coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata al comitato misto istituito dall'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione del comitato misto istituito dall'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990, nelle date concordate, e informa detto comitato dell'esito delle riunioni. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Argentina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) Ciascuna parte si fa carico delle spese relative alla propria partecipazione alle riunioni del comitato direttivo. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi alle riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora programmi specifici di cooperazione di una delle parti prevedano il finanziamento dei partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra a favore di tali attività deve essere esentato da tasse e dazi doganali, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureOgni parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna delle parti, al fine di agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal suo territorio di persone, materiali, dati e apparecchiature inerenti o impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Argentina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato del presente accordo.Gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti di RST argentini, hanno, per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito di tale partecipazione, gli stessi diritti ed obblighi degli organismi di ricerca argentini e sono soggetti alle disposizioni dell'allegato del presente accordo.L'allegato sui diritti di proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica ai territori cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni previste da detto trattato, e al territorio della Repubblica argentina.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data dell'ultima delle comunicazioni scritte mediante le quali le parti si sono notificate l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere tacitamente prorogato di quinquennio in quinquennio, previa valutazione effettuata nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.c) Il presente accordo può essere modificato con il consenso delle parti. Le modificazioni entrano in vigore secondo le stesse modalità di cui alla lettera a).d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata degli accordi stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il venti settembre millenovecentonovantanove, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_2000006IT.003501.EPS">Per la Repubblica argentina>PIC FILE= "L_2000006IT.003502.EPS">ALLEGATODIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALEL'allegato forma parte integrante dell' "Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina", in seguito denominato "accordo".I diritti di proprietà intellettuale sorti o ceduti in virtù dell'accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. Ambito di applicazioneIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c) dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti e i suoi partecipanti provvedono affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte ed i suoi cittadini o partecipanti, che è disciplinata dalle norme e dalle procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi, che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva della proprietà intellettuale. Le parti e/o i partecipanti, secondo il caso, si impegnano a darsi reciproca comunicazione, entro un termine ragionevole, di qualunque proprietà intellettuale sorta nell'ambito dell'accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto;b) sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti;c) trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti;d) protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o dall'agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di utilizzazione, del trasferimento di dati, beni o servizi la cui esportazione è controllata, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale, il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la protezione e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può disciplinare anche le conoscenze di base e le nuove conoscenze, le licenze e gli elementi da fornire.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute conoscenze o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali conoscenze o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali conoscenze o diritti spetta in comune a tutti partecipanti alla ricerca congiunta che ha generato le conoscenze o i diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali conoscenze e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in conformità di tali principi.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà l'accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente protocollo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo tale da promuovere:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo, eii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971). Il diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare gli interessi del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico facente capo a una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video e software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni, deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo di cooperazione erogato dalle parti.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono;b) il valore commerciale reale o potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti ed i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate ai sensi dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni esclusive così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del paragrafo 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto preliminare a una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. | Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Argentina
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare attività negli ambiti scientifici e tecnologici di comune interesse. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo si basano su una serie di principi:beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione
L’accordo può riguardare le attività nell’ambito dell’attuazione dei programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione di entrambe le parti.
Attività
Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:partecipazione di organismi di ricerca argentini a progetti di RST nell’ambito del programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE (R&I) e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nell’UE a progetti argentini intrapresi in settori analoghi; collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di R&I delle parti; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo come previsto dall’articolo 6 dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 28 maggio 2001 per un periodo iniziale di 5 anni e potrebbe essere tacitamente rinnovato a seguito di una valutazione durante il penultimo anno di ogni quinquennio successivo. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di sei mesi.
CONTESTO
La base di una più ampia cooperazione politica tra l’UE e l’Argentina è l’Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica del 1990 che stabilisce le basi per la cooperazione nel commercio estero, nell’economia, nell’agricoltura e nell’industria.
Per ulteriori informazioni, si veda:Relazioni UE- Argentina (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’Argentina, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’Argentina (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina (GU L 6 dell’11.1.2000, pag. 32).
Decisione 2000/15/CE del Consiglio, del 2 dicembre 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina (GU L 6 dell’11.1.2000, pag. 31). | 7,871 | 671 |
32007D0845 | false | DECISIONE 2007/845/GAI DEL CONSIGLIO
del 6 dicembre 2007
concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Finlandia,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
La motivazione fondamentale della criminalità organizzata transfrontaliera è il profitto economico che costituisce un incentivo a commettere ulteriori reati per conseguire sempre maggiori profitti. Di conseguenza i servizi incaricati dell’applicazione della legge dovrebbero avere le conoscenze necessarie per compiere indagini e analisi sulle tracce finanziarie delle attività criminali. Per combattere efficacemente la criminalità organizzata, le informazioni che possono condurre al reperimento e al sequestro dei proventi di reato e altri beni appartenenti ai criminali devono essere scambiate rapidamente tra gli Stati membri dell’Unione europea.
(2)
Il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2003/577/GAI, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (2), e la decisione quadro 2005/212/GAI, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (3) che tratta alcuni aspetti della cooperazione giudiziaria in materia penale nel settore del blocco o sequestro e della confisca di proventi, strumenti e altri beni connessi con reati.
(3)
È necessaria una stretta cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri incaricate del reperimento di proventi illeciti e altri beni passibili di confisca e è opportuno prevedere disposizioni che permettano una comunicazione diretta tra tali autorità.
(4)
A tal fine gli Stati membri dovrebbero disporre di uffici nazionali per il recupero dei beni che siano competenti in questi settori e dovrebbero assicurare che tali uffici possano scambiarsi informazioni rapidamente.
(5)
La rete interagenzie Camden per il recupero dei beni (CARIN), istituita all’Aia il 22-23 settembre 2004 da Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, rappresenta già una rete globale di operatori e esperti con l’obiettivo di rafforzare la conoscenza reciproca dei metodi e delle tecniche utilizzati nel settore dell’identificazione, del congelamento, del sequestro e della confisca transfrontalieri dei proventi di reato e altri beni connessi. La presente decisione dovrebbe completare la CARIN fornendo la base giuridica per lo scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni di tutti gli Stati membri.
(6)
Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Il programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni», la Commissione ha altresì raccomandato di rafforzare gli strumenti per affrontare gli aspetti finanziari della criminalità organizzata, promuovendo tra l’altro la creazione di unità di informazione sui proventi del crimine negli Stati membri.
(7)
La cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni e tra detti uffici e altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato si svolge in base alle procedure e ai termini previsti dalla decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge (4), compresi i motivi di rifiuto ivi contenuti.
(8)
La presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicate le modalità di cooperazione definite dalla decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, (5) nonché le vigenti modalità di cooperazione tra forze di polizia,
DECIDE:
Articolo 1
Uffici per il recupero dei beni
1. Ciascuno Stato membro istituisce o designa un ufficio nazionale per il recupero dei beni incaricato di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato e altri beni connessi con reati che possono essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro, ovvero confisca, emanato dall’autorità giudiziaria competente nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, uno Stato membro può, in conformità del proprio diritto nazionale, istituire o designare due uffici per il recupero dei beni. Qualora uno Stato membro disponga di più di due autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, esso designa come punti di contatto al massimo due dei suoi uffici per il recupero dei beni.
3. Gli Stati membri indicano le autorità che costituiscono un ufficio nazionale per il recupero dei beni ai sensi del presente articolo. Gli Stati membri notificano tale informazione e qualsiasi modifica successiva al segretariato generale del Consiglio per iscritto. Ciò non osta a che altre autorità, incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, scambino informazioni ai sensi degli articoli 3 e 4 con un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro.
Articolo 2
Cooperazione tra uffici per il recupero dei beni
1. Gli Stati membri assicurano che i loro uffici per il recupero dei beni cooperino l’un l’altro ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 1, scambiandosi informazioni e migliori pratiche, sia su richiesta che spontaneamente.
2. Gli Stati membri assicurano che questa cooperazione non sia ostacolata dallo statuto degli uffici per il recupero dei beni secondo la normativa nazionale, sia che tali Uffici facciano parte di un’autorità amministrativa, di un’autorità incaricata dell’applicazione della legge o di un’autorità giudiziaria.
Articolo 3
Scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni su richiesta
1. Un ufficio per il recupero dei beni di uno Stato membro o un’altra autorità in uno Stato membro incaricata di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato può presentare una richiesta di informazioni presso un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1. A tale scopo l’ufficio o l’unità si avvale della decisione quadro 2006/960/GAI e delle norme adottate in applicazione della stessa.
2. Nel completare il formulario previsto dalla decisione quadro 2006/960/GAI l’ufficio per il recupero dei beni richiedente specifica l’oggetto e i motivi della richiesta nonché la natura del procedimento. Esso fornisce indicazioni quanto più esatte possibile sui beni oggetto dei provvedimenti o ricercati (conti bancari, beni immobili, automobili, panfili e altri beni di valore) e/o sulle persone fisiche o giuridiche che si presume siano implicate (ad esempio nomi, indirizzi, data e luogo di nascita, data di iscrizione nel registro, azionisti, sedi).
Articolo 4
Scambio spontaneo di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni
1. Gli uffici per il recupero dei beni o altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato possono, entro i limiti imposti dal diritto nazionale applicabile e senza bisogno di apposita richiesta, scambiare informazioni che ritengono necessarie per l’esecuzione dei compiti di un altro ufficio per il recupero dei beni in conformità delle finalità enunciate all’articolo 1, paragrafo 1.
2. Allo scambio di informazioni di cui al presente articolo si applica, per analogia, l’articolo 3.
Articolo 5
Protezione dei dati
1. Ciascuno Stato membro assicura che le norme in materia di protezione dei dati siano applicate anche nell’ambito della procedura sullo scambio di informazioni di cui alla presente decisione.
2. L’uso delle informazioni scambiate direttamente o bilateralmente ai sensi della presente decisione è soggetto alle disposizioni in materia di protezione dei dati dello Stato membro ricevente allorquando alle informazioni si applicano le stesse norme in materia di protezione dei dati che sarebbero applicate se fossero state raccolte in detto Stato membro. I dati personali trattati nell’ambito dell’applicazione della presente decisione sono protetti conformemente alla convenzione del Consiglio d’Europa, del 28 gennaio 1981, sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale e, per gli Stati membri che lo hanno ratificato, al protocollo addizionale dell’8 novembre 2001 a tale convenzione, concernente le autorità di controllo ed i flussi transfrontalieri. Nel trattare i dati personali ottenuti ai sensi della presente decisione, le autorità incaricate dell’applicazione della legge dovrebbero altresì tener conto dei principi della raccomandazione n. R(87) 15 del Consiglio d’Europa che disciplina l’uso dei dati di carattere personale nel settore della polizia.
Articolo 6
Scambio delle migliori pratiche
Gli Stati membri assicurano che gli uffici per il recupero dei beni procedano allo scambio delle migliori pratiche sui modi per migliorare l’efficacia degli sforzi degli Stati membri diretti a identificare e reperire proventi di reato e altri beni connessi con reati che possano essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro o confisca da parte dell’autorità giudiziaria competente.
Articolo 7
Relazione con le modalità di cooperazione esistenti
La presente decisione lascia impregiudicati gli obblighi derivanti dagli strumenti dell’Unione europea sull’assistenza giudiziaria reciproca o sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale, dagli accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi in materia di assistenza giudiziaria reciproca e della decisione 2000/642/GAI e della decisione quadro 2006/960/GAI.
Articolo 8
Osservanza
1. Gli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, entro il 18 dicembre 2008. Nel contempo gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di legislazione nazionale che consente loro di osservare gli obblighi derivanti dalla presente decisione.
2. Se gli Stati membri non hanno ancora attuato la decisione quadro 2006/960/GAI, i riferimenti a tale decisione quadro nella presente decisione si intendono fatti agli strumenti applicabili in materia di cooperazione di polizia tra gli Stati membri.
3. Il Consiglio valuta l’osservanza della presente decisione da parte degli Stati membri entro il 18 dicembre 2010, in base a una relazione presentata dalla Commissione,
Articolo 9
Applicazione
La presente decisione prende effetto dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2007.
Per il Consiglio
Il presidente
A. COSTA
(1) Parere del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 196 del 2.8.2003, pag. 45.
(3) GU L 68 del 15.3.2005, pag. 49.
(4) GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89.
(5) GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4. | Cooperazione tra i paesi dell’Unione europea per il recupero dei proventi di reato
SINTESI
COSA FA LA DECISIONE?
Stabilisce i requisiti per l’istituzione di uffici per il recupero dei beni nei paesi dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
L’obiettivo degli uffici per il recupero dei beni è agevolare la tracciabilità e l’identificazione dei proventi di reato che possono diventare oggetto di un ordine di congelamento, sequestro o confisca, nell’ambito di un’indagine penale o civile.
I paesi dell’UE devono designare almeno un ufficio per il recupero dei beni (o un massimo di due uffici) sul territorio nazionale. Gli uffici per il recupero dei beni assicurano il mutuo scambio di informazioni, indipendentemente dal loro status (autorità incaricata dell’applicazione della legge, giudiziaria o amministrativa).
Un ufficio per il recupero dei beni o un’altra autorità di un paese dell’UE con responsabilità simili può effettuare una richiesta di informazioni da un ufficio di un altro paese dell’UE, al fine di richiedere informazioni nell’ambito di un’indagine penale o civile. Tale richiesta dovrebbe includere le informazioni seguenti:
l’oggetto e il motivo della richiesta;
la natura del procedimento;
la proprietà oggetto del provvedimento o ricercata e/o le persone fisiche o giuridiche (società o persone) che si presume essere coinvolte.
Un ufficio per il recupero dei beni può, senza ricevere richiesta, scambiare spontaneamente le informazioni che ritiene necessarie per l’esecuzione dei compiti di un ufficio in un altro paese dell’UE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È stata applicata a partire dal 18 dicembre 2007.
CONTESTO
Successivamente alla decisione quadro, la Commissione europea ha lanciato una piattaforma informale per migliorare ulteriormente la cooperazione tra i paesi UE e coordinare gli scambi di informazioni e migliori pratiche.
Una relazione della Commissione del 2011 ha rilevato che, sebbene gli uffici per il recupero dei beni siano uno strumento efficace per lottare contro i proventi della criminalità, essi dovevano affrontare problemi comuni, con particolare riferimento alla loro capacità di accedere alle informazioni finanziarie rilevanti.
Nel 2014, è stata adottata la direttiva 2014/42/UE per stabilire norme minime comunitarie relative sia al congelamento dei beni in vista di eventuale confisca successiva, sia alla confisca dei beni in materia penale. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella propria legislazione nazionale entro il 4 ottobre 2015.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Confisca e recupero dei beni»sul sito web della Commissione europea.
ATTO
Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GU L 332 del 18.12.2007, pagg. 103-105)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 39-50). Le correzioni alla direttiva 2014/42/UE sono state integrate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU L 196 del 2.8.2003, pagg. 45-55). Si veda la versione consolidata.
Decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca (GU L 328 del 24.11.2006, pagg. 59-78). Si veda la versione consolidata. | 4,859 | 767 |
31996R2185 | false | Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità
Gazzetta ufficiale n. L 292 del 15/11/1996 pag. 0002 - 0005
REGOLAMENTO (EURATOM, CE) N. 2185/96 DEL CONSIGLIO dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolaritàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),(1) considerando che il potenziamento della lotta contro la frode ed altre irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario è essenziale per la credibilità della Comunità;(2) considerando che dall'articolo 209 A del trattato risulta che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità rientra in primo luogo nella responsabilità degli Stati membri, fatte salve altre disposizioni del trattato;(3) considerando che il regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (3), ha predisposto un quadro giuridico comune a tutti i settori di attività della Comunità;(4) considerando che l'articolo 1, paragrafo 2 del suddetto regolamento definisce la nozione di «irregolarità» e che nel sesto considerando di tale regolamento si precisa che le condotte che danno luogo a irregolarità comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (4);(5) considerando che detto regolamento ha previsto, all'articolo 10, la successiva adozione di disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco;(6) considerando che, per ragioni di efficacia e fatti salvi i controlli effettuati dagli Stati membri a norma dell'articolo 8 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95, occorre adottare, in materia di controlli e verifiche da effettuare sul posto da parte della Commissione, disposizioni generali supplementari che lascino impregiudicata l'applicazione delle normative comunitarie settoriali di cui all'articolo 9, paragrafo 2 del suddetto regolamento;(7) considerando che l'attuazione delle disposizioni del presente regolamento dipende dall'individuazione degli obiettivi che ne giustificano l'applicazione soprattutto quando, per l'entità della frode, che non si limita ad un solo paese ed è spesso dovuta a reti organizzate, o per la specificità della situazione in uno Stato membro, tali obiettivi non possono, per la gravità del danno arrecato agli interessi finanziari delle Comunità o alla credibilità dell'Unione, essere realizzati in maniera ottimale dai soli Stati membri e possono quindi essere meglio realizzati a livello comunitario;(8) considerando che i controlli e le verifiche sul posto non possono eccedere quanto necessario per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario;(9) considerando peraltro che essi sono effettuati in modo da lasciare impregiudicate le disposizioni applicabili in ciascuno Stato membro relative alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato;(10) considerando che, in base al principio di fedeltà comunitaria posto dall'articolo 5 del trattato CE e alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia e delle Comunità europee, è opportuno che le amministrazioni degli Stati membri e i servizi della Commissione cooperino lealmente fornendosi l'assistenza necessaria per la preparazione e l'esercizio dei controlli e delle verifiche sul posto;(11) considerando che si devono definire le condizioni d'esercizio dei poteri dei controllori della Commissione;(12) considerando che tali controlli e verifiche sul posto si effettuano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte e delle norme relative al segreto d'ufficio e alla protezione dei dati personali; che, in proposito, è necessario che la Commissione provveda affinché i suoi controllori rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5);(13) considerando che, per consentire una lotta efficace alla frode e ad altre irregolarità, i controlli della Commissione devono essere effettuati presso operatori economici che potrebbero essere implicati direttamente o indirettamente nell'irregolarità di cui trattasi e presso coloro che potrebbero essere da questa interessati; che, in caso di applicazione delle disposizioni del presente regolamento, occorre che la Commissione vigili affinché tali operatori economici non siano sottoposti contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche effettuati dalla Commissione o dagli Stati membri in base a normative comunitarie settoriali o a legislazioni nazionali;(14) considerando che i controllori della Commissione devono poter accedere a tutte le informazioni sulle operazioni in questione alle stesse condizioni alle quali vi accedono i controllori amministrativi nazionali; che i rapporti dei controllori della Commissione, sottoscritti, se del caso, dai controllori nazionali, devono essere redatti tenendo conto delle esigenze procedurali previste dalla legislazione dello Stato membro interessato, che essi devono costituire elementi di prova ammissibili nei procedimenti amministrativi e giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarli e devono avere lo stesso valore attribuito alle relazioni redatte dai controllori amministrativi nazionali;(15) considerando che, qualora vi sia un rischio di scomparsa degli elementi di prova o qualora gli operatori economici si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto da parte della Commissione, spetta agli Stati membri prendere i provvedimenti cautelari o di esecuzione necessari in base alle rispettive legislazioni;(16) considerando che il presente regolamento non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di repressione dei dati né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale;(17) considerando che, per l'adozione del presente regolamento, i soli poteri d'azione previsti dai trattati sono quelli degli articoli 235 del trattato CE e 203 del trattato CEEA,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni generali supplementari a norma dell'articolo 10 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 applicabili ai controlli e alle verifiche amministrativi effettuati sul posto dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità contro le irregolarità come definite dall'articolo 1, paragrafo 2 di detto regolamento.Fatte salve le disposizioni delle normative comunitarie settoriali, il presente regolamento si applica a tutti i settori di attività della Comunità.Esso non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di azioni penali né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale.Articolo 2 A norma del presente regolamento la Commissione può procedere a controlli e verifiche sul posto:- per ricercare irregolarità gravi, irregolarità transnazionali o irregolarità in cui possono essere implicati operatori economici che esplicano la loro attività in vari Stati membri,- oppure per ricercare irregolarità, qualora in uno Stato membro la situazione esiga, in un caso particolare, il rafforzamento di controlli e verifiche sul posto per migliorare l'efficacia della tutela degli interessi finanziari e assicurare così un livello di protezione equivalente all'interno della Comunità,- oppure a richiesta dello Stato membro interessato.Articolo 3 La Commissione, se decide di procedere a controlli e verifiche sul posto a norma del presente regolamento, vigila affinché presso gli operatori economici in questione non si proceda contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche sulla base di normative comunitarie settoriali.Inoltre, essa tiene conto dei controlli che lo Stato membro sta effettuando o ha effettuato, per i medesimi fatti, presso gli operatori economici interessati in base alla propria legislazione.Articolo 4 I controlli e le verifiche sul posto sono preparati e svolti dalla Commissione in stretta collaborazione con le autorità competenti dello Stato membro interessato, che sono informate in tempo utile dell'oggetto, delle finalità nonché del fondamento giuridico dei controlli e delle verifiche in modo da poter fornire tutta l'assistenza necessaria. A tal fine gli agenti dello Stato membro interessato possono partecipare ai controlli e alle verifiche sul posto.Inoltre, se lo Stato membro interessato lo desidera, i controlli e le verifiche sul posto sono effettuati congiuntamente dalla Commissione e dalle autorità competenti dello Stato stesso.Articolo 5 I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati dalla Commissione presso gli operatori economici ai quali possono essere applicate le misure o le sanzioni amministrative comunitarie a norma dell'articolo 7 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 quando sussistano ragioni per ritenere che siano state commesse delle irregolarità.Per facilitare alla Commissione l'esercizio dei controlli e delle verifiche, gli operatori sono tenuti a permettere l'accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto e altri luoghi adibiti ad uso professionale.Nella misura in cui ciò sia strettamente necessario per accertare l'esistenza di un'irregolarità, la Commissione può effettuare controlli e verifiche sul posto presso altri operatori economici interessati, per avere accesso alle pertinenti informazioni da questi detenute circa i fatti oggetto dei controlli e delle verifiche sul posto.Articolo 6 1. I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati, sotto l'autorità e la responsabilità della Commissione, da suoi funzionari od agenti debitamente abilitati, in appresso denominati «i controllori della Commissione». A tali controlli e verifiche possono assistere le persone che gli Stati membri hanno messo a disposizione della Commissione in qualità di esperti nazionali distaccati.I controllori della Commissione esercitano i loro poteri su presentazione di una abilitazione scritta, nella quale sono indicate la loro identità e qualifica, corredata di un documento che indica l'oggetto e lo scopo del controllo o della verifica sul posto.Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, essi sono tenuti a rispettare le norme di procedura previste dalla legislazione dello Stato membro interessato.2. Previo accordo dello Stato membro interessato, la Commissione può chiedere l'assistenza di agenti di altri Stati membri in qualità di osservatori e può ricorrere, a fini di assistenza tecnica, ad organismi esterni che agiscano sotto la sua responsabilità.La Commissione vigila affinché tali agenti ed organismi presentino tutte le garanzie in fatto di competenza tecnica, di indipendenza e di rispetto del segreto professionale.Articolo 7 1. I controlli della Commissione hanno accesso, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto delle legislazioni nazionali, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle operazioni di cui trattasi necessarie ai fini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto. Essi possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare in particolare:- i libri e i documenti professionali, come fatture, capitolati d'appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;- i dati informatici;- i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;- il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;- il prelievo e la verifica dei campioni;- lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l'utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;- i documenti contabili e di bilancio;- l'esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.2. Se necessario, spetta agli Stati membri, su richiesta della Commissione, prendere gli adeguati provvedimenti cautelari previsti dalla legislazione nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Articolo 8 1. Le informazioni comunicate o ottenute sotto qualsiasi forma a norma del presente regolamento sono coperte dal segreto professionale e beneficiano della tutela accordata alle informazioni analoghe dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le ha ricevute e dalle disposizioni corrispondenti applicabili alle istituzioni comunitarie.Tali informazioni non possono essere comunicate a persone diverse da quelle che nell'ambito delle istituzioni comunitarie o negli Stati membri vi hanno accesso in ragione delle loro funzioni, né possono essere utilizzate dalle istituzioni comunitarie per fini diversi dall'efficace tutela degli interessi finanziari della Comunità in tutti gli Stati membri. Quando uno Stato membro intenda utilizzare ad altri fini le informazioni raccolte da agenti soggetti alla sua autorità e partecipanti come osservatori a norma dell'articolo 6, paragrafo 2 a controlli e verifiche sul posto, esso chiede il consenso dello Stato membro in cui tali informazioni sono state raccolte.2. La Commissione comunica quanto prima all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio sono stati effettuati i controlli o le verifiche sul posto, qualsiasi fatto o sospetto relativo ad irregolarità di cui ha avuto conoscenza nel corso del controllo o della verifica sul posto. Ad ogni modo la Commissione è tenuta a informare la suddetta autorità circa i risultati di tali controlli e verifiche.3. I controlli della Commissione provvedono affinché le loro relazioni di controllo e verifica siano redatte tenendo conto dei requisiti di procedura previsti dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Gli elementi materiali e di prova raccolti, di cui all'articolo 7, sono acclusi come allegati a tali relazioni. Le relazioni così redatte costituiscono, alla stessa stregua e alle medesime condizioni di quelle predisposte dai controllori amministrativi nazionali, elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle. Tali relazioni sono valutate in base alle medesime regole applicabili alle relazioni amministrative redatte dai controllori amministrativi nazionali ed hanno identico valore. In caso di controllo congiunto a norma dell'articolo 4, secondo comma, i controllori nazionali che hanno partecipato all'operazione sono invitati a controfirmare la relazione redatta dai controllori della Commissione.4. La Commissione provvede affinché i suoi controllori, nell'ambito dell'applicazione del presente regolamento, rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.5. In caso di controlli e verifiche sul posto eseguiti al di fuori del territorio della Comunità, le relazioni sono redatte dai controllori della Commissione in condizioni che permetterebbero loro di costituire elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle.Articolo 9 Ove gli operatori economici di cui all'articolo 5 si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto, lo Stato membro interessato presta ai controllori della Commissione, in base alle disposizioni nazionali, l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento della loro missione di controllo e di verifica sul posto.Ove occorre, spetta agli Stati membri prendere le misure necessarie, nel rispetto del diritto nazionale.Articolo 10 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1997.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 11 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteR. QUINN(1) GU n. C 84 del 21. 3. 1996, pag. 10.(2) GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 102 e parere espresso il 23 ottobre 1996 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU n. L 312 del 23. 12. 1995, pag. 1.(4) GU n. C 316 del 27. 11. 1995, pag. 48.(5) GU n. L 281 del 23. 11. 1995, pag. 31. | Controlli e le verifiche sul posto presso i destinatari di finanziamenti dell’UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme e le procedure per i controlli e le verifiche sul posto effettuati dalla Commissione europea per contrastare le frodi e altre irregolarità, in particolare nel caso in cui si sospetti che le irregolarità* siano state commesse da operatori economici* che ricevono un sostegno finanziario dal bilancio dell’UE.
Il regolamento si applica a tutti i settori delle attività dell’UE. Non pregiudica i poteri che i paesi dell’UE hanno di perseguire le violazioni penali ai sensi del diritto nazionale.
PUNTI CHIAVE
Svolgimento di controlli e verifiche sul posto
La Commissione effettua i controlli e le verifiche sul posto presso gli operatori economici:per indagare sulle eventuali irregolarità gravi o transfrontaliere o sulle irregolarità in cui sono implicati operatori economici che svolgono la loro attività in vari paesi dell’UE;per rafforzare i controlli e le verifiche sul posto in un paese dell’UE, al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’UE in modo più efficace e assicurare un livello di protezione equivalente all’interno dell’Unione stessa;Su richiesta di un paese dell’UE.CondizioniPrima dei succitati controlli e verifiche, la Commissione deve informare il paese dell’UE interessato in tempo utile per ottenere tutta l’assistenza necessaria.I controlli e le verifiche sono preparati ed effettuati dalla Commissione in stretta cooperazione con le autorità competenti del paese dell’UE interessato.Si svolgono sotto la direzione e la responsabilità dei controllori della Commissione, vale a dire i funzionari civili o altri membri del personale debitamente autorizzati, che devono rispettare le norme di procedura del paese dell’UE interessato.Gli operatori economici devono permettere ai controllori l’accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto o altri luoghi adibiti ad uso professionale.Qualora un operatore economico si opponga a un controllo o a una verifica sul posto, il paese dell’UE interessato presta assistenza ai controllori affinché possano svolgere la loro missione.La Commissione tiene conto delle verifiche in corso di effettuazione o già effettuate dal paese dell’UE interessato ai sensi del diritto nazionale.Accesso alle informazioni e alla documentazione ai sensi del diritto nazionaleSi deve consentire ai controllori della Commissione, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto del diritto nazionale, l’accesso a tutte le informazioni necessarie ad assicurare il buono svolgimento dei controlli e delle verifiche.I controllori possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.Ambito di applicazione
I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare, in particolare:i libri commerciali e i documenti di lavoro, come fatture, capitolati d’appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;i dati informatici;i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;il prelievo e la verifica dei campioni;lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l’utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;i documenti contabili e di bilancio;l’esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.Elementi di provaSu richiesta della Commissione, i paesi dell’UE possono essere tenuti a prendere provvedimenti cautelari ai sensi del diritto nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Le informazioni ottenute in relazione ai controlli e alle verifiche sul posto sono coperte dal segreto professionale e dalle norme dell’UE in materia di protezione dei dati.Le relazioni dei controllori della Commissione costituiscono elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari del Paese dell’UE in cui risulti necessario utilizzarle.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 1 gennaio 1997.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Indagini (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Irregolarità: Violazioni del diritto dell’UE, derivanti da un atto od omissione di un operatore economico, che hanno (o avrebbero) come effetto un danno al bilancio generale dell’UE.
Operatori economici: Persone, imprese o altri organismi economicamente attivi e investiti di status giuridico ai sensi del diritto nazionale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pagg. 2–5).
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312 del 23.12.1995, pagg. 1-4).Errata corrige | 6,481 | 96 |
32015R0477 | false | REGOLAMENTO (UE) 2015/477 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 marzo 2015
relativo alle misure che l'Unione può adottare in merito all'effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia
(codificazione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio (2) ha subito varie e sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
Con il regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (4) sono state adottate norme comuni contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione.
(3)
Con il regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell'Unione.
(4)
Con il regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio (7), sono state adottate norme comuni riguardanti le misure di salvaguardia applicate alle importazioni da determinati paesi che non fanno parte dell'Unione. Le misure di salvaguardia possono consistere in dazi applicabili a tutte le importazioni oppure alle importazioni che superino un quantitativo prestabilito. L'applicazione delle misure di salvaguardia consente l'ingresso delle merci nel mercato unionale previo pagamento dei dazi corrispondenti.
(5)
Alle importazioni di determinati prodotti possono applicarsi sia dazi antidumping o compensativi che misure tariffarie di salvaguardia. I dazi servono a ovviare alle distorsioni del mercato dovute alle pratiche commerciali sleali, mentre le misure tariffarie di salvaguardia costituiscono una risposta all'aumento massiccio delle importazioni.
(6)
La combinazione di misure di salvaguardia con dazi antidumping o compensativi sulle stesse importazioni potrebbe avere un effetto superiore a quello auspicabile conformemente alla politica e agli obiettivi di difesa commerciale dell'Unione. Tale combinazione potrebbe comportare, in particolare, un onere eccessivo per determinati produttori esportatori, che in pratica sarebbero tagliati fuori dal mercato dell'Unione.
(7)
Occorre quindi evitare di imporre un onere eccessivo ai produttori esportatori che intendono esportare nell'Unione per garantire loro l'accesso a tale mercato.
(8)
Occorre pertanto conseguire gli obiettivi delle misure tariffarie di salvaguardia e dei dazi antidumping/compensativi senza escludere detti produttori esportatori dal mercato dell'Unione. Pertanto, è necessario introdurre disposizioni provvisorie affinché la Commissione possa intervenire, se lo ritiene opportuno, per evitare che la combinazione dei dazi antidumping o compensativi con le misure di salvaguardia abbia l'effetto suddetto.
(9)
Ammesso che si possa prevedere l'applicazione simultanea della misura di salvaguardia e del dazio antidumping/compensativo allo stesso prodotto, non è sempre possibile stabilire in anticipo il momento preciso in cui ciò si verificherà. La Commissione, pertanto, dovrebbe poter intervenire in modo tale da garantire prevedibilità e certezza giuridica sufficienti a tutti gli operatori interessati.
(10)
La Commissione potrebbe ritenere opportuno modificare, sospendere o abrogare i dazi antidumping e/o compensativi, concedere esenzioni totali o parziali dai dazi antidumping/compensativi che altrimenti sarebbero pagabili o adottare altre misure speciali. Le eventuali sospensioni, modifiche o esenzioni dai dazi antidumping/compensativi dovrebbero applicarsi solo per un periodo limitato.
(11)
È opportuno che tutte le misure adottate a norma del presente regolamento si applichino a decorrere dalla data di entrata in vigore, salvo diverse disposizioni, e pertanto non consentono il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data.
(12)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione, alla Commissione dovrebbero essere attribuite competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8),
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. La Commissione, se ritiene che la combinazione dei dazi antidumping e/o compensativi con misure tariffarie di salvaguardia sulle stesse importazioni rischi di avere un effetto superiore a quello auspicabile conformemente alla politica e agli obiettivi di difesa commerciale dell'Unione, può adottare, secondo la procedura di esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, quelle fra le seguenti misure che ritiene appropriate:
a)
misure di modifica, sospensione o abrogazione dei dazi antidumping e/o compensativi in vigore;
b)
misure di esenzione totale o parziale delle importazioni dai dazi antidumping/compensativi che altrimenti sarebbero pagabili;
c)
qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata.
2. Le eventuali modifiche, sospensioni o esenzioni di cui al paragrafo 1 rimangono in vigore per un periodo limitato durante l'applicazione delle misure di salvaguardia.
Articolo 2
Tutte le misure prese a norma del presente regolamento si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore. Salvo diverse disposizioni, esse non consentono il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data.
Articolo 3
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 4
Il regolamento (CE) n. 452/2003 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II.
Articolo 5
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA
(1) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015.
(2) Regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio, del 6 marzo 2003, relativo alle misure che la Comunità può adottare in merito all'effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (GU L 69 del 13.3.2003, pag. 8).
(3) Cfr. l'allegato I.
(4) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51).
(5) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93).
(6) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1).
(7) Regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio, del 7 luglio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU L 185 del 17.7.2009, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato e sua modificazione successiva
Regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio
(GU L 69 del 13.3.2003, pag. 8).
Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1).
Limitatamente al punto 10 dell'allegato
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 452/2003
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 2 bis
Articolo 3
—
Articolo 4
Articolo 3
Articolo 5
—
Allegato I
—
Allegato II | Combinazione di diverse misure di protezione commerciale
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Consente alla Commissione europea di adottare misure di salvaguardia* volte a proteggere l’industria dell’Unione europea (UE) dalla concorrenza sleale provocata da un improvviso e imprevisto incremento delle importazioni.
PUNTI CHIAVE
Le misure di salvaguardia mirano a dare all’industria dell’UE una tregua temporanea per mettere in atto gli aggiustamenti necessari.
Diversamente dai dazi antidumping* e compensativi*, le misure di salvaguardia non si concentrano sul grado di equità degli scambi, perciò le condizioni per imporle sono più rigide.
L’UE deve dimostrare che l’incremento delle importazioni:
è evidente;
è dovuto a sviluppi imprevisti;
provoca (o rischia di provocare) gravi danni all’industria dell’UE;
e che le misure di salvaguardia sono nell’interesse dell’UE.
Tali misure si applicano a tutte le importazioni dei prodotti pertinenti da tutti i paesi.
La Commissione può adottare le seguenti misure di salvaguardia:
misure di modifica, sospensione o abrogazione dei dazi antidumping e/o compensativi in vigore;
misure di esenzione totale o parziale delle importazioni dai dazi antidumping/compensativi* che altrimenti sarebbero pagabili;
qualsiasi altra misura speciale, quali tetti ai dazi sulle importazioni, ritenuta appropriata in base alle circostanze.
Le eventuali modifiche, sospensioni o esenzioni devono rimanere in vigore per un periodo limitato durante l’applicazione delle misure di salvaguardia.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (UE) 2015/477 è la versione codificata di un documento originale (regolamento (CE) n. 452/2003) e sue modifiche successive. È applicato dal 16 aprile 2015.
* TERMINI CHIAVE
Provvedimenti antidumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale e che provocano danno alle industrie comunitarie.
Provvedimenti antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione, imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto (ossia un prodotto simile).
Misure di salvaguardia: misure introdotte quando la Commissione ritiene che le importazioni di un determinato prodotto siano incrementate a tal punto da provocare (o rischiare di farlo) gravi danni ai produttori dell’UE. Sono misure temporanee (ad esempio tetti alle importazioni o ai dazi) applicate alle importazioni al fine di dare ai produttori dell’UE il tempo per mettere in atto i necessari aggiustamenti strutturali.
Dazi compensativi: dazi applicati alle merci che hanno ricevuto sovvenzioni governative nel paese di origine o esportatore, consentendo così di essere importate nell’UE a prezzi sostanzialmente più bassi del loro valore commerciale normale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/477 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo alle misure che l’Unione può adottare in merito all’effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 11-15) | 3,997 | 1,052 |
32004L0080 | false | DIRETTIVA 2004/80/CE DEL CONSIGLIO
del 29 aprile 2004
relativa all'indennizzo delle vittime di reato
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
visto il parere del Comitato economico e sociale (3),
considerando quanto segue:
(1)
Uno degli obiettivi della Comunità europea consiste nell'abolizione degli ostacoli tra Stati membri alla libera circolazione delle persone e dei servizi.
(2)
La Corte di giustizia ha statuito nella causa Cowan
(4) che, allorché il diritto comunitario garantisce alle persone fisiche la libertà di recarsi in un altro Stato membro, la tutela della loro integrità personale in detto Stato membro alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano costituisce il corollario della libertà di circolazione. Dovrebbero concorrere alla realizzazione di tale obiettivo misure volte a facilitare l'indennizzo delle vittime di reato.
(3)
Il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l'elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull'accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali.
(4)
Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo, il Consiglio europeo di Bruxelles, riunito il 25 e 26 marzo 2004, ha sollecitato l'adozione della presente direttiva entro il 1o maggio 2004.
(5)
Il 15 marzo 2001 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (5). Questa decisione, basata sul titolo VI del trattato sull'Unione europea, consente alle vittime di chiedere un risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale.
(6)
Le vittime di reato nell'Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso.
(7)
La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo.
(8)
La maggior parte degli Stati membri ha già istituito questi sistemi di indennizzo, alcuni di essi in adempimento dei loro obblighi derivanti dalla convenzione europea del 24 novembre 1983 sul risarcimento alle vittime di atti di violenza.
(9)
Poiché le misure contenute nella presente direttiva sono necessarie al raggiungimento di obiettivi della Comunità e il trattato non prevede per l'adozione della presente direttiva poteri di azione diversi da quelli dell'articolo 308, si applica quest'ultimo articolo.
(10)
Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito.
(11)
Dovrebbe essere introdotto un sistema di cooperazione tra le autorità degli Stati membri per facilitare l'accesso all'indennizzo nei casi in cui il reato sia stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui la vittima risiede.
(12)
Questo sistema dovrebbe consentire alle vittime di reato di rivolgersi sempre ad un'autorità del proprio Stato membro di residenza e dovrebbe ovviare alle eventuali difficoltà pratiche e linguistiche connesse alle situazioni transfrontaliere.
(13)
Il sistema dovrebbe comprendere le disposizioni necessarie a consentire alla vittima di trovare le informazioni richieste per presentare la domanda di indennizzo e a permettere una cooperazione efficiente tra le autorità coinvolte.
(14)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riaffermati in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea come principi generali del diritto comunitario.
(15)
Poiché lo scopo di facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri a motivo degli elementi transfrontalieri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(16)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
ACCESSO ALL'INDENNIZZO NELLE SITUAZIONI TRANSFRONTALIERE
Articolo 1
Diritto di presentare la domanda nello Stato membro di residenza
Gli Stati membri assicurano che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l'indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto a presentare la domanda presso un'autorità o qualsiasi altro organismo di quest'ultimo Stato membro.
Articolo 2
Responsabilità per il pagamento dell'indennizzo
L'indennizzo è erogato dall'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato.
Articolo 3
Autorità responsabili e procedure amministrative
1. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi, in appresso denominate «autorità di assistenza», responsabili per l'applicazione dell'articolo 1.
2. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi incaricati di decidere sulle domande di indennizzo, in appresso denominate «autorità di decisione».
3. Gli Stati membri si impegnano a limitare le formalità amministrative necessarie per la domanda di indennizzo allo stretto indispensabile.
Articolo 4
Informazione dei potenziali richiedenti
Gli Stati membri provvedono, con i mezzi che ritengono più idonei, affinché i potenziali richiedenti l'indennizzo abbiano accesso alle informazioni essenziali relative alla possibilità di richiedere un indennizzo.
Articolo 5
Assistenza al richiedente
1. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente le informazioni di cui all'articolo 4 nonché i necessari moduli di domanda, sulla base del manuale redatto ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2.
2. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente, su domanda di quest'ultimo, orientamento e informazioni generali sulle modalità di compilazione della domanda e sulla documentazione a sostegno eventualmente richiesta.
3. L'autorità di assistenza non compie alcuna valutazione della domanda.
Articolo 6
Trasmissione delle domande
1. L'autorità di assistenza trasmette con la massima rapidità all'autorità di decisione la domanda e l'eventuale documentazione a sostegno della stessa.
2. L'autorità di assistenza trasmette la domanda avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14.
3. La lingua della domanda e dell'eventuale documentazione a sostegno è determinata ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1.
Articolo 7
Ricezione delle domande
Alla ricezione di una domanda trasmessa ai sensi dell'articolo 6, l'autorità di decisione invia al più presto all'autorità di assistenza e al richiedente, le seguenti informazioni:
a)
la persona di contatto o l'ufficio competente per la gestione della pratica;
b)
un avviso di avvenuta ricezione;
c)
se possibile, l'indicazione approssimativa dei tempi in cui verrà presa una decisione sulla domanda.
Articolo 8
Richiesta di informazioni supplementari
Se necessario, l'autorità di assistenza fornisce al richiedente un orientamento generale per soddisfare le richieste di informazioni supplementari formulate dall'autorità di decisione.
Su domanda del richiedente, l'autorità di assistenza trasmette in seguito tali informazioni al più presto direttamente all'autorità di decisione, allegandovi, se del caso, un elenco dell'eventuale documentazione a sostegno trasmessa.
Articolo 9
Audizione del richiedente
1. Qualora l'autorità di decisione decida, in conformità con le leggi del proprio Stato membro, di ascoltare il richiedente o qualsiasi altra persona, quali un testimone o un esperto, può contattare l'autorità di assistenza affinché:
a)
gli interessati siano ascoltati direttamente dall'autorità di decisione, in conformità con le leggi dello Stato membro di quest'ultima, in particolare tramite conferenza telefonica o videoconferenza, oppure
b)
gli interessati siano ascoltati dall'autorità di assistenza, in conformità con le leggi del suo Stato membro. L'autorità di assistenza trasmetterà in seguito un verbale dell'audizione all'autorità di decisione.
2. L'audizione diretta ai sensi del paragrafo 1, lettera a), può aver luogo soltanto in cooperazione con l'autorità di assistenza e su base volontaria; è esclusa la possibilità per l'autorità di decisione di imporre misure coercitive.
Articolo 10
Comunicazione della decisione
L'autorità di decisione, avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14, invia la decisione sulla domanda di indennizzo al richiedente ed all'autorità di assistenza, conformemente alla legislazione nazionale, al più presto dopo la sua adozione.
Articolo 11
Altre disposizioni
1. Le informazioni trasmesse da un'autorità all'altra in applicazione degli articoli da 6 a 10 sono redatte:
a)
nelle lingue ufficiali o in una delle lingue dello Stato membro dell'autorità a cui l'informazione è diretta, che corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie; oppure
b)
in un'altra lingua delle istituzioni comunitarie che tale Stato membro ha indicato di poter accettare,
ad eccezione:
i)
del testo integrale delle decisioni adottate dall'autorità di decisione, il cui regime linguistico è disciplinato dalle leggi del suo Stato membro;
ii)
dei verbali redatti in seguito ad un'audizione ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), il cui regime linguistico è determinato dall'autorità di assistenza purché corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie.
2. I servizi resi dall'autorità di assistenza ai sensi degli articoli da 1 a 10 non danno titolo a pretendere dal richiedente o dall'autorità di decisione il rimborso di oneri o di spese.
3. I moduli di domanda e l'eventuale altra documentazione trasmessi ai sensi degli articoli da 6 a 10 sono esenti da autenticazione o qualsiasi formalità equivalente.
CAPO II
SISTEMI DI INDENNIZZO NAZIONALI
Articolo 12
1. Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori.
2. Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime.
CAPO III
DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE
Articolo 13
Dati da comunicare alla Commissione e manuale
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 1o luglio 2005:
a)
l'elenco delle autorità istituite o designate in conformità dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, comprese, se del caso, informazioni relative alla competenza giurisdizionale speciale e territoriale di tali autorità;
b)
la o le lingue di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), che le autorità possono accettare ai fini dell'applicazione degli articoli da 6 a 10 nonché la o le lingue ufficiali diverse dalla o dalle loro, nelle quali essi accettano che siano trasmesse le domande conformemente all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b);
c)
le informazioni di cui all'articolo 4;
d)
i moduli necessari per fare domanda di indennizzo.
Gli Stati membri informano la Commissione di qualsiasi cambiamento sopravvenuto in relazione a tali dati.
2. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, elabora e pubblica su Internet un manuale contenente i dati forniti dagli Stati membri ai sensi del paragrafo 1. La Commissione è incaricata di provvedere alle necessarie traduzioni del manuale.
Articolo 14
Formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni
I formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni sono predisposti al più tardi entro il 31 ottobre 2005 conformemente alla procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2.
Articolo 15
Comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 16
Punti di contatto centrali
Gli Stati membri designano un punto di contatto centrale con la funzione di:
a)
fornire assistenza nell'applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2;
b)
promuovere la stretta collaborazione e lo scambio d'informazioni tra le autorità di assistenza e di decisione degli Stati membri; e
c)
fornire assistenza e cercare soluzioni a qualsiasi difficoltà possa sorgere nell'applicazione degli articoli da 1 a 10.
I punti di contatto si riuniscono periodicamente.
Articolo 17
Disposizioni più favorevoli
La presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere, nella misura in cui siano compatibili con la presente direttiva:
a)
disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato o di qualsiasi altra persona lesa da un reato;
b)
disposizioni volte a indennizzare le vittime di reati commessi al di fuori del loro territorio o qualsiasi altra persona lesa da tali reati, fatte salve le condizioni che gli Stati membri possono specificare a tal fine.
Articolo 18
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1o luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
2. Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva si applichino unicamente ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005.
3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 19
Riesame
Entro il 1o gennaio 2009 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva.
Articolo 20
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 21
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. McDOWELL
(1) GU C 45 E del 25.2.2003, pag. 69.
(2) Parere espresso il 23 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 95 del 23.4.2003, pag. 40.
(4) Causa 186/87, Raccolta della giurisprudenza della Corte 1989, pag. 195.
(5) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. | Indennizzo delle vittime di reato in altri paesi dell’UE
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce un sistema di cooperazione volto ad aiutare le vittime di reato a ottenere un indennizzo, indipendentemente dal luogo dell’Unione europea (UE) in cui il reato è stato commesso;
il sistema si applica sulla base dei sistemi di indennizzo nazionali dei paesi dell’UE per le vittime di reati internazionali violenti commessi nei relativi territori.
PUNTI CHIAVE
La direttiva consiste di due elementi principali.
Impone a tutti i paesi dell’UE di disporre di un sistema di indennizzo per le vittime di reati internazionali commessi nei relativi territori. L’organizzazione e il funzionamento di tali sistemi sono lasciati alla discrezione di ogni paese dell’UE;
stabilisce un sistema di cooperazione a livello dell’UE basato sui suddetti sistemi nazionali.
Garantire un indennizzo adeguato
Assicurare un indennizzo adeguato delle vittime può essere difficile perché:
l’autore del reato non possiede le risorse finanziare necessarie;
non è stato possibile identificare o perseguire l’autore del reato (la possibilità di ottenere un indennizzo dall’autore del reato è trattata nella direttiva 2012/29/UE, che fissa norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato).
La direttiva impone che le vittime:
vengano indennizzate indipendentemente dal loro paese di residenza o dal paese dell’UE in cui è stato commesso il reato;
ricevano un indennizzo equo ed adeguato (l’importo esatto è lasciato alla discrezione del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato).
Cooperazione
Tutti i paesi dell’UE sono tenuti a istituire sistemi nazionali che garantiscano un indennizzo equo e adeguato dal 1o luglio 2005. La direttiva stabilisce un sistema di cooperazione tra le autorità nazionali volto a facilitare alle vittime l’accesso all’indennizzo in tutta l’UE:
le vittime dei reati commessi in paesi dell’UE diversi da quello in cui risiedono abitualmente possono rivolgersi a un’autorità nel paese in cui risiedono (autorità di assistenza) per ricevere informazioni su come richiedere un indennizzo;
tale autorità nazionale trasmette quindi la domanda direttamente all’autorità nazionale del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato (autorità di decisione), che è responsabile di valutare la domanda ed erogare l’indennizzo;
tutte le comunicazioni devono essere redatte nella lingua del paese di decisione. La Commissione europea ha predisposto dei formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni relative all’indennizzo delle vittime;
la direttiva crea un sistema di punti di contatto centrali che si riuniscono periodicamente in ogni paese dell’UE, volto a facilitare la cooperazione nelle situazioni transfrontaliere. Sono disponibili informazioni aggiuntive nel sito Internet del portale europeo della giustizia elettronica.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È entrata in vigore il 26 agosto 2004. I paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1o gennaio 2006.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Indennizzo» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 261 del 6.8.2004, pagg. 15-18)
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2006/337/CE della Commissione, del 19 aprile 2006, che adotta un formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni conformemente alla direttiva 2004/80/CE del Consiglio relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 125 del 12.5.2006, pagg. 25-30)
Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pagg. 57-73) | 6,345 | 644 |
32014O0044 | false | INDIRIZZO (UE) 2015/280 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA
del 13 novembre 2014
sull'istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (BCE/2014/44)
IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 128, paragrafo 1,
visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 14.3 e l'articolo 16,
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito, «il trattato») e l'articolo 16 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo statuto del SEBC») attribuiscono al Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. Tale diritto esclusivo comprende la competenza a definire il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro. La BCE può attribuire la responsabilità di produrre le banconote in euro alle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l'euro (di seguito «le BCN») secondo le quote percentuali detenute dalle BCN nel capitale sottoscritto della BCE per l'esercizio finanziario di riferimento, calcolate applicando le ponderazioni nello schema di cui all'articolo 29.1 dello statuto del SEBC (di seguito «lo schema di capitale»). Il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve, da un lato, rispettare i requisiti previsti dall'articolo 127, paragrafo 1, del trattato e dall'articolo 2 dello statuto del SEBC, perché l'Eurosistema agisca in conformità al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e, d'altro lato, tener conto della particolare natura delle banconote in euro, che sono prodotte al fine di essere emesse dall'Eurosistema come mezzo di pagamento sicuro. Inoltre, il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve altresì tenere in considerazione il fatto che alcune BCN si avvalgono di proprie stamperie interne per produrre le banconote in euro.
(2)
In considerazione dei summenzionati principi, il 10 luglio 2003 il Consiglio direttivo ha deciso che un approccio concorrenziale in materia di appalti, comune all'Eurosistema (di seguito «procedura unica d'appalto dell'Eurosistema»), dovesse applicarsi all'appalto di banconote in euro a partire dal 1o gennaio 2012, come stabilito nell'Indirizzo BCE/2004/18 (1). Nel marzo 2011, il Consiglio direttivo ha deciso di posticipare l'avvio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema al 1o gennaio 2014, salvo che fosse determinata una data diversa nel frattempo e fatta salva un'ulteriore verifica della situazione (2). Nel dicembre del 2013, il Consiglio direttivo ha deciso ulteriormente che la procedura unica d'appalto dell'Eurosistema sarebbe iniziata in una data da stabilirsi a causa del mutamento dei presupposti sulla base dei quali la data di inizio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema era stata fissata (3).
(3)
Tenuto conto del fatto che il mercato è divenuto più competitivo rispetto al 2004 e che al momento non sussiste alcun vantaggio tangibile nell'utilizzo della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema invece degli attuali strumenti, il Consiglio direttivo ha deciso che un sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (di seguito «SPAE») debba essere considerato una possibile alternativa.
(4)
Al fine di garantire la continuità della fornitura, mantenere le competenze maturate all'interno dell'Eurosistema, promuovere la concorrenza e ridurre i costi a livello dell'Eurosistema, nonché trarre vantaggio dalle innovazioni nel settore privato e pubblico, lo SPAE dovrebbe essere composto da due pilastri: un gruppo di BCN che producono le proprie banconote in euro utilizzando una stamperia interna (di seguito «BCN del gruppo con stamperia interna»), e un gruppo di BCN che affidano in appalto la produzione delle proprie banconote in euro (di seguito «BCN del gruppo appaltante»). Lo SPAE dovrebbe promuovere la produzione efficiente di banconote in euro nell'Eurosistema. Inoltre, lo SPAE richiederà l'ulteriore allineamento dei requisiti legali applicabili alle BCN del gruppo appaltante, quali quelli relativi all'uso di criteri di idoneità nella procedura d'appalto e di termini e condizioni contrattuali. I requisiti fissati in relazione allo SPAE dovrebbero essere volti a garantire condizioni paritarie negli appalti per la produzione di banconote in euro.
(5)
Le BCN del gruppo appaltante rimarranno responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Per adempiere i propri obblighi, tali BCN affideranno in appalto la produzione di banconote in euro e bandiranno procedure d'appalto, singolarmente o congiuntamente ad altre BCN, in conformità alle norme in materia di appalti applicabili. Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante dovrebbero cercare di allineare i propri requisiti in materia di appalti, in conformità ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti.
(6)
Le BCN del gruppo con stamperia interna rimarranno responsabili della produzione delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Tenuto conto della necessità di garantire condizioni paritarie tra tutte le stamperie, tali BCN dovrebbero assicurare che le stamperie interne non partecipino a procedure d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzate e realizzate all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna.
(7)
Qualora intraprendano forme di cooperazione, le BCN del gruppo con stamperia interna devono rispettare le normative nazionali applicabili e il diritto dell'Unione. Ove sia costituita una persona giuridica distinta al fine di realizzare tale cooperazione, una BCN può diventare una BCN del gruppo con stamperia interna se esercita congiuntamente il controllo su tale persona giuridica ai sensi del presente indirizzo.
(8)
Le banconote in euro presentano caratteristiche tecnologicamente avanzate e di natura sensibile. Pertanto, esse devono essere prodotte in un ambiente completamente sicuro, controllato e riservato, che garantisca una fornitura affidabile, di elevata qualità e continuata nel tempo. Inoltre, l'Eurosistema deve tenere in debito conto il possibile impatto della produzione delle banconote in euro sulla sanità e sicurezza pubbliche nonché sull'ambiente.
(9)
Il Consiglio direttivo effettuerà un controllo sistematico degli sviluppi relativi alle materie prime essenziali e ai fattori di produzione coinvolti nell'appalto e nella produzione delle banconote in euro e, se necessario, adotterà le misure adeguate al fine di assicurare che essi siano selezionati e/o forniti in modo da garantire la continuità della fornitura delle banconote in euro e impedire l'abuso di posizione dominante sul mercato da parte di qualunque appaltatore o fornitore, fatti salvi la disciplina dell'Unione in materia di concorrenza e i poteri della Commissione europea.
(10)
Le disposizioni del presente indirizzo dovrebbero essere interpretate, laddove necessario, in conformità alle regole contenute nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, a decorrere dal 18 aprile 2016, nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5),
HA ADOTTATO IL PRESENTE INDIRIZZO:
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente indirizzo, si applicano le seguenti definizioni.
1.
Per «principio di piena concorrenza» si intendono disposizioni interne effettive che assicurino piena separazione tra i conti di una stamperia pubblica e quelli della rispettiva autorità pubblica e il rimborso da parte di una stamperia pubblica dei costi di tutto il sostegno amministrativo e organizzativo che essa riceve dalla rispettiva autorità pubblica. Al fine di garantire una leale concorrenza quando le stamperie pubbliche partecipano a bandi di gara, è necessario che le attività di stampa delle banconote in euro siano completamente separate dal punto di vista finanziario dalle altre attività, al fine di garantire che non sia fornito, né direttamente né indirettamente, alcun aiuto di Stato che sia in qualunque modo incompatibile con il trattato. Tale separazione finanziaria è verificata e certificata annualmente da un revisore esterno indipendente, e ne è informato il Consiglio direttivo.
2.
Per «stamperia interna» si intende qualsiasi stamperia che sia a) giuridicamente e organizzativamente parte di una BCN; o b) una persona giuridica separata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative:
i)
la BCN o le BCN esercitino sulla persona giuridica in questione un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie articolazioni interne;
ii)
la persona giuridica controllata svolga più dell'80 % delle proprie attività nell'esecuzione di compiti a essa affidati dalla BCN o dalle BCN controllanti;
iii)
nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta da parte di privati.
Per determinare la percentuale delle attività di cui alla lettera b), punto ii), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica in questione per servizi, forniture e lavori nei tre anni precedenti l'aggiudicazione del contratto.
Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività della persona giuridica in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull'attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell'attività, che la misura dell'attività è credibile.
Si ritiene che una BCN eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sulle proprie articolazioni interne, ai sensi del primo comma, lettera b), punto i), quando essa esercita un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata.
Si ritiene che le BCN esercitino congiuntamente un controllo su una persona giuridica qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni cumulative: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le BCN partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare diverse o tutte le BCN partecipanti; b) tali BCN sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; e c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle BCN controllanti.
3.
Per «autorità pubbliche» si intendono tutte le autorità pubbliche, ivi inclusi lo Stato e le autorità regionali, locali o altre autorità territoriali, e le banche centrali.
4.
Per «stamperia pubblica» si intende qualsiasi stamperia sulla quale le autorità pubbliche possano, direttamente o indirettamente, esercitare un'influenza dominante in virtù della proprietà di essa, della loro partecipazione finanziaria o delle norme che la governano. L'influenza dominante da parte delle autorità pubbliche si presume qualora rispetto a una data stamperia tali autorità, direttamente o indirettamente: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto: b) controllino la maggioranza dei voti collegati alle azioni emesse dalla stessa; ovvero c) possano nominare oltre la metà dei membri dei suoi organi amministrativi, direzionali o di supervisione.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. Lo SPAE istituisce un modello per la produzione e l'appalto di banconote in euro basato su due pilastri. Esso include l'appalto della produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo appaltante, nonché la produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo con stamperia interna, che utilizzano una stamperia interna.
2. Le BCN sono responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale.
TITOLO II
BCN DEL GRUPPO APPALTANTE
Articolo 3
Principi generali
Le BCN che non hanno stamperie interne fanno parte del gruppo appaltante (BCN del gruppo appaltante).
Articolo 4
Procedure d'appalto
1. Ciascuna delle BCN del gruppo appaltante è responsabile dell'appalto della produzione di banconote in euro e svolge procedure d'appalto singolarmente o congiuntamente con altre BCN del gruppo appaltante, secondo le norme sugli appalti applicabili e in linea con i requisiti dettati dal presente indirizzo.
2. Al fine di preservare la concorrenza nel mercato della produzione di banconote in euro, in linea di principio e fatta salva la normativa nazionale sugli appalti applicabile, le BCN del gruppo appaltante suddividono gli appalti in diversi lotti, e al medesimo offerente o ai medesimi offerenti non dovrebbero essere aggiudicati più lotti.
3. Le BCN del gruppo appaltante dichiarano nella documentazione di gara dell'appalto che le stamperie pubbliche, per essere idonee ad un appalto, devono aver dato attuazione al principio di piena concorrenza prima di partecipare allo stesso.
Articolo 5
Armonizzazione dei requisiti
Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante cercano di allineare i propri requisiti in materia di appalto, inclusi i criteri di idoneità, conformemente ai requisiti della normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti.
TITOLO III
BCN DEL GRUPPO CON STAMPERIA INTERNA
Articolo 6
Principi generali
1. Le BCN che producono banconote in euro utilizzando una stamperia interna fanno parte del gruppo con stamperia interna (BCN del gruppo con stamperia interna).
2. Le BCN del gruppo con stamperia interna assicurano che le proprie stamperie interne non partecipino a nessuna procedura d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzata e realizzata all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna.
Articolo 7
Cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna
1. Per migliorare il rapporto costo/efficienza della produzione di banconote in euro, le BCN del gruppo con stamperia interna prendono in considerazione l'instaurazione di forme di cooperazione appropriate, quali acquisti congiunti e la condivisione e attuazione di buone prassi per i processi produttivi, al fine di adempiere nel miglior modo possibile la loro funzione pubblica di produzione di banconote.
2. Le BCN del gruppo con stamperia interna possono decidere di partecipare o meno a tali forme di cooperazione, a condizione che, nel caso lo facciano, si impegnino a rimanere coinvolte nelle iniziative in questione per almeno tre anni (salvo che, in tale periodo, diventino una BCN del gruppo appaltante), data la necessità di garantire continuità e in considerazione degli investimenti compiuti dalle parti.
Articolo 8
Costituzione di una persona giuridica distinta, o di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata, per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche
1. Per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche, le BCN del gruppo con stamperia interna valutano a) la costituzione di una persona giuridica distinta composta dalle loro stamperie interne; oppure b) l'instaurazione di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata sulla base di un accordo di cooperazione.
2. Alle forme di cooperazione di cui al paragrafo 1 si applicano le seguenti condizioni:
a)
qualora una persona giuridica, costituita ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), si aggiudichi direttamente un contratto per la produzione di banconote in euro, essa deve essere controllata congiuntamente dalle BCN interessate, secondo la definizione di controllo congiunto di cui al punto 2 dell'articolo 1;
b)
gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rispettano le seguenti condizioni cumulative:
i)
l'accordo istituisce o dà attuazione alla cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna con lo scopo di garantire che i servizi pubblici che esse devono svolgere siano forniti con il fine di raggiungere i comuni obiettivi;
ii)
l'attuazione di tale cooperazione è governata esclusivamente da considerazioni riguardanti l'interesse pubblico;
iii)
le BCN del gruppo con stamperia interna svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione. Per determinare la percentuale delle attività summenzionate si applicano coerentemente il secondo e il terzo paragrafo del punto 2 dell'articolo 1.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 9
Abrogazione
L'Indirizzo BCE/2004/18 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2015.
Articolo 10
Efficacia e attuazione
Gli effetti del presente indirizzo decorrono dal giorno della notifica alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le banche centrali dell'Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015.
Articolo 11
Periodo transitorio relativo all'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 3
In deroga all'articolo 4, paragrafo 3, le procedure d'appalto bandite prima del 1o luglio 2015 possono applicare requisiti diversi circa l'esclusione di partecipanti alla gara d'appalto.
Articolo 12
Revisione
Il Consiglio direttivo procede alla revisione del presente indirizzo all'inizio del 2017 e successivamente ogni due anni.
Articolo 13
Destinatari
Tutte le banche centrali dell'Eurosistema sono destinatarie del presente indirizzo.
Fatto a Francoforte sul Meno, il 13 novembre 2014
Per il Consiglio direttivo della BCE
Il presidente della BCE
Mario DRAGHI
(1) Indirizzo BCE/2004/18, del 16 settembre 2004, sull'appalto di banconote in euro (GU L 320 del 21.10.2004, pag. 21).
(2) Indirizzo BCE/2011/3, del 18 marzo 2011, sull'appalto di banconote in euro (GU L 86 dell'1.4.2011, pag. 77).
(3) Indirizzo BCE/2013/49, del 18 dicembre 2013, che modifica l'indirizzo BCE/2004/18 sull'appalto di banconote in euro (GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 36).
(4) Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114).
(5) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65). | Quadro per l’appalto dell’Eurosistema
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’INDIRIZZO?
La decisione stabilisce le regole e le pratiche per l’appalto congiunto da parte di banche centrali nazionali (BCN) di beni e servizi necessari allo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema e i ruoli dell’Ufficio di coordinamento dell’appalto dell’Eurosistema (EPCO) e delle altre autorità pubbliche coinvolte. L’indirizzo definisce le regole per garantire che le diverse tipologie di stamperie nel settore privato e pubblico possano partecipare alle procedure di appalto per la produzione di banconote in euro organizzate ed eseguite all’interno dell’Unione europea (UE) a condizioni paritarie.
PUNTI CHIAVE
Quando l’EPCO vede la necessità di un appalto congiunto per beni e servizi (per l’efficienza in termini di costi e di effettività, o per le norme e i requisiti armonizzati) invita le BCN a partecipare a procedure congiunte di appalto. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) approva la procedura e la banca centrale capofila proposta dall’EPCO. La banca centrale capofila attua la procedura d’appalto congiunto a beneficio delle banche centrali che vi partecipano, in linea con le regole d’appalto alle quali è sottoposta la banca centrale capofila.
La partecipazione delle BCN nelle attività dell’EPCO e nelle procedure d’appalto congiunto* è volontaria.
L’EPCO è ospitato da una BCN nominata dal Consiglio direttivo della BCE ogni cinque anni. La BCN del Lussemburgo detiene attualmente questa posizione (dal 1o gennaio 2020 al 31 dicembre 2024). Le banche centrali finanziano il bilancio preventivo dell’EPCO su base annuale o pluriennale.
Per la produzione e l’appalto di banconote in euro, viene istituito il Sistema di produzione e appalto dell’Eurosistema. Esso copre la produzione di banconote in euro da parte delle BCN che utilizzano una stamperia interna e la produzione e l’appalto di banconote in euro da parte delle BCN che non utilizzano stamperie interne.
Le BCN sono responsabili della produzione e dell’appalto delle banconote in euro loro attribuite secondo le quote detenute dalle BCN nel capitale della BCE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E L’INDIRIZZO?
La decisione 2008/893/UE si applica dal 1o dicembre 2008. Le banche centrali dell’Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015.
CONTESTO
Il Consiglio direttivo della BCE ha il potere, ai sensi dello statuto della BCE (articolo 12, paragrafo 1), di adottare indirizzi e prendere decisioni per assicurare l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Esso ha inoltre il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’UE e di attribuire la responsabilità della produzione di banconote in euro alle BCN. Nel luglio 2007 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di istituire l’EPCO con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Eurosistema nel campo degli appalti. Lo ha reso permanente nel 2019.
TERMINI CHIAVE
Procedura d’appalto congiunto: procedura per l’appalto congiunto di beni e servizi messa a punto dalla banca centrale capofila a beneficio delle banche centrali che partecipano alla procedura d’appalto congiunto.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2008/893/CE della Banca centrale europea, del 17 novembre 2008, che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2008/17) (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 76).
Le modifiche successive alla decisione 2008/893/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Indirizzo (UE) 2015/280 della Banca centrale europea, del 13 novembre 2014, sull’istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell’Eurosistema (BCE/2014/44) (GU L 47 del 20.2.2015, pag. 29).
Si veda la versione consolidata.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2020/628 della Banca centrale europea, del 4 maggio 2020, che modifica la decisione BCE/2008/17 che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2020/27) (GU L 146 dell’8.5.2020, pag. 11). | 7,265 | 385 |
31998D0500 | false | 98/500/CE: Decisione della Commissione del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0027 - 0028
DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE) (98/500/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando che l'articolo 118 B del trattato stabilisce che la Commissione si sforzi di sviluppare a livello europeo un dialogo tra le parti sociali il quale possa sfociare, se le parti lo ritengono opportuno, in relazioni convenzionali;considerando che il punto 12 della Carta comunitaria dei Diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce che i datori di lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro da un lato e le organizzazioni dei lavoratori dall'altro devono avere il diritto, alle condizioni previste dalle legislazioni e dalle prassi nazionali, di negoziare e concludere contratti collettivi e che il dialogo che deve instaurarsi tra le parti sociali a livello europeo può giungere, se essi lo ritengono auspicabile, a rapporti contrattuali, soprattutto su scala interprofessionale e settoriale;considerando che, in risposta alla sua comunicazione del 18 settembre 1996, relativa allo sviluppo del dialogo sociale a livello comunitario (1), la Commissione ha ricevuto un forte appoggio da tutte le parti coinvolte nella sua proposta di rafforzare il dialogo sociale settoriale;considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 18 luglio 1997 (2), in risposta alla suddetta comunicazione della Commissione, ha chiesto che venga attribuita un'importanza specifica al dialogo sociale settoriale, poiché è nell'ambito del dialogo sociale che si può meglio valutare l'impatto della regolamentazione e/o deregolamentazione sull'occupazione nei vari settori economici;considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 29 gennaio 1997 (3) in risposta alla stessa comunicazione della Commissione, ha dichiarato che il dialogo settoriale deve essere efficace, efficiente e correttamente gestito;considerando che la situazione nei vari Stati membri dimostra chiaramente la necessità che i datori di lavoro ed i lavoratori partecipino attivamente alle discussioni relative al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nei rispettivi settori; considerando che il migliore strumento per garantire tale partecipazione è un comitato di dialogo settoriale collegato con la Commissione, che costituisca a livello comunitario un'istanza rappresentativa degli interessi socioeconomici coinvolti;considerando che la Commissione deve sforzarsi di garantire che la composizione e le attività dei comitati di dialogo settoriale contribuiscano alla promozione dell'eguaglianza tra le donne e gli uomini;considerando che i comitati paritari esistenti devono essere sostituiti dai comitati di dialogo settoriale; che deve pertanto procedersi all'abrogazione delle decisioni istitutive dei comitati paritari,DECIDE:Articolo 1 Con la presente decisione sono istituiti i comitati di dialogo settoriale (in prosieguo: «i comitati») nei settori in cui le parti sociali presentino richiesta congiunta di partecipare ad un dialogo a livello europeo, ed in cui le organizzazioni che rappresentano le due parti sociali dei settori interessati siano in possesso dei seguenti requisiti:a) siano collegate a specifici settori o categorie e dispongano di un'organizzazione a livello europeo;b) siano composte da organizzazioni che, a loro volta, formino parte integrante e riconosciuta delle strutture delle parti sociali degli Stati membri, siano abilitate a negoziare accordi e siano rappresentative in più Stati membri;c) dispongano di strutture adeguate a garantire la loro effettiva partecipazione all'attività dei comitati.Articolo 2 Nel settore di attività per il quale sono stati creati, i comitati:a) dovranno essere consultati sui progressi a livello comunitario che abbiano implicazioni sociali, eb) dovranno sviluppare e promuovere il dialogo sociale a livello settoriale.Articolo 3 Alle riunioni di ciascun comitato sono ammessi a partecipare complessivamente al massimo 40 rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati, con un numero pari di rappresentanti per ciascuna delegazione.Articolo 4 La Commissione invita a partecipare alle riunioni dei comitati i rappresentanti proposti dalle organizzazioni delle parti sociali che abbiano presentato la richiesta di cui all'articolo 1.Articolo 5 1. Ciascun comitato stabilirà, di concerto con la Commissione, il proprio regolamento di procedura.2. I comitati sono presieduti da un rappresentante della delegazione dei datori di lavoro o della delegazione dei lavoratori o, su loro richiesta congiunta, da un rappresentante della Commissione.3. I comitati si riuniscono almeno una volta all'anno. Le spese di soggiorno e di viaggio sono rimborsate ad un massimo di 30 rappresentanti delle parti sociali partecipanti alle riunioni di un comitato.4. La Commissione esamina regolarmente, in consultazione con le parti sociali, il funzionamento dei comitati e lo svolgimento delle loro attività nei vari settori.Articolo 6 Se la Commissione informa un comitato del carattere confidenziale di un tema in discussione, i membri del comitato sono obbligati, salvo il disposto dell'articolo 214 del trattato, a mantenere il segreto su qualunque informazione acquisita durante le riunioni del comitato o del suo segretariato.Articolo 7 1. I comitati di dialogo settoriale sostituiscono i seguenti comitati paritari:a) comitato paritetico per i trasporti marittimi istituito con decisione 87/467/CEE della Commissione (4);b) comitato paritetico dell'aviazione civile istituito con decisione 90/449/CEE della Commissione (5);c) comitato paritetico per la navigazione interna istituito con decisione 80/991/CEE della Commissione (6);d) comitato paritetico dei trasporti stradali istituito con decisione 85/516/CEE della Commissione (7);e) comitato paritetico delle ferrovie istituito con decisione 85/13/CEE della Commissione (8);f) comitato paritetico delle telecomunicazioni istituito con decisione 90/450/CEE della Commissione (9);g) comitato paritetico per i problemi sociali dei salariati agricoli istituito con decisione 74/442/CEE della Commissione (10);h) comitato paritetico per i problemi sociali nella pesca marittima istituito con decisione 74/441/CEE della Commissione (11);i) comitato paritetico delle poste istituito con decisione 94/595/CE della Commissione (12).I comitati istituiti da tali decisioni restano in funzione sino all'entrata in funzione dei comitati settoriali istituiti dalla presente decisione, ovvero, al più tardi, fino al 31 dicembre 1998.2. Alle condizioni stabilite dall'articolo 1, i comitati di dialogo settoriale sostituiscono anche altri gruppi di lavoro informali per il cui mezzo la Commissione ha sino ad ora promosso il dialogo sociale in alcuni settori non compresi nell'ambito di applicazione delle decisioni della Commissione istitutive di comitati paritari.3. Le decisioni di cui alle lettere da a) ad i) del paragrafo 1 sono abrogate con effetto dal 1° gennaio 1999.Fatto a Bruxelles, il 20 maggio 1998.Per la CommissionePádraig FLYNNMembro della Commissione(1) COM(96) 448 def.(2) GU C 286 del 22. 9. 1997, pag. 338.(3) GU C 89 del 19. 3. 1997, pag. 27.(4) GU L 253 del 4. 9. 1987, pag. 20.(5) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 22.(6) GU L 297 del 6. 11. 1980, pag. 28.(7) GU L 317 del 28. 11. 1985, pag. 33.(8) GU L 8 del 10. 1. 1985, pag. 26.(9) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 25.(10) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 22.(11) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 19.(12) GU L 225 del 31. 8. 1994, pag. 31. | Dialogo sociale settoriale
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Fornisce la base per la creazione di comitati di dialogo sociale settoriale nelle diverse aree di attività dell’UE in cui i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori (le cosiddette «parti sociali») possono incontrarsi per discutere di sviluppi politici. Tali comitati sono una caratteristica del più ampio dialogo sociale europeo*, elemento essenziale del modello sociale e della governance dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
I comitati di dialogo settoriale sono stati creati nei settori in cui le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro hanno congiuntamente espresso l’esigenza di partecipare ad un dialogo a livello europeo. Essi devono:
essere collegati a specifici settori economici, come quello bancario o dell’agricoltura;
essere composti da organizzazioni riconosciute come parti sociali nazionali;
essere abilitati a negoziare accordi;
rappresentare le parti sociali di diversi paesi dell’UE;
disporre di strutture e risorse per partecipare efficacemente ai lavori a livello comunitario.
Ciascun comitato:
viene consultato in merito ai progressi dell’UE che hanno implicazioni sociali nella sua area;
sviluppa e promuove il dialogo sociale di sua competenza;
ha un numero massimo di 66 membri, con un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori;
stabilisce, congiuntamente alla Commissione europea, il proprio regolamento di procedura;
si riunisce almeno una volta all’anno;
è presieduto da un rappresentante dei datori di lavoro o dei lavoratori o da un funzionario della Commissione;
esamina regolarmente, con la Commissione, le proprie attività.
I comitati di dialogo settoriale sostituiscono le precedenti forme di cooperazione settoriale tra le parti sociali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica a decorrere dal 20 maggio 1998.
CONTESTO
L’articolo 152 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea conferma l’impegno dell’UE a sostenere il dialogo sociale europeo e riconosce l’autonomia delle parti sociali europee.
Dal 1998, la Commissione ha creato più di 40 comitati di dialogo sociale settoriale, che coinvolgono circa 150 milioni di lavoratori nell’UE in settori come i trasporti, l’agricoltura, l’edilizia, il commercio, i servizi pubblici, la costruzione di macchine e di attrezzature, alberghi e ristoranti, le banche.
Il dialogo ha portato ad accordi su circa 900 testi di varia natura giuridica.
Per maggiori informazioni, si consulti la pagina «Dialogo sociale settoriale» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINE CHIAVE
* Dialogo sociale europeo: discussioni, consultazioni, trattative e azioni congiunte tra le parti sociali (datori di lavoro e lavoratori).
ATTO
Decisione 98/500/CE della Commissione, del 20 maggio 1998, che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 27-28)
Le modifiche successive alla decisione 98/500/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Documento di lavoro dei servizi della Commissione sul funzionamento e sul potenziale del dialogo sociale settoriale a livello europeo, SEC(2010) 964 def. del 22.7.2010 | 3,668 | 899 |
21997A0513(01) | false | Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea
Gazzetta ufficiale n. L 121 del 13/05/1997 pag. 0014 - 0018
ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di CoreaLa COMUNITÀ EUROPEA e la REPUBBLICA DI COREA (in appresso denominate «parti contraenti»),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, all'armonioso sviluppo di detti legami;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui le parti contraenti hanno già aderito e la raccomandazione del consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) «legislazione doganale»: le disposizioni adottate dalla Comunità europea o dalla Repubblica di Corea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;b) «autorità doganale»: nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e nella Repubblica di Corea il servizio doganale coreano;c) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale;d) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;e) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale.Articolo 2 Obblighi imposti dalle convenzioni internazionali Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui hanno aderito le parti contraenti del presente accordo.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 3 Portata della cooperazione doganale 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti si adoperano, attraverso le rispettive autorità doganali, al fine di:a) collaborare per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione, nei limiti delle risorse disponibili, di nuove procedure doganali, la formazione e gli scambi del personale e le altre questioni che possano richiedere un'azione congiunta;b) semplificare, armonizzare e computerizzare le procedure doganali, tenendo conto dei lavori svolti delle organizzazioni internazionali in questo settore.2. La cooperazione doganale prevede:a) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla legislazione doganale;b) scambi di informazioni sulle azioni di assistenza tecnica intraprese insieme ai paesi terzi al fine di migliorarle.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 4 Portata dell'assistenza 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti:a) si prestano reciprocamente assistenza per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare mediante la prevenzione, l'individuazione e l'esame delle violazioni di detta legislazione;b) si prestano reciprocamente assistenza fornendo, su richiesta, le informazioni necessarie per amministrare e far applicare la legislazione doganale.2. L'assistenza in materia doganale prevista dal presente accordo non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale né copre le informazioni ottenute grazie a poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria salvo accordo di detta autorità.3. L'assistenza prevede altresì:a) scambi di informazioni e di esperienze sull'uso del divieto e delle apparecchiature di rilevamento;b) tecniche applicative, in particolare strumenti tecnici, che potrebbero rivelarsi utili per eliminare le violazioni della legislazione doganale;c) osservazioni e conclusioni derivanti dall'uso delle nuove tecniche applicative.Articolo 5 Assistenza su richiesta 1. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, comprese le informazioni riguardanti le operazioni registrate o programmate che violino o possano violare detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le comunica se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente precisando, se del caso, la procedura doganale applicata alle merci.3. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata prende le misure necessarie per garantire che siano tenute sotto controllo:a) le persone fisiche o giuridiche in merito alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che violino o abbiano violato la legislazione doganale;b) i luoghi dove le merci sono immagazzinate in modo da fare legittimamente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i movimenti di merci per i quali sia stata segnalata la possibilità che diano luogo a infrazioni della legislazione doganale;d) i mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati per violare la legislazione doganale.Articolo 6 Assistenza spontanea Le parti contraenti si prestano assistenza reciproca, secondo le rispettive leggi, norme e altri strumenti giuridici e qualora lo considerino necessario per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare allorché ricevono informazioni riguardanti:a) operazioni per le quali sia stata violata, si violi o si possa violare tale legislazione e che possano interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare dette operazioni;c) merci note per essere soggette a operazioni che violano la legislazione doganale.Articolo 7 Consegna/Notifica Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata adotta, secondo la propria legislazione, tutte le misure necessarie per- consegnare tutti i documenti e- notificare tutte le decisioniche rientrano nel campo di applicazione del presente accordo ad un destinatario, residente o stabilito sul suo territorio. In tal caso, si applicano le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 3.Articolo 8 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande eseguite a norma del presente accordo sono presentate per iscritto. Ad esse vengono allegati i documenti necessari al loro espletamento. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 del presente articolo devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità doganale richiedente che presenta la domanda;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche o giuridiche oggetto d'indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, salvo per i casi di cui all'articolo 7.3. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali stabiliti può esserne richiesta la correzione o il completamento; tuttavia possono essere disposte misure cautelative.Articolo 9 Accoglimento delle domande 1. Per soddisfare le domande di assistenza l'autorità doganale interpellata procede, in collaborazione con gli altri servizi amministrativi se non può agire direttamente, nell'ambito delle sue competenze e delle risorse disponibili, fornendo le informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o disponendone l'esecuzione.2. Le domande di assistenza sono accolte in osservanza delle leggi, norme e altri strumenti giuridici della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità doganale interpellata o di un'altra autorità, della quale l'autorità doganale interpellata è responsabile, le informazioni sulle violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari di una parte contraente possono essere presenti, con l'accordo dell'altra parte contraente e alle condizioni da essa stabilite, alle indagini condotte nel territorio di quest'ultima.Articolo 10 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o nelle altre forme appropriate per l'accoglimento della domanda.2. I documenti di cui al paragrafo 1 possono essere sostituiti da informazioni computerizzate prodotte in qualsiasi forma per gli stessi fini.Articolo 11 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi, integralmente o in parte, di prestare l'assistenza prevista nel presente accordo qualora ciò possa:a) pregiudicare la sovranità della Repubblica di Corea o di uno Stato membro della Comunità europea cui è stata chiesta assistenza a norma del presente accordo;b) pregiudicare la sovranità, l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 2;c) riguardare norme valutarie o fiscali, fuori dall'ambito della legislazione doganale, oppured) violare un segreto industriale, commerciale o professionale.2. Qualora l'autorità doganale richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. Prima di rifiutarsi di fornire assistenza, l'autorità doganale interpellata valuta se non sia possibile farlo alle condizioni da essa giudicate necessarie. Se l'autorità doganale richiedente accetta l'assistenza a queste condizioni, essa si impegna a rispettarle.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto di assistenza.Articolo 12 Scambi di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate in qualsiasi forma a norma del presente accordo sono di natura riservata o ristretta, a seconda delle norme applicabili in ciascuna delle parti contraenti. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le istituzioni comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.3. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente accordo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.4. Il paragrafo 3 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. L'autorità competente che ha fornito le informazioni viene immediatamente avvertita di tale uso.5. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 13 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità doganale interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo nella giurisdizione dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possono occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere specificamente indicato su quale argomento e a quale titoli il funzionario sarà interrogato.Articolo 14 Spese Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute a norma del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendono da pubblici servizi.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e della Repubblica di Corea. Il comitato si riunisce, alternativamente, a Bruxelles e a Seul secondo le modalità, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso prevede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale a norma del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le future misure e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 16 Esecuzione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, da una parte, e ai servizi doganali della Repubblica di Corea, dall'altra. Essi decidono in merito a tutte le misure pratiche e alle disposizioni necessarie per la sua applicazione, tenendo in considerazione le norme in materia di protezione dei dati.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle norme specifiche di esecuzione adottate in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 17 Revisione o modifica Le parti contraenti possono rivedere o modificare, di concerto, il presente accordo in qualsiasi momento.Articolo 18 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall'altra, al territorio della Repubblica di Corea.Articolo 19 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è rinnovato tacitamente, di anno in anno, a meno che una delle parti contraenti non lo denunci per iscritto sei mesi prima della data di scadenza.Articolo 20 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e coreana, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto in duplice esemplare a Bruxelles, addì dieci aprile millenovecentonovantasette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica di Corea>RIFERIMENTO A UN FILM> | Accordo con la Repubblica di Corea
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
Ai sensi dell’accordo, le parti convengono di offrirsi assistenza reciproca al fine di garantire che la normativa doganale* sia applicata in maniera appropriata.
La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea) con la Corea del Sud.
PUNTI CHIAVE
L’accordo prevede la cooperazione in settori che vanno dalla ricerca, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuove procedure doganali alla semplificazione, all’armonizzazione e all’informatizzazione di tali procedure.
Le parti si prestano assistenza reciproca per prevenire e indagare sulle violazioni della normativa doganale.
Cooperazione doganale
Le parti accettano di cooperare:nella ricerca, nello sviluppo e nel collaudo di nuove procedure doganali; nella formazione e nello scambio di personale; nella semplificazione, armonizzazione e informatizzazione delle procedure doganali; nello scambio di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa doganale; nello scambio di informazioni sulle azioni intraprese con altri paesi in relazione all’assistenza tecnica. Assistenza amministrativa reciproca
L’accordo prevede 2 tipi di assistenza:assistenza spontanea: le parti contraenti possono fornirsi assistenza reciprocamente di loro iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale; assistenza a richiesta: l’autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare violazioni della normativa doganale e procedure irregolari di esportazione e importazione tra le due parti. Sorveglianza speciale: può essere richiesta in tutti i casi sospetti ed è applicabile a ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza
Le richieste di assistenza devono essere:presentate per iscritto, fatta eccezione per casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto; corredate di tutte le informazioni necessarie per la loro attuazione, comprese: l’autorità interpellata, la misura richiesta, l’oggetto e la motivazione della richiesta, la normativa prevista e la persona fisica o giuridica oggetto dell’indagine. L’autorità interpellata:fornisce le informazioni di cui è già in possesso e svolge le opportune indagini; può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. La richiesta di fornire assistenza può anche essere rifiutata qualora:violi un segreto industriale, commerciale o professionale; coinvolga regolamentazioni valutarie o fiscali diverse dalla normativa doganale. L’accordo:contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che garantisce il buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1° maggio 1997.
Le clausole dell’accordo relativo alla reciproca assistenza amministrativa sono state sostituite dal Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Corea (Commissione europea). La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Normativa doganale: qualsiasi legge adottata dall’Unione europea o dalla Corea che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo.
Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza.
Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 14).
Decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 13).
Rettifica alla decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 126 del 17.5.1997, pag. 30).
DOCUMENTI CORRELATI
Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 1415).
Decisione 2015/2169 del Consiglio del 1° ottobre 2015 relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 307 del 25.11.2015, pag. 2).
Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 19). | 6,622 | 517 |
32009R0487 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 487/2009 DEL CONSIGLIO
del 25 maggio 2009
relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l’articolo 83,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 3976/87 del Consiglio, del 14 dicembre 1987, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
Le disposizioni comuni di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato dovrebbero essere adottate mediante regolamento o direttiva, conformemente all’articolo 83 del trattato. La Commissione dovrebbe essere autorizzata a dichiarare mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, decisioni di associazioni tra imprese e pratiche concordate.
(3)
La Commissione dovrebbe avere il potere di concedere talune esenzioni per categoria nel settore dei trasporti aerei relativamente al traffico tra la Comunità e i paesi terzi così come a quello intracomunitario.
(4)
È opportuno stabilire le condizioni e le circostanze specifiche secondo cui la Commissione potrà esercitare questo potere in stretto e costante collegamento con le competenti autorità degli Stati membri.
(5)
È in particolare auspicabile prevedere esenzioni di gruppo per talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate. Tali esenzioni dovrebbero essere concesse solo per un limitato periodo di tempo durante il quale i vettori aerei potranno adeguarsi alle condizioni di maggiore concorrenza. La Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri, dovrebbe essere in grado di definire con precisione la portata di tali esenzioni e le relative condizioni.
(6)
Il presente regolamento non osta all’applicazione dell’articolo 86 del trattato,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Il presente regolamento si applica ai trasporti aerei.
Articolo 2
1. Conformemente all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate.
La Commissione può in particolare adottare regolamenti relativamente ad accordi, decisioni o pratiche concordate che perseguano una delle finalità seguenti:
a)
programmazione in comune e coordinamento degli orari di volo;
b)
consultazioni sulle tariffe per il trasporto di passeggeri, di bagagli e di merci sui servizi aerei di linea;
c)
accordi di gestione in comune di servizi aerei di linea di nuova istituzione e di scarsa densità;
d)
assegnazione di bande orarie negli aeroporti e programmazione degli orari; la Commissione provvede a garantire la concordanza delle suddette norme con il regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (4);
e)
acquisto, sviluppo e utilizzazione in comune dei sistemi informatizzati per la fissazione di orari, le prenotazioni e il rilascio di biglietti da parte delle imprese di trasporto aereo; la Commissione provvede a garantire la concordanza delle suddette norme con il regolamento (CEE) n. 2289/89 del Consiglio, del 24 luglio 1989, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (5).
2. Fatte salve le disposizioni del secondo comma del paragrafo 1, i regolamenti della Commissione previsti da detto comma definiscono le categorie di accordi, decisioni o pratiche concordate cui essi si applicano e specificano in particolare:
a)
le restrizioni o clausole che possono o non possono figurare negli accordi, decisioni o pratiche concordate;
b)
le clausole che devono essere comprese negli accordi, decisioni e pratiche concordate o qualsiasi altra condizione da soddisfare.
Articolo 3
I regolamenti adottati a norma dell’articolo 2 restano in vigore per un periodo determinato.
Detti regolamenti possono essere abrogati o modificati quando le circostanze si siano modificate relativamente a uno dei fattori che ne hanno determinato l’adozione; in tal caso viene stabilito un periodo entro il quale dovranno essere modificati gli accordi e le pratiche concordate ai quali il regolamento precedente era applicabile prima dell’abrogazione o della modifica.
Articolo 4
I regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 2 contengono una disposizione che ne contempla l’applicazione con effetto retroattivo ad accordi, decisioni e pratiche concordate già esistenti alla data di entrata in vigore di tali regolamenti.
Articolo 5
Un regolamento adottato ai sensi dell’articolo 2 può stabilire che il divieto di cui all’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica, per il periodo stabilito da detto regolamento, agli accordi, decisioni e pratiche concordate in vigore alla data dell’adesione, ai quali l’articolo 81, paragrafo 1 si applica in virtù dell’adesione di Austria, Finlandia e Svezia e che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato.
Tuttavia il presente articolo non si applica agli accordi, decisioni e pratiche concordate che alla data dell’adesione rientrano già nel campo di applicazione dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE.
Articolo 6
Prima di adottare un regolamento a norma dell’articolo 2, la Commissione pubblica un progetto del medesimo e invita tutte le persone e organizzazioni interessate a presentare le loro osservazioni entro un limite di tempo ragionevole che essa determina e che non può essere inferiore a un mese.
Articolo 7
Prima di pubblicare un progetto di regolamento e prima di adottare un regolamento a norma dell’articolo 2 la Commissione consulta il comitato consultivo sulle pratiche restrittive e le posizioni dominanti di cui all’articolo 14 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (6).
Articolo 8
Il regolamento (CEE) n. 3976/87 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.
Articolo 9
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. ŠEBESTA
(1) Parere del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 374 del 31.12.1987, pag. 9.
(3) V. allegato I.
(4) GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1.
(5) GU L 220 del 29.7.1989, pag. 1.
(6) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CEE) n. 3976/87 del Consiglio
(GU L 374 del 31.12.1987, pag. 9).
Regolamento (CEE) n. 2344/90 del Consiglio
(GU L 217 dell’11.8.1990, pag. 15).
Regolamento (CEE) n. 2411/92 del Consiglio
(GU L 240 del 24.8.1992, pag. 19).
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto III.A.3
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 56).
Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio
(GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
unicamente l’articolo 41
Regolamento (CE) n. 411/2004 del Consiglio
(GU L 68 del 6.3.2004, pag. 1).
unicamente l’articolo 2
ALLEGATO II
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CEE) n. 3976/87
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1, primo comma
Articolo 2, paragrafo 2, alinea
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera d)
Articolo 2, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera e)
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 2
Articoli 3 e 4
Articoli 3 e 4
Articolo 4 bis, prima frase
Articolo 5, primo comma
Articolo 4 bis, seconda frase
Articolo 5, secondo comma
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 9
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II | Esenzione all’applicazione delle regole di concorrenza UE per taluni accordi nel settore dei trasporti aerei
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento accorda alla Commissione europea il potere di concedere esenzioni per categoria nel settore dei trasporti aerei relativamente al traffico all’interno dell’Unione europea (Unione) e tra l’Unione e i paesi terzi. Stabilisce le condizioni e le circostanze specifiche in cui la Commissione potrà esercitare questo potere insieme alle autorità nazionali per la concorrenza degli Stati membri dell’Unione. Occorre notare che l’articolo del trattato nel titolo del regolamento, ossia l’articolo 81, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), è diventato l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
PUNTI CHIAVE
Articolo 101 del TFUE
L’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE consente alla Commissione di adottare un regolamento che dichiari che taluni accordi, decisioni e pratiche concordate* sono esenti dall’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, che vieta gli accordi e le pratiche concordate tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra Stati membri e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno mercato unico dell’Unione.
In particolare, la Commissione può adottare tale regolamento di esenzione per categoria in relazione ad accordi, decisioni e pratiche concordate riguardanti una delle seguenti finalità:programmazione in comune e coordinamento degli orari di volo; consultazioni sulle tariffe per il trasporto di passeggeri, bagagli e merci sui servizi aerei di linea; accordi di gestione in comune di servizi aerei di linea di nuova istituzione e di scarsa densità; assegnazione di bande orarie negli aeroporti e programmazione degli orari; acquisto, sviluppo e utilizzazione in comune di sistemi telematici di prenotazione per la fissazione di orari, le prenotazioni e il rilascio di biglietti da parte delle imprese di trasporto aereo.Circostanze modificate
Quando le circostanze si siano modificate relativamente a uno dei fattori che ne hanno determinato l’adozione, l’atto può essere abrogato o modificato. In tale eventualità, deve essere previsto un periodo transitorio per procedere alla modifica degli accordi e delle pratiche concordate ai quali era applicabile il regolamento precedente, prima dell’abrogazione o della modifica.
Durata limitata
Gli eventuali regolamenti relativi alle esenzioni per categoria vengono adottati per un periodo specificato e si applicano con effetto retroattivo ad accordi, decisioni e pratiche concordate già esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento.
Informazioni e consultazione
Prima dell’adozione di un regolamento relativo alle esenzioni per categoria, la Commissione deve adottare un progetto del regolamento proposto e invitare tutte le persone e organizzazioni interessate a presentare le loro osservazioni entro un limite di tempo ragionevole. La Commissione deve consultare il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003 e dovrà farlo una prima volta prima di pubblicare il progetto di regolamento e una seconda volta dopo le consultazioni pubbliche (cfr. sintesi).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 1 luglio 2009. Il regolamento (CE) n. 487/2009 codifica e abroga il regolamento (CEE) n. 3976/87.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Antitrust (Commissione europea). Regolamenti di esenzione per categoria (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Pratiche concordate. Pratiche anticoncorrenziali, che sia stato concluso un accordo formale tra le parti o meno, le quali possono derivare da contatti diretti o indiretti fra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 487/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi e di pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (versione codificata) (GU L 148 dell’11.6.2009, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1 — Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88).
Regolamento (CE) n. 80/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, relativo a un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione e che abroga il regolamento (CEE) n. 2299/89 del Consiglio (GU L 35 del 4.2.2009, pag. 47).
Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell’Unione europea (GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 4,974 | 411 |
32008D0590 | false | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 16 giugno 2008
relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini
(Versione codificata)
(2008/590/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
considerando quanto segue:
(1)
La decisione 82/43/CEE della Commissione, del 9 dicembre 1981, relativa alla creazione di un comitato consultivo per l’uguaglianza delle possibilità tra le donne e gli uomini (1), è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale decisione.
(2)
La parità tra donne e uomini è un elemento irrinunciabile della dignità umana e della democrazia e costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, delle costituzioni e delle leggi degli Stati membri, nonché delle convenzioni internazionali ed europee.
(3)
L’attuazione pratica del principio di parità di trattamento tra donne e uomini deve essere stimolata da una migliore collaborazione e da scambi di opinioni e di esperienze tra gli organi che negli Stati membri sono preposti alla promozione delle pari opportunità e la Commissione.
(4)
La piena attuazione pratica delle direttive, delle raccomandazioni e delle risoluzioni adottate dal Consiglio nel campo delle pari opportunità può essere considerevolmente accelerata mediante il contributo di organi nazionali che dispongano di una rete di informazioni specifiche.
(5)
L’elaborazione e l’applicazione di misure comunitarie in materia di lavoro delle donne, il miglioramento della situazione delle donne che esercitano attività autonome e agricole e la promozione delle pari opportunità richiedono una stretta collaborazione con gli organi specializzati negli Stati membri.
(6)
Pertanto è necessario un quadro istituzionalizzato al fine di avere regolari consultazioni con detti organi,
DECIDE:
Articolo 1
Presso la Commissione è istituito un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini, in appresso denominato il «comitato».
Articolo 2
1. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nell’elaborazione e nell’attuazione delle azioni della Comunità intese a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini e di favorire lo scambio permanente di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra gli Stati membri e tra i vari attori interessati.
2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1 il comitato:
a)
assiste la Commissione nell’elaborazione di strumenti di controllo, di valutazione e di diffusione dei risultati delle misure adottate a livello comunitario per promuovere le pari opportunità;
b)
contribuisce all’attuazione dei programmi di azione comunitaria in materia, segnatamente procedendo all’esame dei loro risultati e proponendo miglioramenti delle misure adottate;
c)
contribuisce grazie ai suoi pareri all’elaborazione della relazione annuale della Commissione sui progressi realizzati in materia di pari opportunità tra donne e uomini;
d)
stimola lo scambio di informazioni sulle misure adottate a tutti i livelli per promuovere le pari opportunità e, se del caso, presenta proposte sul seguito che potrebbe essere dato a dette misure;
e)
emette pareri o invia relazioni alla Commissione, sia su richiesta di quest’ultima, sia di propria iniziativa, su tutti i problemi pertinenti riguardanti la promozione delle pari opportunità nella Comunità.
3. Le modalità di diffusione dei pareri e delle relazioni del comitato sono determinate di concerto con la Commissione. Essi possono essere oggetto di una pubblicazione sotto forma di allegato alla relazione annuale della Commissione sulle pari opportunità tra uomini e donne.
Articolo 3
1. Il comitato è composto da 68 membri:
a)
un (una) rappresentante per Stato membro dei ministeri o servizi governativi incaricati a livello nazionale di promuovere le pari opportunità tra donne e uomini; questo (questa) rappresentante è designato(a) dal governo di ciascuno Stato membro;
b)
un (una) rappresentante per Stato membro dei comitati od organismi nazionali creati da un atto ufficiale e incaricati specificamente delle pari opportunità tra donne e uomini a titolo di rappresentanza dei settori interessati. Qualora in uno Stato membro esistano più comitati od organismi che si occupano di questi problemi, la Commissione determina l’organismo che con i suoi obiettivi, la sua struttura, la sua rappresentatività e il suo grado di indipendenza ha la maggiore vocazione a essere rappresentato nel comitato; la partecipazione degli Stati membri che non dispongono di tali comitati verrà esercitata da persone rappresentanti organismi considerati dalla Commissione come esercitanti missioni analoghe. Questo (questa) rappresentante è nominato(a) dalla Commissione su proposta del comitato od organismo nazionale pertinente;
c)
sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario;
d)
sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario.
Questi (queste) rappresentanti sono nominati(e) dalla Commissione su proposta delle parti sociali a livello comunitario.
2. Alle riunioni del comitato partecipano in veste di osservatori due rappresentanti della lobby europea delle donne.
3. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione.
Articolo 4
Per ciascuno dei membri del comitato si procede, nelle stesse condizioni stabilite all’articolo 3, alla nomina di un (una) supplente.
Fatto salvo l’articolo 7, il (la) supplente non assiste alle riunioni del comitato e non partecipa ai suoi lavori, se non in caso di impedimento del membro che sostituisce.
Articolo 5
Il mandato di membro del comitato ha una durata di tre anni. Esso è rinnovabile.
Allo scadere dei tre anni, i membri del comitato restano in funzione finché non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato.
Il mandato di un membro cessa prima dello scadere dei tre anni o per dimissioni o per cessazione delle attività presso l’organismo che rappresenta o in seguito a decesso. Si può altresì mettere fine al mandato di un membro quando l’organismo che ha presentato la sua candidatura ne chiede la sostituzione.
Egli è sostituito per la durata del mandato ancora in corso secondo la procedura di cui all’articolo 4.
Le funzioni esercitate non formano oggetto di retribuzione; le spese di viaggio e di soggiorno per le riunioni del comitato e per i gruppi di lavoro istituiti secondo l’articolo 8 sono a carico della Commissione in applicazione delle vigenti norme amministrative.
Articolo 6
Il comitato è presieduto da un (una) presidente eletto(a) tra i membri provenienti dagli Stati membri e designati in conformità dell’articolo 3, paragrafo 3, lettere a) e b). Il suo mandato ha la durata di un anno. L’elezione ha luogo a maggioranza dei due terzi dei membri presenti; tuttavia è richiesta a favore almeno la metà del totale dei voti.
Due vicepresidenti saranno eletti(e) con la stessa maggioranza e alle stesse condizioni. Essi (esse) hanno il compito di sostituire il (la) presidente in caso di impedimento. I (le) presidenti e vicepresidenti devono provenire da Stati membri diversi. Essi (esse) costituiscono l’ufficio di presidenza del comitato che si riunisce prima di ciascuna riunione del comitato stesso.
L’organizzazione del lavoro del comitato è effettuata dalla Commissione in stretto collegamento con il (la) presidente. L’ordine del giorno delle riunioni del comitato è fissato dalla Commissione di concerto con il (la) presidente. Il segretariato del comitato è svolto dall’unità della Commissione competente per le pari opportunità tra donne e uomini. Il resoconto delle riunioni del comitato è redatto dai servizi della Commissione e sottoposto per approvazione al comitato.
Articolo 7
Il (la) presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all’ordine del giorno.
Gli esperti partecipano ai lavori esclusivamente per il punto che ne ha motivato la presenza.
Articolo 8
1. Il comitato può costituire gruppi di lavoro.
2. Per elaborare i suoi pareri, il comitato può chiedere rapporti a un relatore o esperto esterno, secondo modalità da determinare.
3. Uno o più membri del comitato possono partecipare in veste di osservatori alle attività di altri comitati consultivi della Commissione e informarne il comitato.
Articolo 9
Le misure prese in applicazione degli articoli 7 e 8, aventi implicazione finanziaria per il bilancio delle Comunità europee, sono soggette all’accordo preliminare della Commissione e devono essere attuate secondo le vigenti norme amministrative.
Articolo 10
Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest’ultima. Esso terrà almeno due riunioni all’anno.
Articolo 11
Le deliberazioni del comitato vertono sulle domande di parere formulate dalla Commissione o sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Esse non sono seguite da votazione.
Nel chiedere il parere del comitato, la Commissione ha facoltà di fissare il termine entro il quale il parere dovrà essere espresso.
Le prese di posizione di ciascuna delle categorie rappresentate figurano in un resoconto delle deliberazioni trasmesso alla Commissione.
Qualora il parere richiesto sia espresso all’unanimità dal comitato, questo redige conclusioni comuni che vengono allegate al resoconto.
Articolo 12
Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui hanno avuto conoscenza tramite i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro, qualora la Commissione comunichi loro che un parere o una domanda verte su una materia avente carattere riservato.
In tal caso, assistono alle sedute unicamente i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione.
Articolo 13
La decisione 82/43/CEE è abrogata.
I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2008.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1792/06 (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1).
(2) Cfr. allegato I.
ALLEGATO I
Decisione abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
Decisione 82/43/CEE della Commissione
(GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35)
Punto VIII.12 dell’allegato I dell’atto di adesione del 1985
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 209)
Punto IV.C dell’allegato I dell’atto di adesione del 1994
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 115)
Decisione 95/420/CE della Commissione
(GU L 249 del 17.10.1995, pag. 43)
Punto 11.4 dell’allegato II dell’atto di adesione del 2003
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 585)
Regolamento (CE) n. 1792/2006 della Commissione
(GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1)
Limitatamente al riferimento alla decisione 82/43/CEE fatto nel sesto trattino dell’articolo 1, paragrafo 2 e all’allegato punto 9.1.
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Decisione 82/43/CEE
Presente decisione
Articoli 1 e 2
Articoli 1 e 2
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c)
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera d)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 3, paragrafi 2 e 3
Articolo 3, paragrafi 2 e 3
Articolo 4, prima frase
Articolo 4, primo comma
Articolo 4, seconda frase
Articolo 4, secondo comma
Articoli da 5 a 12
Articoli da 5 a 12
Articolo 13
—
—
Articolo 13
—
Allegato I
—
Allegato II | Comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini
SINTESI
CHE COSA FA QUESTA DECISIONE?
Istituisce un comitato volto a garantire consultazioni e scambi regolari tra gli enti e le istituzioni che promuovono le pari opportunità tra donne e uomini dei paesi dell'UE.
PUNTI CHIAVE
Il comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini ha lo scopo di aiutare la Commissione europea a formulare e attuare misure volte a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini. Esso svolge tale compito incoraggiando lo scambio di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra i paesi dell'UE e le varie parti interessate.
Il comitato è composto di 70 membri con un mandato rinnovabile di durata triennale, fra i quali:
un rappresentante di ciascun paese dell'UE di un ministero o servizio governativo incaricato di promuovere le pari opportunità, nominato dal proprio governo;
un rappresentante di ciascun paese dell'UE nominato dalla Commissione e scelto fra i membri di un comitato o organismo nazionale incaricato delle pari opportunità, su proposta dell'organizzazione interessata;
sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario;
sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario.
La lobby europea delle donne è rappresentata alle riunioni del comitato da due membri in veste di osservatori. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione.
Il comitato è presieduto da un presidente e da due vicepresidenti eletti tra i suoi membri; il loro mandato ha la durata di un anno.
Il presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all'ordine del giorno.
Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest'ultima e tiene almeno due riunioni all'anno. Le discussioni del comitato si basano sulle domande di parere formulate dalla Commissione e sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Non sono seguite da votazione.
CONTESTO
La decisione 2008/590/CE della Commissione codifica e abroga la decisione 82/43/CEE, che originariamente istituiva un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini e che è stata modificata varie volte.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla Parità di genere sul sito Internet della Commissione europea.
ATTO
Decisione 2008/590/CE della Commissione, del 16 giugno 2008, relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (versione codificata) (GU L 190 del 18.7.2008, pag. 17-21)
Le successive modifiche alla decisione 2008/590/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 4,766 | 441 |
32008R0181 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE
del 28 febbraio 2008
che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(Versione codificata)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento.
(3)
È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci.
(4)
Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento.
(5)
Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie.
Articolo 2
Contributi speciali
1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote:
a)
battelli da carico secco:
i)
automotori: 120 EUR/t;
ii)
Chiatte a spinta: 60 EUR/t;
iii)
Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t;
b)
navi cisterna:
i)
automotori: 216 EUR/t;
ii)
chiatte a spinta: 108 EUR/t;
iii)
chiatte rimorchiate: 39 EUR/t;
c)
spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW.
2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %.
Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate.
Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %.
Articolo 3
Tonnellaggio equivalente
1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione:
a)
battelli da carico secco:
i)
automotori di oltre 650 t: 1,00;
ii)
chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50;
iii)
chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36;
b)
navi cisterna:
i)
automotori di oltre 650 t: 1,00;
ii)
chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50;
iii)
chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18.
2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %.
Articolo 4
Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo»
L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999:
1)
trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo);
2)
trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1;
3)
trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1.
Articolo 5
Solidarietà finanziaria
1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni:
a)
le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999;
b)
gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn);
c)
le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn).
2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1:
a)
l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt);
b)
l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt);
c)
la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St);
d)
gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula:
Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn);
e)
per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn);
f)
gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn).
3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2.
Articolo 6
Consultazioni
Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie».
Articolo 7
Abrogazione
Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1.
(2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18).
(3) Cfr. allegato I.
(4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3).
(5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione
(GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64)
Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione
(GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74)
Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione
(GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11)
Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione
(GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11)
Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione
(GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18)
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 805/1999
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii)
Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii)
Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii)
Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, primo comma
Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii)
Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii)
Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino
Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii)
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, lettera f)
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
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Articolo 7
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Articolo 8
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Allegato I
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Allegato II | Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea
QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI?
Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008
Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie.
Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014
Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea).
PAROLE CHIAVE
Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali).
Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio).
Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8).
Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12).
Si veda la versione consolidata. | 6,889 | 284 |
32018D1192 | false | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2018/1192 DELLA COMMISSIONE
dell'11 luglio 2018
sull'attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia
[notificata con il numero C(2018) 4495]
(Il testo in lingua greca è il solo facente fede)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (1), in particolare l'articolo 2, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Dal 2010 la Grecia riceve assistenza finanziaria dagli Stati membri della zona euro. In particolare, a sostegno del primo programma di aggiustamento macroeconomico, tra maggio 2010 e dicembre 2011 la Grecia ha ricevuto dagli Stati membri la cui moneta è l'euro 52 900 milioni di euro di prestiti bilaterali, che la Commissione ha raccolto e messo a disposizione nel quadro del meccanismo di prestito alla Grecia; a sostegno del secondo programma di aggiustamento macroeconomico, tra marzo 2012 e febbraio 2015 la Grecia ha ricevuto ulteriori prestiti per 130 900 milioni di euro forniti dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (2); tra agosto 2015 e giugno 2018 la Grecia ha poi ricevuto un importo supplementare di 59 900 milioni di euro (3) sotto forma di prestiti da parte del meccanismo europeo di stabilità. Nel complesso, le passività in essere della Grecia nei confronti degli Stati membri della zona euro, del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del meccanismo europeo di stabilità ammontano a 243 700 milioni di euro. Inoltre, a sostegno del primo e del secondo programma di aggiustamento economico, la Grecia ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale un'assistenza finanziaria pari a 32 100 milioni di euro.
(2)
L'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità scadrà il 20 agosto 2018.
(3)
Le condizioni di natura politica associate all'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità sono state definite nella decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio (4), successivamente modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio (5). Tali condizioni sono state ulteriormente specificate nel memorandum d'intesa del meccanismo europeo di stabilità sulle condizioni specifiche di natura economica (il «memorandum d'intesa») firmato dalla Commissione, a nome del meccanismo europeo di stabilità, e dalla Grecia il 19 agosto 2015 e nelle sue successive quattro modifiche.
(4)
Nel quadro dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha attuato un gran numero di riforme che riguardano un'ampia gamma di settori strategici: (i) la sostenibilità di bilancio, (ii) la stabilità finanziaria, (iii) le riforme strutturali volte a rafforzare la competitività e la crescita e (iv) la pubblica amministrazione. Sulla base del considerevole numero di azioni realizzate nell'ambito del programma, è opportuno nel medio termine proseguire le principali riforme strutturali e istituzionali, per assicurarne il completamento e la piena efficacia.
(5)
Grazie alle azioni intraprese dal governo greco, gli squilibri del bilancio e dei flussi esterni sono stati in larga misura corretti. Il saldo delle amministrazioni pubbliche è stato positivo nel 2016 e nel 2017 e la Grecia è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5 % del prodotto interno lordo nel 2018 e nel medio termine. I prestiti esterni netti sono tornati su valori positivi nel 2015 e hanno successivamente evidenziato soltanto disavanzi modesti. L'economia è in ripresa, con una crescita dell'1,4 % nel 2017, e la disoccupazione è in calo. La Grecia ha migliorato la propria posizione per quanto riguarda le componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance dei paesi.
(6)
Tuttavia, nonostante le riforme, la Grecia continua a registrare notevoli squilibri degli stock e significative debolezze, retaggio del passato. In particolare, come risulta anche dalla relazione della Commissione del 2018 sul meccanismo di allerta [preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6)], la Grecia si trova ad affrontare i problemi qui di seguito elencati. Dopo il picco del 180,8 % del prodotto interno lordo raggiunto alla fine del 2016, alla fine del 2017 il debito pubblico rimaneva elevato, attestandosi al 178,6 % del PIL, il livello più alto dell'Unione. Anche la posizione patrimoniale netta sull'estero, pari a quasi – 140 % del prodotto interno lordo nel 2016, continua a rimanere molto elevata; inoltre, sebbene sia prossimo al pareggio, il saldo delle partite correnti è ancora insufficiente per permettere che l'elevata posizione patrimoniale netta sull'estero scenda a livelli prudenti ad un ritmo soddisfacente. La disoccupazione, pur in calo rispetto al picco del 27,9 % registrato nel 2013, era ancora al 20,1 % nel marzo 2018. Sia il tasso di disoccupazione di lunga durata (15,3 % alla fine del 2017) che il tasso di disoccupazione giovanile (43,8 % nel marzo 2018) rimangono molto elevati. Il contesto imprenditoriale continua a necessitare di ulteriori miglioramenti significativi, essendo la Grecia ancora ben lontana dalle migliori posizioni per quanto riguarda molte delle componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance (ad esempio, l'esecuzione dei contratti, la registrazione dei beni immobili, la risoluzione delle situazioni di insolvenza, ecc.).
(7)
Pur rimanendo sufficientemente capitalizzato, il settore bancario continua a dover affrontare problemi legati ai bassi livelli di redditività e agli ingenti stock di esposizioni deteriorate; inoltre, permangono forti legami con lo Stato. A fine marzo 2018 lo stock delle esposizioni deteriorate era ancora molto elevato, essendo pari a 92,4 miliardi di EUR, corrispondenti al 48,5 % del totale delle esposizioni in bilancio. Nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha adottato atti legislativi fondamentali per agevolare il risanamento dei bilanci delle banche, ma saranno necessari sforzi costanti per portare il tasso di esposizioni deteriorate a livelli sostenibili e consentire agli istituti finanziari di svolgere in maniera continuativa le loro funzioni di intermediazione e di gestione del rischio. È stata inoltre adottata una tabella di marcia per l'allentamento dei controlli sui capitali, che ha lo scopo di ripristinare la fiducia dei depositanti. Mentre alcuni controlli sui capitali sono stati allentati, è opportuno proseguire il lavoro intrapreso, sulla base di parametri di riferimento concordati.
(8)
Dopo essere stata esclusa dai mercati finanziari nel 2010, dal luglio 2017 la Grecia può nuovamente contrarre prestiti su tali mercati attraverso l'emissione di titoli di Stato. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da episodi di volatilità sui mercati finanziari, i rendimenti dei titoli di Stato greci rimangono a livelli elevati rispetto ad altri Stati membri della zona euro, mentre le condizioni di prestito della Grecia rimangono fragili a fronte dei rischi economici esterni. Sono quindi necessari ulteriori sforzi per garantire l'accesso stabile e continuo dello Stato al mercato.
(9)
Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che la Grecia continua ad essere esposta a rischi di instabilità finanziaria che, se si dovessero concretizzare, potrebbero avere ripercussioni negative sugli altri Stati membri della zona euro. Queste ricadute negative potrebbero manifestarsi indirettamente incidendo sulla fiducia degli investitori e, di conseguenza, sui costi di rifinanziamento delle banche e degli emittenti sovrani in altri Stati membri della zona euro.
(10)
Il 22 giugno 2018 l'Eurogruppo ha concordato a livello politico di attuare ulteriori misure volte a garantire la sostenibilità del debito. La Grecia ha un elevato stock di debito pubblico, che alla fine del 2017 era pari al 178,6 % del prodotto interno lordo. La Grecia ha già beneficiato di generosi aiuti finanziari dei partner europei a condizioni agevolate, mentre misure specifiche volte a ricondurre il debito su basi più sostenibili sono state adottate nel 2012 e nuovamente dal meccanismo europeo di stabilità nel 2017. L'analisi della sostenibilità del debito del giugno 2018 realizzata dalla Commissione di concerto con la Banca centrale europea e in collaborazione con il meccanismo europeo di stabilità ha rilevato che, in assenza di ulteriori misure, si configuravano notevoli rischi relativi alla sostenibilità del debito, poiché secondo le proiezioni il fabbisogno finanziario lordo della Grecia supererà nel lungo periodo il 20 % del prodotto interno lordo, valore che corrisponde alla soglia stabilita dall'Eurogruppo come punto di riferimento per la valutazione dei rischi relativi alla sostenibilità del debito. Le misure che l'Eurogruppo ha concordato il 22 giugno 2018 su tale base comprendono la proroga di altri 10 anni delle durate medie ponderate, il rinvio di altri 10 anni del pagamento degli interessi e dell'ammortamento e l'attuazione di altre misure relative al debito. Combinate con un esborso di 15 000 milioni di euro, grazie al quale la riserva di liquidità dovrebbe coprire il fabbisogno di finanziamento del debito sovrano per circa 22 mesi dopo la fine del programma, tali misure dovrebbero, secondo le previsioni basate sulle ipotesi dello scenario di base della Commissione, essere sufficienti per assicurare la sostenibilità del debito e garantire che il fabbisogno di finanziamento lordo rimanga al di sotto del 20 % del prodotto interno lordo fino al 2060. Secondo lo scenario negativo, le misure a medio termine concordate dall'Eurogruppo darebbero un contributo positivo alla sostenibilità del debito per un certo tempo, garantendo che le percentuali del fabbisogno finanziario lordo rimangano al di sotto delle soglie concordate fino al 2036. L'Eurogruppo ha convenuto di riesaminare alla fine del periodo di tolleranza dello Strumento europeo di stabilità finanziaria, ossia nel 2032, se saranno necessarie misure supplementari relative al debito per assicurare il rispetto degli obiettivi concordati in materia di fabbisogno finanziario lordo, a condizione che sia rispettato il quadro di bilancio dell'Unione europea, e se necessario adottare le opportune azioni.
(11)
Tuttavia, nel medio periodo, la Grecia deve continuare ad adottare misure volte ad affrontare le cause e le cause potenziali di difficoltà e ad attuare riforme strutturali a sostegno di una ripresa economica solida e sostenibile, tenuto conto degli effetti di diversi fattori ereditati dal passato. Tali fattori comprendono il grave e prolungato rallentamento dell'economia durante la crisi, l'entità dell'onere del debito della Grecia, le debolezze del suo settore finanziario, il permanere di legami relativamente forti tra il settore finanziario e le finanze pubbliche greche, anche sotto forma di proprietà statale, il rischio che gravi tensioni nell'uno o nell'altro settore si propaghino ad altri Stati membri, nonché l'esposizione degli Stati membri della zona euro al debito sovrano greco.
(12)
A tal fine, la Grecia ha assunto l'impegno, in sede di Eurogruppo, di proseguire e completare tutte le principali riforme adottate nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità e di garantire che vengano salvaguardati gli obiettivi delle importanti riforme adottate nell'ambito dei programmi di assistenza finanziaria.
(13)
La Grecia si è inoltre impegnata a realizzare azioni specifiche nei settori delle politiche di bilancio, ivi comprese quelle strutturali, della previdenza sociale, della stabilità finanziaria, dei mercati del lavoro e dei prodotti, della privatizzazione e della pubblica amministrazione. Tali azioni specifiche, che sono illustrate in un allegato della dichiarazione dell'Eurogruppo del 22 giugno 2018, contribuiranno a risolvere le potenziali cause di difficoltà economiche.
(14)
Al fine di affrontare i rischi residui e monitorare il rispetto degli impegni adottati per farvi fronte, risulta necessario e opportuno sottoporre la Grecia a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013.
(15)
La Grecia è stata ufficialmente consultata, anche tramite una lettera formale inviata il 4 luglio 2018, ed ha avuto la possibilità di esprimere il proprio parere in merito alla valutazione della Commissione. Nella sua risposta del 6 luglio 2018, la Grecia ha condiviso il giudizio della Commissione in merito alle sfide economiche che il paese si trova ad affrontare, che costituisce la base per l'attivazione della sorveglianza rafforzata.
(16)
La Grecia continuerà a beneficiare di assistenza tecnica nell'ambito del programma di sostegno alle riforme strutturali [di cui al regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio (7)] per l'elaborazione e l'attuazione delle riforme, così come per il proseguimento e il completamento delle principali riforme in linea con gli impegni politici soggetti a monitoraggio nell'ambito della sorveglianza rafforzata.
(17)
Nell'attuazione della sorveglianza rafforzata, la Commissione intende collaborare strettamente con il meccanismo europeo di stabilità, nel quadro del sistema di allarme rapido,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La Grecia è sottoposta a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013 per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 21 agosto 2018.
Articolo 2
La Repubblica ellenica è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, l'11 luglio 2018
Per la Commissione
Pierre MOSCOVICI
Membro della Commissione
(1) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1.
(2) Al netto delle obbligazioni del FESF di valore pari a 10 900 milioni di euro trasferite al Fondo ellenico di stabilità finanziaria nel marzo 2012 che sono state restituite nel febbraio 2015.
(3) Al netto dei prestiti per la ricapitalizzazione delle banche pari a 2 000 milioni di EUR che sono stati restituiti nel febbraio 2017.
(4) Decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio, del 15 febbraio 2016, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 91 del 7.4.2016, pag. 27).
(5) Decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio, del 30 giugno 2017, recante modifica della decisione di esecuzione (UE) 2016/544 che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 174 del 7.7.2017, pag. 22).
(6) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
(7) Regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce il programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 (GU L 129 del 19.5.2017, pag. 1). | Sostegno finanziario alla Grecia
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E IN COSA CONSISTE L’ASSISTENZA FINANZIARIA ALLA GRECIA?
il regolamento (UE) n. 472/2013 è volto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria. Dal maggio del 2010 all’agosto del 2018 la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario da parte dei paesi della zona euro e dal Fondo monetario internazionale (FMI) per far fronte alle difficoltà finanziarie e alle sfide economiche. Dopo la conclusione, il 20 agosto 2018, del programma di sostegno alla stabilità, la Grecia è stata pienamente integrata nel quadro del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche e sociali. Allo stesso tempo, il quadro di sorveglianza rafforzata * è stato attivato per la Grecia, come previsto dal regolamento 472 del 2013.
PUNTI CHIAVE
Il primo programma di aggiustamento:è stato annunciato dall’Eurogruppo il 2 maggio 2010;ha stanziato 52,9 miliardi di euro in prestiti bilaterali alla Grecia da parte dei paesi membri della zona euro nell’ambito dello strumento di prestito in favore della Grecia;l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 20 miliardi di euro. Il secondo programma di aggiustamento:è stato approvato dall’Eurogruppo il 9 marzo 2012 ed è rimasto in vigore fino al giugno 2015;ha fornito prestiti per 141,8 miliardi di euro da parte dei paesi della zona euro attraverso il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF);l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 12 miliardi di euro. Il terzo programma di aggiustamento:è iniziato il 19 agosto 2015 e si è concluso il 20 agosto 2018 come previsto;concede prestiti fino a 86 miliardi di euro provenienti dal MES. Per poter avviare i negoziati con l’UE sui termini del terzo programma di aggiustamento, la Grecia ha dovuto impegnarsi a:riformare il regime IVA e pensionistico;attuare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche dell’UE;salvaguardare l’indipendenza dell’autorità greca di statistica;adottare un codice di procedura civile. Inoltre, la Grecia ha accettato di:ripristinare la sostenibilità fiscale riformando i sistemi IVA e previdenziali e combattendo l’evasione fiscale;salvaguardare la stabilità finanziaria tramite la ricapitalizzazione delle banche (ossia ristrutturando il debito e il capitale di rischio) e il rafforzamento della loro governance;attuare riforme che promuovano la crescita economica, la creazione di occupazione, la competitività e gli investimenti;modernizzare lo Stato e la pubblica amministrazione, migliorando in particolare l’efficienza del sistema giudiziario e rafforzando la lotta alla corruzione. Alla conclusione positiva del terzo programma di aggiustamento, la Commissione europea ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 che ha attivato una sorveglianza economica e di bilancio rafforzata per la Grecia, con effetto a decorrere dal 21 agosto 2018. Un primo rapporto di sorveglianza rafforzata sulla Grecia è stato pubblicato a novembre 2018 e un secondo a febbraio 2019. La decisione di esecuzione (UE) 2019/338 ha prorogato il periodo di sorveglianza rafforzata per un ulteriore periodo di sei mesi a decorrere dal 21 febbraio 2019.Il 5 giugno 2019 è stato pubblicato il terzo rapporto di sorveglianza rafforzata per la Grecia.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 30 maggio 2013.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Assistenza finanziaria alla Grecia (Commissione europea) Quadro di sorveglianza rafforzata per la Grecia (Commissione europea) Programma MES per la Grecia (Meccanismo europeo di stabilità).
TERMINI CHIAVE
Sorveglianza rafforzata: un quadro post-programma adattato alla Grecia in vista della crisi di lunga data e delle sfide affrontate. Esso sosterrà la realizzazione, il completamento e la continuità dell’attuazione delle riforme concordate nell’ambito del programma, in linea con gli impegni assunti dalle autorità greche attraverso il monitoraggio rigoroso della situazione economica, fiscale e finanziaria e la sua evoluzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/338 della Commissione, del 20 febbraio 2019, sulla proroga della sorveglianza rafforzata della Grecia (GU L 60 del 28.2.2019, pag. 17).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 della Commissione, dell’11 luglio 2018, sull’attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia (GU L 211 del 22.8.2018, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1411 del Consiglio, del 19 agosto 2015, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico della Grecia (GU L 219 del 20.8.2015, pag. 12).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1181 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che fornisce alla Grecia sostegno finanziario dell’Unione a breve termine (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 15).
Decisione di esecuzione (EU) 2015/1182 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che approva il programma di aggiustamento della Grecia (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 19). | 6,812 | 317 |
32008E0487 | false | AZIONE COMUNE 2008/487/PESC DEL CONSIGLIO
del 23 giugno 2008
a sostegno dell’universalizzazione ed attuazione della convenzione del 1997 sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 14,
considerando quanto segue:
(1)
Il 12 dicembre 2003 il Consiglio europeo ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza, che sollecita la creazione di un ordine internazionale basato su un multilateralismo efficace. La strategia europea in materia di sicurezza riconosce la Carta delle Nazioni Unite come quadro fondamentale per le relazioni internazionali. Rafforzare le Nazioni Unite e contribuire a dotarle dei mezzi necessari affinché assolvano alle loro responsabilità e agiscano con efficacia rappresenta una priorità dell’Unione europea.
(2)
La risoluzione 51/45 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, del 10 dicembre 1996, esortava tutti gli Stati a perseguire attivamente un accordo internazionale efficace e giuridicamente vincolante volto a vietare l’impiego, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento delle mine antipersona.
(3)
La convenzione sul divieto di impiego, stoccaggio, produzione e trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione («la convenzione») è stata aperta alla firma il 3 dicembre 1997 ed è entrata in vigore il 1o marzo 1999. Essa costituisce uno strumento internazionale globale per affrontare tutte le questioni relative alle mine antipersona, ivi compresi impiego, produzione e commercio, assistenza alle vittime, rimozione delle mine e distruzione delle scorte.
(4)
Nel dicembre 2004 gli Stati parti della convenzione hanno adottato il piano d’azione di Nairobi 2005-2009 ed hanno raggiunto varie intese riguardo all’universalizzazione e all’attuazione della convenzione in tutti i suoi aspetti.
(5)
Nel dicembre 2007 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 62/41 relativa all’attuazione della convenzione, invitando tutti gli Stati che non l’hanno firmata ad aderirvi senza indugio, esortando tutti gli Stati che hanno firmato ma non ratificato la convenzione a ratificarla senza indugio e sollecitando tutti gli Stati la cui situazione lo consenta a promuovere l’adesione alla convenzione mediante contatti, iniziative, seminari ed altri mezzi a livello bilaterale, subregionale, regionale e multilaterale,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Al fine di sostenere l’attuazione della convenzione sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione («la convenzione»), conformemente alla risoluzione 62/41 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’Unione europea («UE») persegue i seguenti obiettivi:
a)
promozione dell’universalizzazione della convenzione e sostegno alla preparazione della seconda conferenza di revisione della convenzione nel 2009;
b)
sostegno agli Stati parte per la piena attuazione della convenzione.
2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’UE intraprende i seguenti progetti:
a)
organizzazione di un massimo di sei seminari regionali o subregionali diretti ad accrescere l’adesione alla convenzione e la sua ratifica e a preparare la seconda conferenza di revisione nel 2009;
b)
fornitura di consulenza tecnica permanente e visite di assistenza tecnica mirate, fino a un massimo di 25, negli Stati parti al fine di formulare raccomandazioni sulla piena attuazione della convenzione.
Una descrizione dettagliata di tali progetti figura nell’allegato.
Articolo 2
1. La presidenza, assistita dal Segretario generale del Consiglio/Alto rappresentante per la PESC (SG/AR), è responsabile dell’attuazione della presente azione comune. La Commissione è pienamente associata.
2. L’esecuzione tecnica dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è a cura dell’unità di supporto all’attuazione del Centro internazionale di Ginevra per lo sminamento a fini umanitari (GICHD). Essa svolge tale compito sotto il controllo dell’SG/AR, che assiste la presidenza. A tal fine l’SG/AR stabilisce le necessarie modalità con l’unità di supporto all’attuazione del GICHD.
3. La presidenza, l’SG/AR e la Commissione si informano regolarmente riguardo ai progetti, secondo le rispettive competenze.
Articolo 3
1. L’importo di riferimento finanziario per l’attuazione dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è pari a 1 070 000 EUR, a carico del bilancio generale dell’Unione europea.
2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell’Unione europea.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 2, che assumono la forma di aiuto non rimborsabile. A tal fine, conclude un accordo di finanziamento con il GICHD. L’accordo di finanziamento stipula che l’unità di supporto all’attuazione del GICHD deve assicurare la visibilità del contributo dell’UE in funzione della sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l’entrata in vigore della presente azione comune. Essa informa il Consiglio sulle difficoltà di detto processo e sulla data di conclusione dell’accordo di finanziamento.
Articolo 4
La presidenza, assistita dall’SG/AR, riferisce al Consiglio sull’attuazione della presente azione comune sulla scorta di relazioni periodiche elaborate dall’unità di supporto all’attuazione del GICHD. Su tali relazioni si basa la valutazione del Consiglio. La Commissione è pienamente associata e fornisce le informazioni sugli aspetti finanziari dell’attuazione della presente azione comune.
Articolo 5
La presente azione comune entra in vigore il giorno dell’adozione.
Essa scade ventuno mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o sei mesi dopo la data di adozione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine.
Articolo 6
La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 23 giugno 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
I. JARC
ALLEGATO
1. Obiettivi
Gli obiettivi globali della presente azione comune sono la promozione dell’universalizzazione della convenzione, il sostegno alla piena attuazione della convenzione da parte degli Stati parti e il sostegno ai preparativi della seconda conferenza di revisione che si svolgerà nel 2009. Sarà assicurata la massima sinergia con gli altri pertinenti strumenti finanziari dell’UE.
2. Progetti
2.1. Promozione dell’universalizzazione ed attuazione della convenzione sul divieto d’impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione e preparazione della conferenza di revisione del 2009
2.1.1. Obiettivo del progetto
Promuovere l’adesione alla convenzione tramite seminari regionali e subregionali e sostenere i preparativi per la seconda conferenza di revisione.
2.1.2. Descrizione del progetto
Organizzazione di un massimo di sei workshop regionali e subregionali per preparare la seconda conferenza di revisione e per incoraggiare l’ulteriore universalizzazione della convenzione.
2.1.3. Risultati del progetto
Più vasta adesione alla convenzione e rinnovato interesse generale riguardo all’importanza degli obiettivi e degli obblighi risultanti dalla ratifica della convenzione, nonché migliore comprensione delle esigenze dei futuri Stati parti per quanto concerne i programmi in materia di mine antipersona.
Miglioramento della preparazione della seconda conferenza di revisione che si svolgerà nel 2009, tramite un rafforzamento dei contributi e del collegamento in rete a livello regionale.
2.1.4. Sede dei seminari
L’unità di supporto all’attuazione del GICHD presenterà un elenco di sedi potenziali per i seminari regionali che sarà in seguito approvato dalla presidenza, assistita dall’SG/AR in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio.
I criteri utilizzati per scegliere le sedi dei seminari includeranno la volontà e l’impegno di un dato Stato di una particolare regione a ospitare un seminario, il livello di impegno nei confronti della convenzione da parte degli Stati della regione e, se del caso, l’impegno di una pertinente organizzazione regionale o subregionale.
2.1.5. Beneficiari del progetto
Gli Stati parti e quelli che non sono parti della convenzione nelle regioni in cui saranno organizzati i seminari.
2.2. Sostegno alla piena attuazione della convenzione.
2.2.1. Obiettivo del progetto
Assistere gli Stati parti nell’attuazione delle disposizioni della convenzione.
2.2.2. Descrizione del progetto
Assistere gli Stati parti della convenzione che sono in fase di adempimento degli obblighi risultanti dalla convenzione.
Saranno organizzate visite di assistenza tecnica negli Stati parti al fine di valutare la risposta nazionale agli obblighi derivanti dalla convenzione e di fornire sostegno in linea con altri pertinenti programmi e/o attività in corso, le conclusioni del vertice di Nairobi e quelle delle relazioni annuali sullo stato di avanzamento dei lavori.
2.2.3. Risultati del progetto
—
Migliore conoscenza degli sforzi di attuazione fatti a livello nazionale che possono dar luogo ad ulteriori azioni dell’UE,
—
fornitura di consulenza e raccomandazioni sui requisiti tecnici necessari all’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione,
—
sviluppo dei pertinenti piani nazionali in linea con gli obblighi derivanti dalla convenzione.
2.2.4. Beneficiari del progetto
Gli Stati parti saranno invitati a richiedere assistenza. La decisione presa terrà conto della misura in cui gli Stati parti richiedenti avranno raccolto le necessarie informazioni di carattere generale precedenti all’impegno, avranno preso misure significative per sostenere una visita degli esperti tecnici e avranno mostrato la loro determinazione a utilizzare pienamente le informazioni così ottenute.
La scelta dei beneficiari terrà conto del rispetto degli impegni presi dai potenziali beneficiari nel settore dello sminamento e della distruzione delle riserve nel quadro dei termini stabiliti nelle riunioni della convenzione.
L’unità di supporto all’attuazione del GICHD presenterà un elenco finale di beneficiari che sarà poi approvato dalla presidenza, assistita dall’SG/AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
3. Durata
La durata totale dell’attuazione della presente azione comune è di 21 mesi.
4. Ente incaricato dell’attuazione
La presidenza, assistita dall’SG/AR, è responsabile dell’attuazione e della supervisione della presente azione comune. La presidenza incaricherà dell’attuazione tecnica l’unità di supporto all’attuazione del GICHD.
L’unità di supporto all’attuazione del GICHD assicurerà che la visibilità del contributo dell’UE sia adeguata alla sua entità.
5. Relazioni
L’unità di supporto all’attuazione del GICHD preparerà relazioni dettagliate a seguito di ogni seminario e di ogni visita di assistenza tecnica previsti. | Convenzione sul divieto di mine antipersona e sulla loro distruzione
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’AZIONE COMUNE E DELLA DECISIONE?
L’azione comune si propone di sostenere l’attuazione della convenzione sul divieto di mine antipersona (APMBC) mediante alcune azioni specifiche. Il sostegno dell’UE alla convenzione si basa sulla strategia europea in materia di sicurezza del 2003 (sostituita nel frattempo dalla strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea).
La decisione sostiene il piano d’azione di Maputo per l’attuazione dell’APMBC tra il 2014 e il 2019 e stabilisce una serie di obiettivi per contribuire a raggiungere tale scopo.
PUNTI CHIAVE
Convenzione sul divieto di mine antipersonaOltre l’80 % degli stati membri delle Nazioni Unite sono Stati parti, ossia hanno ratificato la convenzione. Stati Uniti, Russia e Cina non sono Stati parti. Tutti i paesi dell’UE sono Stati parti. Gli Stati parti accettano di non:utilizzare mine antipersona*;sviluppare, produrre, acquisire, immagazzinare, detenere o trasferire mine antipersona;assistere, incoraggiare o indurre chiunque, in qualsiasi maniera, ad intraprendere qualsiasi attività proibita dalla convenzione. Gli Stati parti devono distruggere tutte le scorte di mine antipersona entro quattro anni e bonificare le zone minate rientranti nella loro competenza giurisdizionale o sotto il loro controllo entro dieci anni. L’azione comune dell’UE stabilisce 2 obiettivi:promuovere la convenzione presso i paesi che non ne fanno ancora parte (operazione definita «universalizzazione»); sostenere la sua piena attuazione nei paesi che sono entrati a farne parte. Per raggiungere tali obiettivi, l’azione comune prevede 2 tipologie di azione:organizzare seminari su base regionale o subregionale per incoraggiare i paesi a far parte della convenzione; fornire ai paesi consulenza e assistenza per agevolare la sua piena attuazione. Piano d’azione di Maputo 2014-2019
Il piano d’azione si propone di affrontare tre questioni principali concernenti l’attuazione dell’APMBC:l’universalizzazione della convenzione; garantire la conformità degli Stati parti che non hanno distrutto le loro scorte o bonificato le mine esistenti; i diritti delle vittime delle mine e la loro integrazione nelle politiche e leggi nazionali connesse ai diritti delle persone con disabilità. Gli Stati parti accettano di promuovere l’universalizzazione e di ottemperare ai loro rimanenti obblighi.
L’UE sostiene una serie di progetti per contribuire al raggiungimento di questi obiettivi, sulla base della decisione del Consiglio del 2017, che comprende:sminamento: agevolare e rafforzare la pianificazione in un massimo di cinque paesi colpiti stabilendo scadenze imminenti per lo sminamento; assistenza alle vittime: prestare sostegno all’integrazione di programmi di assistenza alle vittime all’interno di politiche nazionali più ampie; universalizzazione: sostenere la presidenza della convenzione e una task force ad alto livello per avviare il dialogo con i paesi non-firmatari; distruzione delle scorte. Sostegno finanziario
Quasi tutti i paesi più gravemente colpiti beneficiano di sostegno finanziario. Tali paesi includono Ciad, Colombia, Croazia, Iraq, Repubblica democratica popolare del Laos, Libano, Libia, Myanmar/Birmania, Siria e Ucraina.
Tra il 2012 e il 2016, l’UE e i paesi dell’UE hanno erogato un sostegno di oltre 600 milioni di EUR.
Le attività di sminamento sono sostenute da una serie di strumenti di azione esterna dell’UE, che comprendono:lo strumento di cooperazione allo sviluppo lo strumento che contribuisce alla stabilità e alla pace il Fondo europeo di sviluppo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO L’AZIONE COMUNE E LA DECISIONE?
L’azione comune è in vigore dal 23 giugno 2008 e la decisione dal 4 agosto 2017.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Convenzione sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione (sito web della Convenzione sul divieto di mine antipersona) Mine terrestri antipersona, armi leggere e di piccolo calibro (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Mine antipersona: mine progettate per esplodere in presenza, in prossimità di, o a contatto con una persona e che renderanno inabili, feriranno o uccideranno una o più persone.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Azione comune 2008/487/PESC del Consiglio, del 23 giugno 2008, a sostegno dell’universalizzazione e dell’attuazione della Convenzione del 1997 sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione, nell’ambito della strategia europea in materia di sicurezza (GU L 165 del 26.6.2008, pag. 41).
Decisione 2017/1428 (PESC) del Consiglio, del 4 agosto 2017, a sostegno dell’attuazione del piano d’azione di Maputo per l’attuazione della Convenzione del 1997 sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione (GU L 204 del 5.8.2017, pag. 101).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2012/700/PESC del Consiglio, del 13 novembre 2012, nel quadro della strategia europea in materia di sicurezza a sostegno dell’attuazione del piano d’azione di Cartagena 2010-2014, adottato dagli Stati parti della Convenzione del 1997 sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento di mine antipersona e sulla loro distruzione (GU L 314 del 14.11.2012, pag. 40). | 5,181 | 844 |
22009A0528(01) | false | Accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico
Gazzetta ufficiale n. L 129 del 28/05/2009 pag. 0002 - 0007
Accordotra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar BalticoLa COMUNITÀ EUROPEA,eil GOVERNO DELLA FEDERAZIONE RUSSA,di seguito denominati "le parti",PRENDENDO ATTO che la Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel Mar Baltico e nei Belt (Convenzione di Danzica), del 1973, cesserà di essere applicata il 1o gennaio 2007,RICONOSCENDO che, a seguito dell’adesione alla Comunità della Svezia e della Finlandia il 1o gennaio 1995 e dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania e della Polonia il 1o maggio 2004, alcuni elementi degli accordi di pesca relativi alla pesca marittima nel Mar Baltico conclusi, rispettivamente, dai governi della Repubblica di Lettonia, del Regno di Svezia, della Repubblica di Finlandia, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Polonia e della Repubblica di Lituania con il governo della Federazione russa sono ora gestiti dalla Comunità,RICONOSCENDO la necessità di sostituire tali accordi di pesca, nella misura in cui riguardano la pesca marittima nel Mar Baltico, e la Convenzione di Danzica del 1973 con un nuovo accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa,AFFERMANDO l’intento comune di assicurare la conservazione e la gestione e lo sfruttamento sostenibili a lungo termine degli stock ittici nel Mar Baltico,ISPIRANDOSI alle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, e dell’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 dicembre 1995,ISPIRANDOSI all’Accordo di partenariato e di cooperazione, del 24 giugno 1994, che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall’altra, di seguito denominato "APC", e nell’intento comune di intensificare tali relazioni,TENENDO CONTO del codice di condotta per una pesca responsabile adottato dal Consiglio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura alla conferenza della FAO del 1995,TENENDO CONTO della dichiarazione di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile adottata in occasione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi nel settembre 2002,CONSIDERANDO che alcune delle risorse biologiche marine del Mar Baltico sono costituite da stock transzonali che migrano tra le zone economiche esclusive delle due parti e da stock associati e dipendenti e che, pertanto, solo la cooperazione fra le parti nella gestione della pesca nonché il controllo e l’esecuzione delle norme possono garantire una conservazione efficace e uno sfruttamento sostenibile di tali stock,RICONOSCENDO l’impegno delle parti ad elaborare un’impostazione ecosistemica della gestione della pesca, fondata sui migliori pareri scientifici disponibili e sul rispetto dell’obbligo che incombe allo Stato costiero di assicurare misure di conservazione e di gestione adeguate per mantenere le risorse biologiche nella propria zona economica esclusiva, in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982,DESIDEROSI di proseguire la cooperazione nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti per la pesca in un impegno congiunto di conservazione, di sfruttamento sostenibile e di gestione di tutte le principali risorse di pesca e confermando l’intenzione delle parti di continuare a sviluppare i principi sanciti dalla Convenzione di Danzica,RICONOSCENDO l’importanza della ricerca scientifica per la conservazione, lo sfruttamento sostenibile e la gestione delle risorse di pesca, segnatamente nell’ambito del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM), e desiderosi di promuovere ulteriormente la collaborazione in questo campo,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) "zona economica esclusiva delle parti" : la zona economica esclusiva della Federazione russa e le zone economiche esclusive degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente;b) "mare territoriale delle parti" : il mare territoriale della Federazione russa e il mare territoriale degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente;c) "risorse biologiche marine" : le specie biologiche marine presenti, comprese le specie anadrome e catadrome;d) "pescherecci delle parti" : i pescherecci che battono bandiera della Federazione russa e i pescherecci che battono bandiera degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente, attrezzati per lo sfruttamento commerciale della pesca delle risorse biologiche marine;e) "sfruttamento sostenibile" : lo sfruttamento di uno stock in condizioni tali che il suo sfruttamento futuro non sia compromesso e che non si ripercuota negativamente sugli ecosistemi marini;f) "stock transzonali" : stock ittici che migrano periodicamente oltrepassando i limiti delle zone economiche esclusive delle parti nel Mar Baltico;g) "sforzo di pesca" : il prodotto della capacità e dell’attività di un peschereccio; per un gruppo di navi, è costituito dalla somma dello sforzo di pesca di tutte le navi del gruppo;h) "approccio precauzionale di gestione della pesca" : la mancanza di dati scientifici adeguati non deve giustificare il rinvio o la mancata adozione di misure di gestione per la conservazione delle specie bersaglio, delle specie associate o delle specie dipendenti, nonché delle specie non bersaglio e del relativo habitat.Articolo 2Area geografica di applicazione dell’accordoL’area geografica di applicazione dell’accordo, di seguito denominata "Mar Baltico", comprende le acque del Mar Baltico e dei Belt, escluse le acque interne, limitate ad ovest da una linea che collega Capo Hasenore a Punta Gniben, Korshage a Spodsbjerg e Capo Gilbjerg a Kullen.Articolo 3Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui è d’applicazione il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall’altro, alla Federazione russa.Articolo 4Obiettivi1. Il presente accordo mira ad assicurare una stretta cooperazione fra le parti secondo il principio del beneficio equo e reciproco ai fini della conservazione, dello sfruttamento sostenibile e della gestione di tutti gli stock transzonali, associati e dipendenti presenti nel Mar Baltico.2. L’accordo stabilisce i principi e le procedure relativi alla stretta cooperazione tra le parti allo scopo di garantire che lo sfruttamento degli stock transzonali, associati e dipendenti nel Mar Baltico preveda condizioni economiche, ambientali e sociali sostenibili.3. Le parti fondano la loro cooperazione sui migliori pareri scientifici disponibili e su altri dati pertinenti, applicano l’approccio precauzionale e si accordano per elaborare un’impostazione ecosistemica della gestione della pesca.Articolo 5Misure di gestione comuni1. In base al principio del beneficio reciproco e in conformità della propria legislazione, ciascuna parte può autorizzare pescherecci dell’altra parte a pescare nella propria zona economica esclusiva nel Mar Baltico.2. Le parti possono scambiare, su base reciproca, contingenti relativi al Mar Baltico.3. Per conseguire gli obiettivi del presente accordo le parti adottano misure intese a disciplinare lo sfruttamento degli stock transzonali nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti. Tali misure possono in particolare riguardare:a) i totali ammissibili di catture (TAC) per gli stock transzonali e i gruppi di stock transzonali nonché le ripartizioni fra le parti. I quantitativi assegnati alle parti si basano sulla ripartizione storica delle possibilità di pesca tenendo conto dell’esigenza di una gestione più mirata ai diversi stock, come raccomandato dal CIEM;b) i piani di gestione a lungo termine per la pesca degli stock transzonali;c) la limitazione dello sforzo di pesca;d) le misure tecniche.4. L’applicazione delle disposizioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo è di competenza del comitato misto per la pesca nel Mar Baltico menzionato all’articolo 14 del presente accordo.Articolo 6Misure di gestione autonome adottate dalle parti1. Ciascuna parte stabilisce i totali ammissibili di catture e i piani di gestione a lungo termine degli stock non transzonali presenti nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti.2. Se, nell’ambito del comitato misto per la pesca nel Mar Baltico di cui all’articolo 14 del presente accordo, le parti non hanno potuto convenire misure di gestione adeguate da raccomandare alle rispettive autorità, esse adottano misure autonome al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi indicati all’articolo 4 del presente accordo per quanto riguarda la gestione dello sfruttamento e la conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti.3. Le misure adottate ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo sono fondate su criteri scientifici oggettivi e non comportano alcuna discriminazione, di fatto o di diritto, nei confronti dell’altra parte.4. Oltre alle raccomandazioni formulate dal comitato misto per la pesca nel Mar Baltico sulle misure da prendere, ciascuna parte può adottare le misure di conservazione e di gestione che ritiene necessarie per conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 4 del presente accordo.5. Le misure intese a disciplinare le attività di pesca, adottate da ciascuna parte nella propria zona economica esclusiva e nel proprio mare territoriale a fini di conservazione, sono fondate su criteri scientifici oggettivi, tengono conto delle specie associate e dipendenti e non comportano alcuna discriminazione, di fatto o di diritto, nei confronti dell’altra parte.Articolo 7Rilascio di licenze1. Ciascuna parte subordina al rilascio di una licenza (permesso) l’esercizio della pesca in settori specificati della propria zona economica esclusiva del Mar Baltico da parte dei pescherecci dell’altra parte.2. L’autorità competente di ciascuna parte comunica in tempo debito all’altra parte il nome, il numero di immatricolazione e gli altri elementi di identificazione dei pescherecci autorizzati ad esercitare la loro attività nei settori specificati della zona economica esclusiva del Mar Baltico dell’altra parte.3. L’applicazione delle condizioni relative al rilascio delle licenze è conforme alle raccomandazioni formulate dal comitato misto per la pesca nel Mar Baltico di cui all’articolo 14 del presente accordo.4. Al ricevimento della domanda di licenza (permesso), ciascuna parte rilascia, in conformità alle disposizioni applicabili della normativa vigente, la licenza (permesso) necessaria per esercitare la pesca nei settori specificati della propria zona economica esclusiva del Mar Baltico.Articolo 8Rispetto delle misure di conservazione e di gestione nonché delle altre regolamentazioni in materia di pesca1. Ciascuna parte adotta, in conformità delle proprie leggi, regolamentazioni e norme amministrative, le misure necessarie per garantire il rispetto, da parte dei suoi pescherecci, delle norme e delle regolamentazioni che disciplinano, nella normativa dell’altra parte, lo sfruttamento delle risorse ittiche nella zona economica esclusiva di quest’ultima nel Mar Baltico.2. Con riguardo alla propria zona economica esclusiva del Mar Baltico e in conformità della normativa applicabile e del diritto internazionale, ciascuna parte può adottare le misure necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni del presente accordo da parte dei pescherecci dell’altra parte.3. Ciascuna parte comunica preventivamente all’altra parte, secondo le modalità più appropriate, le regolamentazioni e le misure intese a disciplinare l’attività di pesca, nonché eventuali modifiche delle stesse.4. Ciascuna parte adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare il rispetto delle disposizioni del presente accordo nella propria zona economica esclusiva e nel proprio mare territoriale.Articolo 9Cooperazione per il controllo e l’esecuzione delle normeLe parti cooperano per il controllo e l’applicazione delle norme nel Mar Baltico. A tal fine esse convengono di elaborare un piano per lo scambio delle strategie in materia di controllo ed applicazione delle norme.Articolo 10IspezioniCiascuna parte autorizza l’ispezione dei propri pescherecci da parte degli organi competenti dell’altra parte responsabili delle operazioni di pesca nella propria zona economica esclusiva del Mar Baltico. Ciascuna delle parti agevola tali ispezioni, intese a controllare il rispetto delle misure e delle regolamentazioni di cui all’articolo 8 del presente accordo.Articolo 11Fermo e sequestro di pescherecci1. In caso di fermo o di sequestro di pescherecci dell’altra parte, gli organi competenti di ciascuna parte notificano prontamente agli organi competenti di tale parte, per via diplomatica o mediante altri canali ufficiali, le azioni intraprese e ogni sanzione conseguentemente applicata.2. Gli organi competenti di ciascuna parte rilasciano rapidamente i pescherecci e gli equipaggi in stato di fermo dietro versamento, da parte del proprietario della nave o del suo rappresentante, di una cauzione adeguata o su presentazione da parte degli stessi di altre garanzie, da determinarsi in base alla legislazione vigente della Federazione russa e degli Stati membri della Comunità europea.Articolo 12Cooperazione scientifica1. Le parti chiedono al CIEM di fornire pareri scientifici con riguardo agli stock transzonali, associati e dipendenti nel Mar Baltico; tali pareri costituiscono la base per l’adozione delle misure di gestione comuni relative a tali stock.2. Le parti si impegnano a cooperare nell’ambito del CIEM per lo svolgimento della ricerca scientifica utile ai fini del presente accordo.3. Le parti promuovono la collaborazione fra i propri ricercatori ed esperti sulle questioni di interesse comune nel settore della pesca, compresa l’acquacoltura.Articolo 13Specie anadrome e catadrome1. Le parti cooperano ai fini della conservazione delle specie anadrome e catadrome in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e nell’ambito del presente accordo e di accordi internazionali pertinenti, allo scopo di promuovere la conservazione, la ricostituzione, il rafforzamento e la gestione razionale di tali stock nel Mar Baltico.2. Nonostante la definizione della zona geografica di applicazione del presente accordo di cui all’articolo 2, le parti possono convenire di estendere la cooperazione con riguardo alla gestione delle specie anadrome e catadrome, escludendo tuttavia quelle che trascorrono l’intero ciclo vitale nelle acque interne.Articolo 14Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi del presente accordo le parti istituiscono un Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico (di seguito denominato "comitato").2. Ciascuna parte nomina il proprio rappresentante al comitato e il suo assistente e ne informa l’altra parte per via ufficiale.3. Il comitato tratta tutte le questioni rientranti nell’ambito di applicazione del presente accordo e formula raccomandazioni per le parti.4. In particolare il comitato:a) esamina lo sviluppo e la dinamica degli stock transzonali, associati e dipendenti presenti nel Mar Baltico e le attività di pesca che li sfruttano;b) supervisiona l’applicazione, l’interpretazione e il buon funzionamento dell’accordo, segnatamente per quanto riguarda le disposizioni relative al controllo e all’esecuzione delle norme e alle ispezioni;c) coordina le questioni di interesse comune in materia di pesca;d) funge da sede per la composizione amichevole di qualsiasi controversia inerente all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo.5. Il comitato si riunisce, secondo quanto convenuto dalle parti, almeno una volta all’anno alternativamente nel territorio di ciascuna delle parti, al fine di raccomandare misure alle rispettive autorità responsabili della pesca e degli stock interessati nel Mar Baltico, conformemente a quanto disposto all’articolo 5 del presente accordo. Il comitato si riunisce in seduta straordinaria su richiesta di una delle parti.6. Ove necessario, il comitato istituisce organi supplementari per svolgere le funzioni ad esso affidate.7. Il comitato adotta il proprio regolamento interno alla prima riunione.Articolo 15Consultazioni fra le partiLe parti si consultano su questioni relative all’applicazione e all’adeguato funzionamento del presente accordo o qualora sorga una controversia in merito alla sua interpretazione o applicazione.Articolo 16Cooperazione internazionaleLe parti cooperano, nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti, su questioni di interesse comune inerenti alla gestione e alla conservazione degli stock che vengano trattate dalle suddette organizzazioni.Articolo 17Clausola di salvaguardia1. Le disposizioni del presente accordo non condizionano o pregiudicano in alcun modo le posizioni o le opinioni di ciascuna parte sui rispettivi diritti o obblighi previsti dagli accordi di pesca internazionali o su qualunque questione attinente al diritto del mare.2. Il presente accordo lascia impregiudicata la delimitazione delle zone economiche esclusive delle parti.Articolo 18Entrata in vigore1. Il presente accordo si applica a titolo provvisorio a decorrere dalla data della firma ed entra in vigore a decorrere dalla data in cui le parti si notificano per iscritto la conclusione di tutte le procedure interne all’uopo necessarie.2. Alla data di entrata in vigore il presente accordo si sostituisce ai seguenti accordi di pesca, nella misura in cui essi riguardano la pesca marittima nel Mar Baltico, conclusi, rispettivamente, tra il governo della Repubblica di Lettonia e il governo della Federazione russa, firmato il 21 luglio 1992, tra il governo del Regno di Svezia e il governo della Federazione russa, firmato l’ 11 dicembre 1992, tra il governo della Repubblica di Finlandia e il governo della Federazione russa, firmato l’ 11 marzo 1994, tra il governo della Repubblica di Estonia e il governo della Federazione russa, firmato il 4 maggio 1994, tra il governo della Repubblica di Polonia e il governo della Federazione russa, firmato il 5 luglio 1995, e tra il governo della Repubblica di Lituania e il governo della Federazione russa, firmato il 29 giugno 1999.Articolo 19Durata dell’accordoIl presente accordo è concluso per un periodo iniziale di sei anni decorrente dalla data della sua entrata in vigore. Qualora una delle parti non receda mediante notifica trasmessa almeno nove mesi prima della scadenza di detto periodo, l’accordo è prorogato per ulteriori periodi di tre anni, salvo recesso notificato almeno nove mesi prima della fine di ciascun periodo.Articolo 20Regime linguisticoFatto a Bruxelles in duplice esemplare, addì ventotto aprile 2009, in bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e russo, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di controversia sono determinanti i testi dell’accordo nelle lingue inglese e russa.За Европейската общностPor la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduAz Európai Közösség részérőlGħall-Komunità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Comunidade EuropeiaPentru Comunitatea EuropeanăZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarЗа Европейское сообшество+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++За правителството на Руската федерацияPor el Gobierno de la Federación de RusiaZa vládu Ruské federacePå regeringen for Den Russiske Føderations vegneFür die Regierung der Russischen FöderationVenemaa Föderatsiooni valitsuse nimelΓια την Κυβέρνηση της Ρωσικής ΟμοσπονδίαςFor the Government of the Russian FederationPour le gouvernement de la Fédération de RussiePer il Governo della Federazione russaKrievijas Federācijas valdības vārdāRusijos Federacijos Vyriausybės varduAz Orosz Föderáció részérőlGħall-Gvern tal-Federazzjoni RussaVoor de regering van de Russische FederatieW imieniu rządu Federacji RosyjskiejPelo Governo da Federação da RússiaPentru Guvernul Federației RuseZa vládu Ruskej federácieZa Vlado Ruske federacijeVenäjän federaation hallituksen puolestaFör Ryska federationens regeringЗа Правителъство Российской Федерации+++++ TIFF +++++-------------------------------------------------- | Accordo sulla pesca e la conservazione dell’ambiente marino nella zona del Baltico
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DEL REGOLAMENTO?
L’accordo mira a garantire una stretta cooperazione tra l’UE e la Russia, basata su un beneficio equo e reciproco ai fini della conservazione, dell’uso sostenibile e della gestione della vita marina che migra tra i territori di pesca esclusivi delle due parti (insieme alle specie associate e dipendenti) nel Mar Baltico. Sostituisce la Convenzione di Danzica su cui si basa. Il regolamento adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
Principi e procedure
L’accordo garantisce la cooperazione tra le due parti nei casi in cui i pesci migrano tra le rispettive zone economiche esclusive* ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Stabilisce i principi e le procedure per tale cooperazione, tra cui:misure di gestione congiunta; accordi di licenza; il rispetto delle misure di conservazione e di gestione e altre norme in materia di pesca; la cooperazione in materia di misure di controllo e di esecuzione; ispezioni; l’arresto e il fermo delle imbarcazioni; la cooperazione scientifica; la cooperazione per la conservazione delle specie anadrome e catadrome*. Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico
L’accordo prevede che le parti istituiscano un comitato misto per garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo. Prende in considerazione tutti gli aspetti dell’ambito di applicazione dell’accordo e fornisce raccomandazioni alle parti. In particolare, il comitato:esamina lo sviluppo e la dinamica degli stock ittici presenti nel Mar Baltico e le attività di pesca che li sfruttano; supervisiona l’applicazione, l’interpretazione e il buon funzionamento dell’accordo, segnatamente per quanto riguarda le norme relative al controllo, all’esecuzione e alle ispezioni; garantisce la cooperazione su questioni di interesse comune in materia di pesca; funge da sede per la composizione amichevole di qualsiasi controversia inerente all’interpretazione o all’applicazione dell’accordo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento e l’accordo si applicano dal 4 giugno 2009.
CONTESTO
Le relazioni politiche, culturali ed economiche tra l’UE e la Russia si basano su un Accordo di partenariato e di cooperazione.
Per ulteriori informazioni:Pesca (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Zona economica esclusiva: un’area al di là e in prossimità delle acque territoriali, per la quale il paese costiero gode di speciali diritti e competenza giurisdizionale.
Specie anadrome e catadrome: specie marine che si muovono tra acqua dolce e acqua salata per la riproduzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 439/2009 del Consiglio, del 23 marzo 2009, relativo alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico (GU L 129 del 28.5.2009, pag. 1).
Accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico (GU L 129 del 28.5.2009, pag. 2).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2004/890/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2004, relativa al ritiro della Comunità europea dalla Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel mar Baltico e nei Belt (GU L 375 del 23.12.2004, pag. 27).
Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell’accordo del 28 luglio 1994 relativo all’attuazione delle parte XI della convenzione (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1).
Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e accordo sull’attuazione della parte XI della convenzione — Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 3).
Accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall’altra — Protocollo n. 1 relativo alla creazione di un gruppo di contatto del carbone e dell’acciaio — Protocollo n. 2 relativo all’assistenza amministrativa reciproca per la corretta applicazione della legislazione doganale — Atto finale (GU L 327 del 28.11.1997, pag. 3).
Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel mar Baltico e nei Belt (GU L 237 del 26.8.1983, pag. 5). | 7,671 | 963 |
21999A0618(01) | false | Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina)
Gazzetta ufficiale n. L 151 del 18/06/1999 pag. 0021 - 0026
ACCORDOdi cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina)LA COMUNITÀ EUROPEA E HONG KONG (CINA)(1) (in seguito denominate "parti contraenti"),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina), e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe le parti contraenti, allo sviluppo armonioso di detti legami;CONVINTE che, per conseguire tale obiettivo, occorra impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraentri, e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali a cui le parti contraenti hanno già aderito e che hanno già applicato, nonché dalla raccomandazione del Consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "normativa doganale", qualsiasi disposizione legale o regolamentare o altro strumento giurdidicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o da Hong Kong (Cina) che disciplini l'importazione, l'esportazione, il transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altro regime o procedura doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative;b) "autorità doganale", nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, ad Hong Kong (Cina), il Servizio dogane e accise;c) "autorità richiedente", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza in base al presente accordo;d) "autorità interpellata", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che riceve una richiesta di assistenza in base al presente accordo;e) "dati di carattere personale", tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) "operazione contraria alla normativa doganale", qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale;g) "persona", persona fisica o giuridica.Articolo 2Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, ad Hong Kong (Cina).Articolo 3Sviluppi futuriLa parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, ai sensi delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici.Articolo 4Portata della cooperazione1. Le autorità doganali si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale e, in particolare, si adoperano a cooperare per:a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni;b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali;c) occuparsi di qualsiasi questione amministrativa collegata al presente accordo che possa richiedere, in determinate circostanze, la loro azione comune.2. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutti gli aspetti relativi all'applicazione della normativa doganale.Articolo 5Portata dell'assistenza1. Le parti contraenti si prestano reciproca assistenza, nei settori di loro competenza e compatibilmente con le risorse disponibili e secondo le modalità e alle condizioni specificate nel presente accordo, per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare per prevenire, individuare e perseguire le operazioni contrarie alla normativa doganale.2. L'assistenza nel settore doganale prevista dal presente accordo viene prestata da ogni autorità doganale e amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Essa non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applica alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate a richiesta dell'autorità giudiziaria.3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o contravvenzioni non rientra nel presente accordo.Articolo 6Obblighi imposti da altri accordi1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;b) vanno considerate un complemento agli accordi di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potranno essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina);c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta ai sensi del presente accordo che possa essere di interesse comunitario.2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle dgli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina), qualora le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21 del presente accordo.TITOLO IICOOPERAZIONE DOGANALEArticolo 7Cooperazione in materia di procedure doganaliLe parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, al fine di conseguire tale obiettivo ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 8Assistenza tecnica1. Le autorità doganali possono prestarsi assistenza tecnica e procedere a scambi di personale quando ciò risulti reciprocamente vantaggioso, e compatibilmente con le risorse disponibili, per favorire una migliore comprensione delle rispettive tecniche e procedure doganali e dei relativi sistemi informatizzati.2. Esse possono altresì scambiarsi, all'occorrenza, informazioni in materia di assistenza tecnica prestata ad altre amministrazioni doganali.Articolo 9Discussioni in sede di organizzazioni internazionaliLe autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la cooperazione in settori di interesse comune per agevolare le discussioni in campo doganale nell'ambito di organizzazioni internazionali quali il Consiglio di cooperazione doganale.TITOLO IIIASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCAArticolo 10Assistenza a richiesta1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce a detta autorità qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata, comprese le informazioni riguardanti le azioni accertate o programmate che violino o possano violare detta normativa.2. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica a quest'ultima:a) se le merci esprotate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse;b) se le merci nel territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente esportate dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci.3. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta le misure necessarie, nell'ambito delle sue disposizioni legali o regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, per assicurare che sia esercitata una sorveglianza:a) sulle persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che compiano o abbiano compiuto operazioni contrarie alla normativa doganale;b) sui luoghi in cui sono costituiti o possono essere costituiti depositi di merci a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che dette merci siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;c) sulle merci trasportate o che possono essere trasportate a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;d) sui mezzi di trasporto che sono o che possono essere utilizzati a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinati ad essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 11Assistenza spontaneaLe parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare fornendo le informazioni ottenute riguardanti:a) azioni che sono o che sembrano loro essere operazioni contrarie alla normativa doganale e che possono interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale;c) merci note per essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale;d) persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla normativa doganale;e) mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 12Consegna, Notifica1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, conformemente alle disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, tutte le misure necesarie per:a) consegnare tutti i documenti di tipo amministrativo ob) notificare tutte le decisioni,provenienti dall'autorità richiedente e rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo, ad un destinatario residente o stabilito nella giurisdizione dell'autorità richiedente.2. Le domande di consegna di documenti o di notifica di decisioni devono essere presentate per iscritto nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti da consegnare ai sensi del paragrafo 1.Articolo 13Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto. Esse vengono corredate dei documenti ritenuti utili per la loro evasione. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) autorità richiedente;b) misura richiesta;c) oggetto e motivo della domanda;d) disposizioni legali e regolamentari e altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa;e) ragguagli il più possibile precisi ed esaurienti sulle persone oggetto d'indagine;f) esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate.3. Le domande sono presentate nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti di cui è corredata la domanda di cui al paragrafo 1.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali di cui sopra, possono esserne richiesti la correzione o il completamento; nel frattempo possono essere disposte misure cautelative.Articolo 14Espletamento delle domande1. Per evadere le domande di assistenza l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o a richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini e precedendo o facendo procedere alle indagini appropriate. La presente disposizione si applica anche alle altre autorità alle quali la domanda è stata indirizzata dall'autorità interpellata in virtù del presente accordo qualora questa non possa agire direttamente.2. Le domande di assistenza sono evase conformemente alle disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti e ottenere negli uffici dell'autorità interpellata o di qualsiasi altra autorità interessata a norma del paragrafo 1 informazioni sulle azioni che costituiscono o che possono costituire operazioni contrarie alla normativa doganale, che occorrano all'autorità richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, possono essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima.5. Qualora la richiesta non possa essere soddisfatta, il fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni ed a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente.Articolo 15Forma in cui devono essere comunicate le informazioni1. L'autorità interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità richiedente per iscritto unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente.2. Tale informazione può essere computerizzata.3. Gli originali delle pratiche e dei documenti sono trasmessi solo su richiesta qualora siano insufficienti le copie autenticate. Gli originali sono resi appena possibile. I diritti dell'autorità interpellata o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati.Articolo 16Deroghe all'obbligo di prestare assistenza1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze qualora una parte ritenga che l'assistenza a titolo del presente accordo:a) possa pregiudicare gli interessi vitali di Hong Kong (Cina) o di uno Stato membro tenuto a prestare assistenza ai sensi del presente accordo, ob) possa pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri principi fondamentali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2, oc) violi un segreto industriale, commerciale o d'ufficio.2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata può esigere.3. Se l'autorità richiedente domanda un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere il seguito da dare a tale domanda.4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente.Articolo 17Scambi di informazioni e riservatezza1. Tutte le informazioni comunicate, sotto qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e beneficiano della tutela accordata a similari informazioni ai sensi delle rispettive leggi della parte contraente che le ha ricevute e delle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie.2. I dati di carattere personale possono essere scambiati solo se la parte contraente cui potrebbero essere destinati s'impegna a tutelarli in modo almeno equivalente a quello applicabile al caso specifico nella parte contraente che li può fornire. La parte contraente che potrebbe fornire informazioni, non stipula condizioni più onerose di quelle ad essa applicabili nella sua giurisdizione.Le parti contraenti si comunicano le informazioni relative alle norme in esse applicabili, comprese eventualmente le disposizioni legali vigenti negli Stati membri della Comunità.3. L'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o amministrative promosse in seguito all'accertamento di operazioni contrarie alla normativa doganale, di informazioni ottenute in virtù del presente accordo è considerata conforme ai fini del presente accordo. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi ad un tribunale, possono utilizzare le informazioni ottenute e i documenti consultati ai sensi delle disposizioni del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso.4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere l'accordo scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità.5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale istituito ai sensi dell'articolo 21.Articolo 18Periti e testimoniUn funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di perito o testimone dinanzi ad un'autorità nella giurisdizione dell'altra parte contraente in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà ascoltato.Articolo 19Spese di assistenzaLe parti contraenti rinunciano reciprocamente ad ogni pretesa concernente il rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo escluse, se del caso, le spese per periti e testimoni e quelle per interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 20Attuazione1. L'attuazione del presente accordo è affidata, da un lato, ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee ed eventualmente alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, al servizio dogane e accise di Hong Kong (Cina). Essi decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione tenendo conto delle norme vigenti in particolare in materia di protezione dei dati. Essi possono proporre agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 21Comitato misto di cooperazione doganale1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e di Hong Kong (Cina). Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso provvede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale ai sensi del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 22Entrata in vigore e durata1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo, mediante notifica scritta all'altra parte. La denuncia entra in vigore tre mesi dopo la data della notifica. Le richieste di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono evase ai sensi delle disposizioni del medesimo.Articolo 23Testi facenti fedeIl presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Hong Kong, Cina, addì tredici maggio millenovecentonovantanove.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999151IT.002601.EPS">Per Hong Kong (Cina)>PIC FILE= "L_1999151IT.002602.EPS">(1) Ai sensi dell'aticolo 151 della legge fondamentale della regione ad amministrazione speciale Hong Kong della Repubblica popolare cinese. | Accordo con Hong Kong sulla cooperazione e assistenza reciproca in materia doganale
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo mira a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. Oltre a prevedere diverse tipologie di cooperazione, contiene articoli finalizzati a sviluppare e migliorare ulteriormente la cooperazione doganale mediante accordi su questioni specifiche.
La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
Cooperazione doganale
Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:promuovendo un coordinamento e canali di comunicazione efficaci tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni; favorendo la circolazione delle merci; scambiando le informazioni e le competenze necessarie per migliorare le procedure doganali; prestandosi reciprocamente assistenza tecnica; scambiandosi il personale, quando ciò rappresenta un vantaggio per entrambe le parti. Assistenza amministrativa reciproca
Sono due le tipologie di assistenza amministrativa reciproca:assistenza a richiesta: l’ autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare azioni accertate o programmate che possano violare detta normativa oppure anche la regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra i due paesi. L’accordo comprende inoltre una sorveglianza speciale in tutti i casi sospetti, applicabile ad ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale.assistenza spontanea: le parti possono assistersi reciprocamente, di propria iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale e in particolare se ricevono informazioni che potrebbero interessare l’altra parte. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza
Le richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto.
Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità richiedente; la misura richiesta; l’oggetto e il motivo della richiesta; la normativa in causa; le persone fisiche o giuridiche interessate; un’esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate. La parte interpellata può rifiutarsi di ottemperare a una richiesta nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. È possibile una deroga all’obbligo di fornire assistenza qualora tale assistenza violi un segreto professionale, commerciale o industriale.
L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela.L’accordo prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
È entrato in vigore il 1° giugno 1999.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Cooperazione doganale tra UE e Hong Kong (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Normativa doganale: include qualsiasi disposizione legale o regolamentare ovvero qualsiasi altro strumento giuridico vincolante adottato dall’UE e da Hong Kong che disciplini l’importazione, esportazione e transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative.
Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza.
Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 1999/400/CE del Consiglio, dell’11 maggio 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 20).
Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 21). | 7,644 | 57 |
32011D0213 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 9 marzo 2011
relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica
(2011/213/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 186, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v),
vista la proposta della Commissione europea,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione ha negoziato, a nome della Comunità europea, un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica con il governo del Giappone.
(2)
Tale accordo è stato firmato dai rappresentanti delle parti il 30 novembre 2009 a Bruxelles fatta salva la sua conclusione in una data successiva.
(3)
In conseguenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea.
(4)
È opportuno concludere l’accordo a nome dell’Unione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica è approvato a nome dell’Unione.
Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
La Commissione adotta la posizione che l’Unione deve tenere in seno al comitato misto istituito dall’articolo 6, paragrafo 1, dell’accordo in merito alle modifiche dell’accordo a norma dell’articolo 13, paragrafo 5, del medesimo.
Articolo 3
Il presidente del Consiglio provvede, a nome dell’Unione, a effettuare la notifica di cui all’articolo 13, paragrafo 1, dell’accordo nonché la notifica seguente al governo del Giappone:
«In conseguenza dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009, l’Unione europea ha sostituito ed è succeduta alla Comunità europea e da tale data esercita tutti i diritti e assume tutti gli obblighi della Comunità europea. Pertanto, i riferimenti alla “Comunità europea” nel testo dell’accordo si intendono fatti, ove opportuno, all’“Unione europea”.»
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione.
Fatto a Bruxelles, addì 9 marzo 2011.
Per il Consiglio
Il presidente
CSÉFALVAY Z.
ACCORDO
tra la Comunità europea e il governo del Giappone di cooperazione nel settore scientifico e tecnologico
LA COMUNITÀ EUROPEA (la «Comunità»)
e
IL GOVERNO DEL GIAPPONE;
DESIDERANDO promuovere ulteriormente le relazioni strette ed amichevoli esistenti tra il Giappone e la Comunità ed essendo consapevoli del rapido sviluppo della conoscenza scientifica e del suo contributo positivo nella promozione della cooperazione bilaterale ed internazionale;
DESIDERANDO ampliare l’ambito della cooperazione scientifica e tecnologica in alcuni settori di interesse comune mediante la creazione di un partenariato fruttuoso avente fini pacifici e per il loro reciproco beneficio;
RILEVANDO che tale cooperazione e l’applicazione dei relativi risultati contribuiranno allo sviluppo economico e sociale del Giappone e della Comunità;
DESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale per l’attuazione delle attività di cooperazione globali che rafforzeranno la cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano, nell’ambito del presente accordo, attività di cooperazione nei settori scientifici e tecnologici per fini pacifici.
2. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo si svolgono sulla base dei seguenti principi:
a)
contributi e vantaggi reciproci ed equi;
b)
accesso reciproco ai programmi e ai progetti di ricerca e sviluppo e alle agevolazioni per i ricercatori in visita;
c)
scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo;
d)
promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale del Giappone e della Comunità.
Articolo 2
1. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo consistono di attività di cooperazione dirette e indirette.
2. Ai fini del presente accordo:
a)
per «le parti», si intendono il governo del Giappone e la Comunità;
b)
per «attività di cooperazione dirette», si intendono le attività di cooperazione tra le parti o le loro agenzie;
c)
per «attività di cooperazione indirette», si intendono attività di cooperazione tra persone del Giappone e della Comunità svolte nell’ambito di programmi e progetti di ricerca e sviluppo;
d)
per «programmi e progetti di ricerca e sviluppo», si intendono il programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico gestito dalla Comunità o programmi di ricerca e sviluppo dotati di un sistema di finanziamento concorrenziale gestiti dal governo del Giappone, dalle sue agenzie o da istituzioni ufficiali;
e)
per «persone», si intendono:
i)
nel caso del Giappone, qualsiasi cittadino giapponese o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale del Giappone; e
ii)
per quanto riguarda la Comunità, qualsiasi cittadino degli Stati membri della Comunità o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità dei diritti nazionali degli Stati membri della Comunità o del diritto comunitario;
f)
per «agenzie», si intendono:
i)
nel caso del Giappone, le agenzie pubbliche del Giappone; e
ii)
per quanto riguarda la Comunità, la Commissione europea;
g)
per «istituzioni ufficiali», si intendono le istituzioni ufficiali i cui bilanci e piani operativi sono approvati dai ministeri competenti del governo del Giappone, e i cui programmi e progetti di ricerca e sviluppo dotati di un sistema di finanziamento concorrenziale sono inclusi, con il loro assenso, nei programmi e progetti di attività di cooperazione indirette;
h)
per «diritti di proprietà intellettuale» si intende la definizione data a «proprietà intellettuale» dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Articolo 3
1. Le attività di cooperazione dirette possono assumere le forme seguenti:
a)
riunioni di vario tipo, come le riunioni di esperti, al fine di esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere proficuamente effettuati in cooperazione;
b)
scambio di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo;
c)
visite e scambi di scienziati, personale tecnico e altri esperti su argomenti generali o specifici;
d)
attuazione di attività di cooperazione di altro tipo individuate, proposte e decise nell’ambito del comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica di cui all’articolo 6 del presente accordo.
2. Ai fini dello sviluppo di attività di cooperazione indirette, qualsiasi soggetto di una parte può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca e sviluppo condotti dall’altra parte, dalle sue agenzie e le istituzioni ufficiali, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’altra parte, fatti salvi gli allegati I e II del presente accordo.
Articolo 4
I dettagli e le procedure di ciascuna attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo possono essere stabilite tra le parti, le loro agenzie o istituzioni ufficiali impegnate in questa attività di cooperazione.
Articolo 5
Per quanto riguarda le attività di cooperazione dirette previste dal presente accordo, ogni parte o le sue agenzie possono autorizzare, se necessario, con l’assenso dell’altra parte o delle sue agenzie, la partecipazione di ricercatori e di organismi di tutta la comunità di ricerca, compreso il settore privato.
Articolo 6
1. Per garantire l’efficace attuazione del presente accordo, le parti istituiscono un comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica («il comitato misto»). Il comitato misto è copresieduto da funzionari del ministero degli affari esteri del Giappone e della Commissione europea.
2. Il comitato misto espleta le seguenti funzioni:
a)
scambio di idee e di informazioni su questioni di politica scientifica e tecnologica;
b)
individuazione, proposta e decisione sulle attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo;
c)
esame e discussione dei risultati delle attività di cooperazione svolte nell’ambito del presente accordo;
d)
consulenza e incoraggiamento delle parti per quanto concerne l’attuazione del presente accordo;
e)
valutazione periodica dell’accesso reciproco ai programmi e ai progetti di ricerca e sviluppo e modalità per i ricercatori in visita ed esame delle misure concrete per migliorare l’accesso a garantire l’efficacia del principio di reciprocità di cui all’articolo 1 del presente accordo.
3. Le decisioni del comitato misto sono adottate per mutuo consenso.
4. Le date delle riunioni del comitato sono stabilite di comune accordo. Il comitato si riunisce preferibilmente almeno ogni due anni.
5. Il governo del Giappone e la Comunità ospitano alternativamente la riunione del comitato misto, se non altrimenti concordato.
6. Per la riunione del comitato misto, le spese di viaggio e soggiorno dei partecipanti sono a carico della parte a cui fanno riferimento. Eventuali altri costi connessi al comitato misto sono a carico della parte ospitante.
7. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno.
8. Al di fuori delle sue sessioni, il comitato misto può adottare decisioni mediante canali diplomatici.
Articolo 7
L’attuazione del presente accordo è soggetta alla disponibilità di finanziamenti adeguati e alle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna delle parti.
Articolo 8
1. Le informazioni scientifiche e tecnologiche di natura non proprietaria derivanti dalle attività di cooperazione dirette possono essere messe a disposizione del pubblico da una o dall’altra parte attraverso i canali abituali, conformemente alle normali procedure delle agenzie partecipanti.
2. Ai diritti di proprietà intellettuali e alle informazioni riservate generati, introdotti o ottenuti nel corso delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo si applicano le disposizioni contenute nell’allegato II del presente accordo.
Articolo 9
Ciascuna delle parti si adopera, nei limiti della propria legislazione e normativa, per dare alle persone che conducono attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo, tutte le agevolazioni possibili al fine di facilitare gli spostamenti e i soggiorni dei ricercatori che partecipano a queste attività di cooperazione nonché ad agevolare l’entrata e l’uscita dal proprio territorio di materiali, dati e attrezzature destinati ad essere utilizzati nell’ambito di dette attività di cooperazione.
Articolo 10
Le disposizioni del presente accordo fanno salvi i diritti e gli obblighi delle parti derivanti da accordi esistenti e futuri di cooperazione tra le parti o tra il governo del Giappone e il governo di uno Stato membro della Comunità.
Articolo 11
Tutte le questioni o le controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti.
Articolo 12
Gli allegati I e II del presente accordo costituiscono parte integrante dello stesso accordo.
Articolo 13
1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si scambiano note diplomatiche con cui si informano reciprocamente che le rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore sono state espletate.
2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni e resta in vigore, salvo denuncia di una delle parti alla fine del periodo quinquennale o in qualsiasi momento successivo, mediante preavviso scritto di sei mesi dato all’altra parte.
3. La denuncia del presente accordo non incide sulle attività di cooperazione condotte ai sensi del presente accordo e non portate a compimento al momento della denuncia del medesimo, nonché i diritti e gli obblighi specifici che ne sono derivati, conformemente all’attuazione dell’allegato II del presente accordo.
4. Ciascuna parte può valutare l’impatto del presente accordo e le attività previste dallo stesso ogni cinque anni, e la parte che lo fa informa l’altra parte dei risultati della valutazione. Ogni parte si adopererà per agevolare la valutazione effettuata dall’altra parte.
5. Il presente accordo può essere modificato con il comune accordo delle parti mediante scambio di note diplomatiche. Le modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui al paragrafo 1, salvo diversa decisione delle parti.
Il presente accordo e gli allegati I e II dello stesso sono redatti in duplice originale nelle lingue, bulgara ceca, danese estone, finnica, francese, greca inglese, italiana lettone lituana maltese olandese polacca portoghese, rumena slovacca, slovena spagnola, svedese, tedesca,ungherese e giapponese, tutti i testi facenti ugualmente fede. In caso di divergenza d'interpretazione, le versioni inglese e giapponese prevalgono sulle altre versioni linguistiche.
IN FEDE DI CHE i sottoscritti debitamente autorizzati a tal fine rispettivamente dalla Comunità europea e dal governo del Giappone hanno firmato il presente accordo.
Fatto a Bruxelles addì trenta novembre 2009.
Per la Comunità europea
Per il Governo del Giappone
ALLEGATO I
MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI PERSONE A PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA E SVILUPPO
I.
Se, nell’ambito del presente accordo, una parte, le sue agenzie o istituzioni ufficiali concludono un contratto con una persona dell’altra parte per programmi e progetti di ricerca e sviluppo, l’altra parte, su richiesta, si adopera al fine di fornire loro ogni assistenza possibile e ragionevole che può essere necessaria o utile all’altra parte, alle sue agenzie o istituzioni ufficiali per facilitare l’adeguata esecuzione dei suddetto contratto.
II.
Le persone del Giappone possono partecipare al programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico gestito dalla Comunità. Tale partecipazione avviene nel rispetto delle regole di partecipazione, diffusione e attuazione del programma quadro.
III.
Le persone della Comunità possono partecipare a programmi e progetti di ricerca e sviluppo dotati del sistema di finanziamento concorrenziale gestiti dal governo del Giappone, delle sue agenzie o istituzioni ufficiali, in settori scientifici o tecnologici analoghi a quelli del programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico. Tale partecipazione di persone della Comunità rispetta le disposizioni legislative e regolamentari del Giappone e le pertinenti regole di partecipazione, diffusione e attuazione dello specifico programma o progetto.
ALLEGATO II
DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE E INFORMAZIONI RISERVATE
I. Diritti di proprietà intellettuale delle parti nell’ambito di attività di cooperazione dirette
1.
Ai diritti di proprietà intellettuale risultanti da attività di cooperazione dirette, ad eccezione dei diritti di autore e dei diritti connessi di cui al punto 3 qui di seguito, si applicano le regole riportate qui di seguito:
a)
I diritti di proprietà intellettuale sono di proprietà della parte o delle sue agenzie che generano la proprietà intellettuale. Quando la proprietà è stata generata congiuntamente, le parti o le loro agenzie si consultano per determinare la proprietà o la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale, tenendo conto della quota rispettiva del lavoro delle parti o delle loro agenzie.
b)
La parte o le sue agenzie che possiedono i diritti di proprietà intellettuale accordano all’altra parte o alle sue agenzie una licenza per utilizzare questi diritti per l’esecuzione di eventuali attività di cooperazione dirette, nella misura in cui è necessario per consentire all’altra parte o alle sue agenzie di svolgere i propri lavori per il progetto specifico nell’ambito del presente accordo. Nel caso di brevetti o modelli di utilità, questa licenza è concessa a titolo gratuito. La concessione di una licenza di utilizzo di diritti di proprietà intellettuale di cui al presente comma è disciplinata dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili di ogni parte e dalle condizioni che le parti o le loro agenzie devono convenire prima dell’inizio del progetto.
2.
La parte o le sue agenzie che possiedono i diritti di proprietà intellettuale introdotti nel corso di attività di cooperazione dirette accordano all’altra parte o alle sue agenzie una licenza di uso di tali diritti per l’esecuzione di eventuali attività di cooperazione dirette, nella misura in cui ciò è necessario per consentire all’altra parte o alle sue agenzie di svolgere i propri lavori per il progetto specifico nell’ambito del presente accordo. La concessione di una licenza di utilizzo di diritti di proprietà intellettuale di cui al presente paragrafo è disciplinata dalle disposizioni legislative e regolamentari applicabili di ogni parte e dalle condizioni che le parti o le loro agenzie devono convenire prima dell’inizio del progetto.
3.
Ai diritti di autore e ai diritti connessi delle parti o delle loro agenzie si applicano le seguenti regole:
a)
In caso di pubblicazione ad opera di una parte o delle sue agenzie di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni, libri, opere audiovisive e dispositivi di memorizzazione digitale, che siano frutto di attività di cooperazione dirette, tale parte si impegnerà al massimo per ottenere, per l’altra parte, una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi che prevedano una tutela del diritto di autore, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.
b)
Tutti gli esemplari destinati al pubblico di un’opera tutelata da diritto d’autore di cui alle disposizioni della lettera a) recano i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Contengono inoltre una menzione chiara e visibile del sostegno cooperativo delle parti.
II. Informazioni riservate nelle attività di cooperazione dirette
Alle informazioni riservate delle parti o delle loro agenzie si applicano le seguenti regole:
1.
All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni necessarie per lo svolgimento di attività di cooperazione dirette, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare.
2.
La parte o le sue agenzie che ricevono dette informazioni, può comunicare sotto la propria responsabilità queste informazioni riservate a proprie agenzie o a persone assunte tramite tali agenzie, qualora ciò sia necessario per consentire a tali agenzie o alle persone in questione di svolgere il loro lavoro ai fini del progetto specifico nell’ambito di tale accordo.
3.
Previo consenso scritto della parte o delle sue agenzie che forniscono le informazioni riservate, l’altra parte o le sue agenzie possono divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del precedente paragrafo 2. Le parti o le loro agenzie cooperano all’elaborazione di procedure per chiedere e ottenere il consenso scritto preventivo per questa diffusione più ampia e ciascuna delle parti concede tale approvazione nella misura consentita dalle sue leggi e dai suoi regolamenti.
4.
Le informazioni fornite nel corso di seminari e riunioni, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato e l’uso di attrezzature nel quadro del presente accordo sono considerate riservate quando i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali o privilegiate sono stati informati del loro carattere confidenziale al momento della trasmissione, a norma del paragrafo 1 di cui sopra, e le informazioni sono state trattate a norma dei precedenti paragrafi 2 e 3.
5.
Se una delle parti si rende conto che non sarà in grado, oppure potrà ragionevolmente non essere in grado, di rispettare le restrizioni e le condizioni di divulgazione di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, essa ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle persone nelle attività di cooperazione indirette
Ciascuna delle parti garantisce che i diritti di proprietà intellettuale delle persone dell’altra parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dalla prima parte, dalle sue agenzie o da istituzioni ufficiali, nonché i diritti e obblighi connessi derivanti da tale partecipazione, siano coerenti con le convenzioni internazionali pertinenti vincolanti per il governo del Giappone e la Comunità e i suoi Stati membri, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971 della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma del 14 luglio 1967 della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale. | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Giappone
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici a fini pacifici.
Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:contributi e vantaggi reciproci ed equi; accesso reciproco a programmi, progetti e strutture di ricerca e sviluppo per i ricercatori in visita; scambio tempestivo delle informazioni; promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale dell’UE e del Giappone.Cooperazione
L’accordo contempla due forme di attività di cooperazione:attività di cooperazione dirette tra le parti, tra cui ad esempio:riunioni di espertiper discutere e scambiare informazioni sugli aspetti scientifici e tecnologici di argomenti generali o specifici eper individuare progetti e programmi di ricerca e sviluppo che possano essere utilmente intrapresi in cooperazionescambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppovisite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specificialtre forme di attività di cooperazione decise dal Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica; attività di cooperazione indirette: qualsiasi persona* di una parte può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca e sviluppo condotti dall’altra parte (o dalle sue agenzie e istituzioni ufficiali), in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari dell’altra parte, fatti salvi gli allegati I e II dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 29 marzo 2011 per un periodo iniziale di cinque anni. Successivamente, esso resta in vigore salvo denuncia di una delle parti.
CONTESTO
L’accordo di partenariato economico UE-Giappone (entrato in vigore il 1 febbraio 2019) e l’accordo di partenariato strategico UE-Giappone (in gran parte provvisoriamente applicabile dal 1 febbraio 2019) rappresentano un rafforzamento significativo del partenariato tra l’UE e il Giappone.
Per ulteriori informazioni consultare:Il Giappone e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Giappone, consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Giappone (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Giappone (Commissione europea)
TERMINI CHIAVE
Persona:nel caso del Giappone, qualsiasi cittadino giapponese o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale del Giapponenel caso dell’UE, qualsiasi cittadino dei paesi dell’UE o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto comunitario o dei diritti nazionali dei paesi dell’UE
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone di cooperazione nel settore scientifico e tecnologico (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 2).
Decisione 2011/213/UE del Consiglio, del 9 marzo 2011, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo del Giappone in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 1). | 7,246 | 257 |
32006R1921 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 1921/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 18 dicembre 2006
relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio, del 21 maggio 1991, relativo alla trasmissione di dati sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri (2), prescrive la trasmissione da parte di questi ultimi di dati sulle quantità e sui prezzi medi dei prodotti della pesca sbarcati nei rispettivi porti.
(2)
L'esperienza ha dimostrato che la trasmissione in forza della normativa comunitaria di dati con cadenza annuale anziché mensile non comporterebbe conseguenze negative per le analisi del mercato dei prodotti della pesca e per le altre analisi economiche.
(3)
Le analisi trarrebbero un miglioramento da una disaggregazione dei dati secondo lo Stato di cui battono bandiera le navi da pesca che effettuano gli sbarchi.
(4)
Il regolamento (CEE) n. 1382/91 prescrive un limite nella misura in cui le tecniche di campionamento sono consentite se la rilevazione e l'elaborazione dei dati comportano oneri eccessivi per talune autorità nazionali. Allo scopo di migliorare e di semplificare il sistema di trasmissione dei dati, è opportuno sostituire detto regolamento con un nuovo strumento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 1382/91 dovrebbe essere abrogato.
(5)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'istituzione di un quadro giuridico per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(6)
Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (3), fissa un quadro di riferimento per le statistiche nel settore della pesca. In particolare impone il rispetto dei principi di imparzialità, affidabilità, pertinenza, rapporto costi/benefici, segreto statistico e trasparenza.
(7)
È importante garantire l'applicazione uniforme del presente regolamento e adottare a tal fine una procedura comunitaria che consenta di definirne le modalità d'applicazione secondo un calendario appropriato e di procedere agli adeguamenti tecnici necessari.
(8)
Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4).
(9)
Poiché i dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca costituiscono uno strumento essenziale per la gestione della politica comune della pesca, è opportuno prevedere la possibilità di far ricorso alla procedura di gestione di cui alla decisione 1999/468/CE onde concedere periodi transitori agli Stati membri per l'attuazione del presente regolamento e deroghe che permettano loro di escludere dati statistici relativi ad un particolare settore dell'industria della pesca dai dati statistici nazionali presentati.
(10)
D'altro lato, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire le condizioni in base alle quali dovrebbero essere adeguati tecnicamente gli allegati. Queste misure di portata generale e concepite per modificare gli elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«navi da pesca della Comunità», le navi da pesca che battono bandiera di uno Stato membro e che sono registrate nella Comunità;
2)
«navi da pesca dell'EFTA», le navi da pesca che battono bandiera di un paese dell'EFTA o che sono registrate in un paese dell'EFTA;
3)
«valore unitario»:
a)
il valore alla prima vendita dei prodotti della pesca sbarcato (in valuta nazionale) diviso per quantità sbarcata (in tonnellate), o
b)
per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata in valuta nazionale stimato utilizzando un metodo appropriato.
Articolo 2
Obblighi degli Stati membri
1. Ogni anno ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione i dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio da navi da pesca della Comunità e dell'EFTA (in seguito denominati «dati statistici»).
2. Ai fini del presente regolamento si intendono sbarcati sul territorio dello Stato membro dichiarante i seguenti prodotti della pesca:
a)
prodotti sbarcati nei porti nazionali da pescherecci o da altre componenti della flotta di pesca in seno alla Comunità;
b)
i prodotti sbarcati da navi da pesca dello Stato membro dichiarante in porti non comunitari, per i quali è emesso il documento T2M riportato nell'allegato 43 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (5).
Articolo 3
Compilazione dei dati statistici
1. I dati statistici riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno alla Comunità.
2. È ammesso il ricorso a tecniche di campionamento in quei casi in cui, in considerazione delle caratteristiche strutturali di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro, la rilevazione esaustiva di dati comporterebbe difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto.
Articolo 4
Dati statistici
I dati statistici si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari dei prodotti della pesca sbarcati nell'anno civile di riferimento.
Le variabili per le quali sono da trasmettere dati statistici, le loro definizioni e le nomenclature pertinenti sono precisate negli allegati II, III e IV.
Articolo 5
Trasmissione dei dati statistici
Gli Stati membri trasmettono i dati statistici alla Commissione su base annua conformemente al formato specificato nell'allegato I e utilizzando i codici precisati negli allegati II, III e IV.
I dati statistici vanno trasmessi entro i sei mesi successivi alla fine dell'anno di riferimento.
Articolo 6
Metodologia
1. Entro il 19 gennaio 2008 ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione una relazione metodologica dettagliata in cui descrive le modalità di rilevazione dei dati e di compilazione delle statistiche. La relazione illustra in dettaglio le eventuali tecniche di campionamento e contiene una valutazione della qualità delle stime risultanti.
2. La Commissione esamina le relazioni e presenta le sue conclusioni al competente gruppo di lavoro del comitato permanente di statistica agraria (in seguito denominato il «comitato»), istituito dall'articolo 1 della decisione 72/279/CEE del Consiglio (6).
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni modifica delle informazioni fornite a norma del paragrafo 1 entro tre mesi dal momento in cui essa è stata apportata e ragguagliano inoltre la Commissione in merito a qualsiasi cambiamento significativo dei metodi di rilevazione utilizzati.
Articolo 7
Periodi di transizione
Per l'attuazione del presente regolamento possono essere accordati agli Stati membri, secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, periodi di transizione di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla sua entrata in vigore.
Articolo 8
Deroghe
1. Qualora l'inclusione nelle statistiche di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro comporti difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto, allo Stato membro in questione può essere accordata una deroga secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, consentendogli di escludere i dati statistici riguardanti tale comparto dai dati statistici nazionali trasmessi.
2. Quando chiede una deroga a norma del paragrafo 1, uno Stato membro, per motivare la sua richiesta, trasmette alla Commissione una relazione sui problemi incontrati nell'applicazione del presente regolamento al complesso degli sbarchi sul proprio territorio.
Articolo 9
Aggiornamento degli allegati
Le misure relative all'adeguamento tecnico degli allegati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 11, paragrafo 3.
Articolo 10
Valutazione
Entro il 19 gennaio 2010, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sui dati statistici definiti in applicazione del presente regolamento e, in particolare, sulla loro pertinenza e qualità. Tale relazione procede, inoltre, ad un'analisi costi — benefici del sistema istituito per la raccolta e l'elaborazione dei dati statistici ed indica le migliori prassi che consentano di ridurre l'onere di lavoro per gli Stati membri e di accrescere l'utilità e la qualità di tali dati statistici.
Articolo 11
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 12
Abrogazione
Il regolamento (CEE) n. 1382/91 è abrogato.
Articolo 13
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2006
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORREL FONTELLES
Per il Consiglio
Il presidente
J.-E. ENESTAM
(1) Parere del Parlamento europeo del 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 14 novembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 133 del 28.5.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(3) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(5) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 402/2006 (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 35).
(6) GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1.
ALLEGATO I
FORMATO DEI DATI STATISTICI TRASMESSI
Formato del file di dati statistici
I dati statistici vanno trasmessi in un file in cui ciascun record include i campi sottoindicati. Tali campi sono separati da una virgola («,»).
Campo
Nota
Allegato
Anno di riferimento
4 cifre (ad esempio, 2003)
Paese dichiarante
Codice alfabetico a tre caratteri
Allegato II
Specie o gruppi di specie
Codice internazionale alfabetico a tre caratteri (1)
-
Stato di bandiera
Codice alfabetico a tre caratteri
Allegato II
Presentazione
Allegato III
Uso previsto
Allegato IV
Quantità
Tonnellate sbarcate (arrotondate a una cifra decimale)
Valore unitario
Valuta nazionale per tonnellata
Le quantità sbarcate inferiori a 50 chili vanno registrate come«0,0».
(1) Per l’elenco completo dei codici internazionali alfabetici a tre caratteri delle specie si veda il file ASFIS della FAO (http://www.fao.org/fi/statist/fisoft/asfis/asfis.asp).
ALLEGATO II
ELENCO DEI CODICI DEI PAESI
Stato
Codice
Belgio
BEL
Repubblica ceca
CZE
Danimarca
DNK
Germania
DEU
Estonia
EST
Grecia
GRC
Spagna
ESP
Francia
FRA
Irlanda
IRL
Italia
ITA
Cipro
CYP
Lettonia
LVA
Lituania
LTU
Lussemburgo
LUX
Ungheria
HUN
Malta
MLT
Paesi Bassi
NLD
Austria
AUT
Polonia
POL
Portogallo
PRT
Slovenia
SVN
Slovacchia
SVK
Finlandia
FIN
Svezia
SWE
Regno Unito
GBR
Islanda
ISL
Norvegia
NOR
Altro
OTH
ALLEGATO III
ELENCO DEI CODICI DI PRESENTAZIONE
Parte A
Elenco
Presentazione
Codice
Fresco (non specificato)
10
Fresco (intero)
11
Fresco (eviscerato)
12
Fresco (code)
13
Fresco (filetti)
14
Fresco (eviscerato e decapitato)
16
Fresco (vivo)
18
Fresco (altro)
19
Congelato (non specificato)
20
Congelato (intero)
21
Congelato (eviscerato)
22
Congelato (code)
23
Congelato (filetti)
24
Congelato (non a filetti)
25
Congelato (eviscerato e decapitato)
26
Congelato (pulito)
27
Congelato (non pulito)
28
Congelato (altro)
29
Salato (non specificato)
30
Salato (intero)
31
Salato (eviscerato)
32
Salato (filetti)
34
Salato (eviscerato e decapitato)
36
Salato (altro)
39
Affumicato
40
Cotto
50
Cotto (congelato e confezionato)
60
Essiccato (non specificato)
70
Essiccato (intero)
71
Essiccato (eviscerato)
72
Essiccato (filetti)
74
Essiccato (eviscerato e decapitato)
76
Essiccato (spellato)
77
Essiccato (altro)
79
Intero (non specificato)
91
Chele
80
Uova
85
Presentazione non nota
99
Parte B
Note
1.
Filetti: i pezzi di carne tagliati parallelamente alla spina dorsale di un pesce; consistono nella parte laterale destra o sinistra del pesce, purché ne siano state ritirate la testa, le interiora, le pinne (dorsale, anale, caudale, ventrale, pettorale) e le spine (vertebre o spina dorsale larga, spine ventrali o costali, bronchiali o staffe, ecc.), e le due parti laterali non siano collegate, per esempio, per la schiena o lo stomaco del pesce.
2.
Pesce intero: pesce non eviscerato.
3.
Pulito: termine riferito ai calamari privati di tentacoli, testa e interiora.
4.
Pesce congelato: pesce trattato mediante congelazione in modo da conservarne inalterata la qualità, attraverso l'abbassamento a -18 oC o oltre e il mantenimento a -18 oC o oltre della temperatura media.
5.
Pesce fresco: pesce che non è stato messo in conserva, né affumicato o congelato, né ha subito alcun trattamento, a parte la refrigerazione. Tale tipo di pesce è generalmente presentato intero o eviscerato,
6.
Pesce salato: pesce, spesso eviscerato e decapitato, conservato sotto sale o in salamoia.
ALLEGATO IV
ELENCO DEI CODICI PER L'USO PREVISTO DEI PRODOTTI DELLA PESCA
Parte A
Elenco
Destinazione
Codice
Natura delle trasmissioni
Consumo umano
1
Obbligatoria
Impieghi industriali
2
Obbligatoria
Ritirato dal mercato
3
Facoltativa
Esca
4
Facoltativa
Mangimi per animali
5
Facoltativa
Cascami
6
Facoltativa
Uso previsto non noto
9
Facoltativa
Parte B
Note
1.
Consumo umano: tutti i prodotti della pesca venduti inizialmente per il consumo umano o sbarcati per conto terzi per essere destinati al consumo umano. Sono escluse le quantità di prodotti originariamente destinati al consumo umano che, al momento della prima vendita, a causa delle condizioni di mercato, di regolamenti sanitari o di altri motivi analoghi, siano stati ritirati dal mercato sul quale erano destinati al consumo umano.
2.
Impieghi industriali: tutti i prodotti della pesca specificamente sbarcati per essere trasformati in farine e in olio destinati al consumo animale, nonché le quantità di prodotti che, sebbene originariamente destinati al consumo umano, non sono più venduti a tal fine al momento della prima vendita.
3.
Ritirato dal mercato: le quantità inizialmente destinate al consumo umano ma che, al momento della prima vendita, sono ritirate dal mercato a causa di condizioni del mercato, di regolamenti sanitari o di motivi analoghi.
4.
Esca: le quantità di pesce fresco destinate ad essere utilizzate come esca nel quadro di altre attività di pesca. Un esempio è costituito dall'esca utilizzata nella pesca al tonno con lenze e canne.
5.
Mangimi per animali: le quantità di pesce fresco destinate all'alimentazione diretta degli animali. Ne sono escluse le quantità destinate alla trasformazione in farina o in olio di pesce.
6.
Cascami: i pesci o le parti di pesce che, a causa del loro stato, devono essere distrutti prima dello sbarco.
7.
Uso previsto non noto: le quantità di pesce che non rientrano in alcuna delle suddette categorie. | Statistiche sugli sbarchi di prodotti della pesca
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Intende garantire un metodo uniforme a livello europeo per la raccolta e la compilazione di dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sui territori nazionali. Tali statistiche sono un importante strumento per la politica comune della pesca, che ha istituito limiti di cattura ai fini della sostenibilità e per contribuire a garantire il mantenimento a lungo termine delle risorse ittiche.
Abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91.
PUNTI CHIAVE
Ogni anno, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio tramite navi registrate in (o che battono bandiera di) un paese dell’UE o dell’EFTA. I dati riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno all’UE. I dati si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari* dei prodotti della pesca sbarcati nell’anno civile. Il formato, le variabili e i codici per la trasmissione dei dati sono indicati negli allegati del regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Esso si applica dal 19 gennaio 2007.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Pesca — panoramica (Eurostat).
TERMINI CHIAVE
Valore unitario: il valore della vendita dei prodotti della pesca diviso per la quantità o, per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata, stimato utilizzando un metodo appropriato.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1921/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca nei paesi dell’UE e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1921/2006 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha solo valore documentario.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 72/279/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, che istituisce un Comitato permanente di statistica agraria (GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1). | 6,780 | 486 |
31989R2219 | false | Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva
Gazzetta ufficiale n. L 211 del 22/07/1989 pag. 0004 - 0005 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0088
*****REGOLAMENTO (CEE) N. 2219/89 DEL CONSIGLIO del 18 luglio 1989 relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 113, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando che la Commissione deve essere informata di ogni incidente nucleare o di livelli insolitamente elevati di radioattività in virtù della decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d'informazioni in caso di emergenza radioattiva (2) o in virtù della convenzione del 26 settembre 1986 sulla rapida notificazione di un incidente nucleare; considerando il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio, del 22 dicembre 1987, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di livelli anormali di radioattività a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva (3), modificato da ultimo dal regolamento (Euratom) n. 2218/89 (4); considerando che tali livelli massimi ammissibili fissati dal regolamento precitato tengono debitamente conto dei più recenti pareri scientifici attualmente disponibili a livello internazionale e riflettono l'esigenza di evitare divergenze nelle prassi normative internazionali; considerando che la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 22 dicembre 1987, adottata in occasione dell'approvazione del regolamento (Euratom) n. 3954/87, prevede l'adozione di un regolamento specifico in materia d'esportazione dei prodotti alimentari; considerando che dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altra situazione d'emergenza radiologica non è accettabile permettere l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione superi i livelli massimi ammissibili applicabili ai prodotti destinati al consumo nella Comunità e che è difficile in tali circostanze particolari trattare su un piano pratico in modo differente i prodotti in funzione della loro destinazione finale; considerando che le disposizioni in materia di esportazione debbono riferirsi anche agli alimenti per gli animali, giacché tali prodotti, per motivi di salute pubblica, costituiscono l'oggetto del regolamento (Euratom) n. 3954/87; considerando che è opportuno quindi precisare le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva e applicare a tali prodotti i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva fissati dal regolamento (Euratom) n. 3954/87, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento fissa le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva che possa causare una contaminazione radioattiva grave dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali. 2. Ai fini del presente regolamento, per prodotti alimentari si intendono i prodotti destinati all'alimentazione umana, sia direttamente sia dopo trasformazione, e per « alimenti per gli animali » i prodotti destinati esclusivamente all'alimentazione animale. Articolo 2 I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali, la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili resi applicabili in virtù delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento (Euratom) n. 3954/87, non possono essere esportati. Articolo 3 Gli Stati membri procedono a controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili di cui all'articolo 2. Articolo 4 Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento, in particolare i casi di superamento dei livelli massimi ammissibili. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Articolo 5 Le modalità di applicazione del presente regolamento sono stabilite in conformità della procedura prevista all'articolo 7 del regolamento (Euratom) n. 3954/87. A tal fine è istituito un comitato ad hoc. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 1989. Per il Consiglio Il Presidente R. DUMAS (1) GU n. C 214 del 16. 8. 1988, pag. 31. (2) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 76. (3) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 11. (4) Vedi pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale. | Regime d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare
Il presente regolamento è volto a impedire l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione ecceda i livelli massimi ammissibili nella Comunità dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva.
ATTO
Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva.
SINTESI
I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili, resi applicabili sul mercato interno in virtù del regolamento (EURATOM) n. 3954/87, non possono essere esportati.
Gli Stati membri garantiscono controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili.
Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo di recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CEE) n. 2219/1989
25.7.1989
-
GU L 211 del 22.7.1989
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 733/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo alle condizioni d'importazione di prodotti agricoli originari dei paesi terzi a seguito dell'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Cernobil [Gazzetta ufficiale L 201 del 30.7.2008]. | 2,243 | 972 |
32000D0604 | false | 2000/604/CE: Decisione del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica
Gazzetta ufficiale n. L 257 del 11/10/2000 pag. 0028 - 0031
Decisione del Consigliodel 29 settembre 2000sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica(2000/604/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 209,visto il parere della Commissione,considerando quanto segue:(1) Il comitato di politica economica (in prosieguo: "il comitato") è stato istituito con la decisione 74/122/CEE del Consiglio(1).(2) Tale comitato ha esercitato tutte le funzioni sinora attribuite al comitato per la politica di congiuntura istituito con decisione del Consiglio del 9 marzo 1960 relativa al coordinamento delle politiche della congiuntura degli Stati membri(2), al comitato per la politica di bilancio istituito con decisione del Consiglio dell'8 maggio 1964 relativa alla collaborazione tra i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri nel settore della politica di bilancio(3), nonché al comitato di politica economica a medio termine istituito con decisione del Consiglio del 15 aprile 1964 relativa alla creazione di un comitato di politica economica a medio termine(4).(3) Il comitato è previsto dall'articolo 272 del trattato.(4) Lo statuto del comitato dovrebbe rispecchiare il nuovo quadro istituzionale creato dall'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria. Sembra opportuno mantenere la struttura di base del comitato apportando al contempo le modifiche necessarie per migliorarne il funzionamento e descriverne i compiti con maggiore precisione.(5) I compiti assegnati al comitato non pregiudicano il diritto della Commissione di formulare raccomandazioni o esprimere pareri su materie contemplate dal trattato.(6) L'introduzione dell'euro aumenta la necessità di uno stretto coordinamento delle politiche economiche e di una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri. Secondo la risoluzione del Consiglio europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'unione economica e monetaria(5), un coordinamento rafforzato delle politiche economiche dovrebbe includere la sorveglianza rigorosa degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri e delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, nonché delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionistica e la creazione di posti di lavoro.(7) Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la procedura di sorveglianza multilaterale previsti dall'articolo 99 del trattato sono al centro del coordinamento della politica economica. Fatti salvi i compiti del comitato economico e finanziario, il comitato dovrebbe fornire sostegno alla formulazione degli indirizzi e contribuire alla procedura di sorveglianza multilaterale nei settori indicati nella presente decisione.(8) Il Consiglio europeo di Cardiff del 16 giugno 1998 ha accolto positivamente la decisione del Consiglio Ecofin e dei ministri riuniti in tale Consiglio il 1o maggio 1998(6) di definire una procedura snella che rispetti pienamente il principio di sussidiarietà per controllare i progressi della riforma economica.(9) La risoluzione del Consiglio europeo del 3 e 4 giugno 1999 ha avviato un processo di dialogo macroeconomico a livello comunitario. Tale dialogo macroeconomico mira al miglioramento dell'interazione tra evoluzione salariale e politiche macroeconomiche. Il Consiglio europeo ha concluso che il dialogo macroeconomico a livello tecnico dovrebbe svolgersi in seno ad un gruppo di lavoro istituito nell'ambito del comitato in collaborazione con il comitato per l'occupazione ed il mercato del lavoro, con la partecipazione di rappresentanti di entrambi i comitati (compresa la Banca centrale europea), della Commissione e del Gruppo macroeconomico del dialogo sociale. Il comitato dovrebbe in particolare organizzare i contributi dei rappresentanti dei governi al dialogo a questo livello.(10) La risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sulla crescita e l'occupazione(7), ha esortato ad un migliore coordinamento delle politiche economiche per integrare la procedura prevista nel nuovo titolo del trattato sull'occupazione e ha chiesto che il comitato per l'occupazione collabori strettamente con il comitato.(11) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato economico e finanziario. I compiti del comitato economico e finanziario sono stabiliti nell'articolo 114, paragrafo 2, del trattato. Lo statuto del comitato economico e finanziario è stato adottato con decisione del Consiglio del 31 dicembre 1998(8). Il comitato dovrebbe lavorare in stretta cooperazione con il comitato economico e finanziario quando assiste il Consiglio.(12) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato per l'occupazione. È parimenti richiesta una stretta cooperazione con il comitato.(13) La descrizione dei compiti del CPE lascia impregiudicata l'eventuale futura normativa di diritto derivato relativa alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 5, del trattato.(14) Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea dovrebbero essere adeguatamente rappresentati in sede di CPE e dovrebbero nominare ciascuno quattro membri.(15) I membri del CPE dovrebbero essere nominati a titolo personale e guidati, nell'esercizio delle loro funzioni, dagli interessi generali della Comunità.(16) Il presidente del CPE dovrebbe essere eletto per un periodo di due anni. Di norma, tale mandato non dovrebbe essere rinnovabile, ma dovrebbe poter essere prorogato in assenza di altre candidature alla presidenza.(17) La nomina a membri del CPE di funzionari della Banca centrale europea e delle banche centrali nazionali è effettuata fatto salvo il disposto dell'articolo 108 del trattato,DECIDE:Articolo 1È adottato lo statuto del comitato di politica economica di cui all'articolo 272 del trattato (il "comitato").Il testo dello statuto figura nell'allegato.Articolo 2La decisione 74/122/CEE è abrogata.Articolo 3La presente decisione ha efficacia il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 29 settembre 2000.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Fabius(1) GU L 63 del 5.3.1974, pag. 21.(2) GU 31 del 9.5.1960, pag. 764/60.(3) GU 77 del 21.5.1964, pag. 1205/64.(4) GU 64 del 22.4.1964, pag. 1031/64.(5) GU C 35 del 2.2.1998, pag. 1.(6) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 28.(7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 3.(8) GU L 5 del 9.1.1999, pag. 71.ALLEGATOStatuto del comitato di politica economicaPARTE ICOMPITI DEL COMITATOArticolo 11. Fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, il comitato di politica economica, (in appresso "il comitato"), contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e assiste la Commissione e il Consiglio.2. Il comitato contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio fornendo analisi economiche, pareri sulle metodologie e progetti di formulazione di raccomandazioni politiche, con particolare riferimento alle politiche strutturali per il miglioramento del potenziale di crescita e dell'occupazione nella Comunità. In questo contesto esso si occupa in particolare:- del funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro, ivi compresa l'evoluzione dei salari, della produttività, dell'occupazione e della competitività,- del ruolo e dell'efficienza del settore pubblico e della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche,- delle implicazioni sul piano generale di politiche specifiche quali quelle dell'ambiente, della ricerca e sviluppo e della coesione sociale.3. Nei settori summenzionati, il comitato, fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, fornisce sostegno ai lavori del Consiglio, in particolare per quanto riguarda la formulazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche e contribuisce alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 3, del trattato. In questo ambito, il comitato effettua revisioni periodiche per paese incentrate in particolare sulle riforme strutturali negli Stati membri.4. Fatti salvi gli articoli 130 e 207 del trattato, il comitato contribuisce ai lavori del Consiglio che si riferiscono al titolo "Occupazione" del trattato.5. Il comitato assiste il comitato economico e finanziario in particolare nel compito di seguire regolarmente l'evoluzione macroeconomica a breve e a medio termine negli Stati membri e nella Comunità, fornendo analisi e pareri principalmente su problemi metodologici riguardanti l'interazione tra politiche strutturali e politiche macroeconomiche e l'evoluzione dei salari negli Stati membri e nella Comunità.6. Il comitato costituisce il quadro in cui ha luogo, a livello tecnico, il dialogo macroeconomico tra rappresentanti del comitato (compresa la Banca centrale europea), il comitato economico e finanziario, il comitato per l'occupazione, la Commissione e le parti sociali.7. Il comitato è consultato dalla Commissione in merito al tasso massimo di aumento delle spese non obbligatorie del bilancio generale dell'Unione europea, come previsto dall'articolo 272 del trattato.Articolo 2Il comitato formula pareri su richiesta del Consiglio, della Commissione o del comitato economico e finanziario, oppure di propria iniziativa.Articolo 3Nell'adempimento dei suoi compiti il comitato opera in stretto rapporto con il comitato economico e finanziario quando riferisce al Consiglio. Nel contribuire alla preparazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche, il comitato riferisce al comitato economico e finanziario. Esso coordina i suoi lavori con il comitato per l'occupazione e altri comitati e gruppi di lavoro per preparare i lavori del Consiglio nei settori di competenza di tali comitati e gruppi.PARTE IICOMPOSIZIONEArticolo 41. Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea nominano ciascuno 4 membri del comitato.2. I membri del comitato sono scelti tra funzionari di alto livello e di comprovata esperienza in materia di formulazione della politica economica e strutturale.Articolo 5Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri del comitato sono guidati dagli interessi generali della Comunità.PARTE IIIPRESIDENTE E SEGRETARIATOArticolo 61. Il comitato elegge tra i suoi membri, a maggioranza dei medesimi, un presidente e fino a tre vicepresidenti per un periodo di due anni. Di norma, il mandato non è rinnovabile.2. Il presidente delega il suo diritto di voto ad un altro membro della sua delegazione.Articolo 7In caso di impedimento nello svolgimento delle sue funzioni, il presidente è sostituito da uno dei vicepresidenti del comitato.Articolo 81. Il comitato è assistito da un segretariato diretto da un segretario. Il segretario e il personale del segretariato necessario per svolgere i compiti del segretariato sono forniti dalla Commissione. Il segretario è nominato dalla Commissione previa consultazione del comitato. Il segretario e il personale del segretariato agiscono su istruzioni del comitato quando esplicano le loro funzioni per il comitato.2. Le spese del comitato sono comprese nelle previsioni della Commissione.PARTE IVPROCEDURAArticolo 9Ove si richieda una votazione, i pareri o le relazioni sono adottati alla maggioranza dei membri. Ciascun membro del comitato dispone di un voto. Tuttavia, in caso di pareri od opinioni su questioni per le quali il Consiglio può in seguito adottare una decisione, i membri delle banche centrali e la Commissione possono partecipare pienamente alle discussioni, ma non prendono parte alla votazione. Il comitato riferisce altresì in merito a opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.Articolo 10Di norma soltanto i membri possono prendere la parola durante le riunioni del comitato. In circostanze eccezionali il presidente può approvare disposizioni alternative.Articolo 11Il comitato può affidare l'esame di questioni specifiche a sottocomitati o a gruppi di lavoro. In tal caso la presidenza di tali gruppi è assunta da un membro del comitato, nominato dal comitato stesso.Articolo 12Il comitato, i sottocomitati e i gruppi di lavoro possono farsi assistere da esperti.Articolo 13Il comitato è convocato dal presidente per iniziativa propria o a richiesta del Consiglio, della Commissione o di almeno cinque membri del comitato.Articolo 141. Di norma il presidente rappresenta il comitato. In particolare il presidente può essere autorizzato dal comitato a riferire sui lavori e a rilasciare osservazioni orali su pareri e comunicazioni preparati dal comitato.2. Spetta al presidente del comitato mantenere i rapporti del comitato con il Parlamento europeo che, ove opportuno, è informato dei lavori del comitato.Articolo 151. Salvo decisione diversa, i lavori del comitato sono coperti dal segreto d'ufficio. Ciò vale anche per i lavori dei sottocomitati e gruppi di lavoro.2. Le relazioni o i pareri elaborati dal comitato sono resi disponibili al pubblico dopo essere stati trasmessi ai destinatari, a meno che non esistano motivi imperativi per mantenerli segreti.Articolo 16Il comitato adotta il proprio regolamento interno. | Il Comitato di politica economica dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Conferma i compiti, la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del Comitato economico e politico dell’Unione europea (UE), un comitato creato nel 1974.
Questa decisione ha fatto seguito all’entrata dell’UE nella fase finale dell’unione economica e monetaria, quando i tassi di cambio sono stati fissati irrevocabilmente ed è stata introdotta la moneta unica, l’euro, sui mercati dei cambi e per i pagamenti elettronici.
È stata poi modificata nel 2003 per tener conto dell’allargamento dell’UE previsto nel 2004.
PUNTI CHIAVE
Il lavoro del comitato
Il comitato è stato istituito per:
contribuire al lavoro del Consiglio (e in particolare quello dei ministri dell’economia e degli affari economici dell’Unione europea, Ecofin) sul coordinamento delle politiche economiche e dei bilanci dell’UE e dei suoi paesi;
assistere la Commissione europea;
preparare una parte del lavoro dell’Eurogruppo.
Il comitato:
svolge analisi economiche;
fornisce pareri sulle metodologie;
prepara il lavoro del Consiglio sul semestre europeo, tra cui la formulazione di raccomandazioni politiche nei confronti dei paesi dell’UE sulla base di progetti della Commissione;
formula raccomandazioni politiche, come gli orientamenti di massima per le politiche economiche, destinati a favorire la creazione di posti di lavoro e il potenziale di crescita dell’UE;
contribuisce alla sorveglianza multilaterale delle politiche economiche nazionali attraverso una revisione regolare delle riforme strutturali dei paesi dell’UE;
fornisce pareri politici in merito alla parte del piano di investimenti per l’Europa che mira ad eliminare gli ostacoli normativi agli investimenti sia a livello nazionale che a livello UE.
In particolare, il comitato si concentra sui seguenti aspetti:
il funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro dell’UE, compresi gli sviluppi in merito a salari, produttività, occupazione e competitività ;
il ruolo e l’efficienza del settore pubblico e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche;
le implicazioni economiche di determinate politiche, come quelle relative all’ambiente, alla ricerca e sviluppo e alla coesione sociale.
Il comitato sostiene il lavoro del Comitato economico e finanziario. Ciò comporta, tra l’altro, il monitoraggio degli sviluppi macroeconomici a breve e medio termine sia a livello dell’UE che a livello nazionale. Fornisce analisi e pareri sull’interazione tra le politiche strutturali e macroeconomiche e sull’evoluzione dei salari.
Funge anche da forum per le discussioni macroeconomiche tecniche con la Banca centrale europea (BCE), il Comitato economico e finanziario, il Comitato per l’occupazione, la Commissione e le parti sociali.
Composizione e funzionamento
Ci sono due rappresentanti per ciascun paese dell’UE e due ciascuno dalla Commissione e dalla BCE.
Quando il comitato si riunisce nella sua forma «Eurogruppo», comprende i rappresentanti della Commissione, della BCE e di quei paesi la cui moneta è l’euro.
Il presidente viene eletto ogni due anni e il lavoro del comitato è supportato da un segretariato.
Le riunioni sono riservate, ma le relazioni e i pareri sono in linea di principio accessibili al pubblico.
Qualora i pareri o le relazioni del comitato siano sottoposti a votazione, devono essere adottati dalla maggioranza dei membri. Il comitato deve segnalare anche le opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.
Se le relazioni riguardano questioni su cui il Consiglio potrà successivamente prendere una decisione, i membri delle banche centrali e della Commissione non possono partecipare alla votazione.
Il comitato ha istituito diversi gruppi di lavoro che esaminano questioni specifiche:
invecchiamento demografico e sostenibilità ,
metodologia di valutazione delle riforme strutturali,
margini di potenziale produttivo,
energia e cambiamenti climatici.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica a partire dal 12 ottobre 2000.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Il CPE» sul sito Internet dell’Unione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2000/604/CE del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica (GU L 257 dell’11.10.2000, pag. 28-31)
Le modifiche successive alla decisione 2000/604/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. | 5,467 | 1,015 |
32008D0381 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 14 maggio 2008
che istituisce una rete europea sulle migrazioni
(2008/381/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 66,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Nel 2003 la Commissione ha deciso un’azione preparatoria triennale per istituire una rete europea sulle migrazioni («REM») nell’intento di fornire alla Comunità e ai suoi Stati membri dati oggettivi, affidabili e aggiornati sull’immigrazione.
(2)
Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, vista l’importanza del monitoraggio e delle analisi del fenomeno pluridimensionale della migrazione, si è detto compiaciuto nelle sue conclusioni dell’istituzione della REM e ha dichiarato che avrebbe esaminato la possibilità di istituire in futuro una struttura permanente.
(3)
Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, inteso a rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il cosiddetto programma dell’Aia, che esorta a sviluppare la seconda fase di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere iniziata il 1o maggio 2004, basata in particolare su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni. Il programma dell’Aia riconosce che «L’attuale sviluppo della politica europea in materia di asilo e migrazione dovrebbe basarsi su un’analisi comune del fenomeno migratorio in tutti i suoi aspetti. È di massima importanza rafforzare la raccolta, la fornitura, lo scambio e l’utilizzo efficace di informazioni e dati aggiornati su tutti gli sviluppi migratori pertinenti.»
(4)
Per raccogliere il parere delle parti interessate sul futuro della REM, il 28 novembre 2005 la Commissione ha adottato un «Libro verde relativo al futuro della rete europea sulle migrazioni» che, unitamente ad una valutazione del funzionamento della REM nei primi anni del periodo preparatorio, ne ha anche esaminato aspetti come il mandato e la struttura futura.
(5)
Dalla consultazione pubblica è emerso che la maggioranza delle parti interessate è favorevole a proseguire e intensificare le attività della REM e a mantenerne l’obiettivo iniziale, vale a dire quello di fornire informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili in materia di migrazione e asilo. È altresì emerso che la maggioranza delle parti interessate è favorevole a mantenere il legame della REM con la Commissione.
(6)
La REM dovrebbe evitare doppioni con le attività degli strumenti o delle strutture comunitarie esistenti il cui fine sia raccogliere e scambiare informazioni in materia di migrazione e asilo, rispetto alle quali dovrebbe apportare un valore aggiunto, specie grazie all’ampia gamma dei suoi compiti, all’importanza che attribuisce all’analisi, ai legami con i circuiti accademici e alla diffusione pubblica dei suoi lavori.
(7)
Fra gli strumenti e le strutture esistenti, il regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (2), costituisce un quadro di riferimento importante per il funzionamento della rete europea sulle migrazioni. Si dovrebbe prestare particolare attenzione all’utile lavoro svolto dal centro d’informazione, di riflessione e di scambi in materia di attraversamento delle frontiere e di immigrazione (CIRSFI) ed alle disposizioni della decisione 2005/267/CE del Consiglio, del 16 marzo 2005, relativa alla creazione sul web di una rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell’immigrazione degli Stati membri (3).
(8)
Per raggiungere i suoi obiettivi la REM dovrebbe avere il sostegno di un «punto di contatto nazionale» in ciascuno Stato membro. È opportuno che le attività dei punti di contatto nazionali siano coordinate a livello comunitario dalla Commissione con l’assistenza di un fornitore di servizi che disponga delle competenze necessarie per organizzare le attività di routine della REM e relativo sistema di scambio di informazioni.
(9)
Perché i punti di contatto nazionali dispongano delle competenze necessarie per trattare le complesse questioni della migrazione e dell’asilo, è opportuno che siano composti di almeno tre esperti che, da soli o insieme, abbiano competenze nei seguenti settori: iter decisionale, diritto, ricerca e statistica. Tali esperti potrebbero provenire dalle amministrazioni degli Stati membri o da organizzazioni diverse. Ciascun punto di contatto nazionale dovrebbe inoltre possedere collettivamente adeguate competenze in informatica, nell’istituzione di schemi di collaborazione e di reti con altre organizzazioni e strutture nazionali, nonché nella collaborazione in un ambiente multilingue a livello europeo.
(10)
Ogni punto di contatto nazionale dovrebbe stabilire una rete nazionale sulle migrazioni composta da organizzazioni e soggetti attivi nel settore della migrazione e dell’asilo, fra cui università, istituti di ricerca e ricercatori, organizzazioni governative e non governative e organizzazioni internazionali, in modo da sentire tutte le parti interessate.
(11)
È opportuno che a impartire l’orientamento strategico della REM sia un «comitato direttivo», che contribuisca anche alla preparazione e all’approvazione del programma annuale di attività.
(12)
Per la più ampia divulgazione possibile delle informazioni da essa prodotte sotto forma di studi e rapporti, la REM dovrebbe avvalersi dei mezzi tecnologici più avanzati, compreso un apposito sito web.
(13)
Se necessario per realizzare i suoi scopi, la REM dovrebbe essere in grado di stabilire relazioni di cooperazione con altre strutture attive nel settore della migrazione e dell’asilo. Nello stabilire queste relazioni, occorrerebbe prestare particolare attenzione ad un buon livello di cooperazione con strutture in Danimarca, Islanda, Norvegia, Svizzera, nei paesi candidati all’adesione, nei paesi rientranti nella politica europea di vicinato e in Russia.
(14)
La REM dovrebbe essere cofinanziata con sovvenzioni della Commissione, conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (4).
(15)
Con riguardo al sistema di scambio di informazioni della REM, è opportuno tenere conto della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5), e del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (6).
(16)
A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all’adozione e all’applicazione della presente.
(17)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, l’Irlanda non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione.
(18)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto e ambito d’applicazione
1. È istituita una rete europea sulle migrazioni («REM»).
2. L’obiettivo della REM è soddisfare l’esigenza di informazione delle istituzioni comunitarie e delle autorità e istituzioni degli Stati membri sulla migrazione e sull’asilo, fornendo al riguardo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere l’iter decisionale dell’Unione europea in questi settori.
3. La REM serve inoltre a fornire informazioni in materia ai cittadini.
Articolo 2
Compiti
1. Per raggiungere l’obiettivo di cui all’articolo 1, la REM:
a)
raccoglie e scambia dati e informazioni aggiornati e affidabili provenienti da una vasta gamma di fonti;
b)
analizza i dati e le informazioni di cui alla lettera a) e li presenta in un formato facilmente accessibile;
c)
in collaborazione con altri organi competenti dell’UE contribuisce alla messa a punto di indicatori e criteri che migliorino la coerenza delle informazioni e favoriscano lo sviluppo delle attività comunitarie connesse alle statistiche migratorie;
d)
elabora e pubblica rapporti periodici sulla situazione della migrazione e dell’asilo nella Comunità e negli Stati membri;
e)
crea e mantiene un sistema di scambio di informazioni basato su Internet che permette di accedere a documenti e pubblicazioni pertinenti nel settore della migrazione e dell’asilo;
f)
si fa conoscere fornendo l’accesso alle informazioni che raccoglie e provvedendo alla diffusione dei propri lavori, a meno che tali informazioni abbiano carattere riservato;
g)
coordina le informazioni e coopera con altri organi competenti europei e internazionali.
2. La REM assicura che le sue attività siano coerenti e coordinate con i pertinenti strumenti e strutture comunitari nel settore della migrazione e dell’asilo.
Articolo 3
Composizione
La REM è composta:
—
dai «punti di contatto nazionali» designati dagli Stati membri,
—
dalla Commissione.
Articolo 4
Comitato direttivo
1. La REM è diretta da un comitato direttivo composto da un rappresentante per Stato membro e un rappresentante della Commissione, assistito da due esperti scientifici.
2. Il rappresentante della Commissione presiede il comitato direttivo.
3. Ogni membro del comitato direttivo ha diritto ad un voto, compreso il presidente. Il comitato direttivo delibera a maggioranza dei due terzi dei voti espressi.
4. Alle riunioni del comitato direttivo un rappresentante del Parlamento europeo può partecipare in qualità di osservatore.
5. In particolare il comitato direttivo:
a)
contribuisce all’elaborazione e all’approvazione del programma annuale di attività della REM, fornendo anche un importo indicativo per il bilancio minimo e massimo di ciascun punto di contatto nazionale, tale da assicurare la copertura dei costi di base derivanti dal corretto funzionamento della rete, a norma dell’articolo 5, sulla base di un progetto del presidente;
b)
esamina i progressi della REM, formulando all’occorrenza raccomandazioni per le azioni necessarie;
c)
presenta, almeno una volta l’anno, un rapporto di sintesi sullo stato delle attività della REM e sulle conclusioni principali dei suoi studi al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni;
d)
individua le relazioni strategiche di cooperazione più appropriate con altre strutture competenti nel settore della migrazione e dell’asilo e approva, laddove necessario, le modalità amministrative di questa cooperazione, come previsto all’articolo 10;
e)
offre consulenza ai punti di contatto nazionali sulle modalità per migliorare il loro funzionamento e li aiuta a prendere gli opportuni provvedimenti qualora ravvisi persistenti lacune nell’operato di un punto di contatto nazionale che potrebbero avere ripercussioni negative sulle attività della REM.
6. Il comitato direttivo adotta il proprio regolamento interno e si riunisce, su convocazione del presidente, almeno due volte l’anno.
Articolo 5
Punti di contatto nazionali
1. Ciascuno Stato membro designa una struttura che funge da suo punto di contatto nazionale. Per agevolare le attività della REM ed assicurare il raggiungimento dei suoi obiettivi, gli Stati membri, se del caso, tengono conto della necessità di un coordinamento tra il loro rappresentante nel comitato direttivo e il punto di contatto nazionale.
2. Il punto di contatto nazionale si compone di almeno tre esperti, uno dei quali funge da coordinatore nazionale ed è un funzionario o agente della struttura designata. Gli altri esperti possono provenire dalla struttura stessa ovvero da altre organizzazioni pubbliche o private nazionali e internazionali basate nello Stato membro.
3. Gli esperti di ciascun punto di contatto nazionale possiedono collettivamente competenze in materia di asilo e migrazione che riguardino anche aspetti attinenti all’iter decisionale, al diritto, alla ricerca e alla statistica.
4. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente decisione gli Stati membri informano la Commissione in merito agli esperti che compongono il loro punto di contatto nazionale e specificano come questi rispondano ai requisiti di cui al paragrafo 3.
5. I punti di contatto nazionali svolgono i compiti della REM a livello nazionale; in particolare,
a)
redigono rapporti nazionali, compresi i rapporti di cui all’articolo 9;
b)
contribuiscono con informazioni nazionali al sistema di scambio di informazioni di cui all’articolo 8;
c)
sviluppano la capacità di rivolgere richieste specifiche e di rispondere rapidamente a richieste analoghe degli altri punti di contatto nazionali;
d)
stabiliscono una rete nazionale sulle migrazioni composta da una molteplicità di organizzazioni e persone fisiche attive nel settore della migrazione e dell’asilo che rappresentano le parti interessate. Ai membri della rete nazionale sulle migrazioni può essere chiesto di contribuire alle attività della REM, con particolare riguardo agli articoli 8 e 9.
6. Gli esperti di ciascun punto di contatto nazionale si incontrano regolarmente per esaminarne i lavori, se del caso anche con i membri delle rispettive reti nazionali sulle migrazioni di cui al paragrafo 5, lettera d), e per scambiare informazioni sulle attività presenti e future.
Articolo 6
Coordinamento
1. La Commissione coordina i lavori della REM, anche conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, e si assicura che questi riflettano opportunamente le priorità politiche della Comunità nel settore della migrazione e dell’asilo.
2. Per organizzare i lavori della REM la Commissione è assistita da un fornitore di servizi selezionato in base a una procedura di appalto, il quale soddisfa i requisiti stabiliti nell’articolo 5, paragrafo 3 e ogni altro requisito pertinente definito dalla Commissione.
3. Sotto il controllo della Commissione, il fornitore di servizi svolge in particolare i seguenti compiti:
a)
organizza il funzionamento quotidiano della REM;
b)
istituisce e gestisce il sistema di scambio di informazioni di cui all’articolo 8;
c)
coordina il contributo dei punti di contatto nazionali;
d)
prepara le riunioni di cui all’articolo 7;
e)
prepara le raccolte e le sintesi dei rapporti e degli studi di cui all’articolo 9.
4. Previa consultazione dei punti di contatto nazionali e approvazione del comitato direttivo, la Commissione adotta, nei limiti dell’obiettivo generale e dei compiti definiti negli articoli 1 e 2, il programma annuale di attività della REM. Il programma specifica gli obiettivi e le priorità tematiche. La Commissione controlla l’esecuzione del programma annuale di attività e riferisce regolarmente al comitato direttivo circa l’esecuzione e lo sviluppo della REM.
5. In base alla consulenza fornita dal comitato direttivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera e), la Commissione prende gli opportuni provvedimenti in base alle convenzioni di sovvenzione di cui al paragrafo 6 del presente articolo.
6. La Commissione determina, sulla base del programma annuale di attività della REM, gli importi indicativi disponibili per le sovvenzioni e i contratti, nell’ambito di una decisione di finanziamento a norma dell’articolo 75 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002.
7. La Commissione eroga sovvenzioni di funzionamento ai punti di contatto nazionali che rispondono ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, sulla base delle singole domande di sovvenzione che avranno presentato. Il tasso massimo di cofinanziamento comunitario è fissato all’80 % del totale dei costi ammissibili.
8. Le sovvenzioni non hanno, in caso di rinnovo, carattere degressivo a norma dell’articolo 113, paragrafo 2 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002.
Articolo 7
Riunioni
1. La REM si riunisce di norma almeno cinque volte l’anno.
2. Ogni punto di contatto nazionale è rappresentato alle riunioni della REM da almeno uno dei suoi esperti. Al massimo tre esperti di ciascun punto di contatto nazionale partecipano alle riunioni.
3. Le riunioni della REM sono convocate e presiedute da un rappresentante della Commissione.
4. Obiettivo delle riunioni periodiche della REM è:
a)
permettere ai punti di contatto nazionali di scambiare conoscenze e esperienze, specie sul funzionamento della REM;
b)
esaminare i progressi dei lavori della REM, con particolare riguardo alla preparazione dei rapporti e degli studi di cui all’articolo 9;
c)
scambiare informazioni e pareri, in particolare sulla struttura, l’organizzazione, il contenuto delle informazioni disponibili di cui all’articolo 8, e il relativo accesso;
d)
fornire una piattaforma per discutere i problemi pratici e giuridici degli Stati membri nel settore della migrazione e dell’asilo, in particolare le richieste specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 5, lettera c);
e)
consultare i punti di contatto nazionali per l’elaborazione del programma annuale di attività della REM di cui all’articolo 6, paragrafo 4.
5. Possono essere invitati alle riunioni esperti e strutture che non siano membri della REM ma la cui presenza sia considerata auspicabile. Possono anche essere organizzate riunioni congiunte con altre reti o organizzazioni.
6. Ove le attività di cui al paragrafo 5 non siano previste nel programma annuale della REM, sono comunicate tempestivamente ai punti di contatto nazionali.
Articolo 8
Sistema di scambio di informazioni
1. È istituito, a norma del presente articolo, un sistema di scambio di informazioni basato su Internet, accessibile mediante apposito sito Web.
2. Il contenuto del sistema di scambio di informazioni è di norma pubblico.
Fatto salvo il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (7), l’accesso alle informazioni riservate è limitato soltanto ai membri della REM.
3. Il sistema di scambio di informazioni comprende almeno i seguenti elementi:
a)
accesso alla legislazione comunitaria e nazionale, alla giurisprudenza e agli sviluppi delle politiche nei settori della migrazione e dell’asilo;
b)
una funzionalità per le richieste specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 5, lettera c);
c)
un glossario ed un thesaurus sulla migrazione e l’asilo;
d)
accesso diretto a tutte le pubblicazioni della REM, inclusi i rapporti e gli studi di cui all’articolo 9, e un notiziario periodico;
e)
un repertorio dei ricercatori e degli istituti di ricerca nel settore della migrazione e dell’asilo.
4. Ai fini dell’accesso alle informazioni citate al paragrafo 3, la REM può, all’occorrenza, aggiungere collegamenti verso altri siti nei quali figurino le informazioni originali.
5. L’apposito sito Web agevola l’accesso a iniziative analoghe di informazione pubblica in settori connessi e ai siti contenenti informazioni sulla situazione della migrazione e dell’asilo negli Stati membri e nei paesi terzi.
Articolo 9
Rapporti e studi
1. Ciascun punto di contatto nazionale redige ogni anno un rapporto sulla situazione della migrazione e dell’asilo nei rispettivi Stati membri nel quale è contenuta una descrizione degli sviluppi delle politiche e dati statistici.
2. Nell’ambito del programma annuale di attività ogni punto di contatto nazionale elabora, sulla scorta di specifiche comuni, altri studi su aspetti specifici della migrazione e dell’asilo necessari per sostenere l’iter decisionale.
Articolo 10
Cooperazione con altre strutture
1. La REM coopera con strutture degli Stati membri o dei paesi terzi, comprese le agenzie dell’UE e le organizzazioni internazionali, competenti in materia di migrazione e asilo.
2. Le modalità amministrative della cooperazione di cui al paragrafo 1, fra cui l’eventuale conclusione di accordi da parte della Commissione a nome della Comunità, sono subordinate all’approvazione del comitato direttivo.
Articolo 11
Risorse di bilancio
Le risorse di bilancio destinate alle azioni previste nella presente decisione sono iscritte negli stanziamenti annuali del bilancio generale dell’Unione europea. L’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti annuali disponibili entro i limiti del quadro finanziario.
Articolo 12
Esecuzione del bilancio
La Commissione attua il sostegno finanziario comunitario conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio.
Articolo 13
Riesame
Entro tre anni dall’entrata in vigore della presente decisione, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione, basata su una valutazione esterna e indipendente, sullo sviluppo della REM. La relazione è corredata, se necessario, di proposte di modifica.
Articolo 14
Pubblicazione e data di applicazione
La presente decisione si applica a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 15
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 14 maggio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
A. BAJUK
(1) Parere del 10 aprile 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 199, del 31.7.2007, pag. 23.
(3) GU L 83 dell’1.4.2005, pag. 48.
(4) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1525/2007 (GU L 343 del 27.12.2007, pag. 9).
(5) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(6) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(7) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. | La rete europea sulle migrazioni
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Istituisce la rete europea sulle migrazioni (REM), che intende fornire informazioni aggiornate, oggettive e affidabili sulla migrazione e sull’asilo alle istituzioni europee, ai paesi dell’Unione europea (UE) e ai cittadini.
PUNTI CHIAVE
Per raggiungere tale obiettivo, la REM, in collaborazione con altri organi competenti dell’UE, raccoglie e analizza dati da una vasta gamma di fonti. Produce rapporti e studi sulla situazione della migrazione e dell’asilo nell’UE e nei suoi paesi, che sono condivisi nel suo sistema di scambio di informazioni.
La Commissione europea (CE) coordina il lavoro della REM in collaborazione con punti di contatto nazionali che sono nominati in ogni paese dell’UE e sono responsabili dello sviluppo di una rete nazionale. Ogni punto di contatto nazionale è composto da almeno tre esperti in materia di asilo e migrazione competenti nei seguenti settori: iter decisionale, diritto, ricerca e statistica.
Altre responsabilità in capo ai punti di contatto nazionali includono:
partecipare alle riunioni della REM al fine di scambiarsi dati e punti di vista e fornire spunti per lo sviluppo di un programma di lavoro;
preparare rapporti nazionali e fornire informazioni al sistema di scambio di informazioni;
aiutare a sviluppare il glossario e il thesaurus della REM; e
sviluppare la capacità di rispondere a richieste specifiche.
Il comitato direttivo della REM (presieduto dalla CE e costituito dai rappresentanti di ciascun paese dell’UE e da un osservatore del Parlamento europeo) garantisce che il lavoro della REM sia allineato alle priorità politiche dell’UE.
La REM è finanziata dalla Commissione europea. In particolare, il Fondo Asilo, migrazione e integrazione fornisce le risorse finanziarie per lo sviluppo delle attività presenti e future della REM.
CONTESTO
La fase preparatoria della REM fu avviata nel 2003 al fine di rispondere all’esigenza di scambiarsi informazioni su tutti gli aspetti della migrazione e di contribuire alla politica comune in materia di asilo e immigrazione. Il Programma dell’Aia ha rafforzato ulteriormente il bisogno di un’analisi comune della migrazione, dando un impulso alla proposta della Commissione europea affinché questa decisione del Consiglio istituisse formalmente la REM.
La rete europea sulle migrazioni.
ATTO
Decisione 2008/381/CE del Consiglio, del 14 maggio 2008, che istituisce la rete europea sulle migrazioni
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 2008/381/CE
21.5.2008
—
GU L 131 del 21.5.2008, pagg. 7-12
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 516/2014
1.1.2014
—
GU L 150 del 20.5.2014, pagg. 168-194 | 7,921 | 452 |
31996R1257 | false | Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitario
Gazzetta ufficiale n. L 163 del 02/07/1996 pag. 0001 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 1257/96 DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitarioIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione (1),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (2),considerando che le popolazioni in situazione di necessità, vittime di catastrofi naturali, di avvenimenti quali guerre e conflitti o di altre circostanze straordinarie di portata analoga, hanno il diritto di ricevere un'assistenza umanitaria internazionale qualora le autorità del loro paese non siano in grado di venire efficacemente in loro soccorso;considerando che le azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga rientrano nel diritto umanitario internazionale e che è pertanto opportuno integrarle nell'attività umanitaria;considerando che l'assistenza umanitaria non comporta solo l'esecuzione di interventi di soccorso immediati finalizzati a salvare e proteggere vite umane in situazioni di emergenza o di post-emergenza, ma anche l'attuazione di tutte le misure intese ad agevolare o a consentire il libero accesso alle vittime e il libero transito dell'aiuto;considerando che l'assistenza umanitaria può essere seguita da interventi di sviluppo o di ricostruzione e che, di conseguenza, essa deve coprire l'intera durata di una situazione di crisi e dei suoi effetti; che in tale contesto, può comprendere elementi di ristrutturazione a breve termine finalizzati a facilitare l'arrivo a destinazione dei soccorsi, a prevenire l'acuirsi delle conseguenze della crisi e ad iniziare ad aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza;considerando che è particolarmente opportuno intervenire a livello di prevenzione dei disastri al fine di assicurare una preparazione preliminare ai rischi che ne derivano; che di conseguenza occorre istituire un sistema di allarme e di intervento adeguato;considerando che occorre pertanto garantire ed aumentare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari nazionali e internazionali di prevenzione e d'intervento mirati a rispondere alle esigenze create da catastrofi naturali o provocate dagli uomini o da circostanze eccezionali di portata analoga;considerando che l'aiuto umanitario, il cui solo obiettivo consiste nel prevenire e nell'alleviare la sofferenza umana, è concesso in base al principio della non discriminazione tra le vittime per motivi razziali, etnici, religiosi, inerenti al sesso o all'età, alla nazionalità o all'appartenenza politica e che non potrebbe essere retto da considerazioni di natura politica o subordinato ad esse;considerando che le decisioni relative all'aiuto umanitario devono essere prese in maniera imparziale ed esclusivamente in funzione delle esigenze e degli interessi delle vittime;considerando che l'instaurazione di uno stretto coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione, sia a livello di decisione che in loco, si trova alla base dell'efficacia dell'azione umanitaria della Comunità;considerando che, nell'ambito del suo contributo all'efficacia dell'aiuto umanitario a livello internazionale, la Comunità deve ricercare attivamente la collaborazione e il coordinamento con paesi terzi;considerando che a tal fine occorre inoltre fissare i criteri per la cooperazione con le organizzazioni non governative, gli organismi e le organizzazioni internazionali specializzati nel settore dell'aiuto umanitario;considerando che è necessario preservare, rispettare ed incoraggiare l'indipendenza e l'imparzialità delle organizzazioni non governative e delle altre istituzioni umanitarie nell'attuazione dell'aiuto umanitario;considerando che è opportuno favorire, nel settore umanitario, la collaborazione tra organizzazioni non governative degli Stati membri e di altri paesi sviluppati e organizzazioni analoghe dei paesi terzi interessati;considerando che, date le caratteristiche peculiari dell'aiuto umanitario, è opportuno istituire procedure efficaci, flessibili, trasparenti e, quando sia necessario, rapide per le decisioni di finanziamento di azioni e progetti umanitari;considerando che occorre fissare le modalità d'esecuzione e di gestione dell'aiuto umanitario della Comunità finanziato dal bilancio generale della Comunità europea, fermo restando che gli interventi di aiuto d'urgenza previsti dalla quarta convenzione ACP-CE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, modificata dall'accordo che modifica la suddetta convenzione firmato a Maurizio il 4 novembre 1995 continuano ad essere disciplinati dalle procedure e dalle modalità stabilite dalla Convenzione suddetta,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO I Obiettivi e orientamenti generali dell'aiuto umanitario Articolo 1 L'attività umanitaria della Comunità comporta azioni di assistenza, di soccorso e di protezione basate sul principio di non discriminazione, a favore delle popolazioni di paesi terzi, soprattutto le più vulnerabili, e con priorità quelle dei paesi in via di sviluppo vittime di catastrofi naturali o di eventi di origine umana, come guerre o conflitti, oppure da situazioni e avvenimenti eccezionali di portata analoga a calamità naturali o causate dall'uomo, per il periodo necessario a far fronte alle esigenze umanitarie che ne derivano.Tale aiuto comporta anche azioni di preparazione ai rischi, nonché attività di prevenzione delle catastrofi o delle circostanze eccezionali di portata analoga.Articolo 2 Le azioni di aiuto umanitario di cui all'articolo 1 si prefiggono gli obiettivi seguenti:a) salvare e proteggere vite nelle situazioni di emergenza o di post-emergenza immediata e in caso di disastri naturali che causano perdite di vite umane, sofferenze fisiche e psicosociali nonché gravi danni materiali;b) portare l'assistenza e i soccorsi necessari alle popolazioni colpite da crisi di più lunga durata, causate segnatamente da conflitti o da guerre che abbiano provocato conseguenze analoghe a quelle di cui alla lettera a), soprattutto qualora si constati che tali popolazioni non possono essere aiutate sufficientemente dalle loro autorità o in assenza di autorità competenti;c) contribuire al finanziamento dell'inoltro dell'aiuto e del suo accesso ai destinatari con tutti i mezzi logistici disponibili e garantendo la protezione dei beni e del personale umanitario, escluse le azioni che hanno implicazioni di difesa;d) sviluppare i lavori di ristrutturazione e di ricostruzione, segnatamente di infrastruttura e di attrezzature, a breve termine, in stretta collaborazione con le strutture locali, onde agevolare l'arrivo dei soccorsi, prevenire l'aggravarsi degli effetti della crisi ed aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza, prendendo in considerazione, ove possibile, gli obiettivi di sviluppo a lungo termine;e) far fronte alle conseguenze degli esodi di popolazioni (profughi, sfollati e rimpatriati) determinati da catastrofi naturali o causate dall'uomo, nonché condurre a buon fine le azioni di rimpatrio e di aiuto al reinsediamento nei paesi d'origine, quando sussistono le condizioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore;f) assicurare la preparazione preventiva al rischio di disastri o di circostanze eccezionali di portata analoga ed utilizzare un sistema adeguato di allarme rapido e di intervento;g) sostenere azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga, in base alle convenzioni internazionali in vigore.Articolo 3 Gli aiuti comunitari di cui agli articoli 1, 2 e 4 possono servire a finanziare l'acquisto e la fornitura di qualsiasi prodotto o materiale necessario all'attuazione delle azioni umanitarie, compresa la costruzione di alloggi o di rifugi per le popolazioni in questione; le spese per il personale esterno, sia estero che locale, impegnato nell'ambito di tali azioni; il magazzinaggio, l'invio internazionale o nazionale, il sostegno logistico e la distribuzione degli aiuti nonché qualsiasi altra azione intesa a facilitare o a consentire il libero accesso ai destinatari dell'aiuto.Gli aiuti possono inoltre essere usati per finanziare tutte le altre spese direttamente connesse all'esecuzione delle azioni umanitarie.Articolo 4 Gli aiuti della Comunità di cui agli articoli 1 e 2 possono inoltre essere utilizzati per il finanziamento delle azioni seguenti:- studi preliminari di fattibilità delle azioni comunitarie, nonché la valutazione di progetti e piani umanitari,- azioni di monitoraggio dei progetti e piani umanitari,- su scala ridotta e, se si tratta di finanziamento pluriennale con carattere decrescente, azioni di formazione e studi di carattere generale relativi all'attività umanitaria,- spese relative a mettere in evidenza il carattere comunitario degli aiuti,- azioni di sensibilizzazione e informazione volte a favorire una maggiore conoscenza della problematica umanitaria, in particolare da parte dell'opinione pubblica europea nonché di quella dei paesi terzi nei quali la Comunità finanzia azioni umanitarie importanti,- azioni finalizzate a rafforzare il coordinamento con gli Stati membri, con altri paesi donatori, con le organizzazioni e istituzioni umanitarie internazionali e con le organizzazioni non governative nonché le organizzazioni rappresentative di queste ultime,- azioni di assistenza tecnica necessarie all'esecuzione di progetti umanitari, compreso lo scambio di conoscenze tecniche e di esperienze tra organizzazioni ed organismi umanitari europei o tra questi e quelli dei paesi terzi,- azioni umanitarie di sminamento, compresa la sensibilizzazione delle popolazioni locali nei confronti delle mine antiuomo.Articolo 5 Il finanziamento comunitario concesso ai sensi del presente regolamento viene stanziato sotto forma di aiuto non rimborsabile.Le operazioni di cui al presente regolamento sono esenti da imposte, tasse, diritti e dazi doganali.CAPITOLO II Modalità di esecuzione dell'aiuto umanitario Articolo 6 Le azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità possono essere attuate sia su richiesta di organismi e organizzazioni internazionali o non governativi, di uno Stato membro o del paese terzo beneficiario, sia su iniziativa della Commissione.Articolo 7 1. Le organizzazioni non governative che possono beneficiare di un finanziamento comunitario per l'attuazione delle azioni previste dal presente regolamento devono soddisfare i requisiti seguenti:a) essere costituite in organizzazioni autonome senza fini di lucro in uno Stato membro della Comunità secondo la legislazione vigente in tale Stato;b) avere la sede principale in uno Stato membro della Comunità o nei paesi terzi beneficiari dell'aiuto comunitario; detta sede deve rappresentare il centro effettivo di tutte le decisioni relative alle azioni finanziate in base al presente regolamento. A titolo eccezionale, tale sede può essere situata in un altro paese terzo donatore.2. Al fine di determinare se un'organizzazione non governativa possa avere accesso ai finanziamenti comunitari, si tiene conto degli elementi seguenti:a) le capacità di gestione amministrativa e finanziaria;b) le capacità tecniche e logistiche in relazione all'azione prevista;c) l'esperienza nel settore dell'aiuto umanitario;d) i risultati delle azioni precedenti eseguite dall'organizzazione interessata, in particolare con il finanziamento della Comunità;e) la disponibilità a partecipare, in caso di bisogno, al sistema di coordinamento stabilito nell'ambito di un'azione umanitaria;f) l'attitudine e la disponibilità a sviluppare rapporti di cooperazione con gli operatori umanitari e le comunità di base dei paesi terzi interessati;g) l'imparzialità nell'attuazione dell'aiuto umanitario;h) se del caso, la precedente esperienza nel paese terzo in cui è prevista l'azione umanitaria in questione.Articolo 8 La Comunità può finanziare inoltre le azioni umanitarie avviate da organismi e organizzazioni internazionali.Articolo 9 La Comunità può inoltre, quando necessario, finanziare azioni umanitarie attuate dalla Commissione o da organismi specializzati degli Stati membri.Articolo 10 1. Al fine di garantire e di migliorare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari e nazionali di aiuto umanitario, la Commissione può adottare tutte le iniziative utili intese a promuovere uno stretto coordinamento tra le sue attività e quelle degli Stati membri sia a livello di decisioni che sul posto. A tal fine, gli Stati membri e la Commissione mantengono un sistema di scambio d'informazioni.2. La Commissione vigila affinché le azioni umanitarie finanziate dalla Comunità siano coordinate e coerenti con quelle delle organizzazioni ed organismi internazionali, in particolare quelle che fanno parte del sistema delle Nazioni Unite.3. La Commissione si adopera al fine di sviluppare la collaborazione e la cooperazione della Comunità e dei paesi terzi donatori nel settore dell'aiuto umanitario.Articolo 11 1. La Commissione stabilisce i termini relativi allo stanziamento, alla mobilitazione e all'esecuzione degli aiuti previsti dal presente regolamento.2. L'aiuto viene eseguito solo se il beneficiario rispetta tali termini.Articolo 12 Tutti i contratti di finanziamento conclusi in base al presente regolamento devono prevedere, in particolare, che la Commissione e la Corte dei conti possano effettuare controlli in loco e presso la sede dei partner umanitari secondo le modalità abituali definite dalla Commissione nel quadro delle disposizioni vigenti, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.CAPITOLO III Procedure di attuazione delle azioni umanitarie Articolo 13 La Commissione decide in merito agli interventi di emergenza per un importo non superiore a 10 milioni di ECU.Si ritiene necessario un intervento d'urgenza per le seguenti azioni:- azioni che rispondono ad un'esigenza umanitaria immediata e imprevedibile, in seguito a catastrofi naturali o causate dall'uomo, aventi carattere improvviso, quali inondazioni, terremoti e conflitti armati, o situazioni di portata analoga,- azioni, limitate nel tempo, in risposta a tale situazione di emergenza imprevedibile; i fondi corrispondenti coprono la risposta alle esigenze umanitarie di cui al primo trattino, per un periodo nella decisione di finanziamento non superiore a sei mesi.Per le azioni che rispondono a tali condizioni e che superano i 2 milioni di ECU, la Commissione:- prende una decisione in merito,- informa per iscritto gli Stati membri entro un termine di quarantotto ore,- rende conto della sua decisione nella successiva seduta del comitato, segnatamente fornendo la giustificazione per il ricorso alla procedura di urgenza.La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3, e nei limiti dell'articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino, decide in merito al proseguimento delle azioni adottate secondo la procedura d'urgenza.Articolo 14 La Commissione è incaricata della preparazione, della decisione, della gestione, della sorveglianza e della valutazione delle azioni previste dal presente regolamento, secondo le procedure di bilancio e di altro genere in vigore, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale della Comunità europea.Articolo 15 1. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2:- decide in merito al finanziamento comunitario delle azioni di protezione di cui all'articolo 2, lettera c), nel quadro dell'attuazione dell'azione umanitaria,- adotta i regolamenti di applicazione del presente regolamento,- decide in merito agli interventi diretti della Commissione o al finanziamento degli interventi degli organismi specializzati degli Stati membri.2. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3:- approva i piani globali, destinati a fornire un quadro coerente d'azione in un paese o in una regione determinata in cui la crisi umanitaria è tale da protrarsi, segnatamente a causa della sua entità e della sua complessità, nonché le relative dotazioni finanziarie. In tale contesto, la Commissione e gli Stati membri esaminano le priorità da accordare nel quadro dell'attuazione di tali piani globali,- decide in merito ai progetti di importo superiore a 2 milioni di ECU, fatte salve le disposizioni dell'articolo 13.Articolo 16 1. Una volta all'anno in sede di comitato di cui all'articolo 17 si procede ad uno scambio di opinioni, in base alla presentazione, da parte del rappresentante della Commissione, degli orientamenti generali dell'azione umanitaria per gli anni a venire e ad un esame della problematica generale del coordinamento delle azioni di aiuto umanitario comunitarie e nazionali, nonché eventuali questioni generali o specifiche relative all'aiuto comunitario nel settore in questione.2. La Commissione trasmette inoltre al comitato di cui all'articolo 17 informazioni sull'evoluzione degli strumenti di gestione delle azioni umanitarie, tra cui il contratto quadro di partenariato.3. Il comitato di cui all'articolo 17 è informato altresì delle intenzioni della Commissione riguardo alla valutazione delle azioni umanitarie e eventualmente al suo calendario di lavoro.Articolo 17 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri viene attribuita la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.3. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso, la Commissione può differire di un mese, a decorrere da tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise.Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al comma precedente.Articolo 18 1. La Commissione effettua ad intervalli regolari valutazioni di azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità, al fine di stabilire se siano stati raggiunti gli obiettivi che tali azioni si prefiggono e per ricavarne orientamenti finalizzati a migliorare l'efficacia delle azioni future. La Commissione presenta al comitato un sommario delle valutazioni effettuate che potrebbero, se del caso, essere da esso esaminate. Nel sommario figurano tra l'altro i regimi applicabili agli esperti assunti. Le relazioni di valutazione sono trasmesse agli Stati membri che ne facciano richiesta.2. La Commissione può altresì procedere, su richiesta degli Stati membri e con la loro partecipazione, a valutazioni sui risultati delle azioni e piani umanitari della Comunità europea.Articolo 19 Al termine di ciascun esercizio di bilancio la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale contenente un sommario delle azioni finanziate durante l'esercizio.Nel sommario figurano segnatamente informazioni riguardo agli operatori tramite i quali le azioni umanitarie sono state attuate.La relazione include una sintesi delle valutazioni esterne effettuate, eventualmente, per quanto riguarda azioni specifiche.La Commissione informa gli Stati membri, al più tardi entro un mese dall'adozione della sua decisione e fatto salvo l'articolo 13 del presente regolamento, delle azioni approvate, indicandone l'importo, la natura, le popolazioni beneficiarie e i partner.Articolo 20 Tre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione sottoporrà al Parlamento europeo e al Consiglio una valutazione globale delle azioni finanziate dalla Comunità nel quadro del regolamento stesso, corredata di suggerimenti circa il futuro del presente regolamento, se del caso, di proposte di modifica.Articolo 21 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteP. BERSANI(1) GU n. C 180 del 14. 7. 1995, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 1995 (GU n. C 339 del 18. 12. 1995, pag. 60), posizione comune del Consiglio del 29 gennaio 1996 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 46) e decisione del Parlamento europeo del 21 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996). | Strumento di aiuto umanitario dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
L’aiuto umanitario dell’UE mira a fornire assistenza, soccorso e protezione alle persone colpite da calamità naturali o indotte ed emergenze simili. L’attenzione maggiore è rivolta alle vittime più vulnerabili.
Il presente regolamento stabilisce i principali obiettivi, principi e procedure per attuare operazioni di aiuto umanitario dell’UE.
PRIORITÀ CHIAVE
Principi
L’assistenza dell’UE deve essere:
basata su reali necessità ;
rivolta a popolazioni in situazione di necessità , indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione, dal genere, dall’età, dall’origine etnica o dall’affiliazione politica;
basata sui principi umanitari internazionali e sul consenso europeo sull’aiuto umanitario.
Beneficiari
L’assistenza dell’UE è coordinata dalla direzione generale della Commissione europea per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO).
I finanziamenti sono rivolti ai paesi non appartenenti all'UE.
Settori interessati
L’aiuto umanitario può essere fornito in molti modi, ciascuno a seconda della natura della crisi, sotto forma di:
cibo e sostegno alimentare;
assistenza medica e supporto psico-sociale;
forniture d’acqua e di servizi igienici;
ricoveri;
riparazioni d’emergenza alle infrastrutture;
sminamento;
istruzione.
L’aiuto umanitario può inoltre essere volto alla riduzione del rischio di calamità .
Finanziamento
L’UE, insieme ai suoi Stati membri, è il primo donatore di aiuti umanitari al mondo. Nel 2014, circa 121 milioni di persone in oltre 80 paesi hanno ricevuto aiuto dall’UE, per una somma di oltre 1,27 miliardi di euro.
Gli aiuti hanno contribuito a fornire soccorso in tutte le principali regioni in crisi del mondo, fra cui Siria, Sud Sudan, Yemen e Ucraina.
Coordinamento con i partner
L’aiuto umanitario dell’UE viene attuato attraverso oltre 200 organizzazioni partner, quali le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e molte organizzazioni non governative (ONG).
Per ricevere finanziamenti per un progetto umanitario, le organizzazioni partner presentano proposte di finanziamento e si attengono a rigorose linee guida per la valutazione e il controllo dei progetti.
I partner devono comunicare il sostegno dell’Unione mostrando l’identità visiva dell’UE sui siti dei progetti.
Inoltre, devono coordinare da vicino i loro progetti, per garantire che l’assistenza sia pronta ed efficiente.
Azione a lungo termine
L’aiuto umanitario viene impiegato inoltre per aumentare la resilienza a futuri shock, fornendo sussidi allo sviluppo a lungo termine, in linea con:
L’approccio dell’UE alla resilienza;
il documento orientativo dell’UE sull’aiuto di emergenza, risanamento e sviluppo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 5 luglio 1996.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:
Aiuto umanitario;
Scheda informativa sull’aiuto umanitario.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all’aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1-6)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1257/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 7,577 | 592 |
32007L0045 | false | DIRETTIVA 2007/45/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 5 settembre 2007
che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati (3), e la direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle gamme di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati (4), hanno stabilito quantità nominali per una serie di prodotti liquidi e non liquidi in imballaggi preconfezionati, allo scopo di garantire la libera circolazione dei prodotti che soddisfano i requisiti di dette direttive. Per la maggior parte dei prodotti è consentita la coesistenza di quantità nominali nazionali e di quantità nominali comunitarie. Per alcuni prodotti, tuttavia, sono stabilite quantità nominali comunitarie che escludono qualsiasi quantità nominale nazionale.
(2)
L’evoluzione delle preferenze dei consumatori e l’innovazione nel settore del preconfezionamento e della vendita al dettaglio a livello comunitario e nazionale hanno reso necessario valutare l’adeguatezza della legislazione in vigore.
(3)
La Corte di giustizia ha sostenuto nella sentenza del 12 ottobre 2000, nella causa C-3/99 Cidrerie-Ruwet (5), che gli Stati membri non sono autorizzati a vietare lo smercio di un imballaggio preconfezionato di volume nominale non compreso nella gamma comunitaria, legalmente fabbricato e immesso in commercio in un altro Stato membro, salvo il caso che tale divieto sia diretto a soddisfare un’esigenza imperativa attinente alla tutela dei consumatori, sia indistintamente applicabile ai prodotti nazionali ed ai prodotti di importazione, sia necessario per soddisfare tale esigenza imperativa e proporzionato all’obiettivo perseguito, e tale obiettivo non possa essere raggiunto con provvedimenti che ostacolino in misura minore gli scambi comunitari.
(4)
La tutela dei consumatori è facilitata dalla legislazione adottata in seguito alle direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE, in particolare la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (6). Gli Stati membri che non abbiano ancora provveduto dovrebbero valutare se applicare la direttiva 98/6/CE a certe piccole imprese al dettaglio.
(5)
Una valutazione d’impatto, comprendente un’ampia consultazione di tutte le parti interessate, ha indicato che in svariati settori le quantità nominali libere aumentano la libertà dei produttori di fornire merci rispondenti ai gusti dei consumatori e stimolano la concorrenza in termini di qualità e prezzo nel mercato interno. In altri settori, tuttavia, è più appropriato, nell’interesse dei consumatori e dell’industria, conservare per il momento quantità nominali obbligatorie.
(6)
L’attuazione della presente direttiva dovrebbe essere accompagnata da una maggiore informazione destinata ai consumatori e all’industria per aumentare la comprensione del prezzo per unità di misura.
(7)
Le quantità nominali, pertanto, non dovrebbero in linea di massima essere regolamentate a livello comunitario o nazionale e dovrebbe essere possibile commercializzare merci in imballaggi preconfezionati in qualsiasi quantità nominale.
(8)
Tuttavia, in taluni settori tale deregolamentazione potrebbe tradursi in costi supplementari sproporzionatamente elevati, in particolare per le piccole e medie imprese. Per questi settori si dovrebbe quindi adeguare la legislazione comunitaria vigente alla luce dell’esperienza acquisita, in particolare per garantire che vengano fissate quantità nominali comunitarie almeno per i prodotti più venduti ai consumatori.
(9)
Poiché il mantenimento delle quantità nominali obbligatorie andrebbe considerato una deroga, tranne che nel settore dei vini e delle sostanze alcoliche, che presenta caratteristiche specifiche, dovrebbe essere rivalutato periodicamente alla luce dell’esperienza acquisita e per rispondere alle esigenze dei consumatori e dei produttori. Per i settori nei quali le quantità nominali obbligatorie possono essere mantenute, qualora la Commissione constati una perturbazione del mercato o una destabilizzazione del comportamento dei consumatori, in particolare di quelli più vulnerabili, essa dovrebbe valutare se gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a mantenere periodi transitori e a mantenere in particolare i formati della gamma obbligatoria di maggior consumo.
(10)
Negli Stati membri in cui il pane preconfezionato costituisce gran parte del normale consumo, vi è una forte correlazione tra la dimensione degli imballaggi e il peso del pane. Come per altri prodotti preconfezionati, le dimensioni degli imballaggi attualmente vigenti non sono interessate dalla presente direttiva e possono continuare ad essere utilizzate.
(11)
Per favorire la trasparenza, tutte le quantità nominali per i prodotti in imballaggi preconfezionati dovrebbero figurare in un unico atto legislativo e, di conseguenza, le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE dovrebbero essere abrogate.
(12)
Per migliorare la tutela dei consumatori, in particolare dei consumatori vulnerabili, quali gli anziani e i disabili, dovrebbe essere prestata particolare attenzione ad una maggiore leggibilità e visibilità delle indicazioni riguardanti peso e volume sulle etichette dei prodotti preconfezionati in condizioni di presentazione normali.
(13)
Per taluni prodotti liquidi, la direttiva 75/106/CEE stabilisce requisiti metrologici identici a quelli di cui alla direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (7). La direttiva 76/211/CEE dovrebbe essere pertanto modificata per includere nel proprio ambito d’applicazione i prodotti attualmente disciplinati dalla direttiva 75/106/CEE.
(14)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), gli Stati membri sono incoraggiati a elaborare, per il loro territorio e nell’interesse della Comunità, proprie tabelle che presentano, nella misura del possibile, la concordanza tra la presente direttiva e le misure di recepimento, e a renderle pubbliche.
(15)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della soppressione delle gamme comunitarie e dell’introduzione di quantità nominali comunitarie uniformi, laddove necessario, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito d’applicazione
1. La presente direttiva stabilisce norme relative alle quantità nominali dei prodotti in imballaggi preconfezionati. Si applica ai prodotti preconfezionati e agli imballaggi preconfezionati, di cui all’articolo 2 della direttiva 76/211/CEE.
2. La presente direttiva non si applica ai prodotti elencati nell’allegato che sono venduti in negozi esenti da tassazione per essere consumati al di fuori dell’Unione europea.
Articolo 2
Libera circolazione delle merci
1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dagli articoli 3 e 4, gli Stati membri non possono, per motivi attinenti alle quantità nominali degli imballaggi, rifiutare, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti in imballaggi preconfezionati.
2. Nel rispetto dei principi enunciati nel trattato, in particolare quelli relativi alla libera circolazione delle merci, gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per il latte, il burro, la pasta secca e il caffè possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2012.
Gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per lo zucchero bianco possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2013.
CAPO II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI
Articolo 3
Commercializzazione e libera circolazione di taluni prodotti
Gli Stati membri provvedono affinché i prodotti elencati nell’allegato, punto 2, e presentati in imballaggi preconfezionati negli intervalli elencati nell’allegato, punto 1, siano commercializzati solo se preconfezionati in imballaggi nelle quantità nominali elencate all’allegato, punto 1.
Articolo 4
Generatori di aerosol
1. I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore. Tale indicazione è fatta in modo da evitare confusione con il volume nominale del loro contenuto.
2. In deroga all’articolo 8, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 75/324/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol (9), possono non recare l’indicazione della quantità nominale espressa in massa del loro contenuto.
Articolo 5
Imballaggi multipli e imballaggi preconfezionati costituiti da imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente
1. Ai fini dell’articolo 3, qualora due o più imballaggi preconfezionati singoli costituiscano un imballaggio multiplo, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano a ciascun imballaggio preconfezionato singolo.
2. Qualora un imballaggio preconfezionato sia costituito da due o più imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano all’imballaggio preconfezionato.
CAPO III
ABROGAZIONI, MODIFICHE E DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 6
Abrogazioni
Le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE sono abrogate.
Articolo 7
Modifica della direttiva 76/211/CEE
Nell’articolo 1 della direttiva 76/211/CEE i termini «non contemplati dalla direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati, e» sono soppressi.
Articolo 8
Recepimento
1. Entro l’11 ottobre 2008 gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dall’11 aprile 2009.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 9
Relazioni, comunicazione di deroghe e sorveglianza
1. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, entro l’11 ottobre 2015 e successivamente ogni dieci anni, una relazione sull’applicazione e sugli effetti della presente direttiva. Se necessario, tali relazioni sono corredate di una proposta di revisione della presente direttiva.
2. Entro l’11 aprile 2009 gli Stati membri di cui all’articolo 2, paragrafo 2, comunicano alla Commissione i settori oggetto della deroga di cui al suddetto paragrafo, nonché il periodo di tale deroga, le gamme dei valori delle quantità nominali obbligatorie applicate ed i relativi intervalli.
3. La Commissione sorveglia l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, in base alle proprie constatazioni ed alle relazioni degli Stati membri interessati. In particolare, la Commissione analizza gli sviluppi di mercato dopo la trasposizione e, alla luce dei risultati di tale analisi, valuta se adottare misure di applicazione della direttiva, mantenendo le quantità nominali obbligatorie per i beni di cui all’articolo 2, paragrafo 2.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Gli articoli 2, 6 e 7 si applicano a decorrere dall’11 aprile 2009.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 5 settembre 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
M. LOBO ANTUNES
(1) GU C 255 del 14.10.2005, pag. 36.
(2) Parere del Parlamento europeo del 2 febbraio 2006 (GU C 288 E del 25.11.2006, pag. 52), posizione comune del Consiglio del 4 dicembre 2006 (GU C 311 E del 19.12.2006, pag. 21), posizione del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 luglio 2007.
(3) GU L 42 del 15.2.1975, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003.
(4) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 48).
(5) Raccolta 2000, pag. I-8749.
(6) GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27.
(7) GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 78/891/CEE della Commissione (GU L 311 del 4.11.1978, pag. 21).
(8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(9) GU L 147 del 9.6.1975, pag. 40. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 807/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
ALLEGATO
GAMME DEI VALORI DELLE QUANTITÀ NOMINALI DEL CONTENUTO DEGLI IMBALLAGGI PRECONFEZIONATI
1. Prodotti venduti a volume (valore in ml)
Vino tranquillo
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo gli 8 valori seguenti:
ml: 100 — 187 — 250 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500
Vino giallo
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo il valore seguente:
ml: 620
Vino spumante
Nell’intervallo tra 125 ml e 1 500 ml, solo i 5 valori seguenti:
ml: 125 — 200 — 375 — 750 — 1 500
Vino liquoroso
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti:
ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500
Vino aromatizzato
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti:
ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500
Bevande spiritose
Nell’intervallo tra 100 ml e 2 000 ml, solo i 9 valori seguenti:
ml: 100 — 200 — 350 — 500 — 700 — 1 000 — 1 500 — 1 750 — 2 000
2. Definizioni dei prodotti
Vino tranquillo
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (1) (codice NC ex 2204).
Vino giallo
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC ex 2204) con denominazione d’origine «Côtes du Jura», «Arbois», «L'Etoile» e «Château-Chalon», in bottiglie di cui all’allegato I, punto 3, del regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione, del 29 aprile 2002, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (2).
Vino spumante
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punti 15, 16, 17 e 18, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC 2204 10).
Vino liquoroso
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punto 14, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codici NC 2204 21 — 2204 29).
Vino aromatizzato
Vino aromatizzato di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli (3) (codice NC 2205).
Bevande spiritose
Bevande spiritose di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose (4) (codice NC 2208).
(1) GU L 179 del 14.7.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).
(2) GU L 118 del 4.5.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 382/2007 (GU L 95 del 5.4.2007, pag. 12).
(3) GU L 149 del 14.6.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005.
(4) GU L 160 del 12.6.1989, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005. | Deregolamentazione dei formati degli imballaggi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce norme sulle quantità nominali dei prodotti che sono stati preimballati* per agevolare il loro accesso ai mercati nei vari Stati membri dell’Unione europea. Liberalizza i formati degli imballaggi per la maggior parte dei settori alimentari e delle bevande. Mantiene obbligatorie unicamente le quantità nominali per un numero molto limitato di merci, principalmente per i vini e le sostanze alcoliche.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unione europea (Unione) non possono rifiutare o limitare la circolazione di prodotti preimballati e prodotti preconfezionati all’interno del mercato unico dell’Unione.
Sono stati aboliti i formati nazionali per i prodotti.
Casi particolari
I vini e le sostanze alcoliche che sono presentate preimballate, devono rispettare la gamma dei valori delle quantità nominali prescritte dall’allegato alla direttiva per la commercializzazione. (La presente direttiva non si applica ai prodotti che sono venduti nei negozi esenti da tassazione («duty-free shop») per essere consumati al di fuori del mercato europeo o se la confezione contiene meno di 5 g o 5 ml o più di 10 kg o 10 l).
I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore oltre all’indicazione del volume nominale del contenuto. L’indicazione del peso nominale del contenuto è facoltativa.
A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA?
Doveva essere recepita negli Stati membri entro l’11 ottobre 2008 e le norme della direttiva avrebbero dovuto essere applicate entro l’11 aprile 2009.
La direttiva 2007/45/CE ha abrogato le direttive 75/106/CEE sul precondizionamento di taluni liquidi e la direttiva 80/232/CEE sulle gamme di quantità e le capacità nominali ammesse per taluni prodotti.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Preimballaggio (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Prodotto preimballato: un prodotto è preimballato allorquando viene posto in un imballaggio di qualsiasi natura, non in presenza del compratore, in maniera tale che la quantità del prodotto contenuta nell’imballaggio abbia un valore scelto in precedenza e non possa essere modificato senza aprire l’imballaggio o modificarlo in maniera riscontrabile.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2007/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio (GU L 247 del 21.9.2007, pag. 17).
Le modifiche e le correzioni successive alla direttiva 2007/45/CE sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 7,159 | 777 |
31992L0106 | false | Direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri
Gazzetta ufficiale n. L 368 del 17/12/1992 pag. 0038 - 0042 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0148 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0148
DIRETTIVA 92/106/CEE DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membriIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 75 e l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la direttiva 75/130/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti di merci combinati strada/ferrovia tra Stati membri (4), è stata più volte modificata; che in occasione di nuove modifiche è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere al rifacimento di detta direttiva; considerando che il mercato interno provoca un aumento del traffico e che la Comunità deve mettere in opera i mezzi necessari a gestire al meglio le proprie risorse di trasporto nell'interesse della collettività, il che implica il ricorso al trasporto combinato; considerando che l'acuirsi dei problemi connessi alla congestione del traffico stradale, alla tutela dell'ambiente e alla sicurezza della circolazione richiedono, nell'interesse della collettività, che venga potenziato il trasporto combinato in quanto alternativa al trasporto stradale; considerando che si devono adottare provvedimenti in modo da permettere lo sviluppo, nel progresso, delle tecniche di trasporto in funzione dell'intermodalità dei trasporti nonché dei mezzi e delle esigenze specifiche degli operatori e degli utenti dei trasporti; che tali provvedimenti devono concernere i trasporti combinati che associano la strada ad altri modi di trasporto, quali ferrovia, nagivazione interna e navigazione marittima; considerando che la liberalizzazione da ogni restrizione quantitativa e la soppressione di svariati vincoli di ordine amministrativo tuttora in vigore nel settore dei trasporti stradali può promuovere un più ampio ricorso ai trasporti combinati; considerando che, affinché la tecnica del trasporto combinato conduca ad un effettivo decongestionamento del traffico stradale, occorre che tale liberalizzazione concerna percorsi stradali di lunghezza limitata; considerando che la liberalizzazione dei percorsi stradali iniziali e terminali di un trasporto combinato deve essere estesa ai trasporti combinati effettuati per via marittima, a condizione che il percorso marittimo rappresenti una parte importante del trasporto combinato; considerando che è opportuno che la Commissione presenti ogni due anni, e per la prima volta anteriormente al 1o luglio 1995, una relazione sull'applicazione della presente direttiva; considerando che lo sviluppo del trasporto combinato sarebbe parimenti facilitato da misure di incentivazione e che è quindi opportuno ridurre le tasse sulla circolazione e detenzione dei veicoli commerciali nella misura in cui siano trasportati per ferrovia, come pure esentare i tragitti iniziali e terminali su strada da ogni tariffazione obbligatoria; considerando che è opportuno agevolare l'accesso del trasporto per conto proprio al trasporto combinato; considerando che la presente direttiva non deve incidere sugli obblighi incombenti agli Stati membri per quanto concerne i termini per il recepimento e l'applicazione delle direttive che formano oggetto del rifacimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica alle operazioni di trasporto combinato, salvo restando il regolamento (CEE) n. 881/92 (5). Ai sensi della presente direttiva per « trasporto combinato » si intendono i trasporti di merci fra Stati membri per i quali l'autocarro, il rimorchio, il semirimorchio con o senza veicolo trattore, la cassa mobile o il contenitore (di 20 piedi e oltre) effettuano la parte iniziale o terminale del tragitto su strada e l'altra parte per ferrovia, per via navigabile o per mare, allorché questo percorso non supera i 100 km in linea d'aria ed effettuano su strada il tragitto iniziale o terminale: - fra il punto di carico della merce e l'appropriata stazione ferroviaria di carico più vicina per il tragitto iniziale e fra il punto di scarico della merce e l'appropriata stazione ferroviaria di scarico più vicina per il tragitto terminale; - oppure in un raggio non superiore a 150 km in linea d'aria dal porto fluviale o marittimo di imbarco o di sbarco. Articolo 2 Entro il 1o luglio 1993 ciascuno Stato membro esonera da qualsiasi regime di contingentamento e autorizzazione i trasporti combinati di cui all'articolo 1. Articolo 3 In caso di trasporto combinato per conto terzi, il documento di trasporto che risponda almeno ai requisiti di cui all'articolo 6 del regolamento n. 11 del Consiglio, del 27 giugno 1960, riguardante l'abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell'articolo 79, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (6), deve essere completato con l'indicazione delle stazioni ferroviarie di carico e scarico relative al percorso ferroviario o dei porti fluviali di imbarco o di sbarco relativi al percorso per via navigabile o dei porti marittimi di imbarco o di sbarco relativi al percorso marittimo. Tali menzioni vengono apposte prima dell'esecuzione del trasporto e confermate mediante apposizione di un timbro delle amministrazioni ferroviarie o portuali nelle stazioni ferroviarie o nei porti fluviali o marittimi di cui trattasi, al termine della parte di trasporto effettuata per ferrovia, per via navigabile o per mare. Articolo 4 Tutti i vettori stradali stabiliti in uno Stato membro e che possiedono i requisiti per l'accesso alla professione e al mercato per i trasporti di merci fra Stati membri hanno il diritto di effettuare, nel quadro di un trasporto combinato tra Stati membri, tragitti stradali iniziali e/o terminali che costituiscono parte integrante del trasporto combinato e comprendono o meno il varco di una frontiera. Articolo 5 1. La Commissione redige ogni due anni, e per la prima volta anteriormente al 1o luglio 1995, una relazione al Consiglio riguardante: - lo sviluppo economico del trasporto combinato, - l'applicazione del diritto comunitario in questo settore, - l'eventuale definizione di nuove azioni destinate a promuovere il trasporto combinato. 2. Nell'elaborazione della relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione è assistita dai rappresentanti degli Stati membri per quanto riguarda la raccolta delle informazioni a tal fine necessarie. La relazione analizza le informazioni e i dati statistici concernenti in particolare: - le relazioni di traffico effettuate in trasporto combinato, - il numero di veicoli (un autotreno è considerato come un unico veicolo), casse mobili e contenitori trasportati nelle diverse relazioni di traffico, - il tonnellaggio trasportato, - le prestazioni eseguite in tonnellate-chilometri. La suddetta relazione propone, ove necessario, le soluzioni che permetteranno successivamente di migliorare tali informazioni e la situazione nel settore del trasporto combinato. Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché le tasse elencate al paragrafo 3, applicabili ai veicoli stradali (autocarri, trattori, rimorchi o semirimorchi), sempreché utilizzati in trasporto combinato, siano ridotte o rimborsate, forfettariamente o in proporzione ai percorsi che i veicoli effettuano per ferrovia, entro i limiti, alle condizioni e secondo le modalità da essi fissate, previa consultazione della Commissione. Lo Stato di immatricolazione dei veicoli concede le riduzioni o i rimborsi di cui al primo comma sulla base dei percorsi per ferrovia effettuati all'interno del medesimo. Tuttavia gli Stati membri possono accordare tali riduzioni o rimborsi tenendo conto dei percorsi per ferrovia effettuati parzialmente o interamente al di fuori dello Stato membro di immatricolazione dei veicoli. 2. Fatte salve le disposizioni risultanti da eventuali modifiche a livello comunitario dei sistemi nazionali di tasse sui veicoli commerciali, i veicoli utilizzati esclusivamente per la trazione stradale nei percorsi iniziali o terminali di un trasporto combinato possono essere esentati, quando sono tassati isolatamente, dalle tasse indicate al paragrafo 3. 3. Le tasse di cui ai paragrafi 1 e 2 sono le seguenti: - Belgio: taxe de circulation sur les véhicules automobiles/verkeersbelasting op de autovoertuigen; - Danimarca: vaegtafgift af motorkoeretoejer mv; - Germania: Kraftfahrzeugsteuer; - Francia: taxe spéciale sur certains véhicules routiers; - Grecia: ôÝëç êõêëïoeïñssáò áõôïêéíÞôùí; - Spagna: a) impuesto sobre actividades económicas, b) impuesto sobre vehículos de tracción mecánica; - Irlanda: vehicle excise duties; - Italia: a) tassa automobilistica, b) addizionale del 5 % sulla tassa automobilistica; - Lussemburgo: taxe sur les véhicules automoteurs; - Paesi Bassi: motorrijtuigenbelasting; - Portogallo: a) imposto de camionagem, b) imposto de circulaçao; - Regno Unito: vehicle excise duties. Articolo 7 Quando un rimorchio o un semirimorchio, appartenente ad un'impresa che esegue trasporti per conto proprio, è trainato su uno dei percorsi terminali da un veicolo trattore appartenente ad un'impresa che esegue trasporti in conto terzi, il trasporto così eseguito è esentato dalla presentazione del documento di cui all'articolo 3; deve tuttavia essere prodotto un altro documento comprovante il percorso eseguito o da eseguire per ferrovia, per via navigabile o per mare. Articolo 8 Il tragitto stradale iniziale o terminale effettuato nel quadro di un trasporto combinato è esentato da qualsiasi tarifficazione obbligatoria. Articolo 9 Qualora nel quadro di un trasporto combinato l'impresa mittente effettui il tragitto stradale iniziale per conto proprio ai sensi della prima direttiva del Consiglio, del 23 luglio 1962, relativa all'emanazione di norme comuni per taluni trasporti di merci su strada (7), l'impresa destinataria della merce trasportata può effettuare per conto proprio, in deroga alla definizione stabilita dalla succitata direttiva, il tragitto stradale terminale per portare a destinazione la merce, utilizzando un veicolo trattore che le appartiene o che ha acquistato a rate o noleggiato conformemente alla direttiva 84/647/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1984, relativa all'utilizzazione dei veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (8), guidato da suoi dipendenti, mentre il rimorchio o il semirimorchio è immatricolato a nome dell'impresa mittente o noleggiato da quest'ultima. Il tragitto stradale iniziale di un trasporto combinato effettuato dall'impresa mittente utilizzando un veicolo trattore che le appartiene o che ha acquistato a rate o noleggiato conformemente alla direttiva 84/647/CEE, guidato da suoi dipendenti, mentre il rimorchio o il semirimorchio è immatricolato a nome dell'impresa destinataria della merce o noleggiato da quest'ultima, è parimenti considerato, in deroga alla direttiva del 23 luglio 1962, un'operazione di trasporto per conto proprio, qualora il tragitto stradale terminale sia effettuato per conto proprio dall'impresa destinataria conformemente a quest'ultima direttiva. Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o luglio 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 1. La direttiva 75/130/CEE (9) è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini di recepimento e di applicazione di cui all'allegato, parte A. 2. I riferimenti fatti alla direttiva abrogata devono intendersi come fatti alla presente direttiva e devono leggersi secondo la tabella di corrispondenza di cui all'allegato, parte B. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 282 del 30. 10. 1992, pag. 8. (2) Parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere reso il 24 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) GU n. L 48 del 22. 2. 1975, pag. 31. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CEE) n. 881/92 (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (5) Regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all'accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (6) GU n. 52 del 16. 8. 1960, pag. 1121/60. (7) GU n. 70 del 6. 8. 1962, pag. 2005/62. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CEE) n. 881/92 (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (8) GU n. L 335 del 22. 12. 1984, pag. 72. Direttiva modificata dalla direttiva 90/398/CEE (GU n. L 202 del 31. 7. 1990, pag. 46). (9) Compresi gli atti che l'hanno modificata, ossia le pertinenti disposizioni dell'atto di adesione del 1985 e le direttive 79/5/CEE, 82/3/CEE, 82/603/CEE, 86/544/CEE e 91/224/CEE. ALLEGATO PARTE A Termini di recepimento o di applicazione Direttiva Data limite di recepimento o di applicazione 75/130/CEE (GU n. L 48 del 22. 2. 1975, pag. 31) 30 giugno 1975 79/ 5/CEE (GU n. L 5 del 9. 1. 1979, pag. 33) 1o luglio 1979 82/ 3/CEE (GU n. L 5 del 9. 1. 1982, pag. 12) - 82/603/CEE (GU n. L 247 del 23. 8. 1982, pag. 6) 1o aprile 1983 86/544/CEE (GU n. L 320 del 15. 11. 1986, pag. 33) 1o luglio 1987 91/224/CEE (GU n. L 103 del 23. 4. 1991, pag. 1) 1o gennaio 1992 PARTE B Tabella di corrispondenza Presente direttiva Direttiva 75/130/CEE Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 11 Articolo 9 Articolo 12 Articolo 10 - Articolo 11 - Articolo 12 Articolo 13 Allegato - | Trasporto intermodale: trasporto combinato di merci tra paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a promuovere le operazioni di trasporto intermodale* sostenendo le operazioni internazionali che soddisfano determinati criteri (cioè il trasporto detto combinato):salvaguardando il trasporto combinato dalle restrizioni nazionali (regimi di autorizzazione, tariffe e aliquote);chiarendo che le restrizioni del cabotaggio stradale * non si applicano ai tragitti stradali di trasporto combinato;consentendo carichi più pesanti e più grandi per i veicoli utilizzati nei tragitti stradali di trasporto combinato;concedendo sostegno finanziario attraverso incentivi fiscali e definizione ampliata di trasporto in proprio per le operazioni di trasporto combinato.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva fa riferimento al trasporto combinato di merci tra paesi dell’Unione europea (Unione) in cui:il veicolo o il rimorchio utilizza la strada nel tratto iniziale o finale del viaggio; e nell’altro tratto, i servizi ferroviari o le vie d’acqua interne o i servizi marittimi se questa sezione supera i 100 km in linea d’aria; e effettua il tratto iniziale o finale del viaggio di trasporto su strada:tra il punto in cui le merci vengono caricate e la stazione di carico ferroviaria idonea più vicina per il tratto iniziale e tra le stazioni di scarico ferroviarie appropriate più vicine e il punto in cui le merci vengono scaricate per l’ultima tratta, oentro un raggio non superiore a 150 km in linea d’aria dal porto sulla via d’acqua interna o porto marittimo di carico o scarico.Le dimensioni massime autorizzate e i pesi massimi autorizzati per i veicoli che eseguono viaggi transfrontalieri sono definite dalla direttiva 96/53/CE (si veda la sintesi).
Documenti di trasporto
In caso di trasporto combinato il documento di trasporto deve indicare:le stazioni ferroviarie di carico e scarico relative al percorso ferroviario; e i porti fluviali di imbarco o di sbarco relativi al percorso per via d’acqua interna o dei porti marittimi di imbarco o di sbarco relativi al percorso marittimo.Trasporto transfrontalieroTutti i vettori stradali stabiliti in un paese dell’Unione e che possiedono i requisiti per l’accesso alla professione e al mercato per i trasporti di merci fra paesi dell’Unione hanno il diritto di effettuare, nel quadro di un trasporto combinato tra paesi dell’Unione, tragitti stradali iniziali e/o terminali che costituiscono parte integrante del trasporto combinato e comprendono o meno il varco di una frontiera. La direttiva stabilisce regole specifiche per le operazioni di trasporto combinato in cui l’impresa mittente/ricevente effettua il tragitto stradale iniziale/terminale per conto proprio. L’impresa mittente/ricevente può inoltre effettuare le operazioni di trasporto per conto proprio in determinate condizioni.Il regolamento (CE) n. 1072/2009 fissa norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto di merci dell’Unione destinate ai trasportatori non residenti che effettuano il cabotaggio stradale (si veda la sintesi).
Obblighi dei paesi dell’Unione
I paesi dell’Unione sono tenuti ad adottare misure che garantiscano che le tasse sui veicoli a motore applicabili ai veicoli stradali che effettuano trasporto combinato siano ridotte o rimborsate.
Revisione
La Commissione europea redige un rapporto per il Consiglio ogni due anni sullo sviluppo del trasporto combinato.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 15 dicembre 1992, con l’obbligo di essere recepita dalle legislazioni nazionali entro il 30 giugno 1993.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Trasporto multimodale e combinato (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Intermodale: il trasporto di merci che sfrutta servizi ferroviari, vie d’acqua interne o servizi marittimi in aggiunta al trasporto su strada.
Cabotaggio: l’attività esercitata da un trasportatore registrato in un paese dell’Unione che effettua un servizio di trasporto nazionale in un altro paese dell’Unione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri (GU L 368 del 17.12.1992, pag. 38).
Le successive modifiche alla direttiva 92/106/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada (GU L 300 del 14.11.2009, pag. 72).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59).
Si veda la versione consolidata. | 6,684 | 589 |
32004R0789 | false | Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 138 del 30/04/2004 pag. 0019 - 0023
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 21 aprile 2004relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [2],considerando quanto segue:(1) L'istituzione e il funzionamento del mercato interno implicano l'eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri degli Stati membri. Sono inoltre necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all'interno della Comunità volte a ridurre i costi e le procedure amministrative collegati a tale trasferimento, migliorando così le condizioni operative e la competitività del settore marittimo comunitario.(2) Nel contempo è necessario garantire un elevato livello di sicurezza delle navi e protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.(3) I requisiti stabiliti dalla convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), dalla convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66) e dalla convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL 73/78) impongono un elevato livello di sicurezza delle navi e di protezione ambientale. La convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi prevede un sistema uniforme per la misurazione del tonnellaggio delle navi mercantili.(4) Il regime internazionale applicabile alle navi passeggeri è stato rafforzato e perfezionato con l'adozione di un numero considerevole di emendamenti alla convenzione SOLAS 1974 da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) e una maggiore convergenza delle interpretazioni delle regole e norme della convenzione SOLAS 1974.(5) Il trasferimento di navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri di Stati membri non dovrebbe essere intralciato da ostacoli tecnici, a condizione che le navi siano state certificate quali rispondenti alle disposizioni delle convenzioni internazionali pertinenti dagli Stati membri o, in loro nome, dalle organizzazioni riconosciute ai sensi della direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime [3].(6) Uno Stato membro che accoglie una nave dovrebbe tuttavia rimanere in grado di applicare norme che differiscano, in portata e natura, da quelle di cui nelle convenzioni citate all'articolo 2, lettera a).(7) Per garantire una decisione rapida e basata su dati concreti da parte dello Stato membro del registro di accoglienza, lo Stato membro del registro di provenienza della nave dovrebbe fornire all'altra amministrazione tutte le informazioni pertinenti disponibili sulle condizioni e l'equipaggiamento della nave. Lo Stato membro del registro di accoglienza dovrebbe tuttavia avere la possibilità di sottoporre la nave a un'ispezione per verificare le condizioni dichiarate e l'equipaggiamento.(8) Le navi alle quali è stato negato l'accesso ai porti degli Stati membri a norma della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo) [4] o che sono state trattenute più di una volta a seguito di un'ispezione portuaria, nel corso dei tre anni precedenti la richiesta di iscrizione, non dovrebbero poter beneficiare della possibilità di essere trasferite a un altro registro all'interno della Comunità, secondo la procedura semplificata.(9) Le pertinenti convenzioni internazionali lasciano alcuni importanti punti di interpretazione dei requisiti alla discrezione delle parti. Sulla base delle loro interpretazioni individuali, gli Stati membri rilasciano a tutte le navi battenti la loro bandiera, soggette alle disposizioni delle pertinenti convenzioni internazionali, certificati che attestano la loro conformità con queste disposizioni. Gli Stati membri applicano i regolamenti tecnici nazionali, alcune disposizioni dei quali prevedono requisiti diversi da quelli fissati nelle convenzioni e nelle norme tecniche associate. È pertanto necessario istituire una procedura idonea per conciliare le diverse interpretazioni dei requisiti esistenti che possono insorgere a seguito di una domanda di cambio di registro.(10) Per consentire di monitorare l'attuazione del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero trasmettere alla Commissione brevi relazioni annuali. Nella loro prima relazione annuale, gli Stati membri dovrebbero indicare gli eventuali provvedimenti adottati per agevolare l'attuazione del presente regolamento.(11) Le disposizioni del regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo al cambiamento di registro delle navi all'interno della Comunità [5], sono rafforzate ed estese in misura significativa dal presente regolamento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 613/91 dovrebbe essere abrogato.(12) Le misure necessarie all'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [6],HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1FinalitàIl presente regolamento intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:"convenzioni" la convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), la convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66), la convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi e la convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi modificata dal relativo protocollo del 1978 (MARPOL 73/78) nelle loro versioni aggiornate, unitamente ai codici vincolanti adottati nell'ambito dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) nonché i protocolli e loro modifiche, nelle loro versioni aggiornate;"requisiti" i requisiti di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in ordine alla costruzione e all'equipaggiamento delle navi stabiliti nelle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, quelli di cui alla direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri [7];"certificati" i certificati, i documenti e le dichiarazioni di conformità rilasciati da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome in conformità delle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, in conformità dell'articolo 11 della direttiva 98/18/CE;"nave passeggeri" una nave capace di trasportare più di dodici passeggeri;i) il comandante e i membri dell'equipaggio o le altre persone impiegate o occupate con qualsiasi funzione a bordo di una nave per le operazioni della nave; eii) i bambini di età inferiore a un anno;"viaggio interno" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro allo stesso porto o a un altro porto all'interno dello stesso Stato membro;"viaggio internazionale" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro a un porto al di fuori dei suoi confini o viceversa;"nave da carico" una nave che non sia una nave passeggeri;"organizzazione riconosciuta" un'organizzazione riconosciuta ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 94/57/CE.Articolo 3Ambito di applicazione1. Il presente regolamento si applica:i) costruite il 25 maggio 1980 o successivamente; oppureii) costruite prima di questa data, ma certificate da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, quali conformi alle norme per le navi nuove definite nella convenzione SOLAS 1974, o, per le navi cisterna adibite al trasporto di prodotti chimici e per le navi adibite al trasporto di gas, ai codici normativi pertinenti per le navi costruite il 25 maggio 1980 o successivamente;i) costruite il 1o luglio 1998 o successivamente; oppure- nella direttiva 98/18/CE, per le navi in servizio interno,- nella convenzione SOLAS 1974, per le navi in servizio internazionale.2. Il presente regolamento non si applica:a) alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;b) alle navi alle quali è negato l'accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 95/21/CE nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione né alle navi che sono state trattenute più di una volta nei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un'ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo e per le ragioni connesse ai requisiti di cui all'articolo 2, lettera b). Gli Stati membri esaminano nondimeno con attenzione e a tempo debito le domande relative a tali navi;c) alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;d) alle navi senza mezzi di propulsione meccanica , a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;e) alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Articolo 4Trasferimento di registro1. Gli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l'iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento oggetto di una omologazione o di una omologazione di tipo ai sensi della direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo [8].Per adempiere agli obblighi previsti dagli strumenti ambientali regionali ratificati prima del 1o gennaio 1992, gli Stati membri possono imporre regole supplementari in conformità con gli allegati opzionali delle convenzioni.2. Il presente articolo si applica fatti salvi, ove opportuno, gli eventuali requisiti specifici fissati per l'utilizzo della nave conformemente all'articolo 7 della direttiva 98/18/CE e all'articolo 6 della direttiva 2003/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, concernente requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da passeggeri [9].3. Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza o mette a disposizione dell'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave e, ove opportuno, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Esse includono altresì tutti i certificati e i dati relativi alla nave prescritti dalle convenzioni e dai pertinenti strumenti comunitari, nonché le registrazioni relative alla ispezioni effettuate dallo Stato di bandiera e ai controlli effettuati dallo Stato di approdo. Gli Stati membri cooperano per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.4. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza, o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, può sottoporre la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati di cui all'articolo 3. L'ispezione viene eseguita entro una scadenza ragionevole.5. Se, a seguito dell'ispezione, e dopo aver dato al proprietario della nave una possibilità ragionevole di rettificare le carenze, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome non è in grado di confermare la corrispondenza con i certificati della nave, esso lo comunica alla Commissione ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1.Articolo 5Certificati1. Al momento del trasferimento della nave e fatta salva la direttiva 94/57/CE, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente sempreché sussistano i motivi o le cause che hanno indotto lo Stato membro del registro di provenienza a imporre condizioni o accordare una esenzione o una deroga.2. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall'imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi sempreché i requisiti applicabili alle navi esistenti e le relative condizioni permangano immutati.Articolo 6Rifiuto di trasferimento e interpretazione1. Lo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave basato su divergenze di interpretazione dei requisiti o su disposizioni che le convenzioni o strumenti comunitari pertinenti lasciano alla discrezione delle parti.A meno che non sia stata informata di un accordo tra gli Stati membri interessati entro il termine di un mese, la Commissione avvia le iniziative necessarie per prendere una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta a norma dell'articolo 4 per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l'ambiente non rientranti fra quelli citati al paragrafo 1, l'iscrizione può essere sospesa.Lo Stato membro sottopone senza indugio il problema alla Commissione, con la relativa motivazione di sospensione dell'iscrizione. La decisione di non iscrivere la nave viene confermata o meno secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.3. La Commissione può consultare il comitato di cui all'articolo 7 su qualsiasi problema connesso all'applicazione e interpretazione del presente regolamento e, in particolare, per garantire che non siano pregiudicate le norme relative alla sicurezza e alla protezione dell'ambiente.Articolo 7Procedura di comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi [10] (comitato).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8Relazioni1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull'attuazione del presente regolamento. La relazione fornisce dati statistici sul trasferimento di navi, elaborati conformemente al presente regolamento, ed elenca le eventuali difficoltà incontrate nell'attuazione.2. Entro il 20 maggio 2008 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento basata in parte sulle relazioni trasmesse dagli Stati membri. In tale relazione essa valuta, tra l'altro, l'opportunità di una revisione del regolamento.Articolo 9Emendamenti1. Le definizioni di cui all'articolo 2 possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale, soprattutto in seno all'IMO, e per rendere il presente regolamento più efficace tenuto conto dell'esperienza acquisita e del progresso tecnico sempreché tali modifiche non ne estendano il campo di applicazione.2. Qualsiasi modifica apportata alle convenzioni può essere esclusa dal campo di applicazione del presente regolamento, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002.Articolo 10AbrogazioneIl presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 613/91.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 21 aprile 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche[1] GU C 80 del 30.3.2004, pag. 88.[2] Parere del Parlamento europeo del 13 gennaio 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2004.[3] GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53).[4] GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[5] GU L 68 del 15.3.1991, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1).[6] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.[7] GU L 144 del 15.5.1998, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 2003/75/CE (GU L 190 del 30.7.2003, pag. 6).[8] GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[9] GU L 123 del 17.5.2002, pag. 22.[10] GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.-------------------------------------------------- | Trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazioneIl regolamento si applica alle navi passeggeri costruite il 1o luglio 1998 o successivamente e alle navi da carico costruite il 25 maggio 1980 o successivamente o a navi costruite prima di questa data, ma certificate quali rispondenti alle disposizioni pertinenti europee e dell’Organizzazione marittima internazionale. Tuttavia, il regolamento non si applica a:alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;alle navi alle quali è negato l’accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (si veda la sintesi) nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un’ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo;alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;alle navi senza mezzi di propulsione meccanica, a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Trasferimento di registroGli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l’iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento marittimo conforme alla direttiva 2014/90/UE (si veda la sintesi). Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza sottopone la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati.CertificatiAl momento del trasferimento, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall’imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi.Rifiuto di trasferimento e interpretazioneLo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione europea qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l’ambiente, l’iscrizione può essere sospesa.Relazioni
Ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull’attuazione del regolamento. Nel 2015 la Commissione ha presentato una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 20 maggio 2004.
CONTESTO
Sono necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all’interno dell’Unione europea (UE) volte a ridurre i costi e le procedure amministrative. Il regolamento concilia considerazioni relative al mercato interno (eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento di navi tra i registri degli Stati membri) e requisiti relativi alla sicurezza marittima (livelli elevati di sicurezza delle navi e protezione ambientale). Riconosce l’adeguatezza per l’UE degli standard di sicurezza stabiliti nelle convenzioni dell’Organizzazione marittima internazionale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 19).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 789/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTO CORRELATO
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento (CE) n. 789/2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità [COM(2015) 195 final dell’ 8.5.2015]. | 7,609 | 821 |
32010D0131 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 25 febbraio 2010
relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna
(2010/131/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 240, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell'articolo 71 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea è istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna.
(2)
È pertanto opportuno adottare una decisione relativa all'istituzione di tale comitato e definirne i compiti,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
È istituito nell'ambito del Consiglio il comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (di seguito «comitato permanente») previsto dall'articolo 71 del trattato.
Articolo 2
Il comitato permanente facilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna.
Articolo 3
1. Fatti salvi i mandati degli organismi di cui all'articolo 5, il comitato permanente facilita ed assicura l'efficace cooperazione e coordinamento operativi ai sensi della parte terza, titolo V del trattato, anche in settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna.
2. Il comitato permanente valuta altresì l'orientamento generale e l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte.
3. Il comitato permanente assiste il Consiglio ai sensi delle disposizioni dell'articolo 222 del trattato.
Articolo 4
1. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membri.
2. Il comitato permanente non partecipa all'elaborazione di atti legislativi.
Articolo 5
1. Se del caso, saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente, in qualità di osservatori, rappresentanti di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE (Frontex) e di altri organismi pertinenti.
2. Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di detti organismi.
Articolo 6
1. Il comitato permanente presenta periodicamente al Consiglio una relazione sulle sue attività.
2. Il Consiglio informa il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali dei lavori del comitato permanente.
Articolo 7
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 25 febbraio 2010.
Per il Consiglio
Il presidente
A. PÉREZ RUBALCABA | Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna
La presente decisione istituisce un comitato permanente volto a promuovere e rafforzare la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna nell'ambito dell'Unione europea (UE) e delinea le responsabilità del comitato.
ATTO
Decisione del Consiglio 2010/131/UE, del 25 febbraio 2010, relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna.
SINTESI
La decisione istituisce un comitato permanente per facilitare, promuovere e rafforzare il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna.
Il comitato permanente assicura l'efficace cooperazione e coordinamento nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. Il comitato permanente valuta altresì l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni e all'elaborazione di atti legislativi.
Nell’eventualità che si verifichi all'interno dell'Unione europea un attacco terroristico o un disastro naturale o causato dall'uomo, il comitato permanente assisterà il Consiglio nel rispetto della clausola di solidarietà riportata nell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea alle frontiere esterne (Frontex) e di altri organismi pertinenti. Se del caso, questi saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente in qualità di osservatori.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo di recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione del Consiglio 2010/131
25.2.2010
-
GU L 52 del 3.3.2010 | 1,635 | 133 |
32010D0037 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 27 novembre 2009
relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011)
(2010/37/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 308,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il trattato istituisce la cittadinanza dell’Unione europea (UE), che costituisce un complemento della cittadinanza nazionale dei rispettivi Stati membri ed è un importante elemento per il rafforzamento e la salvaguardia del processo di integrazione europea.
(2)
La promozione della cittadinanza attiva costituisce un elemento fondamentale per rafforzare la coesione e lo sviluppo della democrazia.
(3)
L’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva contribuirà a mettere in evidenza che il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee.
(4)
Le attività di volontariato costituiscono una ricca esperienza di apprendimento, permettono lo sviluppo di capacità e competenze sociali e contribuiscono alla solidarietà. L’attività svolta da volontari di ogni età è determinante ai fini dello sviluppo della democrazia, uno dei principi fondatori dell’UE. Le attività di volontariato hanno il potenziale per contribuire al benessere delle persone e allo sviluppo armonioso delle società europee.
(5)
Tenuto conto della situazione specifica di ciascuno Stato membro e di tutte le forme di volontariato, i termini «attività di volontariato» si riferiscono a tutti i tipi di attività di volontariato, formali, non formali o informali, intraprese in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro. Esse arrecano beneficio al singolo volontario, alle comunità e alla società nel suo insieme. Sono inoltre un mezzo con cui le persone e le associazioni rispondono alle necessità e alle preoccupazioni di carattere umano, sociale, intergenerazionale o ambientale e sono spesso realizzate a sostegno di un’iniziativa di un’organizzazione senza scopo di lucro o basata sulla comunità. Le attività di volontariato non si sostituiscono a possibilità professionali o occupazionali remunerate ma aggiungono valore alla società.
(6)
Nelle società in rapida evoluzione è necessario garantire la presenza di misure efficaci di sostegno alle attività di volontariato per permettere ad un maggior numero di persone di parteciparvi. È dunque importante sostenere l’apprendimento fra pari e lo scambio e lo sviluppo di buone pratiche a livello locale, regionale, nazionale e comunitario.
(7)
La conferenza intergovernativa del 1997 ha adottato la dichiarazione 38 sul volontariato, allegata all’atto finale del trattato di Amsterdam; in essa viene riconosciuto l’importante contributo delle attività di volontariato allo sviluppo della solidarietà sociale.
(8)
Nella comunicazione del giugno 1997 sulla promozione del ruolo delle associazioni e delle fondazioni in Europa, la Commissione ne ha sottolineato i tre aspetti seguenti: l’aspetto economico (creazione di posti di lavoro), l’aspetto sociale (partecipazione alla definizione delle politiche sociali e, quindi, contributo al progresso sociale) e l’aspetto politico (rafforzamento della democrazia, della cittadinanza e della partecipazione civica).
(9)
Nelle risoluzioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 27 giugno 2002 e del 16 novembre 2007 e nella raccomandazione del 20 novembre 2008, il Consiglio e gli Stati membri hanno individuato nelle attività di volontariato un elemento fondamentale nel settore della gioventù e hanno concordato per le attività di volontariato dei giovani obiettivi comuni e convenuto sulla mobilità dei giovani nell’UE.
(10)
Nel parere del 13 dicembre 2006, «Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto» (2), il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione a proclamare un Anno del volontariato e a pubblicare al più presto un Libro bianco sulle attività di volontariato e sulla cittadinanza attiva in Europa.
(11)
Nel marzo 2008 il Parlamento europeo ha adottato una «relazione sul contributo delle attività di volontariato alla coesione economica e sociale», nella quale ha incoraggiato gli Stati membri e le autorità regionali e locali a riconoscere il valore delle attività di volontariato nel promuovere la coesione sociale ed economica.
(12)
Nel luglio 2008 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione scritta in cui si auspica la proclamazione di un Anno europeo del volontariato nel 2011.
(13)
Le attività di volontariato rientrano tra le finalità di numerosi programmi e reti comunitari incentrati tra l’altro sulla mobilità nelle attività di volontariato per persone di ogni età, tra cui il programma di apprendimento permanente (3), il programma «L’Europa per i cittadini» (4) e il Servizio volontario europeo del programma «Gioventù in azione» (5).
(14)
In Europa esiste un’ampia gamma di attività di volontariato che dovrebbe essere preservata e sviluppata.
(15)
Il potenziale delle attività di volontariato non è ancora sfruttato appieno. Un Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva fornirà l’occasione di dimostrare, in un contesto europeo, che le attività di volontariato rafforzano la partecipazione civica e possono contribuire a stimolare nei cittadini il senso di appartenenza alla società e il loro impegno sociale a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale ed europeo.
(16)
L’anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva potrebbe anche contribuire ad affrontare la problematica delle ineguaglianze di genere nel settore del volontariato, per esempio per quanto riguarda i settori e le attività in cui partecipano uomini e donne o per quanto riguarda la misura in cui i generi sono rappresentati nei posti direttivi del volontariato.
(17)
L’anno 2011 coinciderà con il decimo anniversario dell’Anno internazionale dei volontari promosso dalle Nazioni Unite nel 2001.
(18)
La presente decisione stabilisce una dotazione finanziaria che costituirà per l’autorità di bilancio il riferimento privilegiato, ai sensi del punto 37 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (6).
(19)
Gli obiettivi del proposto Anno europeo non possono essere realizzati appieno dagli Stati membri a causa della necessità di scambiare informazioni a livello transnazionale e di diffondere le buone pratiche su scala comunitaria e possono dunque, a motivo delle dimensioni dell’intervento proposto, essere realizzati meglio a livello comunitario. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato, la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto
L’anno 2011 è proclamato Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono una cittadinanza attiva («l’Anno europeo»).
Articolo 2
Obiettivi
L’obiettivo generale dell’Anno europeo è quello di incoraggiare e sostenere — in particolare attraverso lo scambio di esperienze e di buone pratiche — gli sforzi della Comunità, degli Stati membri, delle autorità locali e regionali per creare per la società civile condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea (UE) e per aumentare la visibilità delle attività di volontariato nell’UE.
Gli obiettivi dell’Anno europeo sono i seguenti:
1)
creare condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea al fine di integrare il volontariato negli sforzi di promozione della partecipazione civica e delle attività interpersonali in un contesto UE e affrontare gli ostacoli esistenti alle attività di volontariato, se appropriato e necessario;
2)
fornire agli organizzatori di attività di volontariato gli strumenti per migliorare la qualità delle attività di volontariato al fine di agevolare le attività di volontariato e aiutare gli organizzatori a introdurre nuovi tipi di attività di volontariato ed incoraggiare la collaborazione in rete, la mobilità, la cooperazione e la creazione di sinergie nella società civile nonché tra la società civile e altri settori in un contesto UE;
3)
riconoscere le attività di volontariato al fine di promuovere incentivi appropriati per privati, imprese e organizzazioni che formano e sostengono i volontari e assicurare un riconoscimento del volontariato a livello di UE e negli Stati membri da parte dei responsabili politici, delle organizzazioni della società civile, delle istituzioni pubbliche, del settore dell’istruzione formale e non formale e dei datori di lavoro, sotto il profilo delle capacità e delle competenze acquisite nell’ambito di tali attività;
4)
sensibilizzare l’opinione pubblica al valore e all’importanza del volontariato al fine di suscitare una presa di coscienza collettiva dell’importanza del volontariato in quanto espressione di partecipazione civica che contribuisce alla soluzione di problemi di interesse comune per tutti gli Stati membri, come lo sviluppo armonioso della società e la coesione sociale.
Articolo 3
Iniziative
1. Le misure da adottare per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 possono comprendere le seguenti iniziative organizzate ai livelli comunitario, nazionale, regionale o locale in relazione agli obiettivi dell’Anno europeo:
a)
scambio di esperienze e di buone pratiche;
b)
realizzazione di studi e di lavori di ricerca e diffusione dei relativi risultati;
c)
conferenze ed eventi per promuovere il dibattito, sensibilizzare l’opinione pubblica all’importanza e al valore delle attività di volontariato che stimolano l’impegno dei cittadini e rendere omaggio all’azione svolta dai volontari e dalle loro associazioni;
d)
iniziative concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo; almeno il 25 % del bilancio totale dell’Anno sarà utilizzato per questo scopo;
e)
campagne d’informazione e di promozione per diffondere i messaggi chiave.
Le misure di cui al primo comma sono esposte in dettaglio nell’allegato.
2. Il finanziamento comunitario per i progetti può essere elargito in base a programmi comunitari esistenti.
Articolo 4
Cooperazione con gli Stati membri
Entro il 28 febbraio 2010 ogni Stato membro designa un organismo incaricato di organizzare la sua partecipazione all’Anno europeo («l’organismo nazionale di coordinamento») e comunica alla Commissione la sua designazione.
Nello svolgimento delle sue attività, in particolare nell’elaborazione del programma nazionale, l’organismo nazionale di coordinamento consulta e coopera strettamente con un’ampia pluralità di parti interessate, incluse le organizzazioni della società civile e se del caso le agenzie o i punti di contatto nazionali dei pertinenti programmi comunitari.
Il programma e le priorità nazionali dell’Anno europeo sono definiti conformemente agli obiettivi enunciati all’articolo 2 e secondo i particolari delle misure indicati nell’allegato.
Articolo 5
Coordinamento a livello comunitario e attuazione
La Commissione convoca riunioni degli organismi nazionali di coordinamento per coordinare l’attuazione dell’Anno europeo e per scambiare informazioni sulla sua messa in atto a livello nazionale.
La Commissione convoca inoltre riunioni delle parti interessate e dei rappresentanti di organizzazioni o di organismi europei attivi nel campo del volontariato affinché la assistano in sede di attuazione dell’Anno europeo a livello comunitario.
La Commissione dà attuazione all’Anno europeo a livello comunitario.
Gli Stati membri, il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni sono associati alle attività.
Articolo 6
Disposizioni finanziarie
1. Le misure di portata comunitaria di cui alla parte A dell’allegato danno luogo a un appalto pubblico o alla concessione di sovvenzioni finanziate dal bilancio generale delle Comunità europee.
2. Le misure di portata comunitaria di cui alla parte B dell’allegato possono essere cofinanziate dal bilancio generale delle Comunità europee.
3. La Commissione concede una sovvenzione a ciascun organismo nazionale di coordinamento conformemente alla procedura di cui alla parte C dell’allegato.
Articolo 7
Dotazione finanziaria
1. La dotazione finanziaria per l’attuazione della presente decisione per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011 è di 8 000 000 EUR.
2. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dall’autorità di bilancio entro i limiti del quadro finanziario.
Articolo 8
Cooperazione internazionale
Ai fini dell’Anno europeo, la Commissione può cooperare con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare con le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, contemporaneamente assicurando la visibilità della partecipazione dell’UE.
Articolo 9
Coerenza e complementarità
La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, garantisce la coerenza fra le azioni previste dalla presente decisione e gli altri programmi e iniziative comunitarie, nazionali e regionali che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo.
Articolo 10
Tutela degli interessi finanziari della Comunità
1. La Commissione assicura che, quando sono attuate azioni finanziate nel quadro della presente decisione, gli interessi finanziari della Comunità siano salvaguardati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illegale, controlli efficaci e il recupero degli importi indebitamente versati e, quando sono accertate irregolarità, mediante sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, conformemente alle disposizioni del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (7), del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (8), e del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (9).
2. Quanto alle azioni comunitarie finanziate nell’ambito della presente decisione, il concetto di irregolarità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 è da intendersi come qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario o qualsiasi inadempimento di un obbligo contrattuale derivante da un atto o da un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere l’effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestiti a causa di una spesa indebita.
3. La Commissione riduce, sospende o recupera l’importo del contributo finanziario a favore di un’azione qualora accerti l’esistenza di irregolarità, in particolare l’inosservanza delle disposizioni della presente decisione o della singola decisione o del contratto con cui è concesso il contributo finanziario in questione, o qualora, senza che sia stata chiesta l’approvazione della Commissione, siano state apportate all’azione modifiche rilevanti incompatibili con la natura o con le condizioni d’attuazione della stessa.
4. Qualora non siano state rispettate le scadenze o qualora la realizzazione di un’azione giustifichi solo una parte del sostegno finanziario concesso, la Commissione invita il beneficiario a comunicarle osservazioni entro un termine prestabilito. Qualora il beneficiario non fornisca spiegazioni adeguate, la Commissione può annullare il sostegno finanziario residuo e chiedere il rimborso degli importi già erogati.
5. Tutti gli importi indebitamente versati sono restituiti alla Commissione. Gli importi non restituiti a tempo debito sono maggiorati dei relativi interessi di mora, alle condizioni stabilite dal regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (10).
Articolo 11
Monitoraggio e valutazione
Entro il 31 dicembre 2012 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione sull’attuazione, sui risultati e sulla valutazione globale delle iniziative previste dalla presente decisione.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, addì 27 novembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
L. ADELSOHN LILJEROTH
(1) Parere del Parlamento europeo del 26 novembre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 325 del 30.12.2006, pag. 46.
(3) Decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente (GU L 327 del 24.11.2006, pag. 45).
(4) Decisione n. 1904/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma Europa per i cittadini mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva (GU L 378 del 27.12.2006, pag. 32).
(5) Decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce il programma Gioventù in azione per il periodo 2007-2013 (GU L 327 del 24.11.2006, pag. 30).
(6) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.
(7) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1.
(8) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2.
(9) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.
(10) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1.
ALLEGATO
Particolari delle misure di cui all’articolo 3
In linea di principio, l’attuazione dell’Anno europeo si fonderà sulla responsabilità, sulla mobilitazione su vasta scala e sulla partecipazione attiva della società civile e di altre parti interessate. Inoltre, il progetto sarà realizzato tramite le seguenti misure:
A. INIZIATIVE COMUNITARIE DIRETTE
Il finanziamento avverrà generalmente sotto forma di acquisto diretto di beni e di servizi conformemente ai contratti quadro esistenti. Esso può anche essere costituito da sovvenzioni.
1. Campagne di informazione e di promozione comprendenti:
—
eventi ad alta visibilità e piattaforme per lo scambio di esperienze e di buone pratiche,
—
concorsi con o senza premi,
—
cooperazione con il settore privato, gli organismi di radiodiffusione e altri media come partner per diffondere informazioni sulle attività di volontariato e sull’Anno europeo,
—
produzione di strumenti e di supporti per i media disponibili in tutta l’UE e destinati a stimolare l’interesse del pubblico,
—
misure destinate a fare conoscere i risultati e rendere più visibili programmi, azioni ed iniziative comunitari che contribuiscano al conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo,
—
la creazione di un sito web d’informazione sul sito Europa, comprendente un portale per i promotori di progetti relativi al volontariato, per guidarli attraverso i programmi e le azioni comunitarie pertinenti.
2. Altre iniziative
—
Indagini e studi a livello comunitario per valutare e documentare la preparazione, l’efficacia, l’impatto e il monitoraggio a lungo termine dell’Anno europeo.
B. COFINANZIAMENTO DI INIZIATIVE COMUNITARIE
Gli eventi ad alta visibilità su scala europea finalizzati a sensibilizzare i cittadini agli obiettivi dell’Anno europeo, possibilmente organizzati in collaborazione con i paesi che nel 2011 assumeranno la presidenza, possono fruire di una sovvenzione comunitaria che copra fino all’80 % del costo complessivo ammissibile.
C. COFINANZIAMENTO DI INIZIATIVE NAZIONALI
Ogni organismo nazionale di coordinamento presenta un’unica domanda di finanziamento comunitario. Tale domanda di sovvenzione — finalizzata a promuovere l’Anno europeo — illustra il programma di lavoro dell’organismo nazionale di coordinamento o l’azione da finanziare. La domanda di sovvenzione è corredata di un bilancio dettagliato indicante il costo totale delle iniziative o del programma di lavoro proposti nonché l’importo e le fonti del cofinanziamento. La sovvenzione comunitaria può coprire fino ad un massimo dell’80 % dei costi complessivi ammissibili.
La Commissione determina gli importi indicativi disponibili per le sovvenzioni a ciascun organismo nazionale di coordinamento e il termine per la presentazione delle domande. I criteri di selezione dovrebbero basarsi su elementi quali la popolazione, il costo della vita e un importo forfettario per Stato membro che garantisca un minimo di attività.
Gli importi finali assegnati sono determinati sulla base delle singole domande di sovvenzione presentate dall’organismo nazionale di coordinamento. Il tasso massimo di cofinanziamento comunitario è fissato all’80 % del totale dei costi ammissibili.
I programmi di lavoro o le misure possono prevedere:
—
incontri e eventi in relazione agli obiettivi dell’Anno europeo, tra cui manifestazioni nazionali per il lancio e la promozione dell’Anno europeo, destinate a creare un effetto catalizzatore e a offrire spazi aperti di discussione su iniziative concrete,
—
conferenze e seminari su scala nazionale, regionale e locale che consentano l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone pratiche,
—
informazione, attività di ricerca e studi collegati, campagne educative e promozionali ai livelli nazionale, regionale e locale, tra cui anche l’organizzazione di premi e concorsi,
—
collaborazione con i media.
D. AZIONI CHE NON FRUISCONO DI UN SOSTEGNO FINANZIARIO COMUNITARIO
La Comunità concederà un sostegno non finanziario, compresa l’autorizzazione scritta di utilizzare il logo, una volta elaborato, e altri materiali associati all’Anno europeo, ad iniziative di organismi pubblici o privati che garantiscano alla Commissione che tali iniziative, attuate nel corso del 2011, contribuiranno in misura rilevante al raggiungimento degli obiettivi dell’Anno europeo. | Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011)
La presente decisione proclama il 2011 Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva. Nell’ottica di sviluppare la solidarietà sociale e la democrazia, l’Anno europeo ha lo scopo di creare per la società civile condizioni favorevoli al volontariato nonché aumentare la visibilità delle attività di volontariato.
ATTO
Decisione del Consiglio 2010/37/CE, del 27 novembre 2009, relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011).
SINTESI
La presente decisione proclama il 2011 Anno europeo delle attività di volontariato * che promuovono la cittadinanza attiva. Il volontariato è uno degli elementi centrali della cittadinanza attiva; la cittadinanza attiva rafforza la coesione sociale e sviluppa la democrazia. Il 2011 coincide inoltre con il decimo anniversario dell’Anno internazionale dei volontari delle Nazioni Unite (2001).
Obiettivi dell’Anno europeo 2011
L’obiettivo generale dell’Anno europeo è migliorare la visibilità delle attività di volontariato nell’Unione europea (UE) e accrescere le opportunità per la società civile di parteciparvi. A tale scopo, l’Anno europeo offre sostegno alle autorità locali, regionali e nazionali per lo scambio di esperienze e di buone pratiche. In particolare, l’Anno europeo mira a:
creare condizioni favorevoli al volontariato;
fornire agli organizzatori gli strumenti per migliorare la qualità delle attività di volontariato;
migliorare il riconoscimento delle attività di volontariato;
sensibilizzare l’opinione pubblica al valore e all’importanza del volontariato.
Iniziative dell’Anno europeo 2011
Per conseguire tali obiettivi, l’Anno europeo sostiene iniziative organizzate ai livelli comunitario, nazionale, regionale e locale, fra cui:
scambi di esperienze e di buone pratiche;
realizzazione di studi e di lavori di ricerca e diffusione dei relativi risultati;
conferenze ed eventi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica;
iniziative concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo;
campagne d’informazione e di promozione.
Le iniziative a livello comunitario sono finanziate, in parte o interamente, dal bilancio generale dell’UE. Le iniziative a livello nazionale sono cofinanziate dall’UE ed è altresì disponibile un sostegno non finanziario. Il bilancio assegnato all’Anno europeo è pari a 8 000 000 di euro.
Cooperazione nel corso dell’Anno europeo 2011
Ogni Stato membro designa un organismo nazionale di coordinamento incaricato di organizzare la sua partecipazione all’Anno europeo. Gli organismi nazionali di coordinamento hanno il compito di preparare i programmi e le priorità nazionali per l’Anno europeo. A tale scopo, consultano e cooperano con un’ampia pluralità di parti interessate.
Ai fini dell’Anno europeo, la Commissione europea può cooperare con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare con le Nazioni Unite o il Consiglio d’Europa.
Coordinamento dell’Anno europeo 2011
La Commissione europea è responsabile della gestione dell’Anno europeo a livello comunitario. Essa convoca riunioni delle parti interessate attive nel campo del volontariato affinché la assistano nel suo lavoro. La Commissione organizza anche riunioni con gli organismi nazionali di coordinamento per coordinare le attività a livello nazionale.
Contesto
In un parere adottato nel dicembre 2006 il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione europea a proclamare un Anno del volontariato.
Nel luglio del 2008 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione in cui si auspica la proclamazione di un Anno europeo del volontariato nel 2011.
Termini chiave dell’atto
Attività di volontariato: tutti i tipi di attività di volontariato, formali, non formali o informali, intraprese in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo di recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2010/37/CE
23.1.2010
-
GU L 17 del 22.1.2010 | 8,106 | 801 |
32010R0407 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 407/2010 DEL CONSIGLIO
dell’11 maggio 2010
che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare l’articolo 122, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 122, paragrafo 2, del trattato prevede la possibilità di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo.
(2)
Tali difficoltà possono essere causate da un grave deterioramento del contesto economico e finanziario internazionale.
(3)
La crisi finanziaria mondiale senza precedenti e la recessione economica che hanno colpito il mondo nel corso degli ultimi due anni hanno compromesso seriamente la crescita economica e la stabilità finanziaria e hanno provocato un grave deterioramento delle posizioni del disavanzo e del debito degli Stati membri.
(4)
L’aggravarsi della crisi finanziaria ha causato un grave deterioramento delle condizioni di prestito di diversi Stati membri al di là di quanto giustificato dai fondamentali economici. A questo punto, se non affrontata con urgenza, tale situazione potrebbe rappresentare una seria minaccia per la stabilità finanziaria dell'Unione europea nel suo complesso.
(5)
Al fine di affrontare questa situazione eccezionale che sfugge al controllo degli Stati membri, appare opportuno istituire immediatamente un meccanismo di stabilizzazione dell’Unione per preservare la stabilità finanziaria nell'Unione europea. Tale meccanismo dovrebbe consentire all’Unione di rispondere in maniera coordinata, rapida ed efficace a difficoltà gravi in un determinato Stato membro. La sua attivazione avverrà nel contesto di un sostegno congiunto UE/Fondo monetario internazionale (FMI).
(6)
Date le particolari implicazioni finanziarie che ne derivano, le decisioni di concedere l’assistenza finanziaria dell’Unione conformemente al presente regolamento richiedono l'esercizio di competenze di esecuzione che dovrebbero essere conferite al Consiglio.
(7)
In caso di attivazione del meccanismo occorre imporre condizioni forti di politica economica al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche dello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari.
(8)
Occorre che la Commissione esamini regolarmente se sussistano ancora le circostanze eccezionali che minacciano la stabilità finanziaria dell’Unione europea nel suo complesso.
(9)
Occorre che resti in vigore l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (1),
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Obiettivo e ambito di applicazione
Al fine di preservare la stabilità finanziaria dell'Unione europea, il presente regolamento fissa le condizioni e la procedura per la concessione dell’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche o finanziarie causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, tenendo conto della possibilità di applicare l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002.
Articolo 2
Forma dell’assistenza finanziaria dell’Unione
1. L’assistenza finanziaria dell’Unione ai fini del presente regolamento prende la forma di un prestito o di una linea di credito concessi allo Stato membro interessato.
A tal fine, conformemente a una decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 3, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti per conto dell’Unione europea sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie.
2. L'esposizione creditizia dei prestiti o delle linee di credito che si possono concedere agli Stati membri ai sensi del presente regolamento è limitata al margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento.
Articolo 3
Procedura
1. Lo Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria dell’Unione discute con la Commissione, in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento e trasmette alla Commissione e al comitato economico e finanziario un programma di aggiustamento economico e finanziario.
2. L’assistenza finanziaria dell’Unione è concessa mediante decisione adottata dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.
3. La decisione di concedere un prestito contiene:
a)
l’importo, la scadenza media, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza;
b)
le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e
c)
l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione.
4. La decisione di concedere una linea di credito contiene:
a)
l’importo, le commissioni per la messa a disposizione della linea di credito, la formula del prezzo applicabile per lo svincolo dei fondi e il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza;
b)
le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e
c)
l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione.
5. La Commissione e lo Stato membro beneficiario concludono un memorandum di intesa nel quale sono specificate le condizioni generali di politica economica fissate dal Consiglio. La Commissione trasmette il memorandum di intesa al Parlamento europeo e al Consiglio.
6. La Commissione, in consultazione con la BCE, riesamina le condizioni generali di politica economica di cui al paragrafo 3, lettera b), e al paragrafo 4, lettera b), almeno ogni sei mesi e discute con lo Stato membro beneficiario le modifiche del suo programma di aggiustamento che possano essere necessarie.
7. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide su eventuali aggiustamenti delle condizioni generali di politica economica fissate inizialmente e approva il programma di aggiustamento rivisto elaborato dallo Stato membro beneficiario.
8. Qualora sia previsto un finanziamento esterno all’Unione subordinato a condizioni di politica economica, in particolare da parte dell'FMI, lo Stato membro interessato consulta in via preliminare la Commissione. La Commissione esamina le possibilità disponibili nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria dell’Unione e la compatibilità delle condizioni di politica economica previste con gli impegni assunti dallo Stato membro interessato per l’attuazione delle raccomandazioni e delle decisioni del Consiglio adottate conformemente all’articolo 121, all’articolo 126 e all’articolo 136 TFUE. La Commissione informa il comitato economico e finanziario.
Articolo 4
Erogazione del prestito
1. Di regola il prestito è erogato in rate.
2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione.
3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sull’erogazione delle rate successive.
Articolo 5
Svincolo dei fondi
1. Lo Stato membro beneficiario informa in anticipo la Commissione della sua intenzione di ritirare fondi dalla sua linea di credito. Le regole dettagliate in materia sono stabilite nella decisione di cui all'articolo 3, paragrafo 4.
2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione.
3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sullo svincolo dei fondi.
Articolo 6
Operazioni di assunzione e di concessione di prestiti
1. Le operazioni di assunzione e di concessione dei prestiti di cui all’articolo 2 sono effettuate in euro.
2. Le caratteristiche delle rate successive erogate dall’Unione nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria sono negoziate tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione.
3. Dopo che il Consiglio ha deciso la concessione di un prestito, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno tra le erogazioni previste, in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e salvaguardare la propria reputazione di emittente dell'Unione sui mercati. I fondi raccolti ma non ancora versati sono mantenuti permanentemente su appositi conti in contanti o depositi titoli, gestiti conformemente alle regole applicabili alle operazioni fuori bilancio, e non possono essere utilizzati per scopi diversi dalla concessione dell'assistenza finanziaria agli Stati membri nel quadro del presente meccanismo.
4. Se uno Stato membro che riceve un prestito che prevede una clausola di rimborso anticipato decide di esercitare tale opzione, la Commissione adotta le misure necessarie.
5. Su richiesta dello Stato membro beneficiario e se le circostanze consentono un miglioramento del tasso di interesse sul prestito, la Commissione può rifinanziare in toto o in parte il prestito da essa inizialmente assunto o ristrutturare le relative condizioni finanziarie.
6. Il comitato economico e finanziario è tenuto informato dell’andamento delle operazioni di cui al paragrafo 5.
Articolo 7
Costi
I costi sostenuti dall’Unione per la conclusione e l’esecuzione di ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario.
Articolo 8
Amministrazione dei prestiti
1. La Commissione prende le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con la BCE.
2. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la sua banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria dell’Unione ricevuta. Esso trasferisce inoltre il capitale e gli interessi dovuti per il prestito in un conto presso la BCE quattordici giorni lavorativi TARGET2 prima della data di scadenza corrispondente.
3. Fatto salvo l’articolo 27 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, la Corte dei conti europea ha il diritto di effettuare nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit finanziari che ritiene necessari in relazione alla gestione dell’assistenza. La Commissione, ivi compreso l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha in particolare il diritto di inviare i suoi funzionari o i suoi rappresentanti debitamente autorizzati per svolgere nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit tecnici o finanziari che ritiene necessari in relazione all’assistenza.
Articolo 9
Riesame e adeguamento
1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento, e se del caso successivamente ogni sei mesi, la Commissione trasmette al comitato economico e finanziario e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento e sulla persistenza delle condizioni eccezionali che ne hanno giustificato l’adozione.
2. Se del caso, la relazione è accompagnata da una proposta di modifica del presente regolamento volta ad adeguare la possibilità di concedere l’assistenza finanziaria senza incidere sulla validità di decisioni già adottate.
Articolo 10
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addi 11 maggio 2010.
Per il Consiglio
La presidente
Á. GONZÁLEZ-SINDE REIG
(1) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1). | Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria
La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione.
ATTO
Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria
SINTESI
La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Stabilisce le condizioni e le procedure per concedere l’assistenza finanziaria dell’UE a un paese dell’Unione che, a causa di eventi estranei al suo controllo, si trova o rischia di trovarsi in una situazione di grave disordine economico o finanziario.
PUNTI CHIAVE
Assistenza finanziaria
L’assistenza viene concessa sotto forma di un prestito o di una linea di credito* concessi al paese dell’UE interessato. A tal proposito, la Commissione europea può, per conto dell’UE, sottoscrivere prestiti sui mercati di capitali o da parte di istituzioni finanziarie, in linea con una decisione adottata dal Consiglio dell’UE a maggioranza qualificata.
Procedura
Insieme alla Commissione, e in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), il paese dell’UE che necessita di aiuto procede a una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento. Sottopone poi alla Commissione una bozza di programma di aggiustamento economico e finanziario.
La decisione di concedere una linea di credito contiene le informazioni seguenti:
le modalità dell’assistenza finanziaria;
le condizioni generali di politica economica legate all’assistenza finanziaria dell’UE (ad esempio misure fiscali di consolidamento per ridurre il debito pubblico);
l’approvazione del programma di aggiustamento predisposto dal paese destinatario.
La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica del paese beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni stabilite dal Consiglio per continuare a ricevere l’aiuto finanziario, che viene concesso a rate.
Compatibilità con altri meccanismi di sostegno finanziario
Il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria è compatibile con il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti. Inoltre, non esclude il ricorso a un finanziamento esterno all’UE, per esempio da parte del Fondo monetario internazionale.
Dotazione finanziaria del MESF
Il MESF è finanziato dal bilancio dell’UE. La Commissione è autorizzata a prelevare fino a un totale di 60 miliardi di euro sui mercati finanziari per conto dell’UE. I prestiti sono garantiti dal bilancio dell’UE.
Il MESF è stato attivato per Irlanda e Portogallo, per un importo totale di 46,8 miliardi di euro (22,5 miliardi di euro per l’Irlanda e 24,3 miliardi di euro per il Portogallo) erogati nell’arco di tre anni (2011-2014).
A luglio 2015 il MESF è stato usato per fornire assistenza a breve termine (prestito ponte) di 7,16 miliardi di euro alla Grecia.
Sono in vigore accordi specifici riguardanti l’esposizione dei paesi non appartenenti all’area euro.
CONTESTO
Il meccanismo europeo di stabilità (MES) consolida e riunisce il MESF e il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), i due strumenti istituiti temporaneamente sulla scia della crisi del debito sovrano con i quali oggi coesiste.
Con il tempo, il MES diventerà il principale meccanismo di sostegno per i paesi dell’area euro temporaneamente in difficoltà nel richiedere prestiti sui mercati finanziari a causa dei loro livelli di debito. La sua capacità di prestito massima iniziale era di 500 miliardi di euro, basata su un capitale di 704,8 miliardi di euro. Il MES è finanziato dai paesi dell’UE in base al criterio di ripartizione* della BCE.
I prestiti sono finanziati dal MES, che a sua volta chiede prestiti sui mercati finanziari, e sono garantiti dai partecipanti al capitale (paesi dell’area euro). I prestiti avvengono sulla base di condizioni rigide, compreso il ritorno delle finanze pubbliche a livelli sostenibili.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Dal 13 maggio 2010.
Maggiori informazioni:
Sito Internet della Commissione europea sul meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF)
Sito Internet sul meccanismo europeo di stabilità
TERMINI CHIAVE
* Linea di credito: autorizzazione data dal Consiglio a un paese dell’UE, su proposta della Commissione, di attingere fondi dal MESF entro un tetto specificato per un determinato periodo di tempo.
* Criterio di ripartizione della BCE: tale criterio viene calcolato in modo che la quota relativa di ogni paese rifletta la popolazione totale e il prodotto interno lordo dell’UE. Tali due determinanti hanno uguale coefficiente di ponderazione.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 407/2010
13.5.2010
-
GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) 2015/1360
8.8.2015
-
GU L 210 del 7.8.2015, pagg. 1-2 | 5,657 | 420 |
31999D0352 | false | 1999/352/CE, CECA, Euratom: Decisione della Commissione, del 28 aprile 1999, che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) [notificata con il numero SEC(1999) 802]
Gazzetta ufficiale n. L 136 del 31/05/1999 pag. 0020 - 0022
DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 28 aprile 1999che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)[notificata con il numero SEC(1999) 802](1999/352/CE, CECA, Euratom)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 162,visto il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, in particolare l'articolo 16,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 131,(1) considerando che le istituzioni e gli Stati membri attribuiscono grande importanza alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità ed alla lotta contro le frodi e le altre attività illecite lesive degli interessi finanziari comunitari; che l'importanza di tale azione è confermata dall'articolo 209A del trattato CE, dall'articolo 78 decimo del trattato CECA, dall'articolo 183A del trattato CEEA, nonché dall'articolo 280 del trattato CE introdotto dal trattato di Amsterdam;(2) considerando che è necessario utilizzare tutti i mezzi disponibili per raggiungere tali obiettivi, con particolare riguardo alla funzione d'indagine attribuita a livello comunitario, pur conservando la ripartizione e l'equilibrio attuali delle responsabilità attualmente esistenti tra il livello nazionale e il livello comunitario;(3) considerando che il compito di svolgere indagini amministrative a tutela degli interessi finanziari delle Comunità era sinora affidato alla "Task Force coordinamento della lotta antifrode", subentrata all'Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF);(4) considerando che per rendere più efficace la lotta contro la frode e le altre attività illecite lesive degli interessi finanziari delle Comunità è necessario istituire un Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: "l'Ufficio"), il quale dovrà svolgere la funzione d'indagine in piena indipendenza;(5) considerando che l'indipendenza del direttore dell'Ufficio e il ruolo del comitato di vigilanza come definiti dalla presente decisione e dai regolamenti (CE) ed (Euratom), relativi alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode, sono intesi ad assicurare l'esercizio efficace della funzione d'indagine dell'Ufficio senza interferire con gli altri compiti ad esso spettanti, come quelli connessi alle prerogative della Commissione, segnatamente in materia legislativa;(6) considerando che, oltre alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, l'Ufficio è responsabile per tutte le attività connesse alla tutela degli interessi comunitari contro comportamenti irregolari perseguibili in sede amministrativa o penale;(7) considerando che la definizione delle funzioni dell'Ufficio deve implicare il trasferimento al medesimo delle attribuzioni precedentemente esercitate dalla "Task Force coordinamento della lotta antifrode", in particolare quelle inerenti alla preparazione delle disposizioni legislative e regolamentari nei settori di attività dell'Ufficio, compresi i provvedimenti contemplati dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea,DECIDE:Articolo 1Istituzione dell'UfficioÈ istituito l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: "l'Ufficio"). L'Ufficio sostituisce la "Task force coordinamento della lotta antifrode" e subentra integralmente nelle sue attribuzioni.Articolo 2Funzioni dell'Ufficio1. L'Ufficio esercita le competenze della Commissione in materia di indagini amministrative esterne al fine di intensificare la lotta contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità, nonché ai fini della lotta contro le frodi inerenti a qualsiasi fatto o atto compiuto in violazione di disposizioni comunitarie.L'Ufficio ha il compito di svolgere indagini amministrative interne miranti a quanto segue:a) lottare contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità,b) ricercare i fatti gravi, connessi con l'esercizio di attività professionali, che possano costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari ed agenti delle Comunità perseguibile in sede disciplinare o penale o che possano costituire inadempimento degli obblighi analoghi incombenti ai membri delle istituzioni e organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee o il regime applicabile agli altri agenti.L'Ufficio esercita le relative competenze della Commissione, come definite dalle disposizioni dei trattati, nell'ambito, nei limiti e secondo le modalità da questi definiti.All'Ufficio possono essere affidate, dalla Commissione nonché dagli altri organismi, organi e istituzioni, missioni di indagine in altri settori.2. L'Ufficio apporta il contributo della Commissione alla cooperazione con gli Stati membri nel campo della lotta contro la frode.3. L'Ufficio ha il compito di predisporre la strategia della lotta contro la frode come definita al paragrafo 1.4. L'Ufficio ha il compito di preparare le iniziative legislative e regolamentari della Commissione per il conseguimento degli obiettivi della lotta contro le frodi di cui al paragrafo 1.5. L'Ufficio ha il compito di eseguire tutte le altre attività operative della Commissione in materia di lotta contro la frode come definita al paragrafo 1 e in particolare di quanto segue:a) apprestare le infrastrutture necessarie,b) raccogliere e utilizzare le informazioni,c) prestare assistenza tecnica, in particolare in materia di formazione, alle altre istituzioni, organi ed organismi, nonché alle autorità nazionali competenti.6. L'Ufficio è l'interlocutore diretto delle autorità giudiziarie e delle autorità di polizia.7. L'Ufficio rappresenta la Commissione, al livello dei servizi, nelle sedi competenti, per i settori contemplati dal presente articolo.Articolo 3Indipendenza nell'esercizio della funzione d'indagineL'Ufficio esercita in piena indipendenza i poteri d'indagine di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Nell'esercizio delle sue competenze, il direttore dell'Ufficio non sollecita né accetta istruzioni dalla Commissione, da governi, da altre istituzioni o da organi od organismi.Articolo 4Comitato di vigilanzaÈ istituito un comitato di vigilanza la cui composizione e le cui competenze sono determinate dal legislatore comunitario. Il comitato esercita un controllo regolare sull'esercizio della funzione d'indagine dell'Ufficio.Articolo 5Direttore1. L'Ufficio è posto sotto la direzione di un direttore nominato dalla Commissione, di concerto con il Parlamento europeo e col Consiglio, per un periodo di cinque anni, rinnovabile una sola volta. Per la nomina del direttore, la Commissione, previo parere favorevole del comitato di vigilanza, costituisce un elenco dei candidati in possesso dei requisiti prescritti in un invito a presentare candidature il quale, se del caso, sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il direttore è responsabile dello svolgimento delle indagini.2. La Commissione esercita nei confronti del direttore i poteri spettanti all'autorità che ha il potere di nomina. I provvedimenti in forza degli articoli 87, 88 e 90 dello statuto dei funzionari delle Comunità europee sono adottati con decisione motivata della Commissione, sentito il comitato di vigilanza. La decisione viene comunicata per conoscenza al Parlamento europeo ed al Consiglio.Articolo 6Organizzazione dell'Ufficio1. Nei confronti del personale dell'Ufficio il direttore esercita i poteri conferiti dallo statuto dei funzionari delle Comunità europee all'autorità che ha il potere di nomina e dal regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità all'autorità competente per concludere i contratti d'assunzione. Il direttore è autorizzato a delegare i propri poteri. Nell'osservanza dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, il direttore stabilisce le condizioni e le modalità delle assunzioni e segnatamente quelle relative alla durata e al rinnovo dei contratti.2. II direttore, sentito il comitato di vigilanza, comunica tempestivamente al direttore generale del bilancio un progetto preliminare di bilancio da iscrivere nella linea particolare del bilancio generale annuale relativo all'Ufficio.3. Il direttore è l'ordinatore per l'esecuzione della linea di bilancio particolare della parte A del bilancio relativa all'Ufficio. Il direttore è autorizzato a delegare i propri poteri.4. Le decisioni della Commissione relative alla propria organizzazione interna si applicano all'Ufficio in quanto compatibili con le disposizioni del legislatore comunitario riguardanti l'Ufficio stesso, nonché con la presente decisione e le sue modalità d'applicazione.Articolo 7Decorrenza d'efficaciaLa presente decisione ha effetto dal giorno dell'entrata in vigore del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode. Fino al primo giorno del mese successivo alla nomina del direttore dell'Ufficio, il direttore della "Task force, coordinamento della lotta antifrode" svolge i compiti di ordinaria amministrazione dell'Ufficio.Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 1999.Per la CommissioneIl PresidenteJacques SANTER | Ufficio europeo per la lotta antifrode
L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) svolge indagini sulla corruzione e su gravi irregolarità all’interno delle istituzioni dell’Unione europea (UE), nonché frodi a danno del bilancio dell’UE. Aiuta anche a sviluppare una politica antifrode dell’UE.
ATTI
Decisione della Commissione 1999/352/CE, CECA, Euratom del 28 aprile 1999 che istituisce l’Ufficio europeo di lotta antifrode (OLAF).
SINTESI
COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
La decisione originaria (1999/352/CE, CECA, Euratom) ha creato l’OLAF nel 1999. Essa definiva i compiti, le responsabilità, la struttura e le modalità di funzionamento dell’OLAF. Una successiva revisione nel 2013 gli ha permesso di lavorare in modo più efficiente ed efficace, in particolare con le organizzazioni esterne.
PUNTI CHIAVE
La frode è un atto deliberato di inganno destinato al guadagno personale o a provocare una perdita ad un’altra parte. A livello europeo, questa perdita può derivare da un pagamento illecito di fondi provenienti dal bilancio comunitario o omettendo di trasmettere entrate dovute al bilancio comunitario, come dazi doganali, prelievi agricoli e contributi zucchero.
L’OLAF avvia indagini:
all’interno delle istituzioni e degli organismi dell’UE per individuare frodi, corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’UE, nonché fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali che non ledono gli interessi finanziari dell’UE;
al di fuori delle istituzioni e degli organi comunitari, per individuare frodi o altri comportamenti irregolari da parte di persone o organizzazioni. Questi possono coinvolgere le autorità dei paesi dell’UE (e occasionalmente quelli di paesi terzi).
Il direttore generale dell’OLAF è nominato per sette anni (non rinnovabile).
Il comitato di vigilanza dell’OLAF monitora il suo lavoro, cerca di rafforzare la sua indipendenza e controlla l’applicazione delle garanzie procedurali.
L’OLAF è soggetto alla normativa UE sulla protezione dei dati delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari.
L’OLAF è un servizio amministrativo e investigativo. Può solo raccomandare le azioni da intraprendere da parte delle autorità europee o nazionali, a seguito delle sue indagini.
Il programma Hercule III contribuisce a finanziare molti dei progetti dei paesi dell’UE, aiutandoli a combattere le attività criminali contro il bilancio dell’UE. Gli esempi includono il finanziamento per l’acquisto di scanner e altre apparecchiature tecniche in aeroporti e porti, nonché per attività di formazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
Dal 28 aprile 1999.
CONTESTO
La decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom (e sue successive modifiche) riguarda la creazione dell’OLAF. Essa è integrata dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 che definisce il ruolo e il mandato dell’OLAF, e da un accordo interistituzionale che riguarda specificamente le indagini nelle istituzioni dell’UE.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet dell’OLAF.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom
28.4.1999
-
GU L 136 del 31.5.1999, pag. 20-22
Atti modificatori
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 2013/478/UE
1.10.2013
-
GU L 257 del 28.9.2013, pag. 19-20
Decisione (UE) 2015/512
27.3.2015
-
GU L 81 del 26.3.2015, pag. 4
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1-22).
Accordo interistituzionale del 25 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee relativo alle indagini interne svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136 del 31.5.1999, pag. 15-19). | 4,394 | 127 |
32013R0216 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 216/2013 DEL CONSIGLIO
del 7 marzo 2013
relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 352,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
vista l’approvazione del Parlamento europeo,
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 297 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) disciplina la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea («Gazzetta ufficiale») e l’entrata in vigore degli atti giuridici dell’Unione.
(2)
Il regolamento n. 1/1958 (1), inclusa ogni sua successiva modifica, stabilisce le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea.
(3)
L’edizione a stampa della Gazzetta ufficiale, disponibile in tutte le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione, è attualmente l’unica pubblicazione giuridicamente vincolante, benché sia disponibile anche online.
(4)
La decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (2), assicura che l’Ufficio delle pubblicazioni provveda affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi.
(5)
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato, nella causa C-161/06, Skoma-Lux sro contro Celní ředitelství Olomouc (3), che gli atti giuridici dell’Unione non sono opponibili ai singoli se non sono stati regolarmente pubblicati nella Gazzetta ufficiale e che mettere a disposizione online tali atti non equivale, in mancanza di una normativa dell’Unione al riguardo, a una pubblicazione nelle forme di legge nella Gazzetta ufficiale.
(6)
Se la pubblicazione in formato elettronico della Gazzetta ufficiale costituisse una pubblicazione nelle forme di legge, l’accesso al diritto dell’Unione sarebbe più rapido e più economico. Tuttavia, i cittadini dovrebbero continuare ad avere la possibilità di ottenere dall’Ufficio delle pubblicazioni una versione a stampa della Gazzetta ufficiale.
(7)
La comunicazione della Commissione intitolata «Un’agenda digitale europea» evidenzia che l’accesso a contenuti giuridici online promuove lo sviluppo di un mercato interno del digitale, con conseguenti vantaggi economici e sociali.
(8)
È opportuno pertanto stabilire norme per assicurare l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità della pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale.
(9)
Il presente regolamento dovrebbe inoltre stabilire norme applicabili ai casi in cui, a causa di circostanze impreviste ed eccezionali, non è possibile pubblicare e rendere disponibile l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
(10)
La direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche (4), stabilisce gli effetti giuridici delle firme elettroniche come strumento di autenticazione. Al fine di assicurare l’autenticità, l’integrità e l’inalterabilità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura conformemente a tale direttiva, offre sufficienti garanzie al pubblico. Dovrebbe essere possibile verificare la Gazzetta ufficiale firmata elettronicamente mediante strumenti facilmente disponibili.
(11)
L’accesso al sito web EUR-Lex deve essere garantito nel rispetto degli impegni in materia di protezione delle persone con disabilità conformemente alla decisione 2010/48/CE del Consiglio, del 26 novembre 2009, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (5).
(12)
Conformemente al principio di proporzionalità sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea, il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire l’obiettivo di permettere a tutti i cittadini europei di fare affidamento sulla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale, in quanto il suo ambito di applicazione è limitato al riconoscimento di tale pubblicazione come autentica allo stesso modo in cui oggi è autentica la pubblicazione cartacea.
(13)
I soli poteri d’azione previsti dal TFUE ai fini dell’adozione del presente regolamento sono quelli di cui all’articolo 352,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. La Gazzetta ufficiale è pubblicata in formato elettronico, conformemente al presente regolamento, nelle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea.
2. Fatto salvo l’articolo 3, soltanto la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea pubblicata in formato elettronico («l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale») è autentica e produce effetti giuridici.
Articolo 2
1. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale reca una firma elettronica avanzata, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, conformemente alla direttiva 1999/93/ CE. Il certificato qualificato e i suoi rinnovi sono pubblicati sul sito web EUR-Lex al fine di permettere al pubblico di verificare la firma elettronica avanzata e l’autenticità dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
2. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale presenta informazioni in merito alla sua data di pubblicazione.
3. L’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale è resa disponibile al pubblico sul sito web EUR-Lex in un formato non obsoleto e per un periodo illimitato. La sua consultazione è gratuita.
Articolo 3
1. Qualora non sia possibile pubblicare l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale a causa di guasti imprevisti ed eccezionali del sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni, il sistema informatico è ripristinato al più presto.
Il momento in cui tali guasti si sono verificati è stabilito dall’Ufficio delle pubblicazioni.
2. Se è necessario pubblicare la Gazzetta ufficiale e quando il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni non è operativo a causa di un guasto ai sensi del paragrafo 1, soltanto l’edizione a stampa della Gazzetta ufficiale produce effetti giuridici.
Una volta ripristinato il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni, la corrispondente versione elettronica dell’edizione a stampa di cui al primo comma è messa a disposizione del pubblico nel sito web EUR-LEX solo a titolo informativo e contiene un avviso in tal senso.
3. Una volta ripristinato il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni il sito web EUR-Lex fornisce informazioni su tutte le edizioni a stampa autentiche e che producono effetti giuridici conformemente al paragrafo 2, primo comma.
Articolo 4
1. Con riferimento all’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, l’Ufficio delle pubblicazioni è responsabile per:
a)
la sua pubblicazione e per garantirne l’autenticità;
b)
l’applicazione, la gestione e la manutenzione del sistema informatico che serve a produrre l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e il potenziamento di tale sistema in linea con i futuri sviluppi tecnologici;
c)
l’applicazione e l’ampliamento delle apparecchiature tecniche onde garantire a tutti gli utenti l’accesso all’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale;
d)
la definizione di norme di sicurezza interna e di accesso con riguardo al sistema informatico che serve a produrre l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale;
e)
la conservazione e l’archiviazione dei documenti elettronici e il loro trattamento in linea con i futuri sviluppi tecnologici.
2. L’Ufficio delle pubblicazioni esercita le responsabilità di cui al paragrafo 1 conformemente alla decisione 2009/496/CE, Euratom.
Articolo 5
Il presente regolamento entra in vigore il primo giorno del quarto mese civile successivo all’adozione.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 7 marzo 2013
Per il Consiglio
Il presidente
A. SHATTER
(1) Regolamento n. 1 che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 017 del 6.10.1958, pag. 385/58).
(2) GU L 168 del 30.6.2009, pag. 41.
(3) Racc. 2007, pag. I-10841.
(4) GU L 13 del 19.1.2000, pag. 12.
(5) GU L 23 del 27.1.2010, pag. 35. | Pubblicazione della Gazzetta ufficiale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Mira a garantire che la Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (UE) sia pubblicata in forma elettronica, autentica e giuridicamente vincolante, per consentire un migliore accesso al diritto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Da luglio 2013 l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale è disponibile gratuitamente per il pubblico sul sito web EUR-Lex, in formato non obsoleto e per un periodo di tempo illimitato. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE è responsabile della pubblicazione dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e di garantirne l’autenticità. L’Ufficio delle pubblicazioni deve inoltre gestire il sistema informatico che si occupa della produzione dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale e aggiornare tale sistema, in linea con le future evoluzioni tecnologiche. Qualora non sia possibile pubblicare l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale, a causa di guasti eccezionali e imprevisti del sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’UE, il sistema informatico deve essere ripristinato il più presto possibile. Qualora si renda necessario pubblicare la Gazzetta ufficiale quando il sistema informatico dell’Ufficio delle pubblicazioni non sia operativo a causa di guasti eccezionali, si considera autentica (e giuridicamente vincolante) soltanto l’edizione cartacea della Gazzetta ufficiale. A seguito della modifica del regolamento (UE) 2018/2056, l’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale deve recare una firma elettronica qualificata o un sigillo elettronico qualificato definito conformemente al regolamento (UE) n. 910/2014. I certificati qualificati per la firma elettronica o il sigillo elettronico saranno pubblicati sul sito web EUR-Lex per consentire al pubblico di verificare l’autenticità degli stessi e dell’edizione elettronica della Gazzetta ufficiale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 1° luglio 2013.
CONTESTO
Nel 2007 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha disposto con una sentenza che gli atti giuridici dell’Unione non siano opponibili ai singoli se non pubblicati correttamente sulla Gazzetta ufficiale e che, in mancanza di una normativa al riguardo nel diritto dell’UE, renderli disponibili in rete non equivale alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale avente valore legale.
Il presente regolamento è stato adottato per attribuire valore legale alla pubblicazione della Gazzetta ufficiale in formato elettronico, rendendo l’accesso al diritto dell’UE più veloce ed economico.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 216/2013 del Consiglio, del 7 marzo 2013, relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU L 69 del 13.3.2013, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 216/2013 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2009/496/EC, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni del 26 giugno 2009 sull’organizzazione e sul funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pag. 41).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 73). | 3,834 | 357 |
32001L0111 | false | Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0053 - 0057
Direttiva 2001/111/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 73/437/CEE del Consiglio, dell'11 dicembre 1973, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che talune disparità tra le legislazioni nazionali relative a determinati tipi di zucchero potevano creare condizioni di concorrenza sleale, con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) Con la direttiva 73/437/CEE si è mirato a fissare definizioni e norme comuni per le caratteristiche di fabbricazione, il confezionamento e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) La Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1o luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla gamma di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati(5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva.(5) È opportuno procedere alla sostituzione della direttiva 73/437/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di fabbricazione e commercializzazione di alcuni tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana e, inoltre, al fine di adeguarla alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari e, in particolare, a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti e agli altri additivi autorizzati, ai solventi di estrazione e ai metodi di analisi.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato.Essa non si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, qualora si tratti di zucchero impalpabile, zucchero candito e di zucchero in pani.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, in base alle seguenti condizioni e deroghe:1) Fatto salvo il punto 5, le denominazioni di cui alla parte A dell'allegato sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli.La denominazione di cui alla parte A, punto 2, dell'allegato può essere altresì utilizzata per designare il prodotto di cui alla parte A, punto 3, dello stesso.Tuttavia:- i prodotti definiti nella parte A dell'allegato possono recare, oltre alla denominazione obbligatoria, specificazioni abituali esistenti nei vari Stati membri,- queste denominazioni possono anche essere utilizzate in denominazioni elaborate per designare, conformemente all'uso, altri prodotti,a condizione che le stesse non siano tali da indurre in errore il consumatore.2) Per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 g, non occorre indicare il peso netto nell'etichettatura.3) L'etichettatura indica i contenuti di sostanza secca e di zucchero invertito per lo zucchero liquido, lo zucchero liquido invertito e lo sciroppo di zucchero invertito.4) L'etichettatura reca l'aggettivo "cristallizzato" per lo sciroppo di zucchero invertito che contiene cristalli nella soluzione.5) Qualora i prodotti di cui ai punti 7 e 8 dell'allegato, parte A, contengano fruttosio in quantità superiore al 5 % in rapporto alla sostanza secca, nel rispetto della loro denominazione e in quanto ingredienti, essi sono etichettati rispettivamente come "sciroppo di glucosio-fruttosio" o "sciroppo di fruttosio-glucosio", e "sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio" o "sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio" a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio.Articolo 3Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 5, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 51. La Commissione è assistita da un comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(8).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 6La direttiva 73/437/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7Gli Stati membri mettono in vigore entro il 12 luglio 2003 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva e ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui alla parte A dell'allegato, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 12 luglio 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ma etichettati entro il 12 luglio 2004, in conformità della direttiva 73/437/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 8La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 6.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 90.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 356 del 27.12.1973, pag. 71. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11.7.1987, pag. 48).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 184 del 7.7.1999, pag. 23.(8) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATOA. DENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Zucchero di fabbricaIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>2. Zucchero o zucchero biancoIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>3. Zucchero raffinato o zucchero bianco raffinatoIl prodotto rispondente alle caratteristiche di cui al punto 2, lettere a), b) e c) e il cui numero totale di punti, determinato conformemente alle disposizioni della parte B, non supera 8 né:- 4, per il tipo di colore- 6, per il contenuto di ceneri- 3, per la colorazione della soluzione.4. Zucchero liquido(1)La soluzione acquosa di saccarosio rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>5. Zucchero liquido invertito(2)La soluzione acquosa di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale la proporzione di zucchero invertito non è preponderante e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>6. Sciroppo di zucchero invertito(3)La soluzione acquosa, eventualmente cristallizzata, di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale il tenore di zucchero invertito (quoziente del fruttosio per il destrosio: 1+/-0,1) deve essere superiore al 50 % in peso in rapporto alla sostanza secca e che soddisfa inoltre i requisiti di cui al punto 5, lettere a) e c).7. Sciroppo di glucosioLa soluzione acquosa depurata e concentrata di saccaridi alimentari, ottenuta da amido/fecola e/o da inulina e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>8. Sciroppo di glucosio disidratatoLo sciroppo di glucosio parzialmente essiccato con un tenore minimo di sostanza secca del 93 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 7, lettere b) e c).9. Destrosio o destrosio monoidratoIl D-glucosio depurato e cristallizzato contenente una molecola d'acqua di cristallizzazione e rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>10. Destrosio o destrosio anidroD-glucosio depurato e cristallizzato non contenente acqua di cristallizzazione, con un tenore minimo di sostanza secca del 98 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 9, lettere a) e c).11. FruttosioD-fruttosio depurato e cristallizzato rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>B. METODO DI DETERMINAZIONE DEL TIPO DI COLORE, DEL CONTENUTO DI CENERI CONDUTTIMETRICHE E DELLA COLORAZIONE DELLA SOLUZIONE DELLO ZUCCHERO (BIANCO) E DELLO ZUCCHERO (BIANCO) RAFFINATO DEFINITI NELLA PARTE A, PUNTI 2 E 3Un "punto" corrisponde:a) per quanto riguarda il tipo di colore, a 0,5 unità determinate secondo il metodo dell'Istituto per la tecnologia agraria e l'industria saccarifera di Braunschweig, di cui al capitolo A, punto 2, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69 della Commissione, del 1o luglio 1969, relativo ai metodi di determinazione di qualità applicabili allo zucchero acquistato dagli organismi d'intervento(4);b) per quanto riguarda il contenuto di ceneri, allo 0,0018 % determinato secondo il metodo dell'International Commission for Uniform Methods of Sugar Analyses (ICUMSA), di cui al capitolo A, punto 1, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69;c) per quanto riguarda la colorazione della soluzione, a 7,5 unità determinate secondo il metodo ICUMSA di cui al capitolo A, punto 3, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69.(1) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(2) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(3) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(4) GU L 163 dell'1.7.1969, pag. 1. | Zuccheri
L’Unione europea (UE) fissa norme comuni per taluni zuccheri destinati all’alimentazione umana, nel rispetto della legislazione generale applicabile ai prodotti alimentari. Tali norme riguardano la composizione, le denominazioni di vendita, l’etichettatura e la presentazione.
ATTO
Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all’alimentazione umana.
SINTESI
La direttiva 2001/111/CE migliora l’etichettatura di taluni zuccheri alimentari per informare meglio i consumatori ed evitare di indurli in errore sui prodotti che essi acquistano. La direttiva si applica ferme restando le disposizioni generali relative all’etichettatura dei prodotti alimentari.
Gli zuccheri
La direttiva 2001/111/CE definisce undici varietà di zuccheri:
zucchero di fabbrica,
zucchero (zucchero bianco),
zucchero raffinato (zucchero bianco raffinato),
zucchero liquido,
zucchero liquido invertito,
sciroppo di zucchero invertito,
sciroppo di glucosio,
sciroppo di glucosio disidratato,
destrosio monoidrato,
destrosio (destrosio anidro) e
fruttosio.
Per ciascuna varietà corrispondono diverse caratteristiche di composizione e norme relative al confezionamento e all’etichettatura.
L’etichettatura
La direttiva 2001/111/CE fissa alcune disposizioni specifiche per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi, per lo zucchero liquido, per lo sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli nonché per alcuni prodotti che contengono più del 5% di fruttosio. Il peso netto dei prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi non deve figurare sull’etichetta. Per contro, l’etichetta dello zucchero liquido invertito e dello sciroppo di zucchero invertito deve menzionare il tenore di sostanza secca e di zucchero invertito. Inoltre, l’etichetta dello sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli deve recare l’aggettivo cristallizzato. Infine, gli sciroppi di glucosio (ivi inclusi gli sciroppi di glucosio disidratato) che contengono più del 5% di fruttosio (sostanza secca) devono recare la dicitura sciroppo di glucosio-fruttosio o sciroppo di fruttosio-glucosio e sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio o sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio, a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio.
Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.
Contesto
Questa direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tenere conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2001/111/CE
12.1.2002
11.7.2003
GU L 10 del 12.1.2002
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013].
Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati. | 5,840 | 573 |
32009L0020 | false | DIRETTIVA 2009/20/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
Uno degli elementi della politica comunitaria dei trasporti marittimi consiste nell’innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile responsabilizzando maggiormente tutti gli operatori economici.
(2)
Misure dissuasive sono già state adottate con la direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni (4).
(3)
Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano unanimemente l’importanza dell’applicazione del protocollo del 1996 della convenzione del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi da parte di tutti gli Stati membri.
(4)
L’obbligo dell’assicurazione dovrebbe assicurare una migliore protezione delle vittime. Dovrebbe inoltre contribuire ad eliminare le navi non conformi alle norme e permettere di ripristinare la concorrenza tra gli operatori. Inoltre, nella risoluzione A.898(21) l’Organizzazione marittima internazionale ha invitato gli Stati ad esortare gli armatori ad essere adeguatamente assicurati.
(5)
L’inosservanza delle disposizioni della presente direttiva dovrebbe essere corretta. La direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sul controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione) (5), prevede già il fermo delle navi in caso di mancanza dei certificati che devono essere presenti a bordo. È tuttavia opportuno contemplare la possibilità di espellere una nave che non detenga un certificato di assicurazione. Le modalità dell’espulsione dovrebbero consentire di porre rimedio alla situazione entro un termine ragionevole.
(6)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica del trasporto marittimo, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo all’assicurazione per i crediti marittimi.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate.
2. La presente direttiva non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato impiegate per servizi pubblici a fini non commerciali.
3. La presente direttiva fa salve le discipline fissate dagli strumenti in vigore nello Stato membro interessato ed elencate in allegato.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«armatore» il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave;
b)
«assicurazione» l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe;
c)
«convenzione del 1996» il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996.
Articolo 4
Assicurazione per i crediti marittimi
1. Ciascuno Stato membro prescrive che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi.
2. Ciascuno Stato membro prescrive agli armatori delle navi battenti bandiera di un altro paese di essere coperti da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla giurisdizione dello Stato membro in questione. Ciò non osta a che gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, impongano il rispetto di tale obbligo quando dette navi si trovano nelle loro acque territoriali.
3. L’assicurazione di cui ai paragrafi 1 e 2 copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996. L’importo dell’assicurazione per ciascuna nave per evento è pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito nella convenzione del 1996.
Articolo 5
Ispezioni, conformità, espulsione dai porti e rifiuto di accesso ai porti
1. Ciascuno Stato membro provvede affinché ogni ispezione di una nave in un porto soggetto alla sua giurisdizione in conformità della direttiva 2009/16/CE includa la verifica della presenza a bordo del certificato di cui all’articolo 6.
2. Se il certificato di cui all’articolo 6 non è a bordo e fatta salva la direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, l’autorità competente può emanare nei confronti della nave un ordine di espulsione, il quale è notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine di espulsione, ciascuno Stato membro rifiuta l’accesso di detta nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato di cui all’articolo 6 da parte dell’armatore.
Articolo 6
Certificati di assicurazione
1. L’esistenza dell’assicurazione di cui all’articolo 4 è comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave.
2. I certificati rilasciati dal fornitore dell’assicurazione recano le informazioni seguenti:
a)
nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione;
b)
nome e luogo della sede principale dell’armatore;
c)
tipo e durata dell’assicurazione;
d)
nome e sede principale del fornitore dell’assicurazione e, se del caso, sede presso la quale l’assicurazione è stata stipulata.
3. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo include una traduzione in una di queste lingue.
Articolo 7
Sanzioni
Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, gli Stati membri stabiliscono il sistema di sanzioni applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 8
Relazioni
Ogni tre anni, e per la prima volta anteriormente al 1o gennaio 2015, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva.
Articolo 9
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195.
(2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38.
(3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 166), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 7) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(4) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 11.
(5) Cfr. pagina 57 della presente Gazzetta ufficiale.
ALLEGATO
—
Convenzione internazionale del 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi
—
Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l’indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS)
—
Convenzione internazionale del 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall’inquinamento determinato dal carburante delle navi (convenzione «Bunker Oil»)
—
Convenzione internazionale di Nairobi del 2007 sulla rimozione dei relitti (convenzione «rimozione dei relitti»)
—
Regolamento (CE) n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente | Assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi
La presente direttiva stabilisce un quadro giuridico in materia di assicurazione degli armatori per i crediti marittimi al fine di responsabilizzare maggiormente gli operatori economici e innalzare la qualità del trasporto marittimo mercantile.
ATTO
Direttiva 2009/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi.
SINTESI
La presente direttiva crea un quadro giuridico armonizzato in materia di assicurazioni degli armatori per i crediti marittimi.
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. Non si applica alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato per servizi pubblici a fini non commerciali.
Obblighi degli armatori
Ciascuno Stato membro deve prescrivere che:
gli armatori * delle navi battenti la sua bandiera stipulino un’assicurazione che copra dette navi;
le navi battenti bandiera di un altro paese siano coperte da un’assicurazione quando dette navi entrano in un porto soggetto alla loro giurisdizione.
Gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, possono imporre il rispetto di tale obbligo alle navi che transitano nelle loro acque territoriali.
L’assicurazione * copre i crediti marittimi fatte salve le limitazioni di cui alla convenzione del 1996 * e deve consentire una copertura pari all’importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità previsto da questa convenzione.
Accesso ai porti
Ciascuno Stato membro deve assicurarsi che le navi in un porto soggetto alla sua giurisdizione abbiano a bordo un certificato di assicurazione. Fatte salve le disposizioni della direttiva 2009/16/CE, che prevede il fermo delle navi quando sono in gioco questioni di sicurezza, la presente direttiva permette all’autorità competente di emanare un ordine di espulsione della nave. Tale ordine è notificato alla Commissione e agli altri Stati membri. In conseguenza dell’emanazione di tale ordine, alla nave sarà negato l’accesso in tutti i porti dell’Unione europea (UE) fino alla notificazione del certificato da parte dell’armatore.
Certificati di assicurazione
Il o i certificati di assicurazione devono recare le informazioni seguenti:
nome della nave, numero IMO e porto di immatricolazione;
nome e luogo della sede principale dell’armatore;
tipo e durata dell’assicurazione;
sede principale del fornitore dell’assicuratore.
Se la lingua impiegata nei certificati non è né l’inglese né il francese né lo spagnolo, il testo deve essere tradotto almeno in una di queste lingue.
Sanzioni
Gli Stati membri devono stabilire un sistema di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva.
Contesto
La presente direttiva si inserisce nell’ambito della volontà dell’Unione europea e dell’OMI (EN) di responsabilizzare gli operatori economici e migliorare in tal modo la qualità del trasporto marittimo mercantile.
Termini chiave dell’atto
«armatore», il proprietario registrato di una nave marittima o qualsiasi altra persona, quale il noleggiatore a scafo nudo, che sia responsabile della conduzione della nave;
«assicurazione», l’assicurazione, con o senza franchigie, e comprensiva, per esempio, di assicurazione indennizzo del tipo attualmente fornito dai membri dell’International Group dei P&I Clubs e altre forme effettive di assicurazione (inclusa l’autoassicurazione comprovata) e garanzia finanziaria che offrano condizioni di copertura analoghe;
«convenzione del 1996», il testo consolidato della convenzione del 1976 relativa alla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi, adottato sotto gli auspici dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) modificato dal protocollo del 1996.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2009/20/CE
29.5.2009
1.1.2012
GU L 131 del 28.5.2009 | 4,407 | 403 |